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-Briciole di filosofia;
-Il concetto dell’angoscia;
-Postilla conclusiva non scientifica;
-La malattia mortale.
L'opera di Kierkegaard non è solo polemica contro l'idealismo romantico, molti suoi temi si
pongono in contrasto con esso:
- difende la singolarità dell'uomo contro l'universalità dello Spirito,
- rivaluta l'esistenza concreta contro la ragione astratta,
- la libertà come possibilità contro la libertà come necessaria
2. L’ESISTENZA COME POSSIBILITÀ E FEDE
2) Atteggiamento contemplativo.
Kierkegaard cerca di chiarire le possibilità fondamentali che si offrono all'uomo, cioè quei
momenti, quegli stadi della vita dove l’uomo è indotto a scegliere → Quella del filosofo è
dunque una attività contemplativa → osserva senza intervenire . Non a caso si crede
poeta e moltiplica la propria personalità con vari pseudonimi, proprio per accentuare il
distacco tra se
stesso e ciò che andava descrivendo.
3)Tema della fede → cristianesimo, unica religione in cui Kierkegaard intravede un'ancora
di salvezza.
3. LA CRITICA ALL'HEGELISMO
La filosofia di Hegel sembra essere opposta al pensiero di Kierkegaard.
- In Hegel era importante il Tutto in cui le parti si riconoscevano, per Kierkegaard è il contrario
poiché egli esalta ogni singolo elemento, esalta la singolarità dell’individuo, esempio: se dovesse
morire un individuo, non ce ne sarà mai un altro uguale, ogni individuo è irripetibile.
E’ il singolo che si trova difronte ad una scelta , che genera sempre angoscia perché noi non
sappiamo come andrà a finire, cosa sarà
Kierkegaard critica Hegel per aver trasformato il genere dell'uomo in un genere animale
poiché negli animali il genere è superiore al singolo, mentre nel genere umano il singolo è
superiore al genere.
Mentre per Hegel la verità è oggettiva, per Kierkegaard la verità non è
oggettiva, ma egli dice che la verità è tale solo quando è una verità per me,
solo quando l'uomo se ne appropria → l'appropriazione della verità è la verità. E’ una
riflessione soggettiva opposta a quella oggettiva di Hegel.
La chiave del pensiero di K è che il SOGGETTO è PIU’ IMPORTANTE
DELL’OGGETTO. Il soggetto non si disperde nell’oggetto, nella storia.
Praticamente Hegel dicendo che “tutto ciò che è reale è razionale”, si pone in maniera
opposta a K, perché se noi diciamo che tutta la ragione tende a farsi, a realizzarsi nella
realtà, tendiamo a non considerare la singolarità. Invece con K. è la persona umana,
l’individuo che sceglie, che decide anche se la sua decisione è difficile e genera angoscia.
Fa scrivere sulla sua tomba non il suo nome ma solo “quel
singolo”: è contro il panteismo idealistico, cioè la pretesa di identificare l'uomo e Dio →
sostenendo che c'è un’ infinita differenza qualitativa tra l'infinito e il finito.
Per Kierkegaard quando l’uomo si trova dinanzi ad una scelta è un dramma. La scelta è un “aut
aut” ovvero, se scelgo una cosa, vuol dire che devo rinunciare ad un’altra. Non esiste una via di
mezzo, ne consegue che l’IO di K. è lacerato
In questo senso la dialettica di K. è qualitativa perché non si risolve in pensieri astratti ma si
risolve nella concretezza della vita.
( mentre in Hegel abbiamo trovato et-et , in K abbiamo aut -aut ).
L’IO di K. è lacerato
L’IO di Fichte è infinito.
LA VITA RELIGIOSA
K. ,così come poneva un abisso tra lo stato estetico e lo stato etico, allo stesso modo pone
un abisso tra lo stato etico e lo stato religioso, non c’è continuità tra la vita etica e quella
religiosa. Aspetti del suo pensiero contenuti nella sua
Opera “TIMORE e TREMORE”.
Nello stadio religioso l’individuo riconosce la piccolezza e l’incompletezza del proprio
essere, comprendendo che per salvarsi è necessario riconoscere la propria colpevolezza
attraverso il pentimento ed abbandonarsi completamente a Dio.
Solo così è possibile vincere la disperazione: accettando la propria “nullità” e affidandosi
totalmente alla fede.
Lo scandalo della religione viene evidenziato da K. ,rifacendosi al personaggio biblico di
Abramo*, che spinto dalla legge divina, riceve da Dio l’ordine di uccidere il proprio figlio.
Abramo obbedisce alla legge divina, ma va contro la legge morale, etica. Il sacrificio è
suggerito ad Abramo da un comando divino, che contrasta con la legge morale.
Infatti secondo Kierkegaard l’affermazione del principio religioso sospende l’azione del
principio morale. Tra i due principi, quello morale e quello religioso, non c’è possibilità di
conciliazione. L’uomo deve scegliere di seguire i comandi divini anche a costo di
infrangere le norme morali, rompendo i rapporti con tutti gli altri uomini.
Da qui , oltre allo scandalo, il paradosso della vita religiosa:
nel momento in cui un uomo crede, nello stesso tempo prova paura, angoscia perché si
trova sempre ad un bivio, si trova sempre difronte ad una scelta: credere o non credere?
La vita religiosa è quindi imprigionata in una contraddizione inesplicabile: da una parte
deve scegliere, dall’altra deve credere in maniera assoluta ai precetti di Dio, quindi da
tutto ciò deriva il carattere incerto della vita religiosa, e la fede
diventa una certezza angosciosa.
Kierkegaard si accorge che la sua idea di cristianesimo è molto lontana da quella delle
religioni ufficiali, difatti polemizza contro il cristianesimo della Chiesa danese . K era un
CALVINISTA
*(storia di Abramo dell’antico testamento: nella Bibbia, Abramo fu il primo dei patriarchi e capostipite del popolo
ebreo e di quello arabo. Nel racconto biblico (Genesi 11-25) Dio strinse un patto con A. promettendogli dalla moglie
Sara un figlio, Isacco, e un'innumerevole discendenza, come le stelle del firmamento ; ma dato che Sara non poteva
avere figli, perché aveva 90 anni, ebbe dalla sua serva Agar un figlio da lei che fu chiamato Ismaele. Ma poco dopo
dalla moglie legittima Sara nacque un figlio chiamato Isacco. Dio però punisce Abramo perché non ha avuto fede nelle
sue parole ed ordina di cacciare Ismaele e Agar , che vengono abbandonate nel deserto – da loro ebbe origine la civiltà
mussulmana-, inoltre Dio volle metterlo alla prova e gli impose di sacrificare il figlio Isacco: A. obbedì, ma al momento
di immolare Isacco fu fermato da un angelo. Nella tradizione religiosa, A. è l'eroe della fede e della cieca obbedienza a
Dio.)
5. L’ANGOSCIA
Se esistere significa scegliere, nel senso che l’individuo è ciò che sceglie di essere, il fatto
di poter scegliere significa che l’uomo è libero ed ha difronte a se infinite possibilità
positive, ma anche negative. Ciò però genera in lui angoscia, una condizione tipicamente
umana descritta nell’ opera ”Il concetto dell’angoscia”.
Con Kierkegaard parliamo di una ANGOSCIA ESISTENZIALE (sarà infatti considerato il
padre dell’esistenzialismo -nuova corrente filosofica-) perchè analizza la situazione di
radicale incertezza, instabilità e dubbio in cui si trova l’uomo per natura. Ciò è appunto
dovuto all’angoscia ( ANGST in tedesco). Dopo aver stabilito che la cifra dell’esistenza
6. DISPERAZIONE E FEDE
Disperazione e angoscia sono due concetti strettamente legati, ma non identici.
Mentre l’angoscia nasce dal rapporto dell’IO con il MONDO, ossia quando il possibile
pone l’uomo rispetto al mondo, perché l’ uomo rispetto al mondo si sente in una situazione
di in angoscia esistenziale poichè avverte la sua inadeguatezza rispetto a ciò che
potrebbe essere e a ciò che non potrebbe essere.
Invece la disperazione nasce dal rapporto dell’IO con SE STESSI, quando il possibile
pone l’uomo con stesso, difronte alla sua interiorità.
Praticamente il possibile rende l’uomo infelice e genera angoscia. Quando l’uomo difronte
al proprio IO si rende conto di non poter arrivare a raggiungere il proprio desiderio
(=mancanza di qualcosa), si generà l’angoscia che trasportata nella propria interiorità
diventa DISPERAZIONE perché l’Io non può realizzare il proprio desiderio.
La disperazione attiene alla personalità dell’uomo, al rapporto in cui l’io si pone con se
stesso. La disperazione è dunque strettamente legata alla natura dell’IO.
Infatti l’IO può volere essere se stesso, ma anche non volere essere se stesso cioè non
riuscire ad essere se stesso, a non trovare un posto per se stesso.
Se l’ IO non vuole essere se stesso, urta contro un aspetto costitutivo della sua natura
perché se non sto bene con me stesso cado nella disperazione , però anche quando l’IO
vuole essere se stesso non può trovare un equilibrio perché l’io è finito e non è
autosufficiente. Così nell’uno e nell’altro caso ci si imbatte nella disperazione che è una
autentica malattia mortale, perchè è generata dall’inutile tentativo dell’uomo o di evadere
da se, o di rendersi autosufficiente.
È un’autodistruzione impotente. La disperazione di cui parla K. non è una disperazione
che nasce da perdite materiali (perdita di un patrimonio o di una persona cara), ma è la
disperazione INFINITA che nasce dalla consapevolezza della propria insufficienza
esistenziale.
La disperazione nasce quindi dal fatto che l’uomo non accetta la propria condizione
umana.
Poiché , l’io è sintesi di necessità e libertà, per cui la disperazione che nasce in lui ed è
dovuta:
• La mancanza della necessità (= l’IO è necessario se non ci fosse l’IO non ci sarebbero
gli altri)
L’ individuo si trova di fronte alle infinite possibilità che gli si prospettano ma di fatto non
compie una determinata scelta per farle diventare realtà, non sa che fare, non sa compiere
una scelta e cade nella disperazione, ma anche quando compie una scelta cade nella
disperazione perché si è negato la possibilità di compiere altre scelte. Per questo parliamo
di esistenzialismo come sofferenza dell’esistenza (esistere non è semplice): di fronte alle
infinite possibilità è come se tutto fosse possibile e, così, l’esistenza stessa si annulla.
Disperazione è quella che porta all’ evasione cioè il rifugio in possibilità fantastiche,
illimitate. Poiché nella evasione tutto è possibile, ci si può smarrire in essa in due modi
fondamentali: il desiderio (l’iperattivismo, la ricerca del soddisfacimento) o, in un ambito
malinconico-fantastico, la speranza, il timore, l’angoscia, la paralisi.
•La mancanza della libertà (o del possibile) porta alla disperazione perché l’uomo non
può vivere senza possibilità di scelta; la possibilità salva e fa rinvenire l’uomo, così come
l’acqua rianima chi sviene.
Tuttavia, la fantasia umana, che consente di trovare una possibilità, non basta il più delle
volte come rimedio alla disperazione.
L’unico antidoto alla disperazione è la fede in Dio, in quanto a Lui tutto è possibile. Il fatto
che Dio PUO’ tutto, spinge l’uomo a pregare , attraverso la preghiera l’uomo ha una
SPERANZA che lo pone oltre la disperazione (senza la speranza sarebbe come un
animale muto).
Per K. la fede è dunque paradosso e assurdità. Tutte le categorie del pensiero religioso,
della teologia , sono impensabili per K. : impensabile è la trascendenza di Dio,
impensabile è l’idea di un Dio che si fa carne e muore per la salvezza dell’uomo,
impensabile è il concetto di eternità di Dio (eternità=che non nasce e non muore). Ma la
fede è credere nonostante tutto. Essa è capovolgimento paradossale dell’esistenza.