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Nasce a Copenhagen, Danimarca, il 5 maggio 1813, ha una famiglia umile ed infatti Kierkegaard significa
“masseria della chiesa”, ovvero dove vengono accolti i poveri senza alloggio e dove sono stati forse accolti i
suoi antenati. Lo ha educato il padre Michael, che proviene da una severa comunità religiosa e la sua
visione della vita è fondata sui concetti: colpa, punizione e sofferenza. Inoltre teme per la salvezza della sua
anima e crede che, a causa di una colpa di cui si è macchiato, Dio ha maledetto la sua famiglia. Dal padre
eredita: in parte la visione del mondo, la malinconia e l’amore per la lettura e la discussione. Scrive opere
filosofiche, religiose, ma anche critiche letterarie, recensioni e discorsi. Le opere sono sotto forma di
Pseudonimi (falsi nomi) e indicano:
• da un lato, il suo rifiuto di presentarsi come “pensatore ufficiale”, il desiderio di non apparire “dottore”,
ma semmai “testimone della verità”;
• dall’altro, il suo desiderio di esprimere le sue personalità e l’adesione a un criterio di “comunicazione
indiretta” della verità, attraverso la “testimonianza” e non la “dimostrazione”.
Si tratta di una sorta di “io poetici”, in cui la verità personale è contro l’astrattezza ed alla verità oggettiva.
Viene considerato l'iniziatore dell'esistenzialismo e la domanda fondamentale è “Cosa significa esistere?”
Hegel dice che non esiste possibilità di scelta, chiedersi chi siamo e cosa vogliamo essere sarebbe un falso
problema e quindi siamo soltanto rappresentazioni dello Spirito. Kierkegaard dice invece che ci poniamo
quesiti riguardo l'esistenza ogni volta che facciamo delle scelte. L'individuo deve scegliere come vivere e
cosa fare nella propria vita. Ci sono persone che rifiutano di fare una scelta, ma in realtà stanno scegliendo
in modo indiretto. Perciò Kierkegaard costituisce una filosofia anti-hegeliana, partendo dai suoi errori:
- riduzione dell'individuale nell'universale= l'idea per Hegel rappresenta la totalità e l'universale, mentre
per Kierkegaard esiste l’individualismo contemporaneo, ovvero la realtà umana è fatta da singoli individui,
la società non esiste se non come risultato della somma di tanti individui singoli. Questo lo deduce dal
liberalismo contemporaneo: lo stato deve garantire la libertà e la realizzazione dell'individuo, non deve
guardare agli aspetti collettivi, ma solo a quelli individuali;
- Hegel pone il primato dell'essenza sull'esistenza, mentre Kierkegaard dice che queste sono astrazioni
della mente, non è l'essenza quella che conta ma l'esistenza. L'esistenza per è fatta da scelte, noi siamo il
risultato delle scelte che facciamo. Ecco perché non pensa che può esistere una verità universale ed
oggettiva, in quanto la verità si può cogliere solo con una via soggettiva e personale. La verità non è mai la
verità in sé, ma è sempre una verità per qualcuno, poiché l'esistenza può essere compresa e rappresentata
sempre, solo nell’unicità e irripetibilità dell'esperienza individuale.
Il filosofo analizza l'angoscia, che è al centro dell'esistenza di ogni problema e deriva dall'incertezza,
diversa dalla paura, in quanto si prova davanti situazioni delle quali non abbiamo coscienza e conoscenza.
L’opera “Aut-Aut" analizza le scelte possibili che abbiamo di fronte a noi e ne individua una grande, quella
fra bene e male, decidere fra cos’è giusto e sbagliato. La scelta è quello che ci caratterizza come uomini e
non possiamo illuderci di non scegliere. Bisogna riflettere per fare una scelta, ma se ad un certo punto si
riflette troppo, si perde tempo, questo diventa indecisione e non scelta. Quelle più importanti però sono 3
o 3 stadi:
- Vita estetica= chi cerca in tutti i modi il piacere e la soddisfazione di qualcosa di immediato e la cerca
fuori di sé, in ogni tipo al piacere. Un esempio è Don Giovanni, protagonista dell'omonima opera di Mozart
ed è un personaggio che coglie l'attimo, senza lasciarsi sfuggire alcuna occasione di appagamento. Il suo
scopo non è la costanza, ma il piacere immediato e lo trova nella seduzione, che non è l'ideale romantico di
amore, infatti non gli interessa la donna che si trova davanti, ella è soltanto un mezzo per sentirsi
realizzato e sentire di vivere. Ciò che lo soddisfa è il pensiero del possesso, ottenere ciò che si desidera.
Ma in realtà la vita di un esteta, la vita di Don Giovanni, è una vita fallimentare e disperata, senza stabilità
e fondamento, esiste solo per assecondare i propri desideri senza curarsi delle loro conseguenze, non si ha
nessuna legge morale. Nessuno capisce la sua infelicità, egli continua per sempre a desiderare piaceri.
Dunque la noia (generata dalla ripetizione delle seduzioni) diventa disperazione:
• ossessione= sempre insoddisfatti e si cerca in tutti i modi di cercare un modo per soddisfarla;
• creazione di un ideale= corriamo dietro a qualcosa che è fuori di noi, che ci sfugge continuamente e che
non esiste, quindi fallimento. La vita del seduttore è una vita di fallimenti perché non trova mai quello che
cerca. La disperazione si può superare solo scegliendo, la scelta da un senso alla nostra esistenza;
- Vita etica/filosofica= colui che è opposto al seduttore e si prende le sue responsabilità. Un esempio è il
padre, che segue precise regole: costanza, collaborazione, rispetto, fedeltà. Anche questa si presenta
essere una vita fallimentare e destinata alla disperazione. L’uomo etico infatti è costretto a riconoscere i
propri limiti di creatura finita e provare un senso di colpa, per la propria inadeguatezza rispetto al ruolo
che egli ricopre e alle sue responsabilità. Egli avverte inoltre una tentazione al peccato, in quanto avendo
scelto la vita da uomo di famiglia, deve rinunciare ai piaceri. La disperazione è inevitabile e la soluzione è la
vita religiosa;
- Vita religiosa= un esempio è Abramo, che non esita a sacrificare il proprio figlio, dopo un ordine di Dio.
La richiesta è contro le leggi umane e i valori etici, ma Abramo obbedisce e compie un atto di fede. Con
questo esempio, il filosofo spiega che cosa significhi la vita religiosa, ovvero una scelta, compiuta in
solitudine, abbandonandosi alla volontà divina, con la fede incrollabile che Dio ci salverà.
Fede= credere non vuol dire che non si può spiegare o capire e quindi la vera fede è l'accettazione
dell'assurdo e dell'inspiegabilità e accettare che la soluzione del problema della vita sia fuori dalla vita
stessa e non stia nelle scelte che si fanno quotidianamente nella nostra vita. La fede non da garanzie, quindi
potrei essermi sbagliato, ma la religiosità è proprio questo: il non avere nessuna certezza riguardo la
validità della propria scelta, ma comunque fare una scelta che è risolutiva, perché significa aver trovato una
risposta definitiva e assoluta, anche se essa è senza certezza.