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Delle donne, dei cavalieri, delle battaglie, degli amori,
degli atti di cortesia, delle audaci imprese io canto,
che ci furono nel tempo in cui gli Arabi
attraversarono il mare d’Africa, e arrecarono tanto danno in Francia,
seguendo le ire e i furori giovanili
del loro re Agramante, il quale si vantò
di poter vendicare la morte di Traiano
contro il re Carlo, imperatore romano.
Ariosto ribadisce la contaminazione tra il ciclo carolingio, tema delle armi, ed il ciclo arturiano, tema
dell’amore, già portata a termine da Boiardo. Il modello dantesco, amori e cavalieri, risulta quindi da subito
preponderante su quello virgiliano, le armi.
Viene quindi presentato il tema cardine del poema e primo filone della narrazione: parlerà della guerra che
il re arabo Agramante porta contro Carlo Magno, imperatore del Sacro Romano Impero, per vendicare la
morte del proprio padre per mano di Orlando. A fare da sfondo alla storia principale è quindi la guerra tra
Cristiani e Saraceni.
Propone poi un’associazione diretta tra lui e Orlando stesso, invocando la donna da lui amata, Alessandra
Benucci, per la quale lui è folle d’amore, perché gli consenta di proseguire il proprio lavoro.
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Nelle terze ottave viene quindi inserita la dedica, le lodi della persona alla quale il poema è dedicato: il
cardinale Ippolito d’Este, al quale si rivolge con il termine di “Erculea prole” facendo riferimento al padre di
Ippolito, Ercole I d’Este.
Ariosto scrive con termini positivi della famiglia degli Este (e ciò sara evidente in più punti del poema)
perché cerca di riallacciare i rapporti con Ippolito, resi deboli da quando questo gli aveva chiesto di andare
con lui in Ungheria, dove nel 1517 si era traferito nel vescovato di Agria, ma dallo scrittore aveva avuto in
risposta un rifiuto.
Nella quarta ottava Ariosto introduce infine il terzo ed ultimo filone della narrazione: l’amore tra Ruggiero e
Bradamante, capostipiti della dinastia della famiglia d’Este e quindi primi parenti del cardinale Ippolito.
Si proprone quindi di esaltare il valore e le grandi imprese del cavaliere, che non possono fare altro che
dare ulteriore lustro al buon nome del cardinale.