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Seneca tratta il tempo in modo specifico nel “De brevitate vitae”, ma il tema è ripreso, o da diverse angolazioni o
per rafforzare le cose già dette, in tutte le opere. Tra gli stoici teneva banco un quesito: si discuteva se il tempo
fosse da considerare “corporale” o “incorporale”. E la stessa domanda si pone per lo spazio, il vuoto e il
linguaggio (Ad Luc. 58, 11). Seneca, che avvertiva la difficoltà di opporre radicalmente “corporalia” e
“incorporalia” in una concezione secondo la quale tutto ciò che è reale è materiale, mette tra parentesi l’aporia –
che sarà successivamente messa in luce da Alessandro di Afrodisia (Top. 301, 19 in SVF 2, 329) e da Plotino
(Enn. 6, 1, 25) – e passa oltre, non volendo lasciarsi irretire in discussioni che lo porterebbero lontano da ciò che
gli sta veramente a cuore. Il percorso che porta alla sapienza sale effettivamente dagli esseri corporei a quelli
incorporei (Ad Luc. 90, 29), che sfuggono agli occhi del corpo, potendo essere appresi solo da una coscienza
attenta e grazie a un difficile sforzo di astrazione. Quello che è certo è, dunque, che il tempo non si percepisce
come una cosa, come un oggetto tra altri oggetti; ed è forse per questo che gli uomini, abitualmente, non lo
pensano come reale e non gli riconoscono alcun valore. Proprio come fanno per la loro anima! È fin troppo facile,
infatti, non accorgersi di una perdita di cui non si è consapevoli, perché resta nascosta
Sembra incredibile come un testo che risale in realtà alla metà del I secolo d.C. possa essere, ancora oggi,
di estrema attualità e importanza. Non a caso reputo Seneca il più grande pensatore dell’antichità romana! Sono
passati duemila anni e le cose che ha scritto valevano per loro così come valgono per noi oggi. Come per dire
che “niente è cambiato”, ma forse tutto potrebbe cambiare se imparassimo ad ascoltare meglio le sagge parole
lasciateci da chi ci ha preceduto, fosse anche duemila anni fa.
Seneca in questa lettera invita il suo amico Lucilio (e noi lettori!) ad abbandonare le preoccupazioni e far proprio
il tempo, a non perdere di vista ciò che è importante. In primo luogo, Seneca invita a individuare proprio ciò che
conta nella nostra esistenza quotidiana! E ciò che conta, come spesso ho sottolineato in questo blog – e nel mio
mio libro “Schiavi del Tempo” – non sono gli oggetti: possedere un bene non serve a niente se non si è pronti a
perderlo, reclama Seneca, ma dobbiamo fare nostro il tempo e tutti i minuti che lo compongono.
È una verità che non si può contraddire quella di Seneca, perché nemmeno l’uomo più ricco del mondo può
fermare le lancette di un orologio. Eppure, ad ognuno di noi, ogni giorno, viene “regalato” lo stesso ammontare di
tempo: 1440 minuti. Non uno in più, non uno in meno. Come spendiamo questo tempo è una nostra scelta e
prendere consapevolezza che “moriamo ogni giorno” significa riappropriarsi del proprio tempo. Ovvero, la più alta
forma di libertà a cui ognuno di noi può e deve aspirare.
Fa’ così, mio Lucilio: rivendica te stesso per te : un invito a rendersi padroni di se stessi, a non disperdere le
proprie preziose energie per le cose che non contano, che magari ci vengono imposte, che non ci fanno stare
bene. Seneca ci esorta a contrastare le energie negative, traendo il massimo beneficio da quelle positive che
abbiamo naturalmente dentro di noi, che aspettano solamente di essere coltivate e utilizzate.
La prima è «una parte di tempo ci viene strappata via». Si riferisce a quel tempo che qualcuno ci
sottrae apertamente: noi, pur consapevoli di ciò che avviene, spesso non facciamo nulla per contrastare il
fenomeno. Dobbiamo, invece, dimostrare di tenere a noi stessi ponendo dei paletti, senza vergogna di dire no
quando l’altro sta oltrepassando i limiti.
La seconda: «una parte di tempo ci viene sottratta subdolamente»: in questo caso è più difficile accorgersi
di ciò che sta accadendo. Magari veniamo coinvolti in attività che ci sembrano utili, costruttive, positive.
Inconsciamente ci rendiamo conto che non ci convincono del tutto, eppure perseveriamo in esse, senza saper
dire basta. Oppure ancora, ecco un’altra circostanza che ci fa sprecare il tempo in modo
biasimevole: trascorrere il tempo con le persone sbagliate, che ci risucchiano tutte le energie positive senza
dare nulla in cambio.
Ecco il principale nemico dell’uomo: la negligenza, che ci impedisce di riflettere e di operare le scelte
giuste. «Gran parte della vita scorre via nel far male, nel non fare nulla, nel fare altro». Leggendo
superficialmente, potrebbe sembrare che Seneca sia contro ogni minimo svago o divertimento, ma non è così:
quello che intende dire è che dobbiamo diventare capaci di controllare il nostro tempo, dare il giusto spazio a
ogni attività della vita, e, cosa principale, non dimenticarci dello spazio da dedicare a noi stessi. Per Seneca,
questo spazio coincide con la filosofia.
Infine, dice Seneca, una parte di tempo scorre via. Questa è la causa più terribile, perché i colpevoli
siamo noi in prima persona, quando perdiamo tempo inutilmente, senza saper discernere ciò che veramente
ci farebbe bene e sarebbe adatto a noi stessi. Abbiamo riempito l’agenda di impegni. Questo accade quando non
sappiamo ascoltarci, non sappiamo interpretare i bisogni della nostra m ente e i messaggi del nostro corpo,
e di conseguenza diventiamo vittime dello stress, il male che meglio di tutti caratterizza la nostra epoca.