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INTERPRETARE PLATONE
SAGGI SUL PENSIERO ANTICO
A cura di Maria Luisa Gatti e Pia De Simone
VITA E PENSIERO
Temi metafisici e problemi del pensiero antico. Studi e testi
Collana fondata da Giovanni Reale
e diretta da Maria Luisa Gatti e Roberto Radice
146
Comitato di redazione
P. De Simone, M.L. Gatti, R. Radice
www.vitaepensiero.it
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Il cosiddetto “medioplatonismo”, vale a dire quella fase della storia del pla-
tonismo antico compresa tra il I secolo a.C., periodo in cui operarono figure
come Antioco di Ascalona ed Eudoro di Alessandria, e la composizione delle
Enneadi di Plotino nel III secolo d.C., non fu un indirizzo filosofico vero e
proprio1. Ciò non significa che i pensatori platonici attivi in questo periodo
non furono consapevoli degli elementi di novità che segnarono il distacco
dall’esegesi scettico-accademica di Platone, imperante durante il periodo el-
lenistico (da Arcesilao a Filone di Larissa). In alcuni di questi autori questa
consapevolezza prese la forma del ricorso, per autodefinirsi, all’appellativo
πλατωνικός contrapposto all’aggettivo ἀκαδημαϊκός, con il quale si indica-
vano i sostenitori dell’interpretazione scettica2. In generale, come è a tutti ben
noto, il medioplatonismo si caratterizzò per il ritorno a un’esegesi dogmatica
e sistematica di Platone, cioè per l’attribuzione al fondatore dell’Accademia
di una serie di dottrine positive – δόγματα appunto – nel campo della “fisi-
ca”, cioè dell’ontologia e della teologia, e poi dell’etica, della psicologia,
dell’antropologia, della demonologia e della cosmologia.
Il riconoscimento della comune tendenza a presentare la filosofia di Pla-
tone in forma dogmatica e sistematica3 non deve tuttavia oscurare l’esisten-
*
Questo saggio riproduce, con sostanziali modifiche, il testo di una relazione presentata al
colloquio internazionale Post-Hellenistic Theology tenutosi a Tübingen nel novembre 2017.
1
Sull’origine e la validità della categoria storiografica di “medioplatonismo” rinvio a
Ferrari 2018a, e soprattutto Catana 2013, passim; si veda anche Donini 1982, pp. 9-30.
2
Si veda in proposito Glucker 1978, pp. 206-225 e Bonazzi 2003, pp. 208-211. Ho di-
scusso questo ordine di problemi in Ferrari 2012, pp. 72-77.
3
Insieme all’opzione “sistematica” e “dogmatica”, gli autori medioplatonici condivisero
240 FRANCO FERRARI
un metodo, consistente nell’esegesi accurata dei dialoghi, tanto che questa fase della storia del
platonismo si caratterizza anche per l’impostazione marcatamente filologica che accomunò
questi autori: cfr. Donini 1994, passim, Ferrari 2012, pp. 77-88 e 2017, pp. 39-51.
4
Cfr. Ferrari 2017, pp. 36-39, con gli opportuni riferimenti alla letteratura critica.
5
Dörrie 1976b, p. 186. Sull’assenza nel I secolo a.C. di un platonismo unificato e sul
processo che ha portato a questa unificazione cfr. Donini 1994, pp. 5027-5035.
6
Sul dibattito antico relativo al significato della generazione dell’universo esposta nel
Timeo rimane insuperato lo studio di Baltes 1976.
IL BENE E IL DEMIURGO: IDENTITÀ O GERARCHIA? 241
nel suo celebre Ὑπόμνημα εἰς τὸν Τίμαιον, che giocò un ruolo decisivo nella
definitiva affermazione del paradigma didattico-didascalico ed eternalista7.
Un altro motivo di contrasto tra i filosofi medioplatonici fu rappresentato
dall’atteggiamento da assumere nei confronti della dottrina aristotelica delle
categorie, che alcuni integrarono all’interno del “sistema” platonico, mentre
altri, come Lucio e Nicostrato, criticarono aspramente.
Gli autori medioplatonici ebbero posizioni differenti anche intorno a una
serie di questioni di carattere metafisico, come ad esempio quella relativa alla
natura delle idee, alla loro collocazione ontologica e al rapporto con l’intellet-
to divino. Alcuni, come Alcinoo (Didasc. 164,27-31) e forse Attico (fr. 9,40
Des Places), sostennero la concezione secondo la quale le idee sono “pensieri
di Dio” (νοήματα τοῦ θεοῦ)8, mentre altri, come Plutarco, Apuleio e Nume-
nio, non sembrano avere aderito a questa celebre dottrina9. Non c’è dubbio,
però, che la divergenza più significativa nel campo della metafisica riguardò
la questione dell’esistenza o meno di una gerarchia all’interno del mondo in-
telligibile e in particolare l’ammissione di una divinità superiore al demiurgo.
Si tratta in realtà di un problema strettamente connesso all’esegesi della
metafisica di Platone e che può venire riassunto nel seguente interrogativo:
l’idea del Bene della Repubblica e il demiurgo del Timeo sono identici, op-
pure rappresentano due principi diversi, collocati in un ordine gerarchico che
prevede la subordinazione del demiurgo al Bene10?
In effetti, come scriveva Matthias Baltes all’inizio del suo commento alle
testimonianze antiche relative al rapporto tra l’idea del Bene e il demiurgo,
7
La figura di Tauro è oggetto del recente studio di Petrucci 2018, pp. 26-145, il quale,
tuttavia, non ritiene che l’esegesi eternalista propagandata da questo commentatore platonico
del II secolo possa considerarsi “metaforica”, dal momento che essa rappresenterebbe una
versione alternativa dal punto di vista degli esiti teorici rispetto a quella di Plutarco e Attico,
dei quali condividerebbe l’approccio letteralista.
8
Cfr. Dillon 2011 e soprattutto Michalewski 2014, pp. 69-96 e 2017, pp. 132-139.
9
Sull’assenza in Plutarco della concezione delle idee come pensieri di Dio rinvio a Fer-
rari 1996, pp. 128-134; per Apuleio cfr. Moreschini 2015, pp. 255-259.
10
Sulla questione del rapporto in Platone tra l’idea del Bene e il demiurgo mi permetto
di rinviare a Ferrari 2017/2018, con i rimandi bibliografici pertinenti.
242 FRANCO FERRARI
«Völlig unklar ist bei Platon das Verhältnis der Idee des Guten zum Demiur-
gen»11. Gli interpreti medioplatonici di Platone non fanno che confermare
questa oscurità. Tuttavia, a differenza della polemica relativa alla natura del-
la cosmogenesi, il dibattito intorno al rapporto (di identità o di subordinazio-
ne) tra il demiurgo e l’idea del Bene non fu condotto in maniera esplicita e
diretta, o almeno i documenti a nostra disposizione non sembrano riportare
le tracce di una vera e propria polemica tra i sostenitori della tesi dell’identità
tra idea del Bene e demiurgo e i partigiani della distinzione tra questi due
principi. Ciò non significa, però, che gli autori coinvolti in questo dibattito
non formularono argomenti, sia di carattere filosofico, sia di natura esegeti-
ca, finalizzati a supportare la loro posizione. In questa sede mi riprometto di
ricostruire a grandi linee i termini nei quali prese forma questo confronto.
Nel medioplatonismo si fronteggiarono dunque due tendenze: a) quel-
la che Baltes definì die konservative Richtung des mittleren Platonismus,12
espressa da Plutarco, Attico, Apuleio, Massimo di Tiro e altri ancora, assunse
l’identità tra il demiurgo e l’idea del Bene; ad essa si oppose b) l’orientamen-
to di autori come Alcinoo e Numenio (forse anticipati da Eudoro), i quali
distinsero i due principi, collocando il Bene al vertice della gerarchia metafi-
sica e attribuendo al demiurgo un ruolo di carattere cosmologico13.
Prima di entrare in medias res, esaminando alcuni degli argomenti portati
in favore dell’una e dell’altra posizione, è necessario fare una premessa di
ordine generale, consistente nel richiamo alla circostanza che tutti gli autori
medioplatonici sembrano accomunati dalla tendenza a operare una sorta di
teologizzazione dell’ontologia, ossia a decretare il primato nella gerarchia
dell’essere a entità divine. Ciò significa che le realtà che occupano il vertice
della scansione ontologica non sono più, come accadeva in Platone, le idee,
bensì uno o più dèi, talora espressamente identificati con il Bene e il demiur-
go dei dialoghi platonici. La metafisica medioplatonica comporta una sorta
di communicatio idiomatum, ossia il trasferimento dei caratteri dell’essere a
una o più divinità.
Un caso emblematico di questa tendenza si trova nel De E apud Delphos
di Plutarco, un dialogo che mette in scena un’indagine a più voci finaliz-
13
Una ricostruzione accurata delle diverse posizioni si trova in Opsomer 2005; si veda
anche Ferrari 2015.
IL BENE E IL DEMIURGO: IDENTITÀ O GERARCHIA? 243
14
Sulla struttura, il contenuto e le finalità di questo dialogo cfr. Ferrari 2010, passim.
15
Sul platonismo di Ammonio in questa celebre sezione del De E è fondamentale Opso-
mer 2009, pp. 155-161. Si veda anche il commento di Baltes 2008, pp. 588-591.
16
De Iside, 372 E-F, 373 E-F, 382 C-E, An. pr. 1015 B-C (= Baust. 114.1 Dörrie-Baltes),
e soprattutto De sera, 550 D; cfr. anche Def. orac. 435 E-436 E (= Baust. 112 Dörrie-Baltes),
dove si assiste a una sorta di “compressione” delle cause razionali (agente, modello e fine).
In generale sulla metafisica di Plutarco si veda Zambon 2002, pp. 112-127, Ferrari 2005, pp.
14-18, e Opsomer 2005, pp. 87-96.
17
Sulla teologia di Apuleio cfr. Moreschini 2015, pp. 219-249.
244 FRANCO FERRARI
trova una formulazione inequivoca in Attico, ossia nel platonico che ha so-
stenuto con maggiore veemenza l’opportunità di assumere un’interpretazio-
ne letterale del testo dei dialoghi. Proclo ci informa sia della identità stabilita
da Attico tra queste due entità, sia delle aporie alle quali essa dà luogo:
<Ἀττικὸς> δέ, ὁ τούτου διδάσκαλος, αὐτόθεν τὸν δημιουργὸν εἰς ταὐτὸν
ἄγει τἀγαθῷ, καίτοι ἀγαθὸς μὲν καλεῖται παρὰ τῷ Πλάτωνι, τἀγαθὸν δὲ οὔ,
καὶ νοῦς προσαγορεύεται, τἀγαθὸν δὲ αἴτιον ἁπάσης οὐσίας καὶ ἐπέκεινα
τοῦ ὄντος ἐστίν, ὡς ἐν <Πολιτείᾳ> μεμαθήκαμεν. τί δ’ ἂν εἴποι καὶ περὶ
τοῦ παραδείγματος; ἢ γὰρ πρὸ τοῦ δημιουργοῦ ἐστι, καὶ ἔσται τι τἀγαθοῦ
πρεσβύτερον, ἢ ἐν τῷ δημιουργῷ, καὶ ἔσται πολλὰ τὸ πρῶτον, ἢ μετὰ τὸν
δημιουργόν, καὶ τἀγαθόν, ὃ μηδὲ θέμις εἰπεῖν, εἰς τὰ μετ’ αὐτὸ ἐπιστραφήσεται
κἀκεῖνα νοήσει.
Proclo non nasconde il suo giudizio molto polemico nei confronti della tesi
di Attico, spiegando le ragioni per le quali essa risulta insostenibile, sia per-
ché poco rispettosa dei testi platonici, sia perché filosoficamente inaccettabi-
le. Egli non indica, invece, gli argomenti che Attico avrebbe portato in favore
dell’identità tra Bene e demiurgo. Si può, però, tentare di ricostruire a grandi
linee, e in via inevitabilmente congetturale e ipotetica, il ragionamento di
Attico. Egli avrebbe potuto argomentare pressappoco in questi termini: dal
momento che nel VI libro della Repubblica l’idea del Bene viene collocata
al vertice del mondo intelligibile e viene considerata come il principio delle
idee, che nel VII libro essa viene definita esplicitamente come τὸ ἄριστον ἐν
τοῖς οὖσι (532c6-7), ossia il migliore degli enti, e dal momento che nel Timeo
18
Su questa celebre testimonianza cfr. Baltes 1998, pp. 269-70, Opsomer 2005, pp. 73-
79 e Michalewski 2014, pp. 48-50.
IL BENE E IL DEMIURGO: IDENTITÀ O GERARCHIA? 245
si dice che il Dio, cioè il demiurgo, rappresenta τῶν νοητῶν ἀεί τε ὄντων
τὸ ἄριστον (37a1), cioè il migliore degli enti intelligibili eterni, sembra – o
quantomeno sembrò ad Attico – del tutto naturale identificare queste due
entità. Il Bene è il principio e la causa delle idee, e per questo è il migliore tra
gli intelligibili, mentre il demiurgo, secondo il Timeo, rappresenta il migliore
tra gli enti intelligibili eterni: dunque il Bene e il demiurgo sono identici.
Le obiezioni che Proclo indirizza contro la tesi dell’identità tra Bene e
demiurgo appaiono, almeno a prima vista, ragionevoli, se non altro dal suo
punto di vista esegetico, e mettono in luce le aporie che un simile punto di
vista sembra comportare. In effetti la posizione di Attico, oltre a non apprez-
zare adeguatamente la distinzione tra l’aggettivo maschile ἀγαθός, riferito al
demiurgo, e il neutro sostantivato αὐτὸ τὸ ἀγαθόν, non è in grado di fornire
una collocazione adeguata al modello intelligibile, ossia al mondo delle idee,
come emerge dal ragionamento di Proclo: se a) esso precede il demiurgo,
identico all’idea del Bene, si deve concludere che precede anche il Bene,
che invece dovrebbe costituire il principio delle idee e dell’intera realtà; se,
invece, b) il paradigma si trova nel demiurgo, allora il principio, ossia il
Bene, dovrebbe risultare molteplice; se, infine, c) il modello è inferiore al
demiurgo-Bene, allora quest’ultimo dovrebbe rivolgersi a qualcosa di infe-
riore. Come si vede, l’ipotesi dell’identità tra Bene e demiurgo appare incon-
sistente rispetto ad alcuni teoremi fondamentali della metafisica di Platone e
va dunque respinta19.
Forse proprio allo scopo di ovviare a simili difficoltà, autori come Alci-
noo e Numenio respinsero la tesi dell’identità tra idea del Bene e demiurgo
e assegnarono al Bene una collocazione superiore, relegando il demiurgo al
ruolo di “secondo Dio”.
19
È possibile che Attico, pur senza identificare il mondo intelligibile con il Bene-demiur-
go, abbia stabilito una stretta connessione tra queste entità, concepite come due aspetti di un
medesimo atto; si veda, a proposito di questa ipotesi, Michalewski 2017, pp. 132-139.
246 FRANCO FERRARI
natura logica. Si tratta di un testo molto celebre che merita di venire riportato
integralmente:
Ἐπεὶ δὲ ψυχῆς νοῦς ἀμείνων, νοῦ δὲ τοῦ ἐν δυνάμει ὁ κατ᾽ ἐνέργειαν πάντα
νοῶν καὶ ἅμα καὶ ἀεί, τούτου δὲ καλλίων ὁ αἴτιος τούτου [καὶ ὅπερ ἂν ἔτι
ἀνωτέρω τούτων ὑφέστηκεν], οὗτος ἂν εἴη ὁ πρῶτος θεός, αἴτιος ὑπάρχων
τοῦ ἀεὶ ἐνεργεῖν τῷ νῷ τοῦ σύμπαντος οὐρανοῦ. Ἐνεργεῖ δὲ ἀκίνητος, αὐτὸς
ὢν εἰς τοῦτον, ὡς καὶ ὁ ἥλιος εἰς τὴν ὅρασιν, ὅταν αὐτῷ προσβλέπῃ, καὶ ὡς
τὸ ὀρεκτὸν κινεῖ τὴν ὄρεξιν ἀκίνητον ὑπάρχον· οὕτω γε δὴ καὶ οὗτος ὁ νοῦς
κινήσει τὸν νοῦν τοῦ σύμπαντος οὐρανοῦ.
20
Su questa celebre sequenza si veda Baltes 2008, pp. 323-329, al quale si deve la pro-
posta, ampiamente condivisibile, di espungere le parole collocate tra parentesi quadre, dovute
probabilmente a un filosofo neoplatonico, desideroso di attribuire ad Alcinoo l’ammissione di
un principio superiore all’intelletto metacosmico (p. 324).
IL BENE E IL DEMIURGO: IDENTITÀ O GERARCHIA? 247
21
Sui caratteri del primo Dio di Alcinoo si veda Dillon 1996, pp. 281-284 e soprattutto
Opsomer 2005, pp. 79-83. Sulla distinzione in Alcinoo tra un Dio trascendente e uno cosmi-
co-demiurgico si veda Alt 1993, pp. 14-27 e Donini 2011, passim.
22
Sulla strategia per mezzo della quale Numenio circoscrive l’essere alla sfera incorpo-
rea e intelligibile cfr. Frede 1987, pp. 1050-1054, Burnyeat 2005, pp. 152-159 e Karamanolis
2006, pp. 139 sgg.
248 FRANCO FERRARI
Poiché Platone sapeva che presso gli uomini solo il demiurgo è conosciuto,
mentre il primo intelletto, che viene chiamato “essere in sé”, risulta presso di
loro completamente sconosciuto, per questo si è espresso come uno che af-
fermi: “Uomini, quell’intelletto che voi congetturate non è il primo, ma esiste
un altro intelletto, prima di questo, più anziano e più divino” (Numen. fr. 17
Des Places = Baust. 189.4 Dörrie-Baltes)23.
Per Numenio la natura del primo intelletto è tale da renderne difficile la stes-
sa conoscenza, sebbene la qualifica di παντάπασιν ἀγνοούμενος qui evocata
non sia probabilmente da assumere in senso assoluto, bensì in riferimento
alla maggioranza degli uomini, poiché, trattandosi pur sempre di un intellet-
to, esso non può sottrarsi del tutto a una forma intellettuale di apprensione.
L’utilizzo del comparativo πρεσβύτερος, accanto a θειότερος, rimanda alla
trattazione contenuta nel VI libro della Repubblica, dove la superiorità del
Bene nei confronti dell’essere viene caratterizzata sulla base della πρεσβεία
e della δύναμις, ossia della primarietà e della capacità generante.
È noto come una posizione molto simile a quella di Numenio si ritrovi
in un testo misterioso risalente al II secolo d.C., e spesso affiancato alle te-
stimonianze numeniane. Si tratta della raccolta degli Oracoli Caldaici, un
documento contenente presunte rivelazioni divine (θεοπαράδοτα), destina-
to ad assumere una rilevanza eccezionale nel platonismo almeno a partire
da Giamblico24. Il frammento 7 della raccolta oracolare presenta consistenti
analogie con il testo di Numenio sopra riportato, poiché anch’esso stabilisce
23
Cfr. il commento di Baltes 2008, pp. 361 sgg.; si veda anche Zambon 2002, pp. 222-
224 e Bonazzi 2017/2018, pp. 129-130.
24
Per una presentazione del contesto di produzione e del contenuto filosofico degli Ora-
coli Caldaici cfr. Zambon 2002, pp. 250-294, Seng 2016 e Ferrari 2018b, con le opportune
segnalazioni bibliografiche.
IL BENE E IL DEMIURGO: IDENTITÀ O GERARCHIA? 249
una chiara distinzione tra il Dio supremo, qui chiamato “padre” o “intelletto
paterno” (νοῦς πατρικός), e il demiurgo del cosmo, al quale il padre affida la
generazione e la guida dell’universo:
25
Su questo celebre oracolo e in generale sulla teologia caldaica cfr. Baltes 2008, pp.
484-492.
250 FRANCO FERRARI
ne ad esso di una totale inattività sul piano cosmico: «il primo Dio resta
inoperoso in tutte le attività ed è re, mentre il dio demiurgico esercita la
guida, muovendosi per l’universo» (fr. 12,13-14: τὸν μὲν πρῶτον θεὸν ἀργὸν
εἶναι ἔργων συμπάντων καὶ βασιλέα, τὸν δημιουργικὸν δὲ θεὸν ἡγεμονεῖν δι’
οὐρανοῦ ἰόντα). Questo non significa, tuttavia, che il primo Dio, ossia l’idea
del Bene, sia completamente immobile. In effetti gli appartiene, secondo
Numenio, un movimento connaturato al proprio essere, cioè un movimento
interno alla sfera intelligibile, che è irriducibile al movimento spaziale tipi-
co del dominio fenomenico. Numenio sembra riconoscere la natura per certi
aspetti sorprendente, se non proprio paradossale, di una simile concezione.
In effetti, dopo avere dichiarato che il primo Dio si trova negli intelligibili,
mentre il secondo tanto negli intelligibili quanto nei sensibili, invita il suo
interlocutore a non sorprendersi di fronte a una simile concezione, dal mo-
mento che ancora più sorprendente si rivela il rapporto del primo Dio con il
movimento:
πολὺ γὰρ ἔτι θαυμαστότερον ἀκούσῃ. Ἀντὶ γὰρ τῆς προσούσης τῷ δευτέρῳ
κινήσεως τὴν προσοῦσαν τῷ πρώτῳ στάσιν φημὶ εἶναι κίνησιν σύμφυτον,
ἀφ᾽ ἧς ἥ τε τάξις τοῦ κόσμου καὶ ἡ μονὴ ἡ ἀΐδιος καὶ ἡ σωτηρία ἀναχεῖται
εἰς τὰ ὅλα.
26
Ragionevole mi pare dunque il suggerimento di Dillon 1996, p. 369. Si veda anche
Baltes 2008, p. 473 sgg., il quale osserva che «ist diese Unbewegtheit keine tote Ruhe, son-
dern eine dem Ersten Gott eigentümliche Bewegung».
IL BENE E IL DEMIURGO: IDENTITÀ O GERARCHIA? 251
27
Su questo frammento si veda il commento di Baltes 1998, pp. 265-269. Utili osserva-
zioni si trovano anche in Vorwerk 2010, p. 91.
252 FRANCO FERRARI
Tutti gli autori di questo periodo erano convinti che la loro posizione filoso-
fica rispecchiasse una corretta interpretazione delle affermazioni di Platone
28
Si cfr., ad esempio, Müller 2012, pp. 126-132 e Bonazzi 2017/2018, pp. 131-136.
29
Si veda la discussione in Frede 1987, pp. 1062-1063. Di questo ordine di problemi si
è occupata anche Fabienne Jourdan in un ponderoso lavoro ancora inedito dedicato alla rac-
colta, al commento sistematico e all’interpretazione di tutti i documenti relativi a Numenio.
30
La celebre formula ἐποχούμενον ἐπὶ τῇ οὐσίᾳ (fr. 2,16) riferita alla collocazione del
Bene non comporta trascendenza ontologica, ma una forma di superiorità accompagnata da
contatto. Si veda in proposito Jourdan 2017/2018, p. 161 sgg., che traduce monté sur l’essen-
ce. Che la relazione causale tra il primo intelletto e le idee non comporti una vera e propria
separazione viene precisato anche da Vorwerk 2010, p. 90.
IL BENE E IL DEMIURGO: IDENTITÀ O GERARCHIA? 253
31
Cfr. in proposito Whittaker 1983.
32
Cfr. Vorwerk 2010, pp. 87-88.
254 FRANCO FERRARI
Νουμήνιος μὲν γὰρ τρεῖς ἀνυμνήσας θεοὺς πατέρα μὲν καλεῖ τὸν πρῶτον,
ποιητὴν δὲ τὸν δεύτερον, ποίημα δὲ τὸν τρίτον· ὁ γὰρ κόσμος κατ᾽ αὐτὸν ὁ
τρίτος ἐστὶ θεός· ὥστε ὁ κατ᾽ αὐτὸν δημιουργὸς διττός, ὅ τε πρῶτος θεὸς καὶ
ὁ δεύτερος, τὸ δὲ δημιουργούμενον ὁ τρίτος.
Recependo una “trascrizione” del testo che doveva essere ai suoi tempi mol-
to diffusa (attestata anche in Plutarco), Numenio inverte implicitamente l’or-
dine dei due appellativi e legge il passo del Timeo come se Platone avesse
scritto πατέρα καὶ ποιητήν, invece di ποιητὴν καὶ πατέρα. Egli può affermare
che il demiurgo è doppio perché, come ha mostrato nel frammento 16, anche
il primo Dio, vale a dire il Bene in sé, è demiurgo, non della generazione,
cioè del cosmo, bensì dell’essere, ossia del mondo delle idee.
Non è qui possibile affrontare la vexatissima quaestio relativa all’attri-
buzione a Numenio di una teologia tripartita. In effetti, una simile Dreigöt-
terlehre gli viene assegnata solo da Proclo (cfr. anche il fr. 22), mentre nei
frammenti che contengono le parole di Numenio si parla solo di due dèi, il
secondo dei quali sarebbe “doppio” (fr. 11,13-14)34. In ogni caso, l’assegna-
zione al cosmo della qualifica di “terzo Dio” non può sorprendere un lettore
33
Su questa testimonianza si veda Zambon 2002, pp. 223 sgg., Baltes 2008, pp. 474-477,
Vorwerk 2010, pp. 88-93 e Ferrari 2014, pp. 61-65.
34
Su tutta la questione rinvio a Frede 1987, pp. 1057-1061 e Müller 2010, passim.
IL BENE E IL DEMIURGO: IDENTITÀ O GERARCHIA? 255
del Timeo, perché in alcuni passi del dialogo si dice che il cosmo è un θεός, e
in particolare un θεὸς αἰσθητός, ossia un Dio sensibile (cfr. per es. Tim. 92c).
In ogni caso un interprete orientato a leggere in senso gerarchico la meta-
fisica del platonismo, come in effetti era Numenio, poteva trovare nei due
appellativi del Timeo, soprattutto una volta invertitone l’ordine, un eccellente
sostegno in favore di una simile esegesi.
L’interpretazione gerarchica della teologia di Platone proposta da Nume-
nio, cioè la separazione del demiurgo dall’idea del Bene e la sua subordi-
nazione ad esso, sembra adattarsi al testo del Timeo. È tuttavia interessante
osservare che un rappresentante della konservative Richtung des mittleren
Platonismus riuscì a fornire un’interpretazione delle parole platoniche ra-
dicalmente diversa da quella di Numenio, trovando in esse un argomento in
favore dell’ammissione di un solo Dio, che è contemporaneamente padre e
artefice.
Come anticipato, Plutarco dedicò una delle Platonicae quaestiones al si-
gnificato della celebre affermazione contenuta nel Timeo. Dopo avere sugge-
rito una soluzione nella quale viene enfatizzata la natura vivente del cosmo,
giustificando in questo modo il ricorso dell’appellativo di “padre”, Plutarco
si chiede se non sia possibile articolare meglio una simile risposta, e lo fa
tentando di precisare in che senso Dio è sia artefice sia padre dell’universo:
Non è qui possibile analizzare nel dettaglio i singoli aspetti della soluzione
proposta da Plutarco. Si possono tuttavia fare alcune considerazioni che con-
sentono di apprezzarne l’originalità e la profondità teorica. A differenza di
Numenio, che aveva riferito i due appellativi platonici a due entità diverse,
cioè al primo e al secondo Dio, Plutarco li attribuisce alla medesima divi-
nità, che è sia padre sia artefice. Non si tratta tuttavia di una soluzione che
rinuncia a fornire una spiegazione accurata delle parole platoniche. In effetti,
secondo Plutarco, i due appellativi non sono affatto indistinti, ma indicano
due funzioni differenti, cioè due attività svolte dalla stessa divinità, la quale
è artefice demiurgico del corpo del mondo, e padre dell’anima del mondo.
Plutarco cerca di spiegare il ricorso da parte di Platone ai due appellativi
senza rinviare all’ipotesi che essi si riferiscano a due entità diverse, alla ma-
niera di Numenio, ma richiamando l’attenzione sulle differenti entità sulle
quali si esercita l’azione di Dio. Egli parte dalla constatazione che il cosmo è
costituito di due componenti, vale a dire il corpo e l’anima. Dio è ποιητής del
corpo del mondo, in quanto ordina la materia preesistente ricorrendo a prin-
cipi di natura matematica. Ma è anche πατήρ dell’anima cosmica, in quanto
trasmette al sostrato psichico precosmico una parte di se stesso. Ciò significa
che l’anima cosmica è costituita anche a partire dalla οὐσία divina: si tratta
probabilmente della οὐσία ἀμέριστος (o ἀμερής) che entra nella composi-
zione dell’anima del mondo, secondo l’esegesi che Plutarco (nel De animae
procreatione in Timaeo) fornisce del passo 35a1 sgg. del Timeo. Da questo
punto di vista, si può affermare che Dio non ha solo ordinato l’anima del
mondo, ma l’ha anche generata, in quanto ha trasmesso ad essa una parte
di sé.
A proposito di quest’ultimo punto, vale la pena spendere due parole sul
ricorso da parte di Plutarco alla cosiddetta Theilersche Reihe, ossia alla de-
scrizione metonimica e preposizionale della causalità esercitata da Dio36.
Plutarco sostiene che l’anima non è solo il prodotto (ἔργον) dell’attività de-
miurgica di Dio, effettuata per mezzo dell’ordinamento matematico della
sostanza psichica, ma deriva biologicamente da Dio (ἀπ’ αὐτοῦ) e dunque è
35
Cfr. Baltes 2008, pp. 577-580, Vorwerk 2010, pp. 85-87 e Ferrari 2014, pp. 65-68.
36
Cfr. Dörrie 1976a, passim.
IL BENE E IL DEMIURGO: IDENTITÀ O GERARCHIA? 257
costituita di esso (ἐξ αὐτοῦ). Questo dovrebbe significare che Dio è contem-
poraneamente causa efficiente (ὑπ’ αὐτοῦ)37, origine (ἀπ’ αὐτοῦ) e in qualche
misura anche causa materiale (ἐξ αὐτοῦ) dell’anima del mondo.
Non si può negare che la soluzione escogitata da Plutarco sia brillante dal
punto di vista filosofico ed elegante dal punto di vista esegetico. Egli riesce
a fornire una spiegazione sensata del passo platonico, senza ricorrere alla
gerarchizzazione della sfera divina che sarà adottata qualche decennio dopo
da Numenio.
5. Qualche conclusione
37
L’assegnazione a Dio anche della funzione di causa efficiente dell’anima del mondo
richiede di inserire, almeno nella resa italiana, un secondo μόνον, ricavato, in base a un prin-
cipio di simmetria, da quello presente nella sezione di testo immediatamente precedente.
258 FRANCO FERRARI
τοῦ θεοῦ καὶ τῇ τοῦ ἀγαθοῦ δυνάμει)38. In questo resoconto della teoria dei
principi del Timeo le idee sono assenti, assorbite presumibilmente dal Dio e
dal Bene. Già a questo stadio della ricezione del pensiero platonico è attiva
quella tendenza a unificare le cause razionali, assegnando la priorità al Dio,
che dovrebbe assumere in sé anche la funzione delle idee. Nel corso della
storia del platonismo antico il primato di Dio sulle idee assumerà, come è
noto, differenti forme, che vanno dalla celebre concezione delle idee come
“pensieri di Dio”, alla attribuzione alle idee del ruolo di semplici “concause”
della generazione del mondo (per esempio in Attico).
All’interno di questo quadro, i filosofi medioplatonici svilupparono po-
sizioni autonome e tra loro anche conflittuali. Sebbene le nostre fonti non
attestino l’esistenza di una vera e propria polemica, simile a quella che ri-
guardò la questione della generazione del mondo, non c’è dubbio che il tema
dell’ammissione di un solo Dio, demiurgo del cosmo e identico al Bene, o di
una gerarchia di divinità, con al vertice un primo Dio affrancato da ogni fun-
zione demiurgico-cosmologica, fu uno dei principali motivi di controversia
nel corso di questa delicata fase della storia del platonismo. La posizione ge-
rarchizzante, inizialmente minoritaria, prese lentamente il sopravvento, fino
a rappresentare uno dei fattori destinati ad aprire le porte al neoplatonismo.
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RICHARD HUNTER
Alcibiades the laughter-maker 83
MAURIZIO MIGLIORI
Un approccio multifocale alla metafisica di Platone 101
ROBERTO RADICE
Senza il Demiurgo niente sarebbe conoscibile del mondo naturale.
Riflessioni sul concetto di creazione 129
FRANCO TRABATTONI
La partecipazione nel Parmenide 151
CHRISTIAN VASSALLO
Paradossi (pre)platonici della speranza nel Fedone: fisica,
conoscenza, escatologia 167
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IL PLATONISMO
PIA DE SIMONE
“Gli uomini buoni sono amici degli dèi”. Il rapporto tra eudaimonia
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FRANCO FERRARI
Il Bene e il demiurgo: identità o gerarchia? Il conflitto delle
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FEDERICO M. PETRUCCI
Un dio non artigiano? Apuleio e la divulgazione di una teologia
medioplatonica 263