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Le lettere

Di Leopardi abbiamo molte lettere. Tra le più significative ci sono quelle a Pietro
giordani dove Leopardi sentiva la chiusura è l'isolamento della sua piccola città
dove mancava il calore della comunicazione umana, trovo in giordani un ideale
sostituto della figura paterna, uno a cui confessare i propri tormenti interiori ma
anche le proprie idee letterarie.
Un gruppo di lettere é indirizzato ai familiari: al fratello Carlo, alla sorella Paolina e
al padre.
Oltre che ai familiari ci sono poi lettere destinate a importanti personalità della
cultura come vincenzo Monti e filosofi come Sinner. Ma raramente affida a queste
lettere l'esposizione delle sue teorie letterarie e filosofiche che preferiva riservare
allo Zibaldone, quaderni a cui annotava le proprie riflessioni. Le lettere sono
dedicate alla comunicazione privata e personale.

Pensiero

Tutta l'opera leopardi a diffonda su un sistema di idee continuamente meditate e


sviluppate. Questo processo di formazione si può osservare attraverso le pagine
dello Zibaldone.
Al centro della riflessione di Leopardi si pone un motivo pessimistico, l'infelicita
dell'uomo; restando fedele a un indirizzo di pensiero sensistico, identifica la felicità
con il piacere, sensibile e materiale.
Ma l'uomo non desidera un piacere, bensì il piacere, cioè aspira ad un piacere che
sia infinito, ma dato che nessuno dei piaceri goduti dall'uomo può soddisfare questa
esigenza, nasce un lui un senso di insoddisfazione e così nasce per Leopardi
l'infelicitá dell'uomo.
L'uomo é dunque necessariamente infelice, ma la natura ha voluto sin dalle origini
offrire un rimedio all'uomo: l'immaginazione e le illusioni, per questo gli uomini
primitivi, che erano più vicini alla natura, erano felici perché ignoravano la loro reale
infelicita.
La prima fase del pensiero leopardiano é costruita sull'antitesi tra natura e ragione,
tra antichi e moderni. Gli antichi erano capaci di azioni eroiche e magnanime, erano
forti fisicamente e questo favoriva la loro forza morale. Il progresso della civiltà ha
reso i moderni incapaci di azioni eroiche. La colpa dell'infelicita é attribuita all'uomo
stesso e da qui deriva un atteggiamento titanico: si vede da solo a sfidare il fato
maligno. Questa fase del pensiero leopardiano viene chiamato pessimismo storico
cioè che la condizione negativa del presente viene vista come un effetto di un
processo storico e di un allontanamento progressivo da una condizione originaria di
felicità.
Questa condizione di natura benigna entra però in crisi. Leopardi si rende conto
che la natura mira alla conservazione della specie. Quindi il male rientra nel piano
stesso della natura. Quindi Leopardi concepisce la natura non più come madre
amorosa, ma come meccanismo cieco. É una concezione non più finalistica, ma
meccanicistica e materialista. La colpa dell'infelicita non é più dell'uomo ma della
natura.
Se causa dell'infelicita é la natura stessa, tutti gli uomini sono necessariamente
infelici, anche gli antichi erano vittime di quei terribili mali. Al pessimismo storico
subentra così un pessimismo cosmico: nel senso che l'infelicitá non é più legata
alla condizione storica, ma ad una condizione assoluta, diviene un dato eterno e
immutabile di natura.
Ne deriva l'abbandono della poesia civile e del titanismo: se la felicità é un dato di
natura, inutili sono le proteste e le lotte. Subentra infatti in Leopardi un
atteggiamento contemplativo, distaccato e rassegnato.

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