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Stadi dell’esistenza di Kierkegaard:
Vita estetica, “Dorian Gray” di Oscar Wilde (collegamenti
interdisciplinari). La vita estetica è come la vita del Don Giovanni di
Mozart. Esteta che ha come suoi orizzonti i suoi bisogni e voleri, vale a
dire che è un uomo che si gode la vita. L’esteta pone il senso
dell’esistenza al di fuori dell’esistenza stessa, questo significa che si
gode la vita sempre con persone diverse e cerca il piacere nei beni
materiali (materialismo). Quindi, l’esteta è colui che si gode la vita e
riveste il senso della sua vita all’esterno, cioè lui cerca il piacere
nell’uso, nel consumo e nelle altre persone. Secondo Kierkegaard
questo tipo di esistenza dopo del tempo ricade per nella noia perché si
entra in una condizione di non appagamento e di disumanizzazione.
Vita etica, che equivale alla vita del marito fedele. Le persone che
scelgono questa vita, sceglie un progetto di vita basato sulla famiglia e
sul lavoro. Per Kierkegaard anche questa esistenza si conclude con la
noia.
Per Kierkegaard questa scelta è reversibile, ma c’è un abisso tra le due, o sei
uno o sei l’altro è impossibile che queste due esistenze coesistano in
un’unica persona. Inoltre, visto che queste due vite termine entrambe nella
noia, secondo lui la vita è una disperazione.
Timore e tremore
Nell’opera “Timore e tremore”, Kierkegaard introduce la terza via che l’uomo
può scegliere di intraprendere. Il prototipo di questa vita è Abramo, che stava
per sacrificare suo figlio Isacco, ma viene interrotto da Dio. La prima volta in
cui l’uomo ha avuto la possibilità di scegliere è stato se mangiare dall’albero
del bene e del male, quindi la possibilità di scegliere nasce come un’offerta di
Dio che concede all’uomo di peccare. Questo significa che la libertà è
connotata al peccato. L’uomo che intraprende una vita religiosa tu ti
abbandoni alle scelte di Dio ed è la migliore scelta che si può prendere.
Secondo la scolastica, la fede doveva essere riconciliata con la ragione
(1200). Invece, secondo Pascal la fede è una scommessa: se Dio esiste hai
vinto, se invece non esiste non perdi niente (1600). Infine, la fede per
Kierkegaard è “salto nel buio”, vale a dire un vincolo cieco in cui l’uomo deve
trovare rifugio perché vittima della disperazione esistenza e della noia, che
solo con l’abbandono alla fede si può risolvere. Quindi, secondo lui la fede è
un paradosso perché tu scegliendo di affidare a qualcun altro le tue scelte
ricadi comunque nella noia. La concezione di Kierkegaard della fede è
antitetica rispetto alla concezione di Hegel perché quest’ultimo aveva posto la
religione come penultima tappa della manifestazione dello spirito e della
ragione, invece Kierkegaard affermando che essa è un “salto nel buoi” vuole
sottolinearne l’irrazionalità di essa.