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WELLESLEY COLLEGE

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Horsford Pund

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tristica e nella Scolastica


^peta premiata Dalla
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Ci

Cerino 1909

Dott paolo

IRotta

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linguaggio

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tristica e nella Scolastica


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tToctno 1900

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jfrancesco

Ifiovati

nel 6U0 (BiubUeo ITlnivereitario

con animo
riconoscente e evoto

iRovcmbre 190S

INDICE

Prefazione
Parte
I.

pag. XI

la

speculazione del linguaggio

NELLA FILOSOFIA GRECA

Capitolo

La filosofia dei linguaggio presocratica e platonica

....

pag.

Sommario

La
e

filosofia
in

del

linguaggio

in

Pitagora, negli Eleatici, in


sulla parola nel periodo

Democrito ed
sofistico

Eraclito.
significato.

Le ricerche
Il

loro

Cratilo di Platone in rapporto al

La tesi fo .damentale del Cratilo suo valore storico e filosofico. ed argomenti diretti ed indiretti in appoggio ed a confutazione di essa. Critica di tali argomenti.

Capitolo

II

La filosofia

dei linguaggio nella

speculazione
Sommario
:

dopo Platone
di

pag. 30

La speculazione

del linguaggio nelle scuole socratiche mi-

nori ed in Aristotele.

Punto

contrasto

in

proposito tra Platone

ed Aristotele.
speciale alla

linguaggio
filosofia

del

La dottrina del linguaggio degli Stoici con riguardo Le nuove vedute sull'origine del teoria del Xsxtv. La degli elementi naturali della parola in Epicuro. commentatori linguaggio negli Scettici, gli Eclettici,

di Aristotele,

Filone ed

Neoplatonici.

Parte IL la filosofia del linguaggio nella

patristica

Capitolo

III

La

filosofia del linguaggio nella

Patristica

pag. 67

vili

INDICE

Sommario

linguaggio non

Motivi generali e particolari per cui una vera filosofia de 1 si svolta nella Patristica. La questione storica della lingua primitiva quale fu posta dai Padri. L' opinione della priorit della lingua ebraica ed argomenti pr e contro la mede:

sima.

La questione dell' origine divina ed


Contesa
tra

umana

del linguaggio.

Soluzione platonica- stoica del problema sulla natura della parola. Come fu spiegato 1' intervento divino nella produzione del
scorso umano.

di-

Eunomio

Gregorio

di Nissa.

Capitolo IV

La filosofia

del linguaggio in

rapporto alla psicologia patristica


Sommario
Il
:

pag.

95

La questione
dell'

del linguaggio ne' suoi rapporti psicologici.


e
la

linguaggio

uomo

manifestazione

dei

sentimenti nei

bruti.

Elementi fisiologici nella produzione dei suoni. Elementi psicologici del linguaggio e loro rapporto colle facolt dell' anima. li sermo Rapporti tra interior secondo la Patristica.

linguaggio interno ed esterno, e rapporti tra pensiero e parola.

La

questione del linguaggio ne' suoi rapporti morali.

Parte

///.

la filosofia del linguaggio nella

SCOLASTICA

Capitolo V

La

filosofia del linguaggio

ed

suoi

rapporti

colla

logica in

genere e colla questione degli


universali
SOMMARIO: Carattere
in
ai

in

ispecie

pag. 121

specifico di differenza tra Patristica e Scolastica

riguardo

al

nostro argomento.
di

di

Il

posto della logica

in

rapporto

programmi

studio nelle scuole medievali, ed alla conoscenza delle

dipendenza tra logica e filosofia Le speculazioni in proposito di Fortunaziano, Marciano Capella, Giovanni Damasceno, Boezio, Alenino, Isidoro, Scoto Erigena. La questione degli universali e suo rapporti colla logica in genere e col problema del linguaggio in ispecie. La speculazione pi elevata di S. Anselmo, Abelardo, Giovanni di Salisbury, Gilberto della Porretta, Adelardo di Barth, Ugo
di Aristotele.

opere

Rapporti

del

linguaggio

nella

Patristica.

di S. Vittore, S.

Tommaso,

Pietro Ispano.

INDICE

IX

Capitolo VI

La

filosofia del linguaggio in

rapporto alla psicologia ed alla


metafisica scolastica
S0MA4ARI0
Il
.
.

pag. 183
uomo
rap-

problema
di

delle origini del linguaggio nell'

porto alla scienza


Scolastica in

Adamo.
alla

- Rapporti
S.

in

tra pensiero e parola nella


di S.

relazione

teoria

dell'Occam.
tro

Le speculazioni
S. e

gnoseologica

Tommaso

del linguaggio in Alberto

Lombardo, Scoto, Occam,

Bonaventura,

Magno, PieTommaso, Dante Alighieri, Duns

Ruggero Bacone.

Conclusione

pag. 245

PREFAZIONE
//

presente

lavoro fu presentato e premiato al

Concorso
dalla

bandito

nell'anno 1906 per

ranno 1907

Societ

reale di Scienze Morali e Politiche di


il

Napoli. Era la terza volta che


del

tema

La

filosofia
,

linguaggio nella Patristica e nella Scolastica

veniva proposto dalla suddetta societ, la quale ben

due

volte

aveva dovuto dichiarare che nessuna

delle

memorie presentate meritava premio. Riproposto per V anno 1907 con


moria,
che,
altri

due temi, questa nostra me-

anonima, era allora contrassegnata dal


:

motto del Petrarca

Pulcra movent oculos, sed pro-

sunt apta fruenti, /w dichiarata meritevole del premio,


il

quale per nella sua entit materiale fu per met

attribuito

ad

altra

memoria,

in cui era

trattato

un

altro dei tre temi

a concorso.

La commissione esaminatrice era formata da Francesco D' Ovidio, Filippo Mosci, ed Iginio Petra ne
relatore,
il

quale,

dopo aver esposto

motivi per cui

non potevano premiarsi

gli altri lavori presentati sul


trattato, in merito al nostro

medesimo

tema da noi
^) ;

cosi si esprime

Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli, Rela1) Reale zione del Socio Iginio Patrone sui concorsi a premi del 1906, Napoli 1908, pag. 19 e sgg.

XII

PREFAZIONE

Pi fausto giudizio
re della terza

guaggio.

la commissione pu esprimememoria anonima sulla filosofia del lin segnata colle parole Paler movent

oculoSj sed prosimi apta fruenti, ed un manoscritto

che numera 164 pagine di formato grande,


teri
fitti

in carat-

e cos

poco
1'

chiari,

da sembrar quasi una


lettori.

spensierata sfida alla pazienza dei

Per fortuna

affanno dell' averlo letto com-

pensato neir insieme dalla bont del contenuto.

Comincia dal

trattar di

proposito della specula-

zione ellenica sul linguaggio, esorbitando dal tema


cui poteva

convenire

solo un breve e lucido riasil

sunto

delle speculazioni classiche,


il

quale fissasse

bene

punto

di

partenza del lavorio medievale.

Ma
a

tratta

molto bene
specie
i

il

soggetto che non era

tenuto
nel

trattare,
e,

delle dottrine di Platone

Cratilo,
gli

sebbene

lavori del

Bonghi
di

e del

Gussani
orientarsi,

abbiano dato un aiuto efficacissimo ad

mostra

una larga conoscenza

opere

straniere.

La disamina che

fa di poi della filosofia del

linguaggio nella Patristica e nella Scolastica attesta


larghissima informazione,

acume
soda

sufficiente neir in-

terpretare e neir argomentare

dottrina.

V autore

ha visto
del

direttamente

il

carattere storico espositivo


in

tema
del
e

ed ha serbato fede

complesso all'asalla Patristica

sunto.
tratta

Nei due capitoli che consacra

problema
dibattuto

storico delle origini,

come

fu

posto

dai Padri, e discorre della psi-

cologia patristica e tratta del sermo interno e dei rapporti


fra

linguaggio

interno ed esterno e tra pen-

PREFAZIONE

XIII

siero e parola.
fatto,

E V esposizione ed
e

il

discorso ben
1'

ed

raccolto

connesso secondo
la

ordine

della materia e

secondo

successione del tempo.

Nei due ampi capitoli che seguono e che forparte del volume,
1'

mano una buona mezza

autore
del
il

tesse r esposizione e la disamina della filosofia

linguaggio nella Scolastica, chiarendo assai bene

perch
dante
le

ed

il

come
saldati

destini della filosofia riguar-

parole sieno, nella tradizione della scuola,


e
e

intrecciati
dialettica,

con

quelli della logica e della


la

vedendo da vicino

connessione

di

quella filosofia col problema degli universali.

Indugia quindi neir analisi dei rapporti

fra

pen-

siero

e parola specie in riferimento alla teoria


di S.

gnoAl-

seologica
il

Tommaso,

e dell'
sul

Occam, ed espone
linguaggio
in

processo delle speculazioni

Magno, Pietro Lombardo, S. Bonaventura S. Tommaso, Duns Scoto, Occam e Ruggero Bacone.
berto

In tre

pagine

finali

accoglie

in

forma schema-

tica

brevi,

ma

plausibili conclusioni generali sug=

geritegli dal dibattito del tema....

Intercalate

ed aggiunte nella relazione


dei

si trova-

vano alcuni appunti,


completo. Sopra

quali si

tenuto calcolo

prezioso per rendere questo nostro lavoro pi degno e


tutto
si

colmata

la lacuna, cos

giustamente notata nella prima

redazione, per non


lin-

aver noi fatto cenno della dottrina di Dante sul

guaggio, dottrina, come ha

scritto

il

D' Ovidio, non

da semplice poeta n affidata solo

al divino

poema.

XIV
Abbiamo
sia
il

PREFAZIONE

perci cercato di mettere in evidenza quale

pensiero fondamentale svolto dall' Alighieri in aldelle

cune

sue opere

minori, e specialmente nel

De

vulgari
lucida
e

eloquio,

approfittando per tale intento della

perspicace memoria scritta in proposito dal


stesso.

D' Ovidio
In
di

quanto poi air aver dato sviluppo forse pi


che si sarebbe aspettato alla speculazione
,

quello

del linguaggio
lenica,

quale si intessuta nella filosofia

el-

siamo ancora del parere che


delle origini e della

ci era necesil

sario,

essendosi appunto determinato in quella ed

problema
e

natura del linguaggio

quelle

sue soluzioni, intorno a cui non poco si

affaticata la riflessione dei Padri e delle scuole.

Per

ci tenendo

sotf occhio gli ultimi lavori del

Lersch, dello Steinthal, del Susemihl, del Bonghi^ del

Giussanij del Prantl, del Chaignet, dello Zeller

e di altri

abbiamo anzi

in

questo rifacimento del nostro allar-

gato di un po' quanto gi era contenuto nella me-

moria manoscritta, cercando anche per quella parte,

come per
lato

tutto

il

resto, ove ci

siamo studiati da un
il

di

rendere pi raccolto e preciso


di metterlo

discorso, e

dalV altro
le

maggiormente

in raffronto

con

speculazioni ulteriori, di raggiungere quel termine


di

ideale

perfezione, a cui, per parere stesso della


ci

Commissione, che
stra

ha giudicato,
pregi
di

la

memoria nogi

per

suoi

notevoli

tanto

era

vicina.

Intanto
ringraziare

approfittiamo

di

questa

occasione per
illustri della
ci

un'altra

volta

ancora gli

Commissione, che con tanta benevolenza

hanno gi-

PREFAZIONE

XV

dicato,

ben

lieti

dichiarandoci se anche per essa si


nelle

sar

di

un po' chiarito

sue ragioni storiche

quel problema del linguaggio che Origene fin da' suoi

tempi giudicava profondo ed impenetrabile,

e che

il

Du-Bois-Reymond or sono pochi anni chiamava uno


dei sette enigmi del genere

umano.

DOTT. Paolo Rotta


Professore di Filosofia nei

RR.

Licei

PARTE
La speculazione

I.

del linguaggio

nella filosofia

greca

Capitolo

I.

La

filosofia del linguaggio presocratica

e platonica
Sommario
La filosofia del linguaggio in Pitagora, negli Democrito ed in Eraclito. Le ricerche sulla parola
:

Eleatici, in

sofisiico

loro

significato.

nel periodo

Il

Cratilo di Platone in rapporto al

suo valore storico e filosofico. La tesi fondamentale del Cratilo ed argomenti diretti ed indiretti in appoggio ed a confutazione
di essa.

Critica di tali argomenti.

La questione
linguaggio
greca,

dell' origine
s'

della
alla

natura

del

ben
che

presto

impose

speculazione
il

certo

pi presto di quello che non creda


la

Croce 0,
volta
in

vorrebbe
Sofisti.

discussa

per

la

prima

Grecia dai
ionico,

certo che nell'antico

ilozoismo
la

come

in

genere

in

quasi tutta
d'

filosofia

presocratica,

una discussione

ordine

cos psicologica, quale poteva essere quella riguar-

dante

il

linguaggio, difficilmente avrebbe per s potuto


:

trovar luogo

quei filosofi
desiderio
il

infatti,

preoccupati prin-

cipalmente

dal
la

di

conoscere quale fosse


e
l'

r origine,
delle

causa,

principio

ultima realt

cose,

che cosa cio rimanesse sempre immu-

1)

B.

Croce, Estetica come scienza

dell'

espressione e linguistica

generale. Parte U, Storia, Milano -Palermo -Napoli, 1904, pag. 173.

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

labile
di

ed identico a se stesso nelle


e
di

infinite

vicende

nascimenti
di

morti,
alla
la

non avrebbero trovato


loro

modo
piena

connettere
fiducia

speculazione,

cos

della
si

che

realt fosse cos

come

essa
casse

presentava allo sguardo, alcunch che toc-

tanto

davvicino

le

condizioni soggettive del


essere
la

sapere,

come poteva appunto


occup
e

questione

del linguaggio, ed iniziasse cos quella critica della

conoscenza, che

preoccup poi tanto


in poi.
- dialettico,

il

pensiero ellenico dai Sofisti e da Socrate


Il

periodo per psicologico


Sofistica

affermadelle

tosi colla

come reazione spontanea


1'

forze

della subbiettivit contro

abuso
tratto,

delle forze
e

dell' oggettivit,

non sorse ad un
1'

come da

una parte verso


profondo

avvenire noi vediamo che di tale


i

mutamento

Sofisti

non hanno ancora


verso
il

coscienza scientifica,

dall' altra

passato noi

sappiamo che

indizii di ricerche psicologiche, fatte

an-

cora senza uno scopo diretto,


lazioni d' ordine
intrecciate
e

ma
e

subordinate a specusi

cosmologico

cosmogonico,

sono

cosmologismo pitagorico, e nel!' ontologismo eleatico, e nel dinamismo eracliteo, e nel mecanismo democriteo; naturale quindi che
nel

accenni
del

speculazioni
gi
nei

suH' origine
sistemi

e sulla natura

linguaggio
oltre
^),

presocratici teste

citati,

che

nelle

vaghe espressioni dei primi


in

poeti

si

possano per quanto faticosamente ed


incerto rintracciare.

modo ancora

1) Cfr.

Cratilo, 391 D. E, 392 A,

e segg.

PRIMA DI PLATONE

Pitagora,

che

per

la

storia

della filosofia

ha

grandissima importanza
il

per
di

aver egli preconizzato


V essenza
al

principio
in
i

platonico

stabilire

delle
si-

cose

qualche cosa

di

pensato, sicch

suo

stema
le

numeri
davanti

stanno
al fatto

come

al

sistema platonico

idee,

meraviglioso del linguaggio

gi deve
raviglia
la
^),

aver provato quel senso profondo di me-

che per se stesso impulso a soddisfare

curiosit

ed

creare

la

scienza. Pare che egli

inclinasse

all'opinione, sostenuta pei,


nel dialogo platonico,
i

come vedremo
lui

da Cratilo
il

che da

prende

nome, che
necessario

vocaboli hanno un significato naturale


e

"-),

che credesse

opera
dei

singola di

uomini

sapientissimi

V imposizione

nomi

alle

cose

^),

per

quanto

non mancano

dati per credere

1) Si tratta di quella meraviglia, di cui parla per es. con tanto entusiasmo Galileo nel dialogo dei massimi sistemi, in cui si dice che il linguaggio il sigillo di tutte le ammirande invenzioni umane (Cfr. A. De MARCHI, Origini e vicende dell' alfabeto, Milano 1908, pag. 4).

2)

Si

detto

pare,

che

le

notizie riferentisi alle spiegazioni date

da Pitagora sul linguaggio si trovano nel neoplatonico Proclo, il quale, come dice il Bonghi, ha avuto cura di accompagnarle con spiegazioni, che sentono di un pitagorismo molto posteriore al filosofo di Samo
(Cfr.

R. Bonghi, Dialoghi di Platone, Voi. V. Il Cratilo, Roma 1885, Proemio, cap. V. pag. 136). anzi in base a ci che contrariamente a quanto afferma il Rothenbiiecher (A. Rothenbuecher, Das System dar Pyfliagoreer nach den Angaben des Arisi. Berlin 1867, li. pag. 592) lo Zeller (E. Zeller, Die philosophic der Griechen 1, 450) nega che gli inizi

delle

ricerche
di

linguistiche

si

debbano
i

riferire

a Pitagora. Anche

l'

asi

serzione
Pitagorici

Simplicio {Catcg. Scliol. in Arisi. 43, b. 30) secondo cui

avrebbero fatto nascere


per
ogni

nomi

cf

uos'. e

non

issasi,

non

rico-

noscendo

cosa

che

un solo nome indicato


cit.
I,

dalla sua natura

dallo Zeller dichiarata di nessun valore e da attribuirsi alle categorie

falsamente attribuite ad Archita (E. Zeller, op.


3) Cfr.

450, nota 2).


liist.

CiCEROMS, Tusecnl.

\,

25, 62,

ELLENO, Var.

IV

17.

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

che
dei

fra

Pitagorici stessi

si

pensasse che inventrice

vocaboli
la
o-/Yj

un' attivit spirituale diffusa in tutti,

cio

concepita

come un

ricettacolo d'

imma-

gini e quindi di vocaboli, che


in

sono appunto immagini,

contrapposto
e di cose

al voc,

concepito come ricettacolo di

tipi

').

Evidenti
sulla

allusioni

a speculazioni degli Eleatici


si

genesi

del

linguaggio
~),

trovano
pili

nel

teste

citato dialogo di Platone


tizie

mentre

precise no-

abbiamo

in

proposito
contro
la

intorno

al

pensiero di
di

Democrito,
Pitagora, e

che,

probabile sentenza

come vedremo anche


il

di Eraclito, sosteartificiale

neva essere
l'

linguaggio invenzione

del-

uomo
la

''),

invenzione,

per
s

non gi

arbitraria e
'^

causale

^),

ma

sibbene

razionale e necessaria
gli

che

natura stessa ha costruito


^).

organi pi

atti

a quello

1)

2) 3)

Cfr. Bonghi, op. cit. pag. Bonghi, op. cit., pag. 134.

137.

Bonghi

op.

cit.

pag.

146,

cfr.

G. B. ZOPPI,

La

filosofia della

grammatica, Verona
4)

1891, pag. 32
si

Democrito cos

esprimeva

" AvS-ptOTio'.

X'r/r^c,

s'iocoXov
17,

7i?vaavxo upcpaaiv

ITiC,

po'jXTic:.

(Dem, fras-. mor.

ediz.

MuUach. pag. 167, e 383.) 5) cco le precise parole


p^[ia
y-riQ-

di

Democrito (Fra^. phys. 41); Oov

iidxTjV
(Cfr.

yrfvzza,'.,

XX
cit.
I.

-iidvza
-

% Xyou ts xal

bTz'

va";'-

Bonghi,
la

op.

cit.

pag. 358
807.
il

359).

6) Cir. E.

Zeller, op.

Ha senza dubbio ragione


e

lo

Zel-

ler di

notare

contraddizione tra

disprezzo mostrato da Democrito


tale

per
tanta

qualsiasi

concetto teleologico,

corrisponden za da

lui

con

compiacenza notata tra organi e funzioni. Tale contraddizione per non ci pu far dubitare dei testi, da cui il teleologismo democriteo
ci
si

rivela.

PRIMA DI PLATONE

Negli
riportano
i

scolii

al

Cratilo,

attribuiti

Proclo,

si

quattro argomenti su cui Democrito ala tesi

vrebbe appoggiata
sarebbero
vocaboli
;
:

di cui si
si

discorso

essi

cose diverse
pii

denominano cogli
si

stessi

vocaboli
:

si

adattano a significare una

stessa ed unica cosa


i

vocaboli

mutano

non
Il

tutti

vocaboli danno luogo agli stessi derivati.

Bon-

ghi

per

con quel suo


pii

solito

acume, che

fa di lui

uno dei
pensiero
di

esaurenti

interpreti e dilucidatori del

ellenico,

che abbia relazione coi dialoghi


che
tali

Platone,
essere

dimostra
stati
si

argomenti non pos-

sono
per

veramente

di

Democrito

certo

che

questi

occupato

dell' origine del si-

gnificato dei vocaboli, ed ha ad esso assegnata una

ragione pur

r indirizzo

non oggettiva espressa nella natura, come del suo mecanismo potrebbe far

supporre,
dell'

ma

sibbene soggettiva, posta

nel!' arbitrio

uomo,

tale

sua

tesi

appoggiando sopra alcune


le

osservazioni

concernenti

relazioni rispettive dei

vocaboli, considerati nel loro uso, se non cos esplicite

come

quelle

indicate

dallo scoliaste e da noi

poco

sopra

ricordate,

certo

per non troppo

da

esse diverse.

Non meno
culazioni
scorre.
di

importanti

devono essere
argomento,

state le spedi cui si didi

Eraclito
il

sull'

noto come
per
il

tenebroso pensatore
in

Efeso

abbia forse

primo

modo

esplicito saputo

innestare al problema cosmogonico, che,


detto,
oltre

come
il

si

era

allora

il

fondamento
il

per ogni

scuola,

che

1'

antropologico ed

morale, anche

pro-

blema gnoseologico, che

egli risolveva nel

senso

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

che
ci

bisogna prescindere dai dati dei sensi,

quali

danno

le

sole apparenze

ci che importa la

conoscenza razionale

dell' universale,

cio dell' ar-

monia
usare

dei contrasti, la Sixyj


le

od

il

xoiv? \ry(oc,

per

parole stesse di Eraclito, hi rapporto ed in

effetto di tale

soluzione

come poteva

Eraclito risol-

vere

la

questione della natura del linguaggio ? Eviegli

dentemente

non poteva che affermare che


mostrano
^),

nomi
essi

in

fondo

la

natura

delle cose

da

significata
si

che unico studio, che sui voquesta natura,

caboli

pu

fare, si di scrutare
la

che

appunto

cognizione

razionale
:

nascosta

sotto le parvenze diverse dei suoni

questi

adunque
il

entrerebbero nella grande corrente del tutto, mentre

loro significato profondo la realt di carattere razionale,


in

cui

verrebbero

ad

identificarsi
dell'

contrarli

come
^acro

nella ragione

suprema
da

essere

-)

Pur troppo,

dati gli scarsissimi


lui

frammenti del

poema
le

di Eraclito,

stesso,
di

secondo

la

leggenda,

deposto

nel

tempio

Diana quasi

allo

scopo che

proprie opinioni non venissero diffuse,

noi per nulla sappiamo per quale processo dialettico


Eraclito abbia cercato di dimostrare quanto sopra
:

se

dovessimo

riferire

lui

tutto

quanto

il

suo se-

1)

Anche
cui
s'
il

lo Zeller

nione del Lassalle,

che

quantunque non creda, contrariamente all' opisi debba riferire ad Eraclito la dottrina, seci

condo

nome

delle cose

rivela le loro origini,

riconosce per

accorda perfettamente colle altre dottrine del grande filosofo di Efeso (cfr. E. Zeller, op. cit. I. 659). 2) Cfr. in proposito LASSALLE, Die Philosophie Herakleitos des
che essa

Dunkeln, Berlin

1858, H. part. pag. 412.

PRIMA

DI

PLATONE
espone per

guace Cratilo
conchiudere

nel dialogo platonico

ri-

battere r opposta sentenza di

Ermogene, dovremmo
anche
;

che gi Eraclito era abbastanza pene-

trato neir analisi dei vocaboli per dimostrare

con essa
che

punti fondamentali delle proprie dottrine

anche qui per dobbiamo convenire col Bonghi

^)

ben

difficile,

se

non impossibile, discernere


attribuire al

quanto
to

di ci si

debba

maestro e quan-

allo scolaro

frammenti del

; comunque poema della

suU' appoggio di alcuni

natura di Eraclito, e so-

prattutto in base ad un passo dell' interessantissimo

commento
si

di

Ploclo

al

Parmenide platonico,

in cui

afferma che

come

della scuola eleatica era proprio


il

r insegnare
condurre
ni
i

mediante concetti, e della pitagorica


cognizione degli
enti

alla

mediante nozio-

matematiche, cos era

di Eraclito la via
la

mediante

nomi

^),

si

pu conchiudere che
V analisi

ricerca della
delle

realt

mediante

etimologica

parole

gi da

Eraclito stesso era stata iniziata e condotta

buon

punto. Naturalmente nel sistema eracliteo,

1)

Cf.
ci

Bonghi

op.

cit.

pa^. 140.

Lo

Zeller (op.

cit.

I.

659, note 2
le

3)

pare troppo radicale nel negare qualsiasi rapporto tra


quali appaiono formulate da Cratilo nell'

dot-

trine sul linguaggio

omonimo
;

dialogo di Platone, e quali a lui sono riferite oltre che da Proclo nel passo citato pi avanti, anche da Ammonio {De Interpr. 24 b 30 b), ed Eraclito stesso. Sar difficile distinguere quanto si deve al maestro
e

quanto

agli scolari suoi, in ci

conveniamo
le

col Bonghi,

ma

negare a

priori
testi

qualsiasi
precisi

rapporto

lecito

ci

pare eccessivo, perch nella deficienza di

non

anteporre

negazioni nostre alle afferma-

zioni degli antichi,

perci che oltre checol Bonghi noi andiamo d' ac-

cordo

in proposito anche collo Schuster (P. Schuster, Heraklit von Ephesus, Leipzig 1873, pag. 318 esgg). 2) Procli, Comm. ad Parm. Ediz. Stallbaum, pag. 479.

10

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

come
r idea
per,

Cratilo

stesso

riconosce
di

nel rispondere alle


^),

incalzanti
di

domande

Socrate
ai

non era esclusa


quale

un qualcheduno, che
di

vocaboli abbia dato


il

origine,

una specie cio


la

di legislatore,

date

concezione

panteistica
il

del

dinamiil

smo fenomenista
stesso

eracliteo, per cui

fuoco
di

dio

mutantesi
a
lui

ovunque

in grazia

un' energia

intrinseca

stesso, energia che anche intelaltro

ligenza,
no, neir
si

non poteva essere


anima
del quale

che

1'

essere

uma-

appunto

tale

fuoco divino

conserva nella sua forma pi pura.

La questione
essa
della sfera

della natura e delle

forme del

lin-

guaggio divenne per cos


discese neir ordine dell'
Sofisti.

dire d' attualit,

quando

serena delle speculazione astratta


utilit

pratica per opera dei

noto quale sia stato il significato del movimento sofistico, e come in esso e per esso dal relativismo
logico,

che suonava

la

pi grande sfiducia

nella soluzione del

problema
con

della

conoscenza

di se

stesso, impostosi allora


si

tutta la

sua importanza,

sia

ben tosto
bene
s'

arrivati al relativismo morale,


di

che
quei

tanto

accordava colle condizioni


il

tempi, nei quali in Atene, divenuto

cervello della

Grecia,

ribollivano
in

sfrenatamente

le

ambizioni

di

raggiungere
si

qualunque

modo
tutte

primi posti, sicch


i

vide tosto
delle

la critica

pratica infrangere
e

sacri le-

gami
di

tradizione,
sciogliersi

o quasi

le

abitudini
al libero

pensiero

per

lasciar

posto

1) Cfr.

Cratilo 431. D.

PRIMA

DI

PLATONE
parole ed

11

esame.

La

convenienza
s'

di

studiare

le

il

linguaggio allora

impose come uno


dell'
in

dei

mezzi per
:

raggiungere

lo

scopo pratico
Platone

esistenza

di ci
^),

abbiamo testimonianze concordi


Isocrate
'')

Senofonte

in

ed

in

),

il

primo dei quali anzi

dichiara che tale studio era fatto tutto a scapito delle

vera ricerca degna di


In

filosofi.
l'

ordine
dai

al

pensiero, quale fu
nelle

indirizzo sesul lin-

guito

Sofisti

loro

speculazione

guaggio ? Anche qui per rispondere noi dobbiamo


soprattutto interrogare Platone. Le due sentenze gi

considerate di Pitagora e di Eraclito da una parte,


e di

Democrito
in

dall' altra

ormai tenevano

il

campo,

come

fondo intorno ad esse

tutte la discus-

sione di Socrate nel Cratilo platonico, cos intorno ad

esse deve essersi svolta V investigazione dei Sofisti,


in

senso realistico, come vedremo, quella,

in

senso

nominalistico questa. Gorgia poteva ben meravigliarsi

come mai mediante suoni


colori
e

si

potessero significare

cose non udibili


e

""),

molto probabilmente

Ippia

d' Elide,

non

lui

soltanto, approfondire lo
delle lettere e dei ritmi,

studio

delle

due teoriche

quali saranno poi svolte anche nel Cratilo di Platone,


e di cui Aristofane prender occasione per aggiungere

un

altro

dileggio al Socrate, quale dipinto nelle

1)

Senofonte, De venatione,

13.

2) 3)

ISOCRATE, De permutatione, 48. Platone Euthyd, 305 A. Cfr. in proposito

Prantl, Geschiclite
Didot) cap. 56

der Logik, Leipzig 1855, Voi. I, pag. 11. 4) Gorgia in De Xenoph. Mei. et Gorg.
Cfr.
:

(in Arist. ed.

B.

Croce, op.

cit.

pag. 173.

12

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Nubi.

^),

Protagora e Prodico
il

si

trovavano ancora

alle

prese col problema se

linguaggio fosse per

natura o per convenzione.

Di Prodico

Socrate nel

Cratilo

ricorda due

scritture, in cui si discorreva del

perch e del come


in

del
di

significato dei vocaboli

-),

ed

parecchi passi

Platone
di

^)

viene sottilmente derisa V arte di Proil

dico

distinguere quelli non gi secondo


il

con-

cetto di una somiglianza reale tra

suono

e la

cosa

espressa,

sicch

ogni vocabolo sia appropriato ad

esprimere

un

solo oggetto e non altro che quello,

ma

sebbene, secondo una felicissima induzione del


^)

Bonghi

pienamente conforme

all'

indirizzo generale

della Sofistica tutta quanta, in relazione al semplice

uso delle singole parole, sicch


che
la

lecito

conchiudere
il

Prodico
in

traesse

appunto
a

dell'

uso

motivo e

ragione

genere del significato dei vocaboli.


proposito della questione
l'

Protagora invece,

del linguaggio, segu ed approfond


di

indirizzo stesso

Eraclito,

del

quale
in

in

fondo
all'

si

pu

ritenere

un

seguace non solo


stiamo trattando,

rapporto
in

argomento,

di cui

ma anche

genere per tutta quella

sua

concezione

relativistica-scettica,
al

che deriva-

zione legittima della risposta data

problema gno-

seologico

da

Eraclito

stesso

^).

L' etimologizzare,

1)

Aristofane, Nubi, verso


384 B.
337
A.

638.

2) Cratilo,

3)

Protag.,

340

C,

358 A., Menon. 75 E., Charon. 163

D.

Euthid. 277 E.
4) 5)

Bonghi,

-op. cit. pag. 151.

Platone

stesso (Teeteto, 152) che parla di rapporti tra Eraclito e

PRIMA

DI

PLATONE

13

per

esempio,

era

comune
^),

nella speculazione prota-

gorea
retto

e tale operazione,

fatta
in

anche per ottenere


essa
si

il

uso

delle parole

faceva

in

rap-

porto a quella

dottrina che Platone

attribuisce aplui
:

punto a Protagora nel dialogo, che da


il

prende
intelletto

nome umano crea


e

che
i

si

pu formulare
secondo cio
che
essi
1'

cos

vocaboli secondo V impressione che

riceve

dalle

cose,

opinione che se
-).

ne

forma,

per

il

sono diversi
male
:

eviil

dente

che

con

tale

dottrina

si

accordava

concetto fondamentale di Protagora

essere

ognuna

cosa

ci che a ciascuno pare, questo concetto besi

nissimo

sarebbe accordato coir antica opinione di


sostenuta nel Cratilo da Ermogene, che

Democrito,
ciascuna

cosa

abbia quel

nome

qualsiasi che le

si

mette. Coir antica opinione di Eraclito invece, condivisa

pienamente
in

da Protagora e da

lui

applicata

anche
dei

certe sue dottrine grammaticali sui generi


e
sulle varie specie di discorsi
''),

nomi

si

ve-

niva in fondo ad ammettere che ad ogni cosa

cor-

dubbio tali rapporti sono molto pi verosimili di Epicuro (DIOGENE L. IX, 53 X, 8) si credeva fossero intercorsi tra Protagora e Democrito (Cfr. F. Ueberwegs, Grnndriss der Geschichte der Philosophie, Siebente Aufgabe, Berlin 1886, voi. I.
Protagcra,
e

senza

quelli

che

da

pag. 95-96.
1)

Cfr.

Platone, Phadr.

267. C.

2)

Protagora, 332 A.
;
;

Aristotele, Rhet. HI, 5 Poet. 21 Elenc, Sophist. I AriNubi 666, 851, 1251; QUINTILIANO, Inst. III. 4: (Cfr. BONGHI V, op. cit. 152, -e 359). Diogene Laerzio, per es., (IX. 53) dice che Protagora per il primo distinse il discorso in quattro forme e modi e
3) Cfr.
;

stofane,

cio

s'/wY],

ponvjaic;,

Ttywp'.o'.c;,

svxoXi^,

14

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

risponda

un' essenza

sua
s

propria

sempre costante

e coerente a se stessa,

da rispecchiarsi sempre ed

egualmente nel vocabolo che V esprime. Platone nel


Cratilo
^)

tale

contraddizione ha notato, senza per


a
lui

insistervi,

perch
il

bastava mettere un' altra


Sofista, o perch

volta
egli

in

iscacco

famoso

anche

nel Cratilo

stesso in contraddizioni caduto,


in

senza potersi da esse liberare

modo

esauriente.

V eco
guaggio
che

di tante discussioni sulla natura del lin-

sino a noi arrivato per opera di Platone,

di esse,

come
nel

dice

il

Croce,

ci

ha lasciato

il

mo-

numento eterno
tenebre,

Cratilo,

miracolo di luce e di
'-),
il

come

chiamato dal Bonghi


di

quale di

esso

ha tentato

spiegare

il

significato profondo,

dopo d' aver fedelmente riassunte le spiegazioni, che diversi chiosatori ed del medesimo hanno, tentato
i

interpreti nel

corso dei tempi.


delle

Fra

r ondeggiare

diverse

soluzioni
si

che

suir origine e sulla natura dei nomi


nel

avvicendano

Cratilo
la

platonico, ci che risulta in

modo

evi-

dente
discute,

connessione della questione,


altra

di cui vi si

con un'

ben

pii

larga e di ordine pre-

giudiziale e cio la questione gnoseologica della cono-

scenza, da Platone discussa,


Teeteto,
la in

come

noto,

anche nel

cui appunto

si

tenta di dimostrare che


nell'

cognizione non sta n nella sensazione, n

1)

Cratilo, 385

386 D.
pag. 31.

2)

Bonghi, op.

cit.

NEL CRATILO

DI

PLATONE

15

opinione,
giusta
e

nell'

opinione giusta, n
e
si

nell'

opinione
in-

provata,
clie
la

lascia

indirettamente
sta

tendere
delle

vera
perci

cognizione

nella

visione

idee.

che

di tutte le interpretazioni

date
del

del

Cratilo la pi probabile pare a noi quella


^),
il

Giussani
il

quale, allargando quanto in proe lo Steinthal


il

posito
to,

Susemihl

~)

^)

gi

avevano

intui-

viene a dichiarare che


Cratilo questo
:

problema posto da Platone

il

nel

Quale

valore del linguaggio

rispetto alla cognizione ? e ci per confutare


i

quanto

Sofisti,

e Cratilo, probabilmente perch seguace di

Eraclito,
il

affermavano

^)

che

nomi sono non solo


contrario
:

migliore,

ma
delle

il

solo mezzo, che conduca alla cocose,

noscenza
sta
il

giacch
il

al

di

ci

pensiero nucleo di tutto


viene

il

dialogo

la
;

cogniin altri

zione

dalle

idee e non dalle parole

termine

realismo
sofistico
tesi,
'0.

socratico in contrapposto al

nominalismo

Le due
visto, nel nel

ormai tradizionali, come abbiamo


ellenico

pensiero

presocratico,
Cratilo,

Cratilo

nuovamente esposte,
che
il

vengono da buon
'^osl

eracliteo, vi vuol sostenere

linguaggio

1) e. GiUS3AN[, La questione del linguaggio secondo Platone e secondo Epicuro, (Memorie del R Istituto Lombardo di Scienze e di Lettere, Voi. XX, fascicolo H pag. 105 e sgg.). 2) M. Susemihl, Entwickelung der platonischen Philosophic, Leip-

zig 1860, H. voi. pag. 144 e sgg.


3)

H. Steinthal, Geschichte der Sprachwissenschaft, Berlino 1890,

pag. 76 e sgg.
4) Cratilo,
5) Cfr. in

436 A.

proposito
I

O.

WiLLMANN, Geschichte des Idealisms,

Braunsweig

1894, voi.

pag. 347 e sgg.

16

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

non gi
simo,

nel senso che

cpcjsi

sia

V origine del medeil

ma

bens
in

nel senso che

nome deve nome

corri-

spondere
altrimenti

s stesso alla r^baic della cosa nominata,


giusto,

esso non solo non sarebbe


affatto;

ma un non nome
seguace piuttosto

Ermogene

invece, in questo
i

di

Democrito, sostiene che


senza alcun bisogno
essi
vi

nomi
una

sono
nulla

affatto

arbitrarli
tra

di

relazione

qualsiasi

la

cosa

nominata,
tra

importando se anche
inerente

opposizione

un

senso

per

al

vocabolo

e la natura del

nominato.

evidente che ambedue


in

le tesi

concordavano
la

questo che non pregiudicavano per nulla

que-

stione

deir origine prima del linguaggio, questione

che vedremo direttamente affrontata da Epicuro, o per


lo

meno presupponevano entrambe


che
gli

in linea

pregiui

diziale
alle

uomini stessi avevano posto


il

nomi

cose, cio

linguaggio era per


di

tutti

Qkazi,

ma

questo
fatto

mettimento
la

parole

per

alcuni
altri

era stato

seguendo
semplice

natura

(^fast),

per

invece per
nel

un

accordo
e'

( aDvi^r^vc-^j).

vero che
all'

Cratilo
del

anche un accenno
^),

ipotesi di-

vina

linguaggio

ma

tale ipotesi,

per quanto

accennata

anche

da

Socrate,

posta avanti

da

1)

Cratilo,

438;

Cr..

Devtschle, Die platonische Sprachphilo-

sophie,

Marburg

1852, pag. 48. In merito a tale opinione dell' origine di-

vina del linguaggio, vale

la pena che noi ricordiamo anche 1' opinione espressa da Protagora nel dialogo omonimo di Platone (322 A), secondo la quale l'uomo avrebbe prima avuto cognizione degli Dei, e poi avrebbe

imparato ad usare

il

linguaggio.

NEL CRATILO

DI

PLATONE
come un vago
quello
il

17

Cratilo
spetto,

stesso

nella discussione

so-

su cui Socrate crede inutile insistere e non

vi insiste di fatto,

anche perch non

pro-

blema che interessa direttamente Platone, il quale in tutto il dialogo mostra non gi di negare il pro-

blema primo

dell'

origine del linguaggio,

ma

sibbene

di averlo sorpassato, per

convergere
il

tutte le risorse

della sua dialettica a liberare

problema gnoseolo-

gico
altri
si

di

un

altro

ostacolo, forse pi pericoloso di

discussi nel Teeteio, che alla soluzione di esso

opponeva, quello cio che derivava dalla presunta


i

naturalezza dei nomi, analizzando

quali
l'

si

sarebbe,

secondo alcuni, arrivati a conoscere


delle cose

intima natura

da essi

significati.

Quale
lunga

la conclusione a cui arriva Socrate nella

discussione

sostenuta

per

la

maggior parte

del dialogo ^ con Ermogene e poi col vero suo avversario Cratilo ? Anche qui, come in altri dia-

loghi

di

Platone,
piuttosto

la

conclusione, se pur v'

di

carattere

negativo. Dapprima Socrate di-

scute

la teoria di

Ermogene
contesta a

e sulla
lui

base

di moltis-

sime
che
i

etimologie

diritto di

ammettere

vocaboli

siano

una pura ed

arbitraria inven-

zione dei primi uomini, e giustamente a nostro credere,

perch se fosse vero che


i

pi sapienti degli

uomini,
chiamati

dialettici,

'),

avessero creati

come sono da Socrate stesso vocaboli, come era ipoi

1)

Di 44 capi,

di

cui risulta

il

Cratilo

ben 37 sono impiegati

nella discussione
2)

con Ermogene.

Cratilo 390 C.

18

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

tesi

pregiudiziale

di

Ermogene

e di Socrate,

un

fatto

che

tale

creazione essi avrebbero fatto dietro

certi criteri,
l'

con alcune norme


fatta

risultanti loro

dal-

impressione
;

nominarsi
logie
di

ci

sulla mente loro dalle cose da adunque Socrate tenta coli' etimo-

spiegare
in

ad

Ermogene,

e lo fa tanto piii

volontieri
del

quanto che ammettendo come ragione


il

vocabolo
fatta

fatto psicologico dell'

impressione

comune
degli

dalle

cose da nominarsi sulla mente


a
battere

uomini,
il

veniva

un' altra

volta

in

breccia

relativismo di Protagora, che

ammetteva

ogni

cosa avere
di

un

oooia

pienamente soggettiva,
il

mancando
gato
tutti,

ogni

base oggettiva,
uguale
fatta

che era ne-

dall'

impressione

dalle cose per

impressione

che

presupponeva un elemento
e

oggettivo

sempre uguale

coerente
1'

se stesso,
di

mentre d'altra parte sfatava anche


tidemo, secondo cui ogni cosa pu
parere ed essere ad ognuno
in

opinione
ogni

Eu-

in

momento
^).

ogni

modo
di

Senonch salva cos


in

la

controtesi

Socrate

raffronto

alla

tesi
il

di

Ermogene, non
prima parte

resta per

salvo

per

nulla

modo
nella

che Socrate adopera per


infatti delle
i

dimostrare quella

sue

etimologie egli non fa altro che scindere


nei

vocaboli
fare
egli

loro
il

presunti

componenti,
facendolo,

nel

che

sposta

problema,
senza
egli

per cos dire, in;

dietreggiare,

punto

risolverlo

vero che
primi,

pi

avanti

parla

anche

degli elementi

1)

Cratilo 368 B-E.

NEL CRATILO

DI

PLATONE
sillabe

19

le lettere,

singoli suoni, e

le

^),

collo

scopo
tali

esplicitamente

affermato

di

dare ad ognuno di
-'),

elementi un valore specifico


far

ma evidentemente

nel

ci

Socrate

tentava spiegare obsciimm per ob-

scurus, e
di

non
che

riesce a far sprigionare alcun sprazzo


le

luce

ad

illuminare
egli

incognite

formidabili del

problema,

aveva preso a discutere, inco-

gnite che egli intu,

ma
se

che non pot risolvere anche

per

le

condizioni stesse della scienza d' allora.

si

Si

disputato

tutto

il

lavoro etimologico,
in

quale

mostra nel Cratilo, non fosse

fondo
')
;

in

fondo
passi

che
del

un

continuo
stesso

gioco

di ironia

alcuni
tale

Cratilo

conforterebbero

una

opinione, specialmente quelli in cui Socrate col sorriso


sulle

labbra

dice

ad
si

Ermogene che

in

quel

giorno egli

veramente

sentiva in vena di etimo-

logizzare, perch invasato di sapienza divina, infusagli

quella mattina da Eutifrone


in

^),

e gli

altri

nualle

merosi
spalle

cui

egli e di fianco, e di fronte,

ed

colpisce
a

con sottilissima ironia


del

seguaci di

Eraclito
del

proposito specialmente della loro teoria


divenire
tutto
'")
;

perpetuo
ci

riflettendo per

bene
1)

dobbiamo convincere che

se V ironia so-

Cratilo 426 C-427 D.

adoperato ad suono i rimase poi comune nella grammatica medioevale (Cfr. Fr. d' Ovidio, Dante e la filosofia del linguaggio, in Studi sulla D. C, Milano - Pa2)
1' 1' /

Tra

altro Socrate sostiene che

dalla lingua

indicare

ci che sottile,

orbene un

tale riflesso suU' esilit del

termo
4)
5)

1901, pag. 502).

3) Cfr. C.

Cratilo

GIUSSANI, op. 39(5 D.


la

cit.

pag. Ili

Notiamo che

famosa formola

eraclitea

Tidvxa ps

si

legge ap-

punto

nel Cratilo (412 A),

come anche

nel Tceteto (181 A).

20

LA ^FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

cratica

rivolta

forse

contro V abuso contro V uso


ricerche

nel!'
^),

etimo-

logizzare,

non
tale

lo affatto

tanto pi

che

u n
e
l

lavorio

Socrate
e

sparge

qua
in
il

osservazioni

seriissime

profondissime
di tutto

istretto

rapporto

col

problema nucleo
avanti
si

dialogo,
la

proposto
:

pi

da Cratilo stesso
per

sotto
d'
la

formola

nomi

danno
~).

ragione

insegnamento, perch essi rispecchiano veramente


natura della cosa nominata

Se badiamo bene
dialogo
coir occhio

infatti tutta la

prima parte del

rivolto

alla

seconda, vediamo
stretto di quello

che

tra le

due

vi

un legame pi

che a

prima

vista

non

paia,

appunto perch nella


in

seconda non sono che messe


le

luce da una parte

conseguenze

e dall' altra

principii di tutto
si

quanto

mo'

di

esemplificazioni

andato nella prima


al

svolgendo. Socrate nel rispondere

semplicismo

di

Ermogene, che
venzioni

vocaboli calcolava

come mere

in-

artificiali

ondeggianti a caso nel mare delle


tutto
:

conoscenze umane, dimostra


che
sotto
le

il

lavorio riflesso,

parole
e

s'

asconde

essi

sono

termini

che fissano
costituenti
teriale,
i

legano ed irrigidiscono

tutte le

note

concetti,

esse non nel loro suono ma-

ma

sibbene nelle loro esigenze formali sono

r esponente necessario del pensiero umano, quello

pu essere

qualsiasi,

come qualunque pu

essere

il

linguistiche

si ammette che il processo delle ricerche gran parte sulo studio delle etimologie e sulla storia individuale delle parole e dei loro elementi (Cfr. W. D. WHITNEY. La vie dii langage, Paris 1875, pag. 257). 1)

E noto

che anche oggi


in

riposa

2)

Cranio 425 E.

NEL CRATILO

DI

PLATONE

21

colore di una medicina, non essendo


dell'

il

colore parte
fissato,
il

essenza

di

un farmaco, una volta per

suono
cetto,

strumento necessario nell'espressione del congi

non
nell'

per quello che esso

ma

sibbene

per

quello che esso esprime nell' accordo o per lo

meno
del
il

abitudine

di

tutti ^),

tanto

il

vero,

ag

giunge ripetutamente Socrate, che

quello che
s

nome pu
primitivo

variare

e trasformarsi
:

da perdere

valore significativo

ci

ben poco imnell'

porta,

purch,

rimanendo

1'

accordo

intendere

date

cose

significate
il

da date

parole,

tali

parole
-).

adempiano sempre

loro ufficio tra gli uomini

Come
questione

si

vede,

tale ordine di considerazioni se

sono importanti per


proposta

noi^

non risolvono per nulla


per

la

da Ermogene, mentre sono im;

plicitamente negazione della tesi di Cratilo

ri-

spondere
dice
fatto

quello, Socrate avrebbe dovuto,


il

come

benissimo
poscia

Giussani

'),

fare

quello che ha
cio
1'
il

Aristotele,
si

distinguere

doppio

aspetto sotto cui


parola,
il

deve considerare

essere della
storico ed
;

suo

essere

come prodotto
di

il

suo

essere

come prodotto
per
a
tutto la

pensiero

ci

non

avendo
Socrate
prodotto
realt

fatto,

prima parte del dialogo


V esser
suo come
in

continua
storico,
si

confondere
di

predicando

questo ci che
di

non

doveva che predicare

quello.

1) I passi del Cratilo, da cui soprattutto crediamo si pu dedurre quanto sopra, sono 386 E, 300 A, 393 D, 394 A, B 411 D. 2) Anche qui le parole di Socrate sono esplicate, cfr. Cratilo, 435 B-D.
:

3)

Giussani, op.

cit.

pag. ni.

22

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

perci
sulla

che Ermogene non ha una risposta definitiva


propria
tesi,

appunto perch se ad una con-

clusione definitiva e sintetica Socrate avesse voluto


venire,

avrebbe

nella

medesima

visto

vaneggiare

quella contraddizione stessa eh'

-egli

aveva qua eia


tra le risorse pi

sparso per tutta


attraenti

la

discussione pur

del suo spirito e la suggestione pi pene-

trante de' suoi sorrisi.

Egli

che,

come

gi

si

detto, la vera que-

stione non era gi quella esposta da Ermogene, ma

sebbene quella
ha sempre
di

sostenuta

da

Cratilo,
s'

che Socrate
indugia a
infatti
ri-

mira

anche quando

spondere nuta con


fa
altro

al

primo.

Nella discusrsione
il

soste-

Ermogene
spedito,
il

protagonista
la

in

fondo non

che prepararsi
pi

strada su cui poter

cam-

minare
si
il

quando pi

tardi direttamente
;

trover di fronte

vero avversario

dimostrando
le

tesoro di pensiero che sotto e dietro


egli

parole

si

appiatta,
tesi di
il

solo

in

apparenza piglia

di fronte la

Ermogene,

dalla portata della quale esorbitava


il

problema della produzione logica dei concetti,


alla

passaggio cio dalle immagini singole


del concetto astratto ed universale,

formazione

bastando solo ad

essa

una risposta

negativa

o positiva sulla somi-

glianza tra cosa e persona, cosi leggermente negata

da Ermogene
tissimo
colla

tutto ci invece
tesi

aveva rapporto

stret-

di

Cratilo, ed perci

che So-

crate insiste neir etimologizzare, cercando di ridurre

dapprima muni
nerali

nomi propri

e particolari a nozioni co-

e pi generali, e queste poi a nozioni pi ge-

ancora su su fino a quei concetti universali, che

NEL CRATILO

DI

PLATONE

23

Aristotele avrebbe chiamato categorie, e che Socrate,

sempre
moto.
sulla

coli'

occhio rivolto ad Eraclito e per esso a


ironicamente nel concetto

di

Cratilo, riassume tutto

Come

si

vede adunque

tutto

un lavorio

sostanza delle parole e non sulla forma della


fa Socrate,
il

medesima che
anche
gi
era

quale, pur

ammettendo
che
si

una certa

giustezza nel suono delle parole,

ammessa

del resto

anche da Protagora
giacche,
in

^),

il

perfettamente

logico,

come

gi

detto,

dovendosi e volendosi
r origine

qualche

modo

spie-

gare
tere

dei vocaboli, era naturale V

ammet-

che

nella

scelta di essi avesse pur presieduto

quando sopra questa giustezza vuol ragionare, opponendosi con ci direttamente all' opinione di Ermogene, usa di due argomenti teorici che proprio non hanno alcun valore. Uno che
un
criterio qualsiasi,

come

le

cose hanno un' essenza loro oggettiva


le

in-

dipendente dalla nostra cooperazione, e per


perazioni che
si

o-

fanno sulle cose, per

es.

il

bruciare

ed

il

tagliare,

sono determinate da codesta loro naopinione dei nominare


'),

tura, cosi r

a proposito
il

dei

quale

argomento, come osserva giustamente

il

Giussani ),

caso d' opporre

paragone non

ragione, giacch col dare un


si

nome ad una cosa non

fa

proprio nessuna operazione sulle cose.


1'

Anche
Socrate

altro
infatti

argomento non meno debole


:

dice

ogni

proposizione

vera o

I)

Cratilo, 391 C.

3) Cratilo, 3)

386

e sgg.
cit.

Giussani, op.

pag. 109.

24

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

falsa,

parte

sia

dunque per esser vera bisogna che ogni sua vera, quindi una certa giustezza ci deve
nei

essere

nomi,
^),

che

sono appunto

le parti

della

proposizione
Aristotele

al

che gi benissimo ha obbiettato

col

dire che solo

un giudizio pu esser
solo non n

vero

falso,

mentre

un

nome da
,

vero, n falso, esso quello che

ed solo col-

r aggiunta

dell' idea
la verit

dell'

essere

o non essere che


del rapporto stain

pu derivare
bilito

la falsit

tra

due
di

pi

nomi. Siamo adunque qui


sofisma,
il

presenza

un

vero

quale per prova

un' altra volta


trascinare
la

come

a Socrate importava soprattutto

discussione sul valore non materiale,

ma
pi

bens formale dei vocaboli, in quanto sono terespressivi


di

mini

concetti,

tutto

ci per esser

pronto

ad

opporsi alla
vocaboli
sulla

tesi di

Cratilo sul vaesclusivi e-

lore materiale

dei

in

quanto

lementi didattici
spressa.
Il

natura delle cose da essi e-

ragionamento usato da Platone per combattesi cos si

tere
lica.

tale
I

pu

ridurre in forma
di
la

schema-

nomi sono espressioni


di

concetti, quindi

essi

sotto
la

nascondono
si

vera natura delle

cose,

quale

appunto

trova riassunta n suoi


;

caratteri essenziali e generici nel concetto

tale rap-

porto intimo e necessario per tra

non

gi

da

riferirsi al

nome e concetto nome come composto di


al

quei dati suoni,

ma

sibbene

suo carattere formale

1)

Cratilo, 385 B, C.

NEL CRATILO

DI

PLATONE

25

di essere quel

per lo
loro
dall'

nome diverso da altri falsa quindi, meno enormemente eccessiva la tesi di coche, come Cratilo e gli Eraclitei in genere, analisi del nome vorrebbero arrivare alla natura
; :

della cosa

perch essi partono da ci che


dei casi

nella

maggioranza
assoluto
criterio

puramente accidentale e relativo per arrivare a ci che eminentemente generale ed


;

per giungere a questo


al

ci

vuol ben altro

estraneo e superiore

linguaggio, criterio
ci

fa

che Socrate nel Cratilo non espone, ma che tosto pensare alia teoria platonica delle idee.

Esposto cos
si

il

ragionam.ento opposto a Cratilo,

capisce

subito quanto valore per esso abbia la

discussione fatta precedentemente sui moltissimi nomi, colla quale Platone ha voluto mostrare entro quante limitazioni vada inteso il principio che voi

caboli

sono
la

'fasL

quante cause

d' errore

vada

soggetta

formazione

cpasi delle parole,


le

a quanti

svisamenti vadano soggette


'fasL

originarie formazioni

ed

a quante incertezze quindi vada incontro

r indagine della nozione o valore predicativo originariamente contenuto nei vocaboli.

Ora se
crate
alla

ci , e

si

noti che a tale risultato


dall' idea di

So-

giunto

pur

partendo

opporsi

siasi

sentenza di Ermogene, che negava appunto qualrapporto naturale tra cosa e vocabolo, e se
coli' analisi

anche

degli elementi primi delle parole,


in se

che pur dovrebbero rispecchiare


la

maggiormente
accet-

natura

delle cose, gi Socrate era venuto a vela falsit di

dere tutta r incertezza, anzi tutta


tare gli elementi

od

vocaboli primi quali strumenti

26

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

di

cognizione

^),

in

che

modo
i

si

poteva sostenere, coci

me faceva
ch
essi

Cratilo, che
soli

nomi solo
il

insegnano, per-

sono

non gi

migliore,

ma

1'

unico
^)

mezzo

di arrivare alla
tali

cognizione degli oggetti ?

A
rica,

argomenti

d' indole,
altri d'

diremo cosi, pratica


indole piuttosto teola

Platone ne aggiunge ben

che
e

senza dubbio rappresentano

parte pi

seria

pi

profonda

di tutto
di

il

dialogo, appunto

perch confutazione solenne


volta

quella tesi, che, una


fortis-

ammessa, avrebbe suonato opposizione


il

sima alla teoria nucleo di tutto

sistema gnoseoloil

gico di Platone. Anzi tutto Socrate combatte

consi

cetto di Cratilo, su cui evidentemente la sua tesi

fonda, della costante e piena ed essenziale giustezza


dei nomi,
in
in

apparenza riducendo
il

nomi a

ritratti,
ri-

realt

riducendoli, mediante

confronto coi

tratti,

quasi a simboli dotati di una minima ed insi").

gnificante virt espressiva


Cratilo quest' altro

Inoltre egli
:

oppone a
i

argomento
concetto che

chi
s'

mise

nomi,
lui

li

mise
cose,

secondo

il

era fatto

delie

ma

se questo concetto era sbagliato ?

evi-

dente che noi corriamo gran rischio di esser


gannati,

tutti in-

cercando

gli

oggetti

dietro le scorte dei


il

nomi
gio

*).

Cratilo allora, che credeva tutto

linguag-

formato sul concetto eracliteo del moto essen-

1)

Cfr. Cratilo 424

si

veda

in

proposito

la sottile ironia di

So-

crate

nelle

parole

Le cose

in veste di

suoni vocali, che bella figura!


di Cratilo cfr.
cit.,

(425 D).
2) Sulla

portata cos esclusiva della tesi

Cratilo 436 A,

3) Cratilo,

432 E, 435 C. Cfr. GlUSSANI, op.

pag. 121.

4) Cratilo. 439 B.

NEL CRATILO

DI

PLATONE

27

ziale

delle

cose, ed
la
il

al

quale tale credenza pareva

confermata da tutta
gica,

precedente indagine etimolopericolo d' inganno nei primi

risponde che

nomenclatori appare manifestamente escluso da quella

coerenza del linguaggio con un unico concetto fondamentale


che
^)
;

ma

Socrate

gli

mostra

in

primo luogo
perch po-

quella

coerenza
tutto

non
poi

gioverebbe,

trebbe

esser

sbagliato
gli

coerentemente ad un
fa

principio

sbagliato,
esiste,

vedere che

la

coe-

renza

non
sull'

che alcuni nomi sono fondati

non gi

idea di moto,

ma

piuttosto di stare

~),

d'
le

altra parte se e'

bisogno dei nomi per conoscere


le
i

cose, con che nomi

avranno conosciute quelli che

primamente crearono
stato

nomi per

le

cose ?
i

').

Cratilo

se la sbriga dicendo che chi ha imposto

nomi sar
rimando

un
tutti

essere sovrumano, ed allora devono essi


giusti per forza
si
;

esser

ma

Socrate

di

allora la divinit

sarebbe contraddetta, perch


gli

e'

contraddizione nei nomi, supponendo


cetto
il

uni un con-

delle cose, gli


gli

altri

un concetto opposto, per

che

uni o gli

altri

non sono

giusti.

Cratilo

1)

Cratilo, 436 C.
i

Cratilo, 436 D-437 D. Per decidere la questione tra nomi che accennano moto e gli altri che accennano stare, Socrate ironicamente propone il criterio della maggioranza, e cio dice: vediamo se quelli che indicano moto sono pi, se si, quello sar il vero. Naturalmente Cratilo rifiuta di accettare un tale criterio (Cratilo 437. D). Notiamo che questo forse il primo caso in filosofia in cui si propone un tale criterio della maggioranza, criterio che, come noto, lo Stuart-Mill ha
2)
i

come qualche cosa di legittimo, nel campo morale per la deve fare per certe azioni, le quali saranno buone se saranno come tali stimate ed attuate dalla maggioranza degli uomini.
poi sostenuto, stima,

che

si

3) Cratilo,

438 C.

28

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

allora col solito ritornello risponde

quelli

che sem?,

brano

nomi
gli

falsi

non sono nomi. Quali


altri,

incalza

Socrate,

uni o gli

quelli

che indicano moto


si
il

quiete ?

Non sapendo
alla

Cratilo che dire, Socrate


di tutto
e'

affretta a venire

conclusione

quanto

dialogo

dunque,

egli dice,

poich

guerra fra

nomi, per decidere


cidere sulla
altro criterio

fra essi e quindi


enti,
il

anche per deun ben

natura degli

necessario

che non sia

nome

stesso, criterio su-

periore,

discutere

sul quale

per cosa ben mage'

giore
tarsi

che
per lo

da

te e
di

da me, per ora


questo che
stessi
si

da conten-

meno
^).

gli enti

non gi dai
e ricercare

nomi,

ma

molto da essi

devono

ed apprendere

questo un
idee ? neir opinione

velato

accenno
in

alla teoria delle

Gi abbiamo risposto
che

modo

affermativo,

ben

poco

significato

avrebbe

il

Cratilo di Platone, se

non avesse alcun rapporto col


risolto
in

problema gnoseologico,
colla
della

da Platone appunto
n pi n

teoria

delle

idee
in

genere, e colla dottrina

reminiscenza

ispecie,

meno

di

quello che sarebbe del Teeteto se tale rapporto non


esistesse anche in
lui

e per lui.

cos, date le

due

note

tesi tradizionali

sulla natura del linguaggio e-

sposte

da Ermogene e da Cratilo, Socrate non ha


1'

accettato n

una, n

1'

altra,

egli

ha combattuto

la
;

prima per poter meglio


il

far giustizia della

seconda

problema a poco a poco sotto V

assillo della

sua

1)

Cratilo, 439. B.

NEL CRATILO

DI

PLATONE

29

dialettica

si

spostato ed ingrandito,

da psicologico
disputa

esso

si

fatto metafisico. e Cratilo

Ermogene
di

da Socrate dopo

la

quel

giorno
:

se ne saranno dipartiti

non troppo
Cratilo,

soddisfatti

anche
1'

noi
arte

dopo

la lettura del

pur

ammirando
al

squisita

dell' autore,

non

ci

sentiamo per nulla persuasi della soluzione negativa


data

problema, sembrandoci piuttosto che

sa-

rebbe
finisce

dovuto cominciare
;

dove
di

il

dialogo invece
ci

per riflettendoci pi bene, tosto

accoril

giamo

che

r agnosticismo
ci
si

Socrate era forse


offrire,

meglio che
ad

poteva

in

proposito
infatti

perch

qualunque soluzione poteva


arrivare
l

esser impedimento

vare a noi

di tale

donde solo ha potuto o potr deriproblema una soluzione adeguata.

Capitolo

II

La

filosofia del linguaggio

nella speculazione greca


SOMMARIO: La speculazione
nori ed in Aristotele.

dopo Platone

del linguaggio nelle scuole socratiche midi

Punto

contrasto in proposito tra Platone

ed Aristotele.

La dottrina

del linguaggio degli Stoici con riguardo

speciale alla teoria dei sxxv.

Le nuove vedute
parola
in
i

sull'origine del

linguaggio
filosofia

e degli elementi naturali della

Epicuro.

La
di

del linguaggio negli Scettici, gli Eclettici,


i

commentori

Aristotele, Filone ed

Neoplatonici.

L' indirizzo cos

alto

diremo quasi generoso


sulla natura

seguito
dei

da Platone
la

nella
sui

discussione
quali

nomi,

ricerca
nel

entr

cos per

lui

definitivamente

campo

sereno
di

della
in

filosofia,

dove, come avremo occasione


essa
coro,

vedere

seguito,

rimase poi a lungo sempre con dignit e deera senza dubbio frutto diretto dell' insegnadi Socrate,
il

mento

grande paladino appunto della


della parola, per usare un'
^).

personalit

pedagogica
del

espressione

Franti

Ciie

ci

sia,

lo

si

pu

anche
si

dedurre

da quanto sulla natura dei vocaboli

disput nelle altre scuole, germinate dall' inesau-

1)

Prantl, Geschichte der Logik, Leipzig

1855, Voi.

l,

pag. 29.

IL

LINGUAGGIO NEI SOCRATICI MINORI

31

"

ribiie

tronco

socratico

come
i

altrettanti

rami minori

di fianco al

ramo principale
per

della scuola di Platone.

Considerassimo

Cinici Antistene e tosto,

come
zione
di

ci

dice Aristotele
tra

^),

vedremmo ben

chiara

la

distinzione

conoscenza
esprimere
invece

per concetto ed astra-

mentale, e ben riconosciuta V incompatibilit

questa

ad

la

complessit di quella
i

considerassimo
tosto

per
lui

Megarici Diodoro, e
accentua quel sistem.a

vedremmo che da

si

noto nella storia della filosofia colla denominazione


di
gii

Nominalismo, che gi accennato


attraverso
gli

nei Sofisti,

gi

Stoici

ebbe poi tanta importanza

anche nello svolgimento della


dievale
~).

filosofia cristiana meAmmetteva tra 1' altro Diodoro che gi nella parola come tale sta in modo pienamente definito il momento significativo del concetto, tanto che impossibile che vi sia parola ambigua ed incerta, e quando nella parola e nel sentire pare

che

non

ci

sia

accordo, egli perch

si

tratta di

espressione oscura, non gi per ambigua, ambigui

enim verbi natura

illa

esse debiiit, ut qui id diceret,

duo

vel plura diceret,

nemo autem duo velplura


").

dicit,

qui se sensit

unum

dicere

per soprattutto

in Aristotele

che noi troviamo


che
alla

ancor magnificamente affermata


questione
dei

la nobilt

nomi gi Socrate

dopo

di lui

Pla-

1)

Aristotele, Metapli. V.

20,

VHI. 3

Cfr. anclie

Diogene Laerzio.

VI,

3.

2) Cfr.

Prantl

op. cit.
12.

pg. 36, 37

3)

Gellio, XI,

32

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

tone avevano accordata, e riguarda


e
la

come

quegli per ci che

logica ha pienamente compresa e svolta


la

sistematizzata
in
^),

grande intuizione socratica del


all'

concetto
sofistico
egli

contrapposto
cosi

antico particolarismo

per

ci

che

riguarda
la

vocaboli,

appronfond maggiormente
solo
era
stata

loro vera natura,

quale
neir

appena adombrata da Platone


Cratilo,

ultima

parte

del

stabilendo appunto

quella differenza a loro riguardo tra contenuto storico,

ed

il

loro essere

come instrumento
fu

di

comunica-

zione,
risultati

di

pensiero

che

poscia feconda di tanti

indiscutibili.

La
gio
si

dottrina aristotelica sulla natura del linguag-

pu cos riassumere
in

sono suoni vocali

tutti

quelli

cui
;

la

voce o

sola

od accompagnata

strumento

sono

quelli simboli o note, per usare la


'^at-viixaia,

parola di Cicerone^), delle affezioni,

dell'
;

animo, come
ora

caratteri

sono note

dei suoni vocali

le affezioni dell'

animo sono
gli

in tutti le

medesime,

come medesimi sono


corrispondono
uomini
i
:

atti, 7rriY{j.aia,

che ad essi
i

diversi

invece

sono
,

per

diversi

suoni

vocali
i

che

li

possono esprimere,
adunque, cio
hanno.

come

diversi

sono

caratteri

quelli

gli atti,

sono vere immagini

delle affezioni ed

Prantl, op cit. Voi. 1 pag. 95, Aristotele, De Jnterpretatione 2. 16 e sgg. Avremo occasione pi avanti di conoscere l' importanza di questo passo dello Stagirita
1)

Cfr.

2)

in

rapporto
3)

alla Patristica

ed alla Scolastica.
:

Cicerone, Top. 8. 35, dove si legge ojiPoov appellai, quod latine est nota.

Itaque hoc idem Aristoteles

IN

ARISTOTELE

33

per

dir

cos,
i

carattere

al

tutto

oggettivo,
i

questi

invece, cio

suoni,

non ne sono che


^).
1'

segni pura-

mente

arbitrari e soggettivi

Da
tone,

ci

derivava per Aristotele

altra dottrina

importantissima, gi anche questa accennata da Pla-

che

dell'

uso
senza

dell'

abitudine

fa parecchie

volte

accenno,

per

dare

alla loro portata

una

base

sicura di stima; se le parole sono segni

arbitrarli,

evidente, diceva Aristotele, che


di pensiero,

il

loro

valore,

come strumento
un accordo
in
altri

non sar
:

frutto

che

di

di quelli

che

le

usano

-)

nessuno

vocabolo
tura
^)
;

termini ha significazione per na-

ci

certo

per

Aristotele,

il

quale per

non ha voluto spiegarci poi perch


che sono, se cio essi sieno
tura
(p^si

essi sieno quel


{>ast,

per naera

per r opera di alcuni uomini,

come pure

1)

Giustamente

il

Bonghi (op.
le

cit.

pag. 178) mette a confronto con


dottrine accennate da Platone,

tali

dottrine
i

aristoteliche

contrarie

che
per
il

vocaboli furono
il

trovati

non

per

imitare

gli

altri

suoni,

ma

imitare

concetto delle cose che indicano {Cratilo 423 B.), e che


altro atto (386 D. e sgg.)
;

nominare
Cratilo,
cui
si

un atto come ogni


la

ci

pare per

che a confortare
il
il

propria tesi che Aristotele abbia veramente conosciuto

in

Bonghi avrebbe potuto ricordare quella parte di questo atti, con cui 1' uomo pu manifestare le sue affezioni (Cra///o 422 E -423 B.), che molto probabilmente lo spunto primo della dottrina aristotelica dei 7tpdY[iaxa |i!.|JLr^|Jiaxa in contrapposto
parla degli
ai

vocaboli semplicemente
2)

aYjiis!,a.
le

Vale
:

la

pena che anche qui noi richiamiamo

parole stesse di AriSs,

stotele

ioxi

Xfoz auas

|Jiv

aY]|iavx'.>tc

oOx w^ opyayov
4).
:

XX' oOTZBp s^pYjxai


3)

%ax

oovS-txtqv.

(De Interp. IV.

Aristotele

nel

passo citato del

De

Interpret. dice

^lias'.

xiov

voaaxtov oSsv saxu

34

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

ammesso da Platone
goli

il

contenuto storico dei sin-

vocaboli, pur essendo distinto dal loro essere


di

come strumento
Stagirita

pensiero,

non

curato dalla
alla

che nega perci. alcun valore


del
^),

decomgi

posizione
gnificato
si

vocabolo

per
e

la ricerca

del suo si-

come nega,
che
vi

giustamente,

come

detto a proposito dell'

opposta dottrina accenveri

nata

da Platone,
Sbarazzato

possano essere nomi

falsi.

cos
dalle

il

campo

di tutti gli

impacci
le

che

derivavano
in

considerazioni riguardanti

parole

quanto

suoni,
-)
i

Aristotele in un passo fa-

moso
parola
mali,

del

De anima

stabilisce la differenza tra la

dell'

uomo, ed

suoni emessi dagli

altri

ani-

differenza che sta appunto nel significato im-

presso a quella della immaginazione (t aviaaia). Tanto


quella

per

come

questi

hanno comuni

certe con-

dizioni fisiche, tra cui la pi importante la presenza


dell' aria,

e certe condizioni fisiologiche, sulle quali

ritorna spesso Aristotele,

segnando

in

proposito alpunti
fissi

cuni insegnamenti, che poi restarono


della scienza ulteriore
^).

come

La parte per

pii

importante delle dottrine

di

l)Cfr.

Bonghi

op.

cit.

pag. 180, e Giussani op.


di Aristotele,
la

cit.

no. Notiamo

per che tale affermazione

quale pure ebbe fortuna

neir et di mezzo, fu in certo qual

modo

infirmata dello Stagirita stesso

laddove egli ha formato parole nuove per dare colle etimologie ragione di un dato concetto, pensiamo per es. al S-.j^aoTr^g ed al Zlyjx'.oc, oxi

ScXa ax ( Eth. Nic, V. 4. 9). 2) Aristotele, De anima U, 8. 3) Aristotele, De hist. anim. II, 17 De physiognom, 2 Problem. XXXIII, 4.
;

De

pari. anim.

II,

17 e sgg.

IN

ARISTOTELE

35

Aristotele
del

riguarda

le

parole

in

quanto instrumenti
della diminutio
e contrario

processo

intellettuale.

Memore
in

capitis inflitta al
all'

vocabolo da Antistene,

ottimismo manifestato
il

Aristotele confessa che

proposito da Platone 0, linguaggio purtroppo un


la

espediente

difettoso

ed incerto per

ragione

dell'

uomo
stesse,
le

~)

oh

se

si

potesse, dice lo Stagirita, nel


gli

ragionare

presentarci

uni

e
i

gli

altri

le

cose
:

senza
^)
!

passare attraverso

simboli di essi
le

parole

Ci per impossibile,

parole adun-

que sono
scienza
^),

da stimarsi come
anzi

utile all'

acquisto della

esse stesse devono essere oggetto

di studio,

da

qui,

per esempio,

la

distinzione prima-

mente
('^covai
^at ^),

affermata
arj(j.avTrx,a')

da

Aristotele

tra

voci con senso


(-^tovai aor^p'?)[j.a

e voci prive di

senso

tra

nome
del

e verbo, tra ovofia cio e

^).

Quello

che vale soprattutto per per Aristotele


pensiero,
la

r agitarsi

formulazione cio del


e positivo di

giudizio
cetti e

come rapporto negativo

con-

r attuazione del ragionamento come rapporto

1)

Cratilo 384 B.

Aristotele, El. Sopliist. 164 A. B. 3) Anche questo un riflesso che dur poi, come vedremo, poi per tutta r et di mezzo fino al Cusano (Cfr. NICOL CUSANO, De docta
2)

ignorantia, Lib.
4)

I,

cap.

II).

Aristotele, De
la

sensii et sensibili, cap.


'

cessit del linguaggio per

che dalla Scolastica,


stotelico con

questione

si

un altro, la pu leggere quanto ha

Notiamo che la necome vedremo, anquale per pot corroborare 1' argomento arinon necessit della parola negli angeli su tale
I.

uomo

fu poi sostenuta,

scritto

Dante, anche

in ci fedele
I,
i

interprete degli insegnamenti delle scuole, {De vulgar eloquio


5) Cfr. G. B.

3).

Zoppi op.
op.
cit.

cit.

pag. 84
1'

con senso sono

p. es.

nomi

senza senso sono


6) Cfr.

le particelle e

articolo.

Bonghi

pag. 179.

36

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

tra giudizii,

da qui V insistenza
tra

di lui

ad approfoned apoestrin-

dire

la

differenza
tutte

dialettica,

retorica

dittica,

e tre unite nel fatto

puramente

seco

del

linguaggio,
attrito,

ma

divise profondamente per


dei concetti e dei

r uso,
giudizii,

la

relazione

di cui

ogni discorso risulta ed ogni verit


ci

discorsiva emana, tanto che mentre la prima non

indistinto, e la

pu dare che verosimiglianza e V incertezza dell' seconda non per Aristotele, come dice il Boutroux *), che 1' applicazione della dialettica
la

ai

fini

della

politica, cio a certi fini pratici,


la verit

terza

ci

d invece

e la certezza univer').

sale e necessaria della scienza


si

Anche

in

Platone

possono trovare tracce

di tutto ci,

ma

solo Ari-

stotele,
rito,

come vero
saputo
sicuro,

creatore dell' analitica dello spitali

ha

di

cognizioni fare un sistema


i

completo e
elementi
cui

in cui

vocaboli entrano
ai

come

secondarli in rapporto

diversi suoni, di

risultano, e

come

elementi essenziali in quanto

espressioni abitudinarie e concordate di tutte quelle

operazioni fondamentali dello spirito, per cui

1'

uomo

acquista

la

scienza
al

garantisce

se

stesso di

essere arrivato

possesso della medesima.


le

cos

con Aristotele e per Aristotele

sorti

del linguaggio, considerato

come materia

di discus-

1)

Boutroux, tudes

d'histoire de philosophie, Paris 1901, pag. 184stabilite

2)

Su queste differenze
il

dottica e sui rapporti delle

medesime

da Aristotele tra dialettica ed apocolla retorica, la quale colle aUre

due ha pure comune

linguaggio (STtiaxigjiYj aTiaaa [lex


II,

Xyoy

s-

ox, dice Aristotele xnAnal. post.

19),cfr.PRANTL, op.

cit.

pag. 76 e sgg.

NELLE DOTTRINE STOICHE

37

sione

filosofica,

furono sempre pi unite alla sorte

della logica, per

quanto non manchino anche


il

in lui,

come ben nota

Croce

^),

alcuni passi, in cui lo


la

Stagirita pare accenni


stica della funzione

ad isolare

funzione lingui-

propriamente logica, ed a porla


;

insieme colla funzione poetica ed estetica


quello
-),

essi

sono
falso

in

cui V autore dichiara che oltre le proil

posizioni enunciative che dicono


logico,

vero ed

il

ve ne sono
falso,

altre
le

che non dicono ne

il

vero

n
dei

il

come

espressioni delle aspirazioni e


e
1'

desiderii

(s/yj),

altro
il

'),

in

cui Aristotele

critica

un

certo

Busone,

^uale aveva affermato


le le

che una cosa turpe resta turpe con qualunque parola


la si designi,

ribattendo che

cose turpi

si

possono
occhio

esprimere
in

e
la

con parole che


loro

mettono

sott'

tutta

crudezza,

con

parole

che

le

velano.

Dopo
ancora

Aristotele la filosofia dei linguaggio

ebbe

nella

tradizione

filosofica

ellenica

cultori

insigni, tra cui principalissimi gli Stoici

ed Epicuro,
cos
riu-

pi

ligi

quelli

all'

indirizzo

logico

formale
tanto da

rigidamente
scire
i

affermato

da Aristotele,

veri concettualisti dell' antichit, pi libero e

geniale questo nelle sue intuizioni profonde.

Riattaccarono
alla

infatti

gli

Stoici

il

linguaggio

mente

(^^.vota),

e diedero origine a quella

com-

1)

Croce

op.

cit.

pag. 174.
cap. IV.

2) 3)

Aristotele De Interpret. Aristotele Rhet. ni. 2.

38

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

plessa

ed

ancora

oscura

teoria

del
essi

Xs^iv.

col

quale

ben
la

difficile

credere

che

volessero

distinguere
cetto
del

rappresentazione linguistica dal con-

astratto,

come pare accenni


Steinthal
*).

il

Croce
gli

prima

Croce

lo

Partivano

Stoici

da

un

nominalismo tanto
al

assoluto quanto

in

contrapinfatti

posto

realismo

di
le

Platone. Zenone nega


idee

risolutamente
stesse
e

che

possano

esistere

in

se

per se stesse, esse sono

v:rarjZT:GL,

cio

senza

realt,
le

senza

obbiettivit, noi per


di

possiamo

acquistare

nozioni

qualit accidentali, di cui


e

queste

idee

sono

suscettibili,

per conseguenza
').

dar loro dei predicati,

TrpocjTjYopLa?

Da
sazione

tale

premessa
si

e dalla teoria sensistica

gnosen-

seologica

per cui
il

affermava 'dagli Stoici


di

la

essere

principio
il

ogni

conoscenza,

dalla sensazione nascere


tipli
1'

ricordo, dai ricordi mulsull'

esperienza, dai ragionamenti

esperienza
concetti
la

dalla

combinazione

finalmente

dei

scienza, rampolla la teoria del Xs^tv. Di fronte alla


trattazione delle forme delle parole

come

tali,

cio co-

me

semplici suoni,

la

quale formava una delle parti delgli Stoici la

la dialettica,
v[ivov,

ponevano
entrava

dottrina del

aTj[j.aL-

che

nel

dominio della logica, dei


le

rapporti cio tra le parole e


gli Stoici

cose (l

7cpY[j.aTa),
i

che
quali

credevano veri rapporti


la

di natura, dati di

ne

derivava per essi

concezione

qualche cosa

1) H. Steinthal, Geschichte der Sprachwissenschaft bei dea Griechen und Rmern, Berlin 1890-1 Voi. I, pag. 289-90, 293, 296,

2)

Stobeo,

Ed.

I,

12.

NELLE DOTTRINE STOICHE

39

di

intermedio
di

tra

il

pensiero

le

cose, in cui

le

esigenze
e

entrambi venissero

come
^),

ad

associarsi

diventare elementi di conoscenza


il

mediante aptermini Xsxr

punto
erano
di

carattere della dicibilit. In


gli

altri

per

Stoici le cose espresse o suscettibili


di

essere

espresse,

essere cio trasportate nel

mondo
chiama
le
si

esterno

per

quel

sistema
;

di

segni, che

si

appunto

linguaggio
le

tali

Xs-z-r

non erano

rappresentazioni o

immagini delle cose, come


le

potrebbe credere a prima vista, perch

immaqueir

gini

sono
;

lo

spirito

stesso

in

questo od
le

in

altro stato

essi

sono ancor meno


di

cose oggettive
all'

che

il

linguaggio cercherebbe

elevare

essere
le

cio di ipostasiare in qualche

modo, perch

cose

esistono

per se stesse e dalla sfera del loro essere


;

non

possano uscire

no, Xs/tiv,

come

gi

si

disse,

era un qualche di intermedio tra soggetto, ed oggetto,

incorporeo per, vuoto di ogni contenuto

come

il

tem-

po

e lo

spazio

-)

mentre

la

voce ed
i

il

suono

della

voce
esi-

e r oggetto

sono dei corpi,


per
la

Xsxt non

hanno
1'

stenza

che

rappresentazione della ragione,

e rappresentazione della ragione tale per cui

og-

getto

presentato
di

presente alla ragione stessa,


accettato, e di prendere
all'

suscettibile

essere
in

una

forma razionale

base appunto

oggettivazione

1)

Ammonio
pag. 416).

{Ad Arisi. De interpret.

f.

15 b.)

chiama appunto
(Cfr. C.

il

Xsxxv
op.
cit.

degli stoici [lrjov tra vor^iiaxa e

upayiiaxa
II

Prantl,
cit.

2)

Sext. EMP. Adv. Mat/iematicos,

Vili.

(Cfr. C.

PRANTL. op.

pag. 416).

40

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

delle
gli

nostre idee generali, sotto V assillo delle quali


si

oggetti

trasformano, assumendo anche


che,

il

modo

della

loro espressione,
di

come

gi

si

detto,

qualche cosa
Il

eminentemente naturale

^).

processo

adunque conoscitivo
il
1'

risultava per
-),

gli

Stoici

composto, come ben dice


:

Chaignet
il

di

questi diversi elementi


siero,

oggetto,

il

soggetto,

penin

che non altro che uno stato dello spirito

quanto tende a prendere come sua materia quel dato


oggetto
dell'
^),
il

XcXTv, cio la trasformazione


in

completa

oggetto

entit
il

razionale
il

dicibile, la parola

finalmente che
II

segno che

Xs^tv esprime.
il

Franti mette in relazione


sjj/p'r/o?,

Xsxtv degli stoici

col

XYo?
e

cio innato, di Platone e di

A-

ristotele,

veramente esso quella concezione


di

richia-

ma,
si

per quanto sopra

essa non

si
il

pu
X^oc

dire che
s[jl^d/0(;

sovrapponga del
due
filosofi

tutto,

giacche

dei
il

citati,

come vedremo
il

a suo tempo
il

sermo

interior degli Scolastici, riguarda piuttosto


tra

rapporto
del del

pensiero e parola,

Iato cio interno

linguaggio rivolto
XsvwTv

alle psiche,

mentre

la teoria

degli Stoici concerne piuttosto una vera

facolt speciale dell'

uomo,

in

cui s'

appunta

il

mecnatu-

canismo

della

parola,

come qualche cosa

di

Xsxxv degli Stoici non un fondo 1) Tale interpretazione del molto diversa da quella in proposito data dallo Zeller (cfr. E. Zeller, op. cit. IV pag. 78, pag. 86 della terza edizione Lipsia 1880). 2) A. Ed. Chaignet, Histoire de la Psychologie des Grecs, Paris
1890 Voi.
II

pag. 140.

3) Sulla differenza tra

pensiero e Xsxxv negli Stoici

cfr.

Plutarco,

Placit philosoph. IV.

11.

NELLE DOTTRINE STOICHE

41

rale

in

altri

termini

paragonando
il

il

linguaggio ad

una superfice curva,


la parte la parte

Xygc sjx'po/oc ne rappresenta

concava

interna,

ed

il

linguaggio espressivo
il

convessa esterna, mentre

Xsxxv

di quella

curva sarebbe come


Alla teoria dei

la generatrice.

XsTti

gli

Stoici connettevano le

loro dottrine logiche e le loro dottrine grammaticali,


il

che era perfettamente naturale, perch dato che


il

le

idee ed

linguaggio non sono che

le

due facce del

medesimo fenomeno psicologico, il che ammettevano anche gli Stoici, ne derivava per essi la conseguenza che
posizione
i

Xs'^t
(

erano per

le

parole ci che

il

giudizio interno

X70? svO-i^sTo?) era per la pro-

che

la

formula

X^o?

Tupocfopizf;).

Noi

non insisteremo troppo su

tali

rapporti, solo ricor-

dando

la

distinzione fra

XsTcu
gli

completi e che baaltri

stano a s stessi (atoTeX-^), e

a cui manchi
le

qualche cosa

(iXXtTcr^),

fra quelli si
le

ponevano
le

pro-

posizioni categoriche (^u'xaTa),

interrogazioni, le

questioni

^)

secondo Filone anche


~),

imprecazioni
si

ed
i

giuramenti
(

fra

secondi invece
),

mettevano
in acci-

predicati

y.axTiYOfy/^jiata

da distinguersi

dentali
si

od

indiretti,

ed

in

essenziali
in

diretti.

Come

vede,

qui

siamo

arrivati

piena grammatica,
in

contrariamente a quanto era avvenuto

Aristotele,

che

dalla

grammatica

invece molto probabilmente

era partito per arrivare alla teoria delle categorie lo-

1)

Cfr. su ci Sex.
cit.

Emp., Pyrrh. Hyp.,


pag. 107.

I,

14.

65. e

A. ED. Chai-

GNET, op.
2)

Voi.

II.

Philonis,

De

Agricult., 161.

42

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

giche.

Notiamo per che


alla

in

fondo

la teoria dei

Xsxi

aSyzoxsXri

pu sotto un certo aspetto ricongiungersi


dottrina
delle
TcrjoXri^Bic,

anche
mitive
innato,
in

o nozioni pridi

ammesse
essendo

dagli Stoici,

come qualche cosa

ormai indubitabile che essi erano,


TupoXrj'psic, innatisti,

rapporto appunto alla

contra-

riamente a quanto affermavano lo Zeller, e lo Stein,

che

pretesero

di

fare

dei

seguaci

di

Zenone non

solo dei materialisti,


riserve 0-

ma

anche degli empiristi senza

Un' ultima osservazione a proposito della


sofia del linguaggio quale
si

filo-

svolto tra gii Stoici

riguarda

1'

origine che

ai

vocaboli essi attribuivano.

Di

essa
tre

gi

abbiamo
e

fatto

menzione, ricordando
si

come

cose

linguaggio

ammetteva

dai se-

guaci di Zenone un vero rapporto di natura, aggiungiamo ora che esso era interpretato come un rapporto di imitazione. Il Bonghi a tale proposito af-

ferma

-)

che con

tale dottrina gli stoici si allontana-

vano da quanto Platone


r impossibilit
di

nel Cratilo

^)

affermava sul-

una relazione
i

tra suoni

che

le

cose

possono

dare

ed

suoni

con

cui le parole

sono

1) Cfr. su ci A. Ed. Chaignet, op. cit., pag. 128 e sgg. Notiamo che anche perci che riguarda il criterio della certezza gli Stoici ricorrevano alla loro teoria dei Xsxxcc, giacche pur ritenendo come pura-

mente soggettivo
(vtaxaXTjTixixv)

come la forza di convinzione ad una rappresentazione, il potere cio che possiede una conoscenza di provocare la nostra adesione invincibile, attribuivano per, contraddicendosi in modo strano, tale forza non gi
tale criterio, concepito

inerente

alla senzazione.
2)

ma

ai
cit.

Xsxxa
pag. 181.

Bonghi, op.

3) Cratilo, 423. C.

NELLE DOTTRINE STOICHE

43

composti.

Ci

vero,
si

che nel Cratilo stesso


della

dobbiamo per aggiungere pu trovare il primo spunto


da essa espresso.

dottrina stoica per una certa somiglianza oridella parola coli' oggetto

ginaria

Non aveva

forse

detto

Socrate che, per esempio,


mobilit serve benissimo
il

Tra
che
di

cagione
il

della

sua

per esprimere

moto, che

suono

invece opsottile,

portuno
le

per

rendere

tutto ci

che e fine e
il

sibilanti

rappresentano benissimo
')

concetto
si

tutto

ci che fa fiato e cos via


ci

Ora non

ammetteva implicitamente con


tra

una somiglianza

suono

e cosa,

pressoch simile a quanto era poi


^)

affermato dagli Stoici

? Del resto
)

abbiamo
nessun

in

pro-

posito un passo di S. Agostino


dell'

sulla dottrina stoica

imitazione che

non

ci

lascia

dubbio

1)

Cratilo, 426
Cfr.

2)

A.

C-427 D. QiESSWEiN, DicHaiiptrobleme der Sprachwissenschaft,


6).

Freiburg 1893, pag. 168. 3) Ecco il passo di S. Agostino (De Dialectica

Stoici autiimant

nullum esse verb'nm, cuius non certa ratio explicari possit. Et quia hoc modo suggerere facile fuit, si diceres hoc infinituni esse quibus
verbis

alterius

verbi origineni interpretaris, eoriim rursiis a te origiesse,

neni

qiiaerendani

donec pcrveniatar

eo, ut res

cum sono

verbi

aliqua similitudine concinnai, ut

cum

dicimus, aeris tintinnitum, equo-

rum hinnitum, ovium balatum, tubarum clangoreni, stridorem catenarum ; perspicis enim haec verba ita sonare, ut ipsae res, quae his verbis
significantur.

Sed quia sunt

res,

quae non sonant,

in his

similitudinem

sensum tangunt, lenitas vel asperitas literarum ut tangit auditum sic eis nomina peperit : ut ipsuni lene, cum dicimus leniter sonai, quis item et asperitatem non et ipso nomine asperam iudicet ? lene est auribus, cum dicimus voluptas, atactus valere, ut si leniter vel asperc

sperum, cum dicimus crux. Ita res ipsae afficiunt, ut verba sentiuntur. Haec quasi cunabula verborum esse crediderunt, ubi sensus rerum cum sonorum sensu concordarent .
. :

44

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

sulla

portata

di

questa

^)

e sulla somiglianza sua

con quanto gi era

stato sostenuto

da Platone

-).

Per trovare per una dottrina sulF origine del


linguaggio

ben

pi

precisa,

che

nei

nostri tempi

ebbe
altre

un' influenza

ben maggiore

di tutte

quante

le

formulate

dall' antica

speculazione
Il

ellenica,

dobbiamo venire ad Epicuro.


cui egli tuale,

Bonghi ammirando
sul linguaggio,
in

r altezza del concetto platonico

vede

il

predominio
vi
si

di

un elemento

intellet-

in

quanto
e

afferma un' intima relazione

del
dell'

vocabolo

dei suoni articolati colle affezioni

animo

e coi concetti della mente, giudica

meno

nobili le posteriori teorie stoica ed epicurea, perch


in

esse quella relazione sciolta e cos

1'

elemento

intellettuale

sopraffatto

dal

suo
ci

elemento natu-

rale

^).

Abbiamo

gi visto

come

non

sia perfet-

tamente vero per ci che riguarda

la dottrina stoica,

consideriamo

ora

la

dottrina

epicurea

tosto
il

ci

convinceremo,
sani
^)

come
lo

gi

ha

dimostrato
per essa.

Gius-

che non

nemmeno

1) Dubbi invece ci sarebbero ancora se noi in proposito non avessimo che il passo di Diogene Laerzio (VH 83), in cui di tale imitazione si trova pure un accenno. 2) Da quanto sopra si detto ci pare di poter dedurre che non ripercussione di dottrina platonica si'deve vedere nelle parole di Giovanni Salisburiense citate dal D' Ovidio (op. cit. pag. 436), come appunto questi vorrebbe Ipsa quoque nominum impositio aliarumque dictionum, etsi arbitrio humano processer, naturae quodamuoo obnoxia est, quam pr modulo probabiliter imtatur ; in tali parole noi piuttosto sentiamo
:

r eco della

dottrina stoica dell' imitazione, la quale nell' et di


altro per
il

mezzo

doveva essere conosciuta se non


autore tanto letto
3) in tale et.
cit.

tramite di S. Agostino,

Bonghi, op.

pag. 182.
cit.

4) C.

GiUSSANi, op.

pag. 129.

NEL SISTEMA EPICUREO

45

Anzitutto

dobbiamo
si

dire

che

il

problema che
lo stesso.

Platone
Platone,

ed Epicuro risolvono non

Per

come
se
se

visto, era
l>as'.,

un naturale sottinteso
tutta la questione era

che
di

il

linguaggio fosse
la

vedere

d^nK;

dei

vocaboli fosse
i

^shr^zi

aovO-fjX-^],

cio

nel
la

porre

vocaboli

legislatori

avessero
li

rifranta

natura delle cose da nominarsi,


posti

avessero
;

invece

per un accordo tra


visto
nella

gli

uomini stessi
tale

abbiamo poi
tradizionale

come per Platone


filosofia

questione
servito

ellenica

abbia

come occasione
lui,

a trattarne un' altra


si

ben

pi importante per

quella cio che


delle

rife-

riva alla
il

conoscenza della natura

cose mediante

linguaggio. Ora ad Epicuro tutto ci non interessa


in linea

che
vera,

diremo cos subordinata


per
lui

la

questione

fondamentale
all'

quella che si riferiva

veramente
di

origine del linguaggio, era cio quella


si

vedere se

tale origine

fosse iniziata per natura,


e

come un
a
risposta

fatto

fisiologico

non

piuttosto
dagli

come

un' operazione

pensata

voluta

uomini, e

tale questione, risposta che noi tro-

viamo recisamente formulata


ad Eudoto, che
cpasL
;

nella lettera di Epicuro


stata

1'

embrione del linguaggio

ossia

primi suoni espressivi furono emessi


gli

per fisiologica necessit, tale embrione per


mini
all'

uoco-

intento

di

farsi

un

utile

strumento

di

municazione

hanno sviluppato a vero


dei

linguaggio
nel porre
arbitrio.

ponendo
questi

(^aei)

nomi

alle

cose,

ma

nomi

essi

non hanno proceduto ad

46

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

ma
logie

ragionando
^).

(Xoyi?sx())

dietro

certe

ana-

quanto
sia

inutile

che
in

noi

cerchiamo
all'

qui di indagare
della lingua
in

anche

rapporto

origine
e

stato
egli

divinatore

Epicuro,

come

fondo

in

fondo

non

si

discosti molto nella


;

seconda parte
di prin-

della sua teoria

da Platone
una

pi interessante sar in-

vece per noi


cipii

vedere

sopra quali appoggi


tale teoria

e d esperienze
di

poteva, secondo

la

mente

Epicuro, posarsi.

Anzitutto

spiegava
alla

egli

suoni della voce u-

mana

in

relazione
-), tali

sua

dottrina fondamentale
in

degli atomi

suoni cio sono

rapporto a

reali

emissioni

di

atomi, chiamati da Lucrezio


,
i

primor-

dia et principia vociim


degli

quali

emanano

dai tessuti

organi
^).

aventi diretta comunicazione coli' aria


1'

esteriore
gio, a

Quello

elemento naturale del linguagaltro,

cui

ben tosto se ne aggiunge un


^),
il

che Ludi

crezio ancora chiama utilitas


al

quale posto

fianco

primo,

come impulso

alla

sua attuazione, spiega

abbastanza bene per Epicuro


prima del linguaggio e poi
nello sviluppo di quello.
l'

ed

suoi

il

sorgere

intervento della ragione

Come
zio ?

si si

spiega

1'

utilit di

cui fa

cenno Lucre-

Essa

spiega come un vero bisogno psico-

1)

e.

QiUSSANi,
E.

op.

cit.

pag. 120. Sopra


cit.

il

cfr.

anche
II

Zeller,

op.

HI, 416, e A.

linguaggio in Epicuro ED. Chaignet, op. cit.

Voi.

pag. 363 e sgg.

2) 3) 4)

Lucrezio, De rerum natura IV, Diogene Laerzio, X. 53. LUCREZIO, op.


cit.

535.

V, 1026.

NEL SISTEMA EPICUREO

47

logico

integrato dalle suaccennate condizioni fisio.

logiche

Gli

uomini,

in

altri

termini,

subiscono

affezioni

(:ri>r|)

e ricevono impressioni mentali (cpav-

TGixara) e queste per naturale necessit fanno loro

emettere

dell' aria,

la

quale esce dalla bocca

in

di-

versi suoni foggiata

da quelle affezioni

e rappresen-

tazioni mentali.

Il

linguaggio perci una vera fun-

zione

naturale, pressapoco

come

lo
il

il

volare per

r uccello, r usare delle corna per per

toro. Tutto ci

non

basta,

perch due obiezioni formidabili


e

potevano
sto alla

sorgere,

sono sorte
data
si

difatto,
:

in

contrasi

spiegazione

cio

Se con essa
sia dato

spiega
per
si

come

suoni

sono
tali

originati,

per nulla

capisce
si

come

nomi

si

un

senso
segni

speciale
delle

da poter diventare
;

essi

ben tosto
spiega

cose

d' altra parte se

1'

emissione dei
si

suoni qualche cosa di naturale,


diversit dei linguaggi presso
i

come

la

diversi popoli ?

Alla

prima obiezione

si

rispondeva da Epicuro
^),

col dire che le cose


il

hanno esse stesse una voce


1'

che vuol dire secondo


-)

interpretazione del Chaila loro


lui

gnet
suir
rato

che

la

presenza delle cose e

azione

uomo
vocale

strappa,

per cos dire, dal di

apparap-

dei suoni naturalmente legati

alle

presentazioni anteriori o simultanee

di quelle cose-').

1)

2) 3)

X. 31. A. Ed. Chaignet, op. cit. pag. 349. E evidente che questa dottrina di Epicuro
di

Diogene Laerzio,

si

riconnettc
le

modo

problema della conoscenza mediante atomiche, tracce delle quali noi possiamo trovare, oltrech
risolvere
il

in

al suo emanazioni Democrito.

48

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Deriva da ci
tiene
in

la

conseguenza che ogni parola consignificato

un

che

gli

intimamente

per natura associato e che evidente per se stesso


a
tutti ^)
.

Nessuna meraviglia adunque che


ci

Epi-

curo,

come

dice Cicerone
dei

~),

tanto insistesse sulla


;

considerazione
tendosi
infatti

significati delle parole


l'

ammet-

che
la

imposizione

d'

un nome ad una
della

cosa suppone

conoscenza immediata

medele
:

sima, conoscenza che,

come
i

si
si

disse, offerta dalla

natura stessa, implicitamente


parole in fondo sono
la

veniva a dire che

segni di nozioni generali


possibile

^)

conoscenza adunque
senza cio
le

anche

coli' analisi

di esse,

risorse della logica, concepita

come

arte di ragionare,
al

appunto perch condizione


linguaggio un' idea prima

logicamente anteriore
prodotta
diretto,
in

per

le
la

cose e concepita per un riguardo


quale
1'

senza

uomo

si

troverebbe perduto

una moltitudine

infinita di

impressioni e di sen-

sazioni individuali, istantanee ed isolate, e parlando

non potrebbe pronunciare che suoni vuoti

di

senso

^).

anche in Empedocle ed Anassagora. D' altra parte in certo qual senso anche Aristotele aveva opinato che non si pu pensare senza immagini (Cfr. A. ED. ChaigNET, op. cit. Voi. II pag. 373), orbene Epicuro a tale opinione diede un fondamento pi esplicito, per conchiudere che non vi pu essere pensiero non rivestito d' immagine, e che una rappresentazione
(Cfr.

vi

tanto

per

gli

intellegibili,
9).

come per

sensibili

PLUTARCO,
1)

Plact. Phil. IV, 8.


33,

Cfr.

Diogene Laerzio, X

dove

si

dice:

Tiavxt ouv viiaxt

x Tig&ioc, uTtoxsxayiivov vapys saxi.


2) 3)

4)

Cicerone, De Finibm II. Diogene Laerzio, X. 35. Diogene Laerzio, X. 31

2.

(Cfr.

anche A. Ed. Chaignet, op.

cit.

pag. 350).

NEL SISTEMA EPICUREO

49

Come
diversa
tesi

si

vede Epicuro viene per una via ben

molto

meno

arbitraria

ad ammettere

la

sostenuta da Cratilo, ed oppugnata da Platone

nel dialogo

che da quello prende nome, che cio


il

le

parole

sono

migliore anzi
arrivare
alla

1'

unico

modo

che noi

abbiamo per
delle cose
^).

conoscenza

della natura

Alla seconda obiezione riguardante la diversit


di

linguaggio per

popoli diversi, Epicuro

rispon-

deva che

tale diversit era in

funzione delle 'diver-

sit fisiologiche

che distinguono nazione da nazione,


le affezioni,
i

per cui diversi erano

diverse
suoni.

le

rapprenlingua,
di

tazioni e quindi diversi anche


in
altri

Ogni

termini,
di

il

prodotto diverso di razza,

clima e
colle

luogo,

nel senso che questi tre fattori

loro esigenze peculiari


e

hanno determinato
diverse,

esi-

genze fisiologiche
anche
ad
il

psicologiche

sicch

linguaggio naturale delle cose per adattarsi

esse

diversamente risuona

in

paesi

dove

dissi-

Notiamo che ad una conseguenza pressoch simile arrivato an Scienza nuova seguace anche egli dell'origine naturale del linguaggio, come poco dopo in modo pi esplicito lo furono ed il Dugald Stewart (cfr. Dugald Stewart, lmcnts
1)

che Giambattista Vico nella sua

de la Philosophie de l'esprit huinain Paris


sgg.)

i845,

Voi. MI, Sect.

pag. 2 e

ed

il

Cesarotti

(Melchiorre Cesarotti, Saggio


1802, part. pag. 3 e sgg.
),

sulla filosofia

delle lingue.

Padova

egli
l'

sono significare ad libitum, come era appunto tele, ed in genere, come vedremo, di tutta la
sostenere che
le

nega che le parole posinsegnamento di Aristomedievale,

filosofia

per

parole debbono avere significato naturalmente (Cfr. GiAM1831, Voi.


l'

BATISTA Vico, Principio di scienza nova, Milano


corollari, pag. 276).

I,

lib.

II,

Non

forse inutile ricordare qui tutta

della speculazione sul linguaggio di


I,

importanza Cartesio (Principe de Philosoph. Part.


II),

74),

del Reid {Rcchexcher sur l'Esprit huniain, cap. IV. sect.

e delle Libniz,

chiamato appunto
pag. 50G).

il

Copernico della linguistica

(Cfr.

'

OVIDIO, op.

cit.

50

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

mili

sono quelle

*).

Esistevano adunque diversit prifin

mitive neir emissione dei suoni, gi

quando
gli

tale

emissione era semplicemente spontanea, come spontaneo ancora negli animali


mini raccolti sempre pi
in
-), in

seguito poi

uo-

gruppi sociali ed accortisi


di quella

sempre pi del grande vantaggio


vole

scambie-

comunicazione
queste

di

sentimenti

pensieri, per

rendere

manifestazioni pi chiare e precise,


fisse,

ed insieme pi brevi e

posero

di
i

cordo

nomi

alle

cose, ogni nazione


il

comune acsuoi. evi-

dente qui,

come
sarebbe
perch

dice

Giussani

"),

l'errore di pro-

spettiva storica, per cui troppo presto dalle condizioni

prime

si

venuto

alla

civilt,

comunque

importante
epicurea

anche quest' ultimo tratto dalla dottrina con esso si ammette direttamente
e le scoperte

r intervento della ragione, che, dopo aver esaminato


le

invenzioni

spontanee della natura,

1)

Questa obiezione della diversit del linj^uasgio per


in

popoli diversi

ritorner anche pi tardi ad affacciarsi nella speculazione;

Dante

la ri-

solver

confronto alla

variet

delle

classi sociali

ed

alla diversit

delle professioni

tardi

vulgari eloquio, Lib 1. cap. VII), pi proposito alla medesima conclusione di Epicuro, affermando anch' egli che le lingue sono frutti diversi dell' ambiente, clima od abitudini dei popoli diversi {Principii di scienza nuova, ediz.
il

(Dante, De
in

Vico verr

cit.

Lib.
2)

II,

pag. 277).
cit.

LUCREZIO, op.

V. 1061

1070

3) C.

Giussani, op.

cit.

pag. 133. Epicuro avrebbe potuto mitigare

un po' questo suo errore di prospettiva storica, se, come momento intermedio tra il linguaggio dei primi uomini selvaggi, della condizione dei quali tanto bene parla Lucrezio, (Lib. V, 922-1008) ed il linguaggio delle nazioni civili avesse posto le condizioni, in cui secondo Erodoto si trovavano, per ci che riguarda la favella, gli Etiopi, i quali pi che parlare stridevano (Cfr. ERODOTO, IV, 183. Cfr. anche Plinio,
VII. 2, e

Pomponio Mela,

I.

8).

NEL SISTEMA EPICUREO

51

pu
varle

correggerle,

completarle,

sistematizzarle, ele-

cio air altezza di una scienza metodica e di

un' arte riflessa.

Aggiunge
non
rano
viste

finalmente
quelli,

Epicuro
le

che anche cose


viste,

da

che pur

avevano

e-

importate

nella cognizione e nella lingua dei

loro connazionali, perch essi le manifestavano con de' suoni, che

dapprima erano istintivamente emessi


ripetute

per

il

naturale effetto delle ricevute impressioni, e

poscia
volont.
e

probabilmente

per

l'

impulso del4a

Anche
e

in

tal

caso

tali

parole erano capite

per

la

generale e nota analogia tra suoni e cose

espresse,

perch

scelte col

ragionamento dietro

appunto questo generale analogia stessa.


Tale
in

breve

la

dottrina di Epicuro sull' ori-

gine, sulla natura e sullo svolgimento del linguaggio,

dottrina senza dubbio importante


forse
la

non solo perch


ci

sola completa che la Grecia antica

abbia
si

dato,

ma anche
in

perch

in

armonico sincretismo
le tradizionali

trovano

esse fuse insieme e

spe-

culazioni dell' ellenismo antico sulla questione se la

posizione delle parole sia


ria di

'^gs'.

o'^vO-r^y/^^.

e le teo-

Platone sul linguaggio e sui suoi rapporti col


e col

problema logico

problema gnoseologico.

La
ne per

dottrina di Epicuro fu,

come

in

generale avven-

tutti gli

insegnamenti della sua scuola poco com-

presa dai posteri: gi di essa Lucrezio diede troppo

importanza
neir

al
il

fattore
fattore

naturale

per lasciare un po'


').

ombra
Cfr. A.

razionale

Ci

si

accentu

1)

ED. Chaignet, op.

cit.

pag. 348.

52

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

tra

gli

antichi e neil' epicureo


'),

seriore

Diogene

di

Enoanda
gione
rano
di

ed

in

Proclo
la

-),

che

tale fattore di ra-

riguardante

dirne dei vocaboli dimentica-

affatto,

come avvenne

poi generalmente nell' et


,

mezzo.

Con Epicuro ben


trine,

si

pu

dire finito
;

il

periodo
dot-

costruttivo dell' antica filosofia ellenica

le di lui in

come

quelle degli Stoici,

si

protesero
di

avanti
re-

attirando a se coli'

andamento quasi
;

una fede

ligiosa gli spiriti pi grandi

fuori di esse Io scetil

ticismo e r eclettismo incrostarono

pensiero, taralto nelle pi

pando

questo

le ali

per librarsi

in

serene sfere della speculazione

riflessa.
di

Era naturale che nel periodo


s'

diffidenza, che
al

inizi

cos in

Grecia

in

contrapposto
gii ultimi

periodo

di

confidenza, che aveva dato


citate,
si

splendori nelle

due scuole

dovesse anzi

tutto intaccare la

fiducia nella facolt conoscitiva dell'

uomo, per ritornare cos a quel relativismo logico dei Sofisti, donde Socrate e Platone ed Aristotele e Zenone ed Epicuro
avevano cercato, per quanta
lontanare
gli
spiriti.

in

modo
il

diverso, di al-

Date
logico ed

le strette
il

relazioni tra

problema gnoseo-

linguaggio, delle tendenze scettiche, in-

1)

Cfr.

2)

Rheinisches Museum, 1892, pag. 440. Procli, Scholia in Cratylum, ediz. Boissonade, Lipsia 1820 pag. 6
parole
di

Ecco

le

Proclo:
sB-svTO

^[p

'Euxoopos

l\z^zv oxi
cp'ja-.xw;

o/J
xlvo-

sTiiaTYjtivcog
tjisvoi,

o'xo',

x v|iaxa, XX

(b?

ol pr^oaovTsg v-cd Tixatpovxsc;

xac |au%w|Jisvoi xal OXax-

X0VXS5 xal oxsvd^ovxsg.

NELLO SCETTICISMO

53

generatesi

nella trattazione di quclio, risentirono le

speculazioni
noi

riguardanti

la

natura di questo e cos


gli

vediamo, per esempio,


si

scettici

domandarsi

Se le cose non vono segni con


i

possono conoscere, a che


le

ser-

cui noi le t'issiamo,


').

affermiamo

le

comunichiamo ?
in

Come

si

vede siamo qui

ancora

presenza

dell' antico

scetticismo del vec-

chio Gorgia, che per opporsi alle dottrine eleatiche

sosteneva appunto che

1'

essere non esiste, che an-

che

se

esistesse

non sarebbe conoscibile, giacche


una
cosa
sola
col pensiero, nel
1'

dovrebbe
quale

essere

caso

sarebbe

impossibile

errore

anche
qua-

se fosse conoscibile, esso

non sarebbe insegnabile,


i

giacche
li

lo

si

dovrebbe insegnare con segni,


avere valore diverso da

potrebbero
;

uomo ad uopri-

mo per evitare ci bisognerebbe ma con qual segno si vuol intendere


suppone gi
ci che
si

conoscere
1'

essere,

il

che

deve
lo

fare.

Un argomento
mente professato
e da
del
di

per

scetticismo, cos apertae poi

da Pirrone,
la

da Enosidemo

Sesto Empirico, era

diversa soluzione data

problema
Epicuro
e

dei segni dal pensiero

contemporaneo
il

e degli
la

Stoici

-').

Epicuro concepiva

segno
visto,

quindi

parola
gli

minentemente sensibile,

come qualche cosa Stoici invece, come


='/,tv,

di esi

ponendone

1'

essenza nel

specie intel-

A. EU. Chaignbt, op. cit. pa^. 512, 516. Ricordiamo che gi per lo scctUcisino sofistico ciano stato arj^oinento le diverse soluzioni date del problema cosmologico e cosmogonico dal pensiero precedente degli Ionici, Eleatici, Pitagorici e Meca1)

Ctr

2)

nisti.

54

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

ligibile

intermedia tra V oggetto ed

il

soggetto,

la

con-

cepivano
di

come qualche cosa


due
la

di

intelligibile.

Quale

quelle

teorie cos inconciliabili e contrarie


').

contiene
to
di

verit ?

Per accettare

1'

insegnamenlinea pregiu-

Epicuro, bisognerebbe prima


dice

in

diziale,

Sesto
;

Empirico

'),

dimostrare

che

sensi sono infallibili

ci senza dubbio
in

ammesso
di lui,

da Epicuro,

ma

negato

modo

assoluto da De-

mocrito, dice ancora Sesto Empirico, e prima

aggiungiamo
i

noi,
ci

da Eraclito. Ammettiamo pure che


la

sensi

non
:

ingannino, resta sempre insoluta

domanda
quella
altro ?

per

quale

ragione

noi

adotteremo per

questo e per quel segno, e quindi per questa o per


parola,
').

questo

quel significato e non un

Riguardo

poi

alla

dottrina
nel

stoica,

gli

scettici
ci

avevano
sono
a
in

buon gioco

dire

che proprio non


se
i

argomenti

sufficienti
;

per decidere

Xsv.x

veramente esistono
saperlo

d' altra parte per poter arrivare


di

bisogna pur ancora usare


si

prove, che

fondo
segni
:

appoggiano ancora suH' interpretazione


in

di

siamo adunque

un circolo vizioso, di

cui gli Stoici

hanno avuto
la

il

torto di

non accorgersi

*).

Quale adunque
che anche rispetto
linguaggio

conclusione ? La conclusione

si

alla

questione dei segni e quindi del


essere
agnostici,

bisogna

sospendere

1)

2)

3)
4)

Cfr. Sext. Emp, Matli. VHI. Sext. Emp, Math. VUI, 293. Sext. Emp, Math. VHI 201. Sext. emp, Math.YlU.26\.

177.

NFLLO SCETTICISMO E NELL'ECLETTISMO

55

cio

il

nostro

giudizio,

non potendo noi


').

in

modo
della

alcuno formularne uno qualsiasi

Anche

nello

scetticismo
di
si

della
e di

media

nuova Academia

Arcesilao

Cameade non

meno fortemente
sitiva

attacc qualsiasi soluzione poe per ci stesso

del

problema gnoseologico

qualsiasi speculazione sul linguaggio, che con quello

avesse relazione alcuna. Poteva pur Cameade, come


dice

Cicerone

-),

rinnovare

1'

antica distinzione di

Eraclito tra una

conoscenza perfetta ed assoluta ed

una conoscenza inferiore e relativa, ma soggiungendo che questa solo concessa all' uomo, che
perci
si

deve solo accontentare


il

della probabilit,

non
clito,

gi della certezza, svisava

concetto

di

Era-

che
lo

la

prima delle
possibile
al

due conoscenze credeva


sapiente e senza dubbio

per

meno
")

dava origine a
stesso
,

dottrine,

a cui, secondo Cicerone


la

non

mai avrebbe dovuto esser rivolta

giovent.

Vero
platonico,

si

che Filone di Larissa, rifacendosi

pi

direttamente,

come

dice Cicerone

*), all'

insegnamento
di

appena dopo Cameade tenta


scettico
eclettico
:

salvare

qualche
indirizzo

punto fisso nella conoscenza,

ma

ormai

1'

aveva gi pervaso ogni

fremito di pensiero
le

gli

Stoici

loro

dottrine

con materiali presi qua e

andavano rabberciando l cam-

1)

'Avyy.Yj xai y^ii?

srioy/?/

;isvs:v,

ciicc

in

proposito Sesto

Empirico (Math, 2) Cicerone, 3) Cicerone, 4) Cicerone,

VMI

259).
2.

Acad. Pi:

30 e 31.
4 e HI, 18.

De

repiiblica MI. IG.


I,

Acad. Post.

56

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

biandone solo
presente,
si

nomi

'),

altri,

insofferenti forse del


fonti,

diedero allo studio delle

dei
di

moPla:

numenti
tone
e

originali del
di

passato, specialmente

Aristotele,
fiiit,

donde

la

frase

di

Seneca
~)
; i

Quae philosophia
ripatetici
eclettici,

philologia est facta


i

Pe-

forse meglio che


il

Platonici, ten-

nero un po' alto

vessillo della speculazione speil

cialmente per ci che riguarda

problema appunto
').

gnoseologico
stione, per
.che,

le

questioni

logiche

Sulla quearistoteli*), si

esempio, delle dieci categorie

dagli Stoici,
forte

com'

noto, ridotte a cinque

accese
cui

disputa tra Alessandro Afrodisiaco, di


per(juti
'),
i

purtroppo sono andati


Interpretatione
di
di

commentarli

al

De

Aristotele

del quale per

Andronico

Rodi, capo della scuola esegetico-e-

ciettico-peripatetica

negava V
altri

autenticit

'^),

Eustazio,
pi
ri-

Ermino, Aspasio
tardi

ed

peripatetici eclettici e
le

Porfirio,

credendo alcuni che


le

categorie

guardano
altri,

solamente

parole

(tcs^I

'fcovcv),

mentre
ri-

Porfirio per esempio, sostenevano che esse

guardavano
tratta tra

vere

nozioni

prime

dello

spirito.

Si

qui

de!

primo sviluppo della famosa contesa


e
di

Nominalisti
la

Realisti,

a proposito della quale

vale

pena

ricordare

come

gi

Ermino giudi-

1)

Tale

1'

accusa che Pisone,


cit.

il

quale personifica
agli

Peripatetici

nel

De

Finibiis di Cicerone, fa

appunto

Stoici {DeFin.

V. 25).

2) Cfr.

A. ED. Chaionet, op.


cit.

Voi. HI, Paris 1890, pag. 85.

3)

A. Ed. ChaionI'T, op.

pag. 222.
I,

4) Cfr. C. 5) C.
6)

Franti., op.
cit. cit.

cit.

Voi.
I,

pag. 426 e sgg.

Prantl, op. C. Prantl, op.

Voi.

pag. G21.

Voi.

I,

pag. 547.

NEI

COMMENTI AD ARISTOTELE
categorie

57

cava

che
le

le

hanno rapporto
e

alle

cose,

giacche

parole non sono mai vuote,


^).

sono semnostro

pre dette intorno alle cose

-Ci che per maggiormente

interessa

il

argomento
di quel

l'interpretazione
al

che rmino stesso dava

passo

principio del
si

De

Interpretatione di

Aristotele,

in cui

dice che

fenomeni psichici, che

sono espressi
tutti
:

dal

linguaggio, sono identici presso


^)
:

ecco

il

passo

iori

[xv

oov r sv

if]

'f

tov-^j

:rav}"/5{xara

tf^?

'J>'V/i?-

evidente, secondo
dil tali parole
le
:

Ammopa-

nio %

quale

sia

il

senso

Aristotele

cio
role

stabilisce

da una parte che

lettere e le
tutti

non essendo identiche presso


frutto,

gli

uomini
cose

sono

come

simboli delle affezioni umane, di


(\>a'.?),

una convenzione

mentre

le

idee e

le

essendo identiche per


{'sh'jic).

tutti

sono V opera della natura


tale

Ermino pare contesti anche


di

uguaglianza

degli

stati

coscienza
testo

in tutti gli
al

uomini, giacche
dell'

ponendo
xat
role
quali,
il

nel

greco

posto

ossitono
le

perispomeno tora viene a dire che


bens
si

pale

sono
se

note

dell' affezioni

dell'

animo,

trovano

in tutti,

non sono

in tutti

iden-

1)

Notiamo che
di

tale

opinione

anonimi

Aristotele,

contradetta

Ermino pensava intorno alla non sarebbero gi generi primi


i

Ermino, che si legge negli scol/'i da quanto Porfirio dice che questione appunto delle categorie, le quali
di

e pi universali degli esseri naturali

le

differenze prime e fondamentali dei termini,

ma

piuttosto

le attri-

buzioni

verbali

proprie

ciascun

genere

di

esseri reali (Cfr. A.

Ed,

Chaignet, op. cit. pag. 222). 2) Aristotele, De Interp.


3)
cit.

IG. 2.

Ammonio,

Sch. Arisi.. 101, b. 1-12 (Cfr. A. ED.

Chaignet, op.

pag. 223).

58

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

tiche,

perch identico
in

il

solo fatto del trovarsi di

esse

ognuno
gi

^).

Del

citato

Alessandro
la

Afrodisiaco

pur

importante

per noi oltre che


(vootV^svov),

distinzione de^ lin-

guaggio interno
richiama
il

che solo apparentemente

Xsxiv degli Stoici e che piuttosto un'altra

anticipazione del sermo interior degli Scolastici, del

linguaggio espresso

sy/f (ovo'jjj.svov),
il

e del

linguaggio

scritto (vpa'xjxcvov). di cui

terzo simbolo del se''),

condo, come guesto del primo


sulla parola, dottrina

anche

la

dottrina

che gi nei tempi antichi

Am")

monio svisava, dicendo


che

negli scolii ad Aristotele


1'

Alessandro sosteneva essere


-e

origine del lin-

guaggio esclusivamente naturale

spontanea.

evidente che

tale

opinione era troppo contraria

agli insegnamenti in proposito di Aristotele, perch

potesse essere professata da chi nei tempi antichi

fu

dello Stagirita l'interprete pi fedele, tanto da essere

chiamato un secondo Aristotele


il

ed

infatti

leggendo
la

De Anima
:

dell'

Afrodisiaco vediamo che egli

pensava ben diversamente da quanto asserisce

Ammo-

nio la parola come suono, egli dice, una specie d rumore prodotto dall'animale in quanto animale, cio il suono prodotto in seguito ad una rappresentazione qualunque o di una eccitazione qualsiasi, giacche
tutto

ci

che
di

r animale

fa in

quanto animale

il

risultato

una rappresentazione (-^avraaia) o

di

1)

Cfr.

Zeller, op.
cit

cit.

Tomo

IV. pag. 700.

2)
3)

Prantl, op

pag. 548.

Ammonio,

Sch. Arisi 103 b 23.

NEI

COMMENTI AD ARISTOTELE

59

un'eccitazione interna istintiva

{y^:fi.)

La natura adunimporre
le

que

ci

ha fatto capaci

di stabilire le parole, d'

nomi

alle cose,

ma
11

il

rapporto

tra

vocaboli e
bens
il

cose

non

gi

opera della natura,

ma

risultato di

una convenzione.
fossero

linguaggio non gi innato ci che


^).

innato la facolt speciale che lo crea


il

Se

risultati

risultato della natura, tutti gli


1'

uomini avreb-

bero

lo
le

stesso linguaggio, e

ordine, con cui per forsi

mare

parole

suoni elementari

succedono
identico
-).

si

ragi

gruppano,
fatti

sarebbe
che

dappertutto
cos

Ora

provano

non

e che la differenza

neir ordine del raggruppamento dei suoni elementari


e
delle
sillabe costituisce

una delle differenze pro').

fonde, se non

la sola, delle lingue

Poco prima ed attorno ad Alessandro di Afroben poco noi abbiamo che meriti di essere riquando cordato a proposito del nostro argomento
disia
;

noi

infatti

ricordassimo

1'

opinione di Apuleio

sull'

orato prominciabilis, che forse pi del Xs-^tc stoico

richiama

il

X&70C -o-xavrr/.::
le

dei

commentatori

arialle

stotelici ^),

dieci

categorie,

corrispondenti

dieci parti del discorso, escogitate dal neopitagorico

Nicomaco
1)

di

Ceraso

'),

le

sottili

distinzioni di cala

Come

si

vede, abbiamo qui un'anticipazione non solo di quanto


ali'

Scolastica ha pensato intorno

origine

appunto

del linguaggio,

ma

di

quanto pi
2)

tardi ancora Cartesio

ed

il

Leibniz diranno della facolt cono-

scitiva dello spirito

umano

in

genere.

Abbiamo

gi visto che questa era un' obiezione fatta

anche agli

Epicurei.
3) Cfr. A.
4) 5)
rici

Prantl, op.

Ed. Chaignit, op. cit. pag. 255. cit. Voi I, pag. 580.
i

vi

Per ottenere queste 10 parti del discorso Nicomaco ed Pitago* facevano entrare il nome appellativo [Ti^oor^^oplT.) e la parti-

cella

espletiva (Tiap uy^p-oiia, Cfr.

Chaignet, op.

cit.

pag. 305.

60

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

ratiere tutt' affatto estrinseco fatte

da Boeto
i

tra

vo-

caboli tautonomi ed eteronomi, di cui

primi erano
i

suddivisi

in

omonimi
senso

sinonimi, ed

secondi

in

eteronomi
nimi 0,
originali

in

stretto,

ed

in

polionimi e paro-

e
si

quando noi aggiungessimo quanto poco sieno in genere mostrati Romani anche
i

a proposito della filosofia del linguaggio, noi avre-

mo

detto tutto quanto

ci

pu

interessare.
-),

vero che

Cicerone

come
in
^),

gi prima Varrone

e Quintiliano

dopo

^),

parecchi

luoghi parla della dialettica e

de' suoi uffici


tiliano
'"),

vero che egli,

come anche Quindell'

riconosce tutta V importanza


la

etimolo-

gizzare per

definizione perch ex vi nominis argii'^),

mentiim

elicitiir

ma una
in

vera

dottrina
il

sul lin-

guaggio noi possiamo ben

dire che

genio romano
la

non ha saputo darci


anche
fatto del

modo

alcuno, mentre

co-

scienza religiosa popolare,


il

come al solito, linguaggio come opera


Mercurio
'^).

interpret

degli Dei

e specialmente di

Dalle scuole eclettiche, di cui abbiamo teste fatto


parola, passiamo ora a far rapido accenno a quanto

1)

PRANTL, op.

Cit.

pag. 547.
li.

2) Cfr.

su Varrone ISIDORO, Origines,

23.

38

Quintiliano, Inst. XH. 2. 4) Cfr. Cicerone, Brutus 417 De Finibns I, 7, 22. 5) Quintiliano, Inst. I, 6, 26 G) Cicerone, Top. VIII, 35;
3)
7)

Acad
;

li

58

Top.

II

T^e Orat.

II,

V,
e

10.

58.
II.

Acad.

18,

56.

Cfr.

Prantl, op.
cit.
1'

pag. 517.
Cfr.-S.
!e

Agostino, De
si

Civit Dei, VII, 14, e

Zeller. op.

IVori-

67.

Tutte

favole intessute nell' antichit classica per spiegare

gine del

linguaggio

trovano lucidamente riassunte dal Vico (VICO,


pag. 261 e 293 e sgg.).

Scienza nova, ed.

cit.

IN

FILONE

61

in

relazione

al

nostro argomento hanno pensato e

Filone

ed

il

Neoplatonismo.
la

Di

Filone

inutile

che noi richiamiamo


stica

soluzione mistico -razionali-

data

da

lui
il

al

problema gnoseologico, solo

ricordiamo

come
1'

due

parti,

medesimo ammettesse neh' anima una irrazionale, e muta (Xovov), 1' altra
e

invece

razionale

dotata

di

voce

('fojvY^v).

anche

quella per concorre alla formazione del linguaggio


nella

sua parte fisiolgica,


:

in

quanto questa fun-

zione della vita

il

vero principio per della parola


il

data dallo spirito, perch

linguaggio non gi solo

un suono, ma sibbene
un pensiero che
si

un suono a cui

si

connette
e

vuol comunicare agli

altri,

che

talvolta esce incoscientemente

zioni

^).
i

In virt di

stesso
stante

nomi

alle

come nelle esclamatal privilegio 1' uomo impone lui che fa nel medesimo icose,
il

in

cui le concepisce nella loro natura, nella

loro essenza e nelle loro propriet. Perci la conce-

zione delle cose

si

confonde per cos

dire,

o per

lo

meno
di

intimamente legala alla parola, e quindi,

con-

clude Filone, rinnovando un pensiero degli Stoici e


Epicuro,
il

cui

per

egli giunto per vie

ben
le

diverse,

linguaggio

esprime esattissimamente
-).

cose e

le

loro propriet specifiche

alle

importanza speciale Vico furono poi considerate come una delle manifestazioni prime del linguaggio umano (Giambattista Vico,
1)

Abbiamo

gi visto che anche Aristotele dava


le

esclamazioni,

quali

dal

op.

cit.

pag. 289).

2)

Le dottrine suesposte

di

Filone sono da

lui

svolte nell'opera
in

sua

De mundi

opificio

la

conclusione riportata snona cos

Filone

s'i'^sa'.vo'jaa

xc

T(v O-ox'.usvcov iTr^xa^ [.ia

Azx.d-r,v'X'.

xs y.a

vor^iVr^vai, Cfr. A. ED.

Chaignet

Voi. HI. op.

cit.

pag. 467.

62

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Per ci che riguarda


subito

il

Neoplatonismo, diciamo
l'

che

grandissima

fu

importanza che ebbe


et di

specialmente Porfirio
in

in tutta

1'

mezzo, dovuta
:

gran parte
zac

alla

traduzione che della sua

Etaavovr^
Tisr

lU
che

'Arj'.aTOTsXooc VvarY^vcif^iac.
^),

detta anche,

^vrs zovOv

fece

Boezio

d' altra

parte noto

la famosa lotta vedremo pi avanti,


sti

cos lungamente contesa,


nel

come

M.

E. fra Nominalisti, Reali-

e Concettualisti storicamente prese origine diretta


di tale opera,
i

da un passo appunto
si

in

cui Porfirio

era accontentato di porre

termini del problema,

senza

per nulla indugiarsi e risolverlo. Orbene an-

che a

proposito
di.

della

questione del linguaggio

il

grande scolaro
influenza,

Plotino esercit poscia una grande


di

prima

tutto
il

perch per opera sua

si

rinsald definitivamente
Aristotele
e
le

contatto gi stabilito da

e dagli

Stoici tra filosofia del linguaggio

disquisizioni logiche,
dell'

avendo
filosofia

egli considerato

lo studio

Organon

di Aristotele
di

come

un' inin

troduzione

necessaria

alla

Platone,

secondo luogo
sopra
i

perch avendo

egli nella

questione

rapporti del linguaggio scritto ed orale col

pensiero dato un grande peso alla percezione interna


gi preformata dei concetti,
s

da

stabilire,

come

dice

Boezio

-'),

tre

specie

di

discorsi

od orazioni, una

1)

Le cinque voci,

di cui

parla Porfirio, e che ebbero poi tanto se-

guilo nella storia della logica (e per convincersene basterebbe pensare alla
.grande importanza che ad esse d Marciano Cappella nella sua
liberales
)

A rtes
(cfr.

sono
ct.

genus, forma, differcnto, accidens, proprinm


Voi,
I

C.

Prantl, op.
2)

pag, 674.).
II,

Boezio, De Inferprct

12.

NEL NEOPLATONISMO

63

qiiae

litteris

contine tur, secunda qiiae verbis ac notertia


in

minibiis
lectuSy

personat,

diede luogo

quam mentis evolvit intelmodo diretto a quella conce

zione della
la

lux interior

di cui parla S.

Agostino,

quale a poco a poco

si

trasform nel sermo inteScolastici.

rior di alcuni Padri e degli

Dopo.
biamo
pena
di

Porfirio

ed

suoi seguaci pi nulla abellenica,


la

nella

filosofia

antica
:

che valga
s'

la

essere

ricordato
nel

logica

and man
di

mano impaludando
ancora
si

puro

campo

formale, e se

continu

degli

ultimi

commentatori

Aristotele a discutere intorno alle distinzioni di opo;


'sL'j'.z.

ovojxa,
scintilla
si

pf^jxa.

'-'))

^o

si

fece in

modo
in

che nes-

suna

di

pensiero rigeneratore e costruttore

brillasse e

tramutasse alla sua volta


ulteriori.

impulso per
continu
a

speculazioni

Solo

Giamblico
il

sostenere
sario
dei
di

V origine naturale ed
vocaboli,

significato neces-

mostrandosi
di Filone,

anche

in

ci se-

guace
la

Platone e
teoria

e contro Aristotele,

di

cui

sulla
in

significazione

ad placitum

delle

parole era stata

tempi a Giamblico pi vi-

cini ripresa e

sostenuta da Galeno-).

Ormai
fatto

il

Cristianesimo e

come
nella
di
il

religione e
sfera
del

come
pen-

sociale
riflesso

aveva
nuovi

gettato

siero
vita. di

fermenti

speculazioni e di
tentativo di Filone
ellenico
col

Tolto

di

mezzo ormai
del

congiunzione

pensiero

Giu-

1)

Prantl. op.

cit.

Voi.

I.

paj;. 651.

2) Cfr. in

proposito GIAMBATTISTA VICO, Principii di scienza nova

ed.

cit.

pag. 259 e 276.

64

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

daismo, e

pi

tardi

lo
si

sforzo

del

Gnosticismo a
eresse libero

che
il

tale

congiunzione

facesse col Cristianesimo,


si

pensiero cristiano a poco a poco

e fiero per contendere le posizioni occupate

ancora
;

da
in

Scettici, Eclettici

Neopitagorici e Neoplatonici

ci

esso
di

riusci a

qual prezzo e con quel vanlo

taggio

contenuto

vedremo,

sempre a pr'

del nostro argomento, pi avanti.

PAKTE
La
filosofia del
Isella

II

ling^^SE'^

Patristica

Capitolo

III.

La
in

filosofia del linguaggio nella Patristica


al

rapporto

problema storico

delle

origini

Sommario: Motivi
linguaggio non
della lingua

generali e particolari per cui una vera filosofia del


si

svolta nella Patristica.

La questione storica

primitiva quale fu posta dai Padri.

L' opinione
contro
la

della

priorit

sima.

La questione dell' origine divina ed umana del linguaggio. Soluzione platonica- stoica del problema sulla natura della parola. Come fu spiegato I' intervento divino nella produzione del di

della lingua ebraica ed argomenti pr e

mede-

scorso umano.

Contesa tra Eunomio

Gregorio

di

Nissa.

Scolastica,
di

Ben profonde sono le distinzioni tra Patristica come profonda la differenza tra la
chi sta per conquistare
di

tattica

un paese nemico,

quella

chi cerca di, organizzare


le

secondo ogni

ordine civile e politico


stica infatti,

La Patriben diversamente dalla Scolastica, di cui


conquiste
fatte.

avremo occasione
tutto,

di

parlare
il

pi

avanti, ha anzi^),

come ben dimostra


appunto

Wulf
i

un carattere

frammentario,

perch

suoi atteggiamenti
di

sono determinati dalle diverse contingenze


di

tempo
in cui

luogo, di minaccia, di offesa e di difesa,


si

essa

trovava.

Mostrare quale

sia

il

dogma,

difen-

1)

M. De Wulf, Histoire de
1905, pag. 93.

la Pliilosop/iie

medievale,

2.

ediz

Lonvain

68

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

derlo

da ogni attacco
col

dell' eresia,

o da ogni

com-

promesso
vare
in

Giudaismo
governo
posero
in

e col

Paganesimo, conser1'

mezzo a divergenze pericolose


nel

unit di

disciplina
di

della Chiesa, ecco gli scopi


i

quei primi scrittori del Cristianesimo,


la

quali per-

ci

filosofia

senz' altro

al

servizio del
della
pri -

dogma,
mato
per
corsi

non
sul

solo

relazione
riflesso
,

al

primato

dogmatica
della
lo

pensiero

dovuto
,

al

rivelazione
di trarre

sulla

ragione

ma anche
i

scopo

da quella unicamente
la

soc-

e gli

appoggi per
che

migliore spiegazione ed

accettazione di questo.

ci

evidente
essere
;

cos

essendo

le

cose

non

poteva

unit

nello

svolgimento

di tutta

la

Patristica

sintesi

filosofica

manca infatti della medesima una come invece pi tardi si ebbe


,

potente

una

sintesi

filosofica

scolastica

si

po-

sero, vero,

allora
si

alcuni

principii,

che

diventail

rono tosto
di

perpetuarono poscia come


di

centro
le

ogni

palpito

speculazione
in

cristiana,

dif-

ferenze nella quale furono

rapporto appunto alla


;

lontananza
furono

maggiore

minore da quel centro


tutti

ci

inoltre

argomenti che quasi da

in

quei

primi secoli di fervore e di lotta furono trattati con

abbastanza coerenza ed uniformit

di

deduzioni,

ma

anche

tale

coerenza, oltre che dai rapporti inevitabili


tra

che esistono ed esisteranno sempre

un certo nu-

mero

di

questioni religiose ed alcune esigenze della


era

filosofia,

determinata
nel!'

da una non minore coeoffesa da parte dei nemici


di

renza neir attacco e

ed interni ed esterni della nova religione

Cristo.

NELLA PATRISTICA

IN

GENERE

69

per questo che


negli
di

la scelta

degli argomenti tanto

apologisti quanto nelle prime scuole cristiane


il

Occidente ed Oriente
i

pi delle volte indipen-

dente dagli autori,


belli

quali

li

trovavano, per cosi dire,


dei nemici, che per

e preparati dalle

movenze

un

elementare

principio di tattica

non

si

potevano

lasciar senza risposta.

le

risposte venivano infatti,


il

pronte, rigide, veementi e contro

Paganesimo, che,
sforzi per

agonizzando
negli
aneliti

nella sua configurazione ideale tentava


dell'

agonia

gli
il

ultimi

non

morire del tutto, e contro

Gnosticismo, che, come

protesta della religione, della scienza e della filosofia

del

mondo pagano
per
tutti gli

contro
1'

1'

universalit della

fede e della morale, contro


e dei
e
diritti

uguaglianza dei doveri

uomini promulgati dal Cristo

da suoi

seguaci,

tent

appunto
culla,

di strozzare

il

Cristianesimo
le

nella sua

povera

e contro tutte

altre -eresie,

che

in

ogni parte del

mondo

cerca-

vano rompere

queli' unit di disciplina e di pensiero,


il

da cui solo poteva derivare

trionfo completo.
:

E
di si

si

noti contrasto delle

cose

il

fermento primo
al

aspra per quanto naturale opposizione


stava
in

Cri-

stianesimo
pensiero
e

gran parte nella tradizione del


antico
,

filosofico
;

specialmente
la

platonico
si

neoplatonico

orbene anche
in

Patristica, che

svolse

appunto

un

tale

periodo
all'

di civilizzazione

cos imbevuto di idee greche,

influenza di queste

non pot sfuggire, pur tentando essa co' suoi rappresentanti migliori e specialmente cogli spiriti
della scuola catechistica
di

magni

Alessandria Clemente ed

Origene

poscia

con

S.

Agostino

di

indirizzare

70

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

tanto
stini

tesoro
indicati
i

di

sapienza
e

antica verso

nuovi de-

da Cristo,

da quanti

il

suo pensiero

avevano per
rigidit

primi interpretato e spiegato.


e Lattanzio
^)

Potevan ben
e
1'

e Tertulliano

-)

colla

esclusivit del loro pensiero opporsi a

tutto

ci,

maledire quasi
di

1'

antica filosofia greca


la

questa pigliava non

meno

sua vendetta allegra,


1'

perch
si

di

essa era ormai impregnata

aria tutta

che

respirava, di essa ormai parlava qualsiasi palpito

di vita,

avendo essa ormai segnato quelle

traiettorie,

che qualsiasi speculazione riflessa per esser e rimaner tale doveva per forza seguire.

Or
la

cos stando
in
in

le

cose,

come

si

presenta a noi
ci
ri-

Patristica

rapporto

alla

questione che

guarda, e cio

rapporto alla filosofia del linguag-

gio ? Per rispondere a tale


tutto

domanda dobbiamo
a s
le

anzidi

considerare
tale

il

fatto

che essa era per nulla

natura

da richiamare

menti dei primi

scrittori e pensatori

cristiani,
il

perch nessuna insidia


offrire

vi

si

annidava,* che
difesa

Paganesimo potesse
il

propria

contro
si

Cristianesimo, e nessun
lo si

pericolo a cui questo

dovesse opporre. Gi
nel

detto,

la

Patristica

suo svolgimento non fu

in gran parte, e specialmente nei primissimi secoli,

che un ininterrotto gioco


assalti dei propri nemici,

di

controtattica contro gli


dall'

siccome questi

argo-

1)

LATTANZIO, Diviiae
per

insiitiitiones, Libro

III,

cap. 21, 22 (MiGNE,

Pai. Lai. VI pag. 417).


2) Tertulliano,

esempio, chiamava Platone

omnium

haeretico-

rum condimentariam
Pat. W, pag. 729).

(Cfr.

Tertulliano, De anima cap. 23 (Migne Pat.

NELLA PATRISTICA

IN

GENERE

mento del linguaggio ben poco vantaggio


pria

alla pro-

causa

potevano

trarre,

di

esso non usarono,

e su esso perci la Patristica

ben poco ebbe a che

pensare e decidere.

D'

altra parte

badiamo bene
sapere antico

in le

fondo

in

fondo

neir economia
danti
il

del

ricerche riguar-

linguaggio
d
di

non erano

speculazioni, dire-

mo

cos,

prima necessit,

ma sebbene
di

specula-

zioni

quasi

lusso. Solo con Platone esse assun-

sero un' importanza maggiore

quello che per s

potevano
di

avere,

perch

fatte

allo

scopo evidente
accenni

rendere

pi lucida e tersa la soluzione del pro;

blema gnoseologico
troppo fugaci

dopo

di lui,

dopo

gli

di Aristotele

ed accanto

alle

tendenze
Epicuro
dell'

troppo

astratte

degli

Stoici,

esse ebbero una svii

luppo originale con Epicuro, ed


ed
i

suoi,

ma

suoi

furono
e
la

come

grandi
del

scomunicati

Ellenismo,

congiura

silenzio,

che

tanto

presto travolse, per esempio, Lucrezio, dur anche


pi tardi nei secoli.

Dopo

Epicuro

la

questione del
il

linguaggio
stino

troppo

supinamente
che non

un

proprio de-

con quello della logica


evidente

e della
di

grammatica.

Ora
tica

logica o di

gramma-

potevano discutere quei primi


la

scrittori cristiani,

che
e

propria fede, condivisa con tutto V entusiasmo


tutto
il

con

candore compatibile
in

coli'

anima umana,

vedevano offesa
profonde
Patristica
e

nome di speculazioni ben pi feconde per questo che mentre la


!

ha

trattato,

per esempio, dei demoni, del

XYoc. del ::v50>xa. per


speciali,

non parlare che


la

di

argomenti

appunto

perch

diversa interpretazione

72

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

data

sopra
e

tali

questioni

dai filosofi

non

cristiani

passati

contemporanei

potevano
all'

in

modo imme-

diato

essere d' ostacolo

ortodossia, ed impulso
se

air eresia,

non

ha

trattato

non incidentalmente
nessuno
effetto d'or-

del linguaggio, appunto, perch

dine
vato.

pratico

sarebbe da una

tale

discussione deri-

In

base

ai

tali

motivi finora ricordati ben posgli scrittori

siamo dire che per

di quei primi secoli di

nuovo fervore
tile

religioso e sociale, dato che tanto sotdella tradizione classica sui problemi

era

il

filo
il

linguistici,

linguaggio doveva

in

un certo senso

apparire
alle

un' altra volta cos stretto e compenetrato


ai

cose ed

concetti

da non poterlo considerare


estrinseco, del

astrattamente

come un mero segno


1'

quale
altri

vi

fosse da dire chi


Il

avesse inventato e come


tale fossero

r apprendesse.
in

D'Ovidio pensa che


si

le

condizioni,

cui

trovava chi

in

modo

cos
al

frammentario ed incerto del linguaggio ha parlato


principio
del

Genesi

^),

orbene qualche cosa


gli
si

di sii

mile

si

pu
i

pensare anche per


quali pure

apologisti^ ed

primi Padri,

sempre

trovavano nelle
di

condizioni
pi
le

di

dover tendere a qualche cosa


di

ben

concreto
parole.
Si

quel

che

fossero

per

se

stesse

aggiunga poi che


far sorgere,

in

relazione alle
la ricerca sul

domande

pili

facili

ed elementari che

linguaggio

poteva
la

specialmente per ci che riguarda


le

sua origine, gi

Sante Scritture rispondevano

in

1)

D. Ovidio, op.

cit.

pag. 490.

NELLA PATRISTICA

IN

GENERE

73

modo

che, per quanto


in

magro ed
tosto a
si

incerto in se stesso
principii

metteva per
r accordo

evidenza alcuni
che

su

cui

non

manc
ci
'),

formarsi. Conside-

riamo
del
il

per

esempio

legge

al

principio

Genesi
alla

Dio avrebbe
(ym) ed
benissimo
'-)

egli stesso

imposto

nome
noi

luce

alle

tenebre (laylh).

Ci

possiamo
il

spiegare

pensando,
la filosofia
")

come

dice
del

Minocchi

che secondo
gli

ingenua

linguaggio presso
il

antichi popoli
di

solevasi pensare e dire che

nome

una data cosa

fosse non un' espressione relativa e soggettiva,

come

diremo

noi,

ma
ad

bens

una designazione della sua

propria essenza: ognuno perci degli antichi popoli


era

propenso

affermare che la sola sua lingua

fosse r essenziale e precisa designazione delle cose


e

che invece

le

lingue d'
del
di

altri

popoli fossero altretlinguaggio,

tante designazioni

vero

come per

balbuzie.

Il

concetto

lingua barbara e di popolo


si

barbaro, (alla lettera balbuziente),

riscontra infatti
fra
i

non meno
nesi
si

tra

Greci ed
').

Latini

che

Babilo-

gli

Ebrei
all'

perci che lo scrittore sacro

adatta

esigenze

popolari

della scienza con-

temporanea,

dicendo

che

Iddio

stesso

pose quei

1)

Genesi,

1,

5.
i

2) S.

Minocchi, Genesi, cap.


8).

(Studi Religiosi, Gennaio -Febbraio

1907 pag.
3)

rigine divina del linguaggio

non avveniva solo nel pensiero dei popoli, 1' oabbiamo visto accennata anche nel Cratilo di Platone, in cui si afferma pure la naturalezza dei vocaboli, nel senso che essi esprimono la natura delle cose, come sostennero poscia anche
ciie ci

Osserviamo

ed Epicuro, e
4) Cfr.

gli

Stoici, e Filone.
1.

Salmo CXIV.

74

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

nomi,

di cui si parlato.

Evidentemente queste conin

siderazioni,

che
per
la

potremmo
l'

modo analogo
dei

ri-

petere

anche
e

imposizione

nomi

fatti

da

Adamo,
dopo
perci
scrittori

per

confusione delle lingue avvenuta


Babele, non erano fatte dai primi
a
tutt' altre

la torre

di

cristiani,

cure

rivolti,

quali

accettavano fedelmente
in

e senza discutere o

discutendo

modo

tutt' affatto

superficiale ed inci-

dentalmente quanto

la Scrittura

diceva

in

proposito.

Anche pi tardi, nei secoli cio della Scolastica, come vedremo, il racconto biblico coi suoi tre
punti fondamentali
la
:

1'

esplicita affermazione cio

che

molteplicit

degli

idiomi fosse stato un castigo

di

Dio, e

gli

impliciti sottintesi

che

il

parlare fosse

una facolt primaria ed immediata


la favella

dell'
^),

uomo
fu

che
il

prima fosse stata


la

1'

ebraica

sempre

punto
stica,

di
il

partenza per

speculazione d' ordine lingui-

che avvenne anche per Dante, che pur fu

cos ardito e geniale nelle sue dottrine sulla lingua.


Tali

sono

principali motivi, per cui noi posfilosofia

siamo affermare non esservi stata una vera


del

linguaggio,

nel vero

ed esteso senso della pa;

rola, in tutto lo

svolgimento della Patristica


di

spunti

per
cenni
a

qua

essa non mancarono, rapidi ac-

a speculazioni, che, approfondite, avrebbero

quella
il

per

la

strada maestra condotto, non sono

rari,

che
ci

cercheremo

appunto

di

dimostrare, per

quanto
lavoro.

sar possibile, in questa parte del nostro

Cfr. in

proposito FR. OVIDIO, op.

cit.

pag. 492.

IN

CLEMENTE ALESSANDRINO
questione del linguaggio
in

75

Il

primo accenno

alla

in

scrittori cristiani

possiamo trovare

Clemente Alessecolo d. C. e

sandrino, che nato al principio del

III

successo

a Panteno nella direzione della gloriosisdi

sima scuola

Alessandria, centro allora della scienza


libri

cosmopolita, ne' suoi otto

degli Stromati espose

la dottrina di Cristo in relazione al

pensiero filosofico
il

antico e

contemporaneo pagano, verso

quale pur
della sua

tanta deferenza egli,

come

in

genere

tutti

scuola, nutriva. Comincia egli in un passo di quelli a


stabilire
il

numero
altri

delle lingue a

72 contrariamente

a
del

quanto

storici,
'),

appoggiandosi su un passo
portandolo a 75
1'

Genesi

affermavano

-).

Parla egli poi dei dialetti della Grecia,


nico,
il

attico,

l'

io-

dorico, r eolico, ed un quinto


all'

comune

tutti,

accenna

opinione

di alcuni Greci, tra cui ricorda


il

Platone, del quale pi avanti cita espressamemte


Cratilo, che

anche

gli

Dei avessero un loro dialettp


tocca del bisogno d' or-

speciale,
nei

deducendo

ci dai responsi da quelli dati


')
;

sogni e negli oracoli

dine biologico che spinge gli animali a manifestare

con segni
aiuto

gli

stati loro interni, s

da poter
;

essi avere

da

quelli della
in

medesima specie

rifacendosi

poi

infine
in

modo

evidente a quanto Cicerone af-

ferma

uno

dei primi capi del libro

primo delle Tu-

1)

2)

Cfr. Genesi, XLVI. 27. Clemente, ales., Stromatuni,

I,

21

(Migne, P. G. VUI

paj>.

878

e sgg.).
3)

Quest' opinione
uomini,

del

linguaggio degli Dei ritorna anche nel Vico

nella sua triplice divisione del linguaggio in lingua degli Dei, degli eroi,
degli

divisione

che

corrisponde alla sua tripartizione della


cit.

storia in genere. (Cfr.

VICO, op.

pag. 267 e sgg.).

76

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

scalane che

gli

uomini primitivi, perch pi vicini

in

ordine alla divinit, da questa furono maggiormente


illuminati su alcune verit fondamentali,

espone Cle-

mente r opinione, convalidata anche questa volta da


quanto Platone dice nel Cratilo, a proposito dei nomi
::brj

e xv*?
in

^),
i

che

dialetti

barbari sono

YVL7.ai, e

che

essi

nomi sono posti veramente da natura


linguaggio

Tali sono in breve gli accenni

al

fatti

da

Clemente

Alessandrino,

accenni

che

meritano

da parte nostra
perch
essi
ci

che

vi

indugiamo sopra alquanto,

daranno

modo

di

esporre nel

modo

pi sistematico possibile ci che per se stesso nes-

sun ordine avrebbe.


Anzitutto
a

proposito

di

quanto afferma Cle-

mente

in

relazione alle 72 lingue, diciamo che esso

rappresenta

uno

dei

punti
il

comuni

della Patristica,

per quanto diverso fosse

motivo, per cui quel nu-

mero era
recchi
genti
stati
in

giustificato. Alcuni,

appoggiandosi su palo

luoghi

delle

Scritture,
il

traevano dalle 72
cui

cui era

diviso

mondo, a

sarebbero
'),

dati

come
Egitto
di

protettori altrettanti angeli


figli di

altri lo

traevano dal numero dei

Giacobbe, che entrainvece


lo

rono
dal
torre

in

').

S. Epifanio

derivava

numero
di

quelli
^),

che tentarono

di costruire la

Babilonia

S. Isidoro lo metteva in rela-

1)

Cratilo 410 A. B.

2)

Le

stirpi

Sem, 25 da laphet
G. XLl, pag. 674).
3) Cfr.
4) S.

erano appunto 72, 32 discendenti da (Cfr. S. Epiphanii, Adv. Hacr Lib I,


8.
I,

Cam,
3.

15 da (MlGNE, P.

Deutoronomio XXXII.
cit.

Epiphanii op.

Lib,

1-4 in

Migne, P. G. XLI pag.

186.

NEI RIGUARDI BIBLICI

77

zione

al
:

numero
alcuni

dei seniori, super qiios cecidit spiritiis

Dei
alle

')

finalmente

lo

ponevano
-)

in

rapporto

72 generazioni che, secondo S. Luca, sarebbero


tra
si

intercorse
ci,
il

Adamo

e Cristo
il

Comunque

sia di

fatto

che

racconto biblico della torre

babilonica fu nella Patristica accettato e tramandato


cos
lari

com'

S. Agostino lo amplific
^),

con particoaggiunse pi
di

angelologici

altri

particolari vi
^),

tardi S.
lo

Prospero

d'

Aquitania

Teodoreto
sull'

Ciro

pose a fondamento delle sue teorie


lingue
'),

origine

delle

S.

Giovanni Crisostomo
la

lo accett

per

proclamare formalmente
"),

monogenesi
allora
si

del lin-

guaggio

di
:

cui del resto

nessuno

non ha
in

mai dubitato

mentre
la

d' altra parte

esso

tramut

argomento per
S.

glorificazione dell' opera di Cristo.

Massimo

'),

per

esempio, mette

in

rapporto

la le

divisione delle lingue col ricongiungimento di tutte


genti fatto per

mezzo

della parola divina di Cristo,


si

e col miracolo di cui


toli ^)

parla negli Atti degli


Spirito

Apo-

della

discesa

dello

Santo,

per cui

gli

Apostoli coeperunt

loqiii alils lingiiis proiit Spiri-

1)

Ctr S.

Clemente, Stromatuni,

Lib.

cap. XXI, nota

(AUgne

P.

G. VHI pag. 879).


2) S.

IRENEO, Adversiis Hacrescs, Lib.

Ili,

cap. 23.

Agostino, De Civit. Dei, XVI. 5. Aquitani, De vocatione omnium gcntium, Lib. II 4) S Prosperi cap. 14 (in MlGNE, P. L. LI, pag. 699. 5) Theodoreti, Quaest. in Genesim (in AliGNE P. G. LXXX pag. 166). 6) S. Giovanni, Crisostomo, Doemones non gnbernare mundum, Homil., I. cap. 2 (in Migne, Patrologia Graeca, XLIX pag. 256). 7) S. MAXIMI T.\UR., Sermo, 4 (in A\IGNE, P. L. ILVIII pag. 636,
3) S.
8)

Atti Apost.

II,

2-4.

78

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

tiis

dahat eloqui
sopra
il

illis.

Anche

S. Cirillo Alessandrino

')

insiste

una

tale

relazione, per la quale cos

anche
un

fatto della diversit delle lingue

assumeva

carattere

religioso

a maggior gloria dell' opera

redentrice ed unificatrice di Cristo e de' suoi discepoli 0-

Col racconto biblico della confusione delle


gue, conseguenza
della superbia degli uomini,
la

lin-

andava

per

Padri congiunta

questione della lingua prilinguaggi

mitiva.
il

Quale cio

dei

umani era stato

primo ad esser parlato dagli uomini ? o per meglio


quale era stato
alla
il

dire,

linguaggio
delle

di

Adamo

? Sulla
e'

credenza

monogenesi
1'

lingue,

non

era

dubbio
si

'),

tutto stava a

vedere quale

fra tutte le

lingue
;

poteva dire

originaria, e la risposta era facile

la lingua

matrice era l'ebraica, cio quella delle Sante


ci dichiarato esplicitamente

Scritture,

da S. Geed anche

rolamo

^),

da S. Giovanni Crisostomo

^),

1)

S.

CiRYLLi Alexand, Conim. in loelem prophet,

I.

XXXV

(in

MIGNE
2)

P. G.

LXXI

pag. 378).
i

Notiamo che

Padri, per meglio giustificare una tale relazione

fra la dispersione delle lingue

ed

il

potere miracoloso degli apostoli di

qualunque lingua, potevano far appello a parecchi passi delle Amos, scritture che di ci contenevano accenni (Cfr. Isaia, XXVIII, II Vili. 11, 12; Ezechiele III, 26; Psal. CXVII. 27; S. Paolo I Cor ^IV,
parlare
;

22, 27, 31).

(op. cit. pag. 505)

anche noi col D' Ovidio crediamo che Dante stesso abbia pensato che l'azione diversificante che ha sulla lingua il suo diffondersi nello spazio non venne in campo che dopo la confusione babelica.
3)

Per ci

che riguarda tale argomento

4)

S.

Gerolamo, Comm.

in Sopii, cap.

III

fin

Migne

P. L.

XXV.
.

pag. 1384).
5) S.

Giovanni Crisostomo, Honiilia

XXX

in

Genesim (Migne P

G. LUI. pag. 287).

E LA LINGUA PRIMITIVA

79

da S. Agostino

'),

per quanto

il

giudizio di questo

non

sia

dato

in

forma decisiva.

tale

opinione per se ne opposero nella tra-

dizione patristica altre, quella, per esempio, di Teo-

doreto che sosteneva esser prima

la siriaca
si

Gregorio

di Nissa, appoggiandosi su quanto

dice in un passo

dei Salmi

-),

credeva che

gli

Ebrei abbiano comin-

ciato

a parlar V ebraico solo

dopo V esodo
che
la

dall'

E-

gitto '),

finalmente

altri

credevano
'^).

lingua

principe

fosse P aramaica
fin

Efremo

di Siria

aveva

dunque ragione
di alcuni

da' suoi tempi di dire che solo


1'

Padri era
1'

opinione che
').

la

lingua matri-

ce

sia
Il

stata

ebraica
si

curioso

che

le

diverse

risposte date

al

problema

della

Ursprache

si

appoggiavano
la

tutte su ragioni etimologiche.

Se per alcuni

lingua

ebraica

fu

la

prima,
cos

essa per

non

si

chiamava
S.

originariamente,

non essendoci bisogno,


''),

Agostino
stendo
visione

che

parla

di

un nome
;

speciale, esifatta
la

alle

origini

una lingua soia


essa

di-

delle

lingue,
al

assunse
si

quel

suo no-

me da
il

Eber,

tempo
si

del quale

attu appunto
;

grande
lingua

delitto della torre di

Babele

dopo

di lui

la

ebrea

tramand come qualchecosa

di

1)

S.

Agostino, De

civitate Dei,

XVI.

II.
1,

2)

S.

Gregorio Nisseno, Contra Eunomium,

12.

(Migne, P. G.

XLV,
3)

pag. 997).

Salmi,

LXXX,

6.

4) Cfr.

GURIEL, Elemento lingiiae chaldaicae,

Roma
cfr.

1850, paj?.

esgg.

5) S. 6) S.

EPHREMI, App. Siriae, I, 134. Agostino, De civitate Df/, XVIU.

39;

anche Deciv.Dei

XVI,

11.

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

sacro,

tanto

vero, dice ancora S. Agostino, che

Mos
popolo

dovette

nominare
che

alcuni

che spiegassero

al

tutto ci

alla lingua ebraica

apparteneva.

Ora
in

tutto

ci negato da

Teodoreto Siriaco, che,

pieno r animo delle nobili tradizioni della sua patria,


cui
fin
il

dal

tempo
le

di

Alessandro

Magno

era pe-

netrato

soffio della

speculazione greca, e da cui


prime, che illuminarono
^),

uscirono pi tardi
il

scintille

sorgere
delle
etc.

della

civilt

araba

dice invece che


di

nomi

Sante Scritture, come quelle

Adamo,
ed al-

Cam,
lora

sono

di origine

prettamente siriaca, perch


:

siriaca era la ling.ua

prima dei primi uomini

come
:

si

spiega V origine della lingua ebraica ?

Cos

essa non una lingua naturale,


'poaiy.T^,

doctrina et arte comparata, non


cio Dio

ma ma
la

sibbene
otoay.r/^.

don

1'

uso

di

essa a Mos, che


il

ridusse
;

come

a lingua sacra per


il

codice delle leggi

per
isti-

questo che Mos,


tuire quelli

grande legislatore, dov<^tte

che

la

sapessero spiegare, ed a questo


le

che

si

riferiscono

parole del salmista

linguam

quam non
Anch' esso
gi

noverat, audivit.

Ed

il

nome

di ebraica ?

di origine siriaca, giacch

non deriva

da

Eber,
dalla

ma

sibbene dal fatto che

Abramo
in

u-

scendo
lestina

regione dei Caldei per andare


il

Pa-

attravers

fiume Eufrate, ora ebra

in linil

gua

siriaca

vuol
il

dire
di

appunto
ebraico

colui
').

che passa

fiume, di qui

nome

1) Cfr.

Carra de Vaux, Avicenne,

Paris 1990, pag. 49.

2) Cfr,

166 e

Teodoreti, Qiiacst in Gen. LXl (MiGNE, P. G. LXXX, pag. sgg.). Notiamo che l'interpretazione data da Teodoreto del nome

E LA LINGUA PRIMITIVA

81

evidente che causa prima


ed anche spiegazione
ciste

di tali

divergenze
sempli-

di tali soluzioni cos


si

del
fatto

problema
che
gli

delle origini

deve rintracciare
si

nel

argomenti, su cui esse

appogi

giavano, non potevano provar nulla, giacche


neir etimologie dei quali
del secolo
si

nomi,

cercavano, ed

al

principio

XVII

il

Pererio ancora tale appoggio cer-

cava

^),

gli
il

appoggi
valore

per

questa

queir ipotesi,
nel

trovano
cui

storico

non tanto

suono con

sono espressi, quanto


infatti

nel significato che


di

hanno

quello
riore

senza

dubbio qualche cosa

poste-

rispetto
di

questo, che certamente qualche-

cosa

originario,
rispetto

come sarebbe

del

nome greco
lingua
ori-

di Pietro,

all'

aramaico Kph, cosi che sa-

rebbe
ginale,

ingenuo
perch

parlar del Greco,


nella

come

traduzione
').

greca nella Santa

Scrittura vi quel

nome

Del

resto
la

proposito di quanto sopra, ricorsi

diamo

che

Patristica

mostr informata a

cri-

bramo perfettamente diversa da quella di S. Pietro Crisologo (Sermo CLIV in MiGNE, P. G. LII, pag. 608). L' etimologizzare era del resto uso comune nella Patristica, come lo era stato nella filosofia greca. Etimologie strane, n pi ne meno di quello che erano state quelle di
Platone nel Cratilo, di Varrone e di Cicerone, si trovano, per esempio, in S. Agostino (lovis da Jehova, Mercurius da niedius ciirrens, Proserpina da proserpendo etc. cfr. De Civ. Dei VII. 14, VII. 20 etc),
nello

pseudo

S.

Ambrogio

nei

commenti

all'

epistola di S. Paolo (Migne,

P. L. XVII, pag. 49), nel gi citato Pietro Crisologo (MiGNE, P. L. LII

pag. 608 e sgg.) etc.


B. Pererii, Comment. in Genesim, Venetiis 1607, 1) IV, pag. 203.

Tomo

I,

Lib.

2) Cfr. F. Delitzsch, The Hebrew Language viewed of Assyrian Research, London 1883, pag. 58.

in the tight

82

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

teri

ben

pi

seni
essa,
1'

di quello

che

lo

furono

scrittori
il

posteriori

ad

di S. Pilastro, per esempio,

quale espose
fusione

opinione che, anche prima della con-

delle lingue, gli uomini parlavano parecchi

linguaggi,
erat

coir abilit
et

per

di capirli tutti,

perch

omnibus lingua

idem senno, non quidem eousus, sed

rumdem vocabulomm
quentium
il

eadem hominum
^).

lo-

et

audientium intelligentia

D'

altra parte

Vico, parla di Giovanni ed Olao


la

Magno

che cre-

devano lingua matrice


ropio Beccano, che

Gotica, e di Giovanni

Go-

tale

vanto concedeva
ci

alla favella

cimbrica

~)

il

Giesswein

ricorda Andrea
nell'

quale pieno di seriet opinava che Dio

Kempe, il Eden aveil

va parlato Svedese,
il

Francese

^),

ed

il

Adamo Danese, ed serpente Nae rammenta De Rosny


il
'')

il

che credeva come


nesia,
il

lingua matrice quella della Poli1'

Webb

la

Chinese, e

Horwarth

la

Magiara,

stranezze queste che ricordano quelle consimili degli


antichi Egiziani, contro cui inveisce S.
e quelle dei Greci, contro
i

Agostino

^),

quali sta V invettiva di

Taziano
Per

*"').

quanto

la

Patristica
il

abbia
della

nel

modo che

abbiamo

visto risolto

problema

Ursprache

1) S.

Cfr.

Philastri, De haeresibus, Amburgo 1721, cap. 106, pag. 102. anche Calmet, De lingua primitiva et linguariim confusionem dis-

sertatio, in
2)
3)

Migne, Cursus Script. Sacrae, V. 833. Giambattista Vico, op. cit. pag. 258. Giesswein, Die Hauptprobleme der Sprachwissenschaft, Freiburg
cit.,

in

Breisgau, 1892, pag. 214. Cfr. anche D' OVIDIO, op.


4) 5)

pag. 507.
22.

6)

Leon de Rosny, De V origine du langage, Paris 1879, pag. S. Agostino, De Civit Dei, XVIH, 39. 40. Tatiani, Oratio adv. Graecos. Cap. 1, in MiGNE P. G. VII, pag.

806.

L'

ORIGINE DEL DISCORSO

UMANO

83

lingua
1'

matrice, chiaro che restava pur


altra

sempre
:

aperto

questione pur d' ordine storico


all'

donde

mai sia derivato


se cio
il

uomo

la

possibilit del parlare,


dell'

linguaggio opera naturale

uomo, o

se piuttosto esso un
in
altri

dono

della natura divina. Era


il

termini

dal

lato

formale

medesimo pro;

blema, che aveva tormentato anche l'anima ellenica

diciamo

dal

lato

formale,

perch,

sotto

l'

aspetto

della contenenza, di
si

un elemento nuovo

la Patristica

sentiva in obbligo di tener conto, dell' elemento

cio scritturale.

Prima
trovavano
culazione
fatti,

di di

tutto

Padri, specialmente greci,

si

fronte a quanto in proposito la spe-

greca gi

aveva escogitato. Origene


:

in-

dopo aver

T.srA

colle parole

X70C

JaO-c /ta ;:fvin

pT|To?

z'i^sioz

vojxuov,

anticipato

certo

qual

modo quanto
sette

molti secoli

dopo

dir

il

Du-Bois-

Reymond, essere
uno dei
scorrere
della

cio

la

questione del linguaggio

enigmi del genere umano, viene a diteoria


aristotelica

che

nomi sono

imposti ex instituto

('5ovi>y/.xj).

di quella degli Stoici

che

nomi invece sieno per natura, piimis vocibus


qiiibus siint

res ipsas,

nomina, imitantibus,
i

e,

degli
nel

Epicurei,

secondo

cui

nomi sono per natura

senso
ipsis

che primi homines


temere ejectarunt
si
^).

Come

quasdam voces de rebus si vede anche in O-

rigene

attu quella parzialit nel giudicare delle

teorie di Epicuro, tentando anch' egli di far passare

1)

Origene, Adv.

Celsum

Lib.

I,

cap. 24.

(Migne

P. G. Voi.

II

pag. 242).

84

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

r antico filosofo come un semplice sostenitore

dell'

origine naturale del linguaggio, e dimenticando cosi


tutta

seconda parte della dottrina di lui, gi da noi considerata, parzialit che gi abbiamo visto in
la

Diogene
giusti,

d' Enoanda ed in Proclo. A voler dovremmo anzi dire che anche la prima

esser
parte

della

teorica

epicurea

sull'

origine naturale del lin-

guaggio,
gico

determinata dal bisogno d' ordine fisiolosi

e psicologico,
in

trova nella Patristica molto


-di

meglio riprodotta
riportando
Sicilia
-)

Eusebio

Cesarea
di

^),

laddove
di

ed

allargando

un

passo

Diodoro

e forse

avendo
di

sott'
^),

occhio anche un altro


oltre

passo
di

analogo

Vitruvio

che

gi citati

Lucrezio, viene efficacemente a descrivere lo stato


degli

fermo
ciimqiie

uomini

primitivi

con

queste
et

parole

vocem UH confiisam primum


vaciiam
effunderent,

ab omni

si-

gnificatione

singiilis

paulatim

vocibiis articulata proferendis, signisque rerum qiiae

occurrebant inter sese constitutis, notam eoriim sibi

vero

omnium explicationem interpreiationem fecisse. Jam quod coetus eiusmodi ioti passim orbe conflavoces proni cuique temere ac fortuito

rentur singulique

visum erat componerent,


rationem

non eandem

idcirco

loquendi

cum

universis

communem

fuisse.

Atque hunc formae linguarum


illae

multiplices,

primaeque
et capita

hominum

societates

omnium parentes

gentium

extiterunt.

1)

EUSEBII Caes, Praep. Evang. Lib

I,

cap.

VH. (MlGNE P. G. XXI

pag.

54).

2) 3)

DiOD. Sic, Bibliot., hist. I, Vitruvio, De Architect., II,

8.
1.

L'

ORIGINE DEL DISCORSO

UMANO
visto
di

85

Del

Cratilo

platonico
di

gi

abbiamo

ac-

cenno neir opera


scovo
di Ciro,

Clemente Alessandrino,
di quello riporta

esso

qualche secolo dopo parl ancora S. Teodoreto ve-

che
^),

ed approva

al-)

cune etimologie

d' altra parte gi si ricordato


sia rimasto
il

come nella grammatica medievale


cetto dell' esilit dell'
/,

con-

concetto che eminentemente


visto

platonico,

come
pi

si

a suo lungo parlando

appunto del
espressione

Cratilo, trov nell' et di

mezzo

la

sua
;

efficace

in

Isidoro

di Siviglia )

possiamo
teoria
fu fatta,
filo

dire per che un' esposizione chiara della

platonife

del linguaggio nella Patristica


la

non
con-

anche per
in

difficolt
alle

enorme

di

trovare un

conduttore

mezzo

apparenti

e reali

traddizioni di quel dialogo di Platone.

Chiara

invece appare

in

Origene

1'

opinione di

Celso, sul linguaggio solo che quegli, forse per ra-

gione
curei, tonici
gli

di
^)

polemica, pone questo tra

gli

aborriti Epidi

mentre

in

realt

Celso

fu

uno

quei pla-

eclettici

pitagorici che portarono in avanti


dell'

insegnameati

tempo ben maggiore


duto

di

Academia per un giro di quello che non abbia creadunque, secondo Origene,

Seneca
ed
che

"').

Celso
questo

credeva,
telico

in

si

mostrava piuttosto aristoreferre

platonico,

nil

lupiter

dicas

an

1)

THEODORETl

Epis., Gracc. affect.

Gap.

III.

(MlGNE

P. G. LXXXIII,

pag. 863 e 875).


2) Cfr. 3)

4)
5)

del nostro lavoro. Gap. I. pag. 19. ISIDORO, Orig., I, 4. 17. Gfr. A. Ed. Ghaignet, op. cit. Tomo UI, Paris 1890, pag. Seneca, Nat. guaest., VU. 32.

191.

86

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Diespiter
Pappaeiis,
dei

art

Adonaeus, an Sabaot, an Animus, an


perch

appunto
solo

poco

importa
il

il

suono

vocaboli,
^).

interesssando

significato dei'

medesimi
Alla

presenza di

tali

dottrine degli antichi suH' o-

rigine e sulla natura del linguaggio


tata la Patristica ?
e

come

si

comporalle

caso mai che cosa ha essa

medesime contrapposto ? Possiamo anzitutto affermare che in genere la Patristica fu contraria all' arbitrio ammesso nell' uomo da Aristotele per la posizione
dei nomi,

venendo
in la

in

proposito ad opinione ben di-

versa da quanto

merito a tale questione ammetteva,


altri ter-

come vedremo
che non
e
le

Scolastica. La Patristica, in

mini, fu piuttosto per la spiegazione platonico-stoica

per

quella dello Stagirita,


le

per cui invece,


si

ragioni
la

vedremo pi
-)

avanti,
di

dichiar in
in

genere

Scolastica.
;

Le parole

Origine

pro-

posito sono recise

Et nane idem

repetimiis

nominum
visum est

naturam non esse ad hominum


Aristoteli.

placitiim, ut

Tale predilezione della Patristica per


platonico, che
i

l'

indirizzo
alla

nomi corrispondono veramente


si

natura delle cose,


il

comprende benissimo,
in

oltre per

rifiorire

del
il

Neoplatonismo
che

quel giro di

tempo
accor-

anche per

fatto

tale indirizzo

meglio
la

si

dava con un

punto
il

comune

di

tutta

Patristica
il

stessa che cio anche

linguaggio,

come

tutto

resto,

Origene, Contra Celsuni, Uh. V. Avremo occasione a suo tempo di discorrere dell' opinione di Dante in proposito, il quale in un passo della Vita nova (cap. XIII) mostra di accettare la dottrina nominum sunt consequentia rerum.
1)

2)

E l'intervento divino nell'origini

87

viene da Dio. Gi
a

in
lui

proposito Origene, rispondendo


agli altri epicurei,

Celso,

con

parla di un

occulta

quaedam thcologia
alle

qiiae iiniversitatis opifici


;

congruat, qua propter nomina sunt efficacia

questa

per

una concessione

antiche superstizioni del


di

Paganesimo, perch quella theologia,


grande scolaro
di

cui parla

il

Clemente

di

Alessandria, riguarda

non

solo

le

sacre parole della religione nuova,


quelle
di

ma

sibbene

anche
le

altre religioni

che usate

secondo
il

superstizioni antiche producevano, per


di

fatto

appunto

essere quel che erano, cose mi-

rabili.

Pi esplicito,

per meglio dire, pi cristiano

Eusebio
che,
disse,
in

di

Cesarea, che a
citate,
in

commento
erano state

di quelle

parole
si

poco sopra
da
di

tolte,

come

Diodoro
Dio
si

Sicilia,

lamenta appunto che

luogo

sia voluto in esse parlare di

una

fortuita

quaedam ac sponte odiata huius


.il

universi dinell'

sposino,

che egli ripete anche pi avanti


^)
.

opera

sua

De

praeparatione Evangelii

Contempora-

neamente
S.

S. Basilio r origine divina del linguaggio

chiaramente

afferma
^),

-)

dopo

lui

S.

Gerolamo
'),

),

Agostino
i

S. Giovanni Crisostomo

e molti
il

altri,

quali interpretando in

modo

letterale

rac-

1)

2) S.

3)

Eusebio Caesar, De prepar. Evang., Lib. H, 3. Basilio, Homilia li in Oeut. XV. 9 (Migne P. G. XXXI, pag. 198 S. Gerolamo, Comm. in leremiam, Lib. IV, cap. XX (Migne P.
pag. 839).

G.

XXV
4) S. 5) S.

Hom.,

AGOSTINO, De civitafe Dei, VII 25. Giovanni Crisostomo, Doenwnes non gubernare mundum cap. 2. (MIGNE P. G. XLIX pag. 24G).

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

conto
di

biblico

dell'
le

imposizione

dei

nomi da parte

Adamo
Vero,

a tutte

specie di animali, hanno veduto


di

in ci

r opera evidente
si

Dio

^).

che

il

gi citato S. Basilio in un suo

discorso

')

chiama
si

il

linguaggio munas naturale,

la

quale espressione

pu benissimo spiegare pensanin S.

do non solo

alle

parole sulla naturalit del linguag-

gio che S. Basilio gi poteva leggere


in in

Clemente

rapporto appunto
proposito,
antichi

alle teorie degli antichi filosofi

ma
^)

probabilmente anche a quanto nei

tempi

aveva narrato Erodoto, accogliendo


V episodio del
re

nelle sue storie

egiziano

Psamla

metico

il

quale

volendo

sapere

quale

fosse

prima

parola, che
di

naturalmente poteva uscire dalla


la

bocca

un bambino, per poter decidere quale fosse

nazione
in

matrice, seppe che un bambino, mandato


solitudine con una nutrice muta, pronunci
la

una

per prima
vuol
dir
la

parola Bxxoc, che


^).

in

linguaggio frigio

pane

Abbiamo
di

detto che molto probabil-

mente
della

conoscenza
il

questo aneddoto pu aver

determinato

grande Basilio, eruditissimo luminare


a

Cappadocia,

credere

naturale
la

il

dono
di

del

linguaggio, e tale probabilit


logia
del
fatto

deduciamo per anaEro-

che

1'

aneddoto suggestivo

1)

Cfr. B.

Pererio, op.

cit.

Tomo

I,

Lib. V, pag. 202.


et

2) S. Basilio,

Senno n De Doctrina

admonitione (MIGne P. G.

XXXn

pag. 1134).

U, 2. Di casi pressoch simili avvenuti in 3) Erodoto, Historiae tempi moderni discorre a lungo lo Steinthal (Steinthal, Ursprung der Sprache, Berlino 1888 pag. 277-281). 4) Sul valore di tale e consimili esperimenti cfr. D' OVIDIO, op. cit.

pag, 491 e sgg.

E l'ipotesi tradizionalistica

89

doto

ci

tramandato anche da Tertulliano


1'

'),

il

quale

pure, volendo poi spiegare


fa derivare questo,

origine del linguaggio,

secondo

il

suo grande principio

magistra natura, anima discipula, dalla natura stessa

')

Comunque per
le

sia di ci,

non

si

deve credere che


intervento

espressioni e di Basilio e di Tertulliano sieno in


all'

contraddizione

opinione comune

dell'

divino neir origine del linguaggio, Tertulliano stesso


ci

toglie qualsiasi

dubbio su

ci,

quando

nel

passo
;

stesso citato chiama Dio magister ipsius naturae

se

questa adunque ha operato immediatamente nella for-

mazione
Ora
dri

del discorso
si

umano,

in

modo mediato
vedere come

1'

ori-

gine di questo

deve per sempre

attribuire a Dio.
i

tutta la questione sta a

PaRe-

potevano o sapevano spiegare


nella

tale intervento di
dell'

Dio
cui

produzione della favella


l'

uomo.

Il

nan ha affermato che


il

ipotesi tradizionalistica, per

linguaggio sarebbe stato infuso da Dio, sicch

uomo da
ed

questo avrebbe insieme ricevuto e rice-

verebbe
teologia
il

essenza
')
;

parola, tradizionale nella

cristiana

orbene,

per ci

che riguarda

periodo patristico, dobbiamo assolutamente negare


ci
sia,

che

che anzi durante un


dire

tale

periodo ab-

biamo argomenti per

come una
l'

tale ipotesi sia

anzi stata solennemente oppugnata.

Gi S. Agostino afferma che

imposizione dei

Tertulliano, Ad nationes,
pag. 284.
2)

Lib.

cap. 8

(Migne

P. L, Voi

I,

Tertulliano, De testimonio animae, cap. V (Migne P. Renan, Origine da Langage, Paris


1858, pag. 8.

L.

I,

pag. C89).
3)

90

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

nomi opera

della ragione

umana, e
le

lo

afferma
')
:

in

modo
quod

esplicito,
in

ecco

infatti

sue parole
est,

Illud

nobis est rationale, id

qnod

ratione uti-

tur et rationabilia vel facit vel seguitar, quia naturali

quodam vinculo in eorum societate astringebatur, cum quibus UH erat ratio ipsa communis, nec homini homo firmissime sociari posset, nisi colloquerentur
atque
derent,
ita sibi

mentes suas cogitationesque quasi refunesse

vidit

imponenda rebus vocabula,

id est

significantes

mos

silos

quosdam sonos : ut quoniam sentire aninon poter ant, ad eos sibi copulandos sensu

quasi interprete uterentur.


Nel grave dibattito per avvenuto nel IV secolo
tra

Gregorio

di

Nissa ed Eunomio

si

rileva

meglio

r opposizione
in proposito.

a qualsiasi tendenza tradizionalistica

Eunomio ebbe, com'


tanza
nella
egli

noto,

una grande imporomoioousia cio


ed
il

storia
fu

del

pensiero religioso cristiano,


dell'

perch
delle

grande fautore
tra
il

sola
la

somiglianza

Figlio

Padre,

contro

dottrina dell' omoousia, cio parit di na-

tura tra quello e questo, sostenuta


dai

con tanto calore


il

Padri

dell'

ortodossia. Per
noi

ci che riguarda
dire
di

nostro

argomento
del

possiamo

essere stato
1'

Eunomio un seguace quasi fedele


dal

Filone

ebreo,

misticismo

quale
le

molto probabile abbia

direttamente attinto

proprie opinioni sul linguagdi Filone

gio, data r influenza storicamente provata


sullo

svolgimento del pensiero

ulteriore, e special-

1) S.

Agostino, De

ord.

Il

cap. 12.

NELLE DOTTRINE

DI

EUNOMIO

91

mente
r et

sul

misticismo
di

neoplatonico

nel

secolo IV,
in

appunto

Eunomio,

pienamente

fiore/

D'

altra

parte egli

pu essere considerato come un


alcuni

lontano antecessore della teoria tradizionalistica, che


affermatasi

gi

in

teologi

dopo

il

Rinasci-

mento
saire

'),

trov
del

la

sua pi completa espressione nel


le

De-Bonald
qiie

quale sono

parole

// est

nces-

V homme pense sa parole avant de parler


-),

sa pense
teiir

appunto perch
et

il

a falla que

le

cra-

donnt a V homme

V instrument de
et

la

parole

et la

manire de V empio yer

de

s'

en servir').
dal secolo IV

Opinione pressoch simile era


manifestata
vole
delle

fin

da Eunomio,

il

quale pure era favore-

ad

una soluzione
del
1'

ultra naturale del


:

problema

origini

linguaggio

nomi, egli diceva,

sono

come

essenza delle cose, quindi dipendono

anch' essi
di

direttamente
era

da Dio da

^).

La

tesi contraria
:

S.

Gregorio

cos

lui

stessa riassunta

Nos asserimus nomina ad


candar fiumana
fettamente
sollertia

res declarandas et signifi-

inventa esse
altre
:

^),

a cui per-

corrispondono quest'

inventio ver-

borum singulorum ad rerum significano nem a nobis

1)

Cfr.

Steinthal, Ursprung der Sprache, Berlin

1888,

4 Aufl.

pag. 45.
2)

3)
4)

De Bonald, Lgislatiom primitive, Paris 1803, parte I, pag. 54. De Bonald, Grammaire generale, Paris 1799, parte l. pag. 117.
Gregorio Nisseno, Cantra Eunomium,
pag. 906).
Lib.

XM. (Migne

P. G.

XLV,
5)

Gregorio Nisseno, Cantra Eunomium,


963)

Lib. XII.

(Migne

P. G.
P. G.

.XLV, Pag.
6)

Gregorio Nisseno, Cantra Eunomium,


pag. 990)

Lib. XII.

(Migne

XLV,

92

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

ipsis

excogitata
dal

est'').

Gli

argomenti
la tesi

portati
dell'

in

campo
sario
dini,
ti

santo

per

ribattere

avver-

vantaggio

della

propria,
; i

sono
naturali
in

di

due ortrat-

e cio naturali e teologici

sono

dalla

costituzione

dell'

uomo

fondo
il

la spie-

gazione ultrarazionale
sia

di

Eunomio che

linguaggio

stato

infuso

da

Dio neir uomo, spinta a suoi


i

estremi

limiti,

portava alla conseguenza che


all'

nomi
santo
pro:

potevano essere preesistenti

uomo

0, ora

il

aveva

buon

gioco nel rispondere che per


ci

la

nunzia delle parole

vogliono organi e che perci

proprium est corporeae naturae per verba cordis


nimi sensiis
pi
tardi

et a-

emmtiare~),
^),

tanto vero soggiunger

Teodoreto

che

in

cielo

non

esister

pi linguaggio,
Gli
in

come
d'

concepito ed attuato

da noi.

argomenti

ordine
a

teologico erano escogitati

contrapposizione

quanto

affermava Eunomio

sul discorso attribuito


sti

dalle Scritture a
egli,

Dio

se que-

ha

parlato,

concludeva

vuol

dire che la
di

parola
cui

qualche

cosa che appartiene a Dio, e

questi
^),

pu disporre a vantaggio
che

di altre crea-

ture
di

al

S. Gregorio risponde che le parole

Dio

non sono che

divinae voluntatis indicatiofi-

nes,

aliter

atque aliter ratione eoriim qui gratiae

1)

Gregorio Nisseno, Cantra Eunomium,


pag. 966).

Lib.

xn. (Migne

P. G.

XLV,

2) Gregorio, Nisseno, Cantra Eunamium, Lib. XH. (Migne P. G. XLV, pag 979). 3) Theodoreti, //z^erp. Epist. I ad Carinth. cap. XIV. (Migne, P. G. LXXXH, pag. 335). 4) Gregorio Nisseno, Cantra Eunamium, Lib. XH. (Migne, P, G. XLV. pag. 998).

E LA

CONTESA FRA EUNOMIO E GREGORIO


sanctonim puro
.

93

iint

partlcipes,

et

ratio nes

tenenti

principatiim intellectni illucesccntes

Se adunque Mos
in

ha parlato del linguaggio


rapporto
diverso
a
reali

di di
i

Dio, lo ha fatto non


lui,

discorsi

che

in

avr

manifestato

suoi

divini

modo ben voleri, ma


eorntn

sibbene propter pnerilem

imbecillitatem

qui

ad Dei cognitionem adducebantur. D'


mai

altra parte

dove
con-

Mos
il

dice che Dio diede


^)

il

codice completo del


ritenere,

linguaggio umano

? Si

deve dunque

cludeva
il

santo

scrittore,

che Dio non infuse gi

linguaggio

beli' e

fatto in noi,
di

ma

sibbene fece

uomo come capace


di

ogni scienza cos capace

anche

discorso
a

'-).

Parr
al

prima vista che questa soluzione data


delie origini del linguaggio

problema
Nissa

da Gregorio
si

di

sia in

opposizione a quanto

affermava

poc' anzi suir interpretazione piuttosto platonica che


aristotelica data dalla Patristica in

genere della nain

tura

dei

vocaboli, ora ci non

realt,
il

giacche

se pur vero che Gregorio ammetteva

linguaggio

come opera ed invenzione


tatis "),

logicae

humanae facul-

nel che egli


di

sembrerebbe un seguace della


sul

spiegazione

Aristotele

linguaggio posto ad
:

placitum hominis, aggiunge per tosto queste parole


res

autem secundum naturam

et

vim cuique inditam

1)

Gregorio Nisseno, Cantra Eunomium,


pa^'.

cap.

XU (Migne
(Migne (Migne

P.

G.

XLV

1002).

2)

Gregorio Nisseno, Cantra Eunomium,


pag. 990).

cap. XII

P.

G. G.

XLV
3)

Gregorio NIsseno, Cantra Eunamium,


pag. 994).

cap. XII

P.

XLV

94

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

significative voce aliqiia nominantur, colle quali pa-

role

evidente

che

anche Gregorio
l'

di Nissa,

nel

dare ragione della parola, segue


tone,

indirizzo di Pladagli Stoici

seguito

poi

in

certo qual
le

modo
tra

ed anche da Epicuro, che


per natura, perch
cui esse
si

parole sono veramente

vi

un nesso reale
la

suono, con

esprimono, e

cosa, che da esse vien

nominata.

Capitolo La
filosofa

IV.

del linguaggio in rapporto

alla psicologia patristica.

Sommario
Il

La questione
dell'

del linguaggio ne' suoi rapporti psicologici. e


la

linguaggio

uomo

manifestazione

dei

sentimenti nei

bruti.

EleElementi fisiologici nella produzione dei suoni. menti psicologici del linguaggio e loro rapporto colle facolt dell' Rapporti tra 11 sermo interior secondo la Patristica. anima. La linguaggio interno ed esterno, e rapporti tra pensiero e parola.

questione del linguaggio ne' suoi rapporti morali.

Quanto
tutto

nel
la

capitolo

precedente

si

detto

quanto

Patristica ha saputo o potuto escoalla

gitare

intorno
nel

questione del linguaggio consistorico


;

derata

suo

aspetto

vediamo ora che


al

cosa essa ha saputo o potuto dire intorno

medesiamo
la

simo argomento
cologici
,

considerato ne' suoi riguardi psi:

cio nei suoi rapporti col pensiero

qui in un
detta

campo che
del
le

pi

direttamente tocca

cos

filosofia

linguaggio,

riguardando questa

sopra tutto
in

relazioni del linguaggio col

problema

genere della conoscenza.

Abbiamo
di

visto a suo luogo

Platone

si

debba
che

interpretare

come il Cratilo come una prepainfatti

razione alle teorie

delle

idee

essendosi,
si

in

esso

mostrato

dalle

parole non

pu cono-

96

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

scere

la

natura delle cose,

vi

si

veniva esplicitamente

ad accennare ad
terpretato,

un

altro

criterio di

conoscenza,
che, cos in-

alla teoria cio delle idee.


il

evidente
per

Cratilo

risolveva

una questione che


quegli
scrittori
la teoria delle

rimaneva

pregiudiziale

anche

della Patristica, che


e

ammettevano

idee

con

essa

1'

altra teoria della

reminiscenza

come

spiegazione

delle origini

delle idee stesse, e della


di

conoscenza che noi possiamo avere

esse, hitenil

diamo

soprattutto parlare di S. Agostino,


noto,
in

quale,

come

dapprima

si

era appunto risolutamente


^). '),

pronunciato

favore della reminiscenza platonica

vero che
il

pi tardi egli ritratt tale sua ideologia

che fece

per respingere

la

teoria platonica della

preesistenza delle anime, restando per sempre per-

suaso

dell'

innatismo

delle

idee,

spiegando questo
o per un' azione
dell'

per r intervento successivo di Dio, a misura che


la

nostra

intelligenza

si

svolge,

unica del medesimo, che


l'

al

momento

unione delin

anima

col nostro
di

corpo avrebbe deposto


sapere %
di vista,
dell'

quella

un tesoro latente
Sotto
dal

un

tale

punto

cio direttamente origine delle idee,


del linguaggio,

problema fondamentale
la

ben avrebbe potuto


considerata

questione

sempre

ne' suoi riflessi psicologici, es-

sere attaccata nel suo punto sostanziale, invece cos

non

fu

la

Patristica

infatti

per

essere

coerente

1) S.

2) S. 3)

Agostino, De gnantitate animae, 20. Cfr. De Trinitate, XH, 15. Agostino, Re t rad., I, 8. Cfr. F. Martin, Saint Augustin, (Los grands philosophes), Paris

1901, pag. 5.

ED

SEGNI NEGLI ANIMALI

97

alle ragioni

della sua esistenza, di cui gi


la

si

dilin-

scorso un po' addietro, anche

questione del

guaggio affront

in

modo

accidentale e

saltuario,

man mano
Anche
che

la

foga della discussione e soprattutto


il

r entusiasmo della fede offriva


qui
1'

destro.
filo,

impulso primo a trovare quel


le

possa

unire

frammentarie speculazioni

dei

Padri

suir argomento
gi
di

che

e'

interessa,

ci

offerto,

come
mente
tato
in

per

la

parte storica di esso, da S. Cleinfatti

Alessandria. Egli
altro
fa

nel

passo gi

ci-

luogo parla
in

di ^lazToi

X^m

C^wv,

del

che
*),

accenno

un passo, riportato da Oriil

gene

anche

Celso,

quale
in

al

sistema di segni,
gli

ricordati

da S.
ed

Clemente,

uso tra
i

elefanti,

scorpioni
gli

alcuni

pesci aggiunge

colloqui de-

uccelli.

Una manifestazione adunque


dentro

di ci

che

si

attua

possibile
essa,

anche negli animali, solo neh'


alla

uomo per
assurgere
differenza

associandosi
di

riflessione

pu
la

all'

importanza
questo
e

discorso, cosicch

la

tra

quella

stessa che S.
tra

Agostino con molta precisione dimostra esistere


il

modo

di

conoscenza degli uni ed


altri. -).
il

il

modo
in

di

cono-

scenza

degli

Ci chiaramente

affermato

da S. Basilio,

quale mette benssimo

confronto

r elemento, diremo cos, fisiologico del


col di lui elemento psicologico. Quello
.

linguaggio

non assotanto

Ultamente

necessario

al

linguaggio,

vero

1)

Origene, Contra Celsnm. IV. (Migne, P. G.

XI, pag. 222).

2) Cfr. S.

Agostino, De

civitate Dei, XI, 27.

98

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

che

si

constaremus anima nuda

statini certe

cogita-

tioniun ope inter nos congrederenmr,^) colle quali parole

sono

in

rapporto quelle

altre di

Origene, con cui


Aristotele,

si si

afferma,

come

gi

aveva
mentre

fatto

che

possono

talvolta proferire suoni

senza che abbiano


possibile
di-

significato

alcuno,

anche

scorrere intra nos ipsos, senza pronunziare parola al-

cuna'),
sostiene

il

passo gi citato
in

di

Teodoreto,
si

in

cui

si

che

paradiso

linguaggi

renderanno
in

perfettamente
cui
si

inutili,
il

e le parole di S.

Agostino,

spiega

modo
sed

col quale
et

possa parlare Iddio

non gi per corpus


coriim
sit

interposito corporaliiim loveritate, si qiiis idoneiis

intervallo,

ipsa

od audiendum mente non


Finch per
si

corpore'').
terra,

su

questa
di

dove
e di

1'

uomo
'^),

rimane sempre un composto

anima
la

corpo

anche
che
la

1'

elemento fisiologico ha
Patristica
il

sua importanza,

riconobbe

con

Nemesio, per e-

sempio,

quale nel suo trattato di Psicologia

De
in

natura hominis, parla appunto degli instrumenta vocis,

fra

cui

egli

cita et

et

museali qui intus sunt

mediis
teria,

lateribus
et

thorax, et palmo, et aspera ar-

larynx,

et

horum maxima quod


et lingula,

cartagiloet os,
et

nosum

est,

et nervi recurrentes,

1)

S.

Basilio,

HomiUa

in Deut.
di

XV,
gi

198).

Opinione pressoch

simile

9. (Migne, P. G. XXXI, pag. abbiamo visto in Aristotele, e

vedremo pi
2)

tardi nella Scolastica.

Origene,

Comment.

in

Ioannem, U, 26 (Miqne, P. G. XIV,


2.

pag. 170).
3) S.

4) Cfr. S.

AGOSTINO, De civitote Dei, XI, Agostino, De civitate Dei,

XIII, 24.

NEI RIGUARDI FISIOLOGICI

99

omnes
gorio
siaste
tica,

musciili

qui has partes movent

'),

con Greall'

Nisseno,
descrive
in effetto
le

che
il

in

un

commentario

Eccle-

lavoro

fisiologico che senza fa-

dell' abitudine,

compie
evidenza

la

lingua per
')

pronunciare

parole

-),

con
in

Lattanzio

che nel
atteggia')

De

opificio

Dei

mette

gli

menti

degli organi vocali,


in

con S. Ambrogio

che
pre-

neir Hexaemeron, loda

modo

nobilissimo

la

cisione degli organi diversi del petto e della bocca


nella

formulazione
^),

dei
i

suoni diversi, con S.

Ago-

stino

con

altri,

quali tutti s'indugiano nella


fisiologici del lin-

descrizione

anche degli elementi


un
argom.ento
'').

guaggio per spremere


ottimismo
gnifica
del

nel loro inalterabile e


di

fecondo

lode per

1'

opera ma-

Creatore

Anzi

questa colorazione
1'

religibsa

che

distingue profondamente

ottimismo

dei citati autori della Patristica dal teleogismo delle


fonti,

donde

essi attinsero quei rilievi di ordine

fi-

siologico,

fonti

che

noi

possiamo

facilmente rinquesti, indell' aria


'),

tracciare nel

Timeo

di Platone,

dove

segna esser

la

voce una certa pulsazione

1)

NEMESI!,

2)

De natura liominis, cap. 14. (Migne, P. G. XL, pag. 667). Gregorio, Nisseno, In Eccles. Hom. I. (Migne, P. G. XLIV.
FiRM.

pai;. G30).
3)

Lattanzio, De

opificio Dei, cap. 15.

(Migne, P.
(Migne, P.

L.

vn,
XIV,

pa^'. 620.

4) S.

Ambrogio Hexaemeron,
AGOSTINO, Confessioni,
in

lib.

VI, cap.

9.

L.

pag. 269.
5) S. G)
I,

Vili.

Bisognerebbe leggere
scritto Lattanzio e S.

proposito per convincersene


nei passi citati
dell' aria

quanto

hanno
7)

Ambrogio

Questo elemento

fisico

indicato da Platone, e fissato

100

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

arrivante

al

cervello ed

al

sangue per mezzo delle


Historia animaliam
in

orecchie, nel
tibiis

De

Generatione animalium, nel <^Depare nella

'),

animaliiim
^),

di
'),

Aristotele
il

in

Plutarco

Gellio

-'),

in

Galeno

quale forse ebbe influenza anche per


tra

la differenza

stabilita

voce
e la
tutti

YYfj|x'iaro? o

o'.Xsvcioc,

propria

degli

uomini,

voce
gli

Yp7.(x'j.aoT?,

che l'uomo ha
:

comune con
bedue
tali

animali aventi polmone


si

amaltri

specie

di

voce

attuano,
la

come

gi in-

segnava Aristotele, mediante

respirazione, ed

strumenti, tra cui prima la lingua che Galeno chiama


xi^picraTov opYavov,
il

espressione queste che richiama

pretosissimiim
narici,
le

vocis
i

orgamim
denti,
la

di

S.

Ambrogio

'0

le

labbra e

mentre della respirai

zione sono istrumenti

gola ed

polmoni.
l'

Era naturale per che pur riconoscendo


tanza
suoni
del
fattore
si

impor-

fisiologico

nella

produzione dei
l'

diversi,
al fattore

volgesse

maggiormente

atten-

zione
di

psicologico del linguaggio, cercando

inquadrar questo neh' economia generale delle fa-

poscia

in

modo

definitivo da Aristotele, nei passi di cui

si

parler pi

sotto, rest

sempre come alcunch

di indiscutibile e nella Patristica, e

nella Scolastica.

1)

Abbiamo
si

gi
i

avuto occasione

di ricordare

passi di Aristotele
(cfr.

dove

trovano

di lui rilievi fisiologici sul linguaggio

del nostro

lavoro cap. U, pag. 34^; aggiungiamo qui l'altro passo del tione animaliam, (V, 7) non meno importante degli altri.
2)

De Genera-

Plutarco, De

Placitis philos. IV,

2,

19.

3)
4)

Gellio, V. 15. Cfr. FiRM. LATTANZIO, De opif. Dei. cap. XV, nota. (MlGNE, P.
S.

L. VII, pag. 62 e sgg.).


5)

Ambrogio, Hexaemeron,

VI.

67 (Migne, P.

L.

XIV

pag. 270)

NEI

RIGUARDI PSICOLOGICI

101

colta

umane. Gi abbiamo visto che


faceva distinzione
in

la Patristica,

proposito
mali,

della manifestazione dei segni negli anitra questi

e
:

uomo
il

per

la

presenza

questo della riflessione

ci chiara-

mente indicato da S. Giovanni Crisostomo,


propostasi
la

quale
briitis

domanda
:

Qua
ob

re distingiiitiir

homo
aiit

risponde

non nos separai qiiod pascimiu


sermo,

vivmiis,

sed

quem animai
^).

dicitar

AOY'.zv,

hoc est sermonis particeps


in

Gi

S.

Gregorio Nazianzeno troviam.o ben

distinte le diverse facolt


(vo?)

umane

opera della mens


il

ocidus Internus non circumscriptiis


e

pen-

siero,

r espressione
spiova
t)v

delle cose

la

ragione non

altro

che

voc toTicojxaTcov, cio investi-

gatio mentis conceptuiim,

qaam

proferes per vocis orle

gana,

sensi

ricevono invece

impressioni dall'
il

esterno, mentre la
delle

memoria non
della

che
11

conservarsi

impressioni

mente

').

santo poi con-

tinua a parlar della volont,

ma

questo a noi poco

poco interesse avrebbe per il nostro argomento quanto di lui abbiamo ricordato, se in esso non ci fosse queir accenno alla
importa,

come

del resto

rerum expressio, come


diato
il

la cogitatio
ci

prodotto imme-

della

mente, accenno che


in S.

pu

far

nascere
gi nello

sospetto che anche


si

Gregorio,

come

Stagirita,

possa trovare un

altro tentativo di iso-

1)

S.

Giovanni Crisostomo, Homilia,

iv (Migne,
lib.

P.

G. lvi,

pag. 122).
2) S.

verso 25 e sgg. (Migne, P. G.

Gregorio Nazianzeno, Tlicol. Cannimm, XXXVUI, pag. 947).

I,

XXXIV,

102

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

lare

la

funzione

linguistica
di

dalla

funzione

logica

propriamente detta, e
poetica ed estetica.

porla insieme alla funzione

Ben
ci

pi completo che non S. Gregorio di


,

Naper

zianzo, poeta piuttosto che filosofo e teologo,

che riguarda questioni

psicologiche,

col trattato, gi
nis,

da noi ricordato.
eminentemente
di

Nemesio De Natura homivulgarizzazione,

che,

opera

tanto
il

credito

ebbe per

tutta V et di

mezzo, come
sincrcT

prim.o

manuale completo

e sistematico di antroil

pologia.

A
e

noi non tocca mettere in luce


le

tismo

di

queir opera tra


le

idee psicolo:;nche dell'

antichit

esigenze
si

del

dogma, n dimostrare
anima
e suU'
ri-

come Nemesio
riguarda
le

mostri neoplatonico per ci che

dottrine sulla natura dell'

unione

di
il

questa col corpo, stoico


sistema
delle

per ci che

guarda

passioni,

epicureo

per

la

dottrina del piacere, aristotelico per quella della volont,

seguace

di

Galeno per
divida
ai

tutto ci
^)
;

che riguarda

le

sue

vedute d' ordine fisiologico

a noi basta ricordare


parti
il

come Nemesio
in

in

due

suo trattato
si

relazione appunto

due regni che


phantasia cio

accordano

nella psiche

umana,

la

e la cogitafio,

quella la forza dell' animo in quanto priva di ragiona-,

mentre
trova
il

la

cogitato

1'

uso della
nella

ratio,

la

quale

suo fondamento

memoria.

appunto parlando della ragione che Nemesio scrive

1)

Su tutto
ziir

ci cfr, V.

fin

Beitrage

DOMANSKI, Die Psychologie des Neinesias Geschichte der Phil. des Mittelaitcrs, 1900, III, 1).

NEI RIGUARDI PSICOLOGICI

103

Est ratio

animi cogitalio, qiiae

fit in

par^e aniniae

qiiae ratiocinatiir sine alla clocutione, linde saepe etiani tacentes totani rationeni ciun aniinis nostris

per-

ciirrimus et in somniis dispiitamus, et per hanc

ma-

xime
diti

(non
esse

enim aeqiie per orationem) rottone prae-

omnes dicimur, nam et qui sardi nati sunt et qui casa aiit morbo aliano vocem amiserunt, nihilominus rottone iitiintur '). Orationis autem miimis
gi
in

voce et in sermone perspicitur-).


si

Come

si

vede

da questo passo Neinesio

mostra eccessiva-

mente semplicista
evita
di
;

nel trattare la questione del linalla superficie

guaggio, giacch, tenendosi gli solo


scrutare
al

profondo
il

il

problema fondae'

mentale

per

lui

infatti

linguaggio

in

quanto
il

viene pronunciato, ora non affatto vero, perch

pronunciare

o no

le

parole, con cui noi fissiamo

rapporti stabiliti coi nostri giudizi!,

cosa del tutto


in

accidentale

il

nucleo della questione sta


il

ben

altro,

e cio nel vedere se in noi possibile


la

pensiero senza

parola,

se

in

noi

cio possibile non dico la

formazione,

ma

per lo

meno

il

perdurare del concetto


lo

senza

un

termine,

che

lo fissi,

irrigidisca, per

COSI dire, entro di noi a nostro vantaggio ed a van-

taggio
gita

di

tutti.

completamente
in

questa una questione che sfugalla considerazione di Nemesio


di tutta la Patristica,

ed

genere a quella

mentre

1)

Questo
gli

dei

sordomuti

uno
cit.

di

quei^li

argomenti, a cui quasi

tutti

autori della Patristica e pi tardi della Scolastica

hanno

fatto

appello. (Cfr. A. GlESSWEiN, op.


2)

pag. IGl).
cap.

Nfzmesii,

De natura hominnm,

XIU.

(MlGNE, P. G. XL,

P ag. C62).

104

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

essa ha

di tanto affaticato

le

menti dei pensatori dei


S. Agostino, che

tempi a noi pi

vicini.

Nemmeno

fino alle radici del

problema gnoseologico ha pur tenil

tato di arrivare riducendo per via deduttiva

criterio

supremo della certezza nei


sua
teodicea,
e

fatti

di

conoscenza
dottrina

alla

precisamente

alla
in

della

rationes seminales, mantenute poi

certo qual senso


la

anche da S.

Tommaso
con cui
1'

^),

non ha visto

questione

del nesso tra pensiero e


tre
attivit,
l'

parola, e nel trattare delle


si

anima

manifesta, e cio

la

memoria,
ed

intelligenza, e la volont, delle quali a

questa molto prima che non Duns Scoto nella Scolastica,


il

Wundt
esser

tra

moderni, egli dava


egli

la

pre-

ponderanza, nessun addentellato diretto


sto

ha po-

per

cui
la

trascinato

rivolgere in
al

modo
ma-

formale
del

luce del suo ingegno anche


tra
i

problema

legame
quelli

palpiti della ragione e le loro

nifestazioni

nelle

parole,

per decidere ex professo

se

possono

stare senza di queste, se in altri

termini

queste

sono
per
si

alcunch

di

accidentale o di

essenziale rispetto a quelli.

Tutto
in

ci

non esclude che qualche cosa


possa trovare anche
in
in S.
lui,

proposito non
e

Agocui,

stino,

precisamente

quel passo di
di

da

secondo
tano

V interpretazione
il

S.

Bonaventura, vedi

niamo a sapere che per


nihil

vescovo

Ippona
y>

cogicolla

aliud

est

quam

verbi formatto

1)

Sulla rationes seminales


cfr.

ammessa da

S.

Tommaso

nell' intelletto

umano
gistro,

Quaestiones disputatae,
I.

De

veritate, quaest. XI,

De ma-

art.

ED

IL

SERMO INTERIOR

105

conclusione evidente che


qiiam
interior lociitio
citato
').

cogitatio

nihil

aliud

est

In

un altro passo del

De

Trinitate,

da

S.

Tommaso'),

si

trova la

seguente

espressione che pienamente concorda con


:

quanto
tio

sopra

Verbiim nihil aliud est

quam

cogita-

formata.

Son
interior,

questi trasparenti accenni alla teoria del

sermo

corrispondente pressapoco

al

lavoro discor-

sivo

che

intelletto

nostro compie per passare da


a
verit
particolari attraverso
si

una
a

verit
i

generale
di

tutti

rapporti

convenienza che

possono
sempre
al

stabilire tra quella e queste.

S. Agostino,

passo del

XV

libro

del

De

Trinitate, citato da S.

Tommaso, aggiunge che


signum
est

verbum quod foris sonat

verbi

quod

intus latei, cui

magis verbi
tronsiens,
et

competit nomen,
alias carnis ore
dicitur

nam

illud

quod profertur

vox verbi est verbum, quia

ipsum

propter illud a quo ut foris apparet assum-

ptum

est.
in

Mettendo

relazione tutto ci con quanto sap-

piamo
di

dell'

innatismo

agostiniano

in

rapporto

ai

principii generali, e

pensando a quella lux


neoplatonico
'),

interior,

sapore

evidentemente

che

S.

Agostino
della

ammetteva
di

dentro di noi

come

rifrazione

potenza

Dio, che cos concorre alla cono-

scenza
1) Cfr.

intellettuale^),

possiamo conchiudere che


1.

il

2) S.

S. Bonaventura, Sentent. Lib. H, Art. HI. quaest. Tommaso. De ventate, in Quaest. disp. quaest., IV,

art.

1.

3) Cfr.
4)

Prantl, op.
i

cit,

Voi.

pag. 63G.
si

Son parecchi
riferire,
cfr.

passi di S. Agostino che alla lux interior


I.

pos-

sono

SoUl.

1,

8;

De

Trinitate, XII, 15;

De Magistro,

passim.

106

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

santo d' Ippona ammetteva

come

inseparabile

la

pa-

rola dal pensiero nel processo discorsivo della

mente

nostra, mentre forse cos


le

non credeva che fosse per


la

cognizioni d' ordine eminentemente intuitivo. Era

questo

un argomento importante, che


la

Scolastica
in

poi assunse per decidere

questione se

Dio
che

ci

possa essere linguaggio, argomento che


S.

oltre

in

Agostino quella poteva rintracciare anche

in S.

Giovanni

Damasceno,
alla

del quale

appunto S. Tom-

maso
in

nel

luogo citato riporta questo ragionamento


questione
di cui sopra in Deo non motus nec cogitatio quae discursu
:

merito

potest poni nec

quodam

perficitur,

ergo videtnr et verbiim nullo pro-

prie dica tur in divinis.

Poteva sorgere

la

questione della diversit dei


in

nomi presso
gi aveva
quelle
fin

popoli diversi

apparente contrasto

coir indissolubilit tra pensiero e parola,

ma ad

essa

da' suoi tempi risposto Tertulliano con


:

sue

significantissime parole

omnibus genti-

bus una
nus,
teria

anima varia vox, unus

spiritus varius so-

proprio cuique genti loquela, sed loquelae ma-

communis
con

^),

appunto perch, come dice altrove


una
di
stile,

Tertulliano

quelle

frasi

incisive,

che
spiri-

caratterizzano
tus,

il

suo

sermonis corpus est

tanto vero che prior est animus

quam

litera,

come

prior est sermo

siylus, et prior

homo

ipse

quam liber, prior sensus quam quam philosophus et poeta ~).

1)

Tertulliano, De Testimonio animae, cap. VI


Tertulliano, Adv. Praxeam, cap. VU. (Migne P.

(in

Migne P
pag. 187).

L.

pag. 691.
2)

L.

\\,

ED

IL

SERMO INTERIOR

107

il

che viene perfettamente a spiegare


forte scrittore africano
:

1'

altro

passo

del

quodcwnqiie cogitavcris,

senno
per

est

in te

enim secundiis qiiodammodo est sermo


cogitando,
et

qiieni
^),

loqaeris

per

qiieni

cogitas

loqnendo

con

cui

oltre clie mettere gi in evi<<-

denza

la

concezione del
gli intimi

sermo

interior

^>

si

ricono-

scono anclie

rapporti tra pensiero e parola.


parla in una sua epistola

Anche
di
taciti

S.

Gerolamo
al

animi

cogitatio, e di arcanus eius

sermo

'),

mentre nel commentario


conceptus

profeta Geremia parla di

animo

sermo
').

divinus,

nec

ore prolatus

qui ardet in pectore


In

modo

per

pi evidente del sermo interior


dei primi

parla S.
ratori

Massimo confessore, uno


Divide
il

ammi-

ed imitatori della

filosofia neaplatonica della


egli,

Pseudo Dionigi.
di

come
in

gi

gli altri,

cui

si

parlato,

linguaggio

quanto sem-

plice manifestazione degli affetti concitati dell'animo

da

porsi,

sotto una tal forma, alle pari coi cinque

sensi, di cui

formata

la

parte dell' animo priva di

ragione, dal sermo interior o Xyo? che rappresenta


la

stimma hominis perfectio, anzi


collo
il

il

commercio

dell'

uomo
parla

spirito

divino
in

*).

Del Xyoc sv^iO-sio?

medesimo autore

uno de' suoi opuscoli.

1)

2) S. 3)

Tertulliano, Adv. Praxeom, cap. V. (Migne P. L. U, pas. 183). Gerolamo, Epistola XCVm (Migne P. L. XXn pag. 808). S. Gerolamo, Comni. in lercmiatn Lib. IV cap. 10. (Migne P.
pag. 837).

L.

XXIV
4) S.

Maximi Confessoris, Alia ex


1400).

vatic. cap.

19

(Migne

P. G.

XC, pag.

108

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

dando per a

tale

espressione
le

un significato pi
dato
gli

largo di quelli che non

abbiano

Stoici,

egli lo concepi,sce infatti et

come un vero sermo

cordis
fif

animi,

cio

un motus animi plenissimus, qui


ex

ea parte quae ratiocinatar, nulla prolatione ac vocis

sono expressus,
prodit
di
il

quo senno,
gli

qui

ore profertur

*),

mentre
ivoiO-sTOi;

Stoici

colla

denominazione
un
altro

Xyj(:

volevano significare a preferenza


giudizio
logico.
In
il

vero

ed

esclusivo
pi

opuscolo

esplicitamente
il

ancora
in

medesimo
emer-

autore mette in relazione

sermo

mente repositus,

qui

est

animi sermo

in ipsa rationis facultate

gens absque
anche nei

ulla pronunciatione,

che

si

trova

in tutti,
il

muti, coli' altro qui ore profertur,


di

quale
al

alcunch

puramente
del

accidentale
'^).

rispetto

primo assolutamente essenziale

La dottrina per
citato

sermo
che

interior solo col gi

S.

Giovanni

Damasceno
si

assume

la

sua

formula

completa,
lui

formola

trova in quella

parte della di

opera principale

De

fide orthodo-

xa, che

come un pccolo ed esauriente trattato di psicologia. in essa infatti che 1' autore divide, si noti bene, la parte ragionevole dell' uomo in due
cio nel

discorso

interno

(Xyoc

voii^-s'uo?)

nel

discorso esterno o prolatizio


noi

(jrpo'f opizc.)

per quello
''),

siamo esseri

Xoyixol,

per questo

XaXvjTiywOi

1) S.

2) S.

MAXIMI CONFESSORIS, Opuscula 8 (MlGNE P. G. XCl pag. 22). MAXIMI CONFESSORIS, OpiiscuU, 153 (MlGNE P. G. XCI

pag. 278).
3) S.

P. G.

Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa. cap. XXI (Migne XCIV, pag. 935).

ED

\L

SERMO INTERIOR

109

cio

forniti

della

facolt

di

parlare.

Anche

qui le

denominazioni

sono

stoiche,

ma

il

loro significato
la

per pi largo, perch riguarda non solo

pro-

duzione
sibbene
si
1'

r espressione
attuazione e
la

del

giudizio

logico,
di

ma

manifestazione

qualsia-

moto conoscitivo

dell'

animo.
riguarda
le
il

Anche
facile

per

ci

che

sermo

interior,

il

rintracciarne

fonti nella
il

speculazione

greca
degli

abbiamo
Stoici
il
:

gi sopra citato

Xyoc voiO-EToc
ri-

baster

che noi accanto ad esso


di

cordiamo
sua
tutti

Xgyoc

s!j/{;'r/G^

Platone e

di Aristotele

e soprattutto la triplice distinzione di cui parla nella

Isagoge
i

Porfirio, tanto noto e studiato per

quanti
le

secoli dell' era cristiana, e cio, per


lui

usare

parole stesse del di

traduttore e

comtertia

mentatore
seciinda

Boezio, r oratio, quae


verbis

litteris continetiir,

quae

ac

nominibus personat,

quam mentis evolvit intellectus ^). Dopo aver stabilito nel modo
zione
tizio,

indicato la no-

del

sermo

interior in contrapposto al prela-

la Patristica

passa a studiare
in

le

relazioni fra
Cirillo,

r uno e r altro, ed ecco che

proposito S.
nella

per

esempio,

riconosce

la

velocit

cognizione

interna discorsiva dell' intelligenza e la lentezza in-

vece del discorso esterno

~),

mentre

d' altra parte S.

Basilio osserva che talvolta la lingua in certe

con-

1)

Cfr. C.

Prantl, op.
HlEROS.
forse

cit.

Voi.

pag, G36.

2) R.

Cyrilli,

pag.

539).

rispetto al

VI 2 (MlGNE P. G. XXXVI questo un' eco di queir insufficienza della parola pensiero, di cui gi parlava Aristotele, e che fu notata anche
Catechesis

dalla Scolastica gi

gii,

come

si

visto, fino al

Cusano.

no
dizioni
della

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

tumultuarie
'),

dell'

animo

precorre

il

palpito

riflessione

sicch

mentre

talvolta quello

come un
i

telnm pacatissimiim, altrevolte un teliim


''),

semper carrens
per

per

il

discorsi sono vere immagini dell'

medesimo S. Basilio poi animo ^), mentre

un'ombra^).
alla

Teodoro Mopsnesteno non ne sarebbero che Sono questi, come si vede, accenni
questione
della
gludizii

del

nesso

tra
la

pensiero

e parola, a

proposito

quale
di

vale

pena che noi riporprimo

tiamo

Tertulliano, e di S. Agostino,
espliciti

perch
fatti ^),

abbastanza

precisi.

Il

in-

apertamente dichiara che impossibile penassociare


alle

sare

senza

diverse rappresentazioni
le

del pensiero
le

anche

le

parole con cui noi


;

sappiamo
:

possiamo
tacitiis

esprimere
seenni
te,

ecco

le

sue parole

Vide

Cam

ipse eongrederis ratone hoc ip-

siim agi intra

occurrente ea Ubi

ewn sermone ad
fui

omnem
pulsimi.

cogitatus

motiim,

et

ad omnem sensus
illiid in

QiiodcLimqiie
senseris
est,

cogiiaveris
est.

sermo est; qaod-

cumque
necesse

ratio

Loquaris

animo

et

diim loqueris, conlocutionem pateris


inest
et

sermonem,
co

in

quo

haec ipsa ratio, qua cum

cogitans

loquaris per
in

quem loquens
te

cogitas.

Ita

secundus

quodammodo

est

sermo, per quem lo-

queris cogitando et pei

quem cogitas loquendo.


P. G.

1) S.

Basilio, Homilia in

Psalmum XXVHl (Migne

XXIX,

pag. 374).
2)

S. BASILIO,

3) C.
4)

Basilio, Epistolae, Classe

Moralia, cap. 34 (Migne P. G. XXXVH pag. 1307). I Litt. IX (Migne P. G. XXXiI pag. 267)
in Oseni, cap. VII

P. G.
5)

Theodori Mopsnesteni, Comment. LXVI, pa^. 165). Tertulliano, Adv. Praxeam, cap.

(MIgne
pag. 183).

V (MIgne

P. L.

Il

NEL SUO SVOLGIMENTO PSICOLOGICO

111

S.

Agostino
')

in

uno splendido passo


questi

delle sue

Confessioni

affronta un

problema diverso da quello


:

accennato
che
za
il

da Tertulliano

sostiene

infatti

pensiero dentro di noi non possibile sendelle parole alle diverse rappre-

r associazione
di

sentazioni

quello, S. Agostino invece dimostra


si

come
quali

le
si

cose stesse

apprendono
ci

coi loro nomi,

pronuciano da chi
questi
di
si

circonda, tanto che a poco

poco

associano indissolubilmente colla


Il

conoscenza

quelle dentro di noi.


e

santo d' Ip-

pona parla
detto

di se stesso
le

dopo aver efficacemente


dell'

che

prime manifestazioni

animo

si

e-

sprimono quasi istintivamente ciim geniitibus,


bus
et variis

et voci-

membrorum
ipsi

motibiis,

aggiunge prensa:

bam memoria, cum


et

appellabant
coi pus

rem aliquam,
aliqnid

cam secandum eam vocem


videbam
et

ad
eis

moal-

vebant,
illam
tra

tenebam hoc ab

vocari rem

qaod sonabant, cum eam


i

vellent ostendere.
si

D'

parte

sentimenti
dalle

altrui

possono interprediverse contrazioni

tare
simi,

anche
quali

espressioni

spontanee dei medele

possono essere
et

del volto,

nuius ocalorum
;

et

coeterorumque
i

mem-

brorum
delle

actus

a ci

si

aggiungono
diverse

diversi suoni
e cos a
si

voci

indicanti
il

le

affezioni

poco
suis

poco
et et

materiale

delle espressioni
in

va

arricchendo
posita

ita

verba

variis sententiis locis

crebro

audita,

essent,
tes,

paulatim

colligebam,

quorum rerum signa measque jam voluntaenunciabam

edomito

in eis

signis ore haec

1) S.

Agostino, Confessioni

Lib.

capo

Vili.

112

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Da
affatto

tale

acquisto
in tal

per

della
ai

conoscenza

delle

cose associate
per
S.

modo

loro

nomi non deriva

Agostino

la^

conseguenza che essa


un

basta, no,

perch veramente nos non discimus ver-

bis fors sonantibus,

come

egli stesso dichiara in

passo interessantissimo del

De Magistro
altri

^),

sed do-

cente intus ventate. Pare che in tale sua opera anche

S. Agostino abbia voluto portare

argomenti

alla

dimostrazione
Cratilo,

di

quanto Socrate aveva sostenuto nel


le

non poter
tesi

parole essere V unico ed esclu-

sivo
delle

mezzo per
cose
:

arrivare alla

conoscenza della natura

questa che noi gi abbiamo detto

esser

pregiudiziale

anche

per S. Agostino data


11

la

soluzione sua del problema gnoseologico.


in

pensiero
la

proposito
delle delle

di

S.

Agostino

esplicito

cognicogni-

zione zione

parole possibile solo

dopo

la

cose

rebus

cognitis verborum

quoque

cognitio perficitur, verbis vero auditis nec verba discuntur.


egli

Nella storia psicologica del proprio spirito


si

aveva trovato, come


pratico

visto,
tale
la

argomenti

d' or-

dine

conforto

di

sua opinione, nel


questione del
gi
la-

De Magistro
to
filosofico,
in

invece egli scruta


per
togliere,

come

aveva

fatto

Platone
idee,
alla

relazione alla teoria gnoseologica delle

un

altro degli ostacoli

che fosse opposizione


carattere quasi onto-

sua idea fondamentale

di

logico dell' interna et directa illuminano, da parte di

1) S.

Agostino, De Magisiro,
pi avanti del

XI. 3C.
di S.

Avremo ancor occasione


Agostino
in

di

parlare

De Magistro,
di S.

proposito della

questione

De Magistro

Tommaso

NEI SUOI RIGUARDI PSICOLOGICI

113

Dio

nella

produzione

dell'

umana conoscenza. Ecco


:

le

parole

del santo in proposito

Non enim
nisi

ea verba
di-

quae novimus discimus, aut


dicisse

qiiae

non novimus

nos possumus

confiteri,

eorum

signfica-

tione percepta,

quae non auditione vocum emissarum,


il

sed rerum significatarum cognitione contlngit, per


che,
delle

conclude

il

santo,

quando sono pronunciate


se lo

parole o noi 'sappiamo che cosa esse signifi-

cano,
piuttosto

non
di

lo

sappiamo

sappiamo

si

tratta

un
lo

ricordare che non di un imparare,

se

poi
di

non

sappiamo, allora non

si

tratta

nem-

meno
prire
ficare.

un ricordare,

ma

solo di un impulso a sco-

che cosa mai quella parola udita voglia signi-

Come

si

vede, trattando pressapoco del mede-

simo argomento, S. Agostino viene ad una conclusione ben pi positiva che non Platone,

il

quale

si

accontentato

di

abbattere

sotto
la

colpi e della
Cratilo,

dialettica

ed

anche
che
di

dell' ironia

tesi di

senza per conchiudere con una dichiarazione precisa

del

valore

si

deve concedere
;

alle

parole
in-

come strumento
vece
cisa.
tale

conoscenza

in S.

Agostino

dichiarazione noi troviamo chiara e pre-

Un argomento che ha
pra quello che riguarda
dell'

relazione con quanto sol'

innominabilit da parte
in

uomo

di ci che,

considerato
in

rapporto alla

sua
bili

sostanza

non gi

rapporto a suoi possi-

accidenti, soverchia la potenzialit della sua in:

telligenza
lit

intendiamo qui parlare della innominabi-

per substantam di Dio, sul quale argomento, se

114

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

tanto
stica, stica,

ha poi insistito, come vedremo la Scolasabbiamo larghissimi accenni anche nella Patrila quale pure, come per esempio noi troviamo
^)

esplicitamente dichiarato in S. Dionigi Areopagita

ed

in

S. Isidoro Pelusiota-), concorde


tale
di

nel soste-

nere
cetto

innominabilit.

Ed

a proposito del con-

Dio ricordiamo qui quanto Tertulliano ha


che egli chiama
il

scritto intorno a ci
lui.

linguaggio di
il

noto che uno


per
si

degli ostacoli ad ammettere


la

monoteismo era
orbene

coscienza religiosa pagana


il

la solitudine in cui

sarebbe trovato
il

Dio unico

Tertulliano

oppone che
tale quindi

Dio unico non

mai

affatto solo,

perch egli essere per eccellen-

za razionale,

come

va continuamente
si

ri-

volgendo dentro
finita

di s tutto

quanto

trova

nell' in-

onniscenza

sua

tale

continuo rivolgimento
si

si

il

suo linguaggio, linguaggio che

attuato e
il

attua

sempre

in

lui,

anche quando

prodotto
'),

di

esso egli non ha ancora manifestato fuori di s


si

pressapoco come

attua anche nella nostra

mente

un vero linguaggio, anche quando

noi siamo soli,

non intendiamo
Altre

affatto di esprimerci a parole.


d' ordine

considerazioni

psicologico sul
l nella

linguaggio noi possiamo trovare qua e


tristica.

Pa-

Teodoreto,

per

esempio,

in

un passo de'

suoi commenti alle S. Scritture mette sufficentemente


in

evidenza

il

meccanismo

delle espressioni dei senti-

Dionigi Areopagita, De divinis nominibus, cap. V. ISIDORO PELUSIOTA, Epist., lib, IV, epist. 211. (MlGNE P. G. LXXVIII, pag. 1306). 3) TERTULLIANO, Adv. Praxeam, cap. V. (MiGNE P. L. II, pag. 184).
1) S.

2)

NEI SUOI RIGUARDI PSICOLOGICI

115

menti umani, tra cui appunto


le

si

devono annoverare
*).

diverse
delle

modulazioni del linguaggio

Degli ef-

fetti
SI

emozioni

e delle passioni sul

linguaggio

da potere od accelerarlo o sospenderlo, parla S.


efficacia del discorso

Giovanni Damasceno -). SuH' come mezzo di comunicazione

anzi

come condizione
il

importantissima di vita sociale ha efficaci accenni


gi
dell'

citato

S.

Basilio,

che riconosce tutta

1'

utilit

uso

della

parola ut alter alteri cordis Consilia

aperiamiis, eaque

unusquisque propter naturae socie-

tatem communicemns ciim proximis ex abditis cordis


recessibus velut

ex

cellis

qnibasdam penariis deprofanno


e nel
il

mentes

^),

alle
di

quali
S.

parole

eco

altre

non
ai

meno
Salmi
prie

efficaci
^),

Ambrogio

commentario
est
ei

in

cui riconosce che

nome

quo prosit

unusquisque significatur quod


coeteris, e nell'

non
^),

com-

mune cum
forma
quentis
hitur et

poetica

Hexaemeron proposito sempre


parla
:

dove con

dell' efficacia

del discorso cos

si

lingua vero plectrum lo-

est,

vox quoque aeris quodam remigio vevis

per inane portatur eademque

quae aerem

OTeodoreto, Comment.
pag. 284;.
2) S.

in

Micliaeam,cap. I.(Migne,P.G.LXXXI,

P. G.
3)

Giovanni Damasceno, De Fide orthodoxa, cap. XVI. (Migne XCIV, pag. 910). S. Basilio, Homilia ad Deut., XV. 9. (Migne P. G. XXXI.

pag. 193).
4) S. 5) S.

Ambrogio, In Psalmum Ambrogio, Hexaemeron,

XLIII.
lib.

(Migne

P. L.
9.

XIV, pag.
P. L.

1100).

VI, cap.

(Migne

XIV,

pag. 269).
6) Notiamo che questa metafora del plettro ricompare, dopo S. Ambrogio, anche nell' Hexaemeron di Giorgio Pisida. (Cfr. Georgi PlSIDAE, Hexaemeron verso 651 in Migne P. G. XIV, pag. 1485).

116

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

verbcrat,

nane commovet, mine demulcet aiidientium


,

affectum

iratiim

mitigat,

fractum

erigit

solatiir

dolentem.

Anche
nere,

sull'

origine

non
la

del linguaggio in gePatristica ha manife-

ma

dei singoli

nomi

stato

qualche opinione, cos, per esempio, S. Gio-

vanni

Crisostomo
dati

riconosce

che

tante

volte certi

nomi sono

non per un motivo

intrinseco,
^),
il

ma

per

una casaulit puramente accidentale


dice

che con-

fermato ripetutamente anche da Teodoreto, laddove


:

Nomen
di

rei

ioti

a parte saepe
di

tribuitur

),

mentre

solito,

imposizione del

come dice Isidoro nome ad ogni cosa


in

Pelusio

^), 1'

si fa

ab eo quod

praecipuam
altra

vim

ea

habet,

il

che conferma un'

volta

V opinione
tra

che

realmente,

secondo

la

Patristica,

nome

cosa corra un rapporto

in-

trinseco di convenienza.

Dalle
efficacia

considerazioni

fatte dalla Patristica sull'


il

della parola era facile per essa

passag-

gio

considerar

questa ne' suoi riguardi morali,

sui quali infatti quella,


sito

memore
legge

di

quanto

in

propo-

ripetutamente

si

nelle

Sante Scritture,

insistette a lungo.
nihil
est,

Sermo

sine actu atque officio suo


di Sal:

leggiamo nel De Gubernatione Dei


di

viano,

prete

Marsiglia

del

secolo

^)

tutto

1)

Giovanni Crisostomo, In Genesim, sermo


614).

7.

(Migne

P,

G.

LIV, pag.
2)
3) S.

THEODORETI,
ISIDORI

Epist. 33.

(MlGNE

P. G.
lib.

LXXXIII, pag.-

1347).

PELUSIOTAE. Episf.,

IV, lett. 114.

(MlGNE
lib.
II.

P. G.

LXXVIII, pag. 1187). 4) Salviani Massiliensis, De Gubernatione Dei,

cap.

I.

(Migne

P. L.

LXX, pag.

70).

NEI SUOI RIGUARDI

MORALI

117

stava a vedere quale poteva essere tale

offichim

ed

ecco

che

fin

da'

suoi

tempi
i

di

esso parla S.

Clemente Alessandrino, proibendo


le

vanos sermones,
S. Basilio rac-

contentiones loquaces, e simili


di
riflettere

').

comanda
trove
esse

molto prima
dichiara
in
il
:

di

parlare

-j,

al-

esplicitamente

unum

vitae indicium

sermonem
e

^),

mentre

una delle sue generose


linguaggio
dell'

omelie

benissimo raffronta
sincero
:

uomo

saggio
e

con

chi

mostra animo dubbioso


et

mendace

sermo quidem verus


dice
egli
in

a sana mente

proficiscenSy

proposito, simplex est et

unius eiusdem rationis eadem de iisdem semper affir-

mans

varius
sit et

vero

et artijciosus,

cum multum im-

plexus

praeparatus, sexcentas formas assumit,

seque ad gratiam colloquentium conciliandam trasfor-

mans

versutias

animo versa/ ^).

S.

Ambrogio

nel

suo
offi-

De

fficiis

imitazione cristiana dell'antico De

aYs di Cicerone, spesse volte parla della misura e della giustizia

che

sr

deve conservare
perch

in

ogni occasione

neir uso

della

parola,
al

questa
').

corrisponda

adeguatamente
invece
di

suo

scopo
le

S.

Giustino pone

in

guardia contro

lusinghe di linguaggio

certi

dottori,

che

coli'

incanto della parola vor-

1) S.

Clemente, Constitutiones apostolicae,


pag. 587).

lib.

H, cap. X.

(Migne
XXXII.

P. G.

I,

2) S. Basilio, Epistolae, Classe HI, Epist. 332.

(Migne

P. G.

pag. 1703).
3)

S.

Basilio,

Homilia

in

Psul.,

XLVllI.

Migne

P.

G. XXIX,

pag. 435).
4)

S.

Basilio,

Homilia
399).

in

principium Proverbioruni
fficiis,
lib.

(Migne
cap. X,

P. G.
5)

XXXI, pag,
Cfr.,

per

esempio, S.

AMBROGIO, De

I,

^MIGNE

P. L. XVI, pag. 37).

118

La filosofia del linguaggio


errore 0, e cos via via poriportar altre sentenze

rebbero

trascinare

all'

tremmo continuare ancora a


d' indole
ficenti quelle finora ricordate.

morale dei Padri, se non credessimo sufnoi crediamo d' aver reso nel
ci

Con
piia

esse

modo

preciso che

stato possibile quale

veramente

sia stata la speculazione della Patristica intorno alla

questione
psicologici,
s, lo
si

del

linguaggio

ne' suoi riguardi storici


in

e morali.

Quanto valore essa abbia

vedr meglio dal confronto colle specula-

zioni analoghe della Scolastica.

1)

S.

Giustino, Dialogiis,

36.

(Anione P. G. VI, pag. 306).

PMTE
La
filosofia

III.

del linguaggio

nella Scolastica

Capitolo V.
La
colla
filosofia del linguaggio e
i

suoi rapporti

logica

in

genere e colla questione degli

universali in ispecie
Sommario
in
ai

Carattere specifico di differenza tra Patristica e Scolastica


al

riguardo

nostro argomento.
di

di

Il

posto della logica

in

rapporto

programmi

studio nelle scuole medievali, ed alla conoscenza delle

dipendenza tra logica e filosofia Le speculazioni in proposito di Fortunaziano, Marciano Capella, Giovanni Damasceno, Boezio, AlLa questione degli universali e suoi enino, Isidoro, Scoto Erigena. rapporti colla logica in genere e col problema del linguaggio in ispecie. La speculazione pi elevata di S. Anselmo, Abelardo, Giovanni di Salisbury, Gilberto della Porretta, Adelardo di Barth, Ugo
opere
del
di Aristotele.

Rapporti

linguaggio

nella

Patristica.

di S. Vittore. S.

Tommaso,

Pietro Ispano.

Molto
molti
e

discussa

fu

la

questione
in

delle

origini

della Scolastica, la quale


di

ancora

oggi, nel concetto

forse
di

dei

pi, interpretata

come una
quasi che

mescolanza
neir et di

teologia

di

filosofia,

mezzo una
certo

distinzione ben profonda

non

fosse stata fatta tra quella e questa.

Non

tocca

a noi porre

termini riguar-

danti la questione delle origini ed esporre gli argo-

menti per dimostrare tutto


confusione
il

1'

errore storico di quella

di

cui

si

parlato, tanto pi che per

nostro argomento abbiamo un carattere specifico


cui

per

possiamo distinguere ben nettamente nella

122

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Speculazione

cristiana

il

periodo patristico dal pe-

riodo scolastico.

Parlando
saldare
la

della

speculazione

ellenica

sul
finito

lin-

guaggio abbiamo visto come essa abbia


insieme
i

per

destini della filosofia riguardante


:

parola coi destini della logica

durante

il

periodo

patristico tale

congiungimento non perdur non gi

perch
di

rotto coscientemente

da un nuovo indirizzo
ci

speculazione suir argomento che


sciolto

interessa,

ma

perch

dalle

ragioni stesse di esistenza di


in

un pensiero religioso cristiano


pravvivenza
e perci alle
di

raffronto alla soalle insidie di

minacce ed

una tradizione

pensiero pagano.

Man mano
svolgersi

per questo and dileguando e nella


sua influenza sullo

sua contenenza positiva, e nella


dell' eresia,

anche
di

la Patristica

and percose aveva


le tri-

dendo
assunto

la

sua

ragione

essere e di manifestarsi
di

sotto quelle forme che per necessit


fin

dal

principio,

quando dopo

stezze dei primi secoli dell' et media, in cui in un

tenebroso silenzio parve affogare


nel

il

pensiero riflesso,
studi col sorgere

secolo

IX

risorsero
loro

liberi

delle

scuole

nella

triplice

forma

monacali,

episcopali e palatine, allora una delle prime scienze

ristabilirsi

fu

appunto
una

la

logica,

anche perch
a

questa, specialmente per opera di Boezio e di Cas-

siodoro

era
;

stata e
la

delle

ultime

naufragare

neir oblio

logica cos risorgendo trasse con

s anche quella parte della filosofia che la tradizione

aveva con
fia

lei

associato, e cio la cosi detta filosoe


la

del

linguaggio,

trasse sotto quella forma

E LA SCOLASTICA IN GENERE

123

eh' essa aveva quando colla logica appunto momentaneamente svanita.

era

S' intende

che

tale

decadimento

e tale risurredi cate-

zione non vanno intesi


gorico
e
di

come qualche cosa


Se da una parte
tra

assoluto.

infatti

nella
del

Patristica

addentellati
si

logica

filosofia

linguaggio

possono

rintracciare, dall' altra

anche

dopo r avvento
prevalentemente

della Scolastica discussioni d' ordine

psicologico

intorno
si

al

discorso

si

sono susseguite, come pure


tra la

sono

attuati rapporti

questione del linguaggio e


si

la teologia.

Quello che certo

che

in tutto lo svolgersi

della Scolastica, cio, per dirla col


sintesi
filosofia
le

Wulf
e

^),

di quella

di

pensieri,

in cui tutte le

questioni che la

pu proporsi
1'

sono

trattate,
s

dove

tutte

risposte

sono armonizzate
un
e'
1'

da

allacciarsi e

da

sostenersi

altra, trionf

a proposito dell' ar-

gomento che
stotelico,

interessa

piuttosto V indirizzo aridel quale

che

non V indirizzo platonico,


invece
la

abbiamo
quanto
il

riscontrato

prevalenza per tutto

periodo patristico.
di Aristotele nella
il

noto che

prima parte del


Interpretatione
*

M.

E.

non

si

conosceva che

De

nelle traduzioni di

Marco
tardi
.

Vittorino e di Boezio, del


la

quale

pure fu

pii

conosciuta anche

tradu-

zione delle
colo
dei
si

Categorie

Nella prima met del XII sein

venne a conoscere
la
1'

Occidente
i

il

primo libro

Primi analatici,
e

Topica, ed

Ragionamenti
ad eccezione

sofistici,

cio

tutto

Organon

1)

M. De Wulf,

op.

cit.

pag. 127.

124

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

dei
^

Secondi analtici
i

del

secondo

libro dei

Primi analitici,
quel
dei
in

quali furono noti solo nella 2^

met di adunque
derarono
oscuro-^),

primi

medesimo secolo ^). Gli Scolastici tempi non videro e non consi-

Aristotele che un logico ed un logico

tanto che dall'


dice
e del
il

Organon suo poterono


^), le

nascere,
del
di

come

Fiorentino

dispute famose

Realismo
Abelardo.

Nominalismo,

l'insegnamento

Aggiungiamo a
gli

ci che la biblioteca filosofica dela

Scolastici

conteneva per
di

massima parte
l'

libri

di

logica
il

dialettica, tra cui importanti

Isa-

goge ed
che
stotele,

trattato delle

cinque voci

di

Porfirio,
di Ari-

quelli

credevano

un semplice seguace

non

potendo, per mancanza

di fonti,
i

sup-

porlo infeudato ad una specie di panteismo,


menti
tione

Com-

di

Boezio
dello

alle

Categorie ed

al

De

Interpretaoriginali
eclettici

Stagirita,

ed

i-

suoi
i

trattati

sulle diverse parti della logica,


.di

commenti
1'

Calcidio

al

Timeo, che potevano col loro andacorreggere

mento metafisico
aristotelica, le

un po'

influenza e-

sclusiva ed esagerata della dialettica e della

logica

opere dialettico-retoriche

di

Cicerone,
le

quelle logiche dello pseudo S. Agostino,

artes

li-

1) Cfr.

ge

Mem. de
2)

Clerval, Les coles de Chartres au moyen Eure et Loir, 1895) pag. 244. Boezio chiama Aristotele turbator vcrborum , mentre un autore
in

proposito

soc. archol.

sconosciuto del secolo

parla

di labirinto aristotelico, cfr.

V.

Baum-

Die philosophie des Alanus de Insulis. MUnster 1896, pag, lOesgg. 3) Franc. Fiorentino, Saggio storico sulla filosofia greca, Firenze

Gartner,

1864 pag. 364.

E GLI STUDI DEL MEDIO EVO

125

berales
divini

di

Marciano

Capella,

il

trattato dei

nomi

dello
la

pseudo S. Dionigi
da
Aristotele,
della

^),

e tosto

capiremo

come
cepita

logica, specialmente
fissata
il

come

era stata con-

dovesse veramente
in

informare
qualsiasi

risorgere

filosofia
il

genere e
in
i-

questione

riguardante

linguaggio

specie.

Nei
zione

programmi

di studio,

cio nella classifica-

delle

cos dette arti liberali, volgarizzata

da

Boezio,
la
il

Cassiodoro, Marciano Capella ed Alenino,


il

logica ebbe a poco a poco

sopravvento sotto
altre

nome

di dialettica a
;

svantaggio delle

due

parti

del trivio

la

grammatica

e la rettorica.
al

poi,

vero che al trivio ed come qualche cosa di


supremo
del
far
la

quadrivio

si

aggiunse

pi, la filosofia e

come
1'

fastigio

teologia, essendo assurda


-)

o-

pinione

Ferrre

del Marietan

^),

che vor-

rebbero
gica
dello

rientrare

la filosofia

nel trivio.

La

lo-

per rimase
spirito,

come una

specie di propedeutica

utile e

necessaria per qualsiasi came

mino questi avesse voluto intraprendere


matica,
alla

come
om-

introduzione alla logica rimase Io studio della gram-

sua

volta

creduta

ratio et origo

mium artium

liberaliiim,

come chiamata da Ilde-

1)

Su
op.

tale
cit.

WULF,
2)

argomento della biblioteca pag 149-157.

filosofica

medievale
de

cfr.

Ferrre,

De

la

divisioii

de sept arts liberaux (Ann.

Phil.

Chrtien., luin 1900)

Maritan, Problme de la classification dcs sciencesd' Aristote Thomas, Paris 1901. L'opinione contraria invece sostenuta dal Willmann (OTTO WiLMANN, D/rfa/c/ZA: als Bildungslelire, Brunswik 1903, Tom. I, pag. 267 e sgg).
3)

S.

126

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

rico

di

Montecassimo, scolaro
quali,

di
si

Paolo Diacono

anzi

nello studio di essa tanto


Italiani,
i

esager, specialdice Radulfo Glastudio fuorch


la

mente degli
ber
^),

come
di

lasciarono

ogni

sorta

grammatica, che Gregorio


ciso dovere di opporvisi

Magno

credette suo pre-

-).

Date adunque

tali

precise disposizioni di fatto,


filosofia
e
si

evidente

perch

la

del linguaggio per

quel

poco che valse


meglio
dire

attu nel medio evo, o

per
si

nella prima parte del

medio evo,
gi
indicato

ritrov

legata un' altra volta alla


il

logica ed alla

dialettica,

che

simbolicamente
di

nella

figurazione poetica

Marciano Capella, che


arti

rappresenta

appunto

le

sette
al

liberali sotto

la

forma

di vergini

donzelle
la

seguito di Filologia, fidanvi

zata di Apollo,

grammatica
di

invece descritta

come una
mentre
la

figlia

Memfi, portando su un piatto


rappresentata
in

degli istrumenti per sciogliere la lingua ai bambini,


dialettica
vi

come una

donna

dal

viso

emaciato tenente

una mano un

serpente.

Abbiamo poco sopra


riodo
patristico
si

affermato che gi nel perintracciare

possono

momenti

di

congiunzione

tra filosofia del

linguaggio e

la logica.

Dio

La questione gi accennata della innominabilit di di ci sarebbe una prova, perch in fondo


considerata bene tale questione, che, accennata gi

1)

Rodolfo Glaber, Historiarum, Uh.


Gaspary, Storia della
leti,

U. cap. 12.

2) Cfr.

italiana,

Volume

cap.

1.

E D

SUOI LEGAMI COLLA LOGICA

127

nelle

Sante Scritture

in

un passo della
citati

Sapienza
autori

')

nella Patristica oltre

che dai gi

venne

discussa
stino
nel
)

da S. Anastasio
e

Sinaita
^),

"),

da S. Ago-

da

S.

Febadio

entrava direttamente

campo
le

della logica, riguardando essa


di

appunto

r imposssibilit

applicare un termine a ci che


dell' intelletto

soverchia

potenzialit

umano, a
minore
in

quello ci che indefinibile, cio irreducibile a ter-

mine

maggiore

in

estensione

perci

comprensione,
logico,

perch

categoria non solo d' ordine

ma anche
V

categoria d' ordine morale.


;

Ci per non basta


in

il

Franti

ci

ricorda infatti

proposito
di

estratto

dell'

Organon
^)

fatto
^),
i

da
libri

Gregorio
di

Nazianzo ad uso
S.

delle scuole

logica

che

Gregorio stesso
Fortunaziano,

dice di aver

tentato di scrivere nella sua giovent, e soprattutto


la

Dialectica

di

la

quale contiene
il

qualche passo

di

non dubbio interesse per

nostro
qual

argomento, quello, per esempio,

in cui in certo

modo Dopo

si

ristaura la vecchia teoria stoica del asztc.


infatti

aver
:

Fortunaziano

')

definito la parola

dicendo

Verbiim est uniusciiiusqiie rei signiim,


intelligi

quod
et

ab audiente possit

a loqiiente prolatiim,

1)

Sapientia, XIV, 21.

2) S.

Anastasio Sinaita, Viae dux,

cap.

il

(Migne

P. G.

LXXXIX

pag. 54).

Agostino, De Trinitate Lib. V cap. 5. Febadio, De fila divinitate, cap. VI (Migne P. 5) Prantl, op. cit.VoI. pag. G57. 6) S. Agostino, Retract. I. G. 7) C. Consulti Fortunatiani, Dialectica, Basilea cfr. C. Prantl, op. cit. pag. 568.
3) S.

4) S.

L. XI pag. 42).

1542.

cap. 5,

128

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

loqui

est

articiilata

voce

signum

dare, aggiunge
nihil

omne verbum
iicam, et

sonai, sed

quod sonai

ad

dialec-

tamen cum de
est
;

his disputatur praeier dialecaiiris

iicam

non

quidquid autem ex verbo non

sed animus

sentii,

ex ipso animo tenetar incliisum,


vero verbum proceda non prop-

dicibile vocatnr,

cum

ter se,
tio

sed propter aliud aliquod significandum, dic;

vocatur

res
in

autem

ipsa,

quae iam verbum non


niiil

est

ncque verbi

mente conceptio,

aliud

quam

res vocatur proprio


distincte teneantur
si
:

iam nomine
verbum,

haec ergo quattuor

dicibile, dictio, res.

Come
,

vede

il

dicibile di

Fortunaziano, concepito appunto

come come
nico,

id

quod

ipso

animo tenetur inclusum

un

evidente

derivazione del Xsxtg? degli antichi Stoici

stoico, per quanto gi volto nel Cratilo plato

r opinione

del

medesimo autore che ogni


simili-

parola
al

possa esser ricondotta per via etimologica

suo vero significato, essendovi una ccta


il

tudine tra cosa significata ed


espressa similitudine che
al

suono con

cui quella

poteva essere estesa fino

contrasto (Incus a non lucendo).


di

perci che Fordi ver-

tunaziano cerca

stabilire

il

vero concetto

bum che

fa derivare

da verbero, cio da verum bum.


^),

che sta per

bombum suono

derivazione questa che


la

ha avuto fortuna nel medio evo, tant' vero che

troviamo ancora
in

proposito

gnificai

in S. Tommaso, che cos si esprime Unumquodque nomen illud praecipue sia quo imponitur, sed hoc nomen verbum impo:

1)

Fortunaziano,

op.

cit.

cap.

6.

(cfr.

Prantl, op.

cit.

pag. 669)

ED

SUOI LEGAMI COLLA LOGICA

129

aitar a verberatioae aeris vel a boata, qaasi

verbum

aoa

sit aliaci

quam veram boaas


di S.

^).

Questo passo
una concessione
e suono, tendenza

Tommaso appare
rapporto
di

tosto

come

fatta all' indirizzo platonico dell' etiil

mologizzare secondo
e

natura tra cosa


in

quindi

aristotelica,

contrasto alla sembra esso la quale negando un tale rapeffetti

porto veniva a negare uno degli

primi dell' etiil

mologizzare
S.
e

ci difatti, e se ne capisce

perch.

Tommaso deve
che
fatta
;

aver ricevuto quell' etimologia bella


tradizione
stessa
dell'

dalla

insegnale

mento medievale
origini

siccome per essa trovava


in

sue

in autori vissuti

pieno rifiorimento platofiorito nel

nico,

come appunto Fortunaziano,


cos
di

se-

colo,

era naturale che di tale indirizzo plato;

nico ne risentisse
beratio aeris

ci

prova anche quel

ver-

di cui
le

parla S.
fonti,

Tommaso
come
gi

stesso, versi

beratio che trova


in filosofi antichi,

sue

detto,

tra cui

Platone stesso nel Timeo,


in Aristotele.

per quanto non manchi anche


tratta

Non
all'

si

adunque
volontaria

di

uno strappo volontario


mezzo, ma
d'

indi-

rizzo in fiore neh' et di

una conces-

sione

imposta

come un luogo comune


-).

nella tradizione scolastica

Ritornando
dire

ora

al

nostro argomento, possiamo

che
S.

1'

autore, che, pur appartenendo ancora al


dispiitatae.

1)

Tommaso, Quaestiones
I.

De

veritate Quaest. IV.

De

verbo, art.
2)

Notiamo che anche

nella filosofia del


la

Rinascimento
;

si

continu
le

1'

e-

timologizzare per scoprire


di

ragione dei termini


il

curiosa fra

etimologie

quei tempi quella del

Bohme,

mistico calzolaio-filosofo di Gorlitz

che faceva derivare qualitas dal tedesco Quelle (fonte). Cfr. H, HOEFFDING, La storia della filosofia moderna, Tomo 190G, voi. I, pag. 70.

130

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

periodo
in

patristico,
alla

ha saputo

trattar del

linguaggio
le

rapporto

logica

sistematizzando

proprie

investigazioni sopra uno


fu S.
Il

schema

definito e preciso,

Giovanni Damasceno.

Willmann
la

^),

come
di

noto, fa

appunto comin-

ciare

Scolastica alla prima met del secolo VII!


Yvcasox;

colla

;c7j7Tj

S.
le

Giovanni
o
il

di

Damasco

basandosi
precedute
filosafici,

sul fatto

che

parti di tale

opera sono

da zscpXaia
s

'^LXocjo'fLx,

prolegomeni

da

riuscir essa

come

primo saggio
si

di quelle sistematizzazioni

teologiche che
di

succes-

sero
sulla

pi

tardi col

nome

Sentenziarli

anche

sostanza dei quali

la

tut^yy]

Yvcbasto? del
il

Dama~)

sceno

ebbe influenza,

come dimostra

Wulf

proposito del pi celebre dei sentenziari, quello di


Pietro

Lombardo.
citata

La
che

opinione

del

Willmann a
in
in

noi pare

accettabile,
il

perch

precisamente

queir opera
contrasto
ai

grande

scrittore di

Damasco,

frammentarli accenni di tutta

la Patristica sulla

que-

stione del linguaggio, ha saputo, stando sul terreno


della

logica, costruire
la

una

teoria chiara e definita.


i

Vale

pena che noi ne riportiamo qui


il

passi che

pi interessano

nostro argomento autore


a

^).
i

Comincia

l'

distinguere
quelli

suoni che

hanno

un

significato
e continua
:

da

che un significato
nihil significai

non hanno
1)

vox quae

ani

O.

Willmann. Geschichte des Idealismus, Brunswch


op.
cit.,

1896,

Tomo

n. pag. 342.
2)

Wulf,

pag. 214.
P. G.

3) S.

Giovanni Damasceno, Fons scientiae, cap. V. (Migne,


e sgg.).

XCIV, pag. 539

NELLA LOGICA PRESCOLASTICA

131

art/culata est, (e sarebbe quella che

si

pu

scrivere,

per es. azivSa'f o?).

aiit articulata

non

est (quella che


si

non

si

pu

scrivere, per es. quella che


;

ingenera
catego-

dair incontro di due sassi)


rie nulla

di

entrambe

le

philosophiae cura

est.

Vox autem
si

significans

aut non articulata est (quello che non


vere,
est
(il

pu

scri-

per es. un latrato di un cane), aut articulata

linguaggio umano).

Significative articulata vel est universalis

(homo)

aut particularis (Petrus)


vocis

sed ne particularis quidem

rationem

habet philosophia, sed significantis,


et universalis.

et articulatae,

Come

si

vede qui

sia-

mo
del

in

pieno

campo

della logica, in quanto che col-

r ultima

distinzione

siamo

arrivati alla

concezione

vocabolo come termJne del concetto.

E
cui
lo

di

logica risente anche quanto vien dopo, in

scrittore

divide

il

termine significativo

arti-

colato

ed

universale

in sostanziale,

ed adiectizio,

quello est qui essentiam, hoc est naturam rerum declarat, adiectitius est qui accidentia indicai
;
il

santo

poi

continua
di

ancora,
di
il

sempre

su terreno logico, a
il

parlar

genere,

specie e di differenza,
*).

che

non pi interessa
1)

nostro argomento

Ecco

in
:

un quadro

le

divisioni logiche del

Damasceno
(

a propo-

sito dei suoni

Sostanziali
Adiectizie

^Universali
/

A .v.i.t. Articolate

^particolari

Significative

l (

Voci

y \
/
\

Non

articolate

Articolate

Non

significative

(Non

articolate

132

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

vanni
za

certo che
di

tali

distinzioni e divisioni di S. Gio-

Damasco
sviluppo

esercitarono non piccola influendella

sullo

Scolastica,
dei primi

egli

infatti fu

fra gli scrittori bizantini

uno

ad essere cono-

sciuto
cipale

per

la

traduzione, che della sua opera prinfece ben presto Burgondio da

Tzrfcq 7VWC5SCOC

Pisa.

Influenza non piccola esercit neh' et di

mezzo

anche Marciano Capella,


occasione
di

di cui
:

gi

abbiamo avuto

influenza,

pu darsi che tale Wulf ^), sia stata per nulla meritata, essa per non si pu in modo alcuno negare, essendo stato, come si visto, tale autore uno dei pii!i alla mano nella biblioteca filosofica dell' et di mezzo specialmente per ci che riguarda
parlare poc' anzi
al

come appare

l'opera

sua sulle

artes liberales , in cui a pro-

posito della dialettica egli discorre a lungo delle sei


parti della

medesima, quali gi erano


s

state fissate nella


si

tradizione,
in

che esse, per esempio, gi


~)
:

trovano

S. Agostino

esse sono

de loquendo, de elo-

qiiendo, de proloquendo, de

indicando, ed ultima quae dicenda rhetoribiis

proloquiomm stimma, de commopii

dafa

est.

La fusione
in

della logica colla speculazione

sul linguaggio

Marciano Capella appare


si

che

mai evidente, quando

veda quali oggetti

egli* sot-

topone a ciascuna
quid
genus,

di tali parti della dialettica. Nella


si

prima, per esempio, de loquendo egli


sit

domandava
quid

quid forma,

quid

differentia,

1)

Wulf,

op.

cit.

pag. 155.
Voi.
I,

2)

PrANTL, op.

cit.,

pag. 672.

NELLA LOGICA PRESCOLASTICA

133

accidens, quid definitio, quid totum, quid pars, tutte

questioni

d'

ordine

logico,
sii

insieme

per

ad esse

ecco

le

domande, quid
quot modis
si

univocum, quid plurivosint,

cum

e specialmente
et

quae rebus verba sua

quae

aliena

aliena sint, colle quali ultime


il

domande
filosofia

affronta

problema dei rapporti


da Pitagora gi gi
quel giro
di

tra

cose e nomi, secondo

la

tradizionale traiettoria della


fino

greca

intercorsa
in

agli

Stoici,
la

che ancora

tempo, se*),

condo
creduti

parola esplicita di S. Gerolamo


gli

erano

come
il

inventori

della logica. Nella se-

conda parte poi Marciano


grammatica,
culazione stoica, ed ecco

Capella

discende

alla

che pure era gi avvenuto nella spele

domande

quid sid no-

men,
sit,
si

quid verbum,

quae subiectiva pars sententiae


alla logica colle questioni

quae
ritorna

declarativa e cos via, mentre nella terza

ancora

quae

sint differentiae
tate,

proloquiorum

in quantitate, in quali-

quid

sit universale,

quid particulare, e cos via

anche
quale

nelle altre parti


di logica, di

un intrecciarsi continuo

di

grammatica,

speculazione sul linguaggio,

appunto

gi

si

era verificato al
ellenico,
e
si

tempo

della

decadenza del
L' autore
in
il

pensiero

verific poi

nelle origini e nello

svolgimento della Scolastica.


che
di

per

pi di

ogni altro ebbe


in

in-

fluenza
decisivo

tutta

r et

mezzo, fissando

modo

trionfo di Aristotele nelle ricerche d' or-

1)

stoici,

logicam sibi vindicant, dice

S.

Gerolamo (Contro

Riifi-

num,

Lib.

I,

311 in

Migne

P. L. XXIII, pag. 442).

134

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

dine

logico,

quindi
di cui

anche nelle speculazioni su


stiamo trattando, fu Boezio
ci
^).

queir argomento

Vale

quindi
di
lui,

la

pena che noi


che

fermiamo alquanto
autori del

sopra

da

tutti

gli

M.

E. fu

conosciuto,

studiato,

sunteggiato, discusso, confu-

tato e difeso.

Importanti
lui

in

modo

speciale per noi sono

di

commenti, a noi
del del

arrivati sotto

due forme

di re-

dazione,
proposito

De

interpretaiione
se

di Aristotele, a

quale
lo

Cassiodoro

pot dire che


in
tutti

quando
tingebat
tatisti

Aristotele
'),

scriveva

calamiim

mente
i

noi potremo aggiungere che

trat-

medievali,
dialettica
s'

quando

loro

trattati

di logica
la

di

accingevano a
nei

scrivere,

loro

penna tingevano appunto


processo

commenti che

di quel-

r opera dello Stagirita aveva fatto Boezio.


Il

conoscitivo-dialettico
:

anzitutto
concipi-')

cosi riassunto da Boezio


tnr,

Res ab

intellectii

vox vero conceptiones animi intelledusque


ipsi

si-

gnificai,

vero

intellectus et concipiunt subiectas

res

et
.

significantur
,

vocibiis,

cum

igitiir tria

sunt
ip-

haec.

quartam quoque quiddam


ipsas

et

quo voces

sae valeant designari, id aateni sunt

litterae scriptae
:

namque
tuor

litterae

significant voces

quae quat-

ista

sunt,

ut litterae quidem significent voces,

1)

Cfr. in proposito

Ueberwegs, Grundriss
voi,
la
I,

etc. Voi.

I,

pag. 332e sgg.

2) 3)

Prantl, op.

cit.,

pag. 723.

evidente che qui

parola intellectus presa in senso diverso

prima volta, mentre allora essa rappresentava una facolt attiva dello spirito, qui invece considerato come un prodotto dello spirito, nel qual senso tale parola rimase anche dopo nella Scolastica,
della

NELLE OPERE

DI

BOEZIO

135

voces vero

intellectiis,

intelledus

autem

res concipiant

^).

Per,

aggiunge Boezio,
tu

non

qui tutto, giacche

come
puoi

puoi trovare suoni che non hanno senso,


suoni
a cui nulla corrisponda

anche trovare

nella realt, cio intelledus sine alla re sibi subiecta,


il

che

Boezio, anticipando quanto poi pi diffusae

mente
Scoto,

pi

sottilmente
col
fatto

dir

in

proposito

Duns

spiega

che

/'

animus hominis non

soliim per
artifex,

sensibilia res incorporales intelligendi est

sed

etlam fingendi sibi atqiie mentiendi.


il

Stabilito cos

rapporto

tra

pensiero e parola,

Boezio affronta

1'

altra

questione gi tanto contro-

versa nella filosofia greca, sulla posizione del nome,

ed anche qui commentando


Aristotele:

la

famosa definizione

di

nomen
si

est

vox

significativa

secundum pla-

citum sine tempore,

cuiiis nulla pars significativa est se-

parata, egli
fetta
fatti

mostra strenuo sostenitore della perdi

indipendenza
le

natura tra
si

nome

cosa

ecco

in-

sue parole, quali

leggono

nella sua introdu-) ;

zione

Ad

Categoricos Syllogismos

secundum pia-

citum veto adiunctum est

in definitione,

quoniam nullum
unaquaeque

nomen natura significai, sed secundum placitum ponentis

constituentisque voluntate.

Illud enim

res dicit
sit.

quod

ei

placuit qui primus rei

nomen impres-

Aliae sunt enim voces naturaliter significantes, ut

canum latratus iras canum significai, et alia eius quaedam vox blandimenta gemitus etiam dolorum,

1)

Anitii Manlii Severini BOETHii,

De

interpretatione, in Opera,

Basilea 1570, pag. 296.


2)

A. M. S. BOETHii, op.

cit.

pag. 559.

136

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

sed non

siint

nomina, qaod non designant secundum


naturam,
alle quali parole

placitum,

sed secundum

fanno riscontro quest'


si

altre pi esplicite
al

ancora che

^)
:

leggono

nel

commento
est,

De

interpretatione

Aristoteles dicit placitum


liter

constitutum
est,

quod nullum nomen naturancque unquam sicut subiecta

res

a natura

ita

quoque a natura veniente voca-

bulo

et oratione vigeret,
litteris

mmcupatur ; sed honiinum genus, quod et ratione nomina posuit, eaque quibus libuit
syllabisque coniungens
dedit,

singulis

subiectarum

rerum substantiis

ed a

modo

di
tesi

conclusione
queir argo-

Boezio aggiunge a favore della sua

mento appunto, che tanto aveva


ed

affaticato Epicuro,

a cui questi aveva dato una soluzione per quei


:

tempi ardita

Hoc autem

ilio

probatur, dice Boezio,

quod
gentes
iidem

si

natura

essent,

eadem apud omnes ut sensus quoniam natnraliter sunt,


essent nomina,
sunt. D' altra parte
si

apud omnes
l'

domanda
noi
alla

ancora

autore

non

forse

vero

che

stessa substantia

diamo nomi

diversi, sicch, per

esempio,

usiamo
la

dei termini gladius, ensis, mucro,

Ora ci sarebbe posnomi fossero per natura ? evidente come quest' ultimo argomento sia piuttosto specioso che forte, giacch se non altro sarebbe riper esprimere
sibile,

stessa cosa ?
i

se

veramente

torcibile,

perch

si

potrebbe dire

se

nomi sono
diversi ?

dati

dall' arbitrio
la

dell'

uomo,

perch questi per e-

sprimere

stessa cosa ha inventato

nomi

1)

A.

M.

S.

BOETHII. De interpretatione, ed.

cit.

pag. 308.

NELLE OPERE

DI

BOEZIO

137

Lo Spunto poi
gi
fin

dell' altra

argomentazione a cui
si

da' suoi

tempi aveva, come


si

visto, ri-

sposto

Epicuro,
in

trovava

in

Aristotele stesso e

precisamente
terpretatione

quel famosissimo passo del


integrato

che,

da un
nel

altro

De Innon meno
comlo

famoso
menti

del

De Anima,
qui
nella

tante discussioni e

ebbe

nell' antichit e

medio evo. Noi

riportiamo

traduzione

stessa di Boezio,

perch

appunto

sotto

una
^)
:

tal

veste che esso fu

maggiormente

conosciuto

Quae siintin voce

sunt notae passionimi quae sunt in anima, et quae


scribuntur sunt notae eorum quae sunt in voce, atque
ut litterae
ces sunt

non sunt apud omnes eaedem,

ita

nen vo-

apud omnes, eaedem sunt etiam


altro
di

res

quarum
ha

hae passiones sunt simulacra.

Un
creduto

punto

di

Aristotele

Boezio

pur

largamente

commentare,

per quanto a'

suoi tempi, in cui nessuno ormai sosteneva

ancora

r antica opinione di Platone concernente la naturale


giustezza
dei
;

nomi, esso avesse perduto della sua


di

importanza
lo Stagirita

intendiamo parlare
sosteneva che

quel pa^so,

in cui

la verit

la falsit

non
di

sta
essi,

tanto

nei

nomi
')

quanto
al

nella

composizione

cio nel giudizio,


si

quale proposito cos Boe-

zio

esprime

omne nomen iunctum cum verbo


non homo vero non
est nomen nomen quo oporteat id

enunciationem reddit et suscipit mendacii veritatisque

naturam, ed altrove
atqui

non

est

constitutum

1)

2)

BOETHli, De interp. ediz. cit. pag. 297. BOETHii, ed. cit. pag. 560.

138

La filosofia del linguaggio


est orato nec negatio,

appellare:

quia

nec

sed est

nomen
ente,

infinitum,

quia
ente,

srmiliter in quovis inest

tam

quam non

tantoch,

per esempio, egli

aggiunge, hircocervus significai quideni aliquid non-

dum tamen verum quidpiam


aut non

aut falsum, nisi esse

esse adiiciatur vel simpliciter, vel

secundum
la

tempus

dato

ci,

cos

Boezio integra
:

vecchia
est

definizione di

nome

data da Aristotele

Nomen

vox

significativa,

secundum placitum,

sine tempore

cnius nulla pars coniuncta faciens enunciationem aut


falsitatis aut veritatis.

Boezio
zione
la
le

si

diffonde a commentare di tale defini-

parte

che

riguarda

il

nessun senso che

hanno

diverse parte dei nomi, sieno esse sillabe,

sieno esse veri vocaboli,

come succede
si

nelle parole

composte,

tutto ci per gi
;

trovava chiaramente

indicato da Aristotele

pi interessante invece la

spiegazione
tele

di quell'inciso

sine tempore^. Aristo-

aveva

fatto,

come
ovo[j.a

gi

abbiamo detto a suo luogo,

distinzione tra
e

e pr^[xa, cio tra


lui

nome
le

verbo

Boezio,

sulle

di
^)

orme,

sostiene appunto in

parecchi
discorso,

luoghi
il

che
il

due

sole

sono

parti del

nome ed

verbo, giacch ceterae non

partes, sed orationis supplementa sunt.

La
appunto
sivo

differenza
in ci

specifica tra questo e quello sta


il

che

primo cio

il

nome
verbo

espres-

sine

tempore,
la

il

secondo invece esprime cum


infatti

tempore,

definizione

di

da

lui

1)

Cfr.

BOETHii,

De SyU.
I.

Cat.,

ediz.

cit.

pag. 583;

De

interpr.

pag. 310 (Cfr.

Prantl, Voi.

pag. 693).

NELLE OPERE

DI

BOEZIO

139

COS formulata

sempre

sulle traccie dello Stagirita

verbum

est

vox

significativa

secundum placitum cwn


ali-

tempore, cuius nulla pars significativa est separata,

quid finitwn designans

et

praesens

in altri termini,

spieghiamo

noi,

il

nome

della categoria di

tempo non

al

toccato, giacche ci che esso esprime vero tanto


di

qua come
luogo

al

di l di tale categoria,

potendo esso

trovar

e nel

campo

infinito della possibilit,


;

come

in quello della realt e della necessit

il

nome

cio rappresenta
reale,

come una condizione


in

statica possibile

o necessaria, sempre

lelazione al lavoro
il

logico pi
il

meno
di

perfetto, di cui esso

termine

verbo rappresenta invece un' attuazione qualsiasi


un' azione o di una passione, per ci

dinamica o
esso

deve per forza concepirsi come alcunch che


e

s' inizii

quindi

come alcunch che


il

si

consumi,
tem-

quello adunque che

verbo esprime

fieri sine

poris notatione non potest, conchiude Boezio, met-

tendo

cos

in

evidenza anche uno dei motivi foncui


altre
alle

damentali,
verbi
tutte

per
le

due

classi e di

nomi
si

e d

parti

del discorso

possono

filosoficamente ridurre.

Da
essersi

tutto

quanto abbiamo finora esposto ben


sia

si
:

vede quanto
gi

vero

ci

che

stato affermato

nel periodo patristico del pensiero cri-

stiano formata una tradizione sui rapporti tra logica


e
filosofia

del linguaggio, per quel tanto che que-

sta

allora poteva valere, cosicch

quando

la

Patri-

stica cadde,

ed a poco a poco

nuovi orientamenti

della vita civile e politica ingenerarono quelle cond-

140

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

zioni da cui usc poi la Scolastica, questa pot tosto

attuare
filone

suoi caratteri specifici, attaccandosi a

quel
gi

di

pensiero

filosofico

aristotelico,

che

aveva saputo tanto


all'

bene prodursi

nei

secoli-

precedenti intorno

Organon

dello Stagirita.

E
colo
gini
e

si

noti condizione speciale in

cose: dal se-

Vili al XII secolo, cio nel

periodo delle ori-

delle

prime manifestazioni della Scolastica,

tutto fu

ancora incoerente ed incerto. La Metafisica,


1'

come ben dimostra

Espenberger,

^),

vi

ancora
tra idee

frammentaria ed ondeggiante bizzarramente


aristoteliche e platoniche
idee,
di
:

la

dottrina seducente delle


si

madre

del Realismo

ad oltranza, tosto

trova

fronte

alle

contrarie

teorie aristoteliche di so:

stanza, di natura, di persona

concetti fondamentali

del Peripatetismo di materia e di forma, chiave di volta'


di
tutta la sintesi scolastica-tomistica posteriore, vi
la

sono ancora mal compresi,


il

materia, per esempio,

chaos per Alenino,

1'

atomo materiale per Giole

vanni di Conches, una massa qualitativamente costituita e

dotata di moto dinamico per

scuole
'),

di

Chartres e se qualcuno,

come

dice

il

Wulf

rico-

nosce

in

essa

il

carattere di indeterminato assoluto

e di passivit che vi riconosceva Aristotele, per

incapace

di

approfondire tale nozione

la

forma poi

non

gi considerata

come

il

principio

sostanziale

1)

ster

1901,

M. ESPENBERGER, Die Philosophie des Petrus Lombardiis, Miinpag. 36. Cfr. anche Domet De VORGES, S. Anselnie, Paris

1901 pag. 149 e sgg.


2) Cfr.

Wulf,

op.

cit.

pag. 139.

AL SORGERE DELLA

SCOLASTICA

141

dell' essere,

ma

piuttosto
in

come una somma


quel periodo
si

di

prole

priet

in altri termini

agitano
si

formule
strano
loro.
trine

antiche,

ma
di

chi pi chi

meno,

tutti

modotsi

incapaci

interpretarle
di

secondo
delle

lo

spirito
le

Qualche cosa
cosmologiche,

simile

avviene per

proposito
:

quali

o-

scilla tra

due

tesi inconciliabili

quella della vita au-

tonoma

della natura, trasvestimento inaspettato dell'

antica teoria platonica dell' anima del

mondo

e della

concezione

del

fatum

stoico,

1'

altra

tesi

della

individualit di ogni essere naturale contenuto nell'

universo,

sostenuta
in

da Abelardo e da Giovanni

di

Salisbury. Cos
le

psicologia nel

campo

della

qua-

vero che

-fino al

secolo XII regn

indisturbato
indirizzo
e

S.

Agostino,

e quindi per

mezzo suo un

platonico,

non per questo per mancarono


:

dubbi

ed

incertezze ed errori

creazionismo e traducianidi
si

smo,
stino,

per
vi
1'

esempio, come gi nello spirito


si

Agovuol

alternano e vi
dell'

si

confondono,
e
si

salvare
tra

indipendenza
a
cos

anima

arriva d' al-

parte
;

riguardarla
in

come una
dove

propriet della
si

materia

morale
delle

tutto

riduce ad

una descrizione

virt particolari

ricalcandosi

malamente ci che gi avevan


in

fatto gli Stoici, cos

teodicea,

cos

in

genere

per qualsiasi

altro

palpito di pensiero.

La

parte invece del pensiero riflesso che non

fu toccata ne

da incertezza n da dubbio,

che

si

tramand
regn

sotto

una forma gi rigidamente compo-

sta a sistema fu
tele

appunto
rivali,

la dialettica,

dove Aristo-

senza

regn secondo verit e

142

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

giustizia,

perch conosciuto nel suo vero essere,

per meglio dire nelle genuine opere sue. La

tradi-

zione intessutasi gi nel periodo patristico tale re-

gno
della
nel

prepar

con
;

tutte

le arti
')

del

buon ordine
lo

coerenza

S.

Agostino

stesso col tessere

De

civitate-

Dei V elogio dello Stagirita

pro-

clam degno

della corona, che poi a questo fu data


1'

e conservata, tanto pi che

elogio del santo d' Ip-

pona

si

congiunge
la

all'

elogio che egli fa della dia-

lettica per

spiegazione stessa delle Scritture, e cosi


il

la dialettica aristotelica fu

solo punto fisso e sicu-

ro fino al secolo XII circa, in


re
di

mezzo

all'

ondeggia-

tutto

il

resto nel

campo
di

infinito

del pensiero

riflesso.

Vale
tosto

la

pena che noi

questo regno passiamo

considerare

alcuni

momenti,

quelli

che

ci

interessano, lasciandone nelT


viazioni
0,

ombra
tutti

tutte quelle

de-

per meglio dire,

quegli eccessi di
fra
i

potere, a cui esso

ha pur dato luogo,

quali
in

il

pi
dal

grave fu

senza
-'),

dubbio

quello

messo

luce

Baumgartner

per cui essendosi abusivamente

trasportata la teoria del giudizio dal dominio logico


al

dominio metafisico
della

si

dato

luogo ad una falsa


che
fu poi

interpretazione

teoria

ilemorfica,

motivi di tante incertezze ed errori.

1)

Aristotele in tutto

citato tre volte dal

vescovo

d'

Ippona, che

nel

De
2)

civitate Dei, (Vili. 12) lo

chiama;
d.

vir excellentis ingenii.

V.

BAUMGARTNER, Die

Philosopliie des Alanus de Insiilis (BeiMittelalters

jrage

zur

Geschichte der Phil.

U,

4).

MUnster

1896,

pag. 57 e sgg.

AL SORGERE DELLA SCOLASTICA

143

Intanto
interprete

vediamo che
esecutore

in

Alenino

*),

il

grande

ed

delle

riforme pedagogiche

escogitate dal genio di Carlo

Magno

in quella fresca

primavera

di

rinascenza

attuatasi

nella sua corte,

nella sua opera

De

dialectica

e nella
si

sua

Gramed

matica
ciare

nulla

si

trova che non


di

possa gi rintracCassiodoro,
quale per quanto

nelle
di

opere
Isidoro
nei

Boezio,
Siviglia,

di
il

anche
cos
'

di

poco

suoi

20

libri

delle

Origini

od

Etimologie,

ragioni intorno a questioni di logica,

di dialettica, e di linguistica,

pure abbastanza chia-

ramente
stotelico

dimostra tutto

l'

indirizzo tradizionale aritali

da

lui

seguito anche per

questioni.

Le

differenze, per esempio, nella dialettica tra Platone ed

Aristotele sono da

lui

ben notate, come trasparente


~).

la sua preferenza per quest' ultimo

Riportiamo

di S.

Isidoro questo passo solo, che


in

pressapoco

si

trova riprodotto poi anche

Aleni-

no

^)

Nomen
res

dictum quasi notamen qiiod nobis voejficiat,

cabulo
cognitio
oltre

notas

nisi

enim nomen

sciers,

rerum
in

perit,

concetto questo che troviamo

che

Alenino,

come

si

detto,

anche
:

in

Fre-

degiso, scolaro di Alenino, laddove dice

omne nolapis,
li-

men finctum

aliquid

significat,

ut

homo,

gnum

haec enim ubi

dieta fuerunt simul res


').

quas

significant intelligimus

Parrebbe a prima vista

di trovarci qui

davanti

1) Cfr.

WULF,

op.

cit.,

pag. 144.
I,

2)

ISIDORO, Origini,

lib.
cit.,

1;

I,

7; U, 22.

3) Cfr.

Prantl, op.

Voi.

II,

Leipzig. 1861, pag. 17.

144

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

ad una derivazione platonica


di natura tra
il

^)

a base di rapporto

nome

e cosa nominata,

ma

ci

non

fatto

che,

detto un

nome, noi veniamo a conos'

scere la cosa che con esso viene significato,

ac-

corda

infatti

benissimo

anche colla

teoria fondadi

mentale

di Aristotele

che nessun rapporto

natura

vi tra quello o questa, trattandosi solo di

un rap-

porto
tanto

stabile
pila

o per

convenzione o
proposito

per abitudine,
il

che Fredegiso ha quel finctum,

quale la-

scia nessun

dubbio

in

per Platone infahi e

per

suoi seguaci, gli Stoici, Filone,

Eunomio,
fincta

nomi
,

non

si

possono

in

alcun

modo chiamare
dall'
abili,

cio

foggiati

od inventati

uomo,

giacche essi sa-

rebbero posti dai pi


cio,

dai pi periti,
le

da

quelli

che

avendo meglio studiate


la natura, e

singole cose

ne hanno visto meglio

per ci da questa,

come da un elemento
dire,
il

oggettivo, spillato, per cos

nome.
invece, per quanto fugace, dall'

Una deviazione
in

indirizzo peripatetico preponderante,

come
di

si

detto,

quei tempi

nel

campo
I'

della logica, troviamo in


il

Scoto Erigena. Non qui


la

luogo

mostrare tutta

grande influenza che


del

Erigena ha esercitato sullo

svolgimento
riore.

pensiero filosofico medievale ulteil

Egli che per

primo

in

pieno secolo IX colla

sua opera principale


puto
elaborare

De

divisione naturae

ha safu

una

sintesi

completa

di filosofia,

1)

Ricordiamo a questo proposito


(Cfr. del

l'

insegnameuto, evidentemente
/,

d' origine platonica, di S.

Isidoro suH' esilit dell'


85).

di cui gi si par-

lato.

nostro lavoro, cap. HI, pag.

NEL PENSIERO

DI

SCOTO ERIGENA

145

senza dubbio

il

padre

di tutto quel

fermento razio-

nalistico-mistico, che

gemmazione

del
le

Neoplatonismo
due
traiettorie

antico
del

si

and

fissando secondo
dell'

Panteismo e

Emanatismo. A noi
il

basti qui

ricordare

come

V Erigena,

quale

la

propria specule
I

lazione cominci ad esercitare


del

commentando
papa
Paolo

opere

pseudo Dionigi,
esemplare

di

cui

aveva

inviato un

a Pipino di Francia, da esse

ritrasse tutto V andamento largo e maestoso del suo filosofeggiare, diventando e rimanendo poi sempre

un

neoplatonico
cercasse

convinto,

per quanto

le

sue dot-

trine

mai sempre

di conciliare coi

dogmi

della Chiesa, e coi dettami delle Scritture, non dubi-

tando

per

di

tormentar queste sotto

le

audacie di

interpretazioni allegoriche per addattarle alle proprie


dottrine,

come, per esempio,

egli

ha

fatto a
il

proposito

della creazione del


cetto,

mondo,

che, secondo

suo con-

doveva invece essere


fatta

stato ed essere ancora


di se stesso nell' uni-

una creazione
verso tutto.

da Dio

menti
la

evidente che con

tali

liberi

ed
le

arditi intendi-

mal

si

potevano conciliare

strettoie a cui

tradizione
Aristotele
:

aveva
l'

ridotta la logica e la dialettica

di

interpretazione

che

della

natura
s'

della parola

aveva dato Platone molto meglio


di tutta la

ac-

cordava coi fondamenti


ed
la
infatti

sua speculazione,

ad essa
:

egli ader,

ed sua, per esempio,


nelle parole
nelle

conosciamo necessario che noi conosciamo anche


sentenza
ci che noi

cose da

esse

significate*:

qiiod de nominibns

cognoscimus

necessarium

est

ut in his rebus quae ab eis signifi-

146

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

cantar cognoscamus

'),

in cui

evidente

1'

afferma-

zione di un rapporto
gnificata
la
;

di

natura tra

nome
da

cosa

si-

dall'

Erigena,

per esempio, conservata


O-i?
O-w, io

derivazione areopagitica di
collo

corro,
la di-

fatta
N^init

scopo

di

mostrare che veramente

corre nelle viscere del

mondo, sicch questo


1'

non
vino.

che

una vasta ondulazione del divenire di-)

Anche laddove
e

T Erigena fa

elogio della

grammatica

della

retorica, descritte velati qaae1'

dam membra
losofica
s

dialecticae, tiene alta

estimazione
in

fi-

dell'

una

come
in

dell' altra,

quanto

le

concepisce
sicch

sempre
di

relazione
gli

ad rerum nataram,

trattando
tratti

esse

argomenti devono ap-

punto esser

ex rerum natura. Le stesse defini-

zioni che r Erigena d della


torica
')

grammatica
i

e della re-

della

dialettica 0,

rapporti tra

nomi
'')
:

cose indicati anche dalle seguenti sue parole

no-

mina apposita
necessario

e regione sibi alia

nomina

respiciunt,

etiam
sibi

res

qaae proprie

eis significa ntar,


i

oppositas
raffronti

contrarietales obtinere intelliguntur,

tra

cos

detti

nomina
ed

lucis colle species


i

reram

visibiles

ed

intelligibiles

nomina tenebra-

ram

colle
''),

cause
tutti

omnem sensum
gli

et intellectum sape-

rantes

insomma
sul

accenni ad una specunell' Eri-

lazione

qualsiasi

linguaggio rivelano

1)

2)

3) 4)
5)

6)

Scoto Scoto Scoto Scoto Scoto Scoto

Erigena, De divisione natnrae, I, 14. V, 4. Erigena, l, ^7. Erigena, erigena, v, 4. 14. Erigena, l, erigena, ni, 29.

LA QUESTIONE DEGLI UNIVERSALI

147

gena un
proposito
alle

largo senso d' interpretazione platonica a


della natura dei

nomi

e dei loro rapporti

cose.
L' Erigena ebbe,

come

noto,

una grandissima
per
il

importanza
d'

nella

storia

della

filosofia

fatto

aver

egli,

partendo dal suo concetto fondamentale


dei

dell' identificazione

gradi

dell'

astrazione

coi
all'

gradi dell' intelligenza 0, rimessa, per cos dire,

ordine del giorno quella questione degli universali,

che se idealmente
storicamente
Porfirio.
si

risale a

Platone ed ad Aristotele,
dell'

inizia

da un passo

Isagoge

di

Anche
autori quali
lastica

qui
1'

dobbiamo

intenderci
il

vi

furono degli
la

Haureau ed
ridurre

Taine che tutta

Sco-

vorrebbero

ad una disputa continua


ora ci non

ed ininterrotta intorno

agli universali,

vero, per quanto la lotta sia stata combattuta strenua-

mente da una parte


tualisti e nominalisti,

e dall' altra
i

da

realisti,

concet-

quali talvolta offrivano di s

uno spettacolo,
mini

che

pot

strappare sorrisi ad uo-

relativamente
').

spregiudicati

come Giovanni
le

di

Salisbury

Noi

non

possiamo
in

certo

seguire tutte

mo-

venze assunte
mettere

relazione a tempi ed a luoghi di-

versi da tale contesa,


di
il

dovendoci solo accontentare


le

in

evidenza

relazioni necessarie che

problema degli
di fatto colla

universali

doveva avere

ed ha

avuto
1)

speculazione sui nomi.

Ueberwegs, Gnindriss etc, Voi. U pa.ii. 139. Salisbury, Polkraticus, lib. VU, cap. 12. (IoanNIS SARESBERIENSIS, Opera, Lusduiii Batavoruin, 1595, pag. 385).
Cfr. in proposito
2)

Giovanni

di

148

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Anzitutto

notiamo

il

fatto

che

la

questione, di

cui stiamo parlando, nata

appunto

sul terreno della

logica,

da

cui

poco a poco

arrivata a quello

psicologico, per invadere


sico,

finalmente quello metafi-

dove solo poteva avere una soluzione ade;

guata
era

ricordiamo
:

precedenti storici
le

Porfirio

si

domandato
o

generi e

specie esistono nella


in

natura,

non

sussistono

che

pure costruzioni
delle cose,
essi
^)

dello spirito ?

Dato che

essi sieno

sono
fuori

esse

corporee od incorporee ?

Esistono

degli esseri sensibili o sono realizzati in esse

ri-

evidente che

la

domanda fondamentale
fondo
,

la

prima

guardante
specie,
dei
stra

appunto r obbiettivit dei generi


in

e delle

che

non
di

sono
cui

che
questi

gli

oggetti

nostri

concetti

produzione
i

della

nofis-

facolt

astrattiva,

risultati

noi

siamo appunto

coi termini

del

nostro linguaggio.

Se noi

infatti

non avessimo
inutile

questi, noi
il

saremmo
lavoro loper
di

sempre daccapo, ed

sarebbe tutto

gico dello spirito nostro,

come sarebbe
dell'

inutile,

usare alcune note similitudini


chi volesse scavare

Hamilton, quello

una

galleria nella sabbia senza so-

stenere con sostegni la parte di scavo gi composta, o


di chi

volesse penetrare

in

un paese avversario da
alle

conquistare,

senza

assicurarsi

spalle

le

con-

quiste gi fatte con opportune fortezze.

intellectibus posita sitit, sive subsistentia corporalia sint an incorporalia, et utnim separata a sensibisive
in

1) Ecco le parole di quidem sive subsistant,

Porfirio

Mox
nudis

de generibus et speciebus illud

libus

an insensibilibus posita et circa haec consistentia, dicere reca sabo. (Cfr. BOETHii, Opera, Basilea 1579., pag. 53),

LA QUESTIONE DEGLI UNIVERSALI

149

Boezio
Porfirio

ne'

suoi

commentarii
alle

all'

Isagoge

di

non seppe dare


che
la

domande
si

del filosofo
e

neoplatonico
precise,
e

risposte

poco

coerenti

poco
conridu-

cos

questione
:

trascin rimanendo

sempre
cetti

sott5 la forma

gli

oggetti dei nostri


si

esistono nella natura (subsistentia), o


delle pure astrazioni
')

cono a
si

(nuda intelleda) ? Sono


Mercier,
~)

no delle cose

?
Il

Quante
a
tale

quali furono la risposte ?


nella

riguardo

sua

Criteriologia generale
:

dice che esse furone quattro

abbiamo prima
di

il

Rea-

lismo

esagerato,
il

copia

di

queir antico

Platone,

secondo
di

quale vi armonia tra concetto e realt


la

oggettiva,

quale quindi esiste nello stesso stato

universalit

che riveste
vi
il

la realt

pensata
il

all'

e-

stremo opposto
trario

Nominalismo,
il

quale

al

conil

del

Realismo

ad oltranza,
gli attributi

quale sogn

mondo
sato,

reale

secondo
il

del

mondo pen-

modell

pensiero sulle cose esteriori, negandei concetti universali, e rifiu-

do perci l'esistenza
tando air
In
intelletto
tali
1' il

potere di dar ad essi origine.


sta
il
:

mezzo a

due estremi
esistenza ed

I" il

Concettualismo,

che ammette
cetti

valore ideale dei con;

universali,

non

il

valore loro reale

concetti

hanno per termini mentali oggetti


ideale),

\xmvQ:x?>dA\{oggettivit

ma
al

noi

non sappiamo se

essi

hanno un fonda-

mento
dui

di fuori di noi,

e se nella natura gli indivi{oggettivit reale,

posseggono distributivamente
1)

Cfr.

LOKWE, Kampf zwischen Rcalismiis

iind

Nominalsmiis

in Mittelalter,
2)

Prag 1876. pag. 30. D. Mercier, Criteriologie generale, Louvain,

1900, pag. 300 et sgg.

150

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

l'essenza

che

noi
;

ciascuno d' essi


lico,

IF

concepiamo come realizzate in il Realismo moderato, aristote-

tomista, che

ammette
:

il

valore ideale, ed

il

valore reale del concetto parole del Mercier,

le

cose, usiamo ancora

le

sono

particolari,

ma

noi abbia;

mo

il

potere di rappresentarcele astrattamente

ora

il

tipo astratto,

quando
in

l'intelligenza lo scorge per rifles-

sione e lo mette
in

rapporto coi soggetti particolari

cui

esso realizzabile, attribuibile a ciascuno

d' essi

ed

tutti

quest' applicabilit

del tipo a-

stratto agli individui la sua universalit.

Tali sono

le

quattro risposte alle


in
il

mulate da Porfirio

un

trattato di
')

domande forLogica, come


il

appunto r Isagoge,
assoluto

Wulf

dice che

Realismo
Pla-

contro

il

buon senso, ed
1'

vero, esso
in

per aveva
tone
;

avuto uno splendido campione

d' altra parte ricordiamo che

esemplarismo

agostiniano
alla

nella

sua forma primitiva gi gi fino

species intelligibiles

da S. Bonaventura e da S.
)

Tommaso ammesse
nales

negli angeli,
S.

alla rationes

semi-

ammesse da

Tommaso

stesso era una gran-

de

concessione
:

fatta all' antica teoria idealogica di


la ri-

Platone
sposta

ben pi strana a noi appare invece


e

nominalistica,
i

non solo a

noi,

ma anche
in

ad

altri,

quali messisi a giudicare di essa sul terrealt


di

reno storico hanno potuto convincersi che

non

mai

esistita nell' et di
la

mezzo una scuola

filosofia,

quale

si

sia

formata e raggruppata in-

1)

Wulf,
Cfr. in

op.

cit.

pag. 162.
:

2)

proposito

P.

ROTTA, La coscienza
74,

religiosa medievale,

Angelologia, Torino 1908, pag.

E LA QUESTIONE DEGLI UNIVERSALI

151

torno
quella,

ad

una

tesi

cos inetta, quale poteva esser


1'

secondo

cui

universale non che una


soffio

ri-

sonanza
o^

dell' aria,

il

materiale

della voce,

flatus vocis

0.
sia

Comunque per
tutta
la

di ci resta
si

un

fatto

che

contesa degli universali


si

iniziata e per

non poco
e

svolta su terreno

grammaticale logico
:

non avrebbe potuto esser diverso


contenuto per

tutta la

que-

stione infatti stava nel decidere quale


il
i

doveva essere
con simdire che

singoli nomi, concepiti


concetti.

boli necessari dei singoli

Considerata anzi

sotto
tale

questo

punto

di

vista, noi

possiamo

lotta

rappresenta lo svolgimento di uno dei cainteressanti di qualsiasi filosofia del

pitoli

pi

Pn-

guaggio.

noto
gli

che

si

discusso a

lungo se prima
i

tra

uomini

abbiano
i

avuto
proprii
;

corso

nomi comuni o
Smith nella sua

non piuttosto

nomi

Adamo

Teoria dei sentimenti morali


ci

~)

ha sostenuto che
proprii, cio no-

prima
mi

devono essere
il

stati

nomi
invece
le

individuali,

Leibniz

pensava

il

con-

trario,
le,

pr axiomate habens, sono

sue stesse paro-

omnia

nomina quae vocamus propria aliquando


')

appellativa fiiisse, alioquin ratione nulla cstarent.

Questa

opinione

fu

validamente difesa

in

tempi a

1)

Cfr:
si

Groeber, Gnindriss

d.

roman. Philol., U, pag.


la Pliilosophie

550, n.

1,

dove

riporta in proposito l'opinione dei Windelband.

2) Cfr.

Dugald-Stewart, Elementi de
1845, voi.
Ili,

de V Espri,
-

humain, Paris
3) (loc. cit).

pag. 21.

L'opinione

del

Leibniz

riportata pure dal DuRald

Stewart

152

La filosofia del linguaggio

noi
dal

pi

vicini

dal
^)

Max
dallo

Muller

^)
1'

dal

Rosmini

"-),

Darmesteter
fu

Zoppi

^),

opinione dello
in

Smith

recentemente
dal

difesa, per
').

quanto
tale
in
^)

parte

modificata,

Fonsegrive

Una

questione

non
chi,

fu

per nulla direttamente posta

tempi anti-

per

quanto,
in

secondo

il

Giussani

V opinione

che

ogni

quindi

ogni

nome nome

origine sia stato un predicato, e

proprio sia stato comune,


di tutta la

il

presupposto necessario
si

discussione quale

svolta nel
Neil' et di

Cratilo di Platone.

mezzo

se tale questione

non

fu

po-

sta sotto

il

suo aspetto storico fu per, per cos dire,

coinvolta
gli

nel

problema

pi

largo

generale deci

universali.
i

Prima
generali,

di
i

decidere cio se prima

furono

nomi

nomi cio che possono cordi cose,

rispondere
loro

ad una serie estesa


logica
in

che per

la

eguaglianza

ordine a comprensione

ed estensione
concetto,
solo,
e

possono essere comprese in un solo quindi essere espresse con un termine


non
piuttosto

se

prima

ci

furono

nomi

particolari, nomi cio che possono corrispondere ad

un individuo
poi

solo, era necessario risolvere la que:

stione pregiudiziale

il

genere e

la

specie esistono
di noi,

come qualche cosa

di reale fuori

o esi-

1)

May Mueller,
Cfr.G.

2)

MORANDO, Corso

The science of Thought, London 1887, pag. di Filosofia, voi. I, Milano 1898, pag.
vie

432.

225,

e sgg.
3) H.

Darmesteter, La
cit.,

des mots, Paris 1887, pag.


voi.
I,

41.

4) 5)

ZOPPI, op.
G.

pag. 166, 167.

Fonsegrive, lements de Philosophie,


Giussani, op.
cit.,

Paris 1890

pag. 243.
6) C.

pag. no.

E LA QUESTIONE DEGLI UNIVERSALI

153

stono solo come qualche cosa allo stato ideale dentro


di noi

flatus vocis ? Per

non esistono affatto, o sono semplicemente il Nominalismo, per esempio, non


potuto

avrebbe

aver

valore

che

la tesi

difesa poi

dallo Smith, giacche


lare
di

come

si

sarebbe
si

potuto parfino

nomi
dei

comuni,

quando
stati

negava per

r esistenza
quelli

concetti universali ? evidentemente


in tal
il

non sarebbero

caso che etichette

sopra dei recipienti vuoti. Per


cose

Realismo invece
le

le

sarebbero andate ben diversamente, e

mo-

dalit stesse della speculazione di

Platone ne sono

una

prova.

La
si

tesi,

sostenuta poi dal Leibniz, ha


il

detto,

come
il

visto,

Giussani,

il

presupposto

del Cratilo platonico,

noi possiamo aggiungere che


di qualsiasi

essa

presupposto

soluzione realistica,
degli

ed anche solo concettualistica della questione


universali.
e lo
si

Una

volta infatti che

si

ammetta

il

concetto,

ammetta come produzione


diverse serie
lo
si

della facolt astraente

dello spirito nostro in rapporto a reali caratteri di so-

miglianza tra

le

delle cose,

una volta

che

tale

concetto

creda applicabile non di-

ciamo

ai tipi

delle cose relativamente esistenti, co-

me avrebbe potuto oltranza, ma lo si


stessi
in

dare un Realismo qualunque ad

creda applicabile agli individui

quanto

in

questo

lo

spirito riscontra quel

tanto

di

comprensione con cui per astrazione ha


il

plasmato

loro tipo ideale,


i

quando
la

tutto

questo

si

ammetta
la

secondo
importanza

dati

di

un semplice Realismo
parola avr tutta

moderato, allora,
sua

e solo allora,

tutto

il

suo valore, allora e

solo

allora essa sar etichetta di quei recipienti di

154

LA filosofa del LINGUAGGIO

cui

tutti
il

conosceranno

il

contenuto, allora e solo


il

allora

linguaggio sar veramente


utili

complesso
il

di

quelle tessere che son

commercio degli animi. In caso contrario la parola non sar pi termine fisso di un lavoro comune coee necessarie per

rente ed

omogeneo, ma sebbene semplice descrizione

fugace che colla cosa, a cui sar momentaneamente


applicata, dovr scomparire nel caos dell' indistinto
mfinito,

sicch

tutti
il

allora ci

troveremmo
la

nel caso

del Sofista greco,


re

quale ebbe

bizzarria di por-

ad un suo schiavo un nome nuovo chiamandolo


,

neppure

e se

ne vantava credendo cos

di

aver

dimostrato che ogni parola potesse diventare significativa

ad

arbitrio,

senza

capire, nota

il

celebre

linguista

Max

MUller, che con quel

neppure

poche

teva benissimo chiamare un dato individuo,

ma

mai quel nome avrebbe potuto

istituire

il

nome cotra-

mune
quella

schiavo

perch questo era gi ormai

dizional termine di un dato concetto, sicch facendo

sostituzione
si

nessuno
il

pi V avrebbe inteso,

perch
sibile

sarebbe tagliato

ponte, su cui era posgli

la

comunicazione
di

tra

uomini

di quella

bricciola
di quel

sapere raccolta amorosamente nel seno

dato concetto.
le

Queste sono
noi

ragioni di ordine logico per cui

crediamo conglobata nella questione degli universali anche un grande problema di filosofia del
linguaggio, nel che andiamo d' accordo col Croce
il

*),

quale

pure

crede

che

in quella

disputa secolare

1)

B.

Croce, op.

cit.,

pag. 178.

LA QUESTIONE DEGLI UNIVERSALI

155

non
zione

si

pot non toccare


tra
il

in

qualche
il

modo

la

relala

verbo
si

e la carne, tra

pensiero e

parola.
lo

Certo

che ben diverso sarebbe stato


tutta
di
1'

svolgimento
logico,

di

la

contesa, che, nata su

terreno

sopra

questo rimase per tanto


dello Stagirita
si

tempo,

se

oltre

che

Organon

fossero presto conosciute anche quelle altre sue opere, in cui egli, integrando la metafisica di Eraclito

con

quella

di

Parmenide, scioglie

la

questione dei

rapporti tra individuale ed universale in quel

modo

che fu uno dei

punti specifici e caratteristici di tutto

quanto

il

Peripatetismo.
tali

Ed
veniamo
ci
allo

ora da
a

considerazioni d' indole generale

vedere

un po' pi da vicino qualcuno


si

di questi autori

che
di

sono

gettati nella disputa, e

scopo

avere

la

contropprova

di tutto

quanto abbiamo poco sempre affermato. Gi


si

discorso di Fridigiso, uno dei primi

campioni

del

Realismo,
i

a cui tosto

s'

aggiunsero,
d'

per non citare che

principali,

Remigio

Auxerre,

Gerberto, Fulberto, fondatore della scuola di Chartres,

Oddone
:

di

Tournai,

scrittori

tutti

di logica

di dialettica

trattarono essi qualche volta anche


in

di metafisica,

ma

modo

frammentario, rivolgendo

tutto, r stioni

acume
di

della loro speculazione a quelle quein


si

logica,

cui, trattandosi

dei concetti e

dei giudizii,

tosto

ingenerava l'addentellato per


oggettivit di quelli, che essi,

discutere intorno

all'

come
solo
in
il

realisti,

ammettevano

assicurando

cos

non

contenuto ideale,

ma anche

reale della parola

quanto manifestazione

di concetti.

156

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

E
quello

COS accadde anche nell' altro


i

campo, cio

in

degli antirealisti, quali, badiamo bene, quando del dilemma di Porfirio si attaccarono alla seconda parte dicendo che gli universali non sono
delle

gi

cose realizzate

allo stato universale nella


(

natura,

ma

solo pure costruzioni dello spirito

nuda
si

intellecta),

cio

astrazioni verbali,
in

non vollero gi

prendere posizione
parlato prima,
il

quel Nominalismo di cui

quale molto probabilmente stato


fatta

pi

una finzione posteriore


di contrasto al

quasi per una ra-

gione

Realismo ad oltranza, che un

reale sistema di

una determinata scuola. L' Antireaesistenza di una realt universale,


affront
di

lismo ebbe piuttosto un carattere negativo, cio esso


fu

negazione
pi

dell'

solo

tardi

esso
al

direttamente

il

vero

problema, che era


rio,

sopra del dilemma


tenne
la
il

di Porfi-

acni troppo

ligia si

speculazione degli

universali nei primi secoli, cio

modo con
i

cui si
la

potevano conciliare
r esistenza

in

motivi pi larghi e profondi

sostanzialit degli- esseri individuali,


e
in

soli esistenti,

noi

di

concetti

universali.

Per

primi secoli, in

altri

termini, gli antirealisti si


i

accon-

tentarono
concetti
tutta

di

ammettere

concetti anche universali,


di cui

eh' essi

chiamano nomi
in
;

riconobbero

r importanza

quante espressioni rigide delle

astrazioni

umane
le

ed
la

strano che giudicando

le

cose

risolvendo

questione,

che tanto allora


di vista,

affaticava

menti

da

un
il

tal

punto
di

non
loro

avessero

sentito

anche
tali

bisogno
le

approfondire
il

anche

la

natura di

nomi,

loro origini,

significato, di fare cio

anche un po'

di filosofia del

LA QUESTIONE DEGLI UNIVERSALI

157

linguaggio, dato appunto che col linguaggio

si

pote-

vano

fissare quei termini, a cui corrispondeva,


il

come

contenuto,
del tutto
!

solo

esistente nella

grande economa

Invece
listi

questo

non avvenne

anche

in antirea-

come Rabano Mauro ed


anche questi soprattutto

Heiric

d'

Auxerre,

scrittori

di logica e di dia-

lettica
firio

secondo

il

solito indirizzo di Aristotele,

Pordi

Boezio, nessuna traccia noi troviamo


al

un

pensiero nuovo intorno

linguaggio. In Heiric troin cui

viamo,
i

vero,

un passo

ben

si

distinguono

tre elementi,

qiiibus
:

omnis collocutio dispiitatioque


intellectns,
et

perficitur, e cio

res,

voces

res sunt

qtias

animi ratio ne percipimus,


res

intellectns vero

qno

ipsas

addiscimus,
.

voces

qnibns
si

quod

intellecta

capimus significamus
Poi
alind

Come
:

vede siamo qui an-

cora alle medesime distinzioni gi stabilite da Boezio.

Heiric aggiunge

Praeter haec autein tria

est

litterae,

quoddam quod significai voces, hoc est harum enim scriptio vocum significano est
litterae significant.

Rem
voces

concipit intellectns, intellectam voces designant,

autem

Rarsus hornm quatest voces et

tnor duo sunt naturalia, id est et res et intellectus, duo

secundum positionem hominun, hoc


terae
*),
il

lit-

quale ultimo rilievo richiama evidente-

mente
scritto
sitio

tutto

quanto

Boezio"

aveva

ripetutamente

a suffragio della teoria aristotelica della

po-

nominum secundum doveva essere cos spontaneo


Prantl, op.
cit., voi.

hominis placitum. Eppui'e


il

problema

dell' ori-

1)

II,

pag. 41.

158

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

gine

della

natura dei nomi stessi per chi


si

come

Heiric d' Auxerre credeva che con essi

esprime-

vano

concetti

universah,
!

gH

unici

esistenti nel
le

campo

dell' universalit

eppure date

res e

l'

in-

tellectas,

come cose
linguaggio
intorno
ai
!

naturali,

doveva essere cos


all'

spontanea V investigazione intorno


nit

essenziale udegli

del

siccome

segno

umani

concetti,

alle istintive espressioni dei bruti

ed intorno
colla

rapporti di quello colle cose stesse e

Ed invece tutto ci non fu sentito ne verit Rabano Mauro, ne da Heiric d' Auxerre, ne da da
Roscellino,
il

quale pure, secondo


Frisinga
:

di

contemporaneo

suo Ottone

di

primiis nostris temporibus


').
il

sententiam vocum

institiiit

noto che Roscellino pass sempre come


rappresentante
pi
netto

genuino

del

pi

puro e perci del


le felici

Nominalismo,
Wulf,
della

ora,
tale
si

secondo

in-

duzioni
solite

del

anche
filosofia

luogo comune delle

storie

deve credere ne pi
il

meno che una leggenda, giacch


ha
lasciato

fatto si

che' egli

troppo poco dell'opera sua,


questo poco interpretare nel
dalla

perch

noi

possiamo
ed

modo
infatti

voluto

imposto

tradizione.

Di

lui

abbiamo solo una


e

lettera indirizzata
lui
si

ad Abe-

lardo
nelle

poi parecchi passi che a


di S.

riferiscono
di

opere
i

Anselmo, Abelardo, Giovanni


specie non sono che

Salisbury,
lino
i

quali tutti affermavano che per Roscele


le

generi
si

voces

Come
1)

deve interpretare quel

voces ? Forse nel

Wulf,

op.

cit.,

pag. 171.

NEL PENSIERO

DI S.

ANSELMO

159

senso
voces

voluto

da un Nominalismo puro, per cui

le

non possono gi esser termine del concetto,


un pensato universale ?
il

e cio di

Il

Wulf non crede

che

si

deve interpretare cosi


Ottone
di

sententia vociim, di

cui parla

Frisinga, noi crediamo che egli

abbia
sopra
dice
fuori

perfettamente

ragione
in

appoggiandoci

anche
cui
si

quanto
che
per

troviamo
negare
1'

S.

Anselmo

"'),

in

esistenza del colore


il

all' in-

degli

oggetti Roscellino diceva che

colore
in

sta agli oggetti

come
che
e'
si

la

saggezza

sta

all'

anima,
la la

cui
dell'

se

vero

tende ad affermare

realt

individuale

per anche manifesta

neces-

sit

mentale

di

un substrato, a cui

far aderire nel-

intelletto ci
In pi

che appunto individuale.


per ci che riguarda
S.
il

spirabil aer

no-

stro

argomento veniamo con


pensatore

Anselmo. Fu questo
nella

un

davvero

insigne

collana degli

scrittori cristiani dell' et di

mezzo,

e se la sua fa-

ma
rica

per

pi

si

trova specialmente attaccata alla


in

formula

credo ut inielligam -), che

linea sto-

da S.
anche

Anselmo
la

fu applicata

esclusivamente a

questioni

teologiche,

mentre

pur concetto di lui

che
e

ragione una sorgente indipendente


il

propria di sapere, d' onde


la

suo grande rispetto

per

dialettica

^),

in realta egli,

seguace del
fu
il

lu-

minoso pensiero
1)

di S.

Agostino

^),

primo che

Anselmo, De Fide Trinitatis, l. Anselmo, Proslogium, cap. I. 3) Cfr. DOMET DE VORGES, op. cit., pag. 135. Nilil 4) Lo dice S. Anselmo stesso nella prefazione al Monologiiim potili invenire me didicisse qiiod non catlwliconim patnini et maxime
S.
2) S.
:

beati S. Augustini scriptis cohaereat.

160

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

seppe
corpo

sul

terreno

dell'

ortodossia

scolastica

dar

alla

prima

sintesi filosofica,

che fosse reazione


in

sapiente alla sintesi antiscolastica ed


parte eterodossa di Scoto Erigena. S.

non piccola Anselmo per


si

ci che riguarda la questione degli universali


cise per
il

de-

Realismo, un Realismo pieno e completo

che talvolta nel

Monologio
punto

si

manifesta con for-

mole
visto
tra
la

tali

da

far

sospettare

quasi

un Panteismo.

Partendo
il

da un

tale
si

di vista S.

Anselmo ha
stabilire

nesso che

poteva filosoficamente

questione degli universali e

la filosofia

delle

parole, anzitutto egli nel

Monologio pressapoco con-

formamente a quanto
fautore,

dir pi tardi Alberto

Magno,

come

creatrice della parola dell'imaginazione,

che per

gli Scolastici

poca differenza ha

della

memoria,
;

stabilisce per quella

cme
il

origine la

memoria
la

in

se-

condo luogo
del

egli

ha visto molto bene

questione
;

linguaggio sotto

suo aspetto psicologico


1'

la

mente, egli dice, trae da se stessa

imagine

di

ci

che pensa, imagine che naturalmente


pria

fatta a pro-

somiglianza,

che

solo idealmente noi posl'ha concepita


1'
;

siamo disgiungere dalla mente, che


tale

imagine
il

la

parola della mente, e


tali
;

agitarsi

ed
il

susseguirsi di

parole ci che costituisce


su
:

linguaggio
insiste
si

mentale

tale

concetto

S.

Anpadalla

selmo

molto a lungo

per esempio, egli dice,


la

quando
cosa

pensa alcunch extra mentem,

rola mentale della cosa pensata


stessa,

non nasce gi
quel dato
si

ma

sibbene

dall'

imagine della cosa,

che gi nella memoria


pensa, o

di chi in

momento

che per

il

tramite dei sensi

trae allora

NEL PENSIERO

DI S.

ANSELMO
Per

161

dalla cosa

reale fuori di noi 0-

il

che, dice al-

trove

il

santo, rem

unam
di

tripliciter loqiii

possumiis

1) sensibiliter,

usando
tra

segni sensibili, 2) insennoi


tali

sibiliter

rivolgendo

di

segni

3)

nec

sensibiliter, nec

insensibliter,

rivolgendo

tra di noi

non gi
le

segni,

ma

le

cose stesse, o per meglio dire


la

immagini delle cose quali


i

memoria ha

in

s,

quali

sensi
tre

ci

vanno continuamente offrendo. Di


suoi elementi sono uguali per

queste

specie di linguaggio, naturale soltanto


i

la terza,
tutti
:

inquantoch
parole

tali

naturali

sono molto pi vere che


con cui noi
alle
ci

non

le

altre

non necessarie
molto
copia
pi

espri-

miamo,
tentano
qui

perch
di

simili
~).

cose, di cui
si

esser
alla

precisa
di

Come

vede
fa-

siamo

presenza
per

una profonda dottrina


che riguarda
infatti
la

d' ordine

psicologico

ci
:

colt del parlare nell'

uomo

che cosa

essa ?
di ci

non

altro

se

non un' espressione estrinseca


in noi, in cui e'

che naturalmente avviene,

un vero

linguaggio espressivo per immagini, cio per parole

che sono vere immagini delle cose formate nel nostro


pensiero.
In

base
gi

ci

S.

Anselmo

affronta anche
nel

la

questione

discussa
della

da Platone
,

Cratilo

suir efficacia

parola
;

quale

pronunciata,

nel produrre la cognizione

S.

Anselmo nega, come


la

gi

Platone, una tale efficacia perch

cognizione

pu

nascer

solo

in

noi

dal

linguaggio naturale

1)

S.

2) S.

Anselmo. Monolosium, Anselmo, Monologium,

cap. 63.
cap. 10.

162

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

interno,

non gi da quello
esiste
infatti

artificiale esterno,

nes-

sun
stro

rapporto
discorso

tra

le
le

parole

del no-

colle

cose, mentre

parole mentali
di

da

una

parte colle cose

hanno un rapporto
ci

na-

tura,

e dall' altra

sono omogenee

alla nostra stessa

facolt

conoscitiva, e non

pu essere cosa penil

sata

da noi senza che abbia

suo corrispondente
:

motto verbale, tantoch conclude S. Anselmo


sunt verba
tatae
').

Tot

in

mente cogitantis,

qiiot siint res cogi-

E
tale

forse superfluo far osservare quanto bene una

teoria

psicologica

di

S.

Anselmo

s'

accordi

colla

soluzione
universali
:

realistica

da

lui

data del problema


dell' efficacia

degli
della

sulla

questione poi

parola
nel

ritorna

dialogo
di

come mezzo di conoscenza il santo De Ventate'), dove troviamo


una certa
importanza
:

un

passo

Il

maestro

in
il

esso

ha parlato della lectitudo enunciationis,


sente tosto una
difficolt cio

ma

discepolo

difficolt nascergli nella

mente, quella

che pi

tardi,

come ve-

dremo, vedr e risolver anche Duns Scoto, e cio


Video qnod domanda al maestro suo me quid respondere possim, si quis dicat quia etiam cum oratio significai esse quod non est, significai quod debet, pariter namque accepit significate esse et quod est et quod non est, nam si
egli

cos

dicis,

sed doce

non accepisset

significare etiam

quod non

est,

non id

significaret, quare etiam cum significai esse quod non

1)

S.

2) S.

Anselmo, Monologium, cap. Anselmo, Dial. de veritate,

63.

cap. 2.

NEL PENSIERO

DI S.

ANSELMO

163

est,

significai
et

qiiod debet, ac si qiiod dcbct signifi-

cando recta
oratio
etiani

vera

est,

siciit

ostendisti, vera est


il

ciim
:

enantiat qiiod non est. Al che

maestro

risponde

Vera qaidem non solet dici cimi

significai esse qiiod

non

est

veritaiem tamen et recti-

tudinem habei, quia facii qiiod debet. Sed ciim significai qiiod est, diipliciter facii
gnificai et

quod debet, qaoniam siquod acceoit significare, et ad qaodfacia esiy

ficai

et veritaiem, qua signiquod est, usu recia est et vera diciiur enunciano, non secundum illam, qua significai esse etiam quod non est. Alia est igiiur reciiiudo et veriias enunciationis, quia significai ad quod significandum facta est, alia vero quia significai quod accepii si-

sed seciindum ha ne reciitudineni


esse

gnificare, qnippe isto immutabilis est ipsi raiioni, illa

vero muiabilis.

Come
r antica

si

vede, qui ancora,

come

gi

si

detto,

questione della giustezza dei nomi trattata


e

da

Platone,

da S. Anselmo lumeggiata sotto un


cio
noto,
sotto
la
il

aspetto
e' era,

nuovo come
cui
la

suo

aspetto

logico

soluzione data da Aristotele,

secondo
del

giustezza

data

dall'

aggiunzione
falsit

verbo
la

essere,

riguardando verit e
sibbene
il

non

gi

parola,

ma

giudizio. S.

Anselmo
in

invece

riconosce una giustezza ne' nomi


:

questo

senso

nomi hanno comunque un


sempre ad
ideale,
d:irsi

significato, correalt,

rispondono essi quindi sempre ad una


corrispondono

perch
,

un concetto, che

per
di

quanto

re.ilt

pur

sempre qualche cosa


di

positivo.

Pu
si

che a questa realt ideale cornoi,

risponda

no una realt oggettiva fuori

164

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

e S.

Anselmo

nel suo

Realismo ad oltranza era largo


;

neir ammettere una tale oggettivit

quando una

tale

corrispondenza
allora
in
la

esiste

tra

concetto ed oggettivit,

parola pu veramente dirsi e retta e vera


di tutto

doppio senso, prima


in

perch significa ci

che deve,

secondo luogo perch esprime ci che


tale

quando invece

corrispondenza non

e' , la

pa-

rola

rimane pur sempre vera, perch serve sempre


nell'

ad esprimere un concetto, negativo


realt.

ordine della

Tutto

ci

in

modo molto

incerto era stato

veduto anche
chiaro
di S.-

da Scoto Erigena

^),

ma

quanto pi

ed

esauriente la spiegazione in proposito


!

Anselmo Anche il dialogo


si

De Grammatico
altro

di S.

Anseldi lo-

mo

svolge tutto intorno ad una questione


perch
in

gica,

fondo non

che una ricerca

sottile intorno a

comprensione ed estensione dei due


e di

concetti

di
le

uomo

grammatico per metterne


:

in

evidenza
e
in
si

reciproche relazioni
certa im.portanza

osservazioni qua

di

una

non mancano anche

tale

dialogo, che solo nei primi paragrafi a noi


:

presenta con carattere discretamente sofistico


invece, per esempio
il

pii

avanti

-),

S.

Anselmo viene a
delle cose,

dichiarare che
il

nome esprime molto meno


del
le

che dal lato logico

perfettamente vero,

perch

il

nome

termine

concetto,

ed esprime solo
singole, oltre

r essenziale, mentre

cose, essendo

che quei caratteri essenziali, per cui esse sono quel

1)

2) S.

Scoto erigena, De div. natiirae, \\\. 5. Anselmo, De Grammatico, cap. XH.

NEL PENSIERO

DI S.

ANSELMO

165

che
per

sono, hanno anche quelle parvenze specifiche,


cui
^).

sono

diverse
il

dalle

altre

della

medesima

specie

Altrove

nostro autore, ripigliando una

distinzione

vanni
ziali,

di

gi fatta, come si visto, da S. GioDamasco, divide e nomi e verbi in sostan'),

ed accidentali

ed approfondisce

tale distin-

zione Vi da giungere a trattare delle categorie aristoteliche,

proposito

delle

quali

scrive

^)

Sed
quid

quoniam voces non


sit

significant nisi res, dicendo quid

qiiod
res.

voces

significent
si

necesse

est
il

dicere

sint

Come

vede abbiamo qui


Aristotele

riflesso di

quella fiducia nella realt oggettiva che caratterizza


il

decalogo
esempio,

categorico
al

di

in

raffronto,

per

tetralogo delle categorie Kantiane,

espressioni delle

forme a

priori della

mente nostra.

A
si

proposito
visto,

finalmente della divisione fatta,

come

da Aristotele
in

di

nomi

e verbi,

basata,

come

poi

lungo

in

largo ha spiegato Boe-

zio, sul significare alcuna

cosa sine tempore o cum


ri-

tempore,

S.

Anselmo osserva che hodiernum a


^).

gor

di termini

dovrebbe appunto essere un verbo, apintrodotto

punto perch significai aliquid cum tempore


L'

andamento largo
seguito da
altri

da S. Anselmo
quel

anche a proposito
fu

delle speculazioni sul linguaggio,


spiriti

tosto

luminosi

di

1)

Ci

confermato da

S.

le

accidentalit sono della cosa e

Anselmo stesso, laddove dice che tutte non del nome. Cfr. S. Anselmo, De

Grammatico, cap. XVII. 2) S. Anselmo, De Grammatico, cap. XV cap. XVH. 3) S. Anselmo, cap. XIll. 4) S. Anselmo,

166

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

giro di anni
lisbury,

notiamo prima

fra essi

Giovanni
aridi

di

Sa-

che

assurgendo dai secchi ed


cui molti
si

studii
ridotti

della

Grammatica, a
Prisciano

erano allora
la

accontentandosi
matica
di

di analizzare
^),

pedestremente

gram-

arriva

ad

una concezione

larga e quasi umanistica del trivio e del quadrivio,

da

lui

chiamati
nel

come

le

sette voci che


il

conducono
di lui trat-

r anima
tato
tro

santuario

della scienza,

Metalogiciis
esseri

tutta

una carica a fondo consoffio geniale in ri:

tali

chiusi

ad ogni

guardo
logica

agli studii della dialettica


il

egli restituisce alla

suo impero,

ma

vuole che non sia semplisterile

cemente un vano formalismo


essa necessaria perch
la

ed esangue

-),

scienza formativa per


il

eccellenza, appunto perch offre

miglior insegna-

mento

al

pensare ed

al

parlare, senza di cui ogni

filosofia impossibile ).

Per ci
egli
si

che riguarda

le

sue dottrine logiche,

riferisce,
^)

e lo dichiara lui stesso,


in

ad Aristotele

ed a Porfirio ha
qualche

riguardo per
di

al

nostro argomento
:

osservazione

una certa importanza


analisi
lo

dal lato filosofico Giovanni di Salisbury fu un realista

moderato
partendo
tutta

aristotelico
tale
tal

l'

della

cono")
;

scenza astratta ad un
ora
pito

Realismo
punto

ha condotto

da un

di vista egli

ha ca;

r efficacia

del

nome

rispetto alle cose

1) Cfr.

2) Cfr. 3) Cfr.

4) Cfr. 5) Cfr.

Giovanni Giovanni Giovanni Giovanni Giovanni

di Salisbury,

De septem

septenis, cap.

2.

di Salisbury, Metalogicus, H, 9, 10.


di Salisbury,

n, 20.

di Salisbury, di Salisbury,

n,

il

IV, 17: etc.

n. 20,

NEL CONCETTUALISMO

DI

ABELARDO

167

queste sono singole ed individue,

ma

il

nome

tale
(rei
'),

che pu invece convenire anche agli universali

nomen
quando

latiiis

patet ut possit iiniversalibiis convenire

r universalit
sia

per

del

nome

possibile e sicura

frutto di analisi di particolari, sia cio


dell'

r espressione

astrazione fatta dalla mente sulle


delle

parvenze

singole

singole cose, senza di cui


e quindi
il

anche V universalit non sarebbe possibile,

non sarebbe possibile

il

concetto e col concetto

nome

ora
la
il

la

dialettica

tende

appunto a rendere

manifesta

forza del discorso e delle parole, cio


loro grado di universalit in rapporto
delle cose realmente esistenti fuori

a mostrare
alla

singolarit

di noi ~).

Opposto

in

certo

qual

senso a

tale

modo

di

concepire V universalit dei nomi quello indicato da

Abelardo, secondo cui V universalit non sta gi nelle

cose e nelle parole,

ma sebbene

nel discorso,

il

quale

solo universale (sermo soliis est praedicabilis) quan,

tunque cio

discorsi sieno composti di parole, pure


quelli
si

non queste ma

possono

ritenere universali

^).

Questa soluzione
relazione

di

Abelardo merita senza dubquel sistema, che,


il

bio di essere approfondita, cio di essere messa in


ai

fondamenti primi

di

da

lui

iniziato,

ebbe

nella storia del pensiero

no-

me

di

concettualismo,
di

bagliore

primo

di

qualsiasi

forma

criticismo ulteriore.

1) Cfr.

2) Cfr.
3)

Giovanni di Salisbury, Metalogiciis, II, 20. Giovanni di Salisbury, III, 2. Tutto ci si trova in un passo del Reinusat citato

dal

Prantl,

^op. cit., pag. 175).

168

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Per capir meglio ci che vogliamo spiegare


portiamo
Neqiie
sentia

ri:

anche

quest' altro

passo

di

Abelardo

enim substantia specierum diversa est ab


individiiorum,
esse

es-

nec
^),

res ita siciit vocabula di-

versas

contingit

parole queste che confer-

mano quanto abbiamo


lora che

pi indietro affermato a pro-

posito appunto di concettualismo. Si affermato al-

secondo

concettualisti, ed
il

Abelardo

fu

il

pi illuminato di essi, esiste


cetti universali,

valore ideale dei con-

non

esiste per, o per lo

meno non

si

sa

se

esista

il

loro valore reale, cio se nella na-

tura gli individui

posseggano distributivamente V esin

senza che

noi

concepiamo come realizzata


Le parole quindi,
delle
in

cia-

scuno
punto
sere

di essi.

quanto sono ap-

denominazioni
dotate
di

cose, non possono es-

universalit,
di

perch
ci che

appunto sono

r espressione psicologica
se

non sappiamo

abbia

in

se tale universalit, quelle quindi


di quello di cui

non

possono valere pi

sono simbolo.
di

Le
e

parole per sono anche espressioni

concetto

come

tali

possono essere
s'

universali, ci vero,

a patto per che esse

intendano solo come qual-

che cosa

di ideale,
la

cio

non

si

riferiscano alle cose,

ma consumino
nostro

loro potenzialit entro di noi, nel


in
altri

intelletto,

termini nei nostri giudizi!,

e quindi nel nostro discorso.

dere

cos, a nostro credere, che


le

si

devono

inten-

suesposte opinioni
altra volta resta

di

Abelardo, ed cos
l'

che un'

comprovato quanto

inter-

1) Cfr.

M. De Wulf,

op.

cit.

pag. 204.

ED

NUOVI FERMENTI DI PENSIERO

169

prelazione
seguito

filosofica

del

valore delle parole abbia


et di

passo

passo

iicll'

mezzo

le

diverse

soluzioni del problema degli universali.


L' altezza

a cui

la

logica era stata portata per

opera

dei

citati

autori a cui

potremmo aggiungere
di

Gilberto

della

Porretta,

integratore

Aristotele
e Thierry
i

colla sua opera

Liber sex principionim


illuminato

di Chartres, altro
nificiani,

campione contro

Cor-

che

nella

storia della filosofia

passarono

nei

secoli XI, e XII

come
di

retrogradi della logica,

perch verbalisti e
li

sofisti, nugiloqiii ventilatores,

come

chiama
che

Giovanni

Salisbury,
il

che

li

boll nel

suo Polycraticiis, dando loro


ficio
-),

nome da un Cornipoco
si

di

quelli fu

uno

dei

nobili rappre-

sentanti, tale altezza, diciamo,

non venne mai meno,


venne a cono-

specialmente quando

in

Occidente

scenza
quella

delia

speculazione bizantina orientale, e di


i

degli Arabi,

quali

con Avicenna e con Ada portar quella

verro tanto impulso avevano dato alla logica, libe-

ramente commentando Aristotele,


impaludare nella morta gora

nella sfera della speculazione viva,


di
!

non lasciandola

un puro formalismo

senza moto e senza risorsa

Ormai intanto
veva perduto
il

la

questione

degli universali adi

suo agreste sapore

novit

il

Rea-

lismo ad oltranza ingenuamente inconseguente della

prima met del secolo XII, per cui


tit
rici,

si

attribu un' en-

universale

ai

nostri

concetti specifici e geneall'

senza

per

sottoscrivere

unit panteistica

1)

Giovanni

di Salisbury, Polycraticns,

VU,

12.

170

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

delle

cose, che pur ne era una conseguenza logica,

rappresent

per

breve

tempo una
sospinta fra

delle

tendenze

preponderanti
la

nella

Scolastica, propriamente detta,

quale

si

trov

cos

le

dottrine di

Guglielmo
niversale
in

di

Champeaux, secondo

cui V essenza ui

unica ed identica in tutti

subordinati,
la

ciascuno dei quali quella contenuta secondo


del suo essere,

totalit

non essendo V individualit


della

che

una modificazione accidentale


e r indifferentismo di

sostanza

specifica, e la specie un accidente dell' essenza ge-

nerica

^),

Adelardo

di Barth,

secondo cui ogni esistenza


individuo
si

individuale,

ma

in

ogni

riscontrano insieme delle determinazioni


in

che
sua

gli

appartengono

proprio e costituiscono
(differens)
si

la

qualit

differenziale

delle

realt

specifiche e generiche, che


(indifferens)

ritrovano non differenti

negli
di

altri

individui subordinati al
di specie
il
;

desimo
vista

titolo

genere e

meadunque il

medesimo

essere,
lo si

che secondo

diverso punto di

con cui

considera, chiamato individuo,

specie e genere.

tale

dottrina,
tra

come

si

vede, un tentativo di

conciliazione

Platone

ed Aristotele, alla quale

Adelardo aveva potuto arrivare, partendo dalla considerazione


i

appunto
le

del

come possono
:

venir presi

nomi

ecco

parole di Adelardo

si res consi-

deres,

edem

essentiae

et generis et speciei et indi-

vidui

nomina imposita

sunt, sed respectu diverso

')

1)

Tale dottrina fu combattuta da Abelardo. Cfr. ViCT. COUSIN, OeuH. WiLLNER,

vres indites de Abelard, Paris 1839, pag. 513, 514.


2)

Das Adelard von Barth Traktat

De eodem

et di-

erso, Miinster 1903, i^g. 11.

NUOVI FERMENTI DI PENSIERO

171

dal che appare che siccome

esser

preso

in

diversi

medesimo nome pu significati, cio come nome


il

di individuo,

di

specie, e di genere, e siccome sotto

tale diverso aspetto,

esso

si

pu applicare

alle cose,

queste sotto un certo punto di vista possono adun-

que essere

nel

medesimo momento ed
secondo appunto
pensiero
la

individui, e

specie, e genere,

dottrina

poco

sopra esposta.

sollevare
in

il

in sfera pi alta e pi

feconda venne

Occidente nella seconda met del


la

secolo XII e nella prima del XIII,

conoscenza
e dei

di

quasi

tutte
di

le

opere

di Aristotele,
i

commenti
^).

che

esse gi avevano fatto

pensatori arabi
in

Fu quello un fermento nuovo, che gettato


alla

mezzo
filo-

contesa di elementi diversi produsse ben tosto

indirizzi

nuovi non solo

in

ordine

al

pensiero

sofico,

ma anche
fin

e forse pi in ordine al pensiero

teologico.

Gi

dal secolo IX alcune controversie

avevano

ingenerato nuovo impulso alla speculazione teologica


in

riguardo a suoi addentellati colla filosofia e specolla

cialmente

questione
sulla

degli

universali

ricore la
li-

diamo

la

questione

predestinazione

bert sollevata dal

proposito

del

monaco Gottschalc, combattuto a determinismo teologico da Rabano


di

Mauro,

da Hinemaro

Rheims, quella della transda


di

substanziazione

sollevata

Berengario

di

Tours,

combattuto da Lanfranco

Pavia, quella finalmente

1)

F.

Fiorentino, op.

cit.,

pag. 318.

172

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

sulla Trinit sollevata

da Roscellino, combattuta da

S.

Anselmo e da Abelardo insieme. Aggiungiamo a ci l' indirizzo mistico di S. Bernardo e dei Vittorini, 1' atomismo di Guglielmo di Conches, il panteismo di Bernardo di Tours e di
Almorico
borati nel
ficacia
di

Bena,

il

materialismo dei Catari e vesi

dremo quanti elementi

erano gi

in

Occidente ela-

campo

del pensiero riflesso, e quanta ef-

adunque avrebbe potuto esercitare sopra di esso il nuovo impulso aristotelico alla determinadi

zione di nuovi indirizzi e

nuove

traiettorie.

Non per questo la logica e meno nella stima e nello studio


secondo
di
la

la dialettica

vennero
:

di quei

tempi

essa,
in-

concezione

araba, divenne
di

come V

strumentum preliminare
questa
la

ogni filosofia, costituendo

prima parte, preceduta solo dalla scientia


:

litteralis

o grammatica e dalle scientiae civiles


^),

poe-

tica
alle
rito

e rectorica

Ugo

di

S. Vittore pot intorno

origini

di

quella

discutere
istituito

attribuendo
per
il

il

melogi-

a Platone di avere
').

primo
al

cam rationalem
ad imitazione
del

Commenti* intorno
si

De

Inter-

pretatione di Aristotele
di quello

continuarono a scrivere,

che gi avevano fatto Boe-

zio e di poi gli arabi ); ed in

uno
il

di essi,
^),

anonimo
si

secolo

XI,

di

cui

parla

Franti

trova

1)

Tale,

per

esempio,

il

compito attribuito
pii

alla logica

da Dome-

nico Gundissalinus,
dei
cit.,

uno

dei

influenti precursori del

pi

rimarche\

oli

traduttori

di

Aristotele, (Cfr.

Tomismo, e M. De Wulf, op.

pag. 287).
2)
3) 4)

Prantl, op. Prantl, op. Prantl, op.

cit., cit.,
cit..

Voi. H, pag. 111.

Voi. H, pag. 300.


Voi.
Il,

pag. 204.

NEL

DE INTERPRETATIONE

DI S.

TOMMASO

173

questa

frase

che per noi ha una certa importanza

Duplex

est significato vociim,

una quidem de rebus,


in luce

altera vero de intellectibus, la quale distinzione vi<^nc

precisamente a mettere un' altra volta


stesso

il

punto
degli

fondamentale
giacche
il

di

tutta

la

questione

universali,

nucleo appunto della discusnello stabilire


il

sione
i

stava

appunto
:

rapporto tra
si

due termini
il

res ed intellectus, ai quali

poteva

estendere

medesimo nome. Parafrasi del De in scrisse Alberto Magno, ed un comterpretatione mento del medesimo S. Tommaso d' Aquino, anche
per
il

quale

'')

la

logica continua ad essere

la

ra-

tionalis

scientia

per antonomasia,

come
scientia

gi lo era

Alberto
nalis 0.

Magno

che

la

definisce

sermoci-

del

S. Tommaso, pieno di foga ancor giovanile, commento al De Interpretatione approfitta per

trattare

questioni

ben superiori a
Alberto

quelli

che aveva

in tal libro trattato


il

Aristotele, ed infatti
di

non ostante
nella

rabuffo

solenne
al

Magno, che

sua

parafrasi

medesimo
si
si

scritto aristotelico

deplorava

che

di

esso
''),

approfittasse per discutere problemi e-

stranei
l'

pure

discute di libero arbitrio


sulla

'),
'"),

deldella

influenza degli

altri

condotta umana
di

Provvidenza'') e cos via. Ci non

meno qualche

1) S.

Tommaso,

Post. Analyt. Uh.


cit., voi.

I.

cap.

2.

2) 3)

Prantl, op.

IH, pag. 91.


7.

4) S.

5)

6)

Alberto Magno, De interpretatione, lib. I, tract. V, cap. Tommaso, De interpretatione, lib. I, cap. IX. S. Tommaso, lib. l, cap. IX, sect. 14. S. Tommaso, lib. I, cap. XI, sect. 15.

174

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

cosa anche
interessare

in tale

commento
:

noi troviamo clie


anzitutto
S.

ci

pu

ben
la

davvicino

Tommaso
A le-

approfondisce
ristotele
tra
il

divisione tradizionale iniziata da


e verbo,

nome
fatto
il

dicendo che essa


si

gittima per

che con nomi e verbi

posso-

no

fare

discorsi,

che impossibile colle pretese


^),

altre parti del

discorso
i

per quanto, considerando

bene, anche

verbi

si

possono logicamente ridurre


'').

a nomi, quia ipsiim agere et pati est quaedam res


S.
e

Tommaso
forse

parla ancora di quelli che sostennero


1'

sostenevano tuttora

antica tesi accennata

nel Cratilo, qiiod

nomina

naturaliter significant quasi


''),

nomina

sint

natiirales

similitudines rerum

il

che
^)^

r Aquinate

naturalmente

nega

in

modo

assoluto

1) S.

2) S.

3) 4)

Tommaso, De Interpretatione, lib. 1, cap. II, sect. I. Tommaso, lib. l, sect. V. S. Tommaso, lib. sect. IV. Come si vede anche S. Tommaso, come la Scolastica in genere
l,

fu in

massima favorevole
;

alla dottrina Aristotelica <lt\Vimpositio

nomi1'

niim ad placitum
pinione

in

contraddizione per a tale insegnamento sta

o-

espressa da Dante colle parole

nomina sunt consequentia

re-

rum, {Vita nova, XIII). Il D' Ovidio a proposito di essa dice che nessuno ha saputo dire donde Dante, che pur la riferisce come opinione altrui, l'abbia presa; anche noi, per quante ricerche abbiamo fatto in proposito, non ci fu dato di scoprirne la fonte a meno che non si tratti di un ricordo impreciso del passo ultimamente citato di S. Tommaso,
cui un' opinione pressoch simile e citata per ragione di polemica. D'Ovidio, (op. cit., pag. 486), cita un passo di Giovanni Salisburiense gi da noi ricordato altrove (Cap. II, pag. 44), in cui espresso alcunch che col pensiero di Dante ha relazione non e' dubbia dobbiamo dire per che ben altro si pu ricordare in proposito anzitutto, come si visto a suo luogo, se la Scolastica parteggi per la dottrina aristotelica, la Patristica fu piuttosto favorevole all' insegnamento contrario di Platone, secondo cui, per usare una frase efficace del Vico, il linguaggio trova il suo fondamento nella natura delle cose che esprime, sicch esso non altro se non un parlare delle cose. (Vico, op. cit. pag. 266) in secondo luogo alle negazioni esplicite di Boezio e degli altri giij fino a S.
'

I\

NEL DE INTERPRETA TIONE

DI S.

TOMMASO

75

per quanto riconosca


cato
dei

il

valore oggettivo del signifi-

nomi
ed

e dei verbi, perch quelli


i

esprimono
vel

siibstantiam

verbi

significano

adioncm
^).

passionem semper procedentem a re


egli

Ribadisce

un' altra
e

volta

la

distinzione

fra

suono {vox)

naturale
e

nome imposto ex institutione hiimana -) spiega come per le passiones (:iai>f^|xaTa), di cui
si

parla Aristotele,
inlellectns, anzi
di

devono intendere
in

le

conceptiones

aggiunge
1'

proposito che Andronico

Rodi negava
il

autenticit del

De

intepretatione

per
ci

fatto
;

appunto che Aristotele chiama passiones


conccptio,
^).
il

che invece

od

intellectiis

e cio

il

nostro concetto

Per trovare per


riassuma
le

trattato di logica

che meglio

idee di quei tempi, perci che riguarda

Tommaso, Dante poteva

forse conoscere le inclinazioni gi da noi consi-

derate a suo luogo e di Scoto Erigena ed anche d! S. Anselmo ad

ami

mettere un certo rapporto


loro

di
la

convenienza necessaria tra


ratio innoiescendi

le

cose ed

nomi; dremo, da
ed
al

in

S.

ammessa, come veBonaventura come terzo elemento nei nomi accanto alla
fondo anche
e

voce,

significato,

tutto

1'

indirizzo a

della

speculazione

del

mistico di Bagnorea poteva essere impulso


cettare quella sentenza del

spingere Dante ad

ac-

consequentia rerum, a proposito della quale se noi non conosciamo la fonte, possiamo per conoscere abbastanza da quanto sopra si detto, motivi della sua accettazione da
siint
i

nomina

parte di Dante. Del resto anche qui l'Alighieri non stato coerente a s
stesso,

come

lo

vedremo

pii!i

avanti anche per ci che riguarda

1'

origine

divina del linguaggio; in un passo infatti del

De

Vulgari Eloquio. {Uh.

I, cap. 3), egli parla di significano ad placitum delle parole. Possiamo adunque concludere che se da una parte vero quanto dice il D' Ovidio (op. cit., pag. 493) che in Dante si assomma tutto quel che di pi e

di

meglio diede
in lui si

la

speculazione linguistica medievale,

dall' altra
in tale

pur

vero che
1) S.

trovano anche quelle discontinuit che


interpretationc,

specu-

lazione r et di

mezzo ha segnato
lib.
I,
I, 1,

2) S. 3) S.

Tommaso, De TOMMASO. TOMMASO,

sect. IV.
sect. V.

lib.
lib.

sect.

II.

176

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

non

solo

la

logica,

ma anche
alla

il

nostro argomento,

dobbiamo

arrivare

Siimmiilae logicales

di

Pietro Ispano, cio di colui che, diventato poi Gio-

vanni XXI, ordin nei 1277 all'arcivescovo


di

di Parigi

procedere ad uu' inchiesta sulle dottrine insegnate


scuole
di quella citt,
di

nelle
la

inchiesta da cui risult


in

condanna

ben 219 popolazioni,


di quel

cui,

oltre

che r Averroismo furono anche condannati alcuni degli

insegnamenti del Tomismo,

sistema cio

che

meglio
1'

di

ogni altro aveva saputo interpretare


1'

e ricreare
della
pili

antico Peripatetismo secondo

esigenze

severa ortodossia.

Nella
diffuso
di

Summiilae,

diventato

poscia

il

testo pi

logica, noi troviamo sistematicamente eci,

sposto

tutto
di
le

che,
si

secondo

programmi
in

dell'

Universit

Parigi,

divideva

logica vetus,

contenente
firio,

dottrine svolte dai libri logici di Porle

di

Boezio, logica nova, contenente

dot-

trine

della Topica, degli Elenchi, degli Analitici di

Aristotele,

cui

si

aggiunsero poi alcuni

ulteriori
^).

svolgimenti che furono chiamati

logica novissima

Per ci che riguarda


Ispano
si
:

il

nostro argomento Pietro

riferisce

del tutto agli insegnamenti dello


1'

Stagirita

inizia

egli infatti

opera sua dalla defi-

nizione
il

di

dialettica,
:

di cui interpreta a

suo

modo

nome dicendo quod est dna, et

Dicitur
logos,

aiitem

dialectica a dia,

qiiod est sermo et ratio,


scilicet

quasi diiorum sermo vel ratio,

opponentis et

1)

Fr.

Ueberwegs, Gmndriss der Geschichte der Philosophie,

voi.

II,

pag. 190, 301.

NELLE SUMMULAE

DI

PIETRO ISPANO

177

respondentis

in

dispiitatione

^),

poi

continua

sed

quia disputano non potest haberi nisi mediante ser-

mone,

nec

sermo

nisi

mediante

voce, nec

vox nis

mediante sono,

(omnis enim vox est sermo) ideo a


est.

sono tamquam a comnmniori inchoandum


la definizione di

Data
vox,

suono, egli viene ad assumere quedi cui

sto

come genere
alla

una specie sarebbe


:

la

che definisce

sua volta

somis ab ore animalis

prolatus naturalihus instrumentis formatus. Coeren-

temente

quanto gi

si

sapeva,

passato

come un

luogo
stica

comune nella tradizione patristica e scolacome una derivazione degli antichi insegnafisiologici
di Aristotele e di Gallieno, di tali strumenti della

menti

Pietro

Ispano parla appunto


noti
in

voce

e,

tutto
in cui

il

resto del

M.

E. furono questi suoi


:

distici,

di essi si parla
:

Instrumenta novem sunt

guttur, lingua, palatum,

Quattuor

et dentes,

et

duo labia simul,

oppure

Instrumenta decem sunt: guttur, lingua, palatum,

Quattuor

et dentes, pariter

duo labia pulmo

').

Delle voci alcune sono significative ed altre no,


significativa
est
illa

quae

auditui
vel

nostro

aliquid

repraesentat, ut

homo, equus,

gemitus infirmorum
illa

qui significai dolorem, vox non significativa est

quae auditui nostro

nihil repraesentant ut bu, ba,

bap),

Hispani, Summnlae logicales cum Vensorii Parisiensis 1) Petri expositionem, Venetiis 1622, Tract. I, paj;. 7. 2) Cfr. PRANTL, op. cit., voi. HI, Leipzig 1807, pag. 41.
3)

Petri Hispani, op.

cit.,

pag.

12.

178

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Ci

detto,

viene

1'

autore a quest' altra distinzione


il

ben
citum

pi importante per

nostro argomento

Vocum
apud canum

significativ amili alia significai nataraliter, alia adpla:

vox significativa nataraliter est

illa

qiiae

omnes homines idem


et

repraesentat, ut latratus

gemitus infirmorum, vox significativa ad placitum

est illa qiiae

repraesentat,

ad voluntatem primi ut homo, equus etc.


dottrina
di

instituentis aliquid

Come
dell' antica

si

vede siamo qui ancora


Aristotele, del

alla

presenza
si-

vocabolo

gnificativo

ad placitum primi
alla
:

instituentis,

come pure
possiamo

gi

acquisito

tradizione
il

era quanto

leggere
visione

pi avanti
delle

nostro autore parla della di:

gnificativarum
alia

vocum siad placitum alia complexa ut ratio, incomplexa, ut nomen et verbum, il che vuol dire
voci
significative, e dice
tra
i

che alcuni suoni sono composti e sarebbero


gnificativi gli

si-

umani discorsi,
i

altri

invece sono semplici

e sarebbero

nomi ed

verbi,

non ammettendo Pietro

Ispano

altre parti

semplici originarie essenziali del di-

scorso air infuori delle due indicate, ne pi ne


quello che gi
zio, S.

meno

di

abbiamo
ed

visto fatto da Aristotele,


;

Boe-

Tommaso

altri

di

Boezio anzi

il

nostro au-

tore ripete quasi alla lettera gli insegnamenti in proposito colle parole:

etsciendum est quod dialecticus solum


scilicet

ponit duas partes orationis

nomen

et

verbum,

alias autem omnes appellai syncategoremativas, idest di nome consignificativas '). Anche le definizioni e di verbo sono le tradizionali tramandateci da A-

1)

Petri Hispani, op.

cit.,

pag.

19.

E LA PRECISIONE DEI TERMINI

179

ristotele, colla differenza specifica tra quello e

questo

del

cum tempore

et sine

tempore, gi da noi spiegata


di

a suo

luogo parlando appunto

Boezio

che Pietro Ispano entra direttamente nel


logica,
nel

dopo di campo della


;

quale

proprio inutile che noi lo se-

guiamo.
In

quel frattempo intanto

si

era acuito

il

desi-

derio della pi grande precisione possibile neir uso


dei termini

da usarsi

in

filosofia

che

in

teologia.

Gi nella logica bizantina massima era


della cos detta propriet dei termini
di
^)
;

stata la cura
in

Occidente
nel

una

tale precisione gi

aveva parlato Boezio

suo
la

trattato

De
<^

diiabus animis

e S.
;

Anselmo verso
Bonaventura
essa
di

fine

del suo

Monologiiim
l'

S.

essa

esprime
'),

tutta

importanza a proposito della


d'

teologia

Lambert
al

Auxerre

di

ragiona,

richiamandola
sione
del

suo

fondamento, cio
di cui la

alla preci-

concetto,

parola espressione
,

con

queste

parole

sed quia signifcatio

est siciit

perfectio

termini,

et proprietates termini in piincipio,

super signi-

ficatione

fundantur, ideo

et

ad

eviden-

tiam sequentium est quod

sit

termini signifcatio, al che

risponde

signifcatio est intellectus rei


'),

ad quem vox
il

imponitur
cetto

cio,

come

si

diceva prima,

con-

delle

cose a cui quel dato suono imposto,

il

concetto

che

ben

diverso da una
e quindi

suppositio

perch

mentre

concetto

il

suo termine

PRANTL, op.
2) S. 3)

cit.,

voi. in, pag. 82.

Bonaventura,
cit.,

Sentent., Uh.
voi.
Ili,

l,

Dist. XXIII

art.

I,

II,

PRANTL, op.

pag. 31.

180

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

solmn extenditur
imponitur,

suppositio

ad rem, ad quam significandam non solwn extenditur ad rem


significatiir,
ille

quae per
fanno

terminuw

sed potest extendi


alle quali

ad supposita
adspectum

contenta sub
quest' altre

re,

parole
:

riscontro

di

Roberto Capitone
,

grammatica
quale
sit

recte

informat

sed

recte

informatum
dicat
cos
'),

sola logica sine errore


di

diiu-

quest' altre

Alberto
termini

Magno, sempre
filosofici
:

preciso

neir uso

dei

non

omnis oratio

est enunciatio, sed illa sola in

qua indica-

tive est aliquid

significatum

).

Dopo

tutto

quanto

si

detto finora, ci pare di


il

aver sufficientemente dimostrato


preciso che durante tutta
legato la logica e
la
1'

nesso continuo e

et di

mezzo ha sempre
trat-

dialettica colla speculazione in

genere
tata in

sul linguaggio.

Non

fu

davvero questa
lo

modo
;

troppo profondo o per


tutti

meno troppo

originale da

gli autori

che finora siamo andati


nella sua picle al-

citando

ci

non ostante per anche

colezza e nella sua inferiorit rispetto a tutte


tre parti della filosofia trattata nel in

M.
la

E.

essa sent
il

se

tutte le alternative per cui


;

passato tutto

pensiero riflesso nella sua totalit

questione degli

universali, lo abbiarno affermato parecchie volte ed

ora crediamo di averlo dimostrato abbastanza, nelle

sue diverse parvenze tocc, oltre che

il

resto,
di

anche
succo

quella piccola fonte, donde scatur un po'

per

1'

argomento

che

ci

interessa,

appunto perch

1)

2)

PraNTL, op. Prantl, op.

cit.,
cit.,

voi. IH, pag. 86.

voi.

Ili,

pag. 103.

E LA LOGICA MEDIEVALE

181

doveva
in

per

forza

toccare quel disegno pi largo,


si

cui queir

argomento

trovava per

la

forza dei

tempi e delle cose diremo quasi inquadrato').

Fu
fu

eredit del pensiero stesso filosofico greco

l'unione della logica colla linguistica, e tale eredit


religiosamente conservata
se
nell' et di

mezzo,

in

cui

non

in

modo

molto

fuggevole, stando a
intuito

quanto abbiamo riscontrato finora, fu

qualche

rapporto tra linguaggio ed estetica, od espressione


in

genere dei moti

dell'

animo.

Ora dopo aver provato tutto ci, tempo che abbandoniamo tutta la secchezza e tutta V aridit
di
tali

rapporti
in

tra logica

e linguistica,

ed assor-

gendo
sa
i

aere pi alto e generoso vediamo che co:

pi grandi intelletti della Scolastica

Pietro

Lom-

1)

proposito del Concettualismo abbiamo gi osservato che esso


la
:

si

forma prima del Criticismo ora possiamo aggiungere che come anche nel Concettualismo vi fu unione tra la questione degli universali e quella riguardante il valore del linguaggio, cos anche nel

pu

ritenere

Criticismo
solo
ci

tale

unione

si

ebbe.

Non tocca ora


in

a noi parlare di questo,

sia lecito dire che in

fondo
1'

fondo
in

kantiano tendeva appunto a risolvere


universali, nel senso di stabilire

grande sforzo del pensiero altro modo la questione degli


il

universalitc nelle

forme a priori della

facolt stessa conoscitiva, in contrasto alla particolarit dell' esperienza.

Ci

si

(Cfr. H.

maggiormente manifestato nel pensiero delia Schleiermacher HOEFFDING, Storia della filosofia moderna, Tomo 1906, Voi. U
il

pag. 191),
(Cfr.

quale perci anche

al

linguaggio rivolse

la

sua attenzione

HOEFFDING, op. cit., pag. 194), come gi 1' Hamann (Cfr. H. HOEFFDING, op. cit., Voi. II. pag. 106) e 1' Herder (H. HOEFFDING, op. cit., pag. 108). Anche il Romanes (G. I. Romanes, Meritai evolntion in man, London 1888, pag. 54) tocca la relazione tra concetto ed idee nomi sono le generali ed nomi con la ben nota sua dichiarazione nostre idee astratte, e la formazione di queste altro non che la
H.
i :

formazione dei nomi.

182

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

bardo, Alberto Magno, S. Bonaventura, S. Tommaso, Dante Alighieri, Duns Scoto e l'Occam abbiano

saputo

pensare

intorno alla questione dei nomi e del


in

linguaggio

anche

rapporto

alla

psicologia

ed

alla teologia.

Capitolo

VI.

La

filosofia del linguaggio in

rapporto

alla psicologia

ed alla metafisica scolastica


delle origini del linguaggio nel!'

SOMMARIO

Il

problema
di

uomo

in

rap-

porto alla scienza


Scolastica
in

Adamo.
alla

Rapporti tra pensiero e parola nella


teoria

relazione

gnoseologica

di S.

Tommaso

Le speculazioni del linguaggio in Alberto Magno, Pietro Lombardo, S. Bonaventura, S. Tommaso, Dante Alighieri, Duns Scoto, Occam, e Ruggero Bacone.
dell'Occam.

Cominciamo
delle
origini

anzitutto

dalla

questione
:

storica

del linguaggio
sia

umano

gi

abbiamo

visto

coni' essa

stata

largamente discussa ed

anche diversamente

risolta nella Patristica, la quale


la

da una parte molto pi semplicista che non


lastica,
dall' altra

Sco-

molto meno

di

questa legata ad

una

tradizione

gi

cristiana di pensiero, fu molto


i

pi libera nell' interpretare


ture. Vi stato

dati delle
di

Sante Scrit-

per una disputa


a

grande impor-

tanza
quello

in

essa

proposito
e

del nostro

argomento,

cio tra
si si

Eunomio
di

Gregorio Nisseno, della


suo luogo.
la

quale gi

discusso a
tratta
in

Ora
sia

vedere come
ai

Scolastica

si

comportata
l'

rapporto

dati della Scrittura


fatti

riguardanti

imposizione dei nomi

da

Adamo

184

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

a tutte

le

specie di esseri a

lui,
li

per volere di Dio,

condotte. Questi nomi.

Adamo
stati

ha ricevuti diretta-

mente da Dio, o sono


zione

essi frutto dell' elabora-

sua ?

Fu

questa

una
detta

questione

che

nella

Scolastica

propriamente
in

non troviamo
:

solle-

vata
infatti

discussa

modo
nel

formale
e nel

s'

impose
Pererio

essa

molto tardi
noi

XVI
per
' 1

XVII secolo, tanil

toch

vediamo,
sostenere

esempio,
infusione

da

una parte
dell'

del

linguaggio
il

uomo da

parte di Dio, mentre dall' altra


i

Tode-

stato dichiarare che

nomi imposti da Adamo


dell'

si

vono credere
nel XII secolo
tale

frutto

elaborazione sua
Vittore discutere

^).

Pot

Ugo
sia

di S.

quando

imposizione
dell'
-')
;

avvenuta,
dei

ma

ex professo la

questione

origine

nomi imposti nemmeno


ci sia avvenuto pertutti
i

toccata

pu darsi che

ch presupposto evidente per


sieno

pensatori della

Scolastica era una delle due ipotesi o chetali nomi


stati

infusi

da

Dio,

o che

Adamo

stesso

li

abbia elaborati. Si
delle

tratta

due

sia stata se
la

adunque di decidere quale non di fatto, per lo meno teola

ricamenle

preferita.

nostro

avviso preferita deve essere stata


si

seconda
1)

dellp due, quella cio per cui


Pererii,

veniva ad
1607,

B.

Commentar,
ultra
si

in

Genesim, Venetiis

Tomo

I,

pag. 202. Questa secolo XVI,


e

opinione

tradizionalistica

di alcuni teologi del


a'.le

XVH,

pu forse spiegare come reazione

nuove

tendenze intessutesi nella filosofia del Rinascimento in poi, nella quale rest sempre fissa 1' opinione di Telesio che Dio non interviene nei singoli punti della natura, avendo egli dotato ob origine ogni essere della sua natura e del suo modo d' agire (Cfr. H. Hoeffding, op. cit.
Voi.
I

pag. 89). Pererii, op.


cit.,

2)

pag. 203.

L*

ORIGINE DI ESSO

IN

ADAMO

185

nomi imposti da Adamo alle diverse specie ed, in tesi generale, tutto il complesso
ammettere
lice
i

delle parole del


frutto
dell'

primo e dei primi uomini,

sia stato

elaborazione loro mentale, e ci credia-

mo non
menti
Si

solo rifacendoci alla soluzione data in pro-

posito da Gregorio di Nissa,


offertici

ma
la

in

base ad argo-

dalla Scolastica stessa.

in

detto

poi

anzi che
il

Scolastica non

si

propose
origini

modo

formale

problema speciale
trasse da esso

delle

dei nomi; rifacendosi per essa al racconto

biblico riguardante

Adamo,

argomento

per una questione molto pi larga e di carattere ben


pi
filosofico,

quella cio della scienza del nostro

primo parente.

Appena
di tutte
le

creato

Adamo, ebbe

si

o no egli

la

scienza
in

cose ? La risposta della Scolastica

ge-

nere

fu

affermativa,
-),
'*),

Ugo

di

S. Vittore
'),

^),

Pietro

Lombardo

S. Bonaventura

e specialmente S.

Tommaso
e quindi

per non citare

altri,

vanno

tutti

d' ac-

cordo neir ammettere che

Adamo
di

fu creato perfetto,

anche

in

possesso

scienza completa.
'),

Un
una

passo della Metafisica


che segno
tale
di perfezione

di Aristotele

dove
ed

si

dice

est

posse alios docere


confortava,
nell' atto

spiegazione

pienamente
fu

ecco

perci che

Adamo
dotato

creduto
solo,

stesso della
le

creazione

non

per

usare

formule

1)

Ugo

2)

di S. Vittore, De sacramentis, lib. Pietro Lombardo, Sentent. lib, 2,^Dist.

I,

parte

G,

cap.

12.

23.
11,

3) S. 4) S.

Bonaventura, Sentent. lib. 2, Dist Tommaso, Summa, parte I, quaest


Metapiys.,
I

23, art. 94.

quaest.I,

2.

^5) Aristotele,

, 2.

186

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

stesse

della

Scolastica,

delle

species

intelligibiles

omnium

universaliiim etspecierum natiiralium scibilium,


dei pliantasmata proprie ac dstncte reprae-

ma anche
Tutta

sentantia individua cuiuslibet speciei.


la

questione sta ora a vedere se


tali

si

poteva

concepire dalla Scolastica che


e
tali

concetti universali,

fantasmi particolari potessero sussistere nella


dell'

mente
cui
si

uomo indipendentemente
fissare ed esprimere

dalla parola
;

con

possono

in altri
si

termini

tutto sta a
la

vedere come nella Scolastica


tra

risolveva

questione dei rapporti

pensiero e parola.

Per risolvere un tale


si
hi^-

problema richiamiamo quanto

detto

finora rispetto alla teoria del

nomen po-

situm ad hominis placitum.

Abbiamo
tutti

visto che ci fu
scrittori della
ri-

costantemente

ammesso

da

gli

Scolastica, ed alle opinioni di molti di essi, gi


portate, ben altre volte ne

possiamo aggiungere non


nel gi

meno
citato
tele

esplicite.

S.
al

commento
si

Tommaso, per esempio, De interpretatione di


^)
:

Aristo-

cos

spiega

in

proposito, pienamente accordanoratio significai

dosi con Alberto


citum, idest
et

Magno

ad plarationis

secundum
sicut

institutionem

mmanae

volnntatis

omnia

artificialia,
-).

quae causantur

ex fiumana voluntate et ratione


posito
i

Sono note
:

pro-

versi di

Dante

Opera naturale

eh'

uom

favella

Ma
1)

cos

cos, natura lascia


^),
.

Poi fare a voi, secondo che v' abbella


Alberto magno, De Anima,
lib.
II,

Tract.

Ili,

cap. 22. (Al-

berti Magni, Opera, Lugduni 1651, pag.


2) S. 3)

95).

TOMMASO, De Interpretatione, DANTE, Paradiso XXVI 130-33

Sect.

II,

l'

origine di esso

in

adamo
passo
di S.

187

alle

quali parole oltre che


'),

il

citato

Tomcomin cui

maso ed altri consimili mento ed un passo del


si

possono

servir di

De

vulgati eloquio
-),

paria appunto del verbum


in

ad placitum
:

e la frase

tradizionale
tus

uso nella scuola

significare concep-

suos

est

homini naturale
).

determinare

auteni

signa est ad placitum

Tale opinione ebbe fortuna ed


all'

anche dopo S.
zione
parla
ly
'')

Tommaso
:

infuori della tradi-

tomistica
e
1'

di
^)

volontaria
e

imposizione
')

infatti

Occam

Duns Scoto

e Pietro D' Ail-

ed

altri

ancora. Ora evidente che gi da una

tale

soluzione suir origine dei singoli vocaboli derila

vava
cui

conseguenza logica
ai

eh' essi

non sono
ai

legati

affatto

concetti, che

esprimono od

fantasmi di

sono segni.

Ma
risolta.

ci

non
poteva

tutto, perch la vera questione

con essa se veniva spostata non veniva per ancora


Si
infatti

domandare

sta

bene che

questo

quel

nome
ha

sia frutto dell'

imposizione dei

primo

che
o

1'

trovato

per esprimere quel dato

concetto

per

essere

segno
il

di

una data cosa


stare

tutto ora sta a

vedere se
sua parola,
:

concetto pu

non

dico

senza
in

la

ma

senza una parola od

un segno
si

genere

in altri

termini dal lato materiale

pu concedere,

e quasi tutti lo

ammettevano, che

1) S.

Tommaso, De

interpretatione, Sect.
eloquio,
cit.,
I,

1,

Sect. VI.

2)

Dante, De vulvari
GiESSWElN, op.

lib.

I,

cap.

3.

3) Cfr.

pag. 157,
1

4) 5) 6)

Occam Summa

tlieol.,

f,

2 b.
I,

Duns Scoto, De

interpretatione, quaest.
I,

I.

lU.

Pietro Alliaco, Sentent.

quaest. VI, art.

188

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

singoli
lato

nomi

sieno

frutti

dell'attivit

umana, ma
sia possi il

dal
bile

formale

pu

darsi

che

non

un atto
cos

umano conoscitivo senza

suo sim-

bolo. Se
infuse in

fosse, evidente che essendo state


tutte le cognizioni possibili di

Adamo
perfetta,
i

una

scienza
lui

dovevano

essere anche infusi in


i

anche

segni, senza di cui


stare.

singoli

atti

della

cognizione non possono

in

fondo

la
i

questione dei rapporti tra penfilosofi


:

siero e parola che

posteriori
i

si

sono proaveva

posti sotto la formola


la

sono

concetti possibili senza


ri-

parola ?

L'

Hobbes

gi a suoi tempi
:

sposto
t

colla nota formula

Homo
lui lo

animai rationale,
I'

quia orationale, e dopo di


lo

Schelling,

Hegel,
pa-

Schleiermacher,

il

Renan ed

altri

furono del
1'

rere e

che ogni pensiero parola, costituendo


insieme

uno

r altro

qualche

cosa

di indistinto e di
si

inscindibile.

Col Geiger e col Noir/)

arrivati

air estremo di

una

tale opinione, essi infatti


il

hanno
la ra-

potuto
I
'

pensare che

linguaggio ha creata
1'

gione, prima del linguaggio

uomo

era irragione-

vole, al qual concetto ha aderito in certo qual sen-

so

anche

il

Max

Mller

'),

non ostante alcune

ri-

serve.

Ora su una
Scolastica ?

tale questione

come

si

decisa la
il

Essa ha cominciato a dividere

lin-

guaggio mentale,
dei

composto,

come

si

gi visto,

segni

delle cose dentro di noi, dal linguaggio

1) Cfr.

A. GiESSWElN, op.

cit.,

pag. 159.

2)

MAX MULLER,

Op.

cit.,

pag. 63 e pag. 58.

E L'ORIGINE DI ESSO IN ADAA10

189

esterno composto di parole, simboli non naturali di


quei segni
;

ha poi ammesso, come vedremo meglio

pi avanti, un rapporto necessario di coesistenza tra


l'atto
del

conoscere

ed

il

primo,

ma ha negato
il

che un tale rapporto esista

tra

quello ed

secondo.

Da
vato

ci

derivava

la

conseguenza che

possibile
di

possedere alcuni concetti prima ancora


le

aver tro-

parole o, per meglio dire,

segni, con cui

esprimerli in
sibile
il

qualche modo, mentre sarebbe imposgli

viceversa, giacch anche per


la

scolastici
')
:

valeva

formola

di cui {Darla

il

Regnaud
in

Nihil

in dieta,

quod non

fuerit priiis in intellectu.

A
sua
cetti

credere ci gi Aristotele
il

certo qual senso,

secondo

Trendelenburg
in

-),

offriva motivi

con quella

distinzione

concetti

anomini,

cio di con:

che non avevano trovato ancora un nome


di
tali

e-

sempio
stesso

concetti
nell'

anomini

ci

d Aristotele
^),

quando
dell'

Etica a

Nicomaco
(ziXzvyj-)

dopo aver

ragionato

ambizioso

e dell' ignavo

{/siXzi[).oz),

conchiude

col dire che virtuoso chi


si

sta fra quei

due estremi, virtuoso a cui non


si

pu
un

per

dare un nome, perch


vwvojj.oc.
:

tratta

appunto

di

concetto

pi

avanti Aristotele stesso


5'

dice generalizzando

vcov|j.o'j

o^f^c

r?^c

[isair^-

1)

P.
230.

Regnaud, Or^ine

et

Philosophie

dii

Lunguge, Paris 1888


7,

pai?.

2) Trendelenburg, Commen. za Arisi., De an. \\, Die Sprache nnd das Erkennen, Berlin 1885, pag. 204. Eth. ad Nicom., II, cap. 7, 8. 3) Aristotele, 4) Aristotele, Eth. ad Nicom., Ili, 7, 7; IV 4, 4.

9 in

Gerber.

190

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Secondo adunque
concetti
sprimerli.
S.

Aristotele noi

possiamo avere

senza

aver

trovato

il

termine con cui e-

Tommaso
nell'

iia

specificato meglio la questione

quando
et

opuscolo
ha

De

dijferentia divini verbi

hiimani,
qiiod

scritto:

Illiid

intrinseciim

cmimae

nostrae

significatur

voce

exteriore

cum verbo

nostro verbiim vocatur. Utriim aiitem prius conveniat

nomea
ceptai

verbi rei exteriori voce prolatae vel ipsi con-

animae

interiori nihil refert

ad praesens. Plasignificatur iuieriiis

nimi tamen
in

est

qiiod

illiid

quod
est

anima
Al

existens,

prius

quam ipsum verbum


eiiis

voce

prolatum, nipote causa

existens

^).

qual passo dell' Aquinate mettiamo tosto


dell'

in

confronto quest' altro

Occam

')

Quando

aliqiiis

profert propositionem vocalem, prius format interius

propositionem
tis

imam mentalem,
aliquas,

qiiae nulliiis idiomainte-

est,

in

tantum quod multi formant frequenter


qiias

rius propositiones

tamen propter dePartes talium

fectum

diomatis

exprimere

nesciunt.

propositionum

mentalium

vocantur conceptus, inten;

tiones, similitudines, intellectus

ed altrove

il

mede-

simo Occam scrive


huiusmodi.

solus intellectus potest facere


et

propositionem praeter prolatam

scriptam et alia

Tommaso, Opuscolo IH. Cfr. Kleutgen, Philosopliie der Innsbruck 1878, pag. 75. Ricordiamo in proposito la dottrina loga dei Whitney. anche secondo il quale la concezione delle idee cede il segno (W. D. Whitney, La vie dii Longage, Paris
1) S,

Voranapre1875,

zeit,

cap. Vili, pag. 117).


2) 3)

Occam, Summa tot. Occam, Sent. lib. I,

log., lib.

1,

pap.

12.
3.

Dist.

Il,

quaest.

E LA GNOSEOLOGIA SCOLASTICA

191

Ora domandiamoci
tare tali passi ?
trina

come

si

possono interprerapporto alla dotalla dots

Evidentemente

in

gnoseologica della Scolastica, e cio

trina delle species o similitiidines expressae, quale

trova in S.
neir
si

Tommaso,

ed a quelle dei segni quale


1'

Occam. Richiamiamo brevemente


le

una

1*

altra

trova per poter meglio chiarire

cose.

stro

Secondo adunque S. Tommaso ed anche maesuo Alberto Magno, S. Bonaventura, Enrico di


il

-^

Gand
tenze

Duns Scoto,
Tale

le

facolt sensibili

sono po-

passive,

cio non operanti se non dietro un

impulso.
dell'

impulso

alla

dato dalla sollecitazione quale


la facolt la

oggetto

esterno,

passiva

reagisce, e

questa reazione produce

cognizione,
rappre-

species sensbills impressa et expressa, cio

sentazione
dentro,

impressa

dal

di
i

fuori ed offerta dal di

che

sono appunto
stadi

termini usati per indi-

care

due
tutto
sia

dei
di

fenomeno
noi.

percettivo che

si

compie

dentro

nomeno

svanito dal

Una volta che tale fecampo della coscienza, la

sensazione

vi lascia

una traccia, un' immagine (phanassenza


oggetto reale
la

tasma), che rivive neh' immaginazione, concorrendo


a produrre
il

pensiero
la

in

dell'
vi

esterno. Oltre

sensitiva per,

anche

cono-

scenza

intellettuale,

che

si

attua specialmente

me-

diante r astrazione, la vera chiave di volta di tutta

r ideologia scolastica,

cio

spogliando
le

caratteri

individuanti, di cui sono affette

cose sensibili. La

realt sensibile agisce suH' intelletto per

mezzo

del

fantasma,
lit

questo per non esercita che una causae

instrumentale

congiunta

all'

efficienza di

una

192

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

facolt

immateriale

V intelletto

agente.

Grazie a

questo concorso di una forza superiore, V immagine


sensibile ed in ultima analisi V oggetto esterno

pro-

voca
cies

la

messa
1'

in

opera

dell'intelletto

passivo {spe-

intelligibilis

expressa),

messa
in

in

opera che

si

attua

per

attivit

immanente,

cui si

compie

la

rappresentazione cognitiva propriamente detta (species


intelligibiles expressa).

evidente che con


comprensibile
riportata
1'

tali

fondamenti perfettamente
di S.

opinione

Tommaso poco
il

sopra

che
avere

l'

uomo pu possedere

pensiero

prima

di

la

parola esterna con cui esprimerlo,


prima, mentre V espressione

appunto perch quello

non viene

che dopo, e viene non come intrinseca


si

per natura a quello, perch

potrebbe benissimo se-

condo

gli scolastici

pensare per mezzo delle pure spesi

cies intellettuali,

come
anzi

pu, per usare

le

parole dello
e,

Steinthal

^),

contemplare

un triangolo rettangolo

senza

parlare,

senza sapere ancora come


i

elati

sprimere quella forma, costruire


e convincersi
della verit del

quadrati sui tre


di
il

teorema

Pitagora.

Basta
delle

da

una parte che V uomo abbia


cose,
di

fantasma

singole

sia

esso

concepito come un

qualche cosa

eminentemente psichico, come peno

sava S.

Tommaso,
il

come una vera

miniatura delle
si
1'

cose

esterne, un'

immagine minuscola che


mezzo, intermedio
tra

ripro-

duca attraverso
e r organo,
fine

oggetto

un sostituto

cio della realt, che alla

entri in contatto coli'

organo sensibile, e den-

1) Cfr.

GiESSWEiN, op.

cit.,

pag. 160.

E LA

GNOSEOLOGIA SCOLASTICA
pnjvochi

193

tro ricevuto (intussiisceptum)

la

conoscenza,

come invece volevano


poranei
di

altri

predecessori e contem;

basta che V
pia

S. Tommaso uomo abbia

stesso
1'

e dall' altra parte

intelletto

agente che sap-

trasformare quel fantasma sub specie iiniversaliSi tratter


dell'

tatis.

sempre

di un'

immagine,

di

un segno

mentale

oggetto esterno, esso sar necessario,

ma non
con cui

sar necessario quel segno convenzionale


di

solito quel nostro concetto noi esprimiadi

mo

fuori

noi

Adamo ebbe
lui

gii

uni e le altre,

fantasmi

cio

e species intelligibiles, coi quali ele-

menti

si

sar svolto in

quella lo ciitio interna di

cui la Scolastica tanto

ha trattato come gi abbiamo

visto in S.

Anselmo
i

non era per necessario ch'egli


per
esprimerli,
lui

avesse

anche

termini

se

poi
il

li

espresse

perch
e

Dio

diede a

non gi

lin-

guaggio bello
poterlo creare

che

fatto,

ma

sibbene

la facolt di

a vantaggio suo ed a vantaggio dei


fra lui e gli altri.
')

comuni rapporti

Ad una
tendo

tale

conseguenza
il

si

arriva
dell'

anche metcolla

in raffronto

passo citato
diceva

Occam

sua teoria gnoseologica dei segni. Ogni rappresentazione


cognitiva,
1'

Occam
il

un segno,
dell'

si-

gnum, che come


significato.
naturale
in

tale

tiene

posto

oggetto
'),

Questo segno, chiamato anche termine


opposto
ai

segni

artificiali

(secundwn

institutionem voluntariam), del linguaggio e della scrittura. Tali segni naturali delle cose,

cio

in altri ter-

1)

questa conclusione arriva anche


1878, pag. 77.

il

Kleutoen,
cap.
1.

Pliil.

der Vor-

zeit,
2)

Innsbruck

Occam, Summa

totius logicoe,

lib.

I,

194

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

mini

le

specie della conoscenza sono

tre: sensibili,

in-

tellettuali intuitive,

ed astrattive, e cio V
tra sensi

Occam

nel

dualismo scolastico

ed intelligenza ha voluto
il

intercalare una conoscenza intermedia,


tuitivo,

concetto in-

che d r esistenza o

la

non esistenza concreta


presupposto necessario

degli esseri singolari e serve di base alle verit contingenti


della
^),

da

riuscire

il

conoscenza stessa

astrattiva (notitia abstractiva


'^).

praesupponit intuiiivam
tale
il

specie di conoscenza

1'

Come si Occam
di

vede, con una


toglieva anche

pericolo di cadere nel soggettivismo, giacch con


si

essa

garantiva l'esistenza
in

qualche cosa
in

di

og-

gettivo
fetto

rapporto

ai

segni impressi
di

noi In ef-

appunto degli
con
tale terza
il

atti

conoscenza. Meglio per


di

che

forma

conoscenza,

1'

Occam

eliminava
trina

pericolo del soggettivismo colla sua dotil

riguardante

rapporto

positivo tra segno e

cosa

significata, egli cio


intuitiva,

ammetteva che ogni cood


intellettuale ci
^)
:

noscenza
cosa
in

sensibile

la

reale, tale quale esiste fuori di noi

segni

altri

termini sono copia fedele delle

cose signi-

ficate,

concezione
vuol

anche
1'

questa importantissima,

perch
cologica

stabilire

Estetica sopra la base psi-

dell' intuizione.

Tale dottrina della conoscenza, quale fu svolta

1)

2)

Occam, Quodlibeta, V quaest. 5. questa cognizione intuitiva dell' Occam importante per
eh' essa

rife-

rimenti

pu avere

colla

concezione
di

di

unLestgt'ca

in

quanto

scienza dell'espressione: essa quindi merita

essere posta vicino alle


cit.,
1,

concezioni analoghe di Abelardo, citate dal Croce (op.


3)

pag. 179).

Occam, Quodlibeta,

VI, quaest. G; V, quaest. 5;

quaest. 14 etc.

E LA GNOSEOLOGIA SCOLASTICA

195

dall'

Occam,

pienamente
lui

giustifica,

nostro

cre-

dere, r opinione di

poco

indietro riportata sulla

propositio

interna

qiiae milliiis

idiomatis

est,

che

pu anche non
ter

tradursi in proposizione esterna propin

defectum idiomatis, come gi aveva


Aristotele.

certo qual

modo pensato
perfettamente
di

Anche per
di

1'

Occam adundi

que era pienamente concepibile V idea


in

un

Adamo
e-

possesso

fantasmi e di concetti
la

intuizioni senza
gli

ancora

parola, con cui


i

sprimere
menti
sotto
sario

uni gli

altri

e quest' ultime,
in
lui
si

quali elefissati

tutti
la

se

vero che

saranno

forma reale

di segni,

non era per neces-

che avessero anche segni esterni con cui es-

sere espressi.

Con
tro

tutto ci

ci

pare quindi
delle
l'

di

avere a

suffi-

cenza dimostrato che


ricordate
dagli

due ipotesi poco indieorigine del linguaggio,

concernenti

era

scolastici
di

presupposta od implicitamente
carattere dinamico,
il

ammessa, quella

secondo

cui

Adamo
con

stesso avrebbe escogitato

sistema
gli

di segni,

cui esprimere tutto

quanto da Dio
il

era stato

infuso in ordine a conoscenza,

che non era poco,


della scienza di
citati
').

a quanto

ci

dice S.

Tommaso, che

Adamo
in

ha trattato

oltre

che nei passi gi


veritate

anche

un paragrafo speciale del De


ci
si

Anzi ana-

lizzando tale paragrafo noi

troviamo argomenti a fa detto.

vore

di tutto

quanto finora

Abbiamo
in lui,

gi osin al-

servato che nessuno accenno diretto n


tro autore

ne

troviamo sulla infusione o sulla non infusione

1)

S.

Tommaso, Qnaesi.

disputatile,

De

veritate, quaest. XVIII.

196

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

del linguaggio nel

primo parente, per ad un certo


si
:

punto r Angelico

innocentiae fidem

Adamo

in

stata

domanda Niim Adam in stata Deo habuit, e risponde che innocentiae a Deo fidem est edoctus
de
,

per locntionem
internam,
la

interiorem

cio

per

inspirationem

quale appunto una qnaedam locntio


esterioris locntionis.

ad similitudinem
parte

Ora se da una

evidente che tale locntio

interior era pos-

sibile in

Adamo, perch

egli era gi dotato di fan-

tasmi e di concetti, dall'altra probabile che quello


era
il

solo

mezzo compatibile

col suo

modo

di

es-

sere,

che una locntio externa non sarebbe stata attua-

bile che

con chi non ne fosse stato gi


riguardo

in

possesso. Si
S.
in

aggiunga a ci quanto Avicenna, riportato da


maso, aveva detto
in

TomAda-

alla

cognizione
il

mo

di

tutte le cose,

cognizione che
'),

filosofo arabo,
in

contrariamente

a S. Agostino
:

negava

base a

questo

argomento

Sensns snnt animae

humanae
;

necessarii, ut per eos scientiam perfectam rerum capiat


si igitur

anima Adae scientiam omnium rerum habuit


sibi

ex sua
sent,

conditione frustra
esse

sensus

collati fuis-

quod
la

non potest,

cum

in

operibus Dei
il

nihil sit frustra.

vero che
di

S.

Tommaso,

quale

in

Adamo

cognizione

tutte le

cose ammetteva,

risponde che

Adam

habuit sensus non ut per scienet

tiam acquireret,

sed ut perfectam naturam haberet

per sensus ea quae sciebat experiretur, resta per sempre


il

fatto

che

nel!'

economia stessa
la

della

potenza di-

vina era molto pi concepibile


Agostino, De

distribuzione gratuita

1) S.

Civit. Dei,

XIV, passim.

NEL PENSIERO

DI

DANTE

197

di

solo ci che era necessario, e non di ci chetale


nello stretto senso della parola.
la

non fosse
mentre

Ora

le

co-

gnizioni erano necessarie per

perfezione di
linguaggio,

Adamo,
questo.

non
gli
si

lo era affatto

il

potendo,
di

secondo
Vero
arrivati

scolastici, quello stare

senza

che

alla

conclusione a cui siamo teste


in

pare contrasti quanto


in

proposito ha scritto
Vulgari Eloquio
').

Dante
Dice
a

un passo del suo


:

De

egli infatti

Dicimus certam formam locutionis


:

Deo cum anima prima -) concreatam fuisse dico formam et quantum ad rerum vocabula, et quantum ad vocabulorum constructionem et quantum ad constructionis prolationem. Secondo Dante adunque
aiitem

Dio
solo

avrebbe
per
ci

creato

lui

stesso
il

il

linguaggio, non

che

riguarda

materiale linguistico,
il

ma anche
chio

per ci che riguarda

nesso logico

tra

parola e parola.

la

tesi,

in

altri

termini, del vec-

Eunomio che
hanno
in

qui risarge allargandosi, ed un'


altri

anticipazione di quanto
detto,

teologi,

come
il

gi

si

proposito pensato pi tardi. Dob-

biamo per
dell* Alighieri

dire

che

confrontando
si

passo citato
alla
lo

con

altri,

pu venire
Dante
1'

concluec-

sione

che quella sua opinione sia per


per

meno

cessiva,

non

dire

illogica.

infatti

poco
sc/2-

prima, stabilendo una differenza tra


suale (sensibile) e
1'

elemento

elemento rationale del linguagil

gio

viene a

dire che quello

suono

in

quanto

1)

Dante

Alighieri,
e

De

vulgari eloquio,

lib.

I,
il

2)

Leggiamo prima

non primam seguendo


I,

testo pubblicato dal

Rajna.
3)

DANTE,

op.

cit.,

lib.

cap.

Ili,

198

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

tale,

mentre

questo

riguarda

di

il

significato di tale

suono,

significato

che

ad

placitiim.

Ora

a noi
-

pare che questo spunto

dottrina aristotelico

to-

mista sul significato ad placitum dei nomi per nulla


s'

accordi

coli' origine

divina del linguaggio, quale


il

ammessa da Dante,
mettere
teoria
in

quale meglio avrebbe potale

tuto

relazione

origine

coli'

altra
di

sua
cui

del
nella

nomina snnt consequentia rerum


Vita

parla
in

Nova

),

teoria eh' perfetta-

mente

contraddizione con quelle (/p/aaYwm, apin

punto come

contraddizione
di

in

proposito era stato

l'insegnamento
tra parte
1'

Platone a quello di Aristotele. D'al-

Alighieri prima di esporre quelle sue ocui


si
1'

pinioni,

di

discute, paila della necessit del

linguaggio

per

uomo,

e del

motivo per cui Dio

ha voluto eh' egli


solitudine

di favella

fosse dotato anche nella

del Paradiso terrestre.

Ora

tale necessit

riguarda
e
si

solo

il

linguaggio nel suo valore formale

estende essa quindi a qualunque linguaggio, anche

a quello escogitato pi tardi dall' intelligenza stessa


dell'

uomo
di

sollecitata

diversamente dalle condizioni


;

diverse

tempo
parli
il

e di spazio

la

necessit per ci
la

che

uomo

non

implica per nulla

conse-

guenza che
bia dato

linguaggio deve avere origine divina,

bastando solo ammettere per ispiegarlo che Dio aball'

uomo
era
l'

la facolt di

creare
di

il

linguaggio,
di

come appunto
Dante,
nel

insegnamento

Gregorio

Nis-

1)

Vita

nova,

cap.

13.

Notiamo
si

in

proposito che anche

Cratilo

dialogo platonico,

come

del linguaggio,

anche perch egli intimo e necessario tra nomi e cose.

pensa all' origine divina era veramente persuaso del rapporto


visto,

NEL PENSIECO

DI

DANTE
al
1'

199

sa, e di S.

Tommaso.

In

quanto poi
di favella

motivo che a

vrebbe spinto Dio a dotar


nel

uomo anche

Paradiso terrestre, esso depone piuttosto a fadella


tesi

vore

generale della Scolastica, che non


infatti

di quella di

Dante. Dio
in

avrebbe concesso

il

linguaggio ut

explicatione tantae dotis gloriaretnr


'),

fpse qui gratis doiaverat

ora

ci

pare che ben pi

meritoria

sarebbe stata

la gratitudine dell'

uomo,

pi glorificata la benevolenza di Dio, se quegli per


s

stesso

si

fosse sforzato di trovar

la

parola del
cos a-

ringraziamento

verso

di

questo,

il

quale

vrebbe avuto

1'

omaggio non

della roba sua,

ma

di

un qualche cosa costruito


motivo
escogitato
e

dall'

uomo
noti

in

base ad un
:

proprio favore. D' altra parte


il

si

anche questo
certo di

da Dante non
nel

Va-

lore

essenziale

necessario,

senso

che Dio

avrebbe
zione

potuto

fare

anche senza
:

di tale glorifica-

da parte della sua creatura


potuto
.la

esso per ci a-

vrebbe

anche

mancare,

e allora

mancando
il

esso che fu
effetto,
in

causa, sarebbe mancato anche


il

suo

che secondo Dante, e appunto

linguaggio
:

quanto

sistema

di

segni

esprimibili
di

questo
ra-

perci non

come

tale

alcunch
si

necessario,

gione

questa che,

come

visto

poco sopra, perpensare una dotnel De Vidgari XXVI canto dei

metteva appunto
trina
tutt' affatto

alla Scolastica di

contraria a quella dell' Alighieri o


lui

per lo

meno

a quella esposta da

Eloquio, giacch

come

noto nel

1)

Dante, De vulgari

eloquio,

lib.

I,

cap. V.

200

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Paradiso

egli col

verso messo
eh' usai e

in

bocca ad Adamo:
fei

E r idioma
si

chi' io

dichiara

invece convinto
^),

dell'

origine

umana

del

linguaggio

la

quale poi confermata pi solennella terzina gi citata


eh'
:

nemente ancora

Opera naturale

uom

favella,

Ma

cos e cos, natura lascia


v' appella.

Poi fare a voi, secondo che

Sopra questo argomento dell' infusione del linguaggio in Adamo, abbiamo voluto insistere tanto,
prima
ed
di tutto

perch esso coinvolge una questione


:

d' ordine

generale
del

quella cio dell' origine divina


in

umana

medesimo,
aperta

secondo luogo perch


la

con esso abbiamo

via per capir meglio

quanto andremo dicendo.


Intanto possiamo dire che
lastica,

nemmeno
visto
il

per la Scola

come

gi lo

abbiamo

non vero per


l'

Patristica,

quanto affermava

Renan essere

ipo-

tesi tradizionalistica dell' origine

divina del linguag-

gio r ipotesi' dei teologi per eccellenza.


1)

n D'Ovidio

(op. cit., pag. 499) vorrebbe

scemare

in

certo qual-

modo
lont
cite

la confr'ddizione tra la dottrina del

De

Viilgari eloquio, e quella

del canto
ci

XXVI

del Paradiso,

ma

a noi pare che, per quanta

buona vo vero

voglia mettere, tale contraddizione esista, essendo troppo esplile

per se stesse
in
(I,

parole considerate dal


frase

De

viilgari eloquio;

che

questo
6),

e' la

idioma quod primi


s'

loqiientis labia fabrica.

runt,

frase che pare

accordi col verso del Paradiso citato, ci

per non tglie

la contraddizione,

ma
De

solo la sposta nel senso di collo-

carla invece che tra

un passo

de!

vulgari eloquio, ed un verso del Pa-

radiso, tra due passi di quello. Del resto

il verso di Dante citato, non esprime per nulla un concetto pi ardito, come pare voglia credere il D' Ovidio, ma sibbene un docile ritorno a ci che era, come si visto, r insegnamento implicito della Scolastica tutta caso mai ardito era il concetto contrario, perch concetto di un eretico, e precisamente di
:

Eunomio.

ED

IL

VER BUM INTERIUS ED EXTERIUS

201

Vediamo ora che cosa valesse per


stici

gli

scola-

la

divisione di linguaggio^ interno e di linguag-

gio esterno.

Abbiamo poco sopra avuto bisogno


la

di

richiamare
S. ci

brevemente

dottrina gnoseologica di

Tommaso,
fu

ora aggiungiamo che poi nella scuola


intellegibilis

che r Angelico chiama species

im-

pressa,
la

chiamata

semplicemente species, mentre


expressa
fu

species

intelligibilis

detta di prefeci

renza verbum. Quest' ultima denominazione

mette

appunto

sulla strada per capire

il

sermo

interior degli

scolastici.

S.

Tommaso
la

nel

passo

citato

riferentesi
in

all'

inspirazione fatta da Dio in


si

Adamo,
:

per cui

questo

ingenerata

fede, dice

Deus

interius inspi-

rando

non exhibet essentiam saam

ad

videndum

sed aliquid suae essentiae signum, id est spiritualem


similitudinem suae sapientiae, con.quel passo mettiamo
in

relazione tutto quanto


della

il

medesimo autore
:

scrive a

proposito

questione

num

in divinis
:

proprie

Verbum dicatur^), questione che cos risolta quod est id quod actu consideratur, cum sit omnino immateriale et ab omni defectu remotum proprie in Deo est, verbum vero vocis, seu quod vocis imaginem habet, non nisi ex translatione de Deo dicitur. Come
verbum
cordis,
si

vede qui l'autore distingue

tre

specie di verbo:

verbum cordis,

verbum

interius,

quod habet imagiil

nem
tale

vocis, et

verbum

exterius.
si

Quale
esprime

criterio di

divisione ?

Ecco come

in

proposito

S.

Tommaso:
1) S.

Sicut in artefice tria consideramus et

Tommaso, Qimest

disp.

De

ventate, Quaest. IV. art.

22

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

finem

artificii,

et

exemplar
ita

ipsiiis,

et ipsiim artificium

iam productum,
invenitur
scilicet

etiam in loqiiente triplex verbum


qiiod per intellectum concipitur
exterius profertur, et

id

ad quod significandum verbum


plar
exterioris
verbi,
et

hoc est verbum cordis sine voce prolatum, item exemhoc dicitur verbum interius

quod habet imaginem vocis, et verbum exterius expressum, quod dicitur verbum vocis: et sicut in artefice praecedit intentio finis, et deinde sequitur excogitatio

formae

artificialis

et ultimo artificiatum in in

esse

producitur,

ita

verbum cordis

loquente

est prius

verbo quod habet imaginem vocis, et postremum est

verbum

vocis.
la

Evidentemente

seconda

la

terza

specie

possono

in

fondo essere conglobate


la
ci

in

una sola, perch

poco importa che


r importante che
la

parola sia o non sia espressa,


sia,

ed

in

entrambe

le

specie

materia appunto quel dato nome. Restano allora


il

di fronte

verbum cordis, che possiamo chiamare col


nella

termine

comune
verbum

scolastica di verbum interius,

ed
sia

il

exterius,

poco

importa

se

questo

non
Quale

sia pronunciato.
la

loro

differenza in ordine a conocolla solita precisione risponde

scenza?
che
il

S.

Tommaso

secondo

significai id

quod

intellectum est,
interius est

non

ipsum

intelligere,

mentre
:

il

verbum

ipsum

interius

intellectum

quello nel suo significato un


;

prodotto, questo invece un fattore efficiente

ci

ammesso,

evidente
il

come

S.

Tommaso
si

abbia potuto

credere che

verbum cordis

possa

in

modo

pro

prio dire che esista in Dio, appunto perch esso

ED

IL

VERBUM INTER/US

203

un

fattore

completamente remotiim a materialitate,


si

d' altra parte

capisce anche
le

come verta
in

nella scuola

sieno state chiamate


S.

species intelligibiles expressae.


tale

Tommaso
a
tutto
in

stato,
la

sua concezione,
gi aveva e-

fedele

quanto

Patristica
al

scogitato
solo
della

riguardo

appunto

sermo
le

interior,

che

egli
di

ha

approfondito
in

meglio

ragioni

natura

quello

contrapposto

al

sermo

exterior.

Per ad ammettere

in

Dio un

tale verbiim e' era


:

questa obbiezione di una certa importanza

S.

Tom-

maso ha
in

identificato

il

verbiim interius coir intelletto


atti

quanto

attuato nei singoli


tutto ci nelT

conoscitivi insi

tellettuali,

ora

uomo non

attua se
tale

non per un lavoro discorsivo, anzi


lavorio
di

appunto

movimento e di riflessione che si pu chiamare colla denominazione di cui si parla ma in Dio non si pu porre n un tal moto, ne una
;

tale riflessione,

come

si

pu quindi parlare
in lui ?

di verbiim

interius in

senso proprio

Al che S.
il

Tommaso

risponde
si

integra

vero che riferito a noi cum aliqno discursu quem

verbiim interius

videtnr cogitatio

importare,

ma

in

se e per se basterebbe anche solo


intelligatur, ora

che qualitercumque aliquid actu

Dio
in

conosce

appunto
da

sempre
noi,
di

alcunch
quindi

per

quanto
lui
si

modo
riferire

diverso
la

anche a
cordis,

pu
che

nozione
la

verbum
di

senza

questo
in
lui

importi
il

necessit

ammettere
che
si

anche
in

discursus in

cogitando

avvera

noi.

Del

resto

prima

di

S.

Tommaso,

Pietro

Lom-

204

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

bardo

prima ancora
la

di lui S.
dell'

Agostino

-)

ave-

vano chiamato
ramente una
SI

mente

uomo imago

Dei. Ve-

tale

denominazione aveva
dell' altro

nel concetto

dell'

uno che
della

una portata piuttosto teo-

logica che filosofica, credendo essi di trovare nelle


tre

facolt

mente umana

memoria, intelligenza

e volont, un'

immagine

della Trinit, ci
tra

non
e la

toglie

per
dell'

che

il

rapporto

stabilito

Dio

mente

uomo possa

avere anche un significato filoso-

fico, tanto

vero che S.

Tommaso
il

ci ha

coir uguagliare appunto


col

verbwn cordis

dell'

ammesso uomo
verbum

verbnm cordis
si

di

Dio. Ci che importa a noi di far


1'

notare ora
interius

come
la

Aquinate ammetta

tale

anche per

cognizione

di carattere
in

eminenteall'

mente

intuitivo di Dio, e lo

ammetta

relazione

idea di segno, che tale verbum cordis lascia laddove


rivolge,

si

come appunto abbiamo

visto essere

ammesso

daS. Tommaso in riguardo alla conoscenza infusa in Adamo. Non forse questo un accenno evidentissimo
alla

concezione

di

un rapporto tra intuizione


in

ed espressione quale stato messo

evidenza dal

Croce

')

vero che

tutto ci

confinato in alto,

neir intelletto di Dio, ci non toglie per che l'esi-

stenza di un tale rapporto tra intuizione ed espressione


gi
nella

Scolastica

sia stato

affermato non
un' attualit

solo
per

come
quanto

possibile,
in

ma anche come
di

un ordine

cose soprannaturale e

metafisico.

1)

2) S. 2)

Pietro Loa-ibardo, Sentent. Uh. I, dest. IV, Agostino. De Trinitate, lib. XIV passim. B. Croce, op. cit. pag. io.

p.

II.

NEL PENSIERO

DI

ALBERTO MAGNO

205

Quest' ultimo

rilievo

ci

porta ad approfondire
il

un
l'

po'

meglio

le

relazioni tra

verbum

interiiis

exterus

degli scolastici,

cio ad investigare uno


e

degli

argomenti

pi

reconditi

meno

soggetti a

sistematizzazione della loro psicologia.

Gi Alberto

non piccola

Magno ha in importanza. Dopo di

proposito accenni

di

aver egli nel suo De

anima
voce

trattato della differenza tra

suono

in

genere e

in ispecie

dell'elemento fisico (aria) del linguagtra-

gio, e dell'

elemento fisiologico, lingua, polmone,

chea detta da Alberto


cativa

Magno
il

canna dura od arteria vo^),

quae duris anulis componitiir


il

dopo

d' a-

ver spiegato
viene

perch ed
dell'

come

della respirazione

a discorrere
stesso.

elemento

psichico del linin

guaggio

Ecco

le

sue parole

proposito

Vox

est percussio respiratio aeris

ad arteriam vocaquae ad respiraadunque psichico


pi avanti con

tivam ab anima per imoginationem aliquam eam for-

mantem, quae
tionem

est in partibus

illis

congruat.

elemento

preponderante nel linguaggio l'immaginazione,-) ci

da Alberto
parole
et

Magno
:

ripetuto anche
in

queste

oportet

voce

et

animatum

esse

verberans

quod cum imagine


et figuret
:

significando aliquid

per

vocem

verberet

vox enim est sonus


simpliciter respi-

aliquid significans, et vox non est

1) Alberto Magno, De Anima, Tractactus MAGNI, Op2ra, Lugduni 1G51, voi. MI, pag. 94 e

HI, cap. 22. (In


sgg).

Albert

2) Ricordiamo in proposito ' importanza ammessa per la facolt immaginativa dallo stesso Kant, per il quale essa era una specie di atti-

vit
cit.,

intermedia fra r intuizione


Voi. 2 pag. 48).

r intelletto (Cfr.

H.

HOEFFINDG, op.

206

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

rati aeris, siciit est tussis et cain

duo sunt

in

anima
sed

affectus

scilicet doloris vel gandii,

et conceptiis cor-

dis

de

rebus,

non

est

vox significans vox non

affectuni,

potius conceptwn, conceptus enini cordis interpretati-

vus sonus vox est

et ideo

est nisi habentis

intelledum

concipientem

intentiones

rerum
voces.

et

ideo

ad exprimendum conceptwn format

Come
co per
berto
la

si

vede,

si

parla in

tali

passi di immagini, di
il

interpretazioni, di formazioni, e cio

processo psichi indicato


di

produzione delle voci cos


:

da Al-

Magno
si

Prima

si

ha

il

sentimento

piacere e di

dolore, e
il

noti profondit di pensiero in quel

sommo,

quale gi aveva definito, n pi n


si

meno
il

di quello

che
il

potrebbe

fare

nella

psicologia

moderna,

piacere

come sensus
esistenza

convenientis, ed
in
^),

dolore

come

sensus disconvenientis
nerale
dell'

rapporto

all'

equilibrio ge-

tanto e vero che essi magis

profundantur
per

in natura,

quam
la

in

anima

-)

dal pia'),

cere e dal dolore nasce desiderio od avversione


cui
si

desta in noi

cognizione

dell'

elemento

rappresentativo
e
in

che

ha destato e piacere e dolore,

quindi

desiderio

od avversione

tale

cognizione

noi tosto tradotta nel

campo
s

dell'

immaginazione,

che,
sfera

dopo averla per


nuova
l'

dir cos distesa e diffusa nella

generale dei concetti,


alla

da aggregarla come
gi esperimentata dei
la

un' unit
consimili,

somma
e
1'

interpreta

esprime colla parola,


sentimento,

quale

non

esprime

gi

il

ma

sibbene

1)

2)
3)

Alberto Magno, De Anima, Alberto magno, De Anima, Alberto Magno, De Anima,

lib.
lib.

\\,

tract.

I,

cap. X.

U, tract. HI. cap.


Il,

XXH.

lib.

tract.

II,

cap, XXVII.

NEL PENSIERO

DI

ALBERTO MAGNO
una

207

il

concetto

relativo.

La parola quindi
frutto
di

vera

produzione nostra, un
telletto

quella parte dell'in-

che Alberto
di

Magno

ha chiamato imaginatio,
gi
si

mentre

S.

Anselmo,

come
il

visto, era

chiamata memoria, laddove

concetto frutto della

parte speculativa razionale dell' intelletto, cio delle


di
lui

operazioni fondamentali del comporre e del


'),

dividere

sulle quali

ha
il

insistito poi tanto S.

Bodall'
all'

naventura per spiegare


astratto astratto
al
-),

passaggio per quella

concreto, e per questa dal concreto

L'immaginativa adunque secondo Alberto Magno,


cio quella facolt in qiiae sunt

formae acceptae per


lo

senswn,

crea
sia del

la

parola,
:

o per
l'

meno

la

suscita

quando
negli
il

caso

ma
il

immaginazione

e'

anche
e'

animali,

come va
:

allora che in essi

non

linguaggio ? Al che

nostro autore risponde tosto

direttamente cos

Licei enim bruta habent imagina-

tionem, tamen nan moventur ab ipsis imaginatis se-

cimdum rationem imagitatorum, sed a


omnia
similiter

natura, et ideo

operantur, per

il

che, soggiunge egli,

imaginativa

in brutis

non

regit naiuram, nec agit

eam

ad opera secundum diversa


ab
ipsa, et ideo fit

imaginata, sicut facit


et agitur

homo, sed potius regitur a natura

ad opera

quod

licei

apud
illa
ci

se habeant ima-

ginata, tamen

ad esprimendum
risposta

non fonnant voces.


pare esauriente,

Veramente

questa

non

1)

Alberto magno, De Anima,


di quelle

lib.

ili,

tract.
oj^gi si

il,

ta qui
lisi,

due operazioni che meglio


SeiUetit.. lib.
1,

cap. XVI. Si tratchiamerebbero ana-

e sintesi.
2) S.

BONAVENTURA,

dist.

Vili, Dist.

II.

208

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

perch

il

dire che V

uomo

crea ia parola, perch

mosso

dal prodotto della sua


,

immaginazione

seciin-

dum
la

rationem imaginatoriim

mentre l'animale non

pu

creare, perch spinto solo dall' istinto,


di
le

dire

poco, giacch equivale a mettere due punti


diversa senza mostrare
dipartentisi
la traiettoria

origine

che

due

linee

da

quelli

seguono per ragpassi anche


,
i

giungere una data meta.

Fortunatamente abbiamo per


d'altre opere oltre che
glio
il

altri

De anima
I'

quali

me-

possono

illuminarci
toglie di

in

proposito. Anzitutto Al-

berto

Magno
tra

mezzo

opinione

di

coloro
di

che vorrebbero
tura

far correre

un vero rapporto
:

na-

concetto

parola

tale opinione,
si

accen-

nata anche e ribattuta,

come

visto,

da S.

Tom-

maso

nel

De

interpretatione
:

cos

da Alberto
conceptum,

Magno
et

formulata

aliqui

dixenint qiiod

qui ex parte intellectus

discenda

in

imaginationem

organum illius qiiod est in anteriori parte capitis, ad quam pervenerit respiratns aer in quo vox
figuratur,
et
ibi

generai
^).

vis

imaginativa intentiosi

nem
tilo

rei in

voce
'

Veramente non
opinione
l
si

pu
di

dire

che
Cra-

questa sia

antica

discussa

nel

platonico,

perch

discorreva

un rap-

porto di
stabilita

somiglianza
dall' abilit

tra

cosa

significata e suono,
di

sapiente

chi

ha posto per

prima quella data parola, sicch analizzando questa


si

poteva arrivare
invece
si

alla
di

vera conoscenza

di

quella

qui

tratta

un rapporto diremo quasi

1)

Alberto Magno, De anima,

lib.

Il

Trat. ni, cap.

XXU.

NEL PENSIERO

DI

ALBERTO MAGNO

209

d' ordine fisiologico

la
:

parola
il

in altri termini

consiil

sterebbe di due elementi

significato ed

anche
la

si-

gnificativo, nel senso che essa

sarebbe

risposta

non

arbitraria,
alla

ma spontanea
di

e necessaria dell'organiil

smo
cio

presenza
in

un concetto,

quale

si

esprirei

merebbe
il

quel dato

modo,

in cui ci sia

V intentio

riflesso

spontaneo della cosa stessa

significata.
in

Noi non sappiamo a quale od a quali autori

modo
con

speciale abbia voluto

riferirsi

Alberto

Magno
di

tali

sue parole

probabilmente egli ha

mira

quell'indirizzo da cui

poco tempo dopo Dante trasse quella sua opinione dei nomi conseqiientia rerum, di cui gi abbiamo discorso altrove '), e che storicamente,
piia

che nel Cratilo e negli Stoici, ha


in

la di

sua

prima espressione nella dottrina


picuro,

proposito

E-

spogliata

per

di

tutta

la

seconda parte,
della ra-

quella cio

che

riguardava
^aic; dei

V intervento

gione umana nella

vocaboli stessi.

Gli argomenti che Alberto

Magno adopera
:

per

confutare

una
il

tale

dottrina

sono questi
ci
il

anzitutto

assurdo

credere che nella parola


:

possano essignificante,

sere
in
in

due elementi

il

significato ed
le

secondo luogo se
s

parole avessero veramente

r elemento naturale,
rei,

quale sarebbe appunto


ci

r intentio
1)

in

qualunque parola esso

sarebbe.

Cfr. cap. V, pag. 174, nota 4 e cap. VI, pag. 198. Nella filosofia
la dottrina, di

cui fa giustizia Alberto Magno, prima di rinTradizionalismo del De-Bonald, pu benissimo giudicarsi come legittima conseguenza dell' Occasionalismo del Geulincx e del Malebranche, le dottrine dei quali sarebbero riuscite in precisa opposizione

posteriore

novarsi

nel

quelle realmente svolte dall'


si

Hobbes
si

cui

sostiene

che

il

linguaggio

nel suo trattato De Corpore, in deve tutto ad una denominazione


I,

volontaria. (Cfr. H.

HOEFFDING, op.

cit., voi.

pag. 266).

210

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

ed essendoci nella parola per


si

la

medesima ragione
ed allora chi

ingenererebbe anche

nell' ascoltante,

parla sarebbe capito in qualunque linguaggio parlasse,


il

che evidentemente
in

falso,

perch vox est sonus

formativus
et

signwn,

qiiod

ad placitum
siciit

significai

ideo

de

re facit

notitiam

signiim, et ideo

non
gere

percipit illam

vocem qui

nescit institutionem signi.

Alberto

Magno avrebbe
veramente
di
la

potuto anche aggiunparola fosse quel pro1'

che

se

dotto

naturale

cui parlava

opinione
si

di quelli,

che egli combatte, ben difficilmente


tuto
dell'

sarebbero poil

salvare

motivi di differenza tra


la

linguaggio

uomo
:

manifestazione
in

dei
il

sentimenti nei

bruti

vero che

quelli vi

concetto, ed in

questi

no,

ma
la

questo non sarebbe stato sufficiente


diversit di manifestazione tra
dell'

a
e

spiegare
bruto,

uomo

che essa era nel disegno


la

autore ben

piia

profonda che

semplice diversit

tra

sensazione e

concetto.

Anche

la

soluzione adunque di tale ob-

biezione fatta da Alberto

Magno non

versava trop-

pa luce

sui motivi di diversit tra


1'

uomini e bruti per

ci che riguarda

argomento nostro.
efficaci

Ragioni
nel
in

ben pi

troviamo

in

proposito

De animantibus
la
si

dello stesso Alberto

Magno

^),

cui

questiome

direttamente risolta.
in

Anche
vox est

qui
tra

comincia a mettere

risalto la differenza
:

voce,

suono ed

il

sermo, dicendosi

sonus cum

imaginatione

quem
1)
cit.,

effectum

ab ore animalis ad alidemostrandum prolatus, sonus autem


lib.

Alberto Magno, De animantibus,

V, tract.

\\,

cap. U, (ed.

voi. VI, pag. 170 e sgg.).

NEL PENSIERO

DI

ALBERTO MAGNO

211

est geniis vocis quodlibet videlicet a sonante proce-

dens,

quod

auditiii

infert passioneni

sermo autem

est tertiiim diversitatem est


enini

habens ad ntrun:qiie istonim,


et [iterata conceptiim

sermo vox articulata


giacche va
intesa

mentis
triplice,

humanae demmtians.

La

distinzione

qui

nel senso che

suono

qualunque rumore provenga da un corpo qualsiasi,


e

produca sentimento
il

in

chi lo senta

voce invece
genere

suono che provenga da

ci che
il

1'

autore chiama
in

epiglottide di un animale, mentre

sermo
nel

r espressione dell' essere ragionevole.


rite

Cos chia-

le

cose,

vediamo
tra

di

penetrare

motivo
usa

di

differenza

psichica

voce

e sermo, e fortunata-

mente a questo riguardo Alberto

Magno

di

un

mezzo

essere che parla

esempio di un uomo, non essendo ragionevole come r uomo stesso, cio dell' esempio di ci eh' egli chiama pigmens ').
efficacissimo, e cio usa dell'

come

1'

Che cosa
suo
fratello

sia in realt
il

questo pigmeo, e

1'

altro

minore

maritovinorio dallo stesso aue

tore citato, noi

non sappiamo,
basta
a

poco anche

ci

in-

teressa
tivo
tra

saperlo,
di
1'

noi conoscere quale

mo-

ideale
essi e

differenza Alberto
Il

Magno

riconosca

uomo.

pigmeo quantum ad animalis


videtur perfectius
infatti

virtutes

post hominem
A. M., esso

esse ani-

mal,

dice

pi perfettamente di
dell'

ogni altro essere, ad eccezione


sa paragonare
sa
interpretare
I)

uomo

s'

intende,

le
i

sue percezioni sensibili, e meglio


segni
dell' udito,

sicch pare sia


XXI,
tract.
I,

Alberto Magno, De animantibus,

lib.

cap. HI,

(ed. cit., voi. VI, pag. 560 e sgg.).

212

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

dotato

di ragione,
la

sed ratione

caret.

Ed
il

infatti

che

cosa
porto
tore,
al

ragione,

quando

la si

consideri in rap-

linguaggio ? Ratio, risponde


vis

nostro auet

est

animae discurrendo per experta


eliciens,

me-

moria accepta, per habitudinem localem aut syllogisticam


universale
et ex illa principia

artium
tali

et scientiarum etsimiles habitudines conferens.

Ora

operazioni della ragione

si

trovano attuate nel pig-

meo
liiim

? No, perch tutto ci eh' egli riceve per


lo

mezzo

dell' udito,

riceve per nulla disgiunto a sensibi-

intentionibus, et prout sunt sensibilium interio-

nes

memotiae commendat,

et

hoc

modo
il

confert,

et

collata significai

per locationem. Per

che quantun-

que,

il

pigmeo

parli, tuttavia

non

disputai,

non ragiona
sue voci
si

cio

de universalibus

rebus,

perch

le

dirigono
colare
;

sempre a ci che per sua natura


in altri termini,

parti-

dice

il

nostro autore, locutio


in

sua causatur ex umbra risultante


Quest' espressione,
valore filosofico

occasu ratio nis.

se poetica in s,

non ha minor

di qualsiasi altra,

giacch Alberto

Magno

la

spiega

cos,

insistendo ancora e diluci:

dando tutto quanto gi aveva detto Ratio duo habet, quorum unum est ex reflexione sua ad sensum et memoriam (da intendersi questa nel tradizionale uso scolastico, che gi 'abbiamo visto parlando
di

S.

Anselmo),
versus

et

ibi

est percepito

experimenti',

secundum autem
exaltatar

est

quod habet

secundum
;

quod
est

intellectum

simplicem

et sic

universalis, quod est principium artis et elicitiva scientiae. Il pigmeo delle due non ha che la prima prerogativa, e perci non ha che l'ombra della ragione

NEL PENSIERO

DI

ALBERTO MAGNO

213

perch

la

vera luce della medesima sta tutta nella

seconda,
materialit
di

ed

ombra perch
cose

aderente alla pura

delle

sensibili,

ed

alle derivazioni

tale

materialit
il

(appendicis materiae),

cos che

non

mai

pigmeo sa

elevarsi alla quidditas delle

cose ed

all'

esercizio del ragionamento, pressapoco

come

colui che per un accidente qualsiasi abbia per-

duto r uso della ragione.


Chiarite cos
le

cose, evidente che noi


i

comle

prendiamo molto
voci dei bruti ed
il

di pi

motivi di differenza tra

linguaggio degli animali, appunto


si

perch veniamo a sapere molto meglio come

dis-

ponga

il

linguaggio
in

in quegli esseri

(veri

fittizii

poca importa)

cui e' somiglianza coli'

uomo

in

tutto, tranne in quella parte della

ragione che abbiamo

visto essere dal nostro autore chiamata elicitiva universalis.

Quello che a noi importa

di far qui rilevare


il

che

secondo Alberto Magno non gi


all'

fatto del

linguaggio specifico
esso
si

uomo, ma
con

il

modo con

cui
^)

pu attuare

la

creazione pe/ imaginationem

delle parole o dei segni,

cui sia possibile espri-

mere
lui,

le

diverse fluttuazioni interne, esiste,


in altri

secondo

anche

esseri

irragionevoli, nel pigmeo,

per esempio; ci che solo dell'


tali

uomo

il

far aderire

segni a concetti universali, sicch possan derivare

1)
li,

Ricordiamo

in

proposito quel passo del


II.

De anima
e
i

di

Aristotele

8),

gi citato a suo luogo (cap.


le

pag. 34), in cui lo Stagiritia pardell'

lando della differenza tra


altri

parole

uomo

suoni emessi dagli


dall'

bruti la fa consistere

nel significato
di quello

impresso

immaginazione

^cpavcaofa), n pi n

meno

che faccia Alberto Magno.

214

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

da ci

il

vero

linguaggio

ed

il

vero ragiona-

mento

^).

p
le

Abbiamo
sue

visto che Alberto


al

Magno

per chiarire

idee in rapporto
nella

linguaggio disceso di

un gradino

scala

dell' animalit,

fermandosi

suir esempio
e S.

del

pigmeo.

S. Bonaventura invece
il

Tommaso
saliti

per raggiungere

medesimo scopo

sono
dell'

di

un

gradino, e dalla considerazione

uomo sono
e
lo
:

passati a quella dell' angelo.


la

noto quale importanza abbia avuto


zione
Scolastica

conce-

studio dell' angelo nella teologia della

dato

il

concetto fondamentale
la

di

materia
studiare

e di forma, era data anche

necessit di

negli angeli la pura essenza formale in contrapposto

a tutto

il

resto del creato, in cui vi

appunto

1'

unio-

ne

dell'

una

e dell' altra, cio di materia e di forma-).

Anche
Bonaventura
di

per ci che riguarda


e S.

il

linguaggio e S.
l'

Tommaso

videro tutto

interesse

un riferimento

alla natura angelica, e cos

anche noi

1)

Sulla questione discussa da Alberto

siero della psicologia

moderna

nel

les

animcmx,
cit.,

Paris 1862,

pag.

Magno vedi quale sia il penLeroy (Georges leroy, Lettres sur 2\) e nel Romanes (G. I. Romanes

op.

pag. 53); cfr anche Fr. Salis Seewis, Le azioni e gli istinti

degli animali Prato 1896, pag. 217 e sgg.


2)

Veramente

zione tra forma


quella di cui

Bonaventura ammetteva negli angeli una distinper vi concepiva una materia non come composto 1' uomo, perch non risultante ex partibus
S.

materia,

quantitativis et heterogeneis
Pars.
I.

(?>.
I,

Bonaventura,
quaest.
I).

Sent.

lib.

H, dist. H.
S.

art.

e dist.

VIU,
il

art.

Ci ammettcjva

Bona-

ventura per salvaguardare

principio d' invduazione anche negli angeli.

ci vedi quanto si detto nell' altra opera nostra. La coscienza religiosa medievale- Angelologia- Torino 1908, cap. UI, pag. 27 e sgg. Sulla differenza tra la dottrina della materia, e della forma in Ari-

Su tutto

stotele e l'interpretazione data di essa nella Scolastica, cfr. H.

Hoeff-

DiNG, op.

cit.,

Voi.

I,

pag. 7 e sgg.

NEL PENSIERO

DI S.

BONAVENTURA

215
il

possiamo molto meglio conoscere quale


pensiero di
tali filosofi in

sia stato

rapporto

al

nostro argomento.

Cominciando
quanti

dal mistico pensatore di Bagnorea,


dire

possiamo anzitutto

che

accenni frequenti per


nostro argo-

sempre frammentari
nell'

relativi al

mento troviamo
importante,
tro
il

opera sua filosoficamente pi


cio alle sentenze di Pie-

commento

nome

Lombardo. Cos, per esempio, a proposito del nomi si possono di Dio egli dichiara che
i

studiare

sotto due aspetti e cio


c,ui

uno oggettivo
vero

in

in

quantum ad id quantum a quo imponitur


S.

imponitur, e V altro soggettivo


')
;

si

che tale
in

duplice aspetto
speciale Pietro
al

Bonaventura

riferisce

modo
il

nome di Dio, Lombardo aveva


in

a proposito del quale gi

cercato di interpretarne
la

senso
egli
,

per trovare
ci

esso

sostanza di ci che
cercar di studiare
sullo studio

non

di

meno questo
di

r essenza
dei

sia

pure

Dio basandosi

nomi

(e questi

nomi sarebbero V ego sum quisum


substantia, persona e simili)

della

Bibbia,

ocjia,

ha un certo sapore platonico, che ben s'addice del


resto all'indirizzo speculativo - mistico - agostinia-

no

di S.

Bonaventura.
il

Tale inclinazione verso


dio dei nomi appare ben
piia

Platonismo nello stu-

evidente nella trattazione

1) S.
(list.
II.

Bonaventura,

in Sententianim libros (Venetiis 1580)

lib.

I,

dist. 2. Prima di Pietro 2) Pietro lombardo, Sententiae, lib. Lombardo ci aveva fatto S. Ambrogio nel libro De Trinitate, S. Gio vanni Damasceno (De fide ortlwdoxa, 1,12), il quale fra le altre etimologie
I I

porta quello
gita,

di ^zc,

da

i^oj,
cfr.

che gi abbiamo visto

in

Dionigi Areopa16-

ed

in

Scoto Erigena;

anche

S.

AGOSTINO, De Trinitate V.

216

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

del

problema

an Deus nominahilis
negativa,
1'

sii *).

La risposta

naturalmente

conformemente a quanto

gi avevano pensato, e

abbiamo

visto a suo luogo,

parecchi
tenta

Padri. S. Bonaventura per

non

s'

acconargo-

deir autorit

dei Padri, e trova argomenti di


la

ragione per confortare

sua opinione, e

tali

menti sono per noi di non piccola importanza.

Prima

di tutto

il

santo dice

Nomen

proportio-

nem

et

similitudinem aliquam habet

ad nominatum,
voce
in-

ut vox

ad

significatum,

ma Dio
vi

infinito, la

vece

finita,

dunque non

ne vi pu essere proci

porzione tra quello e questa, dunque non

pu esaliqua,

sere nec expressio nec nominatio Dei per vocem. In se-

condo luogo

omne nomen imponitur a forma


si

ma
egli

in

Dio non

pu porre nessuna forma, dunque

innominabile, d' altra parte

omne nomen

si-

gnificai

substantiam

cum

qualitate,

ma

in

Dio

est

mera substantia sine guantate, per ci


essere giustificato da un nome.

egli

non pu

Non
tali

tocca

ora a

noi

considerare

il

valore di

argomenti
di

di S.
;

Bonaventura

in rapporto air es-

senza
nostra

Dio

fermando

piuttosto

brevemente

la

attenzione sulla portata di essi per quel che


in s e

valgono
menti
S.

per s, troviamo che con

tali

argo-

Bonaventura vien ad ammettere un vero


di

rapporto
e

proporzione e
:

di

somiglianza

tra

nome

cosa

nominata
tenendosi

ecco

un problema che Alberto


si

Magno aveva
gativo,

risolto,

come

visto, in senso nealla tradizionale opi-

ben

saldo

1) S.

Bonaventura,

lib.

I,

dist.

XXH,

art.

I,

quaest.

I.

NEL PENSIERO

DI S.

BONAVENTURA
ad
placitiim,

217

nione

della positio nominis


insiste
il

mentre S.

Tommaso
tra
la

ed a lungo solo sulla somiglianza


concetto, che di essa forma
1'

cosa ed
nostro 0,

in-

telletto
al

il

che noi abbiamo gi visto


lui

in

merito

verbum cordls da
la

ammesso

in

Dio, a proposito del


nella

quale vale

pena che noi ricordiamo come

Sum-

ma
tus
tia,

cantra gentes egli apertamente dichiari che intellec-

autem divinus nulla

alia specie intelligit qiiam essen-

sed essentia sua est similitudo omnium rerum, dal

che deriva che verbum ipsius est similitudo non solum


sui intellecti sed etiam
tia similitudo
').

omnium quorum

est divina essenil

Perci invece che riguarda


esterno anche S.

rapporto
ri-

tra

concetto e

nome

Tommaso

gido sostenitore della dottrina


S.

di Aristotele.

Bonaventura invece pare


e

sia del parere

che
no-

suono

cosa hanno
la

tra loro

una proporzione, anzi


il

una somiglianza,

quale vi dovr essere tra


s'

me
lo

la

forma per cui esso


tale sia
1'

impone. Che molto

probabilmente

opinione di S. Bonaventura

possiamo dedurre,
lui,

oltre

che da quanto gi
')
:

ripor

tato di

da quest' altro passo

egli,

riassumendo

suoi

concetti, dichiara che nel


il

nome

ci

sono

tre e-

lementi e cio la voce,

significato ed

un terzo e-

lemento

la ratio innotescendi.

Mettiamo ora a connel

fronto questa triplice inclusione di elementi nel no-

me

coir esclusione

assoluta

nome

di qualsiasi

elemento
berto
1)

significativo

od

intentio

rei fatta

da Al-

Magno,
S.

e poi

si

veda se non abbiamo ragione

2) S.
3) S.

Tommaso, Summa cantra gentes, I, 53. TOMMASO, op. ct., loco citato. Bonaventura, Sent. lib. I, Dist. XXn,

quaest.

2.

218

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

per

sospettare
vi

che

nella
il

concezione
riflesso

del

santo di

Bagnorea
l'

probabile
in

non diciamo del-

opinione di Platone

proposito,
risolvere

ma

per lo

meno

dell' indirizzo

suo

nel
e

V ardua questione

dei rapporti tra

nome
altre

cosa nominata.
distinzioni poste

Tralasciando

da

S.

Bo-

naventura sulla

relativit dei

nomi,

relativit

che pu

essere intrinseca (come nel


strinseca

nome
similis)
~),

incarnatus), ed e'),

(come

nel

nome
la

sulla loro

po-

sizione ex tempore et per accidens

distinzioni queste

che riguardano piuttosto


il

cosa significata che non

rapporto
stato
:

fra
il

nome

e cosa,

veniamo a vedere quale

sia

pensiero

del

nostro autore sulla que-

stione
la

an

lociitio

angeli idem sit

quod eiiis

cognitio

")

soluzione che egli d di tale problema da


formulata
;
:

lui

cosi

Non idem
locutio

est angelis locutio

quod

cogitatio
tiim

nam

sapr

verbum addii respec-

bilem

ad alteriim, scilicet protendendo speciem intelligiad altenim ; com.e si vede il rapporto stabilito
non
d' uguaglianza,

tra cogitatio e locutio

ma

sib-

bene

di differenza,

che questa quella


di ci

pii^i 1'

estrin-

secazione mediante segno

che nel pensiero

solamente intrinseco.

Anche
d'ordine
geli,

qui a noi

poco importano

gli

argomenti

metafisico riferentisi direttamente agli ani

solo interessandoci quella che riguardano


in

rap-

porti

genere

tra pensiero e parola.

Anzitutto S.

Bonaventura mette
1) S.

in

evidenza
lib. lib.
lib.
I,
1,

il

concetto di locutio
quaest.
4.
I. I.

2) S.
3) S.

Bonaventura, Bonaventura, Bonaventura,

Seni.
Sent.
Sent.

Dist.
Dist.

XXH, XXX,

quaest.

il,

Dist. X, art. 3, quaest.

NEL PENSIERO

DI S.

BONAVENTURA

119

sprihialis,

non

potendo

affatto

discorrere di altra
lociitio spi-

specie
ritualis

di

linguaggio negli angeli. Tale


in

non

fondo che
qualche

il

verbum cords
in

di S.
la

Tommaso,
vi

quindi

cosa

pi che

non

cogitano formata di S. Agostino, che oltre ad essa

la

manifestatio

Ci esplicitamente detta da
est aliud

S.

Bonaventura colle parole: locutio non


conceptiis manifestatio, e pi avanti
:

quam
est

loqui non

aliud

cogitatio

conceptio

quam verbum gignere sive formatto : sed nihil aliud quam verbi formatto, vel verbi ergo cogitatio est nihil aliud est quam in-

terior locutio.

Come
vi

si

vede

in
il

queste parole

di

S.

Bonaventura
stesso
del

implicito

concetto
attua
si

che

il

fatto

pensare
in

mentre

si

traduce gi

neir intelletto
gettivato
egli
in

qualche cosa che pu essere ogin

un simbolo od
e

un segno
altri,

cogitatio
si

dice

infatti,

con

lui

molti

come

visto, interior locutio, ora pibile


interne,

una locutio non


accavallano,

conce-

se

non
si

in

rapporto ad un sistema di azioni


si si

che

susseguono,

altersi

nano

pressapoco
si

come

nel

linguaggio
si

esterno
i

susseguono,

accavallano e

alternano
:

vocaboli,

segni estrinseci dei concetti intrinseci

tanto vero

che
aliud

S. Bonaventura ha prima detto


est

cogitatio nihil

quam
il

verbi formatto
si

verbi conceptio.

Forse qui

santo
per
il

riferisce allo stato solito della

mente nostra,
mente dividere

cui

noi

non possiamo mental;

concetto dalla parola


la

forse per

anche implicito nel suo pensiero


la

considerazione

che anche quando


concetto,

parola non esiste per un dato

questo

stesso tende per sempre ad og-

220

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

gettivarsi

in

qualche cosa che non sar un suono

pronunciabile,
bolo,

ma
altri

sar sempre un' immagine, un simaltri

che entrando poi nella serie degli


degli

segni

mentali

concetti, Scjr anch' esso

un nu-

mero
rior

di quella

gran somma, che appunto V inte-

locutio
tra

quello

che certo

si

il

nesso prori-

fondo

pensiero e parola da S. Bonaventura

petutamente affermato, tanto che pi avanti leggia-

mo

ancora queste sue parole

dicere in se

idem

fit

quod

cogitare vel cogitando intelligere.

Per discendere pi profondamente nel pensiero del


nostro autore possiamo forse dire che se
la

cogita-

no

come
nostra
cui
si

la

materia, su cui
la

si

attua

il

magistero

della sotto

ragione,

locutio invece la
la

forma

trova

esternamente limitata

materia
visibile

dalla ragione nostra elaborata,

forma che

dal
tesi

nostro
sotto

occhio

interno, perch fissata o fissanafferrabile. Locutio

un simbolo
Bonaventura,

quae

dif-

fert

a cogitatione addii aliquod signum exprimens,


S.

dice

non riferendosi solo


sibbene

al

lin-

guaggio
gio
materiale

umano,
in

ma
cui
la
il

anche

al

linguag-

angelico,
;

escluso qualsiasi elemento

sopra
insiste
il

natura di un tale signum molto

sottilmente
di

santo scrittore, e vale


in

la

pena
si

seguire

suo ragionamento, perch


si

fondo

tratta di

modalit che

avverano anche

nella parte

spirituale del linguaggio

umano.
pari ratione indiget
ilio

Un

tal

segno, spiega S. Bonaventura, est aut


;

species, aut res

si species ergo

alio signo, et similiter quaereretur de

alio tertio,

nec

erit

ibi status sicut nec in

primo. Si

aukm

est

NHL PENSIERO

DI S.

BONAVENTURA

221

res ani intelligibilis aiit sensibilis, sensibilis

non quia

quidqmd
bilis,

est

in

angelo

est

spirituale;

si intelligi-

quaere quare magis Ulani apprehendit angelus

cui sit

sermo, quain ipsam speciem quae est


et
iter uni
illa

in intellectu

angelico
gelo,

res,

quae

est

in

uno an-

non p test fieri in ver itale in alio angelo ; ergo oportet quod fiat secundwn similitudinem, et lune
in intellectu

pari ratione species existens

unius
aiit si

annon,

geli potest generare sui similem in alio,

quaeritur quare non,

Neir uomo invece il segno sensibile, pur rimanendo sempre fisso che anche nel!' uomo, per
discendere un grado
per
liiid

dall'

angelo, ed anche

in

Dio,

salire

invece di un gradino, locutio non est acogitatio


;

quam

I'

uomo
il

infatti

quando parla con


sensibile, la quale
tra

un

altro

non solo pensa, ma

suo pensiero interpreta e

spiega

all'altro

formando una voce


il

come uomo ed uomo,


appunto
altro

mezzo
si

di

comunicazione

il

che

spiega col fatto che nel-

r animo
stesso,

1'

atto della conversione sopra s


1'

ed altro
d' altro
il
:

atto della conversione a qualsi

che cosa

nel pensare

tratta di atti

della

prima specie,

linguaggio invece atto della se-

conda specie.
siero
il

Cosi

adunque

si

aggiunge

al

pen1'

discorso mediante segni sensibili; finche


infatti col

anima

corpo, non pu ricevere impresla

sioni che

mediante
si

forza dei sensi.

Come
naventura

crea tale segno sensibile? Qui S. Boe

s'accorda con Aristotele


1'

con Alberto

Magno

neir ammettere

intervento dell' immagina-

zione {mediante via imaginaria) nella creazione dei

222

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

segni,

approffitta
la

anche qui
idea
in

dell'

occasione per
tra

ri-

chiamare

sua

di

un rapporto

nome

cosa, giacch trova


bilis

quello una similitiido intelligi-

o signatiim

intelligibile

che per illud sigmim a-

scendit mediantibus sensitivis

ad

intellectum alterius.

E
eiiis

cos conclude

il

nostro autore, conveniens est

ut sicut

homo
la

compositiis est ex

anima

et corpore,
il

locutio aliqiiid habeat spirituale (cio

linguag-

gio
nel

interno,

cogiiatio

formata ed

il

suo riflesso
il

segno esterno)

et aliqnid corporale (e cio

se-

gno come suono).


Tale
in

quanto

d' interessante

abbiamo trovato

S. Bonaventura
di

in

relazione

al

nostro argomento,

vediamo ora
zione
del

mettere a confronto colla specula-

santo di Bagnorea quella parallela di S.

Tommaso.
Gi abbiamo avuto occasione
capitolo
di
in

questo stesso

ricordare parecchie delle opinioni dell'


di tutto

Aquinate, ricordiamo ora prima


servazione
riscontrato
di lui
in

questa os-

che richiama quanto gi abbiamo

S.

Bonaventura

Verbum

alicniiis di^),

centis vdetur esse similitudo rei dictae in dicente


in cui

pare

ci

sia l'indirizzo di

un rapporto
ci sia

tra

pa-

rola e cosa significata, per quanto

quel videtur

che lascia
di S.

la

cosa

in

sospeso

forse in quel passo

Tommaso
dopo
sul

e'

come

un' anticipazione del con-

cetto espresso da S. Agostino, e da quello riportato

poco
1) S.

verbo interno a
disput.

cui,

secondo

il

vever-

Tommaso, Qimest.
L

De

veritate, quaest. IV,

De

bo

art.

NEL PENSIERO

DI S.

TOMMASO
il

223

SCOVO
maso,
est
in

di

Ippona meglio conviene


in

nome
:

di

verbo,

contrariamente e quanto

proposito pensa S.
parole

Tomsi

come
voce

si

capisce

dalle

verbo qiiod

magis convenit
verbiim e

ratio verbi; certo

che fugace e solitario queir accenno ad una similitudo


tra
il

la

res dieta, sicch per nulla

esso ha dato luogo ad uno svolgimento ordinato e


coerente, quale

abbiamo
di

visto in S. Bonaventura.

Pi avanti nella medesima


questa constatazione
ciim
riiis,

quaestio
il

troviamo

fatto,

che

verbnm exterius
inte-

sit sensibile est


il

magis notuni nobis quam


si
//

che se

si

capisce quando
gi
si

pensi che per

S.

Tommaso, come
quod
in
il

visto,

verbum exteintelligere,

rius est id

est intellectum,

non ipsum

mentre
parte

verbo interius est ipsum intellectum, d'altra


evidente
contrasto con quanto dice
la

pare

subito

dopo r Aquinate, richiamando


il

ben nota

dottrina di Aristotele, e di quasi tutta la Scolastica,

cio

che

verbum est significativum ad plactum.


si

Come
il

infatti

pu

dire

sia pi

noto

ci che

arbitrario,

mentre

necessario

in certo

qual

modo

concetto, sostanza appunto del linguaggio interno ?

questa
commentatore
Ispano
^)
:

un' obbiezione gi cos formulata dal


delle

infinitum,

Summulae logicales di Pietro Illud quod ad placitum est variabile in varietur ergo si vox significet ad placitum,
erit

sua significano
nulla
erit

variabilis

in

infinitum,

et sic
si-

certa
al

cognitio

de significatione vocis

gnificativae,

che

il

medesimo

risponde

Illud

I)

Petri Hispani, Simmulae logicales,

ed. cit., pag. 15.

224

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

quod fit ad placitum ciiinslibet indifferenter variatar, non tamen quod determinate fit ad placitum unius, sicut et vox significativa, quae significat solum ad
placitum primi instituentis.

Comunque per
S.
tra

sia di ci, resta

un

fatto

che

Tommaso
nome
il

esclude affatto alcun rapporto di natura


il

cosa significata,
cio
il

verbo esterno espriinterno,

me

concetto,

verbo

appunto

perch,

come

si

legge

in

un passo della

Summa
poi un

contra gentes,

sunt omnia nomina imposita ad derei

signandum speciem

creatae

^),

talvolta

nome

solo

pu

significare
di

parecchi
affinit
~),

concetti per

una certa loro ragione


arbitrariamente
stotele,

ma

tutto ci

tanto che,

come avrebbe

detto 'Ariil

poco importa

sia questo o quello

nome
;

con

cui quel dato o quei dati concetti si

esprimono

r importante che poscia esso od essi

si

esprimano

sempre con quel nome,


si

il

quale cos a lungo andare,

fonde

insieme

al

concetto per formare pratica-

mente una cosa


due cose ben

sola,

mentre razionalmente

sono

distinte

ed indipendenti.
sia in

Che
S.

tale

veramente
lo si

fondo

il

pensiero di

Tommaso
cui
egli

pu anche
la

rilevare dallo studio

con

investiga

parola in raffronto alla

precisione

del
di

concetto che essa esprime. Vi sono

due modi

conoscere,
e

egli dice,
l'

uno per perfecdetto sar di

tam comprehensionem,
gnitionem, cos
il

altro

per simplicem coil

dicibile e quindi

1) S.

2) S.

TOMMASO, Summa Tommaso, Summa

contra gentes, I, 30. contra gentes, IV, 42.

NEL

PENSIERO DI

S.

TOMMASO

225

due specie

uno per perfectam expressonem,


narrationem
:

l'altro

per siinplicem

noi parleremo di Dio,


;

per esempio, per simplicem narrationem


sibi soli intelligibilis,

Qg^W invece,

sar sibi soli effabilis et nomisit,

nabilis

non

alio

nomine quam ipse

nec alio verbo

quam

ipse sit.
si

Come
se
:

vede

in

tale distinzione dell'


in

Aquinate
se e per

escluso qualsiasi studio della parola


il

valore di quella, qualunque sia

il

suo suono,

perfettamente arbitrario, dipende dalla precisione o

meno

del
in

concetto che esprime

ci ancora pi

evidente

quanto leggiamo pi avanti sempre nella


quaestio
,

medesima
che

quando cio
tra

S.

Tommaso nega
all'infuori di

ci sia altro

rapporto

cosa e nome

quello che risulta dalla totalit o

meno

del concetto

che
gli

in

esso
certo

si

riflette,
;

come
vi

in
,

una forma che non


in altri termini,

essenziale
tra

una

proportio

cosa e nom.e dipendente appunto

dal grado di espressione della parola, riferentesi al

grado di cognizione del relativo concetto. Ci che si conosce nel nome lo si riconosce
per
ed

modnm

qiiietis ,
si

dice

1'

Aquinate, quasi volesse


il

dire che in esso

scorge come

deposito estrinseco

irrigidito di ci
si

che vivo e vibrante nel concetto.


si

Come

vede,

non

poteva meglio mettersi

in

contrasto, per quanto piuttosto apparente che reale,

coir antico intendimento di Eraclito, con tanto fine


ironia
di

messo

in

evidenza da Socrate nel

Cratilo

voler

cio

anche

nei

nomi,

in

quanto nomi,
delle cose

trovare un riflesso del

moto perpetuo
delle

Un' altra

questione

Disputatae

merita

226

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

da noi

di

essere accennata, quella che porta

il

titolo:

De Magistro ^), formula Niim homo


:

questione

proposta

in

questa

docere aliiim possit et dici

mapro-

gister

vel

Deus

soliis.

la trattazione d tale

blema
il

rivolta in

modo

speciale contro S. Agostino

quale,

come

noto, nel

De Magistro

rappre-

senta appunto Dio

come
un

il

maestro interiore dell'ai

nimo.
confini
di S.

Era
di

questo

problema, che rasentando


pericoloso,
alla

un

ontologismo

mente
un'
in
si

Agostino doveva apparire circondato da


d'

urgenza
cui
gli

ordine

pratico,

dato lo scetticismo

ultimi eredi dei sofisti

avevano, come
il

in

visto

suo

luogo,
e

affogato

pensiero anche

effetto all' arbitrario

non sicuro uso


si

delle parole.

Aristotele in proposito gi

era espresso molto espli;

citamente con queste parole


adfert adiumentum sermo

Per accidens magnum

ad acquirendam sapientiam
risolve
la

prudentiamque

~).

Anche
senso

S.

Tommaso
dicendo
:

questione

in

positivo

Cam non

sunt

in

anima
a-

ipsae scientiae concreatae, dici potest unus

homo

lium docere, et

illiiis

esse mogister, causando in ipso


illius,

scientiam lamine naturalis rationis

qui addicit
facit.

exponendo
si

illi

per signa discursum quem

Vero

che pi avanti
in

V Aquinate dichiara che cognitio


aliquarum rerum magis

rerum rum,

nobis efficitur non per cognitionem signo-

sed per cognitionem

certarum, sicut principiorum,

Come

si

vede, questo

1) S.

TOMMASQ,

Qiiaest. dispai.

De

veritaie, quaest. VI, art.


\.

I.

(Z

Aristotele, De

sensii et sensibili, cap.

NEL PENSIERO

DI S.

TOMMASO

227

UH
nel

ritorno
Cratilo,
il

dell' antica

tesi

lungamente discussa
nozione
il

che

le

parole per se non sono mezzo,


alla

anzi

mezzo migliore per giungere


;

dell'essenza delle cose

Platone conchiudeva

suo

dialogo con un accenno fugace ed incerto alla dottrina

delle
in

idee, S.

Tommaso

invece ben pi e-

splicito

merito, parlando egli

ampiamente

della

ratlones

seminales quarum cognitio est nobis natii-

raliter insita

quasi sint semina qnaedam omnium se-

quentium cognitorum.
hi

tale

concezione
di S.

di S.
il

Tommaso

evidente

r influenza
le

Agostino
'),

quale pure ammetteva


GTs^ofiaT!-

rationes seminales

eco vivo dei Xyol

y.Qi

ammessi dagli

Stoici, e forse
il

anche
si
:

riflesso in-

diretto

delle idee platoniche,

che

tare dalle parole stesse di S.


ligibiles,

Tommaso

pu sospetFormae intel-

ex quibus sapientia consista, et sunt rerum


et

similitudines,

sunt formae perficientes intellectum.

Ed
sia
alla

ora veniamo brevemente a vedere


il

come

si

svolto

pensiero di S.
del

Tommaso
negli

in

rapporto

questione
il

linguaggio
in

angeli. Veradall'

mente
quinate

problema
diverso
:

proposito affrontato

Aco-

da quello discusso da S. Bonaha


ricercato
infatti

ventura
gnizione

questo
degli

se

la

angeli
la

idem

sit

quam

locutio, pre;

supponendo gi che
S.

locutio

negli angeli esista

Tommaso
dell'
:

invece

affronta
del

direttamente
negli

la

que-

stione
stessi

esistenza
infatti

linguaggio
egli

angeli

ecco

come

formula un

tale pro-

I)

S.

AGOSTINO, De genesi ad

Utterani, VII, 28.

228

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

blema
gia,

Num

iinus angelis alteri loquatur


:

^)

e la

sua

risposta affermativa

dicitar angelus iinus alteri lo~).

manifestando

ei

interiorem mentis conceptum

Come
prima
tutti

ai
gli

solito

anche

qui S.

Tommaso pone
alla

argomenti contrarli

sua

tesi

per

ribatterli

dopo ad uno ad uno,


soluzione

e cos provare la
:

verit

della

proposta

di tali

argomenti

consideriamone due che hanno interesse con quanto


stiamo
In
trattando.

Anzitutto

si

poteva

obbiettare

ornai lociitione

oportet esse aliquid,

aadientem ad attendendnm verbis

quod excitet loqtientis, quod ache S.

pud nos
poni
in

est ipsa

vox loquentis, hoc autem non potest


al

angelo ergo nec locutio,

Tommaso

risponde che silentium privai locutionem vocalem qualis


lis,

est in nobis,

non spiritualem, qualis


i

est in ange-

giacch se

segni in noi sono sensibili, perch

la

nostra cognizione, che discorsiva, nasce dalle


sensibili,

cose

un
cui

segno

pu
si

essere

qualunque
:

carattere,

per

una cosa
intelligibile

possa conoscere

anche una forma


un segno
dine
di ci

pu adunque essere
si

che per essa

conosce, cio pu

essere una species in cuius actione intellectus fit in or-

ad

alium,

come appunto avviene


forma
:

negli angeli.

Altra obbiezione quella che S.


in

Tommaso
in

trova

Avicenna sotto questa


1)

nobis causa

S.

TOMMASO,

Qiiaest dispai. T>e veriiaie quaest. IX, art. IV.

tale specie di comunicazione tra angelo ed angelo direttamente per conceptus era ammesso anche in Dante {De valgavi eloquio I, 2), il quale anzi nel passo citato ricorda tutte e due le specie
2)

Notiamo che

comunicazione della cognizione ammesse dalla vespertina e la mattutina (Cfr. in proposito ?. Rotta, La coscienza religiosa medievale - Angelologia, Torino 1908,
di

conoscenza

e quindi di

Scolastica negli angeli,

la

pag.

74).

NEL

PENSIERO

DI S.

TOMMASO
quam
e'

229

lociitionis est multitudo desideriorum,


miiltis

constai ex

defcctibus

provenire, quia desideriiim est rei


negli
e'

non habitae,
nulla,

ora

angeli

non

difetto di

dunque non
;

desiderio, e quindi non v'

linguaggio
multitudo

al

che S.

Tommaso

risponde

dicendwn

desideriorum pr tanto dicitar esse causa

locutionis, quia ex multitudine desideriorum sequitur

multitudo
valde

conceptuum,
exprimi
:

qui non possunt nisi signis


ora
i

variis

concetti esistono anche

negli angeli, ed anzi la moltitudine di essi n//o a//o

desiderio
ipse

requirit

desideria comunicandi alteri

quod
imdi

mente concipit, quod desiderium

in angelis

perfectionem
S.

non ponit,

*)
l'

nella

quale

risposta

Tommaso notiamo
tempo
:

accenno
tra la

ai vincoli,

ormai
lin-

tradizionali al

di

lui,

questione del
1'

guaggio
nate,

e la logica

esistono desiderii, dice


si

Aquiche

ma

questi
si

non

possono tradurre
in

in
'),

segni se
il

non quando
certo
strato,

sieno mutati
gi

concetti

in

qual

modo
si

era stato affermato e

dimopiut-

come
altri

visto,

anche da Alberto Magno.


discussi

Gli

argomenti

riguardano

tosto

il

lato metafisico,
;

che

il

lato psicologico della

questione

come conclusione possiamo

dire che an-

che

qui

S.

Tommaso
la

insiste nel dimostrare

che

il

segno esterno,

parola,

non

un elemento essen-

1)

Ricordiamo che anche


angeli,
e

il

Leibniz nella sua Teodicea anunettova che

negli

come

nei
d'

beati,

grare

resistenze

ordine intellettuale da vincere, e


voi.

dovessero manifestarsi desiderii da inteci per render

possibile l'esercizio dell'attivit loro, in cui sta zione. (Cfr. H.


1)

appunto
(IV

la loro perfe-

HOEFFDING, op,

cit.,

I,

pag. 355).
ij;cntes,
^))
:

cuiiis

Ci detto anche nella Su.mnia cantra inteUectimUs conce pt io dicititr verbiim.

rei ali-

230

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

ziale

nel
in

linguaggio
intelligibilia

si

intellediis

noster possetin noi la lo-

ferri cutio

immediate, anche

non sarebbe per segni

esterni, dice S.

Tom-

maso, ripetendo implicitamente


splicitamente formulato,
colle parole
le
:

l'antico desiderio evisto,

come

si

da Aristotele

oh! se

si

potesse

rpel

ragionare presentarci
!

cose, senza passare attraverso ai simboli di esse

da S.

Un altro punto messo Tommaso , per dir


negli

un' altra volta in rilievo


cosi,
1'

espressibilit ine-

rente e quasi essenziale dei concetti tanto negli uomini

quanto
la

angeli

anche

in questi,

come

in

Dio,
intui-

cognizione
^),

non

discorsiva,

ma sebbene

tiva

eppure anche

in essi implicito

ci che S.

Tommaso chiama
la quale in noi

ordinatio cogitationis

ad alterum,
^)

non

che Vintentio reisimlis colla ten-

denza ad
palpito
di

espandersi
pensiero

anche
tale

fuori di noi

ogni

anche perch

in certo

qual

modo

esprimibile tanto alla coscienza nostra


:

quanto

agli altri
all'

se

1'

uomo non

lo

sa tante volte

esprimere
lare

esterno, perch incapace di formuil

trovare

segno con cui esprimerlo


1'

per

la

sua coscienza per


di

espressibilit, cio l'assunzione


si

una forma rappresentabile,


1)
Il

attua sempre, pi
uno
dei temi

problema
(Sent.

della

conoscenza
;

negli angeli fu

pre-

diletti dalla teologia cristiana

S.

Agostino (De Gen.


IV, quaest.
I

IV, 24), S.

Bona-

ventura,

lib. II, dist.


I,

IV, art

e II) e S.

TOMMASO,
in-

{Summa

Theol.

LXII, art. 8) l'ammettono con un carattere intuitivo


la

per quanto sotto due forme,


teressante
intuitiva

vespertina e

la

mattutina. Sarebbe

un confronto

tra

la distinzione di

cognizione discorsiva ed
gli

ammessa
s

dagli Scolastici per ci che riguarda

uomini,

gli

angeli e Dio, e la distinzione parallela fatta in proposito dallo Spinoza.

Probabilmente
2) Cfr. S.

tratta anche qui di


il

meglio nelle sue origini storiche

Tommaso, Summa

un punto di contatto che spiega panteismo dello Spinoza stesso. cantra gentes, I, 53.

NEL PENSIERO

DI

DANTE

231

meno
in cui

confusamente
vi

poco importa

ncgii angeli

non

pu essere incapacit
impaccio alcuno

di sorta,

anche
V e-

perch

non

esiste

di materia,

spfessibilit ossia la tendenza a diffondersi dei


cetti

con-

dall'

uno

all'

altro si attua

sempre ed attuandosi
il

d appunto luogo a quello eh'


e che sarebbe anche
il

linguaggio loro,

linguaggio

dell'

uomo, se an-

che

egli fosse

una pura forma, senza materia alcuna.


passare a

Prima
brevemente
stro

di
il

Duns Scoto, ricordiamo


in

ora

pensiero di Dante

relazione

al

nodi

argomento.

Abbiamo

gi

avuto

occasione

considerare

alcuni punti delle dottrine in proposito


il

dell' Alighieri,
il

quale pi che tutto ha considerato


il

problema del linguaggio sotto

suo aspetto sto-

rico, introducendo per nella soluzione di tale pro-

blema
dine
la

essenzialmente storico alcuni elementi d' orfilosofico,

che formano appunto

la genialit e

novit della sua dottrina. Intendiamo alludere alla

gran legge della indefinita divariazione delle lingue


nello

spazio e nel tempo, dalla quale Dante fu per


I'

via logica condotto a detronizzare

ebraico stesso
egli stesso

da lingua originale,
fa dire

da credere, come

ad

Adamo
della

nel

XXVI

del Paradiso, che nel-

r epoca della confusione babelica gi parecchie degenerazioni


lingua primitiva
si

erano attuate,

degenerazioni

che quasi pi nulla avevano lasciato

d'intatto nel linguaggio di

Adamo,

sia

che da Dio

esso esso

gli

sia

stato infuso, sia che dal primo

uomo

sia stato trovato.

in altri termini

una conce-

zione essenzialmente dinamica di un divenire continuo

232

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

da Dante surrogata, prima assai che dal Vinci e dal


Leibniz, a quella d'ordine catastrofico
dai
pila

ammessa

allora

in

base
che

al

fatto indiscutibile della

confu-

sione

babelica.

Anche Dante ammetteva


determinarono
il

tale fatto,

ma

motivi

grande
lui

effetto
in

della

molteplicit della lingua da


d'

posto

un

fenomeno
ratori

ordine

perfettamente

naturale,

e cio

nelle condizioni diverse delle diverse specie di lavo-

che

alla

gran fabbrica delle torre attesero


poi,

^).

Le lingue cosi nate seguitarono


s

secondo Dante,
s

per

la

loro diffusione nello spazio e

pel vol-

ger del

tempo
ognor

a scindersi e suddividersi ciascuna


in

indefinitivamente
dialetti

pi

sterminata variet
riet

numero ognor crescente di degeneri, dando cos luogo alla delle favelle umane. La qual vaun
il

appunto

un giorno sentire

bisogno

d' in-

ventare

una
all'

lingua
arbitrio
i

convenzionale e regolare, non


individuale,
pensieri

soggetta
datta
agli

non

imitabile, aai

trasmettere

anche
i

lontani ed
altri,

avvenire.
tutti
i

Tale

V ebbero
tal

Greci ed

ma
il
i

non

popoli, e

il

fu la

Grammatica, ossia
cui

latino.

Questo

modo con

Dante concilia

due elementi, il naturale e 1' artificiale del linguag in fondo V antica questione della zbaic e gio
:

della

Gov&rj7,rj

elaboratasi

nella

antica filosofia el-

lenica,

risolta dal nostro poeta-filosofo in


di

modo

ben pi profondo
1) Cfr.

quello che non avesser fatto ed


7; sull'origine psicologica
scritto
il

Dante, De Vulgari eloquio


il

I,

di

tale spiegazione dantesca vedi

quanto ha

pag. 494),

tempi

la

trovata di

quale ha ben ragione di affidare alle Arti

D'Ovidio, (op. cit. credere che ad un fiorentino di quej


la

confusione delle lingue dov

balenare assai naturalmente e parer felicissima.

NEL PENSIERO

DI

DANTE

233

Isidoro

di

Siviglia, e Brunetto Latini per salvare la

dignit del
dell'

Greco
')
;

e del Latino
i

accanto
della

alla priorit

Ebraico
in

sono

diritti

natura salvacivilt,

guardati

rapporto

alle

esigenze della

ed

insieme armonicamente

fusi

a spiegazione di quella

legge del divenire continuo delle lingue, che, fissata

da Dante,
basterebbe

per

quanto gi prima

di

lui
il

vista dalla
'-),

filosofia greca,

da

sola,

come ben
il

dice

D'Ovidio

ad

assicurargli

vanto di essere stato

uno dei

veri precursori della linguistica.

Ed
del

ora

dopo aver

fatto

accenno

alia

soluzione

problema storico
speculazioni

sul!'

origine del linguaggio quale

stata formulata
altre

da Dante ritorniamo a veder quali


la

Scolastica abbia saputo attuare

intorno al linguaggio in quanto espressione di pensiero,

cominciando da Duns Scoto.


tocca a noi designar qui tutta V importanza
peripatetico
al

Non
del

formalismo
in

agostiniano

di

Duns

Scoto
luzione
e dei

relazione

suo contrasto

col pensiero

tomistico,

contrasto

riguardante

in filosofia la so-

specialmente dal principio d' individuazione

problema gnoseologico.^)
di

Fortunatamente abbiamo
pera speciale riguardante
quella dal titolo

il

Duns Scoto

un' o-

nostro argomento, e cio


significandi, a cui

De modis

molto

probabilmente

fu

aggiunto dopo dagli editori

l'altro ti-

D'OVIDIO, op. cit. pag.493. D'Ovidio, op cit., pag. 507. 3) Su ci cfr. Fr. Fiorentino, Pietro Pomponazzi, Firenze 1868 pag. 137 e sgg. e del medesimo autore Bernardino Telcsio, Firenze
1)

Cfr. in pj:oposito:

2)

1872, Voi.

I,

pag, 187.

234

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

tolo di

Grammatica speculativa
in

^).

Da

essa soprattutto

potremo
Scoto
tigliezza

ricavare quali sieno state le idee di

Duns
la sot-

rapporto

al

linguaggio, quantunque
e
la

eccessiva,
la

lingua poco chiara rendi

dano
hi

penosa

lettura

quel
del

libro,

il

che del
autore.

resto avviene di tutti

gli altri

medesimo
1'

essa anzitutto

Duns Scoto
uno
per cui
la

sostiene che due


altro pasla

sono
sivo
:

modi
il

nel significare,
quello

attivo,

primo

voce significa

propriet delle

cose

il

passivo invece quello per

cui la propriet delle cose viene significata per

mez-

zo

della

voce

in

altri

termini,

spiegheremo noi,
vi

nelle significazioni fatte dall'

uomo

un elemento

soggettivo che

si

diparte da noi e va alle cose, ed

un elemento oggettivo che parte dalle cose e viene


a noi
:

il

primo elemento

si

termina nel segno,

il

secondo invece
teria di studio

nella cognizione, quello perci

ma-

anche nella Grammatica, questo invece


-)

materia di studio esclusivo dalla filosofia

salvo

per per quella parte che

vi

anche

in

esso

di

formale.

evidente che
per
nel

due elementi
1'

s'

integrano, non

senso

che mancando

uno

debba man-

care anche l'altro, perch continua lo Scoto, privationes etfigmenta sub nullis proprietatibus cadunt,

cum

non

sint entia, et

tamen voces significativae privaiio-

num

et figmentorum

modos

significandi activos habent,

ut coecitas, chimaera, et similia. Si spiega col fatto che

Come

si

spiega ci ?

non

proprio

sempre neces-

1)

culativa in
2)

JOANNIS Duns Scoti, De modis significandi sive Gramatica speOpera omnia, Lugduni 1639, Voi. I, pa^. 45 e sgg.

Duns Scoto,

op,

cit.,

cap. in.

NEL

PENSIERO DI DUNS SCOTO

235

sario che

il

modus

significandi activns tragga la sua


di quella
si

ragione d' essere da una propriet speciale

cosa, di cui significazione, che talvolta lo


trarre

pu

da propriet
;

di altra

cosa che

alla

prima non

ripugni
cepire

cos,

per esempio, noi non possiamo perle

le

sostanze separate, eppure noi

chiamia-

temente da alcune propriet


ch
esse
per
s

mo, imponendo ad esso nomi che derivano evidensensibili, appunto pernon possono essere per noi
1'

ele-

menti

passivi, su cui proiettare

attivit nostra sila

gnificante.

Delle

cose

finte

da noi poi troviamo


generale

ragione
le

della

significazione dalle parti con cui noi


in tesi
si

abbiamo composte,

pu
enti

dire

che noi attivamente possiamo nominare anche

che

non

sieno positivi extra animam, perch essi sono


positivi in anima, e quindi
;

sempre

sono

enti

secimdiim

animam
si

la

ragione quindi della loro significazione

sta precisamente nella ragione del loro essere. Certo


,

dice lo Scoto

'),

che

modi

significandi adivi

immediate a modis intelligendi passivi sumuntur.

Per

capir

ci

ricordiamo che
intelligendi
il

lo

Scoto divide

anche

un

modus

activus da un

modo
di

intelligendi passivus,
l'

primo riguarda la facolt delle

intelletto di
il

concepire

propriet e quindi

e-

sprimerle,
in

secondo
appresa

invece

la propriet stessa
:

quanto

dall' intelletto

ora che

il

se-

condo debba essere la fonte per 1' attuazione del primo evidente, quando si pensi che le ragion} dell' essere non possono in modo alcuno diventare materiali di elaborazione nostra se non quando esse
1)

DuNS Scoto,

op.

cit.,

cap.

I,

pag. 46.

236

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Siene
l

state

da noi apprese. Dal che deriva che se


il

modus

significandi passivo ed

modus

intelligendi

passivo sono materialmente


formale
propriet

la stessa

cosa, dal lato


la

non

lo

sono
cose

affatto,

che quello riguarda

delle

absolute, cio oggettivamente

considerate,
in

questo

invece

riguarda tale propriet

quanto

gi stato appresa dall' intelletto, cio

soggettivamente
riguardano
la

considerata

materialmente quindi

medesima

propriet, dal lato formale


'). il

invece presentano caratteri diversi


essendi et
ficandi

modo
modus

invece
signi-

modus

intelligendi activus et
fra loro e
infatti
il

activus

differiscono

dal lato for-

male

e dal lato materiale,


la

ed

modo

essendi
la

riguarda

propriet delle cose in s, cio sotto


il

ragione
activus
quella

stessa' dell' esistenza,

modo
1'

intelligendi
di

riguarda

l'

impressione e
il

elaborazione

propriet nell' intelletto,


consignificandi
di

modo
si

significandi

activus

(quando

tratti

non pi

di

un nome, ma
di

una

dictio) rappresenta la ridu-

zione

quella

propriet sotto la ragione di voce.

Abbiamo adunque tre mam, ratio intellectus,

gradi

la ratio rei extra ani-

ratio vocis.

dus intelligendi activus ed

Lo Scoto continua ancora a mostrare che il mo\ modus intelligendi passivus, come pure il modus significandi activus ed il

modus passivus differiscono fra loro dal lato materiale e convengono invece tra di loro dal lato formale,
il

che
ai

si

pu dimostrare con ragionamento


la

analogo
Dati
della

gi

fatti.

tali

precedenti chiaro quale sia

ragione

voce significativa per Duns Scoto: essa come

NEL

PENSIERO

DI

DUNS SCOTO
propriet o

237

causa

efficiente

remota avr

la

le

propriet

delle cose da essa

significate,
efficiente

mentre

nel!' intelletto
')
;

avr
parte

la

sua

causa

prossima

d' altra

sar pure evidente la differenza che

il

simo

autore

fa

tra

voce e segno
cio
la

voce

il

medesuono

considerato

come

tale,
in

materia, mentre sedell' ela-

gno

il

suono

quanto manifestazione
attivo, cio la
le

borazione

dell' intelletto

forma

^grammatici studiano evidentemente


^'dentalmente

voci solo inciin


le

come

suoni,

ma

essenzialmente

quanto
cose
-)

esse sono

pi abili segni per significare

Dopo
cili

tutto ci

Duns Scoto, sempre con


uno dei
pii
i

quella

sottigliezza, che fa di lui


filosofi,

astrusi e diffiattivi

viene

distinguere

modi

del
di

significare in essenziali ed accidentali.

La ragione
si

come vanni Damasceno e


tale divisione,
di carattere

in quella parallela fatta

da Gio-

poi da

altri,
;

come

visto,

evidentemente logico

e cio essenziale

modo

per cui quel dato termine, considerato


quella parte di discorso, considerato
1'

segno

come come

consegno, esprime semplicemente

essere o secon-

do
sere

il

genere, o secondo

la

specie, V accidentale
l'

quello che non esprime semplicemente da solo

es-

secondo

il

genere o secondo
di

la

specie,

ma

ha
:

bisogno dell'integrazione
tale

gualche altro elemento

modo

accidentale

quindi

ben diverso
del

dalla

nozione,

comune

nella scolastica,
qiialitate.

nome

espri-

mente suhstanflain ciim


Il

modo

attivo

essenziale

poi suddiviso in

1)

2)

Duns Scoto, Duns Scoto,

op.

cit.. cit.,

cap. IV.

op.

cap. VI.

238

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

generalissimo, quando

1'

essenza della parola

si rife

risce a tutto ci di cui essa termine, in specialissimo

quando

si
;

riferisce solo
vi poi
il

ad una parte

di ci di cui

essa

termine

modo
si

significandi

essenziale

subalterno, che
sto;
il

come intermedio
assoluto

tra quello e

quein

modo
e

accidentale
;

suddivide anch' esso

assoluto

rispettivo

quando

1'

espres-

sione

costruita in
altro,

modo da non

aver alcun rap-

porto
,

con

invece rispettivo

quando

la

co-

struzione tale da aver alcuni rapporti di dipendenza


altro.
i

'anche con

Tali sono

fondamenti su cui Duns Scoto poggia


grammaticali, comindel quale
^)

poi

r analisi
dal

di tutte le parti

ciando

nome, a proposito
mettendo questi

egli

ap-

profondisce la fondamentale distinzione aristotelica di

nome

e verbo,

in

relazione alla dl-

^stinzione tra
:

modus entis, e modus esse, e definendo il primo modus habitus et permanentis rei inhaerens ex hoc quod habet essentiam, mentre il modus esse est modus fluxus et successionis rei inhaerens ex hoc quod habet fieri, col primo sta il nome ed in subordine
il

pronome, mentre col secondo


il

sta

il

verbo,

ed

in

subordine

participio.

Giunti
nelle

a questo punto inutile che noi seguiamo


ulteriori
la

sue

elucubrazioni

il

nostro

autore,
piuttosto

riguardando esse
che
il

grammatica

in ispecie,

linguaggio

in

genere: ci che a noi maggiormen


la

te interessa di far

rilevare
stia

come

in

rapporto con

tutto

quanto

sopra

tendenza dimostrata da

Duns Scoto
1)

nel libro delle sentenze


op.
cit.,

(Opus oxoniense)

Duns Scoto,

cap.

vm.

NEL PENSIERO

DI

DUNS SCOTO

239

di

garantire

all' intelletto

la

percezione immediata

della realta individuale.

Duns Scoto
oltre la

infatti,

come

dice

il

Wulf

')

am.mette

conoscenza

astratta

ed universale delle cose,


intuitiva,

frutto del sapere distinto,

una conoscenza
1'

che

ci

rappresenta confusamente

essere concreto

e suigolare (species specialissima)


del singolare sorge al

~).

Questo concetto
alla

primo contatto dell'intelligenza

col

di

fuori

si

forma parallelamente

cono-

scenza

sensibile
nella sua

dell'

quando
Scoto,

oggetto. Ora evidente che Grammatica speculativa Duns visto,

come

gi

si

parla del

modus

intel-

ligendi passivus,

si

riferisce

appunto

alla species

specialissima, che nel concetto dello Scoto


dalle percezioni sensibili.

diversa

Queste
il

infatti

per se stesse

non bastano ad attuare

in

noi

modus

intelligendi atti-

vo, bisogna che anch' esse, individuali

come sono,
arri-

sieno trasformate in concetto: l'individuale per non

pu

in linea

immediata che dare l'individuale, olo

vandosi all'universale per via mediata, a proposito della


quale

Duns Scoto,
o

ribatte

aspramente

le teorie dell'

illuminazione

lux. interior,

che accennata da S.

Agostino, era stata svolta eccessivamente da Enrico


di

Gand

s).

1)

Wulf,

op.
il

cit.,

pag. 404.

2)

Notiamo
d
l'

contrasto tra
ci

coscienza intuitiva
essa
tale,
ci

Duns Scoto e Spinoza se per quello la d l'essere concreto e singolare, per questo invece
;

essere in genere, cio

substrato
clie

di tutti gli attributi di cui


:

noscere

due

nozione della sostanza fondamenper noi non ne possiamo comateria e spirito, e di tutti modi.
la
i

3) Cfr.

DUNS SCOTO,

Sentent.

II,

Dist.

Ili,

quaest.

4.

240

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

Il
il

modo

significandi passivo

correlativo

immediato
attivo

dell' attivo

adunque pi essere per mezzo del


si

modo

intelligendi

anche nel caso

tratti

di

realt individuale.

Di tutto ci abbiamo
delle otto questioni, che
libri

la

conferma

in alcuni

passi

Duns Scoto

scrisse sui

due

De
di
^),
~)
:

interpretatione

di Aristotele.

La questione
rem an pasdi Ari-

prima

essa
e
si

Art

nonen

signiflcet

sionem
stotele

riferisce alle

ben note parole


et ea

Snnt ergo ea

qiiae siint in voce

earum

qiiae

sunt

in

anima passio nam notae,


in

quae scribuntur
sostiene la

earum quae sunt


sentenza

voce.

Duns Scoto

dando per, ne pila n meno di quella che abbiamo visto fatto da S. Tommaso nel commento del De Interpretatione stesso ed in altri passi ^), all'espressione pass/ones animae il signianche Duns Scoto \^ ficato di conceptiones intellectus ammette che il nome significhi non la cosa, ma il
di Aristotele
:

concetto della medesima*).

Le cognizioni nostre possono essere


cie e cio

di tre

spe-

abbiamo

le

vere species intelligibiles


le

come

actus primus in sua


intelligibiles

propria natura, poi

species
e deir

come

il

prodotto

delle

prime

apprensione

delle qualit delle cose, poi le cognidelle

/^

zioni

particolari

cose sub condicionibus indi-

viduantibus Ora queste non possono essere espresse


Duns Scoto, De interpretatione, ediz. cit., Aristotele, De interpret., lib. I, cap. I. Cfr. S. TOMMASO, Siinima, part. I, quaest.
I.

1)

voi.

I,

pag. 212 e sgg.


e quaest. 8,

2) 3)

13, art.

I.

De

potentia, art.
4)

Res non

sigiiificatur ut existit,
Ili,

sed ut intelligitur, (DUNS SCOTO,


pag. 189).

De

interpret., quaest.

. 3,

ed

cit.,

NEL PENRIERO

DI

DUNS SCOTO

241

come sono, o

per lo

meno come
si

a noi risultano nelle

percezioni sensibili che ne possiamo avere, bisogna

che anch' esse, per cos dire,


species
distinte,

trasformino in una
in-

del

secondo ordine, resteranno sempre


d'

perch avranno ragione sempre

una realt

individuale,

come

tali

per potranno essere nominate.

la

perci che

teoria

Duns Scoto rifiuta assolutamente platonica che il nome significhi la cosa


no,

come
gola
stinto

esiste,
in

esso

esprime
al

la

cosa anche

sin-

rapporto sempre
ce

concetto sia pure indi;

che noi

ne facciamo
siint

donde

la

formola
il

dello

Scoto nomina

similia

intelledui,

che

per non esclude anche una certa somiglianza colla


cosa,

perch pi avanti
in

^)

sostiene

il

nostro autore
tra

che

fondo

vi

pu essere somiglianza
la.

cosa e

passio, giacch

passio oltre che un accidens quid-

dam
rei in

in

subiedo pu anche considerarsi come signum


la

mente, ed allora poich


e

parola segno della

species,

questa segno della cosa mediatamente,


delle cose.

quella

pu considerarsi anche signum


sosteneva gi

Duns Scoto procede


del

poi a dimostrare, ci che

altri

la

Aristotele e dopo di lui abbiamo parlato, che il segno e quindi parola non pu essere n vera n falsa per s,
resto
di cui
all'

ritorna poi egli

impositio

ad placitwn

-)

e cos

si

spiega: dicunt
impositio

vocis

similitudini

quod vocesfunt notaeper impositionem; cum fit ad placitum potest esse ipsi exsistenti in anima, secundum quod sisignum
rei,

militudo
1)

est

sicut potest imponi


I,
I,

rei,

ut

2)

Duns Scoto, De Duns Scoto, De

interpret., quaest.

interpret., quaest.

8. 8.

242

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

intelligitiir et sic ratio

concliidit,

quod nomen potest


anche
di

significare

rem

utintelligitur.
in

Su

ci ritorna

nella

questione

IV 0,

cui

combatte
il

la tesi

coloro
di

che sostenevano
naturale e

essere

nome qualche cosa


le

come

tale significare naturalmente, a cui

contrappone

quest' altra
natiiraliter,
i

che

cose ed

concetti

sono signa
idem
tura,

apud omnes, ma dunque non sono


scienteSy

quod est enim a natura est nomi non vengono da nanaturali, perci gli

uomini

sono aeque

ma non

aeque loquentes.
se pur bene abbia-

Tale quanto

in

Duns Scoto,
il

mo

saputo interpretare

di lui pensiero, si riferisce

alla filosofia del

linguaggio: certo che quella conce-

zione delle species speciatissimae, integrata dal


intelligendi passivo, e dal

modo

modo
il

significandi aivo, ha

avuto,

come riconosce anche


sullo
1'

Croce

'),

una grande

influenza

svolgersi del pensiero ulteriore per


Estetica
:

ci che riguarda

possiamo
e

dire per che

anche
si

di tale

concezione nella storia della Scolastica


dei

sono avuti
d'

precedenti,
in

precisamente
d'

in

Guglielmo

Alvernia ed
infatti,

Matteo

Acquasparta.

Anche quegli
tele,

contrariamente ad Aristo-

ammetteva che
d'

tra le

forme
le

intelligibili

l'

intel'),

ligenza conosce anzitutto

sostanze individuali

mentre Matteo
ciente
la

Acquasparta, dichiarando

insuffi-

teoria

tomistica secondo cui

intellectus

1)

Duns Scoto, De
B.
Al.

interpret.-, quaest. IV, ,

(pag. 190 ediz.

cit.)-

2)

Croce,
1

op.

cit.,

pag. 179.
voti

^3)

Baumgartner, Die Erkennislehre der Wilhelm


893,

Auver

ne,'Miinster

pag. 48 e sgg.

NEL PENSIERO DELL'OCCAM E

DI

BACONE 243

singulare cognoscit per

quandam reflexionem
le

am^).

mette invece che noi conosciamo

cose individuali

intuitivamente per delle species singolari proprie

Dopo Duns Scoto due altri Occam breve accenno da noi


:

autori meritano
e

un

1'

Ruggero Bacone.
di

Gi abbiamo discorso della teoria gnoseologica


tualista,

quello, la quale diede luogo a quel terminismo concet-

che

fu

r ultima
universali,

risposta

importante

alla

questione

degli

come pure abbiamo

di-

scorso della cos detta teoria dei segni, e del passo


in

cui

si

definisce

la

natura del verbum mentale


le

aggiungiamo ora che l'Occam cos definisce


intentionibus animae^

voci

dicimus voces esse signa subordinata conceptibus vel

non quia proprie accipiendo hoc

vocabulum

signum

ipsae

voces

significent ipsos

conceptus primo et proprie, sed quia voces imponuntur

ad
un

significanda

illa

eadeni,

quae

per

conceptus

mentis sgnificantur, tanto vero, aggiunge, che se


dato concetto mutasse
dell'
il

suo contenuto,
il

o, per

usare la paro(a stessa

Occam,

suo significato,

anche
zione

la

sua espressione senza una nuova instituil

muterebbe
si

significato suo

d' altra

parte

appunto perch
i

tratta di un'instituzione volontaria


il

nomi possono cambiare

significato loro, mentre


il

COSI

non pu succedere per

concetto

'-)

Ruggero Bacone finalmente merita un accenno


per aver col suo concetto, richiamante
la

lux interior

1) Mathaeuts ab Aquasparta, Qimest. dispatatae, Tomo I, quaest. de fide et de cognitione, ed. Quaracchi 1903, pag. 307. 2) Occam, Summa totiiis logicae, lib. I,cap. U. Ci t ripetuto anche nel proemio del commento al De inlcrpretat., Cfr. Pemntl, op. cit.

voi. HI, pag. 339.

244

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

agostiniana,

dell'
il

incapacit

radicata

nell'

uomo

di

raggiungere
rivelazione

vero, e della necessit per ci di una

divina, offerto

argomento
tra

allo

sviluppo

posteriore di quel tradizionalismo, che culmin,


gi
si

come
la
i

detto nel

De Bonald;

questo per e Bacone


il

sta questa differenza che

mentre per
il

De Bonald

rivelazione primitiva, ed
suoi
dati,

linguaggio trasmette
la

per Bacone invece

rivelazione divina
^).

speciale, e varia da

uomo ad uomo
ben
si

Dopo
cadenza

citati

autori

pu

dire finito
la

il

periodo glorioso e fecondo della Scolastica,


della quale fu senza
dell'

de-

dubbio accelerata dal


parte, e dallo Scotivita

terminismo

smo

dall' altra.

Occam da una Un fremito di


ai
citati

nuova

si

va,

contemporaneamente

maestri e poscia svolnelle coscienze,

gendo
L'
le

nel

pensiero,

come
vi si

ed un

grande rinnovamento
umanit
ansie e
civile
tutti
i

va lentamente preparando.
allora sofferto tutte

sembra abbia
dolori di una

nuova creazione
si

il

periodo

infatti

umano

della storia nostra

iniziato

poco dopo, periodo

nello studio e nel giudizio del

quale non tocca ora a noi di entrare.

1)

WULF,

op.

cit.

pag. 426.

CONCLUSIONE

Vale
lavoro
tica
i

certo la pena che a conclusione del nostro

si

espongano qui

in

forma sintetico
crediamo
:

schema-

risultati

positivi, a cui

di esser giunti

colla nostra analisi particolareggiata

1)

Anzi tutto certo che nella Patristica e nella

Scolastica,
nica,

come
si

del resto nella speculazione elleviste tutte le parti della filosofia

non

sono

del linguaggio.

2)

Le parole

nella Patristica e nella Scolastica

furono

a torto giudicate sempre

come qualche cosa

di fisso e di rigido, uscite belle e fatte dalla testa di

un

primo institutore

di esse,

dimenticandosi affatto
di cui

la lenta

elaborazione collettiva
').

esse sono pro-

dotto sempre evolventesi


3)

Si specialmente nella Patristica tentato di

risolvere

sopra una base monogenetica

il

problema

1)

questo appunto
quale
si

il

carattere di differenza tra la filosofia del

linguaggio
dialettica

svolta nel

M.

E. e quella iniziatasi dal Rinasci-

mento. Nei tentativi


la

fatti dal Nizolio, e


si

da Pietro

Ramo

per abbattere

Aristotelica, essi

concezione statica del dinamico di esso determinato dal suo continuo evolversi
di

mantennero ancora ligi ad una specie linguaggio, il primo die intravide il carattere
in effetto alla di

diversit

di

tempi,

di

luoghi,

condizioni storiche, fu Leonardo da

246

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

delle origini storiche del linguaggio,


in

ma

lo si fatto

forma esegetica, a spiegazione cio dei


il

dati di fatto

contenuti nella Bibbia,


bile

che d'altronde
il

era inevitail

essendo impossibile

pretendere che

problema

delle origini fosse studiato,

come studiato oggi nel suo duplice assunto per rispondere alle domande I) quali
costitutive delle lingue reali sieno
;

parti

da

ritenersi

per originarie

il)

da quali espressioni prelinguisti^).

che

sia nata la lingua stessa

4)

falsa, per Io

meno
1'

per ci che riguarda e


la

Patristica e Scolastica,

opinione del Renan che

tesi tradizionalistica dell'

origini del linguaggio sia

stata

la

preferita

dai teologi, dovendosi piuttosto

Vinci

(Cfr. GIOVANNI Piumati, Note viadane sulla lingua, in raccolta Vinciana fascicolo IV, 1907-903, pag. 68), che determin cos queir indirizzo seguito poi con tanta larghezza e con tanto frutto da alcuni dei

nostri cinquecentisti
1872,
voi.
I,

(cfr.

Fr. Fiorentino, Bernardino Teiesio, Firenze


e

(cfr. H. HOEFFDING, op. cit., argomento avversario dell' Hobbes, il quale, come gi si detto, fu partigiano di una concezione del linguaggio, in cui troppa parte era concessa da un lato al ragionamento cosciente e dall'altro all'arbitrio. Abbiamo gi avuto occasione di dire come l' indirizzo dinamico del Vinci e del Leibniz sia stato poi seguito dal nostro Vico e dal Dugald - Stewart. inutile aggiungere che esso quello seguito oggi nella psicologia mo-

pag.

143)

dal

Leibniz

Voi.

I,

pag.

328),

anche per

tale

derna specialmente per opera del Wundt, ^ia per ci che riguarda la formazione del linguaggio nel suo triplice aspetto fisiologico, psichico e
sociale, sia per ci che riguarda le facolt mitopeiche dell'

uomo

in geil

nere,

cio

le

creazioni mitiche, dette nel loro complesso dal Renan

secondo linguaggio. Si anzi tanto approfondita una tale concezione dinamica, che il Du-Bois in quel suo libro suggestivo L' education de soi-mme, or non molto ha parlato persino della necessit di un inventario delle parole, per vedere quali servano ancora e fino a che misura, e quali no. (P, DUBOIS, L' education de soi-mme, Paris 1908,
:

pag. 22).
1) Cfr.

W. Wundt,

Vlkerpsychologie, U, 584,

CONCLUSIONE

247

credere

che

tesi

pregiudiziale per questi sia stata


all'

quella per cui Dio avrebbe dato

uomo
le

col resto

anche
frutti

la

facolt di parlare,

ma

che

parole sono

dell'

elaborazione umana.

5)

L' influenza

da

una parte
ed
in

di

Platone ed

in

subordine
Epicuro,
sito della

degli
e

Stoici

certo

qual senso di
a propo-

dall' altra queilo di Aristotele


si

questione del linguaggio


filosofia

perpetuato anla

che

nella

cristiana,

prevalendo

prima

nella Patristica, e la

seconda nella Scolastica.


si

6) Fino a S.

Tommaso
la

visto di

quando

in

quando rinascere
platonico
nico
se
le

questione nucleo del


il

Cratilo
1'

parole sieno

migliore anzi

u-

mezzo
gi un

per

conoscere

la

natura delle cose,

questione dagli

Scolastici risolta in senso negativo

come
7)
tra

tempo da Platone.
la

La Scolastica ha approfondito

differenza

nome

e concetto, linguaggio esterno ed interno,


al

arrivando perci con sottile analisi psicologica

pro-

blema fondamentale
8)

della espressibilit dei concetti.

Che tesoro di conoscenza, come dice Io Stuart Mill, e come in parte riconosce anche di Manzoni nel suo dialogo Dell' invenzione si possa
trovare nell'etimologie non fu mai negato n dalla Patristica

n dalla Scolastica, pur essendo quasi


gli Scolastici,

tutti,

specialmente

persuasi della teoria aristo-

telica della positio

nominis ad placitum.
diffusi

9)

Accejini

anche

nella Patristica e

248

LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

pi nella Scolastica,

come

gi in Aristotele,

si

pos-

sono rintracciare
nare
riguardante

sui rapporti tra funzione del

nomi-

cognizioni

d' ordine

intuitivo, e

funzione

estetico -espressiva in genere, per. quanto


il

specialmente nella Scolastica


del

destino della filosofia


stato unito al

linguaggio

sia

prevalentemente

destino

della logica,

come

gi era avvenuto da

Ache
ri-

ristotele in poi nella filosofia greca.

Come
la

conclusione sintetica poi

si

pu

dire

formula

generale della Scolastica perci che

guarda

la filosofia del in S.

linguaggio questa che leg^)


:

giamo

Bonaventura

bJon sermoni res, sed rei sermo est siibiectus.

Dal
ricerche
e

lato storico poi

aggiungiamo che
altra volta

le

nostre

sulla filosofia del linguaggio nella Patristica

nella Scolastica ci

hanno un'

persuasi

della sentenza di Jules


Il

Simon
~).

Medio Evo

ben pi profondo
vista

di quello

che

non sembri a prima

1)

S.

Bonaventura,

Sentent.,

lib.

I.

Dist.
aii

XXH,

quaest.

l.

Simon, Ablard et la Pfiilosophie des deux Mondes, 1846, I Genn., pag. 64).
2) J.

douzime siede (Revue

Ef^KAlfl

CORI^IQE

Pag.

6,

riga 15, invece che causale leggi casuale.


riga 18, invece che
x>cjs'.

16,

leggi

d-ozi.
si

49,

riga 33 e 34, invece di Rechercher

legga
si

Recherches, ed invece di delle Libniz

leg-

ga del Leibniz.

63, 64,

riga

13,
7,

invece di ovojxa

si si

legga

ovopia.

riga

invece di a pr'

legga a pro-

posito.
100, riga 7, invece di Ypaix'j.aGTc,
si

l^gga si

Ypfx'xaro? e piuttosto di pretosissimum

legga pretiosissimum.

128, riga

15,

invece
si

di

come

stoico,

per quanto

gi volto

legga come stoica per quanto

gi svolta.

174, riga

27 invece
e

di e citata si

legga

5/ ri-

porta

pi sotto
si

invece di in proposito
in

anzitutto

legga

proposito
e e

anzitutto.

191

riga

invece di
si

/'
/'

una
una

altra si trova

per poter

legga

V altra per poter.


nella Patri-

245, riga 5 e 6,

dopo

le

parole
si

stica e nella Scolastica


in

aggiunga /worc/z

Dante.
errori

Per
trovare
all'

gli

altri

od omissioni, che

si

possono
rimette

nel

testo o nelle note, V Autore


all'

si

indulgenza ed

intelligenza dei lettori.

DEL MEDESIMO AUTORE


La Coscienza

religiosa medievale - Angelologia


lire 6.

Torino, Fratelli Bocca 1908,

Di prossima pubblicazione

La

teoria dell' istinto nella filosofia greca

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Date Due

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