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I CLASSICISTI FRANCESI
Le quattro colonne portanti della critica francese al barocco sono: ragione, purismo lessicale, buon
gusto, arte del sublime.
Da premettere che le posizioni dei singoli esponenti francesi vengono chiarite molto dalle rispettive
opinioni che hanno del Tasso. Infatti Tasso era a metà strada tra gli antichi e i moderni: non usò le
unità aristoteliche ma, in seguito alle critiche ricevute, classicizzò la sua opera.
L'estetica del sublime: regolarità, semplicità, chiarezza e buon gusto. Vede l'arte come estetismo
puro: ciò fu una delle contraddizioni del classicismo.
RENÉ RAPIN
Egli sosteneva che i fini del poeta sono la naturalezza, la semplicità e la regolarità aristotelica.
Verso gli antichi deve esserci non servitù ma deferenza.
Scrisse Comparaison entre Virgile et Homere (1668) in cui sostenne che l'epica è superiore alla
tragedia.
Espresse giudizi netti e perentori sul barocco (troppo spirituale, brillante ed affettato); criticò il
Tasso, ritenendolo la Gerusalemme liberata un'opera innovativa; al modernismo artificioso e
innaturale di Tasso e di Marino, Rapin oppose il modello classico.
Réflexions sur la poétique d'Aristote (1674): italiani e spagnoli ignorano Aristotele quindi sono
caduti in errore. Non usano le regole ma l'immaginazione.
PAUL PELLISSON
Storiografo di corte nel 1667. Al contrario di Rapin, considerava Tasso come l'ultimo grande poeta
epico italiano. Le sue posizioni sono vicine a quelle filo-italiane di Chapelain.
NICOLAS BOILEAU
Fu il più radicale dei classicisti, insieme a Rapin e a Bouhours.
Contrappose il classicismo virgiliano al modernismo del Tasso. Nella sua Art poetique (1674) definì
l'Italia "il primo focolaio della peste barocca" che ha prodotto una poesia libertina ed immorale.
Precorrendo l'illuminismo, critica il barocco perchè, essendo astratto ed inventato, non si fonda
sulla ragione.
Contrappone i circoli intellettuali borghesi alla corte regia filo-barocca.
DOMINIQUE BOUHOURS
In Doutes sur la langue française (anonimo, 1674) difende il purismo lessicale francese contro
l'italiano artificioso di Marino. Vede il francese come una lingua perfetta, pura,aderente alla realtà e
ancorato alla natura. Gli italiani fecero propria anche questa critica e durante il periodo illuminista
useranno molti francesismi. All'ascesa del francese come lingua europea si accompagna il declino
dell'italiano e dello spagnolo.
Remarques nouvelles sur la langue française (1675).
Entretien d'Ariste et d'Eugene: esalta il bel esprit (unione di vivacità e razionalità) da contrapporre
al "brillante" barocco.
All'estetica ufficiale (chiarezza, ordine, semplicità) si affianca quella del sentimento (non so che,
grazia e arte di piacere).
Manières de bien penser dans les ouvrages de l'esprit (1687): dialogo tra il classicista Eudosso ed il
barocco Filanto, in cui si contestano il barocco,l'Italia (troppo sublime, troppo dilettevole, troppo
delicata) e il Tasso considerato l'iniziatore di quel barocco che fu poi estremizzato dal Marino.
Esaltò la poesia classica di Virgilio e Cicerone. Il suo modello classico italiano è Petrarca.
Il buon gusto si fonda sul vero e sul naturale, mentre vanno evitati orpelli e artificiosità.
L'opera si occupa dei rapporti vero-verosimile e logica-retorica.
Bouhours notò le contraddizioni del classicismo e sostenne che i pensieri logici, se imbellettati,
diventano inopportuni e perdono naturalezza e buon gusto.
Bouhours e Tasso
Bouhours pose Tasso a metà tra Virgilio e Marino; espresse un giudizio complesso, ma globalmente
negativo.
Condannò l'ingenium di Tasso, ovvero gli orpelli e l'attenzione rivolta all'aspetto più che al
contenuto. Tra le cose negative vi sono l'espressione artefatta del dolore e la cattiva imitazione di un
modello virgiliano: nel descrivere l'addio tra Armida e Rinaldo, Tasso imita in modo artificioso
l'addio tra Didone ed Enea. Bouhours condannò questo ed altri plagi artificiosi, ma lodò quelli che
risultarono naturali.
Bouhours lodò anche la sublimità delle figure retoriche, la delicatezza dei pensieri ingegnosi, la
chiarezza e la naturalezza (iudicium).
Le critiche di Bouhours a Tasso rientrano nel processo di nazionalizzazione e sostituzione di
modelli culturali.
LA RISPOSTA ITALIANA
Gli italiani difesero il barocco ma anche tutto il resto della cultura italiana. Proprio per questo
finirono con l'appoggiare il classicismo: difendere la nostra tradizione vuol dire difendere anche
quella classica (Dante e Petrarca).
La replica italiana fu sostenuta da tre intellettuali modenesi.
Il 4 ottobre 1694 Pier Jacopo Martello scrisse una lettera a Ludovico Antonio Muratori per chiederli
di rispondere alla Manières de bien penser del Bouhours.
Muratori rispose che la querelle era una questione perlopiù politica: i francesi avevano un grande re
e quindi pensavano di avere anche una grande poesia. Sostenne inoltre che la letteratura francese era
superiore a quella spagnola, ma non a quella italiana.
Nella lettera al Porcia difese tutta la tradizione lirica italiana.
L'Accademia dell'Arcadia, fondata a Roma alla corte di Cristina di Svezia, mirava al recupero del
buongusto ed era su posizioni classiciste. Si contrapponeva al secentismo barocco.
Per gli arcadi il classicismo doveva essere imitazione della natura, non di modelli. Si cercavano
armonia, equilibrio e compattezza.
Vi si produsse una poesia bella ma priva di contenuti, idealizzata ed innaturale: evidenziò le
contraddizioni del classicismo.
Il suo sistema di colonie darà rilievo culturale a molte città, attuando una sorta di
democratizzazione.
A casa Rangoni (una "colonia" dell'Arcadia), il Muratori conobbe Giuseppe Orsi.
Muratori scrisse un Dialogo tra Mirtillo ed Elpino, in cui difese la tradizione italiana,
rivendicandone il primato nell'epica ed esaltandone il decoro, la maestà poetica, la sublimità e la
ragionevolezza.
Sostenne che, per comporre tragedie e poemi epici, l'italiano è la lingua più duttile e musicale,
mentre le altre sono inadatte (inglese e tedesco), monotone (spagnolo) o troppo delicate (francese).
L'italiano unisce i pregi del francese e dello spagnolo.
Quest'opera non riuscì a scardinare l'impianto teorico della Maniere, a cui non riuscì ad opporre un
modello alternativo. Queste lacune verranno colmate dall'Orsi.
Orsi e Tasso
Orsi difese il Tasso dalle critiche dei francesi, rispondendo alle accuse di plagio e di affettazione
(episodio dell'addio).
Difese lo stile fiorito (affettazione) del Tasso. Rivalutare Tasso significava rivalutare anche
Virgilio.
Muratori disse che Virgilio non è totalmente superiore al Tasso; non sono completamente
paragonabili, perchè uno è antico, l'altro moderno. Accomuna Tasso a Petrarca: entrambi unirono lo
stile fiorito a quello maturo. Il bello si può raggiungere anche con più stili.
Orsi e Muratori ristabilirono l'identità poetica della "Gerusalemme liberata"; Tasso ne ornò solo le
parti "oziose".
Sul Tasso Muratori fu più critico di Orsi, evidenziandone alcune contraddizioni.
Inoltre distinsero i pensieri ingegnosi dalla maniera ingegnosa (sottilizzata, non naturale).
Orsi attaccò Marino ("non aveva buon gusto") e difese Guarini, Bonarelli, Testi e Preti.
GIAMBATTISTA VICO
Nell'800 fu visto come il padre del patriottismo italiano. Invece nel secondo '900, il suo pensiero fu
considerato una fusione fra empirismo e razionalismo.
Vico divide la storia in tre età: degli dei, degli eroi e degli uomini; ovvero, si parte da una situazione
primitiva per poi evolvere verso la ragione. Ma la ragione ed il progresso corrompono e la storia
torna indietro. Il suo primitivismo sarà ripreso da Rousseau e da Leopardi.
Vico, quindi, esalta sia la ragione che il primitivismo: incappa nelle stesse contraddizioni del
classicismo ed anticipa il romanticismo.
Vico fu lo snodo tra la cultura antica e quella moderna. Raccoglie gli esiti della querelle (di cui,
secondo molti, egli è il momento finale, trasferì il problema dal piano estetico a quello filosofico-
conoscitivo) e pone le basi del romanticismo.
Vico fondò la filosofia della storia; la sua è una concezione provvidenziale (Croce ne sottolineerà la
tensione metafisica), ma è anche vero che l'esaltazione della ragione indica un substrato
razionalista. Era un uomo del suo tempo, in qualche modo ancorato all'illuminismo.
Il neo-classicismo di fine '700 si ispirerà all'Arcadia e a Vico; non fu pura evasione ma agganciata
al reale (rivoluzione francese, Napoleone).
"La lingua francese non è adatta alla retorica".