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KIERKEGAARD

Egli nasce a Copenhagen (Danimarca) il 5 maggio 1813; lo si identifica come un


personaggio strano e bizzarro che non ha particolare successo. Nella sua vita, infatti, non
succede nulla di eclatante, eccetto la morte della madre e di 5 dei suoi 7 fratelli (motivo per
cui proverà estremo dolore).
Altro avvenimento apparentemente significativo della sua vita è il fidanzamento con Regina
Olsen, che egli stesso, ad un passo dal matrimonio, mandò a monte perché non voleva
identificarsi come marito.
Studiò teologia con lo scopo di diventare pastore e protestante ma, ancora una volta, lasciò
tutto all’ultimo.
Due particolarità che è importante sottolineare riguardano:
➢ il fatto che non vuole mai scegliere e andare in fondo alle cose, infatti, preferisce
mostrarsi nella permanente indecisione;
➢ il fatto che scrive tantissimo ma, nonostante questo, non utilizza mai il suo nome
poiché non vuole identificarsi con l’autore o con il contenuto del libro in questione.
Esistenza come possibilità e fede
La filosofia di Kierkegaard è basata sulla possibilità (categoria della vita), intesa non
positivamente ma in senso negativo…la situazione in cui egli si trova a vivere gli appare
carica di alternative terrificanti che finiscono col paralizzarlo; dunque, impossibilitato a
scegliere tra alternative opposte, identifica la sua esistenza personale con il cosiddetto
“punto zero”.
Seconda caratteristica della filosofia kierkegaardiana è lo sforzo di chiarire le possibilità
fondamentali che si offrono all’uomo ed infine, terza caratteristica portante, riguarda la fede
ed in particolare il cristianesimo (unica religione in cui il filosofo intravede un’ancora di
salvezza).
Il rifiuto dell’hegelismo e la verità del “singolo”
Kierkegaard critica la filosofia hegeliana che si mostra inconciliabile con la propria visione
filosofica per una serie di motivi:
1. L’edificazione di un sistema nel quale le possibili alternative sono riunite nella continuità di
un processo dialettico che, secondo il filosofo, è solo apparente poiché l’unica verità e l’unità
della Ragione con sé stessa;
2. La tendenza a ritenere la specie più importante dell’individuo; infatti secondo Kierkegaard
ciò è esattamente l’opposto e, dunque, è il singolo ad essere ritenuto superiore al genere;
3. La riflessione oggettiva propria della filosofia di Hegel, cui Kierkegaard contrappone una
riflessione soggettiva connessa con l’esistenza.
Gli stadi dell’esistenza (vita estetica, vita etica, vita religiosa)
La vita estetica
Forma di vita di chi vive nell’attimo fuggevole e irripetibile.
Per rappresentare questo stadio, Kierkegaard tratteggia la figura di Don Giovanni, il quale si
ostina a non scegliere e che decide di non definirsi come identità stabile; egli infatti vive nel
“qui e ora”, non possiede quella continuità che gli permette di costruirsi come persona e
resta nell’indefinito, dandosi al godimento e disperdendosi nelle esperienze.
La vita etica
Forma di vita di chi si assume il peso delle proprie responsabilità.
Per rappresentare questo stadio, Kierkegaard si rifà alla figura del marito, a colui che vive
del proprio lavoro, a colui che afferma sé stesso tramite scelte e decisioni. Tuttavia, in virtù
di tali scelte, l’individuo non può rinunciare a nulla della propria storia, nemmeno agli aspetti
di essa più dolorosi e, nel riconoscersi in quest’ultimi, emerge il pentimento.
La vita religiosa
Forma di vita in cui l’uomo si apre completamente a Dio, riuscendo a vincere (anche se non
ad eliminare completamente) l’angoscia e la disperazione che lo contraddistinguono.
Tale stadio (totalmente scollegato da quello etico) è rappresentato dalla figura di Abramo, il
quale dopo molti anni vissuti nel rispetto della legge morale, riceve da Dio l’ordine di
uccidere suo figlio Isacco, infrangendo la legge per la quale è vissuto e scegliendo la
dimensione dello scandalo e del paradosso (tipica della stessa fede).
L’angoscia
Secondo Kierkegaard essa è una condizione eterna dell’uomo che sorge nel momento
stesso in cui egli diventa consapevole della sua infinità libertà; di fronte ad una scelta, infatti,
il risultato dovrà essere necessariamente uno solo e, dunque, l’uomo che decide di prendere
la totale responsabilità delle sue scelte, sarà destinato ad un futuro di angoscia.
Curiosità: Adamo è stato il primo uomo in assoluto, libero di scegliere e che ha provato
angoscia nel momento in cui ha dovuto decidere se mangiare o meno la mela,
inconsapevole di quelle che sarebbero state le conseguenze.
Disperazione e fede
Mentre l’angoscia si riferisce al rapporto dell’uomo con il mondo, la “disperazione” si riferisce
al rapporto dell’uomo con sé stesso. Quest’ultima è strettamente legata alla natura dell’io;
quando l’uomo si guarda dentro di sé, si imbatte in due tipologie di problemi:
1 problema: “non voler essere se stessi” - problema in cui l’uomo si vede sbagliato e
inadeguato e vuole essere diverso;
2 problema: “voler essere se stessi” ma di sapere che, in quanto limitati, non ci si può
realizzare.
In entrambi i casi l’uomo si dispera e, l’unico modo per potersi salvare, è la fede, condizione
in cui l’uomo ha fiducia in Dio e riconosce la propria dipendenza da quest’ultimo.
E’ importante sottolineare anche il fatto che secondo Kierkegaard la fede e, dunque, il
rapporto tra Dio e l’uomo, ha carattere di attimo e non si verifica nella storia - ennesimo
motivo per cui la fede è assurdità, paradosso e scandalo.

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