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Temi principali:
- interesse rivolto al singolo e alla sua unicità
- attenzione per gli aspetti più dolorosi e difficilmente comprensibili dell’esistenza umana
- fede autentica, costante ricerca individuale di senso e di un rapporto esclusivo con Dio
Il nucleo centrale della sua filosofia riguarda l’esplorazione di differenti possibilità esistenziali. Vivere,
infatti, per Kierkegaard significa innanzitutto comprendere ciò che si è chiamati a fare, e scegliere, tra
infinite possibilità, quale esistenza si vuole condurre. La ricerca della conoscenza serve per determinare il
senso e la direzione del cammino dell’individuo.
Secondo K. non può esistere una verità oggettiva, impersonale, e questo non perché la verità non esista, ma
perché l’unico modo di coglierla è quello di percorrere una «via soggettiva», cioè appunto una via
personale, diversa da tutte le altre la verità non è mai la verità-in-sé, ma è sempre una verità-per-
qualcuno.
Per questo, K. Apprezza particolarmente la figura di Socrate, il quale ha testimoniato il suo pensiero con la
vita, e non ha mai preteso di avere raggiunto la verità. Egli è l’esempio più evidente di una perfetta
compenetrazione tra vita e pensiero, della filosofia intesa innanzitutto come impegno personale.
Le possibilità esistenziali
Le forme di vita (gli «stadi esistenziali») tra cui l’individuo si trova a scegliere sono: la vita estetica, la vita
etica e la vita religiosa.
Vita estetica caratterizzata dalla ricerca continua della bellezza e del piacere, personificata nella figura
del seduttore (Don Giovann). L’esteta non sceglie, ma insegue la variazione in situazioni di godimento
sempre nuove: così facendo, però, finisce nella ripetizione, nella noia e nella mancanza di identità, che a
loro volta sfociano nella disperazione.
Vita etica Nella disperazione il singolo ha la possibilità di fare la scelta della vita etica. Personificato nel
giudice Wilhelm (marito e funzionario dello Stato), l’uomo etico assume su di sé la responsabilità del
matrimonio e del lavoro.
Secondo Kierkegaard non è il seduttore, ma l’uomo etico a essere davvero libero, perché la vera libertà non
consiste nel non avere limiti da rispettare, ma risiede piuttosto nella possibilità di autodeterminarsi,
di scegliere quotidianamente chi essere, e di mantenersi fedele alle scelte fatte.
Anche la vita etica finisce, però, nella disperazione, perché il tentativo di rispettare la legge morale e la
legge dello Stato mette il singolo di fronte ai propri limiti di creatura finita e alla tentazione del peccato.
Vita religiosa La vita religiosa consiste nell’affidarsi totalmente a Dio, nella solitudine e senza il conforto
della razionalità. Affidarsi a Dio totalmente è il contrario della vita etica, perché implica una sospensione
dell’etica. La scelta religiosa è scandalo, perché può richiedere azioni incompatibili con le leggi morali, come
è ben esemplificato nella figura di Abramo, che obbedisce all’ordine divino di sacrificare il figlio Isacco.
Inoltre, mentre nella vita etica l’uomo sa che le proprie azioni sono giuste in quanto si conformano a leggi
universali, nella vita religiosa non ha mai questa certezza: egli non sa se le sue azioni lo condurranno
davvero alla salvezza oppure, al contrario, alla dannazione eterna. La necessità dell’abbandono
senza riserve alla volontà divina, senza che si possa avere alcuna garanzia di salvezza, fa sì che la scelta della
vita religiosa sia caratterizzata dal sentimento dell’angoscia.
Ci si potrebbe tuttavia domandare se i tre «stadi sul cammino della vita» delineati da
Kierkegaard non siano qualcosa di analogo ai tre momenti della dialettica hegeliana no! Gli stadi di K.
costituiscono alternative esistenziali assolutamente inconciliabili tra loro; sono forme di vita
reciprocamente escludentesi, che pongono appunto l’individuo di fronte a un aut-aut.