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Donatella Lombello
University of Padova, Italy
Abstract
This paper intends to explore the role of humour in children’s literature. If humour and
laughter provoke the rupture of mental schemas, adoption of other points of view in
everyday life, the ability to find ineptitudes and to experiment forms of indulgence towards
rigidities of which one becomes aware, who are the authors who write humoristic texts, and
how is it taken by the young reader?
Nel voler scandire alcune fondamentali fasi relative alla genesi e allo sviluppo della
Letteratura per l’infanzia in Italia, è forse utile precisare che essa è disciplina
presente nell’ambito accademico italiano dal 1962 (a partire dall’ateneo di Padova,
e poi nelle sedi di Bari, Roma e Firenze) e che, con alterne collocazioni giuridico-
accademiche, dal 1992 è incardinata tra gli insegnamenti di area storico-pedagogica
delle Facoltà di Scienze della Formazione.
Le diciture che definiscono questo insegnamento in Italia sono attualmente
diversificate: Letteratura per l’infanzia, Letteratura per ragazzi, Letteratura per
ragazzi e giovani adulti, Letteratura per l’infanzia e la preadolescenza, Letteratura
per l’infanzia e l’adolescenza…, ma tutte intendono riferirsi all’insieme di opere
scritte intenzionalmente per l’infanzia o delle quali l’infanzia si è appropriata (si
pensi, ad esempio, a I viaggi di Gulliver) .
É anche da precisare che quando si parla d’infanzia, ci si riferisce al
lettore in età evolutiva (dagli zero ai 18 anni), ovvero, ad «ogni essere umano in
età inferiore ai diciotto anni, a meno che secondo le leggi suo Stato, sia divenuto
prima maggiorenne», secondo la definizione di infanzia della Convenzione
internazionale sui diritti dell’infanzia (art.1, Parte prima) del 20 novembre 1989
(G.U. 11-06-1991). Negli anni Settanta del secolo scorso Anna Maria Bernardinis
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1
A tal proposito, oltre ai lavori di A. M. Bernardinis, specie: (1971) Pedagogia delle
letteratura giovanile.(Padova: Liviana); (1976) Itinerari. Guida storico-critica. (Milano: Fabbri); la
voce Letteratura giovanile in Nuovo Dizionario di Pedagogia, a cura di G. Flores D’Arcais (1987)
Cinisello Balsamo: Edizioni Paoline, 692-704. Si vedano anche il saggio di R. Lollo 2002:37-68, ed il
suo volume EAd., (2003) Sulla letteratura per l’infanzia, Brescia: La Scuola.
2
Affermava il filosofo e critico letterario napoletano: «Lo splendido sole dell’arte pura non
può essere contenuto dall’occhio ancora debole dei bambini» (Croce 1905) Luigi Capuana-Neera.
«La Critica». Vol.III Bari: Laterza, 352), sottolineando altresì come la letteratura per ragazzi non
potesse essere letteratura in quanto imparentata con la «musa bonaria» della pedagogia (Croce 1913,
La letteratura della Nuova Italia. Bari: Laterza, 352-353).
3
Le Lezioni furono pubblicate nel 1912.
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4
«Nelle classi superiori, dalla terza in su, dove l’ambito delle letture è più vasto, il leggere
non è solo esercizio, ma anche e soprattutto fruizione artistica, della quale quasi mai accade di dover
render conto, scolasticamente parlando, sulla quale non si ricevono «classificazioni», che non dà
luogo ad interrogatorii. Il valore della fruizione artistica è essenzialmente nel rapimento della fantasia,
nella commozione senza turbamento del sentimento, nella nobilitazione spirituale che la lettura dà
[…]» (Lombardo Radice 1970:189).
5
I corsivi delle diverse citazioni sono presenti nell’edizione a cura di G. Russo. Il
pedagogista afferma ancora: «Chi legge deve raccogliersi e interrogare se stesso, per intendere
appieno ciò che il libro vien presentando, e metterlo in relazione con il proprio mondo spirituale […].
Perciò sono compatibili con tale necessità spirituale tutti gli esercizi preparatorii che si vogliono […].
Per esempio: il maestro prima di iniziare la nuova pagina di lettura richiama le precedenti […] espone
il nuovo brano di lettura […] legge lui, a voce alta, prima di far leggere: illustra, parafrasa, commenta
procurando di avvincere e commuovere il suo uditorio […]. Esercizi di preparazione alla lettura
possono essere in genere tutte le lezioni di geografia, di storia, di scienze naturali, etc. etc. Non si
leggerà, supponiamo Tamburino sardo del De Amicis senza aver parlato, in altre ore, di guerre
dell’indipendenza, né Dagli Appennini alle Ande, senza aver fatto, prima e indipendentemente,
qualche cenno speciale di geografia» (1970:186-187 e n. 1.)
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6
Precisa Renata Lollo: «L’adulto che si esprime nel ruolo autoriale non manifesta
incertezza e, direttamente o indirettamente, fa passare attraverso il ruolo un’altra più impegnativa
auctoritas, quella di maestro» (2003:45-46). Afferma, altresì, Vittorio Spinazzola: «Il genitore che
comprava il libro per i suoi figli rifletteva la mentalità di un ceto mediamente colto, disposto a
valorizzare l’opera dei narratori per ragazzi se e solo in quanto avesse la certezza che l’autore
collaborava con lui nel compito di trasmettere e divulgare il patrimonio di idee e di sensibilità che
aveva sorretto la sua formazione. Ciò implicava, anzi presupponeva che il testo non trasgredisse, pur
nella sua cordialità discorsiva, i requisiti di decoro ritenuti più indispensabili secondo i criteri di gusto
linguistico-letterario maggiormente accreditati» (V. Spinazzola 1997, Pinocchio & C. La Grande
narrativa italiana per ragazzi. Milano: Il Saggiatore:16).
7
L’analfabetismo in Italia, che raggiunge il 75% nel 1861, discende al 50% nel 1901.
La nascita e lo sviluppo della letteratura moderna per l'infanzia 157
8 «
Al momento dell’unificazione in Italia sono individuabili tre aree di scolarizzazione:
l’area settentrionale,dove per antica tradizione i governi avevano provveduto [a creare] un sistema
scolastico organico configurato sul modello austriaco (nel Lombardo-Veneto già dal 1818 il governo
austriaco aveva istituito la scuola popolare dell’obbligo); l’area toscana, dove l’iniziativa privata
aveva supplito alle carenze di interventi statali […]notevole il fermento di iniziative didattiche
promosso dalla rivista del Lambruschini «Guida dell’educatore» fondata nel 1836); […] l’area del
Sud e delle Isole, dove il sottosviluppo sociale e la secolare miseria erano tra le cause maggiori del
degrado della scuola, e dove si registravano le punte più alte di analfabetismo alimentato anche da
una classe dirigente spesso ostile alla diffusione dell’istruzione di base, considerata veicolo di idee
sovversive» (E. Sordina 1984:21) La formazione del lettore nel curriculum scolastico italiano: dalle
origini delle scuola dell’obbligo alla situazione attuale in A. M. Bernardinis (a cura di) Educazione
alla lettura nel tempo scolastico e nel tempo libero giovanile. «Quaderni del Settore di Ricerca sulla
lettura e la letteratura giovanile», Padova: Dipartimento di Scienze dell’Educazione. .
9
Si veda G. Ragone (1983:700) La letteratura e il consumo: un profilo dei generi e dei
modelli nell’editoria italiana (1845-1925) in Letteratura italiana, 2, Produzione e consumo. Torino:
Einaudi, 1983:700, che nel suo saggio ci fa conoscere anche l’evoluzione del quadro complessivo
della produzione e del consumo di libri nel periodo considerato.
10
«Nella scuola dei primi anni di Unità nazionale, il libro di testo scolastico riveste un ruolo
totalizzante e assume un carattere enciclopedico. Svolge contemporaneamente diverse funzioni: è
strumento di alfabetizzazione delle nuove generazioni, organizza l’insieme delle nozioni ritenute
adatte ad avviare all’ «unità intellettuale e morale» che i programmi auspicano, assumendo così il
ruolo di mezzo di «socializzazione politica» per le masse popolari, è anche guida didattica per gli
insegnanti, i quali non ricevono alcuna formazione professionale» (Boero 1995:12-13).
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II. «Pane e onore. Migliaia di persone non leggeranno forse altro libro»
Prototipo e paradigma dei libri di testo è quel Giannetto, pubblicato nel 1837 da un
uomo di scuola: Luigi Alessandro Parravicini, milanese, direttore didattico della
Imperiale Regia Scuola a Como e poi a Venezia.
L’opera è suddivisa in sei nuclei cospicui di trattazione enciclopedico-
nozionistica: 1) l’uomo, i suoi bisogni, i suoi desideri; 2) mestieri, arti e scienze; 3)
geografia; 4) scienze naturali; 5) racconti sui doveri dei fanciulli; 6) racconti morali
tratti dalla storia d’Italia (Boero 1995:13), saldamente intessuti nella trama
narrativa.
Il Giannetto racconta infatti, in 784 pagine, sulla scia del self helpismo11, la
storia dell’ascesa sociale del protagonista, che, da figlio di «onesto e probo»
commerciante, diviene ricco e stimato industriale, e poi anche «benefattore della
patria» e «padre dei poveri» (Boero & De Luca 1995:13)
Il testo, definito «romanzo» dalla commissione giudicatrice della «Società
fiorentina per le scuole del mutuo insegnamento», presieduta di Gino Capponi, che
lo premiò nel dicembre del 1836, rispondeva ai requisiti del bando, fatto circolare
tre anni prima, che richiedeva la stesura di un’opera attraverso cui «i giovinetti»
potessero essere iniziati «a tutti quei doveri che l’uomo dabbene deve poi
adempiere nel progresso della vita»12.
La motivazione per l’attribuzione del premio al Giannetto è esplicitata
nella Relazione, che così recita: «[…] l’autore ha ben meritato della umanità, a
profitto della quale con assoluta abdicazione d’ogni pretensione letteraria egli ha
voluto spendere e comunicare le vaste sue cognizioni» (Parravicini 1846: V-XII)13,e
nella quale si riconosce che il «romanzo» vince il premio « pel felice divisamento
di trarre le norme della morale dai fatti, e la sostanza della istruzione dai naturali
incidenti d’una vita non favolosa, ma piene d’avvenimenti impressivi e verosimili»
(Parravicini 1846: VII).
Motto del Giannetto è «Pane e onore. Migliaia di persone non leggeranno
forse altro libro»: predizione quanto mai veritiera, visto l’immediato successo
riscosso, e poi mantenuto per tutto l’Ottocento e fino alle soglie del nuovo secolo,
e attestato dalle numerose edizioni diffuse in tutte le parti dell’Italia risorgimentale
e postunitaria14.
Se la motivazione della Commissione guidata dal Capponi ritiene vincente
la coniugazione dell’«educazione dell’intelletto» con quella «dell’animo»
(Parravicini 1846:X) anche Raffaello Lambruschini, dalle pagine della sua «Guida
11
Si ricordi tutta la letteratura del self helpismo, avviata dall’inglese Samuel Smiles nella
seconda metà dell’Ottocento, richiamante la possibilità di auto-riscatto di ogni popolano attraverso la
perseverante applicazione nel lavoro e nell’istruzione. Si veda M. Stival (1995:69-94).
12
Si veda Del Corno (2004:47-60).
13
Stralci della Relazione sono anche riportati in V. Vergani, & M.L. Meacci (1984) 1800-
1945. Rilettura storica dei libri di testo della scuola elementare (pp. 15-16). Pisa: Pacini.
14
«Il libro, dopo la prima, ebbe edizioni piemontesi […], toscane […], campane […],
pugliesi […], venete […], emiliane […], siciliane […] toccò nel 1889 la 64esima edizione; la 69 uscì
nel 1910» (Boero - C. De Luca, n. 18, 1985:320).
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dell’educatore» si compiace, in una recensione del 1837, per la scelta della «Illustre
Società fiorentina», e preconizza, dal canto suo, che l’opera «in successive edizioni
si può venire sempre più perfezionando»15.
Il Giannetto sembra dunque voler rispondere ad un bisogno di educazione
di base per i «giovinetti», ma anche per tutto il popolo, essendo pensato come uno
strumento di istruzione e di «buon» comportamento da estendersi a tutte le età delle
classi più povere: appunto per quelle «migliaia di persone che non leggeranno forse
altro libro» distribuite in tutte le località di un’Italia frammentata, politicamente
prima dell’Unità, e culturalmente dopo.
E ininfluente appare il negativo giudizio di De Sanctis che, all’inizio degli
anni Settanta, comparando l’autore del Giannetto ai coevi Taverna, Thouar,
Lambruschini, Tommaseo, ne definisce gli scritti «troppo aridi per il popolo,
troppo uniformi, destituiti d’immaginazione, in lingua poco precisa» (1953:216) e
che giudica inadeguato al clima risorgimentale il messaggio sotteso all’opera, volto
«a rendere gli animi pazienti, disciplinati, disposti all’obbedienza» (1953:216), se
nel 1874 il pedagogista Vincenzo De Castro definisce il libro di Parravicini il più
popolare d’Italia16.
La diffusione del testo del Parravicini è ampia poiché, insieme con le
opere del Cantù, del Thouar e del Mayer, tutti esponenti del Gabinetto Vieusseux,
del Tarra, e, più tardi, con quelle della Baccini, della Percoto, della Morandi, di
Sailer, dello Stoppani17, il Giannetto fa anche parte delle raccolte per le biblioteche
scolastiche, o dei «premi» consegnati agli scolari meritevoli.
Nel 1881 fu istituita la Commissione ministeriale che doveva presiedere alla scelta
dei libri di testo, nell’ambito di quell’editoria scolastica che la stessa
Commissione aveva definito «tropicale ricchezza della flora libraria elementare
italiana»18.
Scardinare gli orientamenti pedagogici correnti, che, come si è visto,
puntavano ad esaltare esplicitamente, o implicitamente attraverso l’offerta di
esempi e modelli, i valori del patriottismo, della fede 19, a formare le qualità morali
15
R. Lambruschini (1837) Notizie di libri utili, «Guida dell’educatore».a. II, n.23-24, p.418
(del Corno 2004:48.) Interessante la rassegna di Nicola Del Corno sui diversi consensi riscossi
dall’opera parraviciniana: sia in ambienti progressisti, che in quelli moderati, come in quelli
reazionari.
16
V. de Castro [senza titolo], «Enrico Pestalozzi», a.II, 1874, n. 3-4, p.43, cit. tratta Del
Corno 2004:50.
17
Si veda A. Cibaldi 1967:156-159.
18
Si veda La scuola primaria dall’Unità alla riforma Gentile, catalogo della mostra
omonima, Roma, 18. III – 13. VII. 1985, p. 105 (cit. tratta Boero - C. De Luca, 1995:321, n. 15).
19
Anche se la legge Coppino (l. 15 luglio 1877, n. 3961) aveva escluso la religione tra le
materie oggetto d’esame e aveva introdotto, nel corso elementare inferiore, le prime nozioni dei
doveri dell’uomo e del cittadino (Si veda G. Inzerillo 1974:78).
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e civili degli allievi, per «vivacizzare il rapporto con i giovani lettori» (Boero & De
Luca 1995:22). sarebbe stato puro autolesionismo da parte degli autori, che si
sarebbero visti esclusi dall’offerta formativa, dentro e fuori dalle aule scolastiche20.
Capitò tuttavia a Collodi che, nel 1883, nella selezione della Commissione
ministeriale21, si vide scartati i suoi libri, compreso il didascalico Giannettino,
pubblicato dall’editore Paggi di Firenze nel 1876.
Anche a seguito della pubblicazione de I racconti delle fate (1875),
l’editore Paggi è certo di avere « sottomano l’uomo che cercava» (Cibaldi 1967:
163) l’uomo in grado di «stirar le grinze al Parravicini», l’uomo con «la cordialità
sbrigativa che occorreva ai trattati scolastici […], libri di tiratura commercialmente
produttiva » (Cibaldi 1964: 164).
Ed infatti Collodi «a quel Giannetto così remoto e indistinto […]
sostituisce […] un ragazzetto vivo con occhi limpidi e capelli rosso fiammanti.
Quest’ultimo tratto basta a renderlo anticonvenzionale: gli dà quasi un distintivo di
monelleria rivoluzionaria» (Cibaldi 1967: 163)
L’esclusione dei libri del Collodi è fatta, dalla Commissione ministeriale,
con la seguente motivazione: «han pregi molti di sostanza e di dettato, ma son
concepiti in modo così romanzesco, da dar soverchio luogo al dolce, distraendo
dall’utile; e sono scritti in stile così gaio, e non di rado così umoristicamente
frivolo, da togliere ogni serietà all’insegnamento»22.
Sembra essere, questa dichiarazione, il rovescio della medaglia della
premiazione del Giannetto.
La reazione dell’ufficialità scolastica si pone sulle difensive, per
salvaguardare quei cardini pedagogici consolidati, e pur messi alla prova
dall’«irruzione del Giannettino […] il primo scardinamento del sistema ideologico
che sacrifica l’infanzia all’altare della morale borghese» (cited in Boero & De Luca
1995:22).
L’apparizione del Giannettino imprime dunque un orientamento nuovo
nella pedagogia del tempo, pur nell’impronta didascalico-educativa pur sempre ben
marcata nell’opera.
20
«Dalla fine degli anni ‘70 convivono due modelli di pubblico, due modelli di cultura. Il
sistema formativo tende a resistere al nuovo, seguendo la via consueta del compromesso moderato,
rafforzato in questo dalla necessità di mediazione, dall’esigenza di costituire un modello nazionale
d’istruzione in cui possano riconoscersi tutti gli strati colti del paese, in prevalenza di tipo arretrato.
Inoltre gli operatori del sistema formativo erano fortemente legati alla tradizione degli intellettuali-
pedagoghi, un ceto non ancora integrato in una cultura dei consumi, difensori quindi della tendenza
«tosco-piemontese» e della sua integrazione con le tradizioni umanistico-pedagogiche delle zone
arretrate. In questa seconda fase, tuttavia, la struttura formativa si mostra notevolmente logorata e
impoverita […]» (Ragone, 1980:707).
21
Quindici anni più tardi la Commissione Centrale per i libri di testo, nella relazione del 14
agosto 1896, stabilì: a) di non approvare i libri di lettura la cui struttura non fosse «coordinata alle
necessità pratiche della scuola»; b) di far confluire i migliori tra i libri scartati nell’elenco dei libri
«raccomandabili per letture domestiche, per premio, per biblioteche scolastiche» (Stival 1995:70).
22
La scuola primaria dall’Unità alla riforma Gentile. Catalogo della mostra, Roma 18
marzo-13 luglio 1985, p.105, cit. tratte Boero & De Luca 1995:22.
La nascita e lo sviluppo della letteratura moderna per l'infanzia 161
Come già ebbe a rilevare Luigi Santucci: «Lo spostamento che il Collodi
segna dalla tendenza pedagogica, allora assai forte, a quella più liberamente
educativa, è rilevabile, ancor prima di entrare nell’aperto mare di Pinocchio, già
nei due libri didascalico-borghesi: il Giannettino e il Minuzzolo. I quali si
affrancano dal precettorismo della matrice da cui nascono (il Giannetto del
Parravicini) e s’incamminano verso la libertà dell’invenzione su binari, se non
ancora di poesia, già di arte fresca e duttile» (1994:188).
Ma intanto anche la prima puntata della Storia di un burattino era apparsa
il 7 luglio 1881, tra le colonne del «Giornale per i bambini» e Pinocchio « viene al
mondo per mandare in solaio il personaggio pedagogico del Thouar e del
Parravicini («Il ragazzo per benino», lo definisce Giuseppe Fanciulli) e
riconsegnare il piccolo lettore alle fate di perraultiana memoria. O meglio: non
proprio a quelle di Perrault, che si presentavano con una celtica evanescenza di
contorni, ma una fata sui generis , ben più viva e concreta, impastata tutta
all’italiana e intrisa di pittoresco folclore: la Bambina dai capelli turchini»
(1994:172).
Ma intanto Collodi, col Giannettino, se strizza l’occhio connivente al
mondo infantile, non lascia la presa nei confronti di quella « borghesia della nuova
Italia garbata ed educata [che] non era pronta alle novità totali» (Cibaldi 1967:163),
e rassicura il mondo degli adulti, e lo invoglia ad acquistare un’opera che sa unire
al dilettevole l’utile : «dopo averci messo davanti un ragazzetto antiretorico […]
nella seconda parte […] l’ingombro nozionistico è più invadente. Sovrabbonda e
sommerge ogni residua volontà di racconto […]» (1994: 172).
Certo è che il clima culturale e pedagogico non concede deroghe ai fini educativi
cui la scuola deve mirare, volti all’educazione morale, del carattere, della volontà,
alla conformità e all’ossequio alle regole del mondo adulto del ceto dominante, al
rispetto delle virtù e al rifiuto dei vizi da questo di volta in volta indicati23.
Le stesse finalità espresse dal ministro Guido Baccelli, nella Relazione a
S. M. il Re per i Programmi del 1894, insistono nell’«istruire il popolo quanto
basta, educarlo più che si può»24.
Nel 1886 esce Cuore, «libro scolasticamente programmatico… scritto per
far amare la scuola» (Cibaldi 1967:175, la scuola che «agisce da filtro ideologico e
da motore di integrazione […] luogo di formazione etica e civile […] vista come il
23
«Il rischio» – afferma Renata Lollo – «di far diventare la (necessaria) acculturazione un
(tranquillizzante) conformismo appare tutt’altro che assente, e provoca sul lungo termine non solo
auspicabili tensioni generazionali, ma pericolose e rimosse dissociazioni tra i principi proclamati, in
genere assoluti, come la libertà, la giustizia, il coraggio e la loro interpretazione e realizzazione
concreta, troppo spesso pretestuosamente trattenuta entro confini, realistici e immaginari, controllati
dalla cultura adulta» (2003:46).
24
Relazione a S.M. il Re per i Programmi del 1894: si veda F. V. Lombardi (1975) I
programmi per la scuola elementare dal 1860 al 1955. Brescia: La Scuola.
162 Donatella LOMBELLO
References
Boero, P., & C. Luca (1995). La letteratura per l’infanzia. Roma-Bari: Laterza.
Cambi, F. (1985). Collodi, De Amicis, Rodari. Tre immagini d’infanzia. Bari: Dedalo.
de Sanctis, F. (1953). La letteratura italiana nel secolo XIX, Vol. II, Cesare Cantù e la
letteratura popolare, lezione XVI. Bari: Laterza.
del Corno, N. (2004). Alle origini del long seller: il Giannetto del Parravicini. In L.
Finocchi, & A.G. Marchetti (Eds.), Editori e piccoli lettori tra Otto e Novecento (pp. 47-
60). Milano: F.Angeli.
Inzerillo, G. (1974). Storia della politica scolastica in Italia. Roma: Editori Riuniti.
25
Sarà sconsigliata nel cattolico Manuale di letture per le biblioteche, le famiglie, le scuole
di Giovanni Casati del 1928. In S. Gonzato (Ed.) (1991). In cima alla collina senza un ruggito.Io sono
la tigre. Atti del convegno nazionale di Verona, 26. I. Verona: Banca Popolare di Verona: 8.
La nascita e lo sviluppo della letteratura moderna per l'infanzia 163
Stival, M. (1995). La biblioteca dell’araba fenice. Dalla «abitudine della buona lettura» alla
scrittura di risonanza. In A.M. Bernardinis (Ed.) Per una pedagogia della biblioteca
giovanile (pp. 69-94). Padova: Imprimitur.