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2011, 317-331
GIuSEPPE MuSCoLINo
Lallegoria di Didimo
contro lironia di Porfirio sullonnipotenza di Dio:
analisi del Commentario a Giobbe 10, 13
(P. Tura 280, 1-281, 13)
Lo scopo di questo contributo quello di mostrare sulla scorta di alcuni
moduli esegetici e di alcuni termini tecnici utilizzati da Didimo nelle sue interpretazioni allegoriche il senso della sua polemica nei confronti del neoplatonico Porfirio, strenuo avversario del cristianesimo.
Come sappiamo la storia dellallegoria nasce in Grecia intorno al VI secolo a.C. e gi nel V secolo a.C. essa si afferma tra gli scrittori come metodo
utilizzato per chiarire alcuni concetti, specialmente di natura mitico-religiosa, i quali vengono espressi in modo oscuro al fine di renderli accessibili
solo ad un ristretto cerchio di iniziati, e tenerli invece nascosti ai profani 1.
Lallegoria 2 si pu schematicamente dividere in difensiva, consistente nel
1
Cfr. Porfirio, Sullo Stige, a cura di C. Castelletti, Milano 2006, 40-41. L. Simonini (Porfirio, Lantro delle ninfe, a cura di L. Simonini, Milano 1986, 11) fa notare che lapproccio
allegorico era nato dalla consapevolezza di almeno un duplice livello di significazione del
testo: uno evidente e immediato, uno recondito e non da tutti decifrabile. Eraclito e i pitagorici hanno contribuito o posto le premesse per questo approccio al testo: per Eraclito, ad esempio, la natura ama nascondersi (22 B 93 DK), il signore di cui loracolo
in Delfi non dice, non nasconde, ma accenna (22 B 93 DK). Daltra parte, la ricerca di
un senso nascosto (hypnoia) ma reale e pi vero dei poemi omerici, lattenzione ai problemi del linguaggio e alletimologia sono eredit trasmesse dai primi pitagorici, e a Pitagora gli antichi attribuivano un linguaggio per simboli con finalit mistica di
nascondere ai profani il segreto di verit divine (Iamb., VP 41; 42).
2
Castelletti (Porfirio, Sullo Stige cit., 142-143) chiarisce che il vocabolo pi antico per
definire lespressione allegorica , ovvero il senso che soggiace, quello che si
ricava scavando nel testo. Platone e Senofonte parlano di alcuni personaggi loro contemporanei, abili a sondare i poemi omerici per ricavarne i significati nascosti. Nella lingua classica viene utilizzato per designare unallusione; dal I sec. a.C. cede il
posto ad un termine pi espressivo, . Strabone conosce, se non il sostantivo,
almeno il verbo ed il retore Eraclito (allincirca suo contemporaneo) fa largo uso della parola . Alla stessa epoca, il vocabolo appare anche nella filosofia ebraica, con i
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stino 8 e tra le figure pi significative del IV secolo d.C. Didimo Alessandrino, soprannominato il cieco a causa di una malattia agli occhi che lo
colpisce in tenera et 9.
Sebbene fosse nota la sua grande attivit di scrittore ed esegeta, tuttavia,
prima della scoperta dei papiri di Tura fatta nel 1941 10, di Didimo si conoscevano solo lopera De Spiritu Sancto e il De Trinitate; dopo il rinvenimento
del suddetto materiale papiraceo, sono tornate alla luce altre opere quali il
Commentario a Zaccaria e il Commentario allEcclesiaste, pervenute in modo
completo, e il Commentario a Giobbe, il Commentario ai Salmi, il Commentario a
Genesi, giunte in modo parziale 11.
Probabilmente moltissimi suoi scritti sono stati eliminati a causa della
condanna per origenismo 12: Didimo infatti, come il maestro origene, professa la fede nella preesistenza delle anime e nella dottrina dellapocatastasi 13. Tuttavia, grazie alle opere rimaste, si potuto risalire al metodo
8
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Simonetti (Lettera e allegoria cit., 352) specifica che non mancano infatti luoghi in cui
linterpretazione soltanto letterale. Va segnalata in questo senso buona parte dellepisodio di No, dove lintera sequenza di Gen. 6, 13-21 fatta oggetto soltanto di questo tipo
di interpretazione. Didimo riprende il concetto di interpretazione letterale presente
anche nellesegesi di origene secondo cui esso non n erroneo n ingannevole, ma va
superato a favore di un senso pi profondo, che quello spirituale. Cfr. Di Pasquale Barbanti, Origene di Alessandria cit., 87.
19
Pu succedere che Didimo presenti un accumulo di interpretazioni per un unico passo
biblico, conferendo ad esso sia unermeneutica narrativa, sia una spiegazione misticoreligiosa. Ad esempio commentando Jb 5, 15: il debole potrebbe sottrarsi alla mano del
potente, sostiene che il passo pu essere interpretato nel senso che Giobbe si augura
che un giorno il debole possa affrancarsi dal giogo del suo padrone, oppure nel senso che
Dio salva anche il debole dalla mano del potente (P. Tura 127, 24). Cfr. Simonetti, Lettera
e allegoria cit., 362. oppure laccumulo di interpretazioni pu riguardare due differenti spiegazioni allegoriche ma che possono riferirsi a due soggetti differenti: ad esempio in Ps
39, 3: mi hai tirato fuori dalla fossa dellinfelicit, il passo pu riferirsi sia ad ogni credente cristiano che vive sulla terra e grazie alla venuta di Cristo stato redento ad una
nuova vita, sia a Cristo stesso che risorto dopo la morte in croce (P. Tura, 282, 9 ss.). Cfr.
Simonetti, Lettera e allegoria cit., 368. Rimanendo sul Commentario ai Salmi, Simonetti (Lettera e allegoria cit., 371) rileva che quando il testo dei Salmi che commenta ha senso storico in riferimento alla storia dIsraele, Didimo non ha difficolt a sovrapporre due livelli
di lettura, uno letterale e uno allegorico, rilevati o no da terminologia specifica. Ma dato
che egli non ha reale interesse per la dimensione storica dei Salmi in riferimento alla storia ebraica, questo caso si d raramente, e quando manca questa base storica, il fondamento stesso dellesegesi didimiana a volte diventa incerto.
20
Cfr. orig., princ. 4, 3, 4-5. Ad esempio Didimo commentando il passo di Jb 1, 11:
manda la tua mano e tocca tutto ci chegli possiede, chiarisce il significato di toccare
rifacendosi al Ps 104, 15: non toccate i miei cristi e a za 2, 12: chi tocca voi come se
toccasse la pupilla del suo occhio, sostenendo che in questo punto il verbo assume il significato di affliggere. Cfr. Simonetti, Lettera e allegoria cit., 361.
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del testo, non avrebbe alcun senso o peggio avrebbe un significato assurdo
o contrario allintendimento dellAlessandrino 21. un altro ancora quello
dellofleia che consiste nella difesa da parte dellallegorista delle sue spiegazioni e delle sue interpretazioni che risulteranno utili (da qui il termine ofleia) al lettore colto e ben disposto ad accoglierle 22.
Dopo aver brevemente tracciato le varie forme di interpretazione utilizzate da Didimo e dopo aver segnalato i procedimenti da lui pi usati per
fornire la spiegazione allegorica del testo, necessario analizzare molto brevemente il significato di alcuni termini che spesso ricorrono nellesegesi dellAlessandrino.
uno dei vocaboli tecnici pi impiegati da Didimo il termine
che in generale indica il procedimento usato dallesegeta per dare al testo
della Scrittura uninterpretazione spirituale di impronta cristiana 23.
un altro termine che indica, come si gi detto, il procedimento con cui si supera il significato letterale del testo per guadagnare la
spiegazione spirituale. Ma mentre l viene usata normalmente per
fornire uninterpretazione adatta ad un testo sacro, l pu essere
estesa anche ad opere che non siano le Sacre Scritture 24.
21
Didimo commentando za 10, 8 sui santi i quali si moltiplicheranno in gran numero, spiega che il senso letterale assurdo in quanto i santi non possono moltiplicarsi;
qui il passo si riferisce alla moltiplicazione spirituale. oppure quando si parla di Gn 3,
21 dove si narra che Dio fa per Adamo ed Eva delle tuniche di pelle, Didimo sostiene
che il passo significa che le tuniche di pelle rappresentano il corpo fisico degli abitanti del
paradiso terrestre. Cfr. Simonetti, Lettera e allegoria cit., 350 e 354. Didimo secondo P.F.
Beatrice (Le tuniche di pelle: antiche letture di Gen. 3, 21, in La tradizione dellEnkrateia. Motivazioni ontologiche e protologiche. Atti del Colloquio Internazionale, Milano 20-23 aprile
1982, a cura di u. Bianchi, Roma 1985, 443-444) afferma che le tuniche di pelle non possono intendersi altrimenti che come i corpi, e specifica subito di seguito, i corpi con gli
attributi sessuali adatti alla generazione. Con ci Didimo respinge lopinione dei letteralisti i quali ritengono che le tuniche di pelle furono dei vestiti veri e propri confezionati da Dio; Adamo ed Eva erano infatti in grado di procurarsi da soli i vestiti, loro che
si erano gi fatte delle cinture con foglie di fico. E cita a riprova della bont della sua interpretazione allegorica il fatto che la Scrittura usa spesso chiamare pelle il corpo delluomo, come risulta ad esempio da Giobbe 19, 25-26 e Giobbe 10, 11. Luso stesso
dellidentico verbo enedysas nei contesti paralleli conduce in questa direzione.
22
Spesso il principio dellofleia viene sottolineato da Didimo sullutilit che si pu
trarre ad esempio della lettura del libro di Giobbe dove si evidenzia come in generale bisogna imparare a non trascurare i doveri di carit e di assistenza verso gli amici e i bisognosi quando i cambiamenti del destino possono portare a situazioni gravi e disperate.
Cfr. Simonetti, Lettera e allegoria cit., 362.
23
Cfr. Did., in Gen. 16 (P. Tura 234, 31). Tuttavia, durante la sua esegesi interpretativa,
lAlessandrino usa il termine anche per indicare unermeneutica di tipo moralistico, che dia cio al cristiano un valido esempio di comportamento corretto, mentre
altre volte la parola viene usata con lo stesso significato di un altro termine tecnico.
24
A volte, l viene usata da Didimo nello stesso significato dell.
Simonetti (Lettera e allegoria cit., 389 nota 151) precisa che in Didimo il rapporto tra allegoria e anagoge resta in complesso molto forte. In questi termini il concetto di anagoge ri-
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Inoltre tra i metodi utilizzati dallAlessandrino per lermeneusi allegorica, di fondamentale importanza quello consistente nella giustapposizione
dei termini e che assumono rispettivamente il significato di
modello e di fatto storico. ora, com noto, linterpretazione tipologica faceva
parte di una antica quanto solida tradizione cristiana in generale, e alessandrina in particolare, secondo la quale il fatto storico () contenuto nel
Vecchio Testamento doveva essere interpretato cristologicamente cio come se
gi allinterno dellantico Patto vi fosse la profezia dellavvento del Cristo
(). Ma mentre le profezie della Bibbia, secondo Giustino (dial. 114) potevano essere interpretate direttamente in modo cristologico senza sovrapporre questo metodo interpretativo al metodo letterale, origene (princ. 4, 2,
4) sostiene che per tutto il Vecchio Testamento c la possibilit di sovrapporre un livello letterale e un livello spirituale di lettura del testo, come fa
anche Didimo nelle sue opere 25.
Come si precedentemente accennato, Didimo vive in un periodo di
grandi tensioni che erano nate tra la scuola esegetica di Alessandria e i letteralisti 26 facenti parte della scuola di Antiochia, a cui si affiancavano anche
i neoplatonici che contestavano con forza il metodo allegorico alessandrino.
Didimo non manca di polemizzare proprio con i cristiani antiocheni, attaccando Apollinare e Diodoro, e non rinuncia a lanciare frecciate polemiche anche contro i neoplatonici i quali spesso accusano gli alessandrini di
utilizzare il metodo allegorico proprio per sfuggire alle assurdit contenute
nelle Sacre Scritture: tra questi il pi bersagliato Porfirio.
sulta pi esteso di quello di allegoria, in quanto nellinterpretazione della Sacra Scrittura
ogni allegoria ipso facto anche anagoge, mentre in qualche caso si pu dare anagoge senza
allegoria. Tuttavia in generale lAlessandrino preferisce luso del secondo termine rispetto al primo, per sottolineare il senso di elevazione, di innalzamento che bisogna trarre
dal passo biblico rispetto alla semplice lettura letterale del testo. Simonetti (Lettera e allegoria cit., 385) fa notare come, specialmente nel Commento allEcclesiaste, il rapporto fra
luso di anagoge e allegoria sia in modo nettissimo a favore del primo termine, ma la sfasatura va spiegata come conseguenza del fatto che mai come nel Commento allEcclesiaste
Didimo ha considerato ben distinti i significati dei due termini, in modo che la moderazione nelluso di procedimenti allegorizzanti non implicasse di necessit lo scadimento
dellinterpretazione a semplice livello letterale, ma le permettesse di conservarsi ad un
livello pi elevato.
25
La prassi teorizzata da origene viene successivamente modificata da Eusebio il
quale, pur con molte eccezioni, aveva utilizzato anchesso linterpretazione tipologica
leggendo cristologicamente le profezie di Isaia in modo immediato, come aveva sostenuto Giustino, ma senza la sovrapposizione del livello spirituale a quello letterale proprio per sfuggire alle critiche dei letteralisti. Cfr. Simonetti, Lettera e allegoria cit., 344-345.
26
I letteralisti vengono chiamati da Didimo oppure , ovviamente in tono dispregiativo. Sul significato di questi termini cfr. W. Bienert, Allegoria und
Anagoge bei Didymos dem Blindem von Alexandria (Patristiche Texte und Studien 13), Berlin 1972, 114 ss.
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Lintensa attivit esegetica di Porfirio aveva portato il filosofo neoplatonico ad occuparsi in modo approfondito dellallegoria che, come si visto
precedentemente, una caratteristica fondamentale della cultura greca. Probabilmente, nella stesura delle sue opere, egli si serve degli scritti di Numenio di Apamea, il quale per primo aveva abbracciato un tipo di
procedimento allegorico mirante allarmonizzazione sia degli scritti di Platone con quelli di Mos, sia delle credenze dei Magi, dei Giudei e degli Egizi
allinterno di una visione pitagorico-platonica. ora Porfirio sceglie elettivamente omero come il poeta ispirato, il quale ha nascosto allinterno dei suoi
scritti alcune verit che vanno lette in chiave allegorica e, facendo riferimento alla tradizione greca e alle culture e religioni presenti nel mondo romano della sua epoca, come Magi, Egiziani, Caldei, gnostici, ermetici,
mitraisti, Ebrei, cerca di rintracciare il cammino che porta alla comprensione
di queste verit nascoste 27. Degli scritti allegorici di Porfirio rimane lAntro
delle ninfe, giunto completo e lopera Sullo Stige, giunta in ampi frammenti,
allinterno dei quali Porfirio dimostra, grazie allinterpretazione allegorica,
come il poeta abbia nascosto nei versi delle sue opere i destini e le tribolazioni dellanima. I neoplatonici erano perfettamente consapevoli che tutto
ci che si trova nel mondo fenomenico deve essere letto in chiave allegorica
in quanto la realt materiale limmagine di unaltra dimensione, quella trascendente, che lunica vera realt. Porfirio sente lesigenza, forse con maggiore preoccupazione rispetto al suo maestro Plotino, di diffondere la
conoscenza di questi piani immateriali allinterno della ristretta schiera degli
iniziati. La giusta applicazione del metodo allegorico rivela dunque quelle
verit spirituali solo a pochi, escludendone di contro laccesso alla massa
degli ignoranti e dei non adepti 28.
Nei confronti del metodo allegorico usato dai cristiani Porfirio polemizza
con evidente ironia per varie ragioni; a suo avviso, infatti, la cultura cristiana
a differenza della cultura giudaica non ha una tradizione 29, e utilizza un
metodo, quello dellallegoria, che patrimonio solo della cultura greca.
Nel suo scritto Contro i Cristiani egli attacca in modo diretto il pi im27
Simonini (Porfirio, Lantro delle ninfe cit., 21) fa notare che in Porfirio si legge la fisionomia di un uomo e di un momento storico di una civilt che avverte malinconicamente di essere giunta al declino e si ripercorre nella sua secolare tradizione,
mostrandone la ricchezza e la continuit anche attraverso il confronto e laccordo con
forme di pensiero estranee alla pi pura grecit, gi evolutasi nellampia e poliedrica
koin culturale ellenistica. Ed pure un estremo tentativo di sintesi di un mondo pi
vasto, quello pagano, per riaffermare se stesso, i propri valori e la propria vitalit.
28
Cfr. Simonini, Lantro delle ninfe cit., 22-23.
29
Porfirio nel Contra Christianos accusa i fedeli di Cristo di non avere alcuna tradizione culturale e religiosa. Cfr. Porph., Chr. (ed. cit. 185-187).
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portante esponente della scuola allegorica alessandrina, cio il teologo origene 30, a cui contesta in modo particolare il procedimento metalettico 31. Inoltre attacca anche il metodo tipologico, precedentemente esaminato, utilizzato
nella scuola di Alessandria, secondo cui le profezie che si trovano allinterno
del Vecchio Testamento vanno lette in chiave cristologica 32, e infine si oppone alla lettura simbolica che i cristiani propongono della realt fenomenica 33.
30
Secondo la testimonianza di Eusebio (HE 6, 19, 3) Porfirio incontra in giovane et il
teologo alessandrino, diventa suo discepolo o uditore, conosce non solo la biblioteca del
teologo a Cesarea e i testi da lui usati nelle sue lezioni, ma apprende anche il metodo allegorico della tradizione cristiano-alessandrina. Cfr. J. Bidez, Vie de Porphyre, le philosophe
noplatonicien, Gent 1913, 11-12; G. Girgenti, Introduzione a Porfirio, Bari 1997, 11; Di Pasquale Barbanti, Origene di Alessandria cit., 33.
31
Secondo C. Perelli (Eusebio e la critica di Porfirio a Origene: lesegesi cristiana dellAntico Testamento come , Annali di Scienze Religiose 3 [1998], 257)
il procedimento metalettico indica una trasposizione impropria del significato, attraverso luso equivoco della sinonimia (condizione di intercambiabilit di parole in ogni
contesto dato, senza sostanziali variazioni di significato. N.d.R.), e non a caso un fraintendimento frequente nelle traduzioni: Porfirio amplia il significato del termine, fino a
fargli assumere il senso di trasposizione culturale e probabilmente per questo motivo
individua proprio in Cheremone e Cornuto i maestri di origene. Porfirio mina cos alla
base linterpretazione cristiana della Bibbia.
32
In un passo del Commentario allEcclesiaste 9, 10 (P. Tura 281, 2-9) lo stesso Didimo
che riporta la polemica di Porfirio sullallegoria tipologica dei cristiani paragonando le
figure di Achille ed Ettore con quelle di Cristo e del diavolo. Secondo A. Carlini (La polemica di Porfirio contro lesegesi tipologica dei cristiani, Studi Classici e orientali 46
[1996], 388) linterpretazione tipologica salta i tempi storici e, se considerata da questo
punto di vista, non pu che apparire una inaccettabile forzatura del significato del testo
e della volont espressiva dellautore. Porfirio vuol operare una riduzione allassurdo
del metodo dellesegesi biblica che gi era stato combattuto aspramente dal platonico
Celso: caratterizzando le figure dominanti dellIliade Achille ed Ettore come tipi di Cristo e del diavolo, opera consapevolmente, con chiaro intento polemico, una doppia forzatura, e sul piano storico e sul piano del genere letterario. Ho riportato in appendice
al mio Porfirio, Contro i Cristiani cit., 441-443, il brano di Didimo, con testo a fronte, traduzione e note, come possibile frammento appartenente al Contra Christianos. Invece, P.F.
Beatrice (Didyme laveugle et la tradition de lallegorie, in Origeniana sexta: Origene et la Bible.
Actes du Colloquium origenianum Sextum, Chantilly 30 aot-3 septembre 1993, edited
by G. Dorival-A. Le Boullec, Leuven 1995 [Bibliotheca Ephemeridium Theologicarum
Lovaniensium 118], 589 ss.) sostiene che la polemica di Porfirio contenuta nel passo del
commento di Didimo non indirizzata in generale contro lesegesi tipologica dei cristiani, ma verte in particolare sul metodo allegorico utilizzato da origene di Alessandria, col preciso scopo di metterlo in ridicolo.
33
In Porfirio lallegoria e il simbolo assumono, tra gli altri, anche la funzione di stimolo
dellintelligenza del lettore in quanto secondo Simonini (Porfirio, Lantro delle ninfe cit.,
24) in essi c sempre un margine di non detto, uno spazio per la personale interpretazione, per la propria intelligenza. E uno spazio per il mistero: la particolare fisionomia
allegorica e simbolica del testo offre e consente al lettore una ricezione differenziata del
messaggio che si articola a vari livelli di lettura e di interpretazione, in un processo nel
quale lallegoresi diventa sempre pi sottile e il senso sempre pi trasparente per il lettore
iniziato: in ultima analisi il commento vuole proprio proporre un tipo di lettura che sia
essa stessa un percorso iniziatico fino ad arrivare al centro, alla visione.
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Allinterno di questo registro polemico, Porfirio non si esime dallattaccare anche i dogmi cristiani come lonnipotenza di Dio o del cristiano che,
possedendo la fede, pu fare ogni cosa.
Il libro di Giobbe ha come argomento principale proprio la suddetta onnipotenza divina la quale viene messa alla prova dalla sfida che Satana lancia al Signore. oggetto della contesa Giobbe, servo fedele di Dio, il quale
deve subire le gravissime conseguenze di questa lotta: Giobbe viene risparmiato da Dio, ma lasciato in balia di Satana che gli infligger delle terribili prove da sopportare. Due forze cosmiche, il Bene e il Male, sono qui
in conflitto e, pur non essendo uguali per intensit, tuttavia sono interdipendenti tanto che Dio deve comunque accettare la sfida con Satana che,
pur avendo un esito scontato, porter il prediletto di Dio a subire delle sofferenze atroci. Giobbe, per sopportare questa contesa, ha dalla sua la
grande fede e la proverbiale pazienza: Jahweh ha dato, Jahweh ha tolto, sia
benedetto il nome del Signore 34, dice Giobbe, dimostrando non solo la sua
pazienza, come si detto prima, ma anche la sua lealt e la sua fermezza
danimo.
Didimo nellapprestarsi alla sua esegesi ha la possibilit, secondo il procedimento tipologico, di interpretare la figura di Giobbe o come il Cristo sofferente, oppure come il fedele che, sottoposto alle tentazioni, dimostra una
straordinaria fede, forza, pazienza e fermezza danimo. Didimo sceglie questa seconda interpretazione per cui si pu dire in generale che il Commentario a Giobbe verte su uninterpretazione psicologica con finalit morale e
parenetica: le tribolazioni della vita non devono assolutamente infiacchire il
credente, ma al contrario lo devono rafforzare nella fede in quanto le prove
che Dio manda educano il cristiano, come dimostra Giobbe.
Nel Commentario a Giobbe 10, 13 (P. Tura 280, 1-281, 13) 35 lAlessandrino
interpreta le parole di Giobbe: So che tu puoi tutto e nulla ti impossibile
( ) 36, al fine non solo di far
comprendere alluditorio il vero senso del passo biblico, ma anche per rispondere alla polemica dei letteralisti, in particolare di Porfirio. Il brano, presente nei papiri ritrovati a Tura nel 1941, viene considerato da Hagedorn e
Merkelback come un nuovo frammento proveniente dal Contra Christianos
e pubblicato nel 1966 37 dagli stessi autori.
34
Jb 1, 21.
Per la traduzione completa del frammento del Commentario a Giobbe 10, 13 cfr. Porfirio, Contro i Cristiani cit., 439-441 e note.
36
Jb 42, 2.
37
Cfr. D. Hagedorn-R. Merkelbach, Ein Neues Fragment aus Porphyrios Gegen die Christen, Vigiliae Christianae 20 (1966), 86-90 e Porfirio, Contro i Cristiani cit., 529 nota 51.
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se Dio buono per natura, non pu essere cattivo, se Dio la verit, non
pu essere la menzogna, quindi non pu mentire, non pu negare che gli avvenimenti passati siano accaduti e non pu nemmeno stravolgere le leggi
matematiche. Il concetto di onnipotenza dunque va contro il principio di
non-contraddizione 41. Gi nelluso del verbo si nota la risposta
polemica di Didimo allatteggiamento sprezzante ed ironico di Porfirio: il
neoplatonico infatti vuole fare risaltare non solo lirrazionalit del dogma
contenuto nella Bibbia, ma anche la mendacit del metodo esegetico usato
dai cristiani.
ora Didimo in questo frammento riporta letteralmente una obiezione contenuta probabilmente nel Contra Christianos di Porfirio, dove dice appunto
che se Dio pu tutto, secondo il filosofo neoplatonico, pu anche mentire
( [], ).
Riporta inoltre unaltra obiezione del filosofo neoplatonico, anchessa
tratta probabilmente dal Contro i Cristiani, la quale ha lo scopo di sottolineare la maggiore assurdit e illogicit del passo evangelico, in quanto lonnipotenza addirittura riferita ad un semplice uomo. Si tratta del passo
contenuto in Mt 17, 20 che doveva sembrare al neoplatonico ancora pi irritante ed assurdo: In verit vi dico: se avrete fede pari ad un granello di senapa, potrete dire a questo monte spostati da qui a l, ed esso si sposter, e
niente vi sar impossibile ( ,
, , ,
).
Secondo questo passo se un credente possiede la fede, pu fare tutto, cosicch il concetto di onnipotenza non riguarda solo Dio, ma viene esteso addirittura ad un essere imperfetto come luomo. Per Porfirio quindi, sempre
secondo il principio di non-contraddizione, anche il credente, potendo fare
tutto, pu fare indistintamente o un letto o un uomo. Appare evidente anche
in questo caso lironia sprezzante del neoplatonico il quale rilevando lirrazionalit e lassurdit dellesempio presente nel Vangelo di Matteo, conclude
che il fedele, quindi un uomo comune, grazie solo alla sua fede, se pu tutto,
pu costruire non solo un semplice oggetto materiale, ma addirittura un essere vivente. Avendo sottolineato lassurdit, lirrazionalit e lincongruenza
presente sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, Porfirio mette in luce in
modo ironicamente altezzoso la falsit delle Scritture che a suo avviso risultano piene di contraddizioni e di errori 42.
41
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Subito dopo Didimo affronta lobiezione porfiriana e riprendendo la spiegazione allegorica utilizzata per Dio passa dalla spiegazione anagogica a
quella psicologica: quando del Signore si dice che pu tutto vuol dire che egli
pu fare ci che compete alla sua natura; allo stesso modo quando si dice
che il credente pu tutto, si intende che il credente pu fare ci che compete
alla sua natura, cio alle possibilit del fedele. Per rendere la cosa pi chiara
alluditorio fa lesempio del medico e del nocchiero: quando si dice che il
dottore pu tutto non vuol dire che egli pu fare ogni cosa, ma che pu fare
tutto ci che compete allarte medica, quindi limitatamente alla medicina.
Stessa cosa dicasi per larte del nocchiero il quale non pu tutto in modo indiscriminato, ma pu fare tutto ci che compete allarte cibernetica, quindi
limitatamente alla capacit di governare la nave ( ,
, , ,
, ,
() [] [], ,
() () , ).
Da ci discende che lobiezione di Porfirio, anche se logicamente corretta,
diviene errata perch egli, interpretando alla lettera il passo biblico, non coglie in profondit il messaggio, comportandosi come un ignorante, o uno
dei simpliciores, come li definiva origene.
Tuttavia Didimo, consapevole della debolezza della sua duplice spiegazione, si appella alla fede che luditorio, ma in generale ogni fedele, deve
avere per comprendere la profondit del messaggio scritturale, e quindi invitando a non basarsi solo ed esclusivamente sulla lettera del testo (
).
Nellultima parte del frammento Didimo si avvale dellinterpretazione
della Scrittura per mezzo della Scrittura 43, secondo la quale un determinato
Cristo come il figlio di Dio sono infondate. Cfr. Aug., epist. 102, 28. Pi puntuali e precise
sono le incongruenze trovate da Porfirio allinterno del Nuovo Testamento: egli si accorge che la genealogia di Ges presentata dagli evangelisti Luca e Matteo difforme, deducendo per conseguenza che uno o entrambi i Vangeli mentono (cfr. Hier., comm. in
Dan. 1, 1, 1); oppure che vi sono delle incongruenze sulla nascita di Ges dove in Mt 2,
11 si legge che dopo la partenza dei Magi la sacra famiglia fugge in Egitto per rimanervi
fino alla morte di Erode, mentre secondo Lc 2, 39 dopo gli otto giorni richiesti per la circoncisione e dopo la presentazione di Ges al tempio Giuseppe, Maria e Ges tornano
a Nazareth. Cfr. Epiphan., haer. 51, 8.
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Cfr. nota 20. Questo metodo utilizzato allinterno della scuola di Alessandria, ricorda da vicino quello utilizzato dalla cultura greca secondo cui Omero si interpreta con
Omero ( ). Porfirio riprende questo procedimento interpretativo, utilizzato precedentemente da Aristarco, nelle sue Quaestiones Homericae (1, 1
[p. 1 Sodano]) sostenendo: Tentando io di dimostrare che, nella maggior parte dei casi,
omero sinterpreta da s stesso, mentre noi per listruzione ricevuta da fanciulli, andiamo escogitando per lo pi interpretazioni sottili, invece di considerare attentamente
quel che egli dice.
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GIuSEPPE MuSCoLINo
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di tutelare i dogmi cristiani dalle obiezioni del neoplatonico. Ed significativo che Didimo, scrittore del IV secolo, a quasi cento anni dalla morte del
filosofo, si scagli ancora in modo cos diretto contro il pericoloso avversario
della scuola catechetica, Porfirio, il quale a suo tempo aveva ridicolizzato
sia il metodo allegorico utilizzato da origene 45, sia il suo modo personale di
vivere, definito barbaro, e che era stato, e forse lo era ancora, uno dei pi
spietati oppositori del cristianesimo 46.
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