«Matto è chi spera che nostra ragione possa trascorrer la infinita via che
tiene una sustanza in tre persone»2: così Dante nel terzo canto del suo
Purgatorio. Infinita via, ci ricorda il poeta, quella che tiene una sostanza in tre
persone: folle sarebbe, da parte della limitata ragione umana, avanzare con la
speranza di riuscire a percorrerla tutta. Non possiamo esaurire il mistero, lo
sappiamo. Ma da inguaribili pellegrini dell’infinito, noi continuiamo a
imboccarla, l’interminabile via, e a tentare il viaggio della dotta ignoranza
con la fiducia del viandante a cui è stato dato di intuire che su altro, e non
sulle sue forze, riposa la credibilità e l’autenticità dell’impresa. Certo,
———––
1
Il testo di questo articolo corrisponde a quello letto dall’autore il 27 novembre 2014
presso la Pontificia Università Gregoriana, in occasione della presentazione del volume:
M. AROZTEGI ESNAOLA – Á. CORDOVILLA PEREZ – J. GRANADOS GARCÍA – G. HERNANDÉZ
PELUDO, ed., La unción de la gloria: en el Espíritu, por Cristo, al Padre. Homenaje a mons.
Luis F. Ladaria SJ, Biblioteca de Autores Cristianos, Madrid 2014. Il titolo («Perfectior est
unitas…»), altro non è che una frase delle Quaestiones Disputatae de Mysterio Trinitatis
(q. II, a. II, contr. 9) di Bonaventura da Bagnoregio, citata da L. Ladaria nella lezione
magistrale tenuta alla Pontificia Università di Salamanca il 15 gennaio 2014 (cf. «Fons et
Origo. Monoteísmo y “monarquía” del Padre», in Doctor honoris causa excmo. y revdmo.
P. Luis F. Ladaria Ferrer sj, Salamanca 2014, 45).
2
Purgatorio, III, 34-36.
6 SERGIO P. BONANNI
———––
3
L.F. LADARIA, l Dio vivo e vero. l mistero della Trinit , Cinisello Balsamo (MI) 2012,
444.
4
L.F. LADARIA, l Dio vivo e vero (cf. nt. 3), 448, nt. 10.
PERFECTIOR EST UNITAS 7
«Sic Deus voluit novare sacramentum, ut nove unus crederetur per Filium
et Spiritum»6. È così, avverte Tertulliano, che Dio ha voluto rinnovare il
sacramento, il segno della sua rivelazione: facendo in modo che gli uomini
potessero riconoscerlo ancora uno, e a rinnovato titolo uno. Ad essere ripre-
sentato con la rivelazione della generazione eterna, è sempre lo stesso
sacramentum unitatis. uesto vuol dire che la verità dell’essere trino di Dio
non è quella che si aggiunge a quella del suo essere uno, o peggio, quella che
comincia quando finisce quella del suo essere uno la verità dell’essere trino
di Dio è quella che viene fuori proprio con la novità legata al compimento
della manifestazione del suo essere uno.
L’essenza unitrina, allora, non è la realtà divina in uanto colta come una ed
unica anche se partecipata ai tre che in Cristo si sono dati a conoscere.
L’essenza divina è la realtà divina colta come una ed unica in uanto comune
a Padre Figlio e Spirito, in uanto posseduta da ognuno di essi interamente, a
modo proprio e in comunione con gli altri due7. uella divina è un’essenza
perfetta come mistero di comunione, come compiuta possibilità di verità e vita
eternamente riproposta sull’infinita via della consumazione personale, e che la
forza ricapitolatrice dell’ordo relazionale realizza per i tre come consustan-
zialità capace di dare vita al semplicissimo Principio. «L’homoousios niceno
non è solo un’affermazione sulla divinità del Figlio è anche, inseparabil-
mente, l’affermazione della vera paternità divina. Le due false soluzioni del
subordinazionismo ariano e del patripassianismo sabelliamo , coincidono
— osserva Ladaria — in un punto fondamentale: nel negare a Dio un’autentica
vita di amore, una autentica autocomunicazione ad intra»8.
———––
5
«sino de la unidad original de l’amor, que constituye la esencia divina». L.F. LADARIA,
«Fons et Origo» (cf. nt. 1), 44.
6
dversus Praxean 31,2 G. SCARPAT, ed., Torino 1985, 236. Citato in L.F. LADARIA, l
Dio vivo e vero (cf. nt. 3), 446, nota 6.
7
Cf. L.F. LADARIA, l Dio vivo e vero (cf. nt. 3), 448.
8
«El homoousios niceno no es solamente una afirmaci n sobre la divinidad del Hi o es
tambi n, inseparablemente, la afirmaci n de la verdadera paternidad divina. Las dos
soluciones, en definitiva, a pesar de su frontal oposici n, coinciden en un punto fundamental,
8 SERGIO P. BONANNI
Infinita via, quella della vita perfetta di cui vive la verità dell’essenza divina,
proprio perch coincide con quella dei rapporti che vincolano i tre nell’a-
more: Sic Deus voluit novare sacramentum, ut nove unus crederetur. L’unus
in cui crediamo è sempre lo stesso. Ma la semplicissima perfezione che egli
da sempre è, il novum sacramentum ce la fa conoscere pi in profondità,
grazie alla rivelazione del suo essere dialogo d’amore, abbraccio reciproco,
perfetta carità. Perch , ci ricorda Bonaventura, «perfectior est unitas, in qua
cum unitate naturae manet unitas caritatis»13: si riscontra una maggiore perfe-
zione lì dove, con l’unità della natura, rimane anche l’unità della carità.
———––
“Pater”, inquiunt, “Deus Filius Deus Spiritus sanctus Deus”. Igitur Pater Filius Spiritus
sanctus unus, non tres dii. Cuius coniunctionis ratio est indifferentia. Eos enim differentia
comitatur qui augent vel minuunt, ut Arriani, qui gradibus meritorum Trinitatem variantes
distrahunt atque in pluralitate diducunt». BOEZIO, De Sancta Trinitate, 1 De consolatione
philosophiae. puscola Theologica, C. MORESCHINI, ed., Bibliotheca Scriptorum Graecorum
et Romanorum Teubneriana, Monaco – Lipsia 2000, 167, linee 34-46.
15
Il Monologion, avviato come una meditazione sull’essenza divina, si sviluppa nel pro-
gressivo riconoscimento delle perfezioni che il sommo spirito — come modello infinitamente
superiore allo spirito umano, in cui pure si riscontra la pallida similitudine degli stessi
dinamismi — non potrà non avere. Il sommo spirito conosce dunque perfettamente se stesso,
e l’espressione di questa perfetta intelligenza è l’eterno e consustanziale verbo che pronuncia
(nello schema che Michel Corbin propone nell’introduzione all’edizione francese del
Monologion da lui curata Paris 1986 , uno dei raggruppamenti di capitoli segnalato è:
« VII à LVIII. Dieu et son Verbe: le Père et le Fils») il sommo spirito, conoscendosi
secondo verità, non potrà non tornare su se stesso nel movimento del perfetto amore (nello
schema di Corbin: « LI à L III. Dieu et son Amour: L’Esprit du Père et du Fils»).
16
Monologion, Prologus F.S. SCHMITT, ed., vol. I, 76, linea 10.
17
Cf. De processione Spiritus Sancti, 1 F.S. SCHMITT, ed., vol. II, 181, linee 2-4.
12 SERGIO P. BONANNI
Trinità chiede di essere compresa alla luce del dinamismo relazionale che ha
in lui la sorgente. Nonostante i pericoli di deriva modalista legati alle possi-
bili esasperazioni di una impostazione, quella prevalente in Occidente, incline
ad avviare il de Trinitate puntando immediatemente lo sguardo sull’essenza,
il Laterano IV fissa la senten a maturata con la riflessione del Lombardo e
mostra che la verità dell’ordo ( ) intratrinitario non è mai stata dimen-
ticata dalla grande tradizione della teologia latina.
Sulla base di queste considerazioni, possiamo chiederci, forse con un po’
pi di consapevolezza: è davvero opportuno rinunciare all’essenza e a quanto
costruito grazie ad essa nel secolo teologico che precede il nostro È davvero
troppo compromessa, questa idea, con l’idea di un Dio dipinto nei termini di
una monade amorfa e indifferenziata Il volto del Dio di Ges Cristo tracciato
nella linea della grande tradizione latina, non è il volto di un Dio solitario. E
questo è vero per Agostino e gli altri antichi Padri23, come per gli scolastici
Bonaventura e Tommaso.
L’intuizione che porta il dottore di Bagnoregio ad affermare, nel De myste
rio Trinitatis, che pi perfetta è quell’unità di natura in cui permane l’unità di
carità, non è episodica n occasionale: si fonda su un modo di intendere la
divina semplicità impegnato a concepire un’identità arricchita, piuttosto che
indebolita, dalla diversità dei soggetti in gioco questo con un ragionamento
deciso a far leva sul concetto di origine, dal momento che, osserva Bona-
ventura, il dinamismo di origine non introduce alcuna composizione lesiva
della semplicità, ma piuttosto ordine e correlazione (ordinem et respectum ad
alium)24.
Non meno significativa appare la riflessione dell’Aquinate il quale, nella
uaestio in cui affronta il problema dell’alterità del Figlio, è pronto a farsi
discepolo di Ilario e a sottolineare che, sebbene in Dio nulla risulti separato
dalla sua semplicissima essenza, tuttavia non possiamo parlare di lui come di
un Dio “asociale”: «Vitandum est etiam nomen solitarii, ne tollatur consor-
tium trium personarum»25. Bisogna evitare di pensare Dio come un Dio
———––
23
L.F. LADARIA, l Dio vivo e vero (cf. nt. 3), 455.
24
Oltre alla diversità che proviene da qualcosa di aggiunto, che non pu evitare di pro-
durre composizione, distruggendo la semplicità, «est alia diversitas veniens e sola origine, ut
puta, quia una persona emanat ab alia, differt ab ea et haec non repugnat simplicitati, quia
nullam ponit compositionem, sed solum ordinem et respectum ad alium». BONAVENTURA DA
BAGNOREGIO, n Sent., I, distinctio VIII, pars II, quaestio I, ed. Collegii S. Bonaventurae ad
Claras Aquas, Firenze 1934, tomo I, 132.
25
«Neque tamen dicimus unicum Deum: quia pluribus deitas est communis. Vitamus etiam
nomen confusi, ne tollatur ordo naturae a personis: unde Ambrosius dicit, I de Fide: “Neque
confusum est quod unum est, neque multiple esse potest quod indifferens est”. Vitandum est
etiam nomen solitarii, ne tollatur consortium trium personarum, dicit enim Hilarius, in IV de
Trinitate: “Nobis neque solitarius, neque diversus Deus est confitendus”. Hoc autem nomen
alius, masculine sumptum, non importat nisi distinctionem suppositi. Unde convenienter
dicere possumus quod Filius est alius a Patre: quia scilicet est aliud suppositum divinae
14 SERGIO P. BONANNI
solitario, per non correre il rischio di eliminare la comunione fra le tre per-
sone perch , avverte Tommaso, alla Trinità la solitudine non si addice.
———––
ganz durch die onzeption einer rein perichoretischen Einheit zu ersetzen — mit den
benannten tritheistischen onnotationen. Die mitteilbare, mitgeteilte, als empfangene mitge-
teilte so ie nur empfangene, lichte Liebes-Substanz Gottes ist nichts anderes als das
Verm gen der Personen zur Perichorese». M. SCHULZ, Sein und Trinit t. Systematische
Er rterungen ur eligionsphilosophie . .F. Hegels im ontologiegeschichtlichen c lic
auf J. Duns Scotus und . ant und die Hegel e eption in der Seinsauslegung und Trinit t
stheologie ei . Pannen erg, E. J ngel, . ahner und H. . v. althasar, St. Ottilien 1997,
955. Citato in L.F. LADARIA, l Dio vivo e vero (cf. nt. 3), 448.
27
Sull’assioma fondamentale rahneriano e sul suo discusso viceversa, osserva Ladaria:
«nel pensiero di arl Rahner l’assioma fondamentale ha senso perch fonda il carattere
salvifico del mistero trinitario nella sua irrinunciabile connessione con i misteri
dell’incarnazione e della grazia nel senso ampio della comunicazione che, in Cristo e nello
Spirito, Dio fa di s agli uomini. La preoccupazione di . Rahner, in questo senso, è pi
quella di mettere in risalto la comunicazione di Dio agli uomini che quella di riflettere sul
mistero della Trinità immanente. Ne deriva che la seconda parte dell’assioma, “e viceversa”
(umge ehrt) non riceva in pratica alcun chiarimento nell’insieme della sua opera. Ci che
l’autore tedesco precisa in alcune occasioni, ovvero allorch insiste sul che fatto che la
comunicazione della Trinità divina nella economia della salvezza è reale, è che questa
comunicazione è libera ed è pura grazia. Di conseguenza, sebbene Rahner non abbia insistito
sul contenuto del “viceversa” del suo assioma fondamentale, bisogna tenere presente questa
affermazione per una adeguata interpretazione del suo pensiero. La comunicazione che Dio fa
di s in Cristo e nello Spirito è totalmente libera, non dovuta, e “graziosa”. uesta
precisazione, credo, non sempre è stata tenuta debitamente presente dai critici di Rahner.
L’importanza e l’accettazione dell’assioma fondamentale di . Rahner è testimoniata dall’uso
che ne fa la Commissione Teologica Internazionale nel suo documento Desiderium et cognitio
Dei. Theologia Christologia nthropologia. Quaestiones selectae. ltera series (1981)».
L. LADARIA, La Trinit mistero di comunione, Milano 2004, 15-16.17.
16 SERGIO P. BONANNI
ogni reciproco rappresenta per l’altro, quando questo «altro» è Dio. Dio
rimane l’infinito, l’assoluto, l’eterna vita di una sostanza che non ha limiti.
Ma non perch in lui si realizza il bizzarro prodigio di una monade smisura-
tamente dilatata. Piuttosto, perch in lui ogni limite è già da sempre perfetta-
mente superato nel movimento dell’amore trinitario che principia dal Padre.
Tutto, in Dio, è radicato nella sovrabbondanza dell’amore paterno, l’amore
pronto a donare senza invidia — come già aveva intuito Platone35 — perch
libero, nell’illimite del suo poter-dare-vita — dalla paura di rischiare di
perderla.
L’eterno sì con cui il Figlio porta a compimento la paternità di Dio, apre in
Dio lo «spazio» di un’alterità che non pu essere ulteriormente ampliato.
Vive, lo «spazio» dell’eterna generazione, l’assolutezza di un’essenza perfet-
tamente «una» proprio in forza del perfetto dialogo d’amore che la costi-
tuisce. Solo la dialettica di morte e risurrezione pu introdurci in questo
spazio. Solo la Pasqua del Figlio pu rivelarci il mistero del suo eterno
dialogo con il Padre. E mentre ce lo rivela, lo arricchisce di un nuovo senso.
Perch questo spazio c’è già, da sempre, ed è da sempre infinito, e all’infinito
nulla potrà mai essere aggiunto. Nella memoria36 di Dio c’è da sempre la
verità del Figlio come qualcosa di radicalmente altro dalla memoria stessa, e
l’eternità di questa memoria fa sì che in essa tutto sia da sempre custodito
nella forza unificante dell’amore. Ma sulla croce si manifesta che da sempre,
questo eterno ricordo del Figlio, è pronto a diventare ricordo del figlio
misero37.
———––
35
«Diciamo, allora, per qual causa ha composto la generazione e questo universo Colui
che li ha composti. Egli era buono e in un buono non nasce mai nessuna invidia per nessuna
cosa. Essendo dunque lungi da ogni invidia, egli volle che tutte le cose diventassero il pi
possibile simili a lui». PLATONE, Timeo, 29de, G. REALE, ed., Milano 1991, 1362.
36
«Haec igitur tria, memoria, intelligentia, voluntas, quoniam non sunt tres vitae sed una
vita, nec tres mentes sed una mens, consequenter utique nec tres substantiae sunt sed una
substantia. Memoria quippe quod vita et mens et substantia dicitur ad se ipsam dicitur quod
uero memoria dicitur ad aliquid relatiue dicitur. Hoc de intelligentia quoque et de voluntate
di erim, et intellegentia quippe et voluntas ad aliquid dicitur. Vita est autem unaquaeque ad se
ipsam et mens et essentia. uocirca tria haec eo sunt unum quo una uita, una mens, una
essentia». De Trinitate, , 11.18, Nuova Biblioteca Agostiniana 4, Roma 1973, 419. La
similitudine suggerita da Agostino, con il suo parallelismo fra le Divine Persone e il ritmo
triadico delle facoltà dell’anima, sottratta alla secche in cui è stata troppo spesso relegata da
quanti hanno ceduto alla tentazione di fare di essa una specie di «modello» in scala ridotta
della Trinità e restituita all’originaria funzione di ipotesi euristica che sempre plasma il suo
profilo all’interno del capolavoro agostiniano, non smette di suggerire chiavi di lettura
interessanti in vista dell’intelligenza di un dinamismo in cui il vettore distintivo e quello
unitivo si ritrovano convenienti in un’unica theologia che proprio la perfetta relazionalità
disloca lungo la direttrice della reductio in unum mysterium.
37
«Priusquam appareret humanitas, latebat benignitas siquidem et prius erat: nam et
misericordia Domini ab aeterno est. Sed unde tanta agnosci poterat Promittebatur, sed non
sentiebatur unde et a multis non credebatur. Ecce pa non promissa, sed missa non
dilata, sed data non prophetata, sed praesentata. Ecce quasi saccum plenum misericordia sua
20 SERGIO P. BONANNI
———––
Deus Pater misit in terram saccum, inquam, in passione concidendum, ut effundatur quod in
eo latet pretium nostrum saccum utique, etsi parvum, sed plenum. Parvulus siquidem datus
est nobis, sed in quo habitat omnis plenitudo divinitatis. Postquam enim venit plenitudo
temporis, venit et plenitudo divinitatis». BERNARDO DI CHIARAVALLE, Sermo in Epiphania
Domini, 1-2 PL 183, 142-143. Ladaria (cf. l Dio vivo e vero (cf. nt. 3), 479, nt. 95) richiama
un testo in cui Bernardo sottolinea che l’impassibilità di Dio non ci costringe a pensarlo
incapace di compassione, dal momento che sue caratteristiche proprie sono la pietà e la
misericordia: «Porro impassibilis est Deus, sed non incompassibilis, cui proprium est misereri
semper et parcere». Sermones in Cantica, 26, 5 PL 183, 906.
38
J. GRANADOS, La carne si fa amore. l corpo, cardine della storia della salve a, Siena
2010.
39
« uella che in Ges viene donata è grazia filiale: e nell’orizzonte da essa dischiuso, il
mistero della divinizzazione è scoperto come processo di autentica umanizzazione, come
realizzazione “graziosa” — la sola possibile — del destino di figlio a cui ogni uomo è conse-
gnato dal giorno in cui viene al mondo». S.P. BONANNI, «Un itinerario universitario e un
cammino intellettuale. Alcune note sulla bibliografia», in Patrem consummat Filius. maggio
al . P. Luis Ladaria S. . gennaio , Roma 2012, 14.
PERFECTIOR EST UNITAS 21
tale». In Ges , l’unità del Padre «fonda l’unione dei credenti con Dio e di
questi fra loro»40.
uello che incontriamo quando incontriamo Dio, è il Dio vivo e vero. Se
non è così, quello che abbiamo incontrato non è Dio. Non lo è se non ci
accorgiamo di essere vivi e veri in lui, se non ci accorgiamo di essere, di ex
sistere per lui, con lui, in lui. In Ges , Dio viene all’uomo per sottrarlo al
rischio della dimenticanza dell’essere. Da fenomeni solitari proiettati verso
l’esito di un limite insuperabile chiamato morte, siamo fatti e ci scopriamo
Da Sein, Esser-Ci.
Esser-Ci Essere-Da, là ma il Da, il tempo, l’ora in cui insieme ci ritro-
viamo necessariamente ad essere e liberamente rimanere, è quella della gloria
del Figlio, è l’abbraccio trinitario in cui grazie alla Pasqua del Cristo siamo
sempre di nuovo ricollocati dalla forza perdonante della memoria del Padre.
Comprendiamo la verità della vita divina, solo se siamo disposti a viverla.
Troviamo il coraggio di imboccare quell’infinita via che tiene la sustan a in
tre persone, solo se ci lasciamo spingere dalla Parola e dal Soffio con cui il
Padre non si stanca di attirarci a lui.
In un vecchio film di Ingmar Bergman, Luci d inverno, il gelido bianco del
paesaggio innevato riflette il freddo esiziale provocato dal silenzio di Dio
nell’animo del protagonista, il pastore Tomas. La crisi che sta attraversando
lo rende incapace di aiutare se stesso e gli altri a sperimentare la consolazione
della fede. In una scena del film, egli si ferma di fronte al Trono di Grazia
scolpito nel legno che fa da sfondo all’altare su cui ha appena celebrato. E
osservando il Padre che tiene sospesa per la braccia la croce su cui è
inchiodato il Figlio, esclama: «che assurda immagine »41.
Davvero diventa una assurda immagine, la Trinità, se chi la osserva non
vive la verità dell’amore gratuito e incondizionato che essa testimonia.
Davvero diventa una assurda immagine, la Trinità, se non si comincia a
comprendere che proprio
chi in se stesso e nella pienezza della sua vita divina è immutabile, pu «cambiare
nell’altro», nella creatura ovvero, pu farsi uomo, diventare un’altra cosa nel
tempo. uesta possibilità non va intesa come un segno di necessità interiore, di
limite al contrario è il culmine della perfezione, che sarebbe minore se il Figlio
non potesse diventare qualcosa di pi piccolo rimanendo quello che è. Non si
tratta— osserva Luis Ladaria — di mettere in dubbio la perfezione divina e
l’immutabilità che di per s gli compete, ma di riconoscere a Dio la capacità di
uscire da s per amore degli uomini42.
———––
40
L.F. LADARIA, l Dio vivo e vero (cf. nt. 3), 461.
41
Da una scena del film Luci d inverno, diretto dal regista Ingmar Bergman titolo origi-
nale: attvardsg sterna (Svezia 1963).
42
L.F. LADARIA, l Dio vivo e vero (cf. nt. 3), 479-480.
22 SERGIO P. BONANNI
Sull’infinita via che tiene la sustan a in tre persone gli uomini possono
avanzare fiduciosi, solo chiedendo a Dio di aiutarli ad attraversare il buio del
silenzio a cui sempre rimangono esposti, in vista di un’intelligenza capace di
comprendere la sua unitas essentiae come passio caritatis come amore da cui
mai avrebbero potuto sperare di essere raggiunti se il Padre non avesse voluto
tendere le sue mani verso di loro per stringerli a s insieme al Figlio croci-
fisso.
Scrive Luis Ladaria:
L’impassibilità divina non pu essere quella di un Dio insensibile ai destini del
mondo. Sarebbero un’immagine di Dio che non corrisponderebbe a quella che ci
offrono l’Antico quanto il Nuovo Testamento. La passione dell’amore colloca il
Figlio nella sofferenza per amore nostro, e il Padre, in virt di questa stessa passio-
ne, ha pietà delle nostre sofferenze e debolezze. Così si pongono, liberamente e per
amore, in una situazione che non corrisponde alla loro grandezza. È chiaro
che la capacità di assumere la natura o la sofferenza in Dio non possono venire
dalla mancanza dell’essere o dall’imperfezione, ma dalla perfezione del suo essere.
Abbiamo detto che la pienezza dell’essere di Dio si manifesta nel suo amore, nella
donazione intratrinitaria e nella donazione ad e tra, nella creazione e soprattutto
nella salvezza degli uomini, come libero traboccare dell’amore infinito che è Dio
in se stesso. La «passione di Dio» è così la passio caritatis di cui parlava Origene,
la capacità infinita di provare compassione per chi soffre e di mettersi dalla sua
parte e al suo posto43.
———––
43
L.F. LADARIA, l Dio vivo e vero (cf. nt. 3), 478.481.
PERFECTIOR EST UNITAS 23
RIASSUNTO
ABSTRACT
The article focuses on the use of «essence» as a ord still apt to e press the truth
of unity and Trinity in God. After a concise reference to the discussion in recent
theology, the author develops his argument follo ing the thought of Luis F. Ladaria.
«Unitas essentiae» and «unitas caritatis» are the t o poles that emerge in the Latin
tradition from the quest to maintain a balance, hich ill e press the true meaning of
the Nicene homoousios. This solution is attained by giving a a particular emphasis to
the first divine person, the Father, as source of the Trinitarian life.