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IOTA UNO
Romano Amerio
ii
1 La crisi 1.1 1
Chiarimenti sul lessico e sul metodo 1.2 1
Negazione della crisi 1.3 2
Errore del cristianesimo secondario 1.4 La 2
crisi come disadattamento 1.5 3
Adattamenti dell'opposizione della Chiesa al mondo 1.6 4
Approfondimenti sulla negazione della crisi 5
1.7 Il Papa riconosce la disastro 1.8 6
Pseudo-positività della crisi. Falsa teodicea 1.9 Nuove 7
confessioni della crisi 1.10 Interpretazioni 8
positive della crisi. Falsa Teodicea 1.11 Altro sulla Falsa Teodicea 9
10
iii
5 Il postconcilio 5.1 Il 79
superamento del Concilio. Lo spirito del Concilio 5.2 Il 79
superamento del Concilio 5.3 80
L'ermeneutica del Concilio degli innovatori 5.4 82
Approfondimenti sull'ermeneutica innovativa del Concilio 83
5.5 I caratteri del postconcilio. L'universalità del cambiamento 5.6 85
Approfondimenti sul postconcilio 88
5.7 Impossibilità di un cambiamento radicale nella 91
Chiesa 5.8 Approfondimenti sull'impossibilità di un 92
rinnovamento radicale 5.9 Denigrazione 95
della Chiesa storica 5.10 Critica della 97
denigrazione della Chiesa 5.11 Falso senno di poi sulla Chiesa primitiva 99
iv
In
12 scuola 231
12.1 La scuola nella Chiesa postconciliare 231
12.2 Necessità relativa della scuola cattolica 12.3 232
Il documento del 16 ottobre 1982 12.4 Rifiuto 233
cattolico della scuola cattolica. Mons. Leclerq 12.5 Pedagogia 235
moderna. Catechesi 12.6 La nuova 239
pedagogia 12.7 Conoscenza 240
del male nella dottrina cattolica 12.8 Insegnamento e 241
autorità. catechismo 242
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Noi
16 Il dialogo 281
16.1 Dialogo e discussionismo nella Chiesa postconciliare 281
16.2 Filosofia del dialogo 283
16.3 Dialogo inadeguato 285
16.4 Le finalità del dialogo. Paolo VI. La segreteria per i non credenti 286
16.5 Sul fatto che il dialogo sia sempre arricchimento 287
16.6 Il dialogo cattolico 288
vii
viii
ix
35 ecumenismo 437
35.1 La variación en el concepto del ecumenismo. L'Istruzione del 1949 437
35.2 La variación conciliar. Furfante. Carta. Bea 438
35.3 Ecumenismo postconciliare. Paolo VI. La segreteria del sindacato 440
35.4 Conseguenze dell'ecumenismo postconciliare 442
35.5 Carattere politico dell'ecumene 35.6 443
Incoerenza del metodo ecumenico 35.7 445
Scivolamento verso l'ecumene dei non cristiani 35.8 Carattere 445
naturalistico dell'ecumenismo per i non cristiani 35.9 Teoria dei 447
cristiani impliciti nel nuovo ecumenismo 35.10 Critica del nuovo 449
ecumenismo 35.11 Conversione della 450
religione in civiltà 35.12 Influenza della psicologia 452
moderna sul nuovo ecumenismo 35.13 La summa del nuovo ecumenismo 453
in due articoli dell'OR 454
35.14 Critica del nuovo ecumenismo 456
35.15 Debolezza teologica del nuovo ecumenismo 458
35.16 Stato reale dell'ecumenismo 458
xi
40 Teodicea 527
40.1 Nuova teodicea 527
40.2 Nuova concezione della causalità divina. Vescovi di Francia 528
40.3 Variazione nella dottrina della preghiera 529
40.4 Provvidenza e calamità 531
40.5 Origine morale del dolore umano 532
40.6 Il male della morte 534
40.7 Preparazione alla morte e oblio della morte 534
40.8 Morte imprevista. Pio XI 536
40.9 La morte come giudizio 40.10 537
Giustizia e misericordia nella morte cristiana 40.11 Oblio 538
dell'idea di giudizio 40.12 Dignità della 540
sepoltura nel rito cattolico 40.13 Degradazione della 541
sepoltura 40.14 Cremazione 543
544
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xii
41 Escatologia 547
41.1 Compimento dell'assiologia. L'inferno 41.2 547
L'apologia dell'inferno 41.3 549
L'eternità dei castighi 41.4 L'inferno 551
come pura giustizia 553
42 Ep´ÿlogo 557
42.1 Variazione come ÿÿsceltaÿÿ. Verità concepita e verità sentita 557
42.2 L'invariabilità del dogma 558
42.3 La sostanza trascritta dagli innovatori come modalità 559
42.4 La perdita dell'unità nella Chiesa 562
42.5 Opposizione al dogma e indifferenza 563
42.6 Perdita dell'unità di culto 566
42.7 Perdita dell'unità di regime. Deromanizzazione del Sacro Collegio 569
42.8 Sinossi della Chiesa nel mondo contemporaneo 571
42.9 Crisi della Chiesa e crisi del mondo contemporaneo 575
42.10 Declino dell'influenza sociale della Chiesa nel mondo 578
42.11 Declino dell'influenza vitale della Chiesa nel mondo internazionale 579
42.12 La Chiesa, sopraffatta dal cristianesimo secondario 582
42.13 Oscuramento dell'escatologia. ecumene umanitario 584
42.14 Leggi dello spirito del secolo. Che carino. oblio 587
42.15 L'oblio della Chiesa contemporanea 590
42.16 Deduzione metafisica della crisi 592
42.17 Diagnosi e prognosi. Due ipotesi finali 42.18 594
L'Oracolo contro Duma 598
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Studio sulle
trasformazioni della
Chiesa nel XX secolo
Perché in verità vi dico: prima che passino il cielo e la terra, prima che
passi un solo iota (iota unum) o un solo apice della legge, senza che tutto sia
verificato (Matteo 5,18)
Avviso al lettore
Non c'è diversità di chiavi (come si dice oggi) con cui si può leggere questo
libro. Il significato che le si deve attribuire è quello che essa possiede preso
univocamente nel suo immediato significato letterale e filologico.
Pertanto, non ci sono intenzioni, aspettative o opinioni diverse da quelle
che l'autore ha introdotto e dopo le quali qualcuno potrebbe cercare.
L'intenzione dell'autore del libro non differisce in alcun modo dall'intenzione
del suo libro, se non in quei punti in cui, come può accadere, avrebbe potuto
scrivere male: cioè dire ciò che non intendeva.
L'autore non ha nostalgia del passato, perché tale nostalgia implicherebbe
un ripiegamento dell'evoluzione umana su se stessa, e quindi la sua perfezione.
Tale perfezione terrena è incompatibile con la prospettiva soprannaturale che
domina l'opera. Né le res antiquae cui allude la frase di Ennio che apre il
volume sono cose anteriori (antiquus viene da ante) al nostro tempo, ma
anteriori a qualsiasi tempo: appartengono a una sfera assiologica considerata
indefettibile. Se c'è un riferimento in questo libro, è solo a detta sfera. Il lettore
non pretende di cercarne un altro.
Devo ed esprimo profonda gratitudine al Dott. Carlo Cederna e al Prof.
Luciano Moroni-Stampa, che mi hanno aiutato con il loro sguardo e la loro
intelligenza nella revisione della bozza e nella composizione di questo libro.
XIII
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Documentazione cattolica DC
RI Relazioni Internazionali
Cap'itulo 1
La crisi
1
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2 1. La crisi
che potesse derivare dall'aver operato una selezione interessata all'interno di una
così vasta mole di testimonianze e documenti, abbiamo posto il seguente criterio:
dovendo dimostrare le trasformazioni della Chiesa, non abbiamo basato il nostro
discorso su una porzione di nessuna delle pubblicazioni pressoché infinite che lo
riguardano, ma solo sui documenti che più certamente esprimono il pensiero della
Chiesa. Le nostre citazioni provengono da testi conciliari, atti della Santa Sede,
discorsi pontifici, dichiarazioni di cardinali e vescovi, pronunciamenti di Conferenze
Episcopali, articoli dell'Osservatore Romano.
Tutto ciò che è incluso nel nostro libro sono manifestazioni ufficiali o non
ufficiali del pensiero della Chiesa gerarchica. Naturalmente, e sebbene sempre in
via secondaria, abbiamo citato anche libri, discorsi ed eventi al di fuori di questo
campo, ma solo a dimostrazione del prolungamento e dell'ampliamento di posizioni
già espresse o contenute (virtualmente ma necessariamente) nella prima categoria
di affermazioni. L'oggetto della nostra indagine è parziale (cosa non lo è?), ma la
nostra prospettiva no.
(cioè aggiornato meglio delle potenzialità che gli sono proprie) sarebbero 2 . Racconti
stati i tempi del cristianesimo medievale, proprio in relazione a
quelli dell'era moderna.
Coloro che negano l'esistenza di quei secoli privilegiati si affidano
principalmente al persistere, allora e oggi, di guerre, schiavitù, oppressione dei
poveri, fame e ignoranza, considerate incompatibili tra loro.
con la religione e della cui inefficienza costituirebbero addirittura una prova. COME
Tali miserie sono esistite e continuano ad esistere nel genere umano,
sembrerebbe che non sia stato redento né sia redimibile dal cristianesimo.
Ora, forse questa opinione cade in quell'errore che chiamiamo
Cristianesimo secondario: la religione è giudicata dai suoi effetti collaterali
e subordinati alla civiltà, facendoli prevalere e ponendoli al di sopra dei
soprannaturali che la caratterizzano. Sottostanno qui i concetti stessi di civiltà e
progresso, discussi in seguito (§§30.3-30.4) .
e §§32.1-32.3).
2
(N. del T.) L'autore gioca con il significato dei verbi riuscire ed uscire
(uscire, in questo caso con il senso metafisico di passare dalla potenza all'atto)
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4 1. La crisi
Non mancano, anche se a dire il vero sono rari, coloro che negano l'attuale
disorientamento della Chiesa, e anche coloro che contemplano questo articulus
temporum come rinnovamento e fioritura.
Questa negazione della crisi potrebbe essere sostenuta da alcuni discorsi di
Paolo VI, ma questi sono compensati e ampiamente superati da tanti o altri contrari.
Una singolare testimonianza del pensiero papale è4il discorso del 22 febbraio 1970.
Dopo aver ammesso che la religione sta regredendo, il Papa sostiene tuttavia che è
un errore soffermarsi sull'aspetto umano e sociologico, perché l'incontro con Dio
può nascere da processi tutt'altro che puramente scientifici: il futuro sfugge alle
nostre previsioni.
Qui sembra confondersi ciò che Dio può per potere assoluto, come dicono i
teologi, con ciò che può per potere ordinato, cioè nell'ordine della natura ´ e della
salvezza da Lui istituito per libera decisione, e 5solo realmente esistente per tale
confusione, si elude il problema della crisi. In .
realtà, introducendo il concetto di un'azione che Dio compirebbe al di fuori
dell'ordine de facto da Lui voluto,
´ ciò che è deplorato nella religione considerata
storicamente (la crisi) diventa impossibile da deplorare. È ben vero che l'incontro
con Dio può avvenire nonostante un atteggiamento ostile nei confronti della
religione, ma nihil ad rem.
Se si contempla ciò che Dio può fare per mezzo del suo potere assoluto, si
finisce nella taumaturgia, e allora si può arrivare a ignorare la contraddizione e
sostenere, come fa il Papa in un altro discorso, che quanto più è indisposto il
moderno l'uomo verso il soprannaturale, quanto più è volenteroso. Perché non
dovrebbe esserlo, considerando il potere assoluto di Dio?
4I discorsi papali saranno sempre citati con la data con cui sono apparsi in OR.
6 1. La crisi
Non insisto sul famoso discorso del 30 giugno 1972, in cui il Papa affermò di avere
la sensazione che da qualche fessura fosse entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio.
E ha proseguito: Questo stato di incertezza regna anche nella Chiesa. Si credeva che
dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. Tuttavia,
è arrivato un giorno di nuvole, tempeste e oscurità.
6
ÿÿParlaci di cose piacevoliÿÿ
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Alcuni vanno ben oltre la negazione della crisi, cercando di ritrarla come un
fenomeno positivo. A questo scopo si basano su analogie biologiche, parlando di
fermenti e crisi di crescita. Sono circiteris e metafore che non possono far parte di un
non 7 discorso logico o di
e an´alisis hist´orico.
A proposito dei fermenti (convertiti in luogo comune nella letteratura postconciliare
da chi intende ÿÿrivestire di seta la scimmiaÿÿ), sebbene si possa adottare l'analogia
biologica, occorre distinguere tra fermenti che producono vita e fermenti che producono
la morte: non confondere, ad esempio, il saccaromycetes aceti con il saccaromycetes
vini.
Non tutte le sostanze che fermentano danno origine a un plus, o qualcosa di meglio.
Anche la putrefazione cadaverica consiste in un vigoroso sciame di
vita, ma suppone la decomposizione di una sostanza superiore.
E quanto a dire che è una crisi di accrescimento, si dimentica che anche le febbri
di accrescimento sono un fatto patologico contro il quale si combatte, poiché la
crescita naturale di un organismo non conosce tali crisi, nemmeno nel regno animale,
né in quello vegetale. regno. Inoltre, chi abusa di queste analogie biologiche si
trasforma in un circolo vizioso, non potendo dimostrare che alla crisi seguirà la crescita
(nella migliore delle ipotesi, che si saprà in futuro) e non la corruzione.
Nell'OR del 23 luglio 1972, introducendo un'altra analogia poetica, è scritto che gli
attuali gemiti della Chiesa non sono i gemiti di un'agonia, ma quelli del parto, attraverso
i quali sta giungendo al mondo un essere nuovo: cioè , una nuova Chiesa.
7Questo termine mi sembra necessario per rendere conto di una caratteristica del
mondo contemporaneo dentro e fuori la Chiesa. Deriva dall'avverbio latino circiter (che
significa ÿÿcircaÿÿ, ÿÿpiù o menoÿÿ). Questo termine è stato abbondantemente utilizzato
da GIORDANO BRUNO nei Dialoghi. Lo prendiamo da lui come perfettamente adeguato
al nostro oggetto.
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8 1. La crisi
8Vedi l'edizione delle sue opere complete, vol. VII, pag. 405. Espressioni come
surhumaniser le Christ, m´etachristianisme, Dieu transchr´etien e simili, dimostrano
sia l'attitudine al neologismo dell'illustre gesuita sia la sua debolezza di pensiero.
9La morte è l'obiettivo finale (Orazio).
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10 1. La crisi
suo. Che, tra l'altro, come esprime giustamente Santo Tom´as, non lo fanno
non sono
´ effetti del male (a cui appartengono solo i difetti) ma puri eventi. Questi
sono effetti di altre cause, e non del male. Le cause dell'eventuale
le buone conseguenze della crisi non appartengono alla linea causale della crisi,
ma ad un'altra linea di causalità.
Qui è ovviamente coinvolta l'intera metafisica del male, in cui
non spetta a noi entrare; ma è importante fare chiarezza contro detto
ottimismo spurio che pur se eventi fortunati sono legati alla crisi
(quanto alla persecuzione, al martirio, alla sofferenza, all'educazione -secondo Eschilo-
, per provare l'aumento del merito, o per eresia il chiarimento della verità),
Questi non sono effetti, ma un plus di bene di cui il male è di per sé
incapace12 .
Attribuire il bene alla crisi, che è estrinseco alla crisi e viene da a
fonte diversa, suppone un concetto imperfetto dell'ordine della Provvidenza.
In esso bene e male conservano ciascuno la loro intrinseca essenza (essere e
non essere, efficienza e deficienza), anche se confluiscono in un buon sistema; Ma
ciò che è buono è il sistema, non i mali che lo compongono, anche se può esserlo
poi per mezzo di una catacresi denominateli buoni mali, come fa
Niccolo Tommasseo.
Questa visione dell'ordine provvidenziale ci permette di vedere come il mondo dall'alto verso
sotto torna (Par. IX, 108): cioè come anche la deviazione della creatura
il rispetto dell'ordine (e anche della dannazione) è inserito dalla Provvidenza
nell'ordine ultimo, che costituisce il fine ultimo dell'universo: la gloria di Dio
e degli eletti.
sto bene 13
. Non è il male che, in un momento successivo, genera da sé il
bene: solo un'entità positiva e distinta (in definitiva, Dio) ha questa potenzialità.
13 Perché la bontà onnipotente è così grande, che dai medesimi mali può estrarre un
bene conveniente, già perdonando, già risanando il peccatore; Prega adattando e cambiando
il peccato a beneficio del giusto, punendolo con la giustizia. Tutto questo è buono.
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12 1. La crisi
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Cap'itulo 2
Sintesi storica. Le crisi della
Chiesa
13
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Non poteva essere quello oltre il quale i sistemi filosofici non si erano mai
avventurati: doveva essere qualcosa di totalmente diverso ma non strano, che
nessuna filosofia aveva immaginato o che, concependolo con la sua
immaginazione, aveva considerato una follia. Insomma, Dio cessa di essere il
più inaccessibile grado di perfezione comune all'uomo e a dio, per essere
un'essenza che supera tutto ciò che è umano.
E Cristo non è chiamato uomo-Dio alla maniera dei gentili, cioè per
approssimazione massima alla perfezione di Dio o per una sorta di intimità
morale con Dio (Nestorio); e nemmeno alla maniera del paradosso stoico ´
secondo ´cui il saggio è simile a Dio o addirittura superiore a Lui, perché è
santo per natura, mentre il saggio si fa santo. Cristo è ontologicamente Di
Né quella del movimento dei Catari e degli Albigesi nel XIII secolo, e dei
loro epigoni i Fraticelli, fu una vera crisi. In realtà questi movimenti, provocati
da diffusi tumulti sentimentali e frammisti a slanci economici e politici, solo
raramente si tradussero in formule speculative. E quando lo fecero, come ad
esempio nella dottrina regressiva che propugnava un ritorno alla semplicità
apostolica, o nel mito dell'uguaglianza dei fedeli livellati nel sacerdozio, o nella
teologia di Gioacchino da Fiore sulla Terza Età (quella di lo Spirito Santo, che
avrebbe sostituito quello del Verbo, che a sua volta avrebbe sostituito quello
del Padre), tutte queste deviazioni dogmatiche trovarono la Chiesa ebraica
pronta e ferma archista nell'esercizio della sua professione didattica e
correttiva; e spesso era sostenuto in questo, per la solidarietà tra le strutture
sociali, dal potere temporale. Ci sono stati attacchi, ma non rotture, delle verità
di fede, e non è mancata la formazione degli insegnanti.
Lutero, invece, mette nelle mani del credente la Bibbia e il senso della Bibbia,
rifiuta la mediazione della Chiesa, e affida tutto all'intelligenza privata,
soppiantando l'autorità dell'istituzione con l'immediatezza del sentimento, che
prevale su tutto .
La coscienza è sottratta al Magistero della Chiesa e l'apprensione individuale,
soprattutto se viva e irresistibile, stabilisce il diritto di opinione e il diritto di
esprimere ciò che è pensato, al di sopra di ogni altra norma. Ciò che l'antico
pirronismo presuppone nel campo del sapere filosofico, lo scetticismo
protestante presuppone nel campo del pensiero religioso.
La Chiesa (individualità storica e morale del Cristo uomo-Dio) è privata della
sua essenza di autorità, mentre quella vivacità di apprensione soggettiva si
chiama fede e si converte in dono immediato della grazia. Il primato della
coscienza toglie fondamento a tutti gli articoli di fede, poiché questi sono validi
o non validi a seconda che la coscienza individuale vi acconsenta o meno.
perché la parola divina è accolta solo in quanto riceve la forma della persuasione
individuale: non è la realtà che obbliga all'assenso, ma è l'assenso che dà valore alla
realtà. Che in seguito, per logica interna, la critica del principio teologico dell'autorità
divina si trasformi in critica del principio filosofico dell'autorità della ragione, è cosa
deducibile a priori per esigenza logica, ed è stato attestato a posteriori da lo sviluppo
storico del pensiero tedesco fino alle forme più compiute del razionalismo immanente.
5
...rispettivamente, come avvertito, come eretico, scandaloso, falso o offensivo
orecchie pie o ingannevoli per le menti semplici.
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6 Abbiamo una via aperta per indebolire l'autorità dei Concili e contraddire
liberamente i loro atti e giudicare i loro decreti e confessare fiduciosamente ciò che
ci sembra vero...
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il pretesto storico della richiesta di libero esame. È vero che gli abusi del sacro da
parte dei ministri della Chiesa furono enormi, e si può citare l'esempio mostruoso di
Alessandro VI che minacciò di scomunica la sua concubina se non fosse tornata ad
7
vomitum. Ma a parte il fatto che la condanna dell'abuso non giustifica il rifiuto di ciò
di cui si abusa, succede che la riforma della Chiesa doveva venire ed è avvenuta
attraverso l'ortodossia, grazie a uomini come S. Francisco de So, Sto.
Domingo Guzm'an, Santa Catalina de Siena e tutti i fondatori di ordini religiosi dei
secoli XIV e XV che hanno sempre ritenuto impossibile per i cattolici percorrere la
retta via senza l'approvazione e il sigillo di quegli stessi uomini di Chiesa di coloro
che autorità riconosciuta e di cui criticavano i vizi.
E la ragione per cui la corruzione dei pastori non ha portato a una crisi, ma solo
a una deviazione, è che la prevaricazione pratica non è stata eretta a dogma te Oric,
come invece ha fatto Lutero. Contrariamente alla prassi (sempre limitata), il dogma
teorico è illimitato, poiché contiene nella sua universalità un potenziale infinito
pratico. Pertanto, una volta salvato il dogma teorico, tutta la pratica è salva e il
principio di salute rimane intatto.
Sono però principi veri e autentici: verità assunte che non devono essere
giudicate, ma con le quali tutto viene giudicato.
Sono proposizioni antitetiche al principio cattolico di autorità. Sotto questo
aspetto è impossibile pensare storicamente al 1789 francese se non è preceduto
dalla fissazione delle tesi luterane in quella vigilia di Ognissanti del 1517; e non
perché quelle novantacinque tesi prese articolo per articolo fossero distruttive,
ma perché lo spiritus agitans molem lo era. Questo spirito è stato capace di
partorire tutto ciò che ha partorito, ma non per la perversità degli uomini, né per
l'ostinazione di prelati corrotti, né per l'inettitudine delle gerarchie, ma per il più
terribile dei motori e le energie regolatrici del pandaimonio umano, che secondo
me è la logica necessità.
Chi sfoglia il classico Enchiridion può stupirsi che, tra i documenti dottrinali
dell'epoca in cui si sviluppò quel grande movimento convulsivo che fu la
Rivoluzione francese, non ce ne sia nessuno che riguardi direttamente i presunti
te orici sottesi alla legislazione di riforma delle varie Assemblee che avvenne
fino al Consolato e all'Impero.
Delle sette costituzioni che seguirono, il mediatore dei due secoli abrogò
definitivamente la più impegnativa e incompatibile con la religione cattolica,
lasciando però come sfondo delle novità il principio informativo del mondo
moderno. Questo principio, l'ho detto e lo dirò molte volte, è l'instaurazione dei
valori umani precesivi come umani, indipendenti e sussistenti per se stessi, e
conseguentemente la correlativa destituzione dell'autorità.
Non è che libertà, uguaglianza e fraternità non fossero valori riconosciuti fin
dall'antica sapienza greca ed elevati simboli universali nella religione cristiana:
da dove altro verrebbero? Ma gli stoici li rimandavano al Logos naturale che
illuminava inefficacemente (la storia della schiavitù lo prova) ogni uomo che
viene al mondo.
Tuttavia, il cristianesimo li rimandava al Logos soprannaturale fatto uomo,
impulso illuminante ed efficace per il cuore umano. E poiché il Logos naturale
non è reale, ma ideale, non può essere il vero principio da cui tutto dipende, né
deve quindi essere incondizionatamente venerato e obbedito.
Il vero principio è un'entità molto reale che include l'Idea e che per il
cristianesimo è diventata una realtà creata attraverso l'Incarnazione.
L'individuo
´ ontologico uomo-Dio diventa un individuo sociale nella Chiesa.
Questo è il suo Corpo mistico, secondo il celebre insegnamento di san Paolo,
per cui la sua dipendenza ´ da Cristo si riflette nella sua dipendenza dalla Chiesa.
Questo è il principio di autorità, che governa l'intero sistema teologico.
ministro di una Chiesa dalla quale dipende, e non come ministro di Cristo, è un
corollario che viene qualificato come eresia in un altro articolo.
Se però diciamo che non c'è crisi quando l'organismo mistico è attaccato nella
sua anima sensitiva ma non in quella intellettiva e mentale, né quando il nucleo (quello
che si adorna del carisma dell'indefettibilità) rimane intatto anche se il male progresso
in tutti gli ordini fisiologici del corpo, allora sarebbe legittimo dubitare che questo
shock del cattolicesimo sia stato una crisi della Chiesa.
Anche nell'OR del 31 maggio 1980, uno storico francese collega quel pregevole
documento dottrinale con un bagliore di clericalismo monarchico ultramontano. Né il
sensus fidei né il sensus logicae hanno impedito a Denzinger e ai suoi successori di
introdurlo interamente nell'Enchiridion.
Sulla portata del Sillabo riguardante la verità cattolica, sorsero ben presto
controversie e disaccordi. Mons. Dupanloup, vescovo di Orléans, ne ha limitato il
significato di condanna. La Civilt´a cattolica, che ha goduto alla grande
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12Vedi sul punto la citata edizione di Morale cat'olica, vol. III, pag. 340-343.
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13 Gli uomini sono generalmente lontani dalle verità e dai beni soprannaturali, e
credono di potersi accontentare solo della ragione umana e dell'ordine naturale delle
cose, e di poter raggiungere in essi la propria perfezione e felicità.
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14 in un
Alessandro Manzoni, nella Seconda Parte di Moral Católica, ,
capitolo intitolato appunto Spirito del Secolo, che è il più tormentato dell'opera
(anzi il più tormentato di tutti i suoi scritti), si trova di fronte al nostro stesso
problema: se o meno lo spirito del secolo è compatibile con la religione
cattolica.
E trova la soluzione in un'operazione analitica e perspicace.
Rifiutando una falsa sistematizzazione che o accetta tutto o rifiuta tutto,
Manzoni esamina, articolo per articolo, le varie parti di questo composto
eterogeneo fatto di idee vere, utili e giuste, e idee false, irreligiose e dannose.
L'estrazione delle parti buone mostra che esse derivano dalla religione e vi
erano contenute, e la colpa fu forse di non averle dedotte e di aver lasciato tale
compito ai nemici della religione. L'analisi dello spirito del secolo, quindi, non
va fatta con lo spirito del secolo (né con quello del passato né con quello del
presente), ma con la luce della verità religiosa; Questo illumina le intelligenze
in evoluzione nel corso delle generazioni, ma senza che esse evolvano,
essendo al di sopra di ogni epoca attraverso una sorta di ucronia
15 .
14Vedi edizione citata, vol. II, pag. 413-459, e vol. III, pag. 323-329.
15 Discuto ampiamente questa soluzione manzoniana nel discorso pronunciato in
Arcadia 24 aprile 1979, Atti di detta Accademia, 1979, pp. 21-44.
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La crisi denunciata nel Sillabo era una crisi del mondo piuttosto che della
Chiesa. Quella denunciata da quel successivo Sillabo che costituisce il decreto
Lamentabili dell'8 luglio 1907, insieme all'enciclica Pascendi dell'8 settembre
1907, è invece una crisi della Chiesa.
Y la diferencia entre el documento de San P´ÿo X y el de P´ÿo IX es manifi
esta ya desde el t´ÿtulo: P´ÿo IX enumerò i principali errori della nostra epoca,
mentre San P´ÿo X denuncia errores modernistarum de Chiesa, rivelazione,
Cristo e sacramenti.
Praticamente ogni filosofia contiene una teologia. Le materie puramente
teologiche contemplate dall'insegnamento di san Pio X sono il frutto maturo
della filosofia dell'indipendenza condannata nel primo Sillabo. La differenza nel
titolo corrisponde
´ alla diversa natura delle 65 proposizioni fallite. Queste non
riguardano più una situazione spirituale a lui propria.
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mondo ma pur sempre esterno alla Chiesa, ma ad una vera e propria ferita nel Nous
Cattolica: non alle parti smembrate di un sistema, ma allo spirito
immanente in tutti loro. Ciò si chiarisce anche nel fatto, rivelato dall'art
l'enciclica, su cui el modernista agisce più persone e sembra mescolarsi in sé
16
, Essere allo stesso tempo filosofo, credente, teologo, storico, critico, apologeta
e riformatore.
Non credo che questa pluralità di persone sia denunciata da san Pio X
come atteggiamento morale di doppiezza o di ipocrisia (pluralità di maschere), se
ebbene, qualche tratto dell'astuzia ajitofelica (cfr. 11 Sam. 15-17) può forse
essere apprezzato in alcuni difensori di quelle dottrine; ma forse non anche, a
volte, sui tuoi avversari? Credo piuttosto che questa molteplicità di persone
o volti è proprio la prova che il documento non condanna i partiti
separati, ma uno spirito, che in definitiva è lo spirito di indipendenza.
19Rosmini, Teosofia, 111, 1090, ed. nac., vol. XIV, Milano 1941. Vedi negli indici la voce
Idea.
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Il terzo Sillabo è l'enciclica Humani generis del 12 agosto 1950, e con i testi del
Concilio Vaticano II costituisce il principale atto dottrinale della Chiesa dopo San Pio
X.
È vero che nella formazione del sensus communis della Chiesa ci sono momenti
in cui predomina la memoria, ponendo in primo piano alcune parti del deposito della
Fede, e momenti in cui prevale quell'oblio, deviando da quella luce e relegandone altre
del 20 sistema cattolico alle tenebre
.
È un effetto dell'intenzionalità limitata dello spirito, che non può essere sempre in
tutto, e della conseguente diligenza dell'attenzione, grande verità su cui poggia l'arte
dell'educazione e, in un ordine infimo (bassissimo), l'arte di propaganda. Ed essendo
qualcosa di necessario alla natura umana, non può essere né deplorato né eliminato.
Tuttavia, è necessario che questo relativo obliterazione in cui cadono alcuni articoli
dell'ordinamento cattolico non diventi alla fine la sua soppressione. È la storia, il
dispiegarsi, che espone od oscura un aspetto o l'altro, ma nessuno di questi aspetti
esiste nella coscienza della Chiesa in virtù dell'essere illuminato, né è del tutto spento
dal fatto di essere oscurato. Quando la tendenza generale nella maggioranza della
Chiesa è quella di oscurare certe verità, è necessario che la Chiesa docente le
sostenga con forza preservando l'intero sistema cattolico, anche se questa o quella
parte suscita scarso interesse. maggioranza.
Cap'itulo 3
C'è una vecchia sfiducia verso il fatto di porre di fronte il Concilio e la Sede di
Pietro. È stata formulata fantasiosamente dal card. Pallavicino, storico del Concilio di
Trento: Nel cielo mistico della Chiesa non si può immaginare un incontro più difficile
da comporre, né composto di più pericoloso
39
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5L'esito paradossale del Concilio, così come la rottura della legalità conciliare e la
retrocessione del Concilio preparato, sono fatti messi a tacere dai lavori che ricordano le
vicissitudini della grande assemblea. Si veda, ad esempio, la sintesi del Concilio di mons. Q.
POUPARD, pro-Presidente del Segretariato per i non credenti, in Esprit et Vie, 1983, pp,
241 e ss. Come contrappeso all'omissione di eventi così importanti, li sottoponiamo a un
esame un po' più attento.
6Il parallelismo rilevato da Sarpi è mera apparenza. Una delibera contraria al timore
della Curia romana è infatti una delibera secondo i suoi criteri. In realtà il Tridentino non ha
avuto una risoluzione paradossale.
7
Storia del Concilio Tridentino, Bari 1935, vol. 1 pag. 4. Per illustrare questo punto, vedi
ROMANO AMERIO, Il Sarpi dei pensieri filosofici inediti, Torino 1950, pp. 8-9, e in particolare
l'incoerenza tra la lettera e la sostanza di questo testo. In realtà Sarpi intende pienamente
dimostrare l'efficacia della gestione umana nel condurre quel Concilio.
8Posso parlare del lavoro della Commissione preparatoria centrale con una certa
cognizione di causa, essendo stato associato a mons. Angelo Jelmini, Vescovo di Lugano
e membro di quella Commissione, allo studio degli schemi e alla redazione dei suoi pareri,
ebbi conoscenza di tutti i documenti.
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La laicità della Chiesa, concretizzatasi nel sistema dei seminari, implica che i
sacerdoti debbano essere formati secondo un principio peculiare correlato alla
peculiarità ontologica e morale del loro stato di consacrazione.
Al contrario, il testo chiedeva una formazione del clero assimilata il più
possibile alla formazione dei laici: perciò la ratio studiorum dei seminari
dovrebbe prendere l'esempio di quella degli States, e la cultura del clero in
genere omette ogni originalità rispetto a quella dei laici. La ragione di questa
innovazione si è rivelata essere un tema variamente ribadito dal Concilio: che
gli uomini di Chiesa si conformino al mondo per esercitare sul mondo la loro
specifica operazione di istruzione e santificazione.
Anche intorno alla riunificazione dei cristiani non cattolici, la voce di chi ha
paragonato i protestanti (senza sacerdozio, senza gerarchia, senza successione
apostolica e senza sacramenti, o quasi) agli ortodossi, che però hanno quasi
tutto in comune con i cattolici tranne le dottrine del primato e dell'infallibilità.
Pio IX aveva fatto una distinzione molto netta: inviava inviati apostolici con
lettere di invito ai Patriarchi d'Oriente, i quali dichiaravano tutti di non potersi
avvicinare al Concilio; ma non riconosceva le varie denominazioni protestanti
come Chiese, considerate mere associazioni, e rivolgeva un appello ad omnes
ai protestanti non perché intervenissero nel Concilio, ma perché tornassero
all'unità da cui erano partiti.
10 Non approvo la descrizione dello stato attuale della Chiesa, qui svolta con tanta
esaltazione, e ispirata a mio avviso più dalla speranza che dalla verità. Perché parlare
di accresciuto fervore religioso? Rispetto a quale periodo ti riferisci? non dovrebbero esserlo
tener conto delle statistiche secondo cui la fede cattolica, il culto divino e
i costumi pubblici decadono e sono rovinati? Non è lo stato generale del
le menti lontane dalla religione cattolica, lo Stato separato dalla Chiesa, la filosofia
di fede, ricerca scientifica di rispetto per il Creatore e sviluppo tecnico
del dono dovuto alla legge morale? Forse la Chiesa non soffre per la carenza di clero? NO
molte parti della Santa Chiesa sono crudelmente perseguitate dai Giganti e Mino taurus che
si vantano nel mondo o, come in Cina, hanno portato allo scisma? Nostro
missioni, piantate e irrigate con tanto zelo e carità, non sono state devastate?
dal nemico? L'ateismo non è forse esaltato non solo dai singoli, ma anche stabilito (cosa
assolutamente inaudita) dalle leggi di intere nazioni? non diminuisce
Ogni giorno in proporzione il numero dei cattolici mentre maomettani e gentili crescono a
dismisura? Infatti, noi, che recentemente eravamo un quarto
parte della razza umana, siamo stati ridotti a un quinto. E non è vero?
che i nostri costumi sono paganizzati attraverso il divorzio, l'aborto, l'eutanasia,
sodomia e culto del denaro?
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11Lo si evince dalla positio dell'istruttoria del suo processo di beatificazione, nota grazie
ad un'indiscrezione del giornalista F. D'ANDREA. Vedi Il Giornale
Nuovo, del 3 gennaio 1979. Ma emerge anche dalle parole del Papa nel
udienza del 13 ottobre 1962, che fece ritenere che il Concilio potesse concludersi
A Natale.
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3.4. M´as sobre la resolution parad´ojica del Concilio. La Sapienza degli Antichi 47
12In OR, 4 giugno 1981, a causa dei soliti loquimini nobis placentia, sta scritto che il
rinnovamento della Chiesa fu iniziato da Giovanni XXIII con la celebrazione del Sinodo
Romano e con la celebrazione del Concilio, e che ÿÿentrambi finito per amalgamareÿÿ.
Siamo d'accordo, purché ÿÿamalgamareÿÿ significhi ÿÿannientareÿÿ: il Sinodo non è citato
dal Concilio nemmeno una volta.
13 Il Primo Sinodo Romano, AD 1826, Typ, poliglotta Vaticana, 1960.
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3.4. M´as sobre la resolution parad´ojica del Concilio. La Sapienza degli Antichi 49
14
La parte pratica (Retract., I, cap. 13, 20).
e dispositiva dell'antica sapienza del genere umano è un'esatta con
trapartida, por su firmeza, della cristallina trasparenza della dottrina. Los
punti decisivi sono proprio quelli che dal successivo ritiro papale
determinarono l'annullamento dell'enciclica. Stabilisce che la ratio studiorum
ecclesiastico riconquista la propria originalità fondata sulla specificità
dell'homo clericus; che, di conseguenza, l'insegnamento di
discipline tradizionali, soprattutto latine e greche; che per ottenere ciò si
dovrebbero abbandonare o ridurre le discipline del cursus laico, il quale
per una tendenza assimilativa erano state introdotte o ampliate. Prescrive che
le scienze fondamentali, come la dogmatica e la morale,
sono insegnate in seminari di latino e seguenti manuali anche in
Latino; che gli insegnanti che sembrano incapaci o riluttanti a imparare il latino
essere rimosso entro un termine conveniente.
Come coronamento della Costituzione Apostolica, destinata a procurare a
generale reinserimento del latino nella Chiesa, il Pontefice decretò l'erezione di
un Istituto Superiore di Latino, che avrebbe dovuto formare latinisti per tutto il
15
mondo cattolico e mettere insieme un lessico latino moderno
.
La disintegrazione generale di Latinidad dopo il progetto della fase
il liceo, che ne chiedeva il reinserimento generale, prevede un'integrazione
suffragio alla tesi del risultato paradossale del Concilio. Nella misura in cui
toccato un punto storicamente essenziale del cattolicesimo, la Veterum
Sapientia esigeva una virtù molto volenterosa di autorità e corrispondenza
armonia in tutti i corpi dell'esecuzione. Occorreva quella forza pratica che si era
esercitata, ad esempio, nella grande riforma della scuola
realizzata dal ministro Giovanni Gentile, e che ha impresso per mezzo secolo la
ratio studiorum. Inoltre poi milioni di insegnanti,
trovato in una condizione analoga a quella in cui versava il Veterum
Sapientia ha posto le discipline divine, erano così vincolate
14Infatti quella che oggi si chiama religione cristiana era tra gli antichi e non è più mancata
l'inizio della razza umana
15 La sconfitta del latino nella Chiesa postconciliare è però evidente. Nemmeno
al Congresso tomista internazionale del 1974, il latino era elencato tra le lingue ammesse;
ma fu subito, dopo la mia protesta in una lettera datata 1´ ottobre 1973 al Maestro
Generale dei Domenicani, Padre Aniceto Fern'andez. Ciò mi ha portato a rispondere il 18
ottobre accogliendo la proposta e la richiesta: ÿÿAbbiamo anche pensato
in essa, soprattutto perché è la lingua di san Tommasoÿÿ. Va da sé che il
Pochissimi furono gli interventi in latino. La delatinizzazione dei congressi
I tomisti erano già totali nel 1980, in cui su ventinove giornali non ce n'erano.
In latino. Nessuna prova più chiara potrebbe essere fornita della transizione verso una Chiesa multilingue, ma
completamente rimosso dal latino.
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Il terzo fine riprende la causa unionis. Il Papa dice che la causa si riferisce
ad altri cristiani (n. 31) e che solo la Chiesa cattolica può offrire loro l'unità
perfetta della Chiesa. Sembra dunque che resti all'interno della dottrina
tradizionale: l'unione ha già definito il suo centro, in cui devono concentrarsi le
parti dissidenti e separate. Egli aggiunge che i recenti movimenti ancora in
pieno svolgimento all'interno delle comunità cristiane da noi separate ci
mostrano chiaramente che questa unione può realizzarsi solo nell'identità di
fede, nella partecipazione degli stessi sacramenti e nell'armonia organica di un
unico direzione ecclesiastica (n. 31).
prima di ogni proposizione teologica, e d'altra parte esposta nella Scrittura. A causa
della processione metafisica degli esseri, la conoscenza è anteriore alla volontà e la
teoria alla pratica: In principio erat Verbum (In principio era il Verbo) (Giovanni 1, 1).
L'atto dispositivo e prescrittivo della disciplina ecclesiastica non ha fondamento se
non emana dalla conoscenza.
Ma con ciò entreremmo anche nella tendenza pragmatica che ha tentato il Concilio in
molti suoi momenti.
21 .
Alcuni difetti di espressione, come il cedere alla connaturalità, possono rendere un
po' difficile l'ermeneutica di questa affermazione, ma la sua sostanza è evidente. Il
Concilio (sembra) non prepara un'espansione del cattolicesimo, ma lo produce nella
misura in cui la sua parte soprannaturale è ridotta al minimo e si realizza una massima
coincidenza della religione con il mondo, considerata ad esso naturale, se i termini
sono da prendere così come appaiono.
La Chiesa non può allora, secondo l'immagine volgare, essere lievito che fa lievitare
la pasta, né può vestire l'uomo, trasformandone il fondamento; Cercheranno piuttosto
di fargli assorbire il mondo, perché così assorbito, assorbirà a sua volta il mondo.
Un'affermazione come questa presuppone che la Chiesa abbia attualmente bisogno di
scendere a compromessi con il mondo, in uno stato di necessità analogo a quello in
cui parve a Clemente XIV di trovarsi nel Settecento, portandolo a sopprimere la
Compagnia di Gesù .
È una valutazione che viene da una prudente prudenza, ma non da un pru
21Tutte le sottolineature nei testi citati sono sempre nostre, e sono fatte per
evidenziare le parti del testo che sono oggetto del commento.
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E quella prospettiva di miseria e quasi di fame aperta alla Chiesa nel 1968
si annuncia ancor più nel gemito della tragica invocazione ai funerali di Aldo
Moro: un sentimento di pessimismo viene a cancellare tante serene speranze
e a scuotere la nostra fiducia nel bontà del genere umano.
Qui l'uomo (ma ancor più il Pontefice, prossimo alla morte) lamenta il progetto,
22 .
che giace distrutto, di tutto il suo pontificato
22C. ANDREOTI, Rivista 1976-1979, Roma 1981, p. 224, dice che sembrava come se il
Papà parlava ÿÿquasi rimproverando al Signore tutto quello che era successoÿÿ.
23 Cit. en Itin´eraires, n. 160, p. 106.
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una nuova Religione, che a poco a poco fa adorare il Mondo e che è indispensabile
all'Umanità perché continui ad operare. Perciò lo è
fondamentale mostrare il cristianesimo come capace di divinizzare il nisus
y el opus humanos naturales (Diario, p. 220). El monitum del Santo Oficio
contro le dottrine teilhardiane era di fatto caduto in disuso con Juan
XXIII 24 .
Giustamente persuaso dell'essenziale irreformabilità della Chiesa, il
Gli innovatori propongono di lanciare questa Chiesa fuori di sé, alla ricerca di un
metacristianesimo (per adottare il termine teilhardiano), poiché
una religione rinnovata è una nuova religione. Per non morire, il cristianesimo
dovrebbe subire una mutazione in senso genetico e teilhardiano. Ma se si ferma
per non morire la religione deve uscire da se stessa, tale espressione implica a
contraddizione, arrivando a dire che deve morire per non morire. Già nel
cattolicesimo francese prima della guerra si manifestavano dottrine che lo difendevano
rivoluzione radicale nella Chiesa, e il card. Sali´ege ha scritto: Ci sono stati
cambiamenti biologici inaspettati che hanno dato origine a nuove specie. NO
Forse ora stiamo assistendo a una sorta di cambiamento che modificherà
profondamente la struttura umana (intendo la struttura mentale e psicologica
dell'uomo)? A questa domanda, che i filosofi riterrebbero impertinente,
25
sarà in grado di rispondere entro cinquecento anni
24Una prova della disarticolazione interna della Curia romana, che spesso dimentica tutto
apparenza di coerenza, ha avuto luogo nel 1981. In occasione della celebrazione del centenario
della nascita di Teilhard de Chardin all'Institut Catholique de Paris, il Segretario di
stato della carta Casaroli ha inviato mons. Poupard, presidente dell'Istituto, un messaggio in
che i meriti contratti davanti alla Chiesa dal detto Gesuita furono lodati. Da Teilhard
era stato oggetto di un Monitum del Sant'Uffizio che nel 1962 denunciava nelle sue opere
ambiguità e gravi errori, l'omaggio reso dalla Santa Sede ha suscitato scandalo e
è stato necessario, come si suol dire, un ÿÿresizingÿÿ (in realtà una ritrattazione)
di quelle lodi.
25 Cit. in J. GUITTON, Scrivere como si ricorda, Alba 1975, p. 31).
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Cap'itulo 4
A parte il testo profetico di Luc. 2, 34, secondo cui Cristo sarà segno di
contraddizione e diventerà per molti risurrezione o rovina, il Papa cita il più
decisivo di Luc. 11,23: Qui non est mecum, contra me est (Chi non è con me è
contro di me). Questi testi non sono mai stati citati nei documenti conciliari
successivi, poiché l'assemblea ha cercato più gli aspetti condivisi dalla Chiesa
e dal mondo e verso i quali entrambi convergono, che quelli in cui si oppongono
e combattono.
La perfetta coerenza di questa parte del discorso inaugurale con la mentalità
cattolica appare anche là dove si afferma che tutti gli uomini, particolarmente
considerati o socialmente riuniti, hanno il dovere di adoperarsi per conseguire
i beni celesti (p. 748, n. 13): questo è il concetto tradizionale della signoria
assoluta di Dio, che investe la realtà umana non solo come singola persona, ma
anche come società, e sancisce la
59
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D'altra parte, non poteva sfuggire al lamento del Papa la cospicua assenza
di interi episcopati ai quali i loro governi hanno impedito di partecipare al
Concilio, il quale ha confessato di provare intenso dolore per l'assenza di tanti
pastori d'anime per i Nostri più cari , i carcerati per la loro fedeltà a Cristo (n.
12). Va anche rilevato come detta deplorata servitù fosse nei secoli passati un
aspetto della fusione della vita religiosa con la società: tale fusione era dovuta
ad una imperfetta distinzione tra valori religiosi e subordinati civili, considerati
come un gruppo informato dalla religione. Al contrario, l'attuale liberazione
viene dalla perdita di autorità della Chiesa negli spiriti del secolo, invasa da
un'aspirazione eudemonista e dall'indifferenza dottrinale.
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ricevette ordine formale sia di firmare l'accordo sia di vigilare sulla sua esatta
2
esecuzione durante il Concilio .
Così il Concilio si è astenuto dal tornare a condannare il comunismo;
nemmeno quella parola si trova negli Atti, così abbondanti nei documenti
3
papali fino a quel momento. La grande .
Assemblea si pronunciava specificamente sul totalitarismo, sul capitalismo
o sul colonialismo, ma nascondeva il suo giudizio sul comunismo dopo un
generico giudizio sulle ideologie totalitarie. L'indebolimento del senso logico
proprio dello spirito del secolo toglie alla Chiesa anche il timore della
contraddizione. Nel discorso inaugurale del Concilio si celebra la libertà della
Chiesa contemporanea proprio nel momento in cui si riconosce che molti
vescovi sono incarcerati per la loro fedeltà a Cristo e quando, in forza di un
accordo auspicato dal Pontefice, il Concilio è vincolato dall'impegno a non
pronunciare alcuna condanna contro il comunismo. Questa contraddizione,
pur grande, lo è meno se confrontata con la contraddizione di fondo consistente
nel fondare il rinnovamento della Chiesa sull'apertura al mondo, per poi
cancellare dai problemi del mondo il problema più importante, più essenziale
e decisivo del comunismo.
traduzione . 5In terzo luogo, che la diversità delle traduzioni, presto diffusasi a
scapito del testo latino e presa a base di argomentazione,
contraddice l'originale, ma le varianti si abbinano in modo univoco.
Questa consonanza dà motivo di ipotizzare una cospirazione spontanea o
organizzato in modo da dare al discorso un senso modernizzante
forse assente dalla mente del papa.
morali, che come dice paradossalmente il Papa, gli uomini, da soli (cioè senza
confutazione o condanna), oggi sembrano sul punto di condannarli, e
specialmente quei costumi che disprezzano Dio e la sua Legge. l'errore teorico
può guarire se stesso quando nasce da cause esclusivamente logiche; ma che
l'errore pratico attorno alle azioni della vita, dipendente da un giudizio in cui
interviene la parte libera del pensiero, è una proposizione difficile da
comprendere. E oltre che difficile dal punto di vista dottrinale,
quell'interpretazione ottimistica dell'errore, che ora verrebbe da sola
riconosciuta e corretta, è grossolanamente smentita dai fatti. All'epoca in cui il
Papa parlava questi fatti stavano maturando, ma nel decennio successivo
vennero pienamente alla luce. Gli uomini non ritrattavano questi errori, ma anzi
si confermavano in essi e davano loro forza di legge: l'adozione pubblica e
universale di questi errori morali era testimoniata dall'accettazione del divorzio
e dell'aborto; i costumi dei popoli cristiani furono completamente mutati e la
loro legislazione civile (fino a poco tempo fa modellata sul diritto canonico)
divenne una legislazione puramente profana, senza ombra di sacro. Questo è
un punto in cui la chiaroveggenza papale´ è inconfutabilmente compromessa.
8
.
10Non si può nascondere che sopit comicum il rapporto ufficiale dell'OR dice che tutti
i Padri riconoscono che lo schema, frutto del lavoro di teologi e vescovi delle nazioni
più diverse, è stato studiato con grande cura. Come si conclude allora che è
impresentabile?
11Della narrazione molto obiettiva che PH fa di questo episodio. DELHAYE in Ami du
Clerg'e, 1964, pp. 534-535, risulta anche che nella notte del 22 il Papa ricevette il card.
L'eger e l'episcopato canadese, e che si sono svolte discussioni tra il card.
Ottaviani e card. Bea, esponenti delle due opinioni che si erano scontrate.
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Il gesto del card. Li'enart è stato considerato dalla stampa come un colpo
di stato con cui il Vescovo di Lille ha deviato il corso del Concilio ed è entrato
nella storia 12 .
12Figaro, 9 dicembre 1976. Abbiamo tratto la narrazione degli eventi dalle memorie dello
stesso LIPNART, pubblicate postume nel 1976 con il titolo Vaticano II, in un'edizione della
Facoltà Teologica di Lille. Concorda con quella del libro di RALPH M.
WILTGEN, SVD Il Reno sfocia nel Tevere, Hawthorn Books Inc., New York 1967, che però
non accenna al gesto illegale del cardinale francese.
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13
Il decano del Sacro Collegio, mostrandogli un quadro per il quale una fotografia
serviva da modello e che rappresentava sei cardinali attorno allo stesso Tisserant,
disse: Questo quadro è storico, anzi simbolico. Rappresenta l'incontro che avevamo
tenuto prima dell'apertura del Concilio, e nel quale abbiamo deciso di bloccare la
prima sessione, rifiutando le regole tiranniche stabilite da Giovanni XXIII. L'organo
principale della congiura dei modernizzatori, tessuta da tedeschi, francesi e canadesi,
sarebbe stata l'alleanza dei Padri di quelle regioni ecclesiastiche; l'organo antagonista
era il Coetus internationalis Patrum, dove prevalevano i Padri dell'orbita latina. È
opportuno chiedersi se non si stia confondendo un complotto in senso politico con
quel naturale accordo nelle assemblee
14Bolettino Storico della Svizzera italiana, I, 1978, Il luganese Carlo Francesco Caselli
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Poiché il titolo era stato espulso dal progetto dalla Commissione teologica
(nonostante un'imponente raccolta di voti a suo favore), e il Vescovo di
Cuernavaca lo aveva impugnato in aula, l'atto del Papa suscitò vivaci
respingimenti. In questo fatto si rivelano i dissensi interni al Concilio e lo spirito
antipapale della frazione modernizzatrice. E non è possibile, contro l'evidenza dei ´
fatti, accogliere la successiva dichiarazione del card. Bea. Aveva ragione
nell'affermare che, mancando un voto esplicito dell'assemblea sull'attribuzione o
meno di tale trattamento alla Vergine, non era legittimo opporre la volontà
immanifesta del Concilio alla volontà del Papa espressa in via di autorità .
4.9. Sintesi del Concilio nel discorso di chiusura della quarta sessione 77
Ma la difficoltà consiste nel non tradire la verità per amore della carità, e
nell'accostarsi all'umanità moderna (inserita in un movimento antropotropico)
non per sostenerne il movimento, ma per invertirlo. Non ci sono due centri
della realtà, ma un unico centro ei suoi epigoni. E non sono sicuro che in
questo discorso Paolo VI abbia specificato a sufficienza il carattere meramente
mediatore dell'umanesimo cristiano, poiché la carità non può farci accettare
come fine ultimo, neppure perfettamente, quello della visione antropologica.
Uomo.
L'imprecisione del discorso è evidente anche nell'adozione di due formule
contrarie: per conoscere l'uomo è necessario conoscere Dio e per conoscere
Dio è necessario conoscere l'uomo (n. 16). Secondo la dottrina cattolica esiste
una conoscenza di Dio accessibile per via naturale a tutti gli uomini, e una
conoscenza di Dio rivelata solo soprannaturalmente. E allo stesso modo, ci
sono due conoscenze dell'uomo. Ma dire indistintamente che per conoscere
l'uomo è necessario conoscere Dio e, viceversa, per conoscere Dio è
necessario conoscere l'uomo, non costituisce più il circolo solido riconoscibile
(data quella distinzione) nella formula cattolica, ma un circolo vizioso cerchio
che impedirebbe allo spirito di trovare un vero principio di movimento per
conoscere l'uomo e conoscere Dio.
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Cap'itulo 5
Dopo il Concilio
79
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80 5. El dopo il Concilio
Mosè e lo portò dai settanta anziani (Num. 11, 25). Lo spirito di Elia entrò nel suo
discepolo Eliseo (IV Re 2, 15). Altre cento volte menziona lo spirito del Signore. In tutti
questi passaggi lo spirito è ciò che in un uomo precede ogni atto e presiede a tutti i
suoi atti come primum movens.
I settanta anziani che iniziano a profetizzare quando Dio porta loro lo spirito di
Mosè hanno lo stesso motore ideale e supremo di Mosè.
Lo spirito di Elia in Eliseo è il pensiero di Elia, che diventa proprio di Eliseo. Lo spirito
del Signore è il Signore stesso, convertito in ragione e motivo di operare in tutti coloro
che hanno lo spirito del Signore. Allo stesso modo, lo spirito del Concilio è il principio
ideale che motiva e anima il suo operare, e, per dirla alla maniera stoica, ÿÿegemonicoÿÿ
in esso.
Ma, detto questo, è chiaro che sebbene lo spirito del Concilio (quello che sottende
la sostanza dei suoi decreti e ne diviene a priori) non si identifica certo con la sua
lettera, né ne è indipendente. In quali cose si esprime un organo deliberante, se non
nelle sue disposizioni e nelle sue deliberazioni? Il richiamo allo spirito del Concilio, e
soprattutto da parte di chi vuole superarlo, è un argomento equivoco e quasi un
pretesto per poter introdurre in esso il proprio spirito di innovazione.
Si può qui osservare che, poiché lo spirito di quella grande assemblea non era
altro che il suo principio informatore, ammettere in essa una molteplicità di spiriti
equivarrebbe a proporre una molteplicità di Concili, considerata da alcuni autori come
qualcosa di arricchente. La supposizione che lo spirito del Concilio sia molteplice non
può che nascere dall'incertezza e dalla confusione che viziano alcuni documenti
conciliari e fa sorgere l'ipotesi che questi siano stati superati per opera di quello
spirito.
1Vedi detta voce nelle già citate Concordantiae del Vaticano II.
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3
Il carattere anfibologico dei testi conciliari fornendo così una
base per l'interpretazione sia modernista che tradizionale, dando origine a
tutta un'arte ermeneutica così importante che qui non si può evitare un
breve riferimento.
82 5. El dopo il Concilio
4In realtà, dire mutuo sembra superfluo, poiché se parla solo la Chiesa non c'è dialogo
ma monologo.
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sotto §§16.1-16.6 5 .
84 5. El dopo il Concilio
e forse non supporta il codice con cui verrà letto e decifrato alla seconda
lettura. I testi del Concilio hanno, come qualsiasi altro testo, e
a prescindere dall'esegesi che se ne fa, una leggibilità evidente e
inequivocabile, un senso letterale che è fondamento di tutti gli altri.
La perfezione dell'ermeneutica consiste nel ridurre la seconda lettura a
la prima, che fornisce il vero significato del testo. La Chiesa no
mai proceduto diversamente.
Il metodo praticato dagli innovatori nel periodo postconciliare consiste
nell'illuminare o oscurare parti specifiche di un testo o di una verità.
Non è altro che un abuso dell'astrazione che la mente fa per necessità
quando si esamina qualsiasi complesso. Tale è in realtà la condizione del
conoscenza discorsiva (che si svolge nel tempo, a differenza dell'intuizione
angelica). A questo si aggiunge un altro metodo, tipico dell'errore, consistente
nel nascondere una verità dietro l'altra e poi procedere come se la verità
nascosta non solo fosse nascosta, ma come se il simpliciter non esistesse. Di
Ad esempio, quando si definisce la Chiesa popolo di Dio in movimento, si
nasconde la verità che la Chiesa comprende anche la parte già in termo
dei beati (la sua frazione più importante, essendo invece quella in
quale si compie la fine della Chiesa e dell'universo). In un ulteriore passo,
ciò che era ancora compreso nel messaggio, sebbene epocale, finirebbe per
esserne espulso, rifiutando il culto dei Santi. La procedura che abbiamo
descritto è spesso realizzato secondo uno schema caratterizzato dall'uso
delle particelle avversative ÿÿbutÿÿ e ÿÿelseÿÿ.
Basta conoscere il significato pieno delle parole per riconoscere
immediatamente l'intenzione nascosta dell'ermeneutica. Per attaccare l'inizio
della vita religiosa è scritto che il fondamento non è messo in discussione
della vita religiosa, ma piuttosto il suo stile di realizzarla. Per evitare il dogma di
si dice che è lecito dubitare della verginità della Vergine in partu, non della
credenza in sé, ma del suo oggetto esatto, di cui non si avrebbe il
certezza di aver compreso il miracolo del parto senza lesioni personali
6
. E per ridurre la chiusura delle suore si afferma che va mantenuta
la chiusura, ma adattandola alle condizioni di tempo e di luogo che 7 . se sai
la particella ÿÿmasÿÿ (sinonimo di ma) equivale a magis (più), di cui
viene da, e quindi con l'apparenza di mantenere la verginità in atto
della Vergine, la vita religiosa o la clausura, si dice infatti che più che la
In linea di principio ciò che è importante sono i modi di farlo secondo tempi e luoghi.
Ora, cosa rimane di un principio se è in basso, e non in alto?
6Cfr. JH La virginit´e de Mar´ÿe Fribourg (Svizzera) 1957, che combatte la tesi eterodossa
de A. MITTERER , Dogma e Biologia, Vienna 1952.
7Questi due testi sono tratti dal grande Rapporto in tre volumi dell'Union des Superiorieurs
de France citato in Itin´eraires, n. 155 (1971), pagina 43.
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sopra la sua realizzazione? E come non vedere che ci sono stili di produzione
che, invece di essere espressione del fondamento, lo distruggono? In base a
ciò si potrebbe dire che non si discute della fondazione dello stile gotico, ma
piuttosto del suo metodo di realizzazione, e quindi si fa a meno dell'arco a
sesto acuto. Questa formula del ma/ma si trova spesso negli interventi dei
Padri conciliari, i quali introducono nell'asserzione principale qualcosa che poi
viene distrutto con il ma/ma dell'affermazione secondaria, cosicché questa
Quest'ultima diventa il vero enunciato principale.
Anche nel Sinodo dei Vescovi del 1980 il Gruppo B francofono affermò: Il
Gruppo aderisce senza riserve all'Humanae vitae, ma sarebbe necessario
superare la dicotomia tra la rigidità del diritto e la duttilità pastorale.
L'adesione all'enciclica diventa così puramente vocale, perché ciò che più
conta è il cedere alla legge della debolezza umana (OR, 15 ottobre 1980). Più
aperta è la formula di chi chiede l'ammissione dei divorziati all'Eucaristia: Non
si tratta di rinunciare all'esigenza evangelica, ma di concedere a tutti la
possibilità di essere reintegrati nella comunità ecclesiale su (ICI, n. 555, 13
ottobre 1980, p.12). E ancora nel Sinodo del 1980 sulla famiglia comparve in
gruppi innovativi l'uso della parola ÿÿapprofondimentoÿÿ . Mentre si persegue
l'abbandono della dottrina insegnata dall'Humanae vitae, si professa piena
adesione, ma chiedendo che la dottrina venga approfondita: cioè non
confermata con argomenti nuovi, ma trasmutata in altro. L'approfondimento
consisterebbe nel cercare e ricercare fino ad arrivare alla tesi opposta.
86 5. El dopo il Concilio
ad extra.
Da questo punto di vista, il Vaticano II è stato una forza spirituale così
imponente che è necessario collocarlo in una posizione singolare nell'elenco dei Concili.
Questa universalità della variazione introdotta pone anche la seguente
domanda: non si tratta forse di una mutazione sostanziale, come abbiamo
detto nei §§3.5-3.7, analoga a quella che in biologia si chiama modificazione
dell'idiotipo? La domanda sconosciuta è se il passaggio da una religione
all'altra non avverrà, come molti sacerdoti e laici non esitano a proclamare.
Se così fosse, la nascita del nuovo significherebbe la morte del vecchio, come
accade in biologia e metafisica. Il secolo del Vaticano II sarebbe allora un
magnus articulus temporum, l'apice di uno dei meandri che lo spirito umano
ha compiuto nel suo perpetuo ripiegamento su se stesso.
Il problema si può porre anche in altri termini: il secolo del Vaticano II non
potrebbe essere la dimostrazione della pura storicità della religione cattolica,
o che è lo stesso, della sua non-divinità? Si può dire che il campo di variazione
9 .
è quasi esauriente: delle tre classi di
atteggiamenti in cui si riassume la religione (cose da credere, cose da
sperare e cose da amare), non ce n'è nessuna che non sia stata raggiunta e
tendenzialmente trasformato. Nell'ordine gnoseologico, la nozione di fede
passa dall'essere un atto dell'intelletto a essere quello della persona, e
dall'adesione alle verità rivelate diventa una tensione vitale, entrando così
nell'ambito della speranza (§ 18.2) .
La speranza deprezza il suo oggetto proprio, diventando aspirazione e
attesa di liberazione e trasformazione terrena (§ 19.1).
La carità, che come la fede e la speranza ha un oggetto formalmente
soprannaturale (§ 20.1), allo stesso modo abbassa il suo termine rivolgendosi
all'uomo, e abbiamo già visto come il discorso conclusivo del Concilio abbia
proclamato all'uomo la condizione dell'amore per Dio .
Ma non solo queste tre classi di atteggiamenti umani riguardanti la mente
sono state raggiunte dalla novità, ma anche gli organi sensoriali dell'uomo
religioso e credente. Per il senso della vista, sono cambiate le forme delle
vesti, gli arredi sacri, gli altari, l'architettura, le luci, i gesti.
Per il senso del tatto, la grande novità è stata poter toccare ciò che la
venerazione del Sacro rendeva intoccabile. Il senso del gusto è stato concesso
per bere dal calice.
9P. Hegy, in una tesi pubblicata nella collana Th´eologie historique, diretta da p.
Dani´elou, sostiene che questo Concilio ha modificato tutti gli ambiti della vita religiosa,
tranne l´organizzazione ecclesiastica del potere, e che il Vaticano II non è solo una
rivoluzione, ma una rivoluzione incompleta ( Lautorit ´e dans le catholicisme
contemporain, Par´ÿs 1975, pp 15-17).
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L'olfatto, invece, trova quasi proibiti gli incensieri odorosi che santificano
i vivi ei morti nei sacri riti. Infine, il senso dell'udito ha conosciuto la più
grande e vasta novità mai operata in materia di lingua sulla faccia della terra,
essendo stata mutata la lingua di cinquecento milioni di persone dalla riforma
liturgica dei popoli; anche la musica è passata da melodica a percussiva, e il
canto gregoriano è stato espulso dai templi, che per secoli avevano addolcito
l'età del silenzio dei canti per gli uomini (cfr Eccl. 12, 1-4) e reso il
cuori.
E non anticipo qui quanto si vedrà in seguito sulle novità nelle strutture
della Chiesa, nelle istituzioni canoniche, nei nomi delle cose, nella filosofia e
nella teologia, nella convivenza con la società civile, nella concezione del
matrimonio: infine, nel rapporti della religione con la civiltà in generale.
88 5. El dopo il Concilio
se sussiste solo negli accidenti della Chiesa, e che una sostanza inespressa,
cioè senza accidenti, è una sostanza nulla (un non essere).
D'altra parte, l'intera esistenza storica di un individuo si riassume nei suoi
atti intellettivi e volitivi: ora, che cosa sono intellezioni e volizioni se non realtà
accidentali che accidentano, vanno e vengono, appaiono e scompaiono?
Eppure il destino morale della salvezza o della dannazione dipende proprio da
loro.
Di conseguenza, tutta la vita storica della Chiesa è la sua vita nei suoi
accidenti e contingenze. Come non riconoscerli come rilevanti e, se si pensa,
sostanzialmente rilevanti? E i mutamenti che avvengono nelle forme
contingenti, non sono forse mutamenti, accidentali e storici, dell'essenza
immutabile della Chiesa? E dove tutti gli accidenti cambiano, come riconoscere
che non è cambiata la sostanza stessa della Chiesa?
Cosa resta della persona umana quando si muta tutto il suo rivestimento
contingente e storico? Cosa resta di Socrate senza l'estasi di Potidea, senza i
colloqui dell'agorà, senza il Senato dei Cinquecento e senza la cicuta? Cosa
resta di Campanella senza i cinque supplizi, senza la congiura calabrese, senza
i tradimenti e le sofferenze? Cosa resta di Napoleone senza il Consolato, senza
Austerlitz e Waterloo? Eppure tutte queste cose sono accidentali nell'uomo. I
platonici, che isolano l'essenza della storia, la riscopriranno nell'iperuranio.
Ma noi, dove lo troveremo?
Ci sono precedenti per un simile tentativo. Per non essersi addentrati troppo
nelle accuse andando a cercarle nell'escatologia terrena eretica della Terza Era
(quella dello Spirito Santo), mi basterà ricordare l'aspetto che è il rinnovamento cattolico
ha preso il secolo scorso nel pensiero ardente di Lamennais, raccolto
10
nelle lettere inedite pubblicate da P'erin. Secondo il prete bretone, lo era
impossibile per la Chiesa resistere a riforme grandi e profonde
trasformazioni tanto certe quanto imprevedibili nel loro
contorni: sollecitava comunque un nuovo stato della Chiesa, a
una nuova era il cui fondamento sarebbe stato posto da Dio stesso attraverso un nuovo
manifestazione.
Né continuerò a dire che questa creazione di un uomo nuovo, caratteristica
della Rivoluzione moderna, coincide esattamente con la professata
in modo esoterico dal nazismo hitleriano. Secondo Hitler, il ciclo solare del
l'uomo giunge al suo termine, e già si annuncia un nuovo uomo che calpesterà il
11
l'antica umanità, che riaffiora con una nuova essenza. Gaudium et spes
contribuisce a questo scopo con uno dei testi più straordinari. il commercio morale
Ciò che deve prevalere nell'uomo di oggi (dice) è la solidarietà sociale coltivata
attraverso l'esercizio e la diffusione della virtù, ut vere novi homines et
gli artisti della nuova umanità devono esistere con il necessario aiuto della grazia divina
12. La parola novus si trova duecentododici (212) volte in Vaticano
II, spesso in modo sproporzionato rispetto a qualsiasi altro Concilio. All'interno
di questo grande numero, il novus appare spesso in senso ovvio
di relativa novità riguardante qualità o categorie accidentali
di cose. Così si parla (è ovvio) di Nuovo Testamento, di nuovi media
di comunicazione, di nuovi impedimenti alla pratica della fede, di nuovi
situazioni, nuovi problemi, ecc. Pero en el texto ciado (y quiz´a tam bi´en en
Joydium et Spes: ...sorge una nuova condizione di umanità) el vocablo se
si trasforma in un senso più ristretto e rigoroso. È una novità sotto il
che non sorge nell'uomo una nuova qualità o perfezione, ma risulta
ha mutato la sua stessa base e abbiamo una nuova creatura in senso stretto.
Paolo VI ha più volte proclamato la novità del pensiero conciliare: Le parole più
importanti del Concilio sono novità e aggiornamento.
La parola novità ci è stata data come un ordine, come un programma
(OR, 3 luglio 1974). Va notato qui che la teologia cattolica (altri
bene la fede cattolica) non conosce più di tre innovazioni radicali capaci di
rinnovare l'umanità e quasi transnaturalizzarla.
90 5. El dopo il Concilio
La terza è quella che completa tutto l'ordine, e grazie alla quale alla fine dei
secoli l'uomo in grazia viene beatificato e glorificato in una suprema
assimilazione della creatura al Creatore (assimilazione che tanto in via Thomae
come in via Scoti è la fine dell'universo).
Non è dunque possibile immaginare una nuova umanità che, pur rimanendo
nell'attuale ordine del mondo, superi la condizione di novità a cui l'uomo è
stato trasferito dalla grazia di Cristo. Tale superamento appartiene all'ordine
della speranza ed è destinato ad avvenire in un momento nuovissimo per tutte
le creature: quando ci sarà una nuova terra e un nuovo cielo.
Perciò si può concludere che la novi homines del Concilio non va intesa
nel senso forte di un mutamento di essenza, ma nel senso debole di una
grande restaurazione della vita nel corpo della Chiesa e della società umana.
Tuttavia, tale espressione è stata spesso intesa in quel senso stretto e
inammissibile, e ha favorito un'aura di anfibologia e utopia sul postconcilio.
13Sobre esta doctrina, aparte de la Summa theol, I, II, q. 114, a. I, 2 v 4, ver tambi´en
Rosmini, Antropolog´ÿa soprannaturale lib. I, cap. IV, a. 2 (ed. nac., vol. XXVII, p.44)
y Santo Tom´as de Aquino. Comm. in Epist. II ad Cor. V, 17, lect. IV.
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14In un altro luogo dice che il fondamento sono gli Apostoli, ma guarda che santo
Tommaso nel commento a questo brano.
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92 5. El dopo il Concilio
16 ANTONIO ROSMINI Risposta ad Augustine Theiner, Parte I Capitolo 2 ed. nato volume 42,
pagina 12
17Ed. nac., vol. I, Roma 1955, p. 188.
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94 5. El dopo il Concilio
96 5. El dopo il Concilio
che non ha più senso in una Chiesa proiettata nel futuro e per la quale la
distruzione dei suoi antecedenti appare come condizione della sua rinascita.
Già al Concilio si erano manifestati i sintomi di una certa pusillanimità nella
difesa del passato della Chiesa, vizio contrario alla costantia pagana e alla
fortezza cristiana; ma la sindrome si sviluppò rapidamente in seguito. Non
entro nella storiografia dei novatori su Lutero, le Crociate, l'Inquisizione o San
Francesco. I grandi Santi del cattolicesimo sono ridotti ad essere precursori
di novità oa nulla. Ma mi soffermo sulla denigrazione della Chiesa e sulla lode
di chi ne è fuori.
La denigrazione della Chiesa è un luogo comune nei discorsi del clero
postconciliare. A causa di circhi mentali, combinati con l'adattamento alle
opinioni del secolo, si dimentica che il dovere della verità non deve essere
adempiuto solo con l'avversario, ma anche con se stessi; e che non è
necessario essere ingiusti con se stessi per essere giusti con gli altri.
Il vescovo francese mons. Ancel attribuisce gli errori del mondo alle
deficienze della Chiesa, perché noi forniamo solo risposte insufficienti a
22 .
problemi reali.
Prima di tutto bisognerebbe precisare a chi si riferisce il pronome: a noi, i
cattolici? a noi, la Chiesa? a noi pastori? In secondo luogo, per il pensiero
cattolico è falso che gli errori nascano per difetto di soluzioni soddisfacenti,
perché coesistono sempre con i problemi e le vere soluzioni (che la Chiesa,
riguardo alle cose essenziali al destino morale dell'uomo, possiede e
perpetuamente insegna).
Ed è strano che chi dice che l'errore è necessario per la ricerca della
verità, poi dica chiassosamente che la ricerca della verità è ostacolata
dall'errore. L'errore ha anche un'autonoma responsabilità che non va attribuita
a chi non è in errore.
Pierre Pierrard ripudia tutte le polemiche sostenute dai cattolici nel XIX
secolo contro l'anticlericalismo; scrive direttamente che il motto Le cl
´ericalisme, voil´a l´´ennemi (allora considerato infernale) è ormai fatto proprio
dai sacerdoti, considerando quel passato della Chiesa come negazione del
23 .
Vangelo
Il francescano Nazzareno Fabretti (Gazzetta del popolo, 23 gennaio 1970),
parlando con molti circuitismi teologici del celibato ecclesiastico, carica di
un'accusa criminale l'intera storia della Chiesa: scrive che la verginità, il
celibato e i sacrifici della carne, poiché sono stati imposti per secoli unicamente
dall'autorità e senza altra persuasione e oggettiva possibilità di scelta a milioni
di seminaristi e
sacerdoti, rappresentano una delle più grandi piaghe che la storia ricordi.
Il vescovo Giuseppe Martinoli di Lugano sostiene che la religione è
responsabile del marxismo, e che se i cattolici avessero agito diversamente,
24
il socialismo ateo non sarebbe arrivato. E aggiunge in un'altra occasione
che la religione cristiana si presenta con un volto nuovo: non è più fatta di
piccole pratiche, di esternazioni, di grandi feste e di tanto rumore: la religione
25
cristiana consiste essenzialmente nel rapporto con Gesù Cristo
Mons. Jacques Leclercq sostiene che i responsabili della defezione di
le messe sono i sacerdoti che le hanno battezzate 26 .
Infine il card. Garrone, in OR del 12 luglio 1979, afferma: Se il mondo
moderno si è scristianizzato, non è perché rifiuta Cristo, ma perché non
glielo abbiamo dato. Nel Convegno ecclesiale italiano del 1976 la conclusione
del prof. Bolgiani (principale relatore) sul recente passato della Chiesa in
Italia è stato del tutto negativo: inutilità dell'episcopato, impegno al potere
politico, ostinata opposizione a ogni rinnovamento, ecc.
(OR, 3-4 novembre 1976). La carta. L´eger, arcivescovo di Montreal, in
un'intervista a ICI, n. 287 (1 maggio 1967), arrivò addirittura ad affermare che
se la pratica religiosa diminuisce, non è segno che la fede sia perduta,
perché, a mio modesto avviso, non ce n'è mai stata una (intendo una
personale fede). Secondo il cardinale, in passato non c'era vera fede nelle
città cristiane. Più avanti chiariremo il falso concetto di fede che sta alla
base di queste affermazioni. Scrive infine S. Barreau, autore del libro La
reconnaissance ou qu´est ce que la foi: Da parte mia, credo che dopo il XIII
secolo vi sia stata poca evangelizzazione nella Chiesa (ICI, n. 309, 1 aprile , 1968).
98 5. El dopo il Concilio
La verità è, invece, che la Chiesa è stata sempre una massa mista, un campo di
grano e di zizzania, una totalità sincretica di buoni e cattivi. Le testimonianze
partono da San Paolo. Basta ricordare gli abusi dell'agape, le fazioni tra i fedeli, le
defezioni morali, le apostasie di fronte alle persecuzioni.
30La denigrazione della Chiesa storica ha avuto poche confutazioni nel periodo postconciliare.
È notevole quanto Mons. VINCENI, Vescovo di Rayona, aveva letto alla Radio Vaticana il 7 marzo
1981 e poi pubblicato nel suo Bollettino Diocesano. Confuta uno per uno gli articoli di diffamazione:
che la Chiesa fosse puramente rituale, che la Bibbia fosse ignorata, che mancasse il significato
liturgico o che la questione sessuale fosse ossessiva. Il presule osserva che questa
contrapposizione tra passato e presente ha qualcosa di infantile, caricaturale e malsano.
31 Immediatamente, alle prime voci di minaccia del nemico, la stragrande maggioranza dei
fratelli tradì la propria fede. Non hanno nemmeno aspettato di essere arrestati, comparire in
tribunale ed essere interrogati. Sono corsi spontaneamente a presentarsi.
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32
(creo que erroneamente, porque como ense˜na San Agust´ÿn es el mundo,
y no la Iglesia, el que contiene a las dos ciudades). Tampoco con esto
defende mos la imposibilidad de distinguere una ´epoca de otra: junto al non
giudicare (no juzgu´eis) (Lc 6, 37) se lee non giudicare secondo il volto, ma
33 . Sia le azioni degli individui che quelle delle
giudicare il giusto giudizio (Giovanni 7 , 24)
generazioni sono oggetto di un giudizio così difficile. E il giudizio ha come
criterio l'immobilità della religione, alla quale si conforma in gradi diversi la
mutevolezza degli uomini. Anche in questo il giudizio storico della religione
non differisce, ad esempio, dal giudizio estetico.
Così come le opere d'arte si confrontano con il loro modello, e nella misura
in cui si confrontano con il modello a cui tendono (lo attesta il lavoro
dell'artista, chissà quando è vicino all'ideale e quando no) possono anche in
confronto tra loro, così anche le diverse epoche del cristianesimo sono
comparabili secondo il principio della religione; e calibrati in questo modo
sono anche confrontabili tra loro.
Un periodo di crisi per la Chiesa è quello in cui il suo allontanamento dal
principio arriva fino a metterla in pericolo. Ma non prenderemo come misura
di un momento storico un altro momento storico arbitrariamente privilegiato:
non giudicheremo, ad esempio, lo stato attuale della Chiesa confrontandolo
con la Chiesa medievale, ma le confronteremo tutte con la loro comune
principio soprastorico e immutabile (come si addice all'immutabilità divina).
Cap'itulo 6
Che la Chiesa sia santa è un dogma di fede (incluso nel Simbolo degli
Apostoli), ma la definizione teologica di tale santità è difficile. Non si tratta
qui del concetto di santità canonizzata, certamente diversificata nel corso dei
secoli: la santità dell'Imperatore Sant'Enrico II differisce indubbiamente da
quella di San Giovanni Bosco, e la santità di Santa Giovanna d'Arco da quella
di Santa Teresa di Lisieux . È anche evidente che le virtù eroiche oggetto di
canonizzazione non sono la stessa cosa, e la santità inerente a tutti coloro che
sono in stato di grazia, in quanto tali. Nella Summa theol. III, q.8, a.3 ad
secundum e nel Catechismus ad parochos tridentino (nella sezione sul
Simbolo) si spiega perché il peccato dei battezzati non impedisce la santità
della Chiesa, ma continua ad essere un complesso nozione che solo una
distinzione rigorosa può chiarire. Conviene distinguere bene l'elemento
naturale dall'elemento soprannaturale che dà origine alla nuova creatura,
l'elemento soggettivo dall'oggettivo, l'elemento storico dall'elemento
soprastorico che opera in essa.
In primo luogo, la Chiesa è oggettivamente santa perché è il corpo il cui
capo è l'uomo-Dio. Unita alla sua testa, essa stessa diventa teandrica: in
nessun tipo di corpo può essere concepita l'esistenza di un corpo profano
con una testa santa.
In secondo luogo, è oggettivamente santo perché possiede l'Eucaristia,
che è per essenza il Santissimo e il Santificatore: tutti i sacramenti sono di
derivazione eucaristica.
101
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Tuttavia, queste ragioni e questi fatti non sgombrano il campo per tutte le obiezioni.
Paolo VI ammetteva ai denigratori che la storia della Chiesa stessa ha molte
pagine lunghe che non sono edificanti (OR, 6 giugno 1972), ma distingue troppo
debolmente tra la santità oggettiva della Chiesa e la santità soggettiva dei suoi
membri.
E in un altro discorso usa i seguenti termini: La Chiesa dovrebbe essere
santa, buona, dovrebbe essere proprio come Cristo l'ha pensata e ideata, e
talvolta verifichiamo che non è degna di questo titolo (OR, 28 febbraio 1972).
Dà l'impressione che il Pontefice trasformi una nota oggettiva in una
soggettiva. I cristiani dovrebbero essere santi (e lo sono finché sono in grazia),
ma la Chiesa è santa. Non sono i cristiani che fanno santa la Chiesa, ma la Chiesa
i cristiani. L'affermazione biblica dell'irreprensibile santità della Chiesa non
habentem maculam aut rugam (senza macchia, né ruga, né nulla di simile]) (Ef 5,
27) si addice solo in parte e incipientemente alla Chiesa provvisoria, benché
anch'essa sia santa . Tutti i Padri rimandano a questa assoluta irreprensibilità
non più al suo pellegrinaggio e stato storico, ma alla sua ultima purificazione
escatologica.
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Mi basta osservare che in questo passo il principio dell'unità tra gli uomini
non è più la religione, ma la libertà; e che di conseguenza riappare intatta
l'obiezione che il Pontefice intendeva risolvere: quella del cattolicesimo come
principio di divisione. Per produrre unione occorre un principio veramente
unitivo al di là delle divisioni religiose, e questo principio secondo Paolo VI è
la libertà.
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presunta tolleranza, il legame ufficiale con la Chiesa stessa, abolendo ogni ipotesi di
scisma, o di autoscomunica.
Nel discorso del 20 novembre 1976, il Papa torna sulla situazione dei figli della
Chiesa che, senza dichiarare la loro rottura canonica ufficiale con la Chiesa, sono
tuttavia in uno stato anormale nei loro rapporti con essa.
Il Papa sostiene che la disunità della Chiesa deriva dal pluralismo: quest'ultimo
dovrebbe essere confinato nell'ambito delle modalità secondo le quali la fede è
formulata, ma è introdotto nell'ambito della sua sostanza; dovrebbe essere confinato
nell'ambito dei teologi, ma viene introdotto in quello dei vescovi, che sono in disaccordo tra loro.
Nello stesso discorso il Papa vede chiaramente anche l'impossibilità per una Chiesa
disunita di realizzare l'unione tra tutti i cristiani e ancor meno tra tutti gli uomini.
Sempre nel discorso del 29 novembre 1973, e riferendosi a coloro che pretendono
di diventare Chiesa (come tendono a dire) solo credendosi Chiesa, Paolo VI fa questo
giudizio mitigatore della situazione scismatica: Alcuni difendono questa posizione
ambigua con ragioni di per sé plausibili, cioè con l'intenzione di correggere alcuni
aspetti umani deplorevoli o dubbi della Chiesa, o con lo scopo di farne avanzare la
cultura e la spiritualità, o per farla adeguare alle trasformazioni dei tempi ; danneggiano,
anzi spezzano quella comunione, non solo “istituzionale”, ma anche spirituale, alla
quale desiderano restare uniti.
stessa? Lo scismatico non pretende forse di appartenere alla vera Chiesa, dalla quale
la Chiesa cattolica è in qualche modo separata?
3Il vescovo di Coira, mons. VONDERACH, in una lettera datata 10 aprile 1981, no
esitava ad ammettere: come vescovo isolato, sono impotente. La lettera appartiene alla
mia corrispondenza.
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5Qui dovremmo entrare nel problema riferito all'arcano più inquietante di Pietro:
Può lui, come Papa, condannare contro le proprie convinzioni? In cosa consiste questa
dualità di persone? E qual è il ruolo del confessore del Papa, che è il giudice della sua coscienza?
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La reazione è stata dura negli Stati Uniti, dove pare che anticipando
ingannevolmente la decisione del Papa, i vescovi abbiano avviato un
programma di assistenza contraccettiva. Contraddicendo il proprio vescovo
(card. O'Boyle), l'Università Cattolica di Washington, in una dichiarazione
sostenuta da duecento teologi, non solo respinge la dottrina, ma contesta
anche l'autorità papale per aver respinto l'opinione della maggioranza e non
aver consultato il collegio episcopale (ICI, n. 317-318, 1968, suppl., p. XIX).
L'episcopato tedesco, generalmente pro-contraccettivo, aderì
all'insegnamento di Paolo VI; ma argomentando con il carattere non infallibile
del documento, concede ai fedeli la possibilità di dissentire in teoria e in
pratica e li rimette in ultima analisi alla luce individuale della loro coscienza, a
condizione che chi dissente chieda in coscienza se può consentire tale
6
dissentire in modo responsabile davanti a Dio. Secondo i vescovi tedeschi, la
loro opposizione non significa un rifiuto fondamentale dell'autorità papale;
forse non significa il rifiuto del fondamento dell'autorità, ma certamente i suoi
atti concreti. Ma del conflitto nella Chiesa di Germania ci fu una clamorosa
manifestazione al Katholikentag di Essen nel settembre 1968: l'assemblea
discusse e votò a stragrande maggioranza (cinquemila contro novanta) una
risoluzione per la revisione dell'enciclica, alla presenza del legato pontificio
(card. Gustavo Testa) e dell'intero episcopato nazionale, e tra le voci che
chiedevano le dimissioni del pontefice.
L'OR del 9 settembre ha risposto a un così grave atto di ribellione
pubblicizzando un messaggio del Papa in cui chiedeva fedeltà e obbedienza
ai cattolici tedeschi (RI, 1968, p. 878). Il rifiuto dell'enciclica continuò, tuttavia,
nel Sinodo svizzero del 1972, nel Sinodo tedesco di Würzburg e nella
Dichiarazione di K'onigstein. Il più grande quotidiano del cattolicesimo
svizzero (Das Vaterland) finora non ha né approvato né respinto queste proteste.
6Testo in Humanae Vitae, ed. ICAS, Raccolta di studi e documenti, n. 15, Roma
1968, pag. 98.
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6.6. Ancora sulla disunità della Chiesa attorno all'Enciclica di Paolo VI 111
10 Non mi dilungo sui frequenti casi di rifiuto di tutto il clero diocesano a ricevere il vescovo scelto
da Roma. È stato il caso di Botucat´u (Brasile), dove però il vescovo Zioni, a cui è stato chiesto di
dimettersi, ha resistito alle fazioni, definendole sacerdoti di basso livello intellettuale (ICI, n. 315,
p.8, 1 luglio , 1968). La nomina di Mons. Mamie ad assistente di Mons. Carriere, Vescovo di Friburgo
(Svizzera) suscitò anche nel clero un movimento di opposizione (Corriere della sera, 21 agosto
1968).
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Di fronte a tale denuncia di errori che talvolta raggiungono l'essenza della Chiesa
(come la negazione del sacerdozio sacramentale e il primato di Pietro) il Papa
conclude nell'originale francese con queste parole: La nostra responsabilità di
Pastore della Chiesa universale ci obbliga a ti chiedo francamente: cosa pensi che
potremmo fare per aiutarti, per rafforzare la tua autorità, affinché tu possa superare
le attuali difficoltà della Chiesa in Olanda? È chiaro che la precedente denuncia da
parte del Papa dell'attacco degli olandesi ad articoli essenziali del sistema cattolico
(con il consenso o la connivenza dei vescovi) richiedeva che i vescovi fossero invitati
a riaffermare la fede della Chiesa in quei punti.
Le parole con cui il Papa si è rivolto al card. Alfrink sarebbe più appropriato se
fossero indirizzate a un avversario dello scisma. In modo peculiare, ci sono anche
quelli con cui si consola, ritenendosi rafforzato dall'appoggio di tanti fratelli
nell'episcopato. È difficile per il Papa non poter dire tutto, e deve basarsi solo sul
maggior numero, che non costituisce principio in nessun ordine di valori morali.
Affermando poi che uno scisma può esistere solo in materia di fede, cadde
in un errore formale confondendo lo scisma con l'eresia: lo scisma è la
separazione della disciplina e il rifiuto dell'autorità; San Tommaso lo tratta
come un peccato contro la carità, mentre l'eresia è un peccato contro la fede
(Summa theol. 11, 11, qq. 11 e 39).
11Una concezione diametralmente opposta fu quella di Giovanni XXIII, che sul letto di
La Morte disse al suo medico: Un Papa muore di notte, perché la Chiesa governa di giorno.
12In realtà mai e in nessun modo abbiamo cessato di manifestare il Nostro
richiesta di conservazione nella Chiesa della Tradizione autentica
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conclusiva Secondo: togliere chi sbaglia deponendolo dal suo ufficio, che
è fatto da un atto di autorità della Chiesa. Se quest'ultimo servizio
pontificio è ridotto, non si può dire che tutti i mezzi siano stati adottati
mantenere la dottrina della Chiesa: ha luogo una brevatio manus Do mini. Un
concetto viene poi diffuso senza incontrare sufficienti impedimenti.
riduzione dell'autorità e dell'obbedienza, a cui corrisponde un concetto di libertà
amplificato e discutibile. Questa breviatio manus ha
certamente l'origine nel discorso inaugurale del Concilio, che lo proclamava
rinuncia a condannare
´ l'errore (§4.3), ed è stata praticata da Paolo VI in tutti
suo pontificato. Come medico aderì alle tradizionali formule ortodosse, ma come
pastore non impedì la circolazione delle formule eterodosse,
pensando che da soli sarebbero stati sistematizzati in espressioni conformi a
la verità. Gli errori furono da lui denunciati e la fede cattolica mantenuta,
ma la deformazione dogmatica non era condannata nei vagabondi e nella situazione
gli scismatici della Chiesa erano nascosti e tollerati (§ 6.7).
Questa mancanza di completezza del governo pontificio è solo cominciata
fare obiezione Giovanni Paolo II, condannando i nominatim e cessando i maestri
dell'errore o ripristinando i principi cattolici nella Chiesa d'Olanda
attraverso il Sinodo straordinario dei vescovi di quella provincia convocato a
Roma.
Paolo VI preferì il metodo dell'esortazione e dell'ammonimento, che ammonisce ma
non condanna; che attira l'attenzione, ma non obbliga; dirige, ma non comanda.
Nella solenne Esortazione Apostolica Paterna dell'8 dicembre 1974
a tutto il mondo cattolico, il Papa ha denunciato coloro che tentano di indebolire
la Chiesa dall'interno (consolandosi eufemisticamente che sono
proporzionalmente pochi); si estende al rifiuto di obbedire all'autorità,
manifestato nell'accusa di essere i suoi pastori custodi di un sistema
o apparato ecclesiastico; deplora il pluralismo teologico che si ribella al
Insegnamento; Protestò con vigore contro tale condotta infida; lega
appropriarsi della pretesa della propria autorità episcopale fatta dal
Cris´ostomo: Finché ci sediamo su questo seggio, fintanto che presiediamo, abbiamo
e autorità e potere, anche se siamo indegni. El Papa se 13
llena de
dolore, denuncia, rivendica, accusa; ma nell'atto stesso di rivendicare il
autorità, lo identifica con un ammonimento; come se nella causa fosse a
La parte, e non il giudice, è responsabile dell'accusa, ma non della sentenza.
L'effetto più generale della revoca dell'autorità è il licenziamento di
e l'inosservanza in cui cade da parte di coloro che sono sottostanti
lei, il soggetto non potendo avere un'opinione migliore dell'autorità di
ciò che l'autorità ha di per sé. Un arcivescovo francese proclama che oggi la
Chiesa non deve più insegnare, né comandare, né condannare, ma aiutare gli
14
uomini a vivere ea gioire. E per scendere dal Palatino alla Suburra, in una
tavola rotonda di preti convocata dal quotidiano L'Espresso nel 1969 si
sostenne che il Papa è uguale ai laici, allo stesso modo in cui la sentinella sta
al bivio, m più in alto degli altri, per regolare la circolazione. E più che un
fenomeno patologico e anomalo, questa ribellione universale (che rende la
Chiesa attuale così diversa da quella storica e preconciliare) sembra essere
qualcosa di caratteristico della religione, è un autentico segno di vitalità
ecclesiale. Non c'è documento papale davanti al quale non prendano posizione
gli episcopati del mondo, e dietro di essi, pur indipendentemente e
contraddicendosi, teologi e laici. Vi è dunque una molteplicità di documenti
che manifestano una varietà diversa da quella propria dell'ordine, poiché in
tal modo l'autorità, moltiplicandosi, si annulla.
16Il segno indubbio di una possibile abdicazione risiede nella possibilità, espressamente
contemplato nella riforma dei regolamenti del Conclave promulgata nel 1975, che il
la vacanza della Sede Apostolica si verifica per le dimissioni del Pontefice, possibilità che non avverrà mai
antes se hab´ÿa contemplado. Ver Gazzetta Ticinese, Paolo VI come Celestino V?, 2 y 9 de
luglio 1977.
17La tendenza dell'autorità a diventare una funzione meramente didattica ha esempi notevoli. Quando
il teologo di Tiibingen HERBERI' HAAG negò la dottrina cattolica
sul diavolo nel libro Abschied vom Teufel, fu avviato a Roma un procedimento contro
ma fu presto abbandonata e l'unica risposta fu un documento della Congregazione
per la dottrina della fede che riaffermava la dottrina tradizionale. HAAG, ha continuato a dogmatizzare
contro i principi cattolici. Nel giorno dell'Immacolata Concezione, nel 1981, ha tenuto l'omelia
nella chiesa principale di Lucerna, negando formalmente due dogmi capitali: l'Immacolata
Concezione e peccato originale. Si veda il testo dell'omelia pubblicato dallo stesso HAAG in
Luzerner Neueste Nachrichten, b. 43, 1982. Sembra che l'autorità episcopale abbia creduto
poter reprimere l'errore senza impedire l'azione del vagabondo che lo diffonde.
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si è affermato con forza anche nelle grandi encicliche dottrinali, come Humanae vitae
sul matrimonio o Mysterium fidei sull'Eucaristia.
Anche il principio stesso del pieno potere pontificio di iudicare omnia fu rivendicato
da Paolo VI nel discorso del 22 ottobre 1970, richiamandosi espressamente alla
famosa bolla Unam Sanctam di Bonifacio VIII: tutte le cose sono soggette alle chiavi
di Pietro.
Questa desistenza significa solo che le affermazioni di fede sono separate
dall'esercizio dell'autorità prescrittiva e sanzionatoria, che secondo la tradizione della
Chiesa è al servizio di esse. L'obbligo di obbedire rimane nell'uomo, ma a questo
obbligo dell'uomo non corrisponde nella Chiesa alcun titolo per esigerlo. È come se
l'uomo non fosse socialmente organizzato, ma lasciato all'isolamento del suo spirito
privato; l'autorità della Chiesa non diventa mai il motivo ultimo delle determinazioni
del cristiano.
Nel discorso del 18 giugno 1970, Paolo VI parlò ampiamente dell'autorità papale
secondo la concezione cattolica, e sebbene collochi il primato di Pietro sotto la
categoria del servizio, nondimeno dichiara che il fatto che Gesù Cristo ha voluto la
sua Chiesa essere governati con spirito di servizio non significa in alcun modo che la
Chiesa non debba avere un potere di governo gerarchico: le chiavi consegnate a
Pietro dicono qualcosa al riguardo.
Il Papa ricorda che il potere degli Apostoli non è altro che il potere di Cristo stesso
trasmesso loro; e non nasconde il fatto che è il potere in virga, punitivo, e anche per
soggiogare Satana. È innegabile che la revoca dell'autorità è accompagnata in Paolo
VI dall'affermazione dell'autorità senza breviatio manus, che è una caratteristica dello
stile di Paolo VI, ma non della Chiesa. E se subordina l'autorità al servizio, questo
risponde al sistema cattolico, che configura tutto come tale: l'uomo, secondo il
catechismo, è nato per conoscere, amare e servire Dio. Quindi non dovrebbe sembrare
strano che l'autorità stessa sia un servizio.
E quando il Papa ricorda il titolo di servus servorum Dei assunto da san Gregorio
Magno per designare il potere delle Chiavi, va notato che la formula servus servorum
non è un genitivo oggettivo (come se fosse il Pontefice a servire i servi di Dio), ma un
genitivo ebraico che conferisce significato superlativo (come in secula seculorum,
virgo virginum, caeli caelorum, ecc.). L'espressione significa che il Papa è il più
servitore dei servi di Dio, è il servo di Dio per eccellenza, non il servo di coloro che
sono servi di Dio.
dato a coloro sui quali si esercita, ciò non toglie quell'elemento di disuguaglianza
che lo costituisce e per il quale chi comanda (in quanto tale) è più
di chi è ai suoi ordini. È impossibile mettere l'autorità e l'obbedienza
in un sistema di perfetta uguaglianza.
Anche la stessa parola di autorità (che viene da augere, aumentare)
indica che c'è un elemento nell'autorità che aumenta la forza dell'autorità
persona ne è rivestita fino al punto da oltrepassare il suo valore personale: cioè invia
ad un rapporto trascendente sempre riconosciuto nella filosofia cattolica.
Perché mai correggi e scomunichi quei non pochi vescovi, come mons.
Gereti, che deviano dalla retta dottrina e spiegano la loro ala protettrice sui
corruttori della fede? Con manifesti segni di angoscia, Car.
Oddi rispose che anche i vescovi sono uomini del materiale di Adamo, e che
non credeva che essi intendessero davvero opporsi alle verità di fede.
La Chiesa, ha dichiarato, non infligge più dolore, ma spera di persuadere
chi sbaglia. E tu hai scelto questo comportamento forse perché non hai una
conoscenza esatta delle diverse situazioni di errore, o forse perché non ritieni
opportuno procedere con misure energiche, o forse anche perché non vuoi
provocare uno scandalo più grande intorno alla disobbedienza.
La Chiesa ritiene che sia meglio tollerare certi errori, nella speranza che,
superate certe difficoltà, il prevaricatore abiuri l'errore e ritorni alla Chiesa.Si
confessa 18 .
così la breviatio manus di cui ai §§6.8-6.10, professando la novità
annunciata nel discorso inaugurale del Concilio (§§ 4.1-4.3): l'errore contiene
in sé il principio del suo stesso emendamento, e non è necessario aiutarlo ad
arrivarci; lascia che si dispieghi in modo che guarisca se stesso. Si fanno
coincidere le idee di carità e di tolleranza, si fa prevalere sulla severità la via
dell'indulgenza, si trascura il bene della comunità ecclesiale per rispetto di un
abuso della libertà individuale, e il sensus logicus e la virtù della forza propria
In chiesa. La Chiesa dovrebbe piuttosto custodire e difendere la verità con
tutti i mezzi di una società perfetta.
perfettamente saldo nella mente del papa. Tenendo d'occhio un adattamento della
Chiesa allo spirito del secolo per assumerne la guida
tutta l'umanità in un ordine puramente umanitario, avrebbe voluto Paolo VI
proceduto con cautela (a volte girandosi di lato, a volte di lato
opposto): non costretto, ma volontariamente, e sempre nella direzione del
obiettivo preimpostato.
Secondo altri, infine, anche se il suddetto
progetto, il loro procedere in modi contrastanti sarebbe dovuto all'impulso
delle circostanze. Tale interpretazione sembrerebbe confermata dall'autoritratto
tratteggiato da Paolo VI il 15 dicembre 1969, riprendendo una similitudine
nautico di San Gregorio Magno. Il Papa si rappresenta come
un pilota che a volte conduce le onde con la prua dritta, altre volte
schivare l'assalto girando obliquamente il fianco della nave, e sempre disturbato e
costretto. Evidentemente, anche nelle precedenti interpretazioni l'
L'azione del Papa sarebbe forzata dalle circostanze e conterrebbe a
frazione di passività (come tutte le azioni umane), ma nella terza interpretazione questa
frazione è prevalente e segna il carattere del pontificato. A
A tal fine, le dichiarazioni sull'arbitrarietà non possono essere taciute.
nella liturgia fatta dal cardinale Gut, prefetto della Congregazione per
il culto divino.
Molti sacerdoti hanno fatto quello che volevano. Sono riusciti a prevalere. Spesso
era già impossibile fermare le iniziative intraprese senza
autorizzazione. Così, nella sua grande bontà e saggezza, il Santo Padre ha
19
dati via, spesso contro la loro volontà. È ovvio osservare che cedere a
Chi viola la legge non è né bontà né sapienza se, cedendo, non resiste né cede
sostiene la legge, anche se protesta. La saggezza è discernimento
pratica intorno ai mezzi per raggiungere il fine, e non è mai riconciliato con
l'abbandono della fine
Il consenso all'abbandono della legge potrebbe anche essere visto come a
concessione al partito che si è rivelato maggioritario nell'insieme dei
società ecclesiale: in caso di provvedimenti disciplinari, tale condotta
è plausibile. Ma lo è meno quando l'assegnazione è contraria alla legge
assecondando una minoranza riluttante e contro una maggioranza obbediente.
Così è successo con la facoltà di prendere la Comunione in mano, contro
che avevano pronunciato i due terzi dell'episcopato. Tuttavia, questa possibilità fu
concessa, prima solo ai francesi (che avevano
introdotto come abuso), per poi pretendere di estenderlo alla Chiesa universale. La
conversione dell'abuso in criteri per abrogare una legge non sembra
mai ammesso, né mai considerato ammissibile. Ma anche
Avvenne attorno al modello della riforma della Messa: fu proposta ai Padri del
Concilio e da essi respinta, ma sotto la spinta di potenti influssi fu poi adottata
e promulgata come rito universale.
20 Clamoroso il gesto di Giovanni Paolo II, durante la sua visita in Francia, di deporre la
Comunione in bocca alla moglie di Gicard d'Estaing mentre lei tendeva la mano per ricevere
la Comunione. Si veda la documentazione fotografica in Der Fels, luglio 1980, p. 229. Anche
se questo fatto è indicativo della preferenza personale del Papa, prova anche la situazione anomala
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di diritto nella Chiesa, poiché secondo le norme vigenti in Francia la scelta tra il
due modi di prendere l'Eucaristia è assolutamente gratuito.
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6.14. Maggiori informazioni sulla rinuncia all'autorità. La riforma del Sant'Uffizio 127
illumina l'uomo per se stesso; infatti, come si legge nel documento, la Chiesa
confida nell'esistenza di quella maturità nel popolo cristiano. Ma sarà la storia
a dover verificare se quella presunta maturità esista o meno, e giustificare
sufficientemente l'abrogazione del divieto. La Chiesa sottolinea anche la sua
più ferma speranza nella vigile sollecitudine degli Ordinari, ai quali spetta il
compito di esaminare e impedire la pubblicazione dei libri dannosi e, se
necessario, di rimproverarne gli autori e di ammonirli.
È fin troppo evidente che questa supposizione della vigilanza dottrinale
21
dei vescovi è un modus irreale, poiché la dottrina dell'episcopato non è né
ferma né coerente, e talvolta nemmeno sana; e inoltre neppure gli Ordinari
possono impedire la pubblicazione dei libri dannosi se non è loro concesso
alcun potere di esigere che siano preventivamente sottoposti al loro giudizio.
Come risulta dal decreto del 19 marzo 1975, la Chiesa si limita a enixe
commendare sacerdoti che non pubblicano senza il permesso dei vescovi; ai
vescovi, che veglino sulla fede ed esigano che i libri in materia di fede siano
loro sottoposti dagli autori (i quali però non hanno l'obbligo di farlo). Infine,
chiede anche che tutti i fedeli collaborino in questo con i pastori.
21Ricorda che in grammatica questo è il nome dato a una proposizione che enuncia una condizione
che non è soddisfatta: quindi non è soddisfatta nemmeno la condizione.
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Secondo, che l'uomo, o per la sua costituzione naturale o per il grado di civiltà in
cui si trova, è in uno stato di maturità tale che i fedeli seguono più pienamente e con
più amore il cammino di Dio. La Chiesa se si tratta di Viene loro dimostrata la fede e la
natura dei costumi.
l'autore sia un teista: le glosse che l'autore fa del suo libro una volta pubblicato
non ne cambiano la natura. E anche se lo facessero (per qualsiasi motivo)
risultando in un lavoro irreprensibile, ciò non dovrebbe contare per quanto
riguarda il libro. Il motivo è ovvio. Le osservazioni di supporto dell'autore post
editum librum non possono accompagnare il libro ovunque vada, poiché
segue il proprio destino senza compagnia: Parve sine me, liber, ibis23in. urbem
Si tratta di distinguere tra una cosa e un'altra, tra una persona e un libro.
Si tratta di riconoscere, come fece Platone (Prot. 329 A), che un libro non è
come una persona con cui si dialoga; Questo fa di tutto per farsi capire da chi
lo interroga, chiarificando, specificando e spiegandosi; ma il libro risponde
sempre allo stesso modo: risponde a ciò che esprimono le parole usate, prese
nel loro significato proprio, e niente di più.
E non si deve dire che in una lingua le parole non abbiano un significato
proprio: non lo hanno quando non sono nei dizionari, ma certamente lo hanno
nella specificità di un contesto. Cos'altro fanno tutti i critici del mondo?
Forse si astengono dal giudicare un'opera finché non hanno parlato con
l'autore? Chiedono all'autore il significato del suo lavoro o lo estraggono da
esso? Senza aggiungere che i grandi capolavori, e la più importante di tutte le
nazioni (che sono come la fonte di tutta la poesia, anzi di tutta la civiltà di un
popolo), sono ancora impersonalità anonime e sovrumane. Tuttavia, nessuno
ha mai pensato che il suo valore
22Le opere di Giovanni Gentile furono poste all´Indice nel 1934; il filosofo ne fu
sorpreso e amareggiato. In una conferenza tenuta a Firenze nel 1943, non solo
proclamava: sono cristiano, ma continuava: voglio aggiungere subito, a scanso
di equivoci, che sono cattolico. Non credo di aver tradito il primo insegnamento
religioso che mi è stato impartito da mia madre. Ci sono coscienze erronee nel
teoretico così come ce ne sono nella pratica.
23Te ne andrai, libretto, a Roma senza di me Ovidio. Uno scritto pubblico non
può essere corretto o confutato se non con un altro scritto pubblico, naturalmente
purché abbia un significato invariabile che può essere ritrattato (nel duplice senso di
riesaminare e ritrattare) solo con uno scritto pubblico. Secondo la riforma, il
Sant'Uffizio ascolta la difesa dell'autore ed esige che siano da lui resi noti i
chiarimenti giustificativi da lui forniti affinché l'opera ritorni all'ortodossia. Questo atto
equivalente a una ritrattazione è ripugnante per l'autore, rendendo il tutto più
spiacevole. Tale è il caso di padre Schillebeeckx. Cfr. Le Monde, 10 dicembre 1980.
L'autore si è rifiutato di rendere pubbliche le dichiarazioni rese al Sant'Uffizio, il quale
si è limitato a pubblicare la lettera indicante le correzioni che l'autore avrebbe dovuto apportare.
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scomparso perché non si sapeva nulla del suo autore. E non solo la
comprensione di un'opera non dipende dalla conoscenza del suo specifico
autore, a volte del tutto oscuro, come Omero (se era un singolo individuo,
cosa che Friedrich August Wolf nega) o Shakespeare, ma si può addirittura
sostenere con Flaubert che la soggettività dell'autore non deve entrare
nell'opera, la perfezione di uno scrittore consiste nel far credere ai posteri che
non esiste.
Pertanto, e tornando alla riforma del Sant'Uffizio, l'intenzione dell'autore
non può far sì che le parole scritte, se esprimono un errore, non esprimano
l'errore. La certezza nel senso delle parole è il fondamento di ogni
comunicazione tra gli uomini. Non si tratta di giudicare lo stato di una
coscienza, ma di conoscere il significato delle parole. E non è affatto vero che
nell'esame di un libro al Sant'Uffizio non si considerassero tutti gli aspetti del
libro; ma proprio tutti gli aspetti del libro sono stati considerati, non le
intenzioni dell'autore. E non si può argomentare adducendo le lunghe e
ripetute visite dell'Inquisizione a Giordano Bruno tra il 1582 e il 1600, perché lì
non dialogavano per conoscere il vero significato dei libri del filosofo, ma
piuttosto ne cercavano la penitenza e l'abiura. Già Benedetto XIV (e credo che
l'usanza sia rimasta) volle che un consultore prendesse ex professo la difesa
del libro, non per illuminare l'intenzione dell'autore, ma per interpretare le
parole del testo nel loro vero senso.
Di conseguenza, le accuse mosse contro la vecchia procedura nascono
dall'ignoranza della natura oggettiva e intrinseca di ogni scrittura e, infine, da
24 .
una mancanza di arte critica.
Ma oltre alla scarsa qualità del latino e alla mancanza di rigore, si può
rimproverare alla Curia la difettosa cultura alla base dei testi pontifici,
che si è gloriato per secoli di una perfezione mirabilmente irreprensibile.
Riserviamo un discorso particolare all'art. 7 della Costituzione Missale
romanun, che dà una definizione della Messa al di fuori della concezione
cattolica (la Messa si chiama assemblea, quando in realtà è un sacrificio) e
doveva essere riformato dopo pochi mesi perché era ovviamente aberrante al
confrontarla con la dottrina della Chiesa. Vedere §§37.9-37.10. Qui porteremo
tuttavia alcuni vistosi esempi di errata conoscenza, di negligenza colpevole,
e anche di scarsa attenzione da parte dei consiglieri del Papa
(il cui prestigio non dovrebbe mai essere leso dagli atti pontifici, specialmente
quando sono didascaliche e solenni). Nel discorso del 2 agosto 1969
A Kampala (Uganda), Paolo VI esaltò la Chiesa africana di Tertulliano, santo
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25
Cipriano e San Agust´ín come se la Chiesa dell'Uganda fosse , quando ero
una Chiesa
´ chiaramente latina. Inoltre, annovera tra i grandi della Chiesa
d'Africa un inesistente Ottaviano di Mileto (e che se esistesse non sarebbe
Africano); c'è un Octatus di Milevi, ma è uno scrittore secondario e di
incerta ortodossia.
In altro luogo, parlando degli eventi fortuiti che talvolta troncano i disegni
degli uomini, il Papa ha citato dal cap. VII del Principe di Machiavelli,
il commento che gli fece César Borgia, che (ha detto il Papa) aveva pensato a
tutto tranne che sarebbe morto anche lui nel giorno meno atteso.
Ora, l'imprevisto non era che doveva morire (come avrebbe potuto dirglielo?),
ma che si trovava quasi a morire (sebbene non fosse morto).
proprio nei giorni in cui Alessandro VI era morto e lui aveva meditato
assumere lo stato.
In un altro discorso, il Papa afferma che al Concilio è sembrato buono
ritorno al termine e al concetto di collegialità. Ora, quel termine
non si trova in nessun testo del Concilio e il Papa26potrebbe benissimo
ci sono entrato, ma quello che non puoi fare è portarlo lì, quando
tuttavia non lo è.
Nel discorso del 9 marzo 1972 il Papa parla del dono della libertà
che rende l'uomo simile a Dio (cfr Par. I, 105), cadendo in un lapsus
perché in quel luogo Dante non parla di libertà, ma dell'ordine del mondo,
che essendo un'idea dell'intelletto divino impressa nella creazione rende il
creatura simile al Creatore.
Inoltre, il che sembra davvero strano, il circosticismo si estende anche alle
citazioni della Scrittura. Il 26 luglio 1970 il Papa
citato Gal. 5, 6 come se dicesse che la fede rende operante la carità, quando
San Paolo dice il contrario (la carità rende operante la fede), come tradotto
correttamente, e lo stesso passaggio, in un altro discorso del 3 agosto 1978.
Senza entrare nella contraddizione generalizzata che il pensiero ottimista
del Papa trova nello stato globale del mondo e della Chiesa,
si trovano affermazioni su fatti concreti che sono smentite da quegli stessi fatti.
Nel discorso del 27 novembre 1969 sull'introduzione
del Novus ordo della Messa, giustificando l'abbandono del latino da parte della liturgia,
detto che il latino rimarrà la lingua nobile degli atti ufficiali del
Sede Apostolica; rimarrà (e se possibile con maggior splendore) come
strumento scolastico degli studi ecclesiastici.
25L'errore è già stato rivelato nell'omelia per i martiri ugandesi, che sono neri,
e che il papa pose accanto ai martiri sciliti, che erano romani.
26Vedi detta voce nelle predette Concordantiae.
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6.18. Il ritiro della Chiesa nei rapporti con gli Stati 135
La Chiesa partecipa a questo grande processo che tende alla distensione internazionale.
Il fatto è manifesto, ma non ci addentreremo in un argomento che non corrisponda
direttamente a un libro come questo e che ci porterebbe a portare alla luce qualche
evento famoso. (Si allude soprattutto alla rimozione del cardinale Joseph
Mindszenty dalla sede primaziale d'Ungheria, o all'umiliazione volontaria della
legazione pontificia durante le celebrazioni del 1971 per l'insediamento del nuovo
patriarca ortodosso: il card. Willebrands e l'intera delegazione pontificia hanno
ascoltato senza qualsiasi movimento o atto di protesta alle accuse contro la Chiesa
romana. Alludiamo, infine, alle manifestazioni di simpatia di Paolo VI verso la
Chiesa scismatica di Cina, condannate però da Pio XII in due lettere encicliche del
1956). , dilungarmi un po' sul più sintomatico degli atti che manifestarono
l'atteggiamento di resa della Chiesa di fronte allo Stato moderno. Nei rapporti tra i
due poteri, la revisione del Concordato italiano del 1929 è il fatto più significativo
del cambiamento operato dalla Chiesa cattolica nella sua filosofia e nella sua
teologia.
È la tesi della religione naturale come nucleo di tutte le religioni, per cui tutte hanno
valore. È lo sfondo, come abbiamo detto tante volte, dello spirito del secolo presente.
Neppure su un punto vitale della politica scolastica i negoziatori della Santa Sede
abbandonarono la linea della condiscendenza e della rassegnazione. La richiesta che
lo Stato sovvenzionasse le scuole private o le famiglie che le usufruiscono non è stata
difesa né è diventata un punto cardine della trattativa, nonostante i cattolici italiani
avessero rivendicato tale diritto in numerose manifestazioni come
E sebbene poi si affermi che i principi della religione cattolica restano intatti, la
distinzione è evidente: restano intatti in se stessi e indipendentemente dal Concordato
(come restano intatti di fronte all'errore e alla persecuzione), ma non certo nel diritto,
nel costume o nella vita sociale dello Stato, che professa e pratica il contrario. Il Papa
stesso non lo sa
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27Il giudizio del Papa è stato duramente smentito nelle dichiarazioni del card.
BALLESTRERO, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, nell'OR del 25 novembre
1983: Il nostro Paese è terribilmente distaccato dalla Chiesa perché i principi che lo
ispirano in quasi tutte le sue decisioni e comportamenti non sono più quelli del Vangelo.
enti di studi storici e politici (RI, 1974, p. 932), e ha avuto un lungo commento
su OR nella penna del suo direttore.
Il fatto che viene sia dall'Oriente che dall'Occidente è l'avanzata costante
del secolarismo scristianizzatore. Dopo aver riconosciuto l'inimicizia teorica
e pratica del mondo moderno con la religione in generale e con il cattolicesimo
in particolare, e abbandonandosi a un moto di tristezza spirituale, il Papa
confessa di non sapere solo che la religione non sembra avere un prospero
esistenza in quel mondo, ma piuttosto sembra a chi guarda le cose
superficialmente qualcosa di impensabile ai nostri giorni, sembra una Chiesa
destinata a svanire e a lasciarsi sostituire da una concezione scientifica e
razionale della natura del mondo, più facile ed esperienziale , senza dogmi,
senza gerarchie, senza limiti al possibile godimento dell'esistenza, senza la croce di Cristo.
La Chiesa (dice il Papa) è ancora una grande istituzione, ma apriamo gli
occhi: in questo momento, per certi aspetti, è sottoposta a gravi sofferenze,
opposizioni e risposte corrosive. E il Papa dubita che il mondo abbia ancora
bisogno che la Chiesa catturi i valori della carità, del rispetto dei diritti, della
solidarietà, visto che per il momento tutto questo lo sta già facendo lo stesso
mondo profano, e sembra addirittura molto meglio, e il trionfo del mondo nel
raggiungere questi valori sembra giustificare sia l'abbandono dell'osservanza
religiosa da parte di interi popoli, sia l'irreligiosità del secolarismo,
l'emancipazione della legge morale, la defezione dei sacerdoti e il fatto che
alcuni dei fedeli non temono più di essere infedeli.
storia.
Il Papa dice anche che i frutti della riforma liturgica stanno ora apparendo
in tutto il loro splendore; ma poche settimane prima la cattedrale di Reims
aveva subito una tale profanazione (con la consapevolezza del vescovo) che
se ne chiedeva la riconsacrazione, e intanto in Francia le liturgie arbitrarie si
moltiplicavano a dismisura, pullulando a centinaia (con disprezzo per le norme
romane) canoni illegittimi, e la Missa cum pueris suscitò le più vive proteste
del mondo cattolico. Infine, con una generalità di pronuncia che difficilmente
sarebbe tipica di secoli di vera unità spirituale, il Papa ha dichiarato che gli
insegnamenti del Concilio sono entrati nella vita quotidiana, sono diventati
una sostanza che corrobora il pensiero e la prassi cristiana. L'affermazione
è valida se il Papa intende per vita cristiana quei circoli ristretti ai quali è stato
ridotto ritirandosi dal grande corpo sociale (secondo la sua vecchia previsione:
29
§3.8), e così via . Ma se la diagnosi del Papa riguarda oggi il mondo intero e la
Chiesa, allora a quelle parole si oppongono troppo il degrado dei costumi, la
violenza civile che trasforma le città in giungle, la costituzionalizzazione
30
dell'ateismo (fenomeno nuovo nella storia , umana), il cinico disprezzo per i
diritti delle nazioni, il divorzio, l'aborto e l'eutanasia. C'è in questo discorso
un velo di mancanza di discernimento che copre la realtà storica e talvolta la
capovolge, considerando lo sfondo nero del dipinto come mere ombre. Questa
visione monocromatica della situazione è ripresa dal quotidiano della Santa
Sede, che, non potendo chiudere gli occhi, ricorre alla distinzione tra buona
salute di base e fenomeni visibili (OR, 24 dicembre 1976); Se così fosse, la
diagnosi dello stato della Chiesa sarebbe funzione di un giudizio esoterico di
cui il senso comune della Chiesa e del mondo è incapace. Ora, se è vero che
il sostrato della Chiesa è un principio invisibile che compie nell'intimo della
coscienza azioni in sé invisibili, è anche vero che questo qualcosa di invisibile
che appartiene alla storia si manifesta nell'ordine di eventi. In quanto la Chiesa
è nel mondo, fa parte dell'ordine del visibile: è come il regno di Francia, diceva
Bellarmino.
Non dirò della Chiesa contemporanea cosa del decadente mondo romano
29Non vale, invece, per la città di Roma, sede di Pietro, dove, secondo le
statistiche OR del 19 novembre 1970, l'80% si dichiara cattolico, ma il 50% non
crede né al paradiso né all'inferno. Né è valida alla luce degli eventi successivi,
visto che nel maggio 1981 solo il 22% dei romani si espresse contro l'aborto.
30 A tal punto che non ai tempi di Paolo VI, ma nel 1984, alcuni Paesi celebravano il
giorno dell'odio, che si accompagna alla festa della mamma, al giorno degli ammalati, al
giorno del fiore, e a tutte quelle feste laiche che sono sostituire le feste religiose della liturgia.
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Cap'itulo 7
La crisi del sacerdozio
1L'Annuarium statisticum del 1980 mostra una diminuzione della tendenza regressiva e
qualche segno di ripresa nel numero dei sacerdoti. Il rapporto delle ordinazioni sacerdotali è
salito da 1,40 a 1,41 per cento sacerdoti. Le defezioni sono cessate. Tuttavia, il numero dei
sacerdoti nel mondo cattolico è diminuito durante l'anno dello 0,6%. Continuano a diminuire i
religiosi e le religiose, ma di più le religiose (con una quota negativa dell'1,4%, che era solo
dell'1,1% l'anno precedente). ´
In generale, il calo è caratteristico dell'Europa e l'aumento dell'Africa (OR, 28 maggio 1982).
145
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2AUL CHRISTOMF., Le scelte del clero nelle rivoluzioni del 1789, 1830 e 1848,
Lille 1975, t. 1, pag.
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Dallo stesso Annuario statistico del 1978 si deduce che gli abbandoni furono
3.699 nel 1973 e 2,37 nel 1978.
3La novità consiste nella´ partecipazione della gerarchia al movimento contro il celibato. Dice il
card. LEGER, ad esempio: È lecito chiedersi se questa istituzione non potesse essere
riconsiderata (ICI, n. 279, p. 40, 1 gennaio 1967).
4La decisione di papa Wojtyla è stata fortemente criticata dagli innovatori. Si veda ad esempio
l'intervista rilasciata da HORST HERRMANN, professore di diritto canonico
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all'Università di T¨ubingen, al settimanale Der Spiegel del 6 ottobre 1981: Perché dobbiamo
continuare a far parte di un gruppo di uomini che tradiscono continuamente il
Vangelo dell'Amore?
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qualsiasi età. Tutti i motivi sottesi alla riforma del sacerdozio si risolvono nel rifiuto delle
essenze e in un impulso a trasgredire quel limite che le circoscrive e, circoscrivendole, le
determina e le fa
essere.
Di conseguenza, non solo i sacerdoti hanno l'autorità che spetta loro in virtù della loro
ordinazione, ma in actu exercito la estendono più del necessario, attribuendo al loro
ministero quell'indebita autorità di cui cercano di investire le loro opinioni private.
Va anche notato che la pretesa da parte del sacerdote di un potere più ampio di
determinare la propria situazione (ma c'è qualcuno che può realizzarlo?) suppone un
indebolimento della fede e quindi del concetto di dignità sacerdotale. Chi ha il potere di
produrre sacramentalmente il corpo del Signore e di assolvere i peccati trasformando i
cuori degli uomini, come può sentirsi inferiore e privo di responsabilità completa, se non
perché soffre di un oscuramento dell'intelletto? di fede? Questo sentimento di inferiorità
nasce dal fatto che il sacerdote si è spogliato del significato essenziale del sacerdozio
(dare ciò che è sacro agli uomini), prendendo a modello dello stato sacerdotale l'altro stato
in cui l'uomo cerca la propria realizzazione.
6 Queste le proposte del congresso dei laici e dei sacerdoti riunito a Bologna, citato da
il quotidiano La Stampa del 28 settembre 1969.
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´
9
Inequivocabile e palese è la posizione di Mons. RIOBE, Vescovo di Orléans, che in un
comunicato della Conferenza episcopale francese pubblicato su Le Monde l'11 novembre
del 1972, propone l'istituzione di laici che esercitano su richiesta della comunità e
con il consenso del vescovo, anche solo temporaneamente, le funzioni del sacerdote
Ordinato
10 Priests of new times, tradotto dall'Olanda da Denise Moeyskens, Tournai
1969 (edizione originale in Ed. Casterman, Amsterdam 1969). I brani citati sono in
le pp. 64 e 43. La tesi che sostiene è quella di P. SCHILLEBEECKX.
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In senso storico, perché nella comunità civile gli uomini non sono uguali, se non
nell'essenza: e ciò quando si contempla in astratto e non in concreto, dove si
differenzia. Dire che il sacerdote è un uomo come tutti gli altri (non sacerdoti) è ancora
più falso che dire che il medico è un uomo come tutti gli altri (non medici): non è un
uomo come tutti gli altri, è un uomo-sacerdote. Non tutti sono sacerdoti, così come
non tutti sono medici. Basta pensare al comportamento delle persone per rendersi
conto che ognuno distingue tra un medico e chi non lo è, o tra un prete e chi non lo è.
In alcuni guai chiamano il dottore, in altri il prete. Gli innovatori, puntando sull'identità
astratta della natura umana, rifiutano il carattere soprannaturalmente speciale
introdotto dal sacerdozio nella specie umana, grazie al quale il sacerdote è separato:
Segregate mihi Saulum et Barnabam (Separami da Bernab e Saulo) (At 13 , 2).
Da questo errore discendono i corollari pratici più comuni: oggi il sacerdote deve
applicarsi al lavoro manuale, perché solo nel lavoro può compiere il proprio destino
individuale e prendere coscienza anche della realtà umana in chi legge i disegni di Dio
sul mondo. Così il lavoro è considerato come il fine dell'uomo o la condizione sine
qua non di tale fine, ponendo la contemplazione e la sofferenza al di sotto della
produttività utilitaristica. D'altra parte, poiché il sacerdote è un uomo come gli altri,
rivendicherà il diritto al matrimonio, alla libertà nel modo di vestire, alla partecipazione
attiva alle lotte sociali e politiche; e così aderirà alla lotta rivoluzionaria, che fa di chi,
anche se è un ingiusto, un nemico contro il quale è fratello.
In primo luogo perché è separato, come Cristo ha separato i suoi apostoli, proprio
per essere inviato nel mondo. E il plus introdotto dall'ordine sacramentale nell'uomo
separato era fino a tempi recenti come
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7.6. Critica dell'adagio ÿÿil prete è un uomo come gli altriÿÿ 155
Cap'itulo 8
La Chiesa e i giovani
Anche altri aspetti della realtà umana sono visti con uno sguardo diverso
dalla Chiesa dopo il Concilio. C'era già un segno indiretto della nuova
considerazione della giovinezza nella deminutio capitis inflitta alla vecchiaia
nell'Ingravescentem aetatem di Paolo VI. Ma altri documenti esprimono
direttamente questo nuovo punto di vista.
Filosofia, morale, arte e buon senso, ab antiquo fino ai nostri tempi,
considerati la giovinezza come età di imperfezione naturale e di imperfezione
morale. Sant'Agostino, che nel sermone Ad iuvenes scrive flos aetatis,
periculum tentationis (PL 39, 1796), insistendo poi sull'imperfezione morale,
arriva a chiamare stoltezza e follia il desiderio di repuerascere.
Per la debolezza della sua ragione, non ancora consolidata, il giovane è
cereus in vitium flecti (Orazio, Ars poet., 163) e la sua minorità esige un
tutore, un consigliere e un maestro. Egli, infatti, ha bisogno di luce per
realizzare il destino morale della vita, nonché di aiuto concreto per
trasformarsi e plasmare le inclinazioni naturali della persona verso l'ordine razionale.
Questa idea è stata posta a fondamento della pedagogia cattolica da tutti i
grandi educatori, da san Benedetto da Norcia a sant'Ignazio di Loyola, da
san Giuseppe Calasanzio a san Giovanni Battista de La Salle o san Giovanni
Bosco.
Il giovane è un soggetto in possesso del libero arbitrio e deve essere
educato ad esercitarlo in modo tale che, scegliendo il compimento del dovere
(la religione non dà altro scopo alla vita), si determini verso quell'unum a scegliere il
157
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2
Guai a chi cuce assorbenti per tutte le giunture delle braccia e fa
teste di tutte le taglie per teste, per cacciare le anime!
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8.4. Maggiori informazioni sulla giovanilizzazione della Chiesa. vescovi svizzeri 161
che primitivamente il soggetto si trova in una situazione in cui deve diventare ciò che
non è ancora.
La preveggenza, infine, è qualcosa di nuovo in psicologia, che ha sempre
riconosciuto nel giovane un tardus preveggente (Orazio, Ars poeta. 164): qualcuno che
vede tardivamente non solo le vicende del mondo, ma anche la propria utilità. Infatti
temeritas est florentis aetatis, prudentia senes centis (Cicerone, De senectute, VI, 20).
Ma l'entusiasmo per Ebe porta il Pontefice a proclamare che voi potete essere
all'avanguardia profetica della causa congiunta della giustizia e della pace perché voi,
prima e più degli altri, avete il senso della giustizia, e tutti (i non giovani ) sono a tuo
favore: questi come triari, i giovani come avanguardie.
Non è difficile scoprire nel discorso giovanile di Paolo VI alla Città dei ragazzi una
singolare inversione di natura, per cui chi dovrebbe guidare è guidato, e l'immaturo è
un esempio per il maturo. L'attribuzione alla gioventù di un innato senso di giustizia
non trova fondamento in nessuna semiologia cattolica. Certamente lo shock del suo
spirito (contagiato dal suo temperamento giovanile) inclinò il Papa verso una dossologia
della giovinezza. Questa stessa inclinazione all'entusiasmo febico lo portò in un'altra
occasione a cambiare la lettera del testo sacro, leggendo i giovani dove sono scritti i
fanciulli (Mt 21, 15), a sostegno dell'affermazione secondo cui fu il giovane ad intuire la
divinità di Cristo (OR, 12 aprile 1976).
8.4. Maggiori informazioni sulla giovanilizzazione della Chiesa. vescovi svizzeri 163
identici per tutte le età della vita. Anche qui lo spirito della vertigine spinge il
dipendente verso l'indipendenza e l'insufficiente verso l'autosufficienza.
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Cap'itulo 9
La Chiesa e la donna
165
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leggi, tuttavia, oggi, quando la società nel suo insieme ha apostatato dalla
religione e la rifiuta. Ed è curioso che mentre cerca di scusare la Chiesa per
le cose brutte del passato, le si rimproveri una crisi nata proprio dalla
defezione del mondo moderno da essa (§5.9).
La verità storica ci impedisce di sostenere la denigrazione della Chiesa
storica; piuttosto costringe a confutarlo. Il primo grande movimento
femminile organizzato è stato, nel nostro secolo, l'Azione Cattolica Femminile
suscitata da Benedetto XV, che in un'udienza concessa nel 1917 ne delineò
le motivazioni e le finalità: Le nuove condizioni dei tempi hanno allungato il
campo di attività della donna: un l'apostolato in mezzo al mondo è succeduto
per la donna quell'azione più intima e ristretta che svolgeva prima tra le mura
domestiche.
Di fronte alle antiche civiltà, che tenevano le donne nell'abiezione
attraverso il dispotismo maschile, la prostituzione sacra e il ripudio quasi ad
libitum, il cristianesimo le ha emancipate da quelle servitù esecrabili:
santificare e rendere inviolabile il matrimonio, stabilire l'uguaglianza
soprannaturale dell'uomo e della donna, esaltare la verginità e il matrimonio
al tempo stesso, e infine (vetta irraggiungibile per l'uomo), coronando e
inglobando al di sopra di sé la specie umana esaltando alla donna madre di
Dio.
Il diritto perpetuo ed inviolabile delle donne al matrimonio (derivato
dall'indissolubilità) fu difeso dai Romani Pontefici contro il dispotismo
maschile in occasioni famosissime. Non nego che nelle famose cause
dell'imperatore Lotario, Filippo Augusto (memoriale il grido di Ingeburga:
Cattiva Francia, cattiva Francia! Roma, Roma!), Enrico IV di Francia, Enrico
VIII d'Inghilterra, o Napoli, insieme ai principali motivo religioso di
indissolubilità, gli aspetti politici prevalgono contemporaneamente e
subordinatamente (o contrastano).
Ma non erano che cause secondarie, sempre superate dal fermo principio
della parità dei sessi nel matrimonio. Non c'è esempio nella storia, al di fuori
della Chiesa romana, di un sacerdozio che si eleva con tutta la sua forza
morale a difesa dei diritti della donna.
sulla vita della Chiesa: ogni variazione delle circostanze incide sempre sui
costumi, sulla mentalità, sui riti e sulle manifestazioni esterne della Chiesa;
ma sono solo variazioni circostanziali, cioè di atti e modi che circondano
l'essenza della vita cristiana, che mutano proprio per conservare ciò che è
identico, e non possono nuocerla.
Più difficile è discernere in che misura i mutamenti intervenuti in un dato
momento storico attaccano l'inizio, e in che misura lo amplificano e lo
sviluppano (§2.14); ed è compito della Chiesa custodire e nello stesso tempo
sviluppare il principio, temperando lo spirito esistenziale dell'età con lo spirito
essenziale della conservazione, come insegnava Paolo VI definendo la Chiesa
come intransigente conservatrice (OR , 23 gennaio 1972 ): non può estirpare
e disseccare la sua radice per impiantarsi in un'altra.
Anche nel femminismo la questione sta nel principio di dipendenza, che
si vuole indebolire per emancipare e slegare ciò che in natura e nella
Rivelazione è dato come dipendente e legato. Il cattolicesimo rifiuta ogni
dipendenza dell'uomo da un altro uomo.
Tuttavia professa quella dell'uomo rispetto alla propria essenza, cioè una
dipendenza che esclude il principio della creatività. Essendo essenze come
tali forme divine increate, ed essendo come esistenze di partecipazione di
quelle (messe in atto attraverso la creazione), in ultima analisi questa
dipendenza è rispetto al primo Essere. L'uomo consapevole di essa e capace
di assumerla compie un atto di obbedienza morale all'essere divino. La radice
dell'errore del femminismo moderno consiste nel fatto che, ignorando la
peculiarità della creatura femminile, non si è dedicato a rivendicare per la
donna ciò che le risulta proprio attraverso la contemplazione della natura
umana, ma piuttosto ciò che sembra appartenere alla natura umana
considerando il maschio. Il femminismo si riduce quindi ad una imitazione del
maschile, perdendo quelle caratteristiche raccolte dalla natura umana dalla
dualità dei generi. Sotto questo aspetto, il femminismo è un caso evidente di
abuso dell'astrazione, origine dell'egualitarismo; cerca di spogliare la persona
delle caratteristiche impresse dalla natura. In ultima analisi, non è
un'esaltazione della donna, ma un obliterazione del femminile e la sua totale
riduzione al maschile. La sua ultima evoluzione (come stiamo vedendo) è la
negazione del matrimonio e della famiglia, solennizzata da quella dualità. La
naturale uguaglianza dei sessi non ostacola la peculiarità delle donne e ne
mantiene il destino primario verso la vita interna della famiglia e verso funzioni
incomunicabili all'altro sesso.
L'Esortazione Apostolica Familiaris consortio del 15 dicembre 1981 di
Giovanni Paolo II, nella quale sono ripresi gli orientamenti prescritti dal Sinodo
dei Vescovi per la famiglia, dice al n. 23 che va sradicata la mentalità per cui
censetur honor mulieris magis ex opere foris facto
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1
sorgere che da un domestico
Y en el n. 25 dichiara che la società deve essere organizzata in modo tale che le
mogli e le madri non siano costrette a lavorare all'estero, così come affinché le loro
famiglie possano vivere con dignità e prosperare anche quando concentrano tutte le
2
loro cure sulla propria .
famiglia. referencia en las oraciones por el S´ÿnodo de bispos sobre la familia: È
sicuramente così! È necessario che le famiglie della nostra epoca siano restituite al
3
loro stato originario. E allo stesso modo lo riconosco sor Teresa de Calcutta in
un'intervista al Giornale nuovo del 29 dicembre 1980: La mujer es el coraz´on de la
familia. Y si hoy tenemos grandes problemas se debe a que la mujer ya no es el coraz
´on de la familia, y cuando el ni˜no vuelve a casa ya no encuentra a su madre para
recibirlo
Pertanto, il femminismo è in realtà un mascolinismo, che erra nella direzione del
proprio movimento e non prende a modello il proprio prototipo, ma la mascolinità. Ad
esempio, quando si parla dell'emancipazione della donna dall'uomo, non si intende il
suo rispetto per lei, che lo obbliga alla fedeltà e alla castità coniugale, ma la sua
spinta alla licenziosità e ai costumi dell'uomo.
Quindi, le considerazioni previste dalla legge nei confronti delle gestanti e del
puerperio, il divieto di imporre lavori pesanti alle donne, la pensione sociale per le
vedove (i vedovi non la percepiscono) e in generale ogni speciale tutela per le madri.
Tutto questo perché questa distribuzione tradizionale di compiti e doveri tra uomini e
donne indebolisce le donne nel mercato del lavoro. L'uguaglianza dei disuguali è
contraria alla varietà dell'essere creato; si scontra con il principio di contraddizione,
4
ma si fonda su una situazione di arroganza che rifiuta il proprio vantaggio se deriva
da una disparità ritenuta umiliante (quando invece è originalità e ricchezza).
1Si ritiene che la dignità della donna derivi più dal lavoro svolto fuori casa che da quello
domestico.
2Che le donne e le madri non siano infatti costrette a lavorare fuori casa, e che le loro
famiglie possano vivere dignitosamente e prosperare, anche quando dedicano tutte le loro
attenzioni alla propria famiglia.
3
È proprio così! È necessario che le famiglie del nostro tempo ritornino alla condizione iniziale
5Questo è diventato un luogo comune, anzi molto comune. Non c'è discorso di sacerdoti
o laici sulla donna che non ritorni alla formula che la donna è finalmente diventata
persona e soggetto. Ad esempio ICI, n. 556, (1980), pag. 42, Le nouveau r´ole de la
femme dans la famille occidentale.
6Contro l'assurdità e l'empietà dell'articolo protestai con lettera del 3 dicembre 1978 al
direttore del giornale il quale, essendo tanquam modo genitus infans, ignorava la
tradizione di veridicità e cortesia del giornale vaticano e non si degnava di rispondere Me.
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7Va notato che questa teologia femminista all'interno del cattolicesimo è uno
dei punti in cui si cerca di avvicinarsi ai non cattolici. Nel documento finale
dell'assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese del 1983 a Vancouver si
raccolgono proposte non solo a favore del sacerdozio femminile, ma anche per
definire lo Spirito Santo come Dio madre . Vedi OR, 10 agosto 1983.
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della donna
L'uguaglianza della donna con l'uomo (introdotta anche nella Trinità) è
meno accettabile della superiorità affermata dai giacobini; Lo hanno dedotto
dal racconto della Genesi, dove la donna è creata dopo l'uomo perché è una
creatura più perfetta che implica un grado più avanzato di attività creativa.
8 .
8Giacobini italiani, Bari 1964, vol. 11, P. 459, La causa delle donne (an´onimo).
9Che nell'atto unitivo l'uomo sia il principio attivo e la donna il passivo mi sembra una
verità riconosciuta fin dagli antichi e non sconosciuta ai moderni: il fiasco nell'esperienza
erotica esiste solo dalla parte dell'uomo, perché solo l'uomo ha parte attiva nella
consumazione carnale. Vedi STENDHAL, De l'amour, Par´ÿs, sa, nel capitolo dedicato al
Fiasco. In OVIDIO, Amorum III, VII, è la classica descrizione del fenomeno.
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È anche sottolineato dall'Apocalisse nel testo di I Cor. 11,3, in cui il carattere non
servile della sudditanza è assicurato da una gradazione di entità teologali, l'Apostolo
dicendo che ciò avviene perché capo di ogni maschio è Cristo, e dell'uomo, capo
della donna, e Dio , capo di Cristo.
11D'altra parte, non si può dimenticare quando Ef. 5, 21 dice che i coniugi sono
reciprocamente subordinati, come ammoniva Giovanni Paolo II nel suo discorso del 13
agosto 1982.
12Decisivo per questo scopo è Ef. 5, 24, dove la sottomissione della moglie al marito è
esemplificata da quella della Chiesa a Cristo: come la Chiesa si sottomette a Cristo,
così anche le donne ai loro mariti in tutte.
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9.6. Apologia della dottrina e della prassi della Chiesa riguardo alle donne 175
La verità è che qui, come in molte altre parti del pensiero contemporaneo,
è stata usata una sineddoche storiografica (isolando una parte e prendendola
per il tutto). Ci sono momenti nel ciclo storico della Chiesa in cui, man mano
che i principi vengono oscurati, vengono messe in dubbio anche le
deduzioni logiche che se ne devono trarre. Così la prassi in primo luogo, e
poi in misura minore la teoria, cadono in deduzioni illegittime che il principio
rifiuta e condanna.
Ma all'inizio è necessario chiedergli conto delle sue legittime conseguenze,
non di quelle che le passioni dell'uomo estraggono arbitrariamente. Ora, i
secoli in cui la religione è stata più importante sono anche i secoli in cui la
dignità delle donne è stata riconosciuta e la loro influenza nel mondo è stata
maggiormente dispiegata.
Questo assunto è professato fin dalle prime pagine e, inoltre, la sua trattazione è intrisa di
freudismo, marxismo e storicismo. Si citano autori eterodossi, si dimentica tutta la tradizione
cattolica, si ignorano sant'Agostino e san Tommaso. Anche la lingua è stravagante a causa di
circhi di ogni tipo. Vedi anche l'OR del 4 maggio 1979, dove ammette che le donne sono state
universalmente maltrattate in passato. In questo modo, quello che era un vero luogo comune (che
il cristianesimo elevasse la donna) cede a un falso luogo comune (che la sviliva).
15 È opportuno ricordare che vi furono donne che ebbero influenza nella vita di Atene, e che
Epicuro ammise le donne nella sua scuola. Pero la cosa causaba stupor, y todav´ÿa tres siglos
despu´es CICERON, De nat. deorum 1, 33, 93, alludendo agli scritti di Leonzio, discepolo di
Epicuro, scrisse: Leonzio osò scrivere contro Teofrasto, sapendo che si trattava di una
questione di parole e di soffitta, ma comunque... Este hecho no impide
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Benché legata al titolo censuario, come fu legato quello degli uomini fino
al nostro secolo, la partecipazione delle donne alle assemblee comuni (le
uniche assemblee popolari del passato, con i grandi affari nazionali governati
dai sovrani) non fu rara fino al XIX secolo.
E solo lo svilimento della condizione femminile causato dall'avvento
dell'economia utilitaristica e industriale e dalla concomitante scristianizzazione
delle masse potrebbe determinare la riduzione della partecipazione politica
della donna. Ma va ricordato che le donne avevano diritto di voto nelle
comunità municipali dell'Austria, in Svizzera e anche nelle Legazioni pontificie.
la diffusa abiezione della donna nelle società pagane, denunciata da tutti i Padri.
16Come gli uomini, nei monasteri le badesse esercitavano una giurisdizione quasi
episcopale: la totalità del legittimo governo spirituale e temporale nel proprio territorio.
Ver la importante obra de ADRIANA VALERIO, La questione femminile nei secoli X-XII, N
´apoles 1983.
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Una vetta ancora più alta fu raggiunta dal motivo della donna angelica nella
scuola poetica siciliana e nel dolce stil nuovo. La Divina Commedia esalta il
femminile nella Vergine Maria e in Beatriz, e nelle donne benedette del preludio
come sublime processo di elevazione spirituale e virtù dell'uomo che gli
garantisce la salvezza.
Se non si ignora il valore della poesia in quei secoli, è impossibile ignorare
la dignità e l'esaltazione della donna operata dalla religione.
Collegata alla deviazione sulla natura delle donne è la deviazione sugli atti
della sessualità. Per formarsi un giudizio corretto, va notato che in tutti i
comportamenti umani, ma soprattutto nei costumi, anche se è importante la
maggiore o minore frequenza degli eventi (senza tale frequenza non c'è
costume), ciò che conta in primo luogo è quali sono i fatti.
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Quanto alla frequenza, nessuno nega che la spudoratezza sia oggi più
diffusa che in passato, quando gli eccessi erano fenomeni di strati ristretti e,
cosa ancora più importante, si cercava di nasconderli senza osare ostentarli.
Oggi sono diventati il volto delle nostre città. Si può dire che la modestia fu la
caratteristica generale dei secoli passati, mentre la sfacciataggine è la nostra;
e basta scorrere i trattati d'amore, i libri per l'educazione delle donne, i
provvedimenti civili e canonici e le Praxeis confessariorum (fonti primarie in
questo campo) per averne la certezza.
Al contrario, oggi le intimità mancano del vecchio velo viola del pudore e
vengono propagate, ostentate e comunicate anche sulle prime pagine dei
giornali di cui le persone si nutrono. Gli spettacoli (soprattutto il cinema)
hanno come tema d'elezione le questioni sessuali, e l'estetica, che dà loro un
supporto teorico, arriva a stabilire che la trasgressione del limite morale è una
condizione dell'arte. Da ciò segue una progressione puramente meccanica e
infinita dell'oscenità: dalla semplice fornicazione all'adulterio, dall'adulterio
alla sodomia, dalla sodomia all'incesto, dall'incesto all'incesto, sodomia,
bestialità, cropofagia, ecc.
Il fatto provato dei rapporti pubblici, per trovarli bisogna risalire ai cinici
e che sant'Agostino giudicò impossibili anche per motivi fisiologici, è forse la
prova suprema della realtà della concupiscenza contemporanea; A meno che
non venga superata dalle mostre internazionali di oggetti erotici, come quella
famosa di Copenaghen nel 1969, e la mostra internazionale di arte pornografica
inaugurata nel 1969 ad Amburgo dal Ministro della Cultura.
La Chiesa assunse ben presto una condotta indulgente nei confronti della
lussuria cinematografica. Ha soppresso dalla propria stampa l'indicazione
degli spettacoli da evitare, ha giustificato la soppressione argomentando che
la morale attuale è diversa dal pudico moralismo in cui non di rado è caduto
in passato, ha assegnato premi ad opere cinematografiche di clamoroso
impurità, e ha presentato il nuovo atteggiamento indulgente come un omaggio alla maturità del
Ma, come abbiamo detto, al di sopra dei fatti prevale il significato che essi
hanno nella mentalità degli uomini e le profonde e tacite persuasioni con cui
muovono i giudizi. Conviene, dunque, approfondire un po' il fenomeno del
pudore per dimostrare come l'attuale decadenza dei costumi derivi anche
dalla negazione delle nature e delle essenze.
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17Nell'Inferno e nel Purgatorio dantesco i lussuriosi sono nel luogo più leggero
pietà, oltre che essere portatori di brutte colpe.
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Cap'itulo 10
Somatolatria e penitenza
187
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umana (Milano 1834) di don Antonio Fontana, direttore generale della pubblica
istruzione nel Lombardo-Veneto, questa indistinzione è ancora percepibile: dei
quattro libri che lo compongono, uno intero è dedicato all'educazione fisica;
ma sotto quel titolo si tratta del cibo, del sonno, della pulizia, e un solo capitolo,
Degli esercizi della persona, si occupa dell'educazione fisica.
La specializzazione nelle discipline, l'elevazione dell'esercizio corporeo a
forma speciale di attività umana, e infine la sua celebrazione e apoteosi, sono
un fenomeno dell'ultimo mezzo secolo.
Lo sport riempie la vita degli atleti professionisti, occupa gran parte
dell'attività e quasi completamente l'umore dei giovani, e ha invaso la mentalità
di enormi masse per le quali non è un esercizio, ma piuttosto una fonte di
divertimento. competizione e rivalità.
I giornali dedicano abitualmente un terzo del loro spazio allo sport, hanno
creato uno stile di metafore magniloquenti per descrivere le competizioni,
esaltare imprese ed eroi con le forme dell'epopea, e confondere la vittoria in
una partita con la conquista della perfezione
persona.
Quando due pugili si incontrarono per il campionato del mondo nel 1971
con esplosioni di bestialità che equivalevano a un insulto personale, i giornalisti
sportivi (alcuni dei quali estremamente talentuosi) adottarono le parole stile e
persino filosofia per riferirsi alle varie forme di quella rabbia solo semi omicida;
Pertanto, hanno profanato quelle parole in modo simile a come fanno con
quelle di speculazione e discussione per riferirsi allo sviluppo di un gioco sul
campo di calcio.
Magistrati e autorità esaltano in occasioni speciali il significato spirituale
dello sport e proclamano che, oltre a un susseguirsi di azioni disciplinari
finalizzate ad un fine altissimo, lo sport ha valore di nobile gara del pensiero
civile, e di fronte all'odio che divide i popoli , solo lo sport può riconciliarli e
3 .
unirli
Questa esorbitanza dello sport oltre il suo scopo naturale, attribuendosi la
dignità di forza spirituale, non è stata efficacemente confutata dalla Chiesa;
quasi ammettendo l'accusa ingiusta e fatale di distruggere il vigore delle
membra con il tarlo dello spirito, temeva di non condividere (o che gli pareva
di farlo) l'esaltazione del fisico e... movimento somatol'atrico del secolo; come
se un tale movimento avesse bisogno del suo aiuto, e la passione sportiva non
fosse già sufficientemente accesa tra gli uomini! L'unico segno della permanenza
della Chiesa nel suo atteggiamento di riservata approvazione è il
3Queste le parole del sindaco di una città svizzera all'inaugurazione del campo sportivo.
Anche GIOVANNI PAOLO II, ricevendo i calciatori varesini, parlò di questo sport come di
una nobile attività umana (OR, 5 dicembre 1982)
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I motivi principali del battesimo concesso dalla Chiesa al culto del corpo
sono due. Primo: la presenza corporea perseguita con esercizi sportivi è
condizione di equilibrio e perfezione della persona.
Secondo: al reunir a grandes moltitudini diferenciadas por la lengua, el modo
de vivir o la constituci´on pol´ÿtica, las competiciones deportivas
contribuiscono al mutuo conocimiento de las gentes ya la formaci´on de un
esp´ÿritu de frater nidad mundial. Ecco come descrive questi due motivi di
Gioia e Speranza: Le azioni sportive manifeste forniscono lo slancio per
stabilire l'equilibrio emotivo e le relazioni fraterne tra persone di tutte le
4
condizioni, nazioni .
o razze diverse. de 1952 en el Congreso cient´ÿfico nacional del deporte
5
.
Le attività dell'uomo sono qualificate dalla loro prossima fine; Lo sport
non appartiene alla sfera della religione, ma sebbene la conservazione e lo
sviluppo del vigore fisico siano il fine successivo dell'esercizio fisico, tale
fine è ordinato al fine ultimo di tutti i fini primari. Dio. Il Papa fa notare che tra
le mete prossime dello sport c'è il controllo sempre più agile della volontà
sullo strumento ad essa annesso: il corpo. Ma il corpo che diventa oggetto di
sport è il corpo della morte destinato ad essere restituito alla corrente della
mortalità biologica, mentre il corpo integrato nel destino soprannaturale
dell'uomo è lo stesso, ma rivestito di immortalità (a cui nulla aggiunge il
vigore qui di seguito acquisita).
4
... eventi sportivi, che aiutano a preservare l'equilibrio spirituale anche nel pubblico, e a stabilire
rapporti fraterni tra uomini di tutte le classi, nazioni
e gare.
5Vite. il citato volume dei Discorsi ai medici, Roma 1959, pp. 215 e segg.
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Qui noterò di sfuggita quanto sia falsa l'idea che l'esercizio del corpo di per sé
produca salute morale. Questa falsità era già stata denunciata dagli antichi. La frase
di Giovenale mens sana in corpore sano, che è stata mutilata nel linguaggio colloquiale,
è in realtà una confutazione del significato attribuitogli. Non dice che un corpo sano
implica una mente sana, ma piuttosto che dobbiamo pregare gli dèi di darci l'uno e
l'altro: Orandum est ut sit mens sana in corpore sano (Sat. X, 356). Lo sport è soggetto
alla legge ascetica che esige l'ordinamento razionale della totalità dell'uomo; l'uso
intensivo del vigore fisico non può essere la fine dello sport: se si emancipa
dall'austerità (cioè dal dominio dello spirito sulle membra), lo sport scatena gli istinti
attraverso la violenza o le seduzioni della sensualità.
Tuttavia, lo stravolgimento generale del giudizio delle masse su questo punto era
tale che il Papa ha ritenuto suo dovere riaffermare che nessun uomo viene sminuito
nella sua realtà umana dal fatto di non essere adatto allo sport.
Data l'unità della persona, definita dalla sua parte superiore, non si può parlare di una
personalità fisica e di una personalità spirituale. Anche chi non può praticare sport
realizza un misterioso disegno individuale di Dio
6 .
Ma questa riservatezza davanti allo sport imposta dalla ragione teologica, che
distingue la forza fisica dalla perfezione della persona, viene spesso abbandonata
sotto l'influsso dell'entusiasmo delle folle. Quando ebbe luogo quel violento
combattimento di cui abbiamo parlato, l'OR del 20 marzo 1971 (col titolo La folgorante
vittoria dei pugni) scriveva che l'interesse universale per un simile evento poteva
essere considerato in un certo senso positivo perché nonostante tutto l'umanità ha
ancora la possibilità di reagire, di concentrarsi su un valore o un evento considerato
tale.
È come se per l'articolista il grado di attività morale dell'uomo fosse misurato solo
dal suo attivismo, e dedicarsi a un valore oa un presunto valore avesse lo stesso
carattere positivo. È l'eresia del dinamismo moderno, per il quale l'azione vale di per
sé indipendentemente dal suo oggetto e dal suo fine. È il dinamismo che porta l'autore
a paragonare l'interesse mondiale per l'evento di pugilato con quello della conquista
della Luna nel 1969,
Tuttavia il card. Dell'Acqua, vicario del Papa per la Città, elogiava lo sport
in OR del 20 febbraio 1965 e con mediocri argomentazioni vedeva nella parola
sport un acronimo di Salute, Pace, Ordine, Religione e Tenacia.
Il documento più rilevante del sostegno della Chiesa allo spirito
somatolatrico del secolo è il discorso di Paolo VI ai XX Giochi Olimpici di
Monaco, tragicamente smentito poi dagli atroci avvenimenti che conclusero
quei giochi.
Il discorso inizia con una dossologia della giovinezza sana, forte, agile e
bella, risorta dall'antica forma dell'umanesimo classico, insuperata per
eleganza ed energia; giovani ubriachi del proprio gioco nel godimento di
un'attività fine a se stessa, svincolati dalle leggi meschine e utilitaristiche del
lavoro quotidiano, leali e gioiosi nelle più diverse competizioni che intendono
produrre, e non offendere, all'amicizia . Il Papa passa poi alla consueta
celebrazione della giovinezza come immagine e speranza di un mondo nuovo
e ideale in cui il sentimento della fratellanza e dell'ordine ci rivela finalmente
la pace. E proclama felici i giovani perché sono in cammino verso l'alto. Su
questo punto il Papa non può abrogare o abrogare la dottrina cattolica, e
conclude così che lo sport deve essere impulso verso la pienezza dell'uomo e
tendere a superare se stesso per raggiungere i livelli trascendenti di quella
stessa natura umana, alla quale non ha conferito una perfezione statica, ma
orientata alla perfezione totale. Il discorso terminava con una citazione del
ciclista Eddy Merckx.
Questa dossologia dello sport è in sintonia con l'affermazione di Avery
Brundage, presidente del Comitato olimpico internazionale, che esplicita il
significato teologico e parateologico del discorso di Paolo VI. Scomparsa in
virtù dei fatti la debole riserva del Papa sul carattere non ultimo dell'ideale
sportivo, l'attività sportiva può ben simulare un'assiologia religiosa o quasi
religiosa. L'olimpismo, quindi dice Lord Brundage, è la più grande religione
del nostro tempo, una religione che porta in sé il nucleo di tutte le altre (OR,
27 luglio 1972).
Analizzando il discorso papale, si trova che delle quattro qualità di cui il
Pontefice adorna la giovinezza, nessuna (e meno di nessuna la bellezza)
esprime un valore morale: o ciò che è lo stesso, una virtù.
In secondo luogo, non può essere oggetto di soddisfazione che la gioventù
sembri ubriaca del proprio gioco, perché la religione esclude ogni eccesso e
ogni ubriachezza (tranne la sobria ubriachezza dello Spirito Santo). E questo
svilimento del lavoro (apparentemente incatenato a leggi utilitaristiche) sembra dimenticare che
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7Gli Stati Uniti non hanno partecipato alle Olimpiadi di Mosca del 1980 e l'Unione Sovietica non
ha partecipato alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984.
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Per quanto riguarda la lealtà, diciotto giudici sono stati rimossi per aver mostrato
pregiudizi nei confronti dei loro atleti preferiti e molti atleti sono stati esclusi dalla
competizione per l'uso di stimolanti chimici e rinvigorenti proibiti.
Questo rilassamento ha prodotto più effetti. Uno era di ordine linguistico e lessicale.
Si trasformò la parola digiuno, che da indicare la privazione del cibo per un tempo
considerevole (svuotamento dello stomaco) passò a significare solo-
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attenzione a non mangiare, nemmeno per pochi minuti. Nel nuovo significato,
si può essere sazi e digiunare, e come tale andare alla Comunione.
El segundo efecto fue falsificar la liturgia quit´andole vericidad a las f
´ormu las del rito, que vienen a decir lo contrario de lo que la Iglesia practica.
El motivo dominante del tiempo de Cuaresma era el ayuno corporal, y en el
prefacio se invocaba por ejemplo: Deus qui corporal ieiunio vicitas compris,
elevando la mente, dando virtù e premi Pero 8 .
el prefacio del Novus Ordo, en lugar del ayuno corporal, habla s´olo gen
´ericamente del ayuno cuaresmal En la feria 3 post Dominica I se ped´ÿa in
modo che la nostra mente risplenda del tuo desiderio, che si castiga con 9 .
la macerazione della carne un'idea del genere (che senza embargo viene
direttamente da San Pablo en I Cor. 9, 27) . Y as´ÿ, el s´abado post Domini cam
2 in modo che la punizione della carne assunta alla nostra vegetazione passi
10 anime
.
Questa falsificazione dei testi liturgici, contraddetta dalla prassi riformata
della Chiesa, è stata poi sventata con la riforma degli stessi testi, nei quali ora
si trova qua e là qualche residuo del vecchio ordinamento, ma la cui ispirazione
generale deriva la dottrina penitenziale modernizzata e conforme alla
11 .
ripugnanza del secolo per la mortificazione.Nella religione cattolica, il
digiuno ha un fondamento puramente dogmatico: è una speciale applicazione
del dovere della mortificazione, che a sua volta discende dal dogma del
peccato originale. Solo se la natura non fosse corrotta o concupiscente, i suoi
impulsi dovrebbero essere fedelmente seguiti invece che repressi. Pelagio e
Vigilancio partono dalla stessa smentita, e nella dura polemica con Vigilancio,
San Girolamo si fa beffe del suo avversario chiamandolo Dormitancio:
significava che chiudeva gli occhi sulla condizione profonda dell'uomo
Tutti gli altri motivi assegnati dai teologi al digiuno discendono dalla
necessità della mortificazione dell'uomo corrotto per poter essere rianimato
come nuova creatura. La mortificazione puramente filosofica, come quella
praticata nelle sette orientali, non ha tale fondamento: in essa il corpo è punito
per un motivo ginnico, perché interferisce con le operazioni
8 Eterno Dio, che con il digiuno corporale doma le nostre passioni, eleva la mente, ci dà
virtù e ricompensa
9Fai risplendere il nostro spirito, che è punito con la macerazione della carne
davanti alla tua presenza con il
desiderio di Te 10Affinché la mortificazione della carne rafforzi le
nostre anime 11Effetto e sintomo della degradazione dello spirito di penitenza è anche
l'abolizione del tempo preparatorio della Quaresima, in altro tempo assegnato alle tre
domeniche di Septuag'esima, Sexag'esima e Quincuag'esima.
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della mente, e solo perché non li turbi. Questa mortificazione può avvenire
senza alcun intervento di motivi religiosi.
Le opere penitenziali nel cattolicesimo esprimono anche e soprattutto
dolore, dovuto alla colpa. Questo dolore (atto comandato dalla volontà)
costituisce la penitenza come virtù interiore; ma per il vincolo antropologico
grazie al quale nulla si muove nell'uomo interiore che non si muova
all'esterno, la penitenza esterna è necessaria alla penitenza interna, o meglio
è la stessa penitenza interna di un atto umano.
A questo proposito, il digiuno è una parte primaria della penitenza, e va
notato che quando Cristo parla di facere iustitiam esemplifica le opere di
giustizia in tre soli: l'elemosina, la preghiera e il digiuno; come spiega Saint
Agostino, benevolenza e beneficenza in universale, aspirazione a Dio in
12 .
universale e repressione della concupiscenza in universale
Nel suo discorso del Mercoledì delle Ceneri del 1967 a Santa Sabina,
Paolo VI ha sottolineato l'insegnamento della Chiesa secondo cui la penitenza
è necessaria per la metanoia (perché la natura è corrotta) e per la riparazione
dei peccati. Ma il digiuno non è solo un perfezionamento della virtù naturale
della sobrietà, cosa conosciuta anche dai gentili, ma qualcosa di proprio
della religione cristiana, la quale, avendo reso l'uomo consapevole dei suoi
mali profondi, gli ha fornito i rimedi. I piaceri della tavola (poiché si tratta di
questa parte della concupiscenza) possono certamente conciliarsi con la
sobrietà, ma la religione riconosce in essi una tendenza sensuale che ci
distoglie dal vero destino, e secondo la sua percezione dell'umano nell'uomo,
molesta quella tendenza al male prima che il male abbia inizio.
12 Sulla perfezione della vita dell'uomo, cap. VIII, 18 en PL, 44, 300.
13V´eanse sobre el ayuno las p´aginas de MANZONI en Osservazioni sulla morale cattolica,
ed.cit., vol. 11, pag. 284 e ss.
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Si può aggiungere che, per l'organicità del corpo della Chiesa (in cui tutti i
membri sono uniti tra loro e con Cristo, suo capo), le opere penitenziali del
cristiano sono anche imitazione e partecipazione all'opera penitenziale
compiute dal Cristo innocente a vantaggio del genere umano peccatore: e
questo anche se il valore di queste opere deriva tutto dal valore di quelle di
Cristo.
La riforma della prassi penitenziale non è stata separata dalla denigrazione
della Chiesa storica parallela a ogni modernizzazione. Le consuetudini
cattoliche dell'astinenza (celebrate da tutti i Padri della Chiesa con opere
speciali, spesso capolavori, e seguite con unanime obbedienza per secoli e
secoli da generazioni attente e obbedienti) sono state nei tempi moderni
argomento di scherno da parte di scrittori superficiali e irreligiosi.
Per citare solo uno dei tanti esempi che ho raccolto, nel Bollettino della
Cattedrale di San Lorenzo a Lugano dell'ottobre 1966, si scherzava con
volgarità sulla differenza nulla tra sogliola e bistecca e tra fritto e salato.
In passato le ragioni della differenziazione tra alcuni cibi e altri (che sono di
diritto positivo) sono soggette a variazione, e dopo l'espansione extraeuropea
del cattolicesimo, l'astinenza da certi cibi di cui è che certe nazioni erano
totalmente private era incongruo e chiedeva una riforma della disciplina.
cosa fare e cosa non fare: meglio ancora se non ce ne sono. E Diocesi di
Milano (1967, p. 130), commentando la cura pastorale dei vescovi lombardi,
afferma dopo aver fatto riferimento all'abolizione dei divieti e delle prescrizioni
che la penitenza è gratuita e quindi più meritoria. In questa nuova dottrina si
dimenticano tre valori. In primo luogo, per obbedienza alla Chiesa, e nel modo
da essa prescritto, fare ciò che impone il dovere della penitenza. In secondo
luogo, compiere l'atto penitenziale non solo individualmente, ma ecclesialmente
(come dichiarava la liturgia del Vetus ordo) e rimettendo alla Chiesa la
determinazione della forma sostanziale di tale dovere. Terzo, il merito che
deriva dall'abdicazione della propria volontà in relazione alla modalità della
penitenza, abdicazione che è già essa stessa penitenza.
Ma questi valori dipendenti dalla sottomissione della volontà alle forme e ai
tempi prescritti non sono più apprezzati come a quei tempi in cui i cibi consentiti
erano pesati in once e si prevedeva che si suonassero le campane per rompere
il digiuno.
Infatti la Congregazione romana, di fronte al dubbio se il grave obbligo di
osservare i giorni penitenziali si riferisse a giorni isolati o nel loro insieme,
rispose che era quest'ultimo (OR, 9 marzo 1967). Questa risposta lascia alla
libertà dei credenti il tempo e la modalità della mortificazione corporale, e rende
mobile il carattere sacro che sembrava assegnato al Mercoledì delle Ceneri e al
Venerdì Santo della Settimana Santa.
Infine, la convertibilità dell'astinenza in opere di misericordia, a scapito del
concetto di penitenza, è stata stabilita in istituzioni come il Sacrificio
quaresimale, obbligo monetario che diventa equivalente alla mortificazione
corporale. Tale sacrificio di denaro, sostituto del digiuno (considerato
inadeguato ai tempi), non è però più consono ai tempi di questo.
Cap'itulo 11
203
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che aveva in comune con gli altri. In questo modo, il motivo per
difesa della libertà della Chiesa concepita secondo il sistema che le contrapponeva
gli altri, i partiti cattolici hanno adottato il vessillo della libertà simpliciter, che
riprende certamente il vecchio motivo, ma ormai sommerso
al motivo prioritario e superiore della libertà simpliciter.
devono continuare a usare i loro diritti politici e lontano da ogni spirito di odio
o sedizione.
Questa dottrina è stata confermata da Giovanni XXIII nella Pacem in terris
facendo coincidere il dovere religioso con il dovere civile: il bene di giustizia
(oggetto della virtù morale) è costitutivo del bene comune (oggetto della virtù politica).
Per questa coincidenza, ad un certo punto della storia, i Romani Pontefici
hanno potuto annullare le leggi dello Stato. L'ultimo esempio è quello di Pio
XI, che nel 1926 dichiarò nulle le leggi antireligiose del Messico.
Ma a prescindere dall'annullamento di una legge iniqua per decreto
pontificio, resta fermo il diritto dei cattolici (nei regimi in cui partecipano al
potere legislativo) di opporsi alle leggi che offendono la legge naturale, così
come il dovere della Chiesa di attaccare loro provocando e regolando l'azione
civile dei laici.
Attualmente la Chiesa ha abdicato quasi totalmente a questo diritto di cui
si è avvalso il laicato cattolico, anche nel nostro secolo, seguendo la
gerarchia; e nello stesso modo in cui ha praticato una politica di rinuncia nei
suoi rapporti diretti con gli Stati (§ 6.18), è riuscita a ispirare le masse
cattoliche all'interno di ogni Stato.
11.4. Chiesa e comunismo in Italia. Le condanne del 1949 e del 1959 209
Essa intende solo riflettere e rispettare le opinioni del mondo dei lavoratori,
inteso sostanzialmente come un insieme omogeneo. In questa prospettiva, il
movimento sociale cattolico è totalmente dimenticato.
Impossibile nascondere la distanza tra questo stile e lo stile dei documenti
pontifici che abbiamo citato al §11.4 In tema
di dialogo, in esso sono enunciate molte proposizioni professate da
operai cristiani (considerando per sineddoche che tutti sono comunisti) , ma
non c'è opposizione o confutazione, più che talvolta di passaggio, con finzione
e anfibologia.
Il documento intende aiutare questi cristiani che professano il comunismo
dall'interno della loro situazione spirituale; è come nello stesso senso
il germe dell'idealità cristiana era alla base della sua persuasione e si trattava
solo di svilupparla; e come se tale aiuto, tipico dei pastori, non potesse mai
supporre un'opposizione di principio e un'abiura di eventuali errori: insomma
una conversione, come si dice.
Questa posizione è legata nel documento a una confusione di prospettive
che vede l'azione dello Spirito nelle agitazioni e lotte del mondo e confonde il
6
movimento del comunismo (che può dispiegare lavoratori con le forze
storiche e naturali che generano eventi) con uno di quei movimenti in cui
operano gli impulsi soprannaturali dello Spirito Santo (nn. 16-17); trasforma
insomma gli sconvolgimenti sociali del secolo in un fenomeno religioso.
valori.
La formula che raccoglie tale equivalenza di sistemi in ispirazione di fondo
è che ci sono valori comuni che vengono percepiti in modo diverso a seconda
del medium a cui appartengono (n. 29).
Qui sta una negazione del sistema cattolico. Il documento toglie all'uomo
la capacità di cogliere un valore nel proprio essere e gli assegna solo la
possibilità di percepirlo secondo la sua condizione soggettiva (che qui non è
l'idiotropion della psicologia individuale, bensì l'idiotropion della situazione di
classe della soggetto). Poiché le percezioni differiscono, ma il valore percepito
diversamente è identico, i vescovi possono affermare che due concezioni
contraddittorie sono nondimeno percezioni diverse della stessa cosa. Questa
forma di soggettivismo deriva dall'analisi marxista, secondo la quale la
percezione nasce dalla situazione sociale. Pertanto nel documento francese la
differenza tra le essenze è sconosciuta. La religione non è per i vescovi un
principio, ma un'interpretazione e un linguaggio.
La Parola cristiana non è più principio e caput, ma interpretazione destinata
a conciliarsi con le altre interpretazioni in una crux confusa, che a volte sembra
essere la giustizia e altre volte l'amore.
Questa ignoranza del carattere essenziale dell'opposizione tra cristianesimo
e marxismo allontana il documento dall'insegnamento di Pio XI, che descrive il
comunismo come intrinsecamente perverso.
E d'altra parte, rivela la simpatia dei redattori verso l'opzione socialista,
poiché mentre rifiutano l'essenziale perversità del comunismo, stigmatizzano
il sistema capitalista come intrinsecamente perverso (n. 21): così fanno
scomparire i due sistemi , che tuttavia hanno ugualmente condannato gli
insegnamenti papali, dalla Rerum novarum alla Populorum progressio.
Dopo aver falsamente trovato lo Spirito Santo e Gesù Cristo (n. 47) nel
dinamismo del mondo operaio e posto l'opzione socialista sullo stesso piano
dell'impegno cristiano, il documento si lancia in una nuova e definitiva
confusione: la sentenza che se il lavoro dei cristiani comunisti in favore di una
maggiore giustizia, fraternità e uguaglianza, raggiunge quel fondo comune
citato, trova una vera forma di contemplazione e cammino missionario (n. 54).
La prassi marxista e la lotta di classe usurpano così il posto della
contemplazione, che, come è noto, occupa il posto supremo.
diritto internazionale che non richiede una rigorosa uniformità dottrinale. Sia
che basino le proprie convinzioni sul marxismo o su altri sistemi di analisi della
società, sia che si ispirino a principi religiosi e umanitari, tutti i socialisti lottano
per lo stesso obiettivo: un sistema di giustizia sociale, di maggiore benessere,
di libertà e pace nel mondo (RI, 1951, p. 576).
Si apre allora un vasto campo alla disputa del disputato, secondo varie
scuole (tomista, scotista, suarista, rosminiana) in cui l'intelletto cristiano è
imprigionato nell'ossequio alla fede, ma non più al di là delle parole della fede;
ed è in questi, e non negli argomenti teologici di ciascuna scuola, che tutte le
scuole concordano.
Ma torniamo al marxismo. Le varie specie del genere non possono né
ampliare il principio per includere il suo opposto, né
7 Sulle varianti del comunismo, vedi MAURICE CORVEZ, Los estructuralistas, ed.
Amorrortu, Buenos Aires 1972, cap. 5, pagg. 114 e segg.
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Parece que el autore ignora quasi modo genitus infans la Divini Redemptoris
y todos los documentos pontificios.