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Mentre Schopenhauer parlava di dolore e noia, Kierkegaard parlerà di

angoscia e disperazione, sentimento negativo per l’animo umano.


La disperazione
La disperazione si tocca quando non si intravedono possibilità di ripresa,
questo ci indica che il soggetto trovato dinnanzi ad una serie di possibilità
utilizzando lo stesso atteggiamento di Kierkegaard ovvero quelle di
paralizzarsi sarebbe di rimanere al punto zero. Per questo decide di non
decidere, di non scegliere. Egli ha assunto la fisionomia di uomo inetto che
è colui che non sceglie e cerca di giustificare la sua innertitudine. Alcuni
critici si sono soffermati anche sulla sua vita in quanto chi ha questa
visione della realtà è tipico di un soggetto fragile, debole che si rifugia in
questo mondo del nulla. Lo sforzo di alcuni critici è stato individuare se
nella sua vita ci sono stati degli episodi che hanno inciso sulla sua
personalità. Diciamo che Kierkegaard avvertiva costantemente un’ansia e
questa non ha oggetto. Ed era una situazione connaturale in lui. Ciò che ha
alimentato questo non è stata la sua vita privata. Un altro avvenimento
che diciamo lo ha destabilizzato è un giornale satirico “Il Corsaro” in cui
sono stati pubblicati articoli satirici che riguardano Kierkegaard. Lui era
comunque un personaggio pubblico e questo insieme al fidanzamento
sono gli avvenimenti più forti.
L’angoscia e disperazione
Secondo Kierkegaard il rapporto tra uomo e modo è legato alla possibilità
e alla libertà. Emerge la situazione di Adamo che ha condizionato con
l’altra metà ovvero una possibilità che non doveva scegliere commettendo
un peccato. L’angoscia è un sentimento legato non a ciò che si conosce,
ma è legata a un oggetto che non conosciamo. La disperazione è il
rapporto che l’uomo ha con il proprio io. Abbiamo parlato di assoluto, di
fede e di uomo, infatti è consapevole che l’io sia limitato e finito, e quindi il
rapporto con la fede che è qualcosa di onnipotente, come fa ad avere un
contatto. Questo sentimento nasce dal fatto che l’uomo sia in conflitto con
se stesso. In quanto riconoscono un essere finito e limitato. Si allontana da
Dio e allontanandosi l’uomo tende a peccare.
Le opere
Fanno parte i suoi romanzi Aut-aut di cui fa parte il diario Timore e
tremore sono titoli che lasciano perplessi in quanto evocativi comunque di
esperienze non positive. Le sue opere tutte autobiografiche anche se usa
pseudonimi perché dato che il suo è un atteggiamento paralizzante, lui
vuole sperimentare le varie possibilità attraverso i personaggi dei suoi
romanzi.
Nel suo romanzo ci parla di 3 possibilità dell’esistenza:
• Estetica: vivere come un Don Giovanni.
• Etica: vivere con comportamenti dettati dalla morale, dagli affetti
• Vivere attraverso la fede aggrappandosi a questa.
La vita estetica
Cerca di provare il personaggio dell’estetica che non programma ma coglie
nell’attimo l’esperienza che la vita offre. Un vivere alla giornata, dove
l’estetica cade nella disperazione e questa viene vista come un sentimento
positivo perché chi non tocca il fondo dice Kierkegaard non si rende conto
che quella possibilità è stata una possibilità sprecata, fatta di attimi. Quindi
viene lasciato un vuoto interiore che bisogna colmare con la scelta di altre
possibilità.
Vita etica
Vita completamente diversa. È una vita programmata, una vita che si
sceglie ed è incarnata dal buon marito, dal buon impiegato quindi da un
uomo che incarna una vita progettata e scelta, anche monotona, basata
sulla quotidianità. Una vita non rivolta solo al singolo, ovvero non è solo di
soddisfazioni fatta appunto per il singolo ma l’uomo etico è quello che
condivide la vita con gli altri come ad esempio la moglie, infatti il
matrimonio è il simbolo proprio della vita etica. Però anche questo non va
bene in quanto l’uomo etico che è dedito agli altri dimentica se stesso.
Dove poi rientrerà il pentimento che lo allontana dagli altri.
La vita religiosa
Ovvero fede e antidoto contro la disperazione. Della fede dice Kierkegaard
che questa è dentro l’uomo ed è un sentimento che si coltiva da solo e più
lo si alimenta e più dà la forza. La figura della vita religiosa è incarnata da
Abramo che dopo 70 anni che ha vissuto, ha fatto della morale il suo
cavallo da battaglia ad un certo punto viene chiamato da dio che lo mette
alla prova dicendo di uccidere suo figlio, il suo unico figlio. Egli accetta ma
è stato fermato solo dalla voce di Dio in quanto la prova che aveva dato
della sua fedeltà era sufficiente per conoscere la sua fede nei confronti di
un essere supremo. Inoltre la fede come dice Kierkegaard o c’è l’hai o non
c’è l’hai, è qualcosa che ti coinvolge completamente facendo abbandonare
tutte le certezze, ma solo in questa maniera si riesce a superare l’angoscia.
La religione per Kierkegaard è paradosso e scandalo, perché c’è l’ha con la
chiesa Danese.

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