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Søren Kierkegaard

Søren Kierkegaard è un filosofo danese. Quando Kierkegaard scrive non si


firma quasi mai e usa degli pseudonimi per portare avanti la sua filosofia,
nella sua vita l’unica cosa che firma sono degli articoli su un giornale che ha
fondato lui. Kierkegaard reagisce al sistema hegeliano rimettendo al centro il
singolo e riscoprendo l’uomo come libertà di scelta. Infatti, il singolo nel
sistema di Marx e di Hegel ha un senso solo se è all’interno di un sistema più
grande (Marx individuo parte di una classe sociale; Hegelindividuo parte
del suo sistema). Invece, lui vuole riportare al centro il singolo, dove la sua
vita diventa una serie di possibilità di scelta; infatti, se il singolo diventa la
nostra unità di misura, allora le sue scelte e la sua libertà tornano anch’esse
in primo piano. Kierkegaard si laurea con una tesi sulla sofistica e in
particolare riprende Protagora, che affermava: “l’uomo è misura di tutte le
cose”. La libertà di scelta è fondamentalmente un fascio di rinuncia, come il
costo opportunità in economia oppure la scelta dell’università, vale a dire che
io posso scegliere un’unica strada e questo comporta alla rinuncia delle alte
vie. La vita è un orizzonte di libertà di scelta, durante la quale ci accorgiamo
che la libertà di scegliere coincide con la rinuncia, questo genera paura,
senso di colpa esistenziale e angoscia (parola usata da Kierkegaard) “il
grido” di Munch, “Il processo” di Kafka (Collegamenti interdisciplinari), nel
quale una persona si sente in colpa anche se non è colpevole. Quindi, la
riscoperta della libertà genera angoscia perché le persone sono sempre
obbligati a prendere una decisione e quindi sono obbligati a rinunciare a
qualcosa. Kierkegaard critica principalmente il sistema di Hegel e l’epitaffio di
Kant (“il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”), invece
Kierkegaard vuole come epitaffio “quel singolo” perché secondo lui il singolo
è la categoria attraverso la quale devono passare il tempo, la storia e
l’umanità. Il singolo può scegliere un’unica cosa tra tutte e in particolare, la
prima scelta che fa è il tipo di vita da condurre. Kierkegaard propone questa
sua concezione all’interno della sua opera “Aut-Aut”.

Aut-Aut
Stadi dell’esistenza di Kierkegaard:
 Vita estetica, “Dorian Gray” di Oscar Wilde (collegamenti
interdisciplinari). La vita estetica è come la vita del Don Giovanni di
Mozart. Esteta che ha come suoi orizzonti i suoi bisogni e voleri, vale a
dire che è un uomo che si gode la vita. L’esteta pone il senso
dell’esistenza al di fuori dell’esistenza stessa, questo significa che si
gode la vita sempre con persone diverse e cerca il piacere nei beni
materiali (materialismo). Quindi, l’esteta è colui che si gode la vita e
riveste il senso della sua vita all’esterno, cioè lui cerca il piacere
nell’uso, nel consumo e nelle altre persone. Secondo Kierkegaard
questo tipo di esistenza dopo del tempo ricade per nella noia perché si
entra in una condizione di non appagamento e di disumanizzazione.
 Vita etica, che equivale alla vita del marito fedele. Le persone che
scelgono questa vita, sceglie un progetto di vita basato sulla famiglia e
sul lavoro. Per Kierkegaard anche questa esistenza si conclude con la
noia.

Per Kierkegaard questa scelta è reversibile, ma c’è un abisso tra le due, o sei
uno o sei l’altro è impossibile che queste due esistenze coesistano in
un’unica persona. Inoltre, visto che queste due vite termine entrambe nella
noia, secondo lui la vita è una disperazione.

Timore e tremore
Nell’opera “Timore e tremore”, Kierkegaard introduce la terza via che l’uomo
può scegliere di intraprendere. Il prototipo di questa vita è Abramo, che stava
per sacrificare suo figlio Isacco, ma viene interrotto da Dio. La prima volta in
cui l’uomo ha avuto la possibilità di scegliere è stato se mangiare dall’albero
del bene e del male, quindi la possibilità di scegliere nasce come un’offerta di
Dio che concede all’uomo di peccare. Questo significa che la libertà è
connotata al peccato. L’uomo che intraprende una vita religiosa tu ti
abbandoni alle scelte di Dio ed è la migliore scelta che si può prendere.
Secondo la scolastica, la fede doveva essere riconciliata con la ragione
(1200). Invece, secondo Pascal la fede è una scommessa: se Dio esiste hai
vinto, se invece non esiste non perdi niente (1600). Infine, la fede per
Kierkegaard è “salto nel buio”, vale a dire un vincolo cieco in cui l’uomo deve
trovare rifugio perché vittima della disperazione esistenza e della noia, che
solo con l’abbandono alla fede si può risolvere. Quindi, secondo lui la fede è
un paradosso perché tu scegliendo di affidare a qualcun altro le tue scelte
ricadi comunque nella noia. La concezione di Kierkegaard della fede è
antitetica rispetto alla concezione di Hegel perché quest’ultimo aveva posto la
religione come penultima tappa della manifestazione dello spirito e della
ragione, invece Kierkegaard affermando che essa è un “salto nel buoi” vuole
sottolinearne l’irrazionalità di essa.

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