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Kierkegaard:

Kierkegaard è considerato il precursore dell’esistenzialismo, concentra la propria riflessione sul problema dell’uomo e
dell’esistenza. All’interno del suo nucleo familiare è molto forte il senso del peccato, in particolare il padre è
tormentato dal rimorso, sentimento che si ripercuoterà anche nel figlio. Kierkegaard nutre una concezione negativa
dei rapporti umani e dell’essere dell’uomo.

La religiosità in Kierkegaard:
La scelta è il tema prediletto all’interno della trattazione di Kierkegaard, in particolare egli afferma il volere di porre
Dio al di sopra di qualsiasi cosa.
Kierkegaard pone l’uomo davanti ad una scelta radicata all’interno dell’essere stesso, infatti per il filosofo con tale
scelta vi è la presa di posizione nei confronti dell’esistenza, perché ciò che da valore all’uomo è la capacità di
assumersi la responsabilità della propria vita.
NB: Kierkegaard critica profondamente la chiesa cattolica di Roma in quanto colpevole di aver ridotto il messaggio di
Dio ad una dottrina e di aver compromesso la religiosità autentica a causa di interessi mondani.

Le 3 possibilità esistenziali dell’uomo:

Kierkegaard individua 3 alternative inconciliabili di vita, la scelta di una, infatti, preclude le altre. Le tre vite sono:

 Vita estetica (seduttore):


è propria dell’uomo che vive nell’istante e nella ricerca continua del piacere. Per Kierkegaard chi vive
nell’estetica è destinato a ricadere nella disperazione e nella noia, in quanto il continuo passaggio tra le
diverse possibilità lo porta alla negazione di sé stesso smarrendo il significato della sua esistenza.

 Vita etica (Assessore Guglielmo):


la disperazione derivante da una vita estetica pone gli uomini davanti alla possibilità di scegliere per una vita
autentica, una vita etica. La disperazione è quindi vista positivamente in quanto conduce l’uomo a scegliere
per il proprio destino. La scelta è caratterizzante dello stadio etico, dominato dalla responsabilità.
La famiglia esprime la realizzazione del dovere morale. La donna è vista non più come uno strumento per
giungere al piacere, bensì come emblema di concretezza e felicità stabile. Kierkegaard vede nel lavoro il
dovere comune a tutti gli uomini della società, in quanto adeguandosi ad esso egli riesce a trovare la propria
utilità nella società.
All’interno dell’agire etico il soggetto sottomette la propria individualità alle regole della famiglia e della
società, realizza sé stesso come compito da portare a termine per il bene del collettivo.

 Vita religiosa (Abramo, cavaliere della fede):


il concentrarsi unicamente sul proprio io porta la vita etica a trovare completezza all’interno della vita
religiosa. L’uomo avverte l’inadeguatezza nei confronti di Dio, si pente in quanto peccatore e si vergogna
della perfezione di Dio che è vista come inarrivabile. Il simbolo di tale vita è Abramo, quest’ultimo, una volta
posto davanti alla scelta di sacrificare o meno il proprio figlio a Dio non si tira indietro -> il comando e la
logica di Dio sono incomprensibili per la ragione umana. La fede è paradosso e spesso fonte di scandalo per
gli uomini che mancano di un costante rapporto fedele-Dio. La fede non ammette giustificazione razionale.

Ex-sistenza:
Per Kierkegaard ciò che differenzia l’uomo dagli animali è la capacità di saper trascendere gli istinti, di essere in grado
di progettare il divenire (possibilità -> essenza dell’esistenza umana intesa come ex-sistere. E’ la categoria che include
il rischio della scelta, determinante quindi di inquietudine ed angoscia).

Bilancio su Kierkegaard:
Kierkegaard è del tutto estraneo al suo periodo, l’800, infatti in quegli anni, mentre la società progrediva verso
un’autodeterminazione dell’uomo egli riteneva fondamentale fondare l’esistenza umana su Dio. Critica la società
borghese, che definisce come bancarotta dell’esistenza.

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