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KIERKEGAARD

Kierkegaard nacque a Copenaghen, in Danimarca, nel 1813 da una famiglia molto religiosa. Si laureò in
teologia con una tesi sul concetto di ironia di Socrate. Pur essendosi laureato in teologia non proseguì la
carriera da ecclesiastico bensì preferì ritirarsi a vita privata e dedicarsi alla stesura delle sue opere.

Sebbene ebbe una vita senza particolari dispiaceri, Kirkegaard risulta un personaggio frustato, nelle sue
opere parla di un grande terremoto che si è abbattuto su di lui e sulla sua famiglia. Nell’opera “Diario di un
seduttore” lui parla di una “scheggia nelle carni” con cui si sente vivere, quindi un qualcosa che lo tormenta
e lo ferisce. Qualche critico sostiene che forse gli eventi traumatici potrebbero essere:

- Il fidanzamento con una donna chiamata Regina Olsen: avrebbe dovuto sposarla ma fu lui a
interrompere il fidanzamento, perché non sapeva se la ama quanto amava Dio.
- Qualcun altro sostiene che all’origine della frustrazione vi sia l’attacco nei suoi confronti da parte di
un giornale satirico “il corsaro”
- La morte dei fratelli

Tra le sue opere ricordiamo:

1) Aut-Aut (letteralmente questo o questo)= all’interno troviamo il diario di un seduttore che è un


piccolo opuscolo
2) Sul concetto dell’angoscia
3) Timore e Tremore
4) Discorsi religiosi

La filosofia di Kirkegaard può essere racchiusa in due parole chiavi: possibilità e singolarità.

Per Kirkegaard infatti la vita è possibilità di scelta, non si può vivere senza compiere scelte. Se per
Shopenahuer la vita era dolore, per Kirkegaard invece agiamo dovendo sempre scegliere, anche la
possibilità di non scegliere è una scelta, scegliamo di non scegliere. Le scelte sono fondamentali perché
definiscono chi siamo. Scegliere significa rinunciare ad altre possibilità, scegliere significa essere
responsabili, per questo è angosciante, in quanto quando si sceglie la paura più grande è quella di sbagliare,
di non poter tornare indietro.

Probabilmente per il filosofo la scelta era un qualcosa che lo paralizzava, quasi un tormento, ad un certo
punto matura la consapevolezza di non riuscire a scegliere, all’interno del “Diario di un seduttore” dice
sempre “io sono sempre al punto zero, sono sempre in bilico tra l’essere qualcosa e l’essere nulla” (punto
zero= punto di incertezza, indecisione).

Kikegaard pubblica le sue opere con degli psedudonimi, lui afferma “quello che ho scritto mi appartiene
ma non del tutto” come se prendesse le distanze da ciò che ha scritto. Lo fa perché il fatto di dover
intraprendere una via, una scelta da cui poi non è più possibile tornare indietro lo angoscia.

L’altra parola chiave della filosofia di Kirkegaard è l’individualità: l’individuo rappresenta il protagonista
della vita, l’uomo singolo è portato a compiere delle scelte, sono le scelte che fa che lo portano ad essere
unico. Noi non possiamo essere compresi nella vasta categoria della specie, perché noi non viviamo come
specie bensì come singolo. Fondamentalmente per lui l’individuo è protagonista perché lui è fortemente
religioso, nella religione c’è il singolo con Dio.
GLI STADI DELLA VITA

Secondo il filosofo vi sono 3 stadi (modelli) di vita o possibilità esistenziali che ogni singolo può adottare
nella sua vita:

- Stadio estetico (affrontato aut-aut) = è caratterizzato dalla ricerca continua del piacere e della
bellezza. Kirkegaard per spiegare tale stadio prende come esempio il Don Giovanni, personaggio
spagnolo nobile, che passava la vita cambiando e andando di donna in donna (diventò un
personaggio famoso, tanto che Mozart scrisse una sinfonia per lui). Don Giovanni non sceglie mai
una donna, il non scegliere mai e il non costruire un qualcosa di concreto nella sua vita lo portano
a non avere una precisa indentità, lo portano nella noia e nella disperazione.
Un esteta che cita Kirkgaard è Nerone: si circonda di cose belle ma non gli basta mai niente. Il fatto che
abbia anche troppo lo porta a non desiderare più niente perché sa di poterlo avere.

- Stadio etico (affrontato nell’opera Aut-Aut)): in tale stadio l’uomo sceglie di vivere eticamente. Per
spiegare tale stadio Kirkegaard prende come esempio il giudice Guglielmo, in quanto è un uomo
fedele e un buon lavoratore. Guglielmo sceglie ogni giorno di stare con sua moglie e di seguire il
suo dovere. Tuttavia anche la vita etica finisce nella disperazione, perché il tentativo di rispettare la
legge morale e la legge dello Stato mette ogni individuo di fronte ai propri limiti e alla tentazione
del peccato. Guglielmo arriva a provare un senso di rimorso, lui si pente di non aver fatto delle cose
per seguire la via etica.

- Stadio religioso (affrontato nell’opera timore-tremore): consiste nell’affidarsi completamente a


Dio, solo così è possibile non cadere nella disperazione. Per spiegare tale stadio il filosofo prende
come esempio la figura di Abramo, che sacrifica il figlio Isacco per ordine di Dio. Abramo
esemplifica la fede, lui si è fidato di Dio, pur infrangendo le leggi morali.
Kirkekard a proposito di ciò afferma che la fede è paradosso ( para= contro – doxa= opinione) e
scandalo, in quanto è immorale, non segue le leggi morali. La fede ci libera dall’angoscia e dalla
disperazione, perché sarà Dio a scegliere al posto nostro. E’ vero che anche la fede è una scelta,
ma è una scelta che si fa occhi chiusi.
ANGOSCIA

Nelle opere di Kirkegaard ha un ruolo centrale il concetto di angoscia. L’esistenza dell’uomo è segnata
dall’angoscia, quest’ultima deriva dal rapporto dell’uomo col mondo, il mondo gli offre infinite possibilità
ma l’uomo non riesce a scegliere, tale sensazione lo fa sentire inadeguato e crea dentro di lui inquietudine,
angoscia.

L’angoscia è diversa dalla paura: mentre la paura si prova per una situazione determinata, ben precisa, per
un pericolo chiaro. L’angoscia è peggio, perché è uno stato di disorientamento, nell’angoscia non abbiamo
direzione proprio perché vi è questa indecisione che paralizza, che ci fa sentire nel vuoto. Tale sensazione è
più profonda laddove vi è consapevolezza.

Kirkegaard paragona l’angoscia ad un giudice inquisitore, da cui non si può sfuggire, l’unico modo per poter
contrastare l’angoscia è la fede in Dio, Dio può tutto e sa quello che è giusto.

Collegamento= il concetto di angoscia è centrale nella pittura di Munch, una fra le opere più note è l’urlo.

LA DISPERAZIONE (analizzata nell’opera La malattia mentale)

Mentre l’angoscia fa riferimento al rapporto che l’uomo con il mondo la disperazione fa riferimento al
rapporto che l’uomo ha con se stesso. La disperazione nasce:

- Dalla mancanza di scelta= dall’impossibilità di scegliere che tipo di persona essere, in quanto si è
incapaci di scegliere.
- Dalla mancanza di libertà= dalla consapevolezza dell’individuo che riconosce l’impossibilità di
essere ciò che realmente vorrebbe.

Anche in questo caso la soluzione è la fede.

CRITICA AD HEGEL

Kirkegaard come Shopenhauer è un antihegeliano. Lui critica Hegel per varie ragioni (lo fa nell’opera
“Briciole di filosofia”, il termine briciola è usato in senso ironico):

- Critica la tendenza di Hegel a considerare più importante l’umanità piuttosto che l’individuo
- Ritiene che la sua filosofia sia astratta, dunque che non rifletta il vero flusso della vita. Kirkekard
afferma “il filosofo che fa come come Hegel, costruisce un sistema perfetto ma poi in tale sistema
non si riconosce, cioè non può abitarci dentro, ed è costretto ad andare a vivere in un fienile”.
- Kirkegaard critica ad Hegel il fatto che ritienga che il finito sia la manifestazione dell’infinito,
dunque che l’uomo sia una manifestazione di Dio. Kirkekaard afferma che vi è una differenza tra
infinito e finito, dunque fra Dio e l’uomo, affermando che l’uomo non ha la stessa natura di Dio,
mentre l’uomo è finito e può sbagliare, Dio è infinito e non sbaglia.

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