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PARMENIDE «ANTIPLATONICO». RIFLESSIONI SUL PARMENIDE D1 PLATONE FRANCO FERRARI L pitt recente monografia dedicata all'influenza di Parmenide sulla filosofia. ‘diPlatone si apre con la seguente dichiarazione: «Parmenides is, after So- crates, the philosopher who exercised the greatest influence on Plato's thought.’ Si tratta di un’affermazione apparentemente incontrovertibile, sia perché a Parmenide e al suo pensiero Platone ha dedicato addirittura due dia- Joghi (il Parmenide e il Sofista),? sia perché numerose concezionifilosofiche pla- toniche, contenute soprattutto nei cosidderti ‘“dialoghi di mezzo’, sembrano risentire in maniera significativa dell influenza di Parmenide (ad esempio lepi- stemologia presentata in Resp. v 476€6-480a13,” 0 Yelenco dei caratteri logico- ‘ontologici del bello in s¢ in Symp. 2101-21247 € delle idee in Phaed. 78c1-79d7). ‘Tuttavia, se si esaminano in modo approfondito le riflessioni che Platone dedica a Parmenide, ci si rende immediatamente conto che, al di ld delle di- chiarazioni di ammirazione per un pensiero percepito come maestoso e au- rorale, quasi mai egli manifesta un esplicito consenso per questa o quella dat- trina di Parmenide. Anzi, egli sembra prendere sistematicamente le distanze dalle posizioni di Parmenide, che vengono giudicate come ingemue (addirit- tura fanciullesche) e poco fondate dal punto di vista filosofico, e per questa ragione finiscono per venire relegate nel novero dei miti (celebre l'esempio di Soph. 242ca-d6).* A differenza di Socrate e dei Pitagorici, che Platone non silimica a lodare ma dai quali eredica alcune importanti concezioni filosofi- che (sia sul piano del metodo sia su quello del contenuto), Parmenide viene sspesso evocato al solo scopo di onorarne il prestigio, per poi essere in un mo- do o in un altro immancabilmente confutato. JA, Patan, Matos Reception of Parmenides, Oxford 1999, p.3 * Aiqual si potrebbero aggiungere il Poiitic (che ha come protagonista ancora lo Straniero di Blea) il Teetta. Sui cosiddet ‘dialoghi cleatc’ di Platone cf K. Darren, Forms and Goed in Plato's Bleatic Dialogues, Berkeley-Los Angeles 1994 Si veda in proposita [. CxrsTat, Parmeidean Allusions in Republic’ v, «Ancient Philosophy 6, 1998, PP. 354355 “ Sull'asimilazione delf ontologta eleatica in generale presocratica) alle fale raccontate ai fanciull si veda K. MORGAN, Myth and Philosophy from the Presoeratis to Plato, Cambridge 2000, rp. 230352. ARIVISTA DI CULTURA CLASSICA B MEDIORVALB> * 2° 2009 316 FRANCO FERRARI Per questa ragione mi sembra del tutto improbabile che Platone abbia affi- dato a Parmenide, nel dialogo omonimo, il ruolo di portavoce di una radica- le autocritica della dottrina delle idee, ed eventualmente il compito di rifon- dare (nella seconda parte del dialogo) questa dottrina, o addiritrura quello di esporre 'attuazione della dialettica, concepita non come sapere oggettivo in- toro alle idee (know-that), ma come capacita di servirsi in atto delle stesse (know-how). In verita, il modo in cui Platone descrive limpostazione filosofica di Par- menide, sia quando gli attribuisce la confutazione della concezione delle idee esposta da Socrate sia quando lo incatica di mettere in pratica lesercizio dia- lettico (ryuvacla) contenuto nella seconda parte del dialogo, dimostra in mo- do ineguivocabile come egli assegni al filosofo di Elea un‘attitudine teorica del tutto estranea alla propria impostazione, e questo allo scopo di mettere in luce le conseguenza alle quali conduce 'assunzione di un atteggiamento errato intorno alla natura delle idee In altre parole, Platone intende mettere in guardia il lettore del Parmenide da un‘errata interpretazione della teoria delle idee (diffusa probabilmente an- che tra i suoi allievi e seguaci), ¢ per ottenere questo scopo si serve del per- sonaggio di Parmenide, al quale attribuisce un’attitudine filosofica estranea allo spirito della concezione delle idee e in generale al pensiero platonico.* Ma in che cosa consiste l'errore di Parmenide? Per quale ragione il modo in cui egli concepisce le idee @ sbagliato? La risposta a questi interrogativi sembra abbastanza facile una volta che si sano esaminate senza pregiudizi le obiezioni alla teoria delle idee contemute nella prima parte del Parmenide, e si sia collocato nella prospettiva corretta I’eflettivo andamento della yuvacta ‘che occupa la seconcia parte del dialogo. Parmenide tratta le idee come se fos- " Per Vpotesi che Ia prima parte del Parmenide contenga l'autocritica di Platone eft: Tepocale anticala iG. Viastos, The Third Man Argument in the 'Parmenies' ora in R. B. Allen (ed), Stuis in Plato's Metaphysies, Loncion, 196s, pp. 231263 (orig. 1052, che giudicava questa sezione come «a record of honest perplexety» (pp. 240-24): la sua interpretarione é stata seguita nei decenni suc- ccessivi da numeros studios: per la tesi che la seconda parte del dialogo sviluppi i linesmenci di ‘una nuova eivisicata concezione delle dee vd. P Cuno, The Mathematical Turn i Late Plato, «Ape'- ‘rons 32,1999, PP 49-66 ¢ pil recentemente S.C. RICKLESS, Plato's Form im Transition. A Reading of the Parmenies’, Cambridge, 2007; infine, per Tipotesi che la prima parte costitusca la confuta- zione della possibiit stessa di un sapere oggettvo (know that intorno alle cee, mentre la secon: {da contenga Iattuazione di un sapere opcrativo (know-how), ossia la capacsté di servis: delle idee, cfr. G. Damscnnn, Grengen des Gesprichstiber deen. Die Formen des Wisens und dic Notwendigheit dey Ideen in Patons "Parmenides, in G. Damschen, REnskat, A.G. Vigo (High), Platon nd Arsto- tel sub arene veritas, Festschife fr W. Wieland zum 70. Geburtstag, GBxtingen, 2003, pp. 3.75 Si deve a Andreas Graeseril merito di avere richiamato Vatenaione sulla funzione negativa che Placone attibuisce 2 Parmenide nel dialogo omonimo: ce. A. Grassi, Parmenids in Paco’s ‘Parmenide’,in LoEM, leuee sn the Philosophy of Language. Past and recent, Bern 1999, PP. 4556 € $0 prattutto Platons ‘Parmenides', Stuttgart, 003. RIFLESSIONI SUL PARMENIDE DI PLATONE 37 sero entitd spazio-temporali, soutratte perd agli organi di senso; le considera ‘come ‘super-individu’, del cutto identici dal punto di vista logico e ontologi- co agli individui empirici, con la sola eccezione di risultare intelligibili e non sensibili; in altre parole egli ragiona intorno alle idee come se fossero entit’3 fisiche, collocate nello spazio e dotate di parti Come ha giustamente osservato Samuel Scolnicox, il Parmenide descritto da Platone propone una single-world ontology, in cui trovano spazio non due “modi di essere’ irriducibili uno all‘altro, bensi due classi di enti (80 el3y av Syray, per usare la celebre formula di Phaed. 7926), le forme intelligibilie gli individui sensibili i quali presentano perd le medesime caratteristiche logico- contologiche.' In questo modo si viene a determinare una sorta di riduzioni- smo ontologico, che risulta responsabile sia delle aporie contenute nella pri- ma parte, sia delle fallacie di cui é infarcita la seconda parte del dialogo. Insomma: Patmenide non é l'apostolo dell’ autocritica di Platone e neppure il portavoce di una radicale revisione della teoria delle idee. Egli & piuttosto Yincarnazione di un’attitudine filosofica ingenua e sbagliata intorno alla na- tura delle idee, la quale é responsabile degli errori logici e delle aporie appa- rentemente insolubili di cui il Parmentde & disseminato. Dal momento che mi sono gia occupato in modo analitico della questio- ne, mi limiterd in questa sede a riassumere i principali risultati delle mie in- dagini, senza tuctavia rinunciare ad aggiungere qualche nuovo argomento ¢ a prendere posizione nei confronti della letteratura critica nel frattempo ma- turata. Intendo dunque procedere nel modo seguente: mi propongo in pri- mo luogo di evidenziare i presupposti logici e ontologici che agiscono alle spalle delle obiezioni avanzate da Parmenide nella prima parte del dialogo (§ 10, per poi dimostrare come egli non abbia affatto abbandonato tali erronei presupposti nel corso della youvacte contenuta nella seconda parte (§ 11); in- fine avanzerd alcune considerazioni general sul significato complessivo del Parmenide e del personaggio al quale Platone dedica questo scritto (§1v). " Dopo avere ascoltato la presentazione fatta da Socrate dell'ipotesi delle idee e dopo avere espresso ammirazione per I’épyi) ém) robe Rbyous, ossia per im- pegno e lo slancio che egli investe nei ragionamenti (s30a8-bs), Parmenide ri- volge alla concezione esposta dal suo interlocutore una fitta serie di obiezio- * § Scounicov, Plato's Parmenides’, Translated with Introduction and Commentary, Berkeley: Los Angeles London 2003, pp 8-23 « passim. * Soprateatto F. FuReant, Plaone: ‘Parmenide’,introduzione, traduzione ¢ note, Milano 2004 ¢ Permenie, i Parmenide’ di latoe cla tear delle idee, «Athenaeum» 92,2098, pp. 367-396. Un'inter pretazione molto simile alla miaé stataavanzata da K Donte, The Theoryaf Formsand Parmenides” Lin]. P Anton, A. Preus (ed.), Plato, Essays in Ancient Philosophy 11, New York 198, pp. 185222. 338 FRANCO FERRARI ni, che Socrate non sembra in grado di superare. Tali obiezioni riguardano Yestensione delle idee, cioé il problema di quali cose ammettano una forma intelligibile; la natura della partecipazione delle cose sensibili alle idee; lo sta- ‘tuto delle stesse idee, e in particolare la questione se ogni idea possieda o me- no il predicato che Ia definisce (ad esempio se I'idea del bello sia bella e quel- Ia del grande sia grande); il tipo di somiglianza che lega le idee ai particolari; ce infine I'utiita e la conoscibilita delle idee, cioe il problema se esse risultino utili all'essere delle cose e se siano poi conoscibili all'uomo (13obr-133b2). Sebbene molti interpreti continuino a ritenere che tali obiezioni siano serie e consistenti, e che conducano a una vera e propria confutazione della conce- zione esposta da Socrate (equivalente a quella che si trova nei dialoghi dimez- 20),! io penso che si tratti di argomenti inconsistent e pretestuosi, la cui fun- zione @ esattamente quella di dimostrare che l'assunzione di presupposti errati conduca inevitabilmente a generare aporie apparentemente insolubili, le quali potrebbero invece venire agevolmente superate qualora si accetti tun’attitudine teorica rispettosa delle indicazioni fornite da Platone negli altri dialoghi. Quattro esempi dovrebbero illustrare cid che intendo sostenere. Parmenide, come é noto, ritiene di poter confutare la nozione di parteci- pazione (yéfe£tc) per mezzo del seguente ragionamento: tanto nel caso in cui le cose sensibili partecipino della forma nella sua interezza (Boy), quanto nel caso in cui ciascuna di esse partecipi solo di una parte (upc) della forma, si determinano conseguenze inaccettabili, perché la forma risulterebbe separa- ta da se stessa (2705 ywuele), nel primo caso, e divisa (ueptotéy) e non unita- ria, nel secondo (131a4-e5). E curtavia facile rendersi conto che l'argomento di Parmenide pressupone Vattribuzione di un valore letterale, e dunque concreto, alla metafora della partecipazione: se partecipare significa ‘avere parte’ (in senso spaziale), si pud avere parte di qualcosa solo in una di queste due forme: interamente (cioé a tutta la cosa) oppure in modo parziale (cioé a sezioni determinate di essa). Parmenide intende dunque in senso mereologico e spaziale, ossia secondo un modello fisico, la relazione di partecipazione, la quale rappresenta invece, dal punto di vista della filosofia di Platone, un evento di natura metafisica e astratta (dal momento che le idee sono, per definizione, entita non spaziali)* ' Per esempio F. FRonTExOTTs, MEG LEIS, La icoria platonica delle idee cla partecipacione delle ‘cose empiiche. Dai dialghi giovanl al Parmenide’, Pisa, 2001, pp. 83-x0. * Sul fraintendimenco spaziale e mereologico di Parmenide, per il quale partecipare significa ‘prendere parte’ concretamente nello spazio, si veda A. Gasser, Wie ther deen sprchen?: “Parmeniée’, in T. Kobusch, B. Mojsich (High), Platon. Seine Dialog in der Sicht newer Fvickurgen, Darmstadt, 1996, pp. 146-56, spec. pp. 153155 € lpn, Flatons ‘Parmenides’ cit, pp. 1347; analogo ‘punto di vista in F FERRARI, Platone:‘Parmenide’, cit, pp. 5659, |OEM, Parmenda il Parmenide. art. cit. pp. 83383, €S. SCOLMICOY, op cit. pp. 85°64, RIFLESSIONI SUL PARMENIDE DI PLATONE 319 In verita, in questa sezione del dialogo Platone suggerisce al Jettore la via i uscita dalla impasse nella quale V'ha condotto limpostazione fisico-mate- rialistica di Parmenide. Socrate, infatti, invita a interpretare in senso non spaziale, e dunque non fisico, la relazione di partecipazione quando osserva che I'idea pud risultare contemporaneamente presente sulle cose che di essa partecipano: se si comporta come il giorno che, restando unico ¢ identico, é contemporanea- ‘mente in molti luoghi, senza essere separato da st. Se si comportasse cosi, anche cia- scuna forma sarebbe una e identica, presente contemporaneamente in tutte le cose (el pe... clow udp local faire) oben noha Aue Boel al obBly x w5RRov ach aici xopls tor, ef ore xat Exaaroy viv eBay by dy rikavr vatizbv ely) (131b3-6). Parmenide, tuttavia, fraintende completamente il suggerimento di Socrate e persiste nella sua impostazione materiale e fisica. Egli sostituisce l'esempio di Socrate con un altro, del tutto fuorviante, e pub cost introdurre la seconda parte del dilemma, in cui la partecipazione viene intesa come un prendere parte a sezioni diverse dell'idea: Socrate, il tuo é un modo brillante (9,884) di fare in modo che ununica identica for ‘ma sia contemporaneamente in pitt hioghi, come se, avvolti molti uomini con un ve- Jo (lorle), dicesst che ess0, uno ¢ nella sua interezza, si trova sopra molti (s31b7-9) Naturalmente ciascun uomo viene coperto da una parte diversa del velo (0 ‘mantello), ¢ in questo modo Parmenide pud introdutre la seconda parte del dilemma, in cui ogni idea finisce con il risultare divisa. Non é difficile render- si conto del carattere fallace dell’analogia stabilita da Parmenide tra giorno velo. E del resto Socrate si dimostra poco convinto della correttezza dell'as- similazione parmenidea, come risulta chiaro dalla sua risposta, «forse» (Isis), che é prudente, per non dire decisamente scettica. Se, anziché un giovane inesperto delle sottigliezze della filosofia, Socrate fosse un dialettico maturo e consapevole, egli non avrebbe difficolta a sma- scherare i ptesupposti di Parmenide e a dimostrare che la nozione di partec pazione non risulta affatto confutata dall’argomento dell’Eleate. In effetti la forma intelligibile, esattamente come il giorno, pud essere contemporanea- mente presente in tutte le cose che di essa partecipano, restando una e indi- visa, per la semplice ragione che essa costituisce un’entita irriducibile alla di- mensione fisica e spaziale. Del resto una forma, come un predicato o una qualita, pud venire con-divisa, senza per questo dovere essere sud-divisa.* * Sul significato dell enalogia del giorno fe K. Donren, Theery of Forms, art. cit. PP 187-186; F Fenrans, Platone; Parmnide’, op ci, pp. 59-65: K. Sans, Parmenides’ Lesson, Translation and Ex plication of Plato's Parmenides, Notre Darne 1996, pp.7573. Vale pola pena riportae le parole che S.Scounrcoy. op cit, p 57 dedicaallafunrione dellesempio de giorno: «What Socrates needs here ‘is precisely a nonmateial entity that can be simulteneously in many places at onces»(corsivo mio), 0 FRANCO FERRARI Parmenide prosegue la sua analisi della concezione delle idee esponendo un ragionamento divenuto poi molto celebre. Si tratta dell’argomento del “terzo uomo’, che Platone avrebbe forse chiamato ‘terzo grande’. Osserva dunque Parmenide Penso che tu creda che ogni forma sia una in base a questo regionamento: quando ti sembra che molte cose sfano grandi, considerandole tutte ti sembra forse che ci sia un’unica idea, la stessa, e per questo reputi che il grande sia uno [...} Quanto al ‘grande in sé e alle altre cose grandi, se le consideri con Yanima tutte allo stesso mo- do (Bd Soabrias G me, On Ideas. Attlee Critic of Pat's Theory of Form, Oxford, 953, p 238 Sulla man cata distinaione parmenica tra Iesere identitano o essenzilisico dele forme e essere pert patio degi individu ef K. Doran, The Theory of Forms, at ct. . se; A. GRABSEN,Fatons ‘Parmenides" op cit, p. 8-20, S.ScOLNICoY, of. it, Pp 6-6 E FaRRAn, lator Parmenide’ cp. cit, pp. 6479 € Permenide, i Parmenide’.. at ct, pp sas. Sulla natura essenvialistica del pores del carattere Pda parte di Find che A. Susvennean, The Dslectic of Essence A Stuly in Plato's Metaphysics, Princeton, 2002, p12 RIFLESSIONI SUL PARMENIDE DI PLATONE 7 vvidui particolari, in possesso delle medesime caratteristiche logiche dei par- tecipanti. Parmenide, poi, tenta di mettere in discussione anche la relazione di somi- glianza tra le idee e le cose sensibili. Egli osserva che, se le idee sono model- li (napadelyyara) alle quali le cose assomigliano, si determinerebbe in ma- niera incvitabile una relazione di somiglianga simmetrica, in virth della quale anche le idee assomigliano ai particolari, con la conseguenza che occorrera ammettere un‘ulteriore forma in grado di spiegare la somiglianza tra dea i F (F-in-s6) e il particolare aF (s32d1-13303). Anche in questo caso Parmenide, fedele alla sua impostazione equipara zionista e riduzionista, interpreta in senso strettamente simmetrico una rela zione che, dal punto di vista di Platone, dovrebbe invece essere di natura asim ‘metrica. In effetti, l'idea e il particolare che di essa partecipa non si collocano sul medesimo livello, dal momento che la prima é F in maniera perfetta, men. tre il secondo é F in maniera derivata, nel senso che solo grazie al suo mo- dello il particolare risulta simile a qualcosa. Cid significa che la forma di F& anche causa del fatto che il particolare é F; dunque, esattamente come un wo- mo reale é causa della sua immagine riflessa sulla superficie di uno specchio ‘0 della sua ombra, anche l'idea & causa della proprieta posseduta dal partico- lare simile ad essa. La somiglianza tra idee € cose non & simmetrica bensi asimmetrica, e per questo non richiede, per venire spiegata, V'introduzione di un altra idea.’ Anche l'ultimo argomento di Parmenide contro la teoria delle idee, che vie~ ne presentato addirittura come il pitt importante (éy.eTav), si fonda su una serie di assunzioni sostanzialmente antiplatoniche. Esso si articola in due mo- ‘menti: nel primo viene messa in discussione la funzione causale delle idee, le quali (in quanto del tutto separate ed esistenti in se stessc) non esercitano nes- suna influenza sulle cose del nostro mondo (133¢3-134a1), mentre nel secondo viene negata all'uomo la capacita di conoscere le idee, le quali dunque fini- scono con il rivelarsi del tutto inutili dal punto di vista epistemologico (134a3- 1g5b2). Le due obiezioni di Parmenide sono molto simili a quelle rivolte con- trola teoria delle idee da Aristotele, il quale rimproverava le forme platoniche ‘The Theory of Forms, art. cit. p.ig4: A. Gnansex, Patons ‘Parmenides’ op. cit, pp. 22-24: 8. Scox- Nico, op ct, pp. 6568, F Fannast, Platone:‘Parmenide’ op cit pp. 887. Molto interessante saggio dK. Thain, The Second "Third Mam Argument’: What Diference doce the Likenest make? in A. Hvlicek, & Kari (eds), Plato's ‘Permenides, Proceedings ofthe Fourth Symposium Placonicum ragense, Praha 2005, po. 75 85, il quale dimostra come la nozione di somigianza comporti una éiversa prospettiva nell analis de rapporto tra forme e particolan: mente la relazione di parc pazione spiega la presenza nei particolari di qualita opposte, la relazione di somiglianza trail particolare aF e a forma Fin sé si concentra sulla nanura cornplessva del particlare aaa FRANCO FERRARI di essere inutil sia alla conoscenza (npg émiothuny) sia all'essere (ele 7b elvat) delle cose (Metaph. A 9. 991a12-14). ‘Ancora una volta, tuttavia, le obiezioni di Parmenide si rivelano inconsi- stenti dal punto di vista della filosofia platonica. In effetti, la tesi parmenidea secondo la quale alla conoscenza umana le idee restano inaccessibili con- traddice in maniera evidente una delle piti note concezioni dell’epistemolo- gica platonica, quella che stabilisce una sorta di affinita (ovyyéveia) tra le idee e la parte superiore, razionale e divina dell’ anima dell'uomo. Si tratta di una dottrina presente sia nei dialoghi giovanili (Men. 8:c9-d4), sia in quelli centrali (Phaed. 79c2-d6 ¢ Resp. x 6:1¢1-5) ¢ tardi (Tim. 9042-7), attraverso la quale Platone si propone di certificare la possibilita della conoscenza supre- ma, che, scbbene difficile ¢ riservata solo a pochi uomini (¢ per la precisione ai filosofi dialettici), non é in linea di principio irraggiungibile, perché la po- tenzialita noetica dell’anima umana non é eterogenea rispetto alle forme in- tellegibili, anzi essa é affine al divino, all'immortale ¢ all’essere, ossia al mon- do delle idee.* Solo tralasciando questa ‘parentela ontologica’ Parmenide pud sostenere che le idee sono inconoscibili e dunque epistemologicamente inutili. Ma egli, oltre a non essere il filosofo delle idee, non & neppure il filo- sofo dell’anima, Nel caso della presunta inefficacia causale delle idee l'argomento di Par- menide si basa sull'assunzione di una nozione simmettica di separazione. In base a tale assunto, se Videa di F é separata (cioé esistente in se stessa) dai par- ticolari aK, BR, cB, anche questi ultimi sono separati dall'idea (e dunque esi- stono in se stessi, indipendentemente dalla forma di F). La maniera in cui Par- menide concepisce Ia relazione di separazione emerge in modo evidente allinizio del suo intervento. Egli domanda a Socrat Dimi, hai veramente intenzione di operare la distinzione di cui parli, consistente nel separare da una parte certe forme in se stesse e dall‘altra le cose che di esse par- tecipano? (jupts uv eldy aleé Sera, xoplc BE Th tobroov ad wertyovra:) (a30b1-3). La separazione tra idee e particolari risulta per Parmenide strettamente sim- mettica, dal momento che sia le forme che i particolari sono detti espressa- * Sulla concezione della ovyyévei tra anima ed essere come garante della possibilta da parte del uoma di accedere alla conoscenza delle idee mi permetto di rinviare a F-Fexaat, L’anam- ness del passat va stort eontlogi, Il mito plaronico come pharrnakon contr wopsm e sceticiomo, nM. Migiios, L-M, Napolitano Valdicara, A. Fermani (a Cura), Interiorta anima. La psyché in Pl tone, Milano, 2007, Pp. 73-88, spec. 794, Interessansi ceservazioni anche in F, ARONADIO, Proce ree ventd in Platone, Napoli, 002, pp. 221244 Vale forse la pena segnalare che una simile conce zione viene presupposta anche nella celebre test formulata in Epi, va, s43es2, secondo la quale al termine di un lungo e laborioso passaggio attraverso tutti gi stati e i mezzi cognitivi si produ. ce in chi ha buona natura la conoscenza di cié che ha buona natura (Emtorfqe 8 meonbrog © sept), RIFLESSIONI SUL PARMENIDE DI PLATONE 323 mente ‘separati’ (yet); considerando che separazione (zope) e indipen- denza ontologica (aid xall’ ied) sono nozioni equivalenti," é evidente che nella prospettiva di Parmenide anche le cose sensibili, esattamente come le idee, risultano indipendenti (in quanto separate). Ma dall’assunzione di una nozione simmetrica di separazione discende Ia conseguenza che le idee ri- sultano inefficaci dal punto di vista causale, dal momento che i particolari esi- stono in se stessi, e dunque non in virti delle forme. Stabilito ci6, viene na- turale domandarsi se sia legittimo ¢ sensato attribuire a Platone una simile nozione di separazione. La risposta a questo interrogativo non pud che essere ancora una volta ne- gativa. Per Platone la separazione (zwpoudc) una relazione asimmetrica (uni-direzionale e non convertibile), perché mentre le forme sono separate, ioe indipendenti, i partecipanti non possono essere separati dalle idee. Che per Platone la separazione vada intesa in senso asimmetrico viene provato da un celebre passo del Timeo, dove si ova formulato il principio che stabilisce che «tutto cid che diviene, diviene necessariamente in virtd di una qualche causa, dal momento che é impossibile per qualsiasi cosa avere generazione separatamente da una causa (xiv BY ad , bens in «cid che @ sempre in un diversos (xb tv Edguy el by), Per una discussione di quesco punto (e perle opportune indicazioni bibliografiche) mi per ‘metto di rinviare alla nota ad locum in E.EBanans, Platone: Parmenid’ cit, p. 278.1286. RIFLESSIONI SUL PARMENIDE DI PLATONE 27 sione extra-temporale dal momento che, come si dice perentoriamente nel Timeo, sebbene «noi diciamo che esso era, é € sara, se ci si attiene alla verita, solo ’¢ gli si addice, mentre Ira e il sara occorre dirli della generazione che procede nel tempos (Tim. 3705-3841). Per Platone le qualificazioni temporali (in particolare il passato e il futuro) vanno riferite al mondo del divenire, mentre all’essere appartiene una sorta di presente extra-temporale o comunque un'eternitd immutabile; per il Par- menide di Platone, invece, l'essere sembra inscindibilmente collegato al tem- po, tanto che egli arriva ad eschudere categoricamente che si possa dare una ‘modalicd ontologica, cioé una forma di essere, al di fuori del tempo. Come si vede, Parmenide non abbandona nel corso dell’esercizio dialetti- co Vimpostazione che aveva assunto nell'ambito della critica alla teoria delle forme di Socrate. Ma questo significa che I’intero esercizio & filosoficamente inrilevante? No! Perché in esso non mancano argomenti interessanti e anche raffinati. La discussione relativa al rapporto tra un soggetto e i suoi predicati fornisce spunti in direzione della distinzione tra I'uso identitario e T'uso pre- dicativo del verbo essere; inoltre Parmenide si serve numerose volte di alcu- ne delle determinazioni che rivestono un ruolo fondamentale al’interno del mondo delle idee, come uno ¢ il molteplice, lidentico e il diverso, il simile ei dissimile, e naturalmente Vessere ¢ il non essere;" non maricano, poi, pas- siin cui Parmenide sembra alludere ai principi delle idee, uno c la diade determinata;* ne! corso dell‘esercizio, in particolare allinterno dell’argo- ‘mento sviluppato in 15765-e2, sembra inoltre presupposta la distinzione tra il tutto come sommatoria degli elementi (in cui Tidentit’ ontologica si defini- sce sulla base della composizione: identity as compesition) e l'intero come idea non riconducibile alla somma dei suoi elementi compositivi Gin cui T'identita ontologica é data dalla struttura: identity as structure);? molti argomenti, infi- ne, affrontano question! matematiche (ariemetiche e geometriche) che erano + Sulla presenza nella gymnasia delle stesse dererminazioni sviluppate pot, in forma di weave, ‘ybvg, nel Sofsta cit. M, Loxstrori, «Teihabens wnd «Brleidens sn Patons ‘Parmenide’. Unter churgen gum Gebrauch vou weréyeer und adayeiy, Gottingen, 2068, pp. 83-89 e passin, * Ole af libro di M. MicLiont citato alla note a di pag. 207, su questo tema si pud vedere ‘M. Miter, Unwritten Teachings in the ‘Parmenider’, «Review of Metaphysics «8, 1995, PE: $0613 eK. SaTRe, Parmenides’ Lesson, op. cit. i guale interpreta la terza dedurione della prima ipotesi (as7b6-159b%)e la terza deduzione della seconda ipotes!(1sabs-165e1) come lo sviluppo della con- cezione platonica (nportata da Ariscotele) secondo la quale le idee somo generate dall uno dalla lade incetereninata, * Sulla dflerenza tra ontologia della composizione e Vontologia della structura 8 fondamen: tale V. Hants, Platoon Pats and Whole. The Metaphysics of Serucane, Oxford 3203, pp. 12134, ma ‘passim, Sulla presenza di questa distinzione anche nella sezione conclusiva del Teetetorinvio aE, ‘Pennant, ll «sogno» di Socrte nal Teette': problems, apric,possibil solucon, ll Pensieto» 46, 2007. PP. 109338. ps FRANCO FERRARI dibattute alinterno dell’Accademia platonica.' Ma in tutti questi casi Par- menide dimostra di essere la figura meno adatta a gestire con la dovuta ac- cortezza teorica le intuizioni e gli spunti da lui stesso introdotti. Eglinon é il filosofo delle idee e dungue non é il vero dialettico, perché non abbandona Yapproccio (un vero e proprio frame of mind) fisico che aveva assunto nella prima parte del dialogo. Questo significa che la yunvaola della seconda parte del Parmenide non solo non contiene la flosofia dell'assoluto (come pensavano gli interpreti neoplatonici), ma non fornisce neppure una terapia in grado di risolvere le difficolca evidenziate nella prima parve del dialogo per la semplice ragione che a risolvere queste difficoltd non pud venire chiamato il filosofo che le ha provocate. C’ un ulteriore argomento che pud venire invocato contro I'ipotesi che Yesercizio condotto da Parmenide rappresentila realizzazione della dialetti- a platonica, Si tratta della constatazione che tale esercizio non si rivolge al giovane Socrate, futuro filosofo dialeitico, bens! al pid giovane dei presenti, quell'Aristotele destinato a fare parte dei Trenta Tiranni che insanguineran- no Atene trail 4oq eil 403. Non si pud davvero dire che Parmenide abbia avu- to una particolare lungimiranza nella scelta del suo interlocutore, visto che ha optato per qualcuno destinato a diventare un tiranno, 'esatto opposto del filosofo. Se, come sappiamo da Phaedr. 276eq-277aq, una delle qualita del dialettico consiste proprio nella capacita di scegliere un'anima adatta (xoafxovsz) per trasmetterle argomenti che possano condurla all'acquisi- zione del sapere filosofico, non si pud certo sostenere che Parmenide, con la sua scelta di un futuro tiranno, abbia dimostrato di possedere questa qualita, Insomma, Parmenide non é un filosofo dialettico, e neppure il suo interlocu- tore é destinato a diventarlo.* Bisogna poi aggiungere che anche Vindicazione della giovanissima era del diretto destinatario dell’esercizio (Aristotele viene definito in xy7b6 6 vedyrar0s) costituisce un importante argomento coniro l'ipotesi che lo svi- luppo della youvacta. corrisponda allattuazione della dialettica. Infatti, Pla- tone mette in guardia dai rischi che comporta il contatto con la pratica argo- mentativa (xpéro¢ téy Mywv) nel caso di soggetti troppo giovani, i quali + B probebile che mole delle conserazioniontologico-matermatiche contenute nel eercizio ‘irvine posizion! sostenue da Speusippo: fe per questa ipote. A. GRAESER,Poligomena cu te Interpretation de Ewin Tals des Patonschen ‘Parmanides, Ber, 1998, asin * Davvero convineentrsutano in proposioslievi dM H, MILLzn J. Pat's Parmowies ‘The Conversion of the Soul, Princeton 1986.78. RIFLESSIONI SUL PARMENIDE DI PLATONE 329 finiscono con il compiacersi delle proprie capacitd confuratorie ed eristiche, eperdono di vista le finalitd conoscitive in vista delle quali questo metodo do- vrebbe venire praticato (Resp. vii 539b3-7). Neppure la scelta di un interlocu- tore cosi giovane, dunque, si uniforma ai parametri pedagogici stabiliti da Platone per I'avviamento alla filosofia.” Se la prima parte del Parmenide non pud essere né il manifesto dell'auto- critica di Platone, né la confutazione della versione della teoria delle idee svi- luppata nei dialoghi giovanili; sc la seconda parte del dialogo non pud essere né Fesposizione della filosofia dell’ assoluto e neppure l'indicazione di una te rapia filosofica in grado di risolvere le aporie delle idee, quale é la natura quale la funzione di questo misteriaso dialogo? Perché Platone lo ha scritto e soprattutto perché ha affidato a Parmenide il ruolo di protagonista? Lesito della prima parte del dialogo 2, come si é visto, largamente negati- vo. Sebbene non manchino allusioni a possibili soluzioni delle aporie avan- zate da Parmenide, non c’é dubbio che né Parmenide né Socrate si dimo strano in grado di indicare vie di uscita consistenti alle obiezioni parmenidee: Ja causa di questa incapacitd va ricercata, nel caso di Parmenide, nella sua im- postazione filosofica, ossia nella single world ontology da lui assunta; nel caso di Socrate, nella giovane eta e nella conseguente immaturita filosofica, che non gli consente di sviluppare in modo coerente e consistente le brillanti os- servazioni che pure propone (emblematico il caso del suggerimento di in- tendere il rapporto di partecipazione sul modello della presenza del giorno). Nella prima parte del Parmenide Platone mete dunque in scena gli esiti fal limentari che desivano da un‘impostazione filosofica errata ¢ fuorviante. Si tratta con ogni probabilita di un’impostazione effettivamente assunta all'in- terno dell’ Accademia, dove i dibattiti intorno alla natura delle teoria delle idee furono certamente molto accesi. Sappiamo, ad esempio, che Eudosso di Cnido operé una radicale fisicizzazione delle forme ¢ interpret la parteci- pazione (ué6e%ic) in termini di mescolanza (lfc); @ difficile dubitare che il celebre dilemma della partecipazione dipenda proprio dall’assunzione di un punto di vista materialista come quello di Eudosso.? La figura di Parmenide rappresenta il prototipo di questo atteggiamento filosofico, che tende a equi- parare lo statuto ontologico delle idee a quello dei particolari. Abbiamo visto che l'intera serie delle obiezioni contenuta nella prima parte del dialogo di- » Ho trattato in modo pit analiico questi due aspett in F Frnnans, Platone: ‘Permenle’ ci, P. 106-08 e Permenide, tl Parmenid’.., ct, Pp. 392-96. * er questa ipotesi cf. A. GRAESER, Wie tiber len spreche? cit. pp. 1585s Lem, Paton ‘Par smonides’, 3. pg .Femnani, Plate: Parmenide’. cit. pp.61-3¢ loam, Parmenie, il Puree... Git.p. 383 Sulla rasformarione eucossiana della Hef in ul ct. AntsTOr. Metaph. Ao. pta:s- 19¢Ms.r070bn8 8: sivd in proposio F. Ben, La flesofadel primes Aristotle, Milano 1997 (org, Padova s962), pp ap 330 FRANCO FERRARI pende proprio dall'assunzione di un'impostazione riduzionistica orientata a equiparare le idee ai fenomeni spazio-temporali. Lo scopo di questa sezione non pué che essere quello di mettere in guardia il lewtore dai pericoliinsiti nel- Yaccettazione di un simile errato punto di vista. Ho cercato di dimostare che l'atteggiamento filosofico di Parmenide non muta nella seconda parte del dialogo. Dunque sarebbe del tutto assurdo at- tribuirgli il compito di tisolvere le aporie che egli stesso ha contribuito in mo- do decisivo a originare. A che cosa serve percié la lunga yuuvasta esposta da Parmenide? Perché essa pud rivelarsi in qualche modo utile al lettore in ge- nerale ¢ al filosofo in particolare? Ma soprattutto: che cosa 8 Essa é esattamente cid che Parmenide dichiara che & una ginnastica (yupvacta: 135¢8; da; d7), un esercizio (training) al quale deve sottoporsi pre- ‘ventivamente chi intenda occuparsi in maniera seria di flosofia e di teoria del- le idee. E che cosa pud apprendere chi ha seguito I'esercizio condotto da Par- menide? Essenzialmente una cosa, di cui Parmenide, il Parmenide storico, era probabilmente maestro indiscusso: la tecnica del ragionamento, e in par- ticolare la tecnica del ragionamento deduttivo, cio? «the ability to investiga- tte what follows from a given hypothesis».? La yavanta sviluppa argomenta- zioni di natura deduttiva, che muovono da una premesse ipotetica (talora ricavata dal ragionamento precedente) per pervenire a conclusioni che, salvo il caso della presenza di fallacie, dovrebbero risultare incontrovertibili, Inol- tre il giovane allievo alla fine dell’ esercizio é venuto a conoscenza di quali sia- no le principali determinazioni con le quali un filosofo dialettico dovrebbe f2- re i conti; si tratta dell’unitd, della pluralita e dell'infinica, della parte e del tutto, della temporalita e della spazialiti, dell'identita e della differenza, del- la somiglianza e della dissomiglianza, dell'essere. Dall’esercizio condotto da Parmenide pitt di questo non € lecito attendersi ‘Al termine di queste riflessioni intorno a uno dei dialoghi pit affascinanti misteriosi di Platone, si pud concludere osservando che il Parmenide rap- presenta il documento della reazione platonica ai dibattti sulla natura delle idee e sulla struttura della dialettica sorti nell’ambito dell’ Accademia Tale reazione & incentrata intorno alla figura di Parmenide, che non é l'apostolo della teoria delle idee o della dialettica, ma il rappresentante di un modo ar- caico di concepire I'una e I'altra, un modo che Platone intende di lasciarsi al- le spalle. * R Parrenson, Forms Fallacies, and the Functions of Plato's ‘Parmenides”. Apeiton» 32,1999, pp. 8906, spec. 103 Sulla natura ipotetico- deductive dello stile flosofico di Parmenide eft anche F Faanans, Platone: Parmenide’, cit, pp. 25861

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