Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
555
1
Cfr. P. Sloterdijk, Kritik der zynischen Vernunft, Suhrkamp, Frankfurt am Main,
1983; trad. it. Critica della ragione cinica, a cura di A. Ermano e M. Perniola, Milano,
Cortina, 2013.
«Iride», a. XXVIII, n. 76, settembre-dicembre 2015 / «Iride», v. 28, issue 76, September-December 2015
556 Aldo Brancacci
L’uomo folle. Avete sentito di quel folle che accese una lanterna alla chiara
luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: «Cerco
Dio! Cerco Dio!»5.
2
Per questa distinzione, in seno alla storia del cinismo, cfr. A. Brancacci, I «koinêi
areskonta» dei Cinici e la «koinônia» tra cinismo e stoicismo nel libro VI (103-105) delle
«Vite» di Diogene Laerzio, in «ANRW», 36 (1992), n. 6, pp. 4049-4075, in particolare pp.
4066-4071.
3
Le fonti relative a Diogene e al cinismo antico saranno citate in questo articolo
secondo l’edizione di G. Giannantoni, Socratis et Socraticorum reliquiae, vol. II, Napoli,
Bibliopolis, 1990.
4
Diogene Laerzio, VI 41 (= SSR V B 272; qui, e di seguito per Diogene Laerzio, trad.
M. Gigante).
5
F. Nietzsche, Opere, a cura di G. Colli e M. Montinari, Milano, Adelphi, 1965,
vol. V, tomo II, p. 129; cfr. F. Nietzsche, Sämtliche Werke. Kritische Studienausgabe in 15
Bänden, a cura di G. Colli e M. Montinari, Berlin - New York, De Gruyter, 1967-1977, V
2, p. 158: «Der tolle Mensch – Habt ihr nicht von jenem tollen Menschen gehört, der am
hellen Vormittage eine Laterne anzündete, auf den Markt lief und unaufhörlich schrie:
“Ich suche Gott! Ich suche Gott!”».
La ragione cinica e l’arte del vivere 557
Che cosa invece sia uomo [tí dé pot’estin ánthropos], e che cosa spetti a tale
natura fare o patire, a differenza degli altri esseri, egli [il filosofo] lo ricerca [zetei]
[…]6.
9
Cfr. Diogene Laerzio, VI 40 (= SSR V B 63): «Platone aveva definito l’uomo un
animale bipede, implume, e aveva avuto successo. Diogene spennò un gallo e lo portò in
aula esclamando: “Ecco l’uomo di Platone”. Perciò fu aggiunto alla definizione: “dalle
unghie larghe”».
10
Cfr. H. Niehues-Pröbsting, Der Kynismus des Diogenes und der Begriff des Zyni-
smus, München, Fink, 1979, p. 103: «er ist der einzige Mensch wie Sokrates der einzige
Wissende».
La ragione cinica e l’arte del vivere 559
Socrate, che pure dismette tale ricerca, dichiara che in certo modo essa
continua nella forma di un servizio reso al dio, Diogene si autorappre-
senta proprio nell’attualità e nella perseveranza della sua propria ricer-
ca. E come Socrate giungerà non senza fatica alla conclusione che più di
tutti sapiente è lui, almeno nel senso che, come non sa, proprio come gli
altri, così non presume di sapere, ed è dunque superiore ad essi perché è
cosciente di non sapere11, così Diogene cerca e non trova l’uomo perché,
per il momento, l’unico vero uomo è lui, che ha rinnegato le convenzioni
e scelto la vita cinica: vita che, del resto, è l’oggetto di una personale
creazione, invenzione, costruzione, nell’ambito della sua filosofia.
L’esame di un passo importante della Politica di Aristotele può consen-
tire di conferire evidenza teorica ad alcuni tasselli fondamentali di questa
personale creazione diogenica. Si tratta di un passo che Diogene ha, pro-
babilmente, meditato, e che potrebbe addirittura, forse, alludere a lui. Va
in effetti premesso che Aristotele conosce Diogene, e a lui si riferisce nella
Retorica, dove lo chiama con il suo appellativo di «Cane»12, segno che,
all’epoca della redazione del terzo libro di quest’opera, Diogene era per-
fettamente noto ad Atene, e proprio per il suo costume anticonvenzionale
di kyon. Come ha notato Giannantoni, «ciò è del resto del tutto plausibile
in una città non grande come l’Atene del IV sec. a.C. in cui, come prova
anche il teatro di Menandro, tutti dovevano conoscersi e facile era la can-
zonatura reciproca, soprattutto mediante paragoni con gli animali»13. In
questo passo della Politica Aristotele aveva scritto:
chi non è in grado di entrare nella comunità o per la sua autosufficienza [di’
autárkeian] non ne sente il bisogno, non è parte della città, e di conseguenza è o
bestia [therion] o dio14.
Non è dubbio che Diogene, e tutto il cinismo dopo di lui, eleva pro-
prio l’autárkeia a valore supremo, e che, sposandola, la assume proprio
ponendosi nel ruolo dell’animale15. È da ricordare anche che nel passo
in questione Aristotele intende dimostrare l’anteriorità della polis ri-
spetto all’individuo: una tesi eminentemente antisocratica, che Diogene
11
Ho esaminato questa pagina platonica in A. Brancacci, Il sapere di Socrate nell’A-
pologia, in G. Giannantoni e M. Narcy (a cura di), Lezioni socratiche, Napoli, Bibliopolis,
1977, pp. 305-327. Per la traduzione di syneidenai eauto con «essere cosciente», in luogo
del tradizionale «sapere», rinvio invece al mio articolo Socrate e il tema semantico della
coscienza, in questa stessa silloge, pp. 281-301.
12
Aristotele, Retorica, III 10, 1411a24-25 (= SSR V B 184).
13
G. Giannantoni, Socratis et Socraticorum reliquiae, cit., vol. IV, p. 491.
14
Aristotele, Politica, I 2, 1253a27-29 (qui, e di seguito per tutti i passi della Politica,
trad. R. Laurenti, Roma - Bari, Laterza, 1989).
15
Cfr. U. Dierauer, Tier und Mensch im Denken der Antike. Ideengeschichtliche Stu-
dien zur Tierpsychologie, Amsterdam, Grüner, 1977, pp. 180-193.
560 Aldo Brancacci
non avrebbe potuto condividere, posto che tutta l’azione del cinismo,
e prima ancora del socratismo, in sede politica, è stata quella di tra-
sformare la polis e i suoi valori a partire da una riforma in senso etico
dell’individuo16. Progetto utopistico, forse, ma certamente coerente sia
con il senso, costantemente ribadito da Socrate, del suo ufficio, sia con
le dichiarazioni esplicitamente formulate da Diogene nella sua Repub-
blica, e poi con tutta la concreta azione, etica e politica, svolta dai cinici.
Più complessa è la situazione teorica su altri punti: Aristotele ritiene che
la polis è costituita dalla riunione di più villaggi e che la polis perfetta
è quella che raggiunge il limite della propria completa autosufficienza,
talché, sebbene nata per rendere possibile la vita, essa di fatto esiste per
rendere possibile una vita felice: un punto di vista che Diogene avrebbe
potuto accogliere, se riferito però non alla polis storica, ma a quella da
lui ridisegnata. Ancora più interessante è il seguito dell’argomentazione
aristotelica:
Quindi ogni Stato esiste per natura, se per natura esistono anche le prime
comunità: infatti esso è il loro fine e la natura è il fine: per esempio quel che ogni
cosa è quando ha compiuto il suo sviluppo, noi lo diciamo la sua natura, sia d’un
uomo, d’un cavallo, d’una casa. Inoltre, ciò per cui una cosa esiste, il fine, è il
meglio e l’autosufficienza è il fine e il meglio17.
16
Per questo, cfr. A. Brancacci, Antistene e Socrate in una testimonianza di Filodemo
(T 17 Acosta Méndez-Angeli), in «Cronache Ercolanesi», 41 (2011), pp. 83-91.
17
Aristotele, Politica, I 2, 1253a25-29.
La ragione cinica e l’arte del vivere 561
18
Aristotele, Politica, 1254b13-15: «Così pure nelle relazioni del maschio verso la fem-
mina, l’uno è per natura superiore, l’altra inferiore, l’uno comanda, l’altra è comandata».
19
Diocle apud Diogene Laerzio, VI 12 (= SSR V A 134).
20
Basti rinviare ai testi SSR V B 440-445. Si ricordino inoltre il decimo discorso di
Dione Crisostomo, Diogene o sui servi, e i Fuggitivi di Luciano.
21
Per testi e discussione, su questi temi, rinvio a S. Husson, La République de Diogène.
Une cité en quête de la nature, Paris, Vrin, 2011, pp. 105-145.
22
Sulla kynogamia cfr. G. Giannantoni, Socratis et Socraticorum reliquiae, cit., vol.
IV, pp. 565-566. Su Ipparchia cfr. W. Lapini, Ipparchia desnuda, in Id., Studi di filologia
filosofica greca, Firenze, Olschki, 2003, pp. 217-230.
562 Aldo Brancacci
28
Cfr. il béltistos logos in Platone, Critone, 46b4-6, e su di esso si veda G. Calogero, La
regola di Socrate, in «La Cultura», 1 (1963), pp. 181-196. Per il tema della vita, e del rap-
porto tra filosofia e vita, cfr. Platone, Apologia, 28b6-9, 28e5-6, 28d1, 33a1, 38a2, 38a5-6.
29
Per tutto ciò, per testi e loro discussione, rinvio a A. Brancacci, Oikeios logos. La
filosofia del linguaggio di Antistene, Napoli, Bibliopolis, 1990, pp. 119-171.
30
Diocle apud Diogene Laerzio, VI 13 (= SSR V A 134).
31
Diocle apud Diogene Laerzio, ibidem (= SSR V A 134; trad. A. Brancacci).
32
Diogene Laerzio, VI 105 (= SSR V A 135).
33
Diocle apud Diogene Laerzio, VI 12 (= SSR V A 134).
564 Aldo Brancacci
morali, se postula una radicale distinzione tra bene e male, tra i quali
tertium non datur, se esprime l’esigenza di una assoluta congruenza fra
teoria e prassi, fa emergere anche in piena evidenza il sentimento dell’in-
sufficienza del piano puramente teorico, astratto, speculativo, della filo-
sofia, e propugna invece l’esigenza di una ragione strategica, articolata
a quella realtà determinata nella quale l’uomo, di fatto, si trova a vivere.
È poi certamente da porre in rapporto con il tramonto della centralità
attica e la perdita del rilievo politico della Grecia il fatto che non solo la
polis ma proprio la realtà esterna in generale sia avvertita come insieme
estranea e aggressiva: per una molteplicità di fattori, città e vita si sono
separate, e il filosofo cinico rappresenta il soggetto che si trova per la
prima volta da solo a elaborare sintesi individuali. Egli risponde con una
complessa strategia in cui si mescolano aggressività, autodifesa, estranei-
tà, e un residuo e non sradicabile sentimento di persistente internità e
implicazione che caratterizza tutto il suo rapporto con gli uomini e il suo
approccio alla vita cittadina. Jöel aveva definito il cinico un «bastardo»,
all’interno della città, perché estraneo alla civiltà classica34; più recen-
temente, Perniola ha definito invece il cinico come un «guerriero»35;
e al riguardo credo sia giusto sottolineare, con Ferrater Mora, la sua
«potenza d’azione»36: azione diretta, semplice, insolente a volte, sempre
perentoria. Ed è di nuovo Niehues-Pröbsting che ci offre una chiave
preziosa per afferrare l’unità della complessiva costruzione che Diogene
elabora per fronteggiare la nuova realtà che s’impone al cinismo. Contro
Zeller, che aveva inteso l’autárkeia cinica come fuga dal mondo, e come
mortificatio, probabilmente da intendersi in senso hegeliano, egli l’ha
interpretata, al contrario, come strumento di «autoaffermazione» e di
«autoconservazione»: non al modo di Platone, come autoconservazione
dell’anima, bensì come autoconservazione nei limiti della physis: l’autár-
keia è una animalische Selbstbehauptung, e quest’ultima è da intendersi
proprio come la condizione per alloggiare nel mondo37.
Nel pensiero contemporaneo la discussione sulla Selbstbehaup-
tung è strettamente connessa a quella sull’istinto di conservazione, e
l’«autoconservazione» (Selbsterhaltung) è stata considerata da Blu-
menberg in un influente saggio del 1976 il principio della nuova razionalità
34
Come ricorda G. Giannantoni, Socratis et Socraticorum reliquiae, cit., vol. IV, n. 27,
p. 522.
35
Cfr. M. Perniola, Presentazione, in P. Sloterdijk, Critica della ragione cinica, cit., p.
XI: «Il filosofo è piuttosto per i cinici un uomo solo cui tutti sono ostili, un guerriero che
deve innanzitutto difendersi».
36
Cfr. J. Ferrater Mora, Cyniques et Stoïciens, in «Revue de Métaphysique et de Mo-
rale», 63 (1957), pp. 20-36, in particolare pp. 20-24.
37
Cfr. H. Niehues-Pröbsting, Der Kynismus des Diogenes und der Begriff des Zyni-
smus, cit., pp. 148-158.
La ragione cinica e l’arte del vivere 565
38
H. Blumenberg, Selbsterhaltung und Beharrung. Zur Konstitution der neuzeitlichen
Rationalität, in H. Ebeling, Subjektivität und Selbsterhaltung. Beiträge zur Diagnose der
Moderne, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1976, pp. 144-207, in particolare p. 146. Per la
successiva, diversa posizione assunta da Blumenberg, con la distinzione tra «autoconser-
vazione» (Selbsterhaltung) e «autoaffermazione» (Selbstbehauptung), e la diversa connota-
zione concettuale attribuita a queste nozioni (per cui la prima vale come una sorta di do-
tazione antropologica di fondo laddove la seconda è riferita allo scarto storico introdotto
dalla modernità), si veda tuttavia il capitolo Assolutismo teologico e autoaffermazione uma-
na, in La legittimità dell’età moderna, a cura di Cesare Marelli, Genova, Marietti, 19922.
39
Su di esso cfr. almeno C. Brink, Oikeiosis and Oikeiotes. Theophrastus and Zeno
on Nature in Moral Theory, in «Phronesis», 1 (1956), pp. 123-145; T. Engberg-Pedersen,
The Stoic Theory of Oikeiosis, Moral Development and Social Interaction in Early Stoic
Philosophy, Aarhus, Aarhus University Press, 1990; M.-A. Zadgoun, Problèmes concernant
l’oikeiôsis stoïcienne, in G. Romeyer Dherbey e J.-B. Gourinat (a cura di), Les Stoïciens,
Paris, Vrin, 2005, pp. 319-334.
40
Cfr. M. Foucault, L’ermeneutica del soggetto. Corso al Collège de France (1981-
1982), Roma, Feltrinelli, 2003, e inoltre Id., Histoire de la sexualité III. Le souci de soi,
Paris, Gallimard, 1984; trad. it. La cura di sé. Storia della sessualità 3, Milano, Feltrinelli,
1985.
566 Aldo Brancacci
condizione fisica e la forza sono gli elementi fondamentali per la salute dell’anima
e del corpo. Portava delle prove per dimostrare che l’esercizio fisico contribuisce
alla conquista della virtù. Egli osservava che sia gli umili artigiani che i grandi
artisti avevano acquistato notevole abilità dal costante esercizio della loro arte, e
che gli auleti e gli atleti dovevano la loro preminenza a un assiduo e travaglioso
impegno. E se costoro avessero trasferito il loro impegno anche all’anima, avreb-
bero conseguito risultati utili e concreti. Sosteneva perciò che nulla si può otte-
nere nella vita senza esercizio, anzi che l’esercizio è l’artefice di ogni successo41.
41
Diogene Laerzio, VI 70-71 (= SSR V B).
La ragione cinica e l’arte del vivere 567
42
Cfr. D.R. Dudley, A History of Cynicism. From Diogenes to the 6th Century A.D.,
London, Methuen, 1937, pp. 110-116; J. Roca Ferrer, Kynikòs tropos. Cinismo y subver-
sion literaria en la antiguidad, Barcelona, Ariel, 1974.
43
Cfr. M. Foucault, Le courage de la vérité. Le gouvernement de soi et des autres II.
Cours au Collège de France (1984), a cura di F. Gros, Paris, Seuil-Gallimard, 2009, pp.
177-295.
44
Cfr., rispettivamente, Diogene Laerzio, VI 105 (= SSR V A 135) e Id., VI 29 (= SSR
V B 297).
568 Aldo Brancacci
Lodava quelli che stavano per sposare e non sposavano, quelli che stavano
per intraprendere un viaggio marittimo e vi rinunciavano, quelli che stavano per
dedicarsi alla vita politica e non vi si dedicavano, quelli che volevano crearsi una
famiglia e non se la creavano, e quelli che s’accingevano a vivere insieme con i
potenti e poi se ne astenevano45.
Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli
che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se
non piangessero, e quelli che godono come se non godessero; quelli che com-
prano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne
usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo46!
45
Diogene Laerzio, VI 29 (= SSR V B 297).
46
San Paolo, Prima lettera ai Corinzi, 7, 29-31. Su questa ripresa, cfr. R. Penna, San
Paolo (1 Cor. 7,29b-31a) e Diogene il cinico, in «Biblica», 58 (1977), pp. 237-245.
47
Il tema è celeberrimo: basti ricordare Platone, Apologia di Socrate, 40b-c.
48
Da notare che anche il tema del mondo come «scena» è cinico-democriteo: per il
cinismo, il riferimento è a Monimo, su cui cfr. Sesto Empirico, Adversus Mathematicos,
VII 87-88 (= SSR V G 2).
49
Sul tema dell’attore nella tradizione socratica e cinica cfr. A. Brancacci, L’attore e il
La ragione cinica e l’arte del vivere 569
cambiamento di ruolo nel Cinismo, in «Philologus», 146 (2002), pp. 65-86. Per il paragone
dell’attore nello Stoicismo, cfr. invece V. Goldschmidt, Le Système stoïcien et l’idée de
temps, Paris, Vrin, 1979, pp. 176-186; A.M. Ioppolo, Aristone di Chio e lo stoicismo antico,
Napoli, Bibliopolis, 1980, pp. 188-202.
570 Aldo Brancacci
Aldo Brancacci, Dipartimento Studi di Impresa Governo Filosofia, Università di Roma «Tor
Vergata», Via Columbia 1, 00133 Roma, aldo.brancacci@uniroma2.it.