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Alcmane

Le notizie su Alcmane in nostro possesso sono piuttosto


incerte. Secondo la cronologia antica la sua ακμή (il suo
momento di massima attività) risaliva al 670 oppure al 610
avanti cristo, però da elementi cronologici interni sembra
essere più verosimile la datazione più recente. Incerta è
anche la sua origine perché per alcuni sarebbe nato a Sardi
nella Ionia, mentre altri sostengono fosse spartano. A
prescindere dalla sua origine l’attività poetica si colloca
nell’ambiente spartano dove Alcmane visse e fu sepolto: gli
spartani eressero in suo onore un monumento vicino al
campo dove i guerrieri si allenavano.

Le sue opere furono raccolte in 6 libri dai grammatici


alessandrini. A noi, per tradizione indiretta, ne rimangono
pochi frammenti, ma per fortuna sono arricchiti da alcuni
ritrovamenti papiracei anche piuttosto estesi.

La poesia di Alcmane è prevalentemente corale e il dialetto


che usa è quello dorico, non quello parlato a Sparta ma
piuttosto una lingua letteraria in cui sono presenti anche
elementi del dialetto laconico.

Se Tirteo abbiamo visto essere il cantore della virtù


guerriera, Alcmane descrive un volto diverso di Sparta: una
città dove ci sono feste, musica, attività paci che, che ci
fanno vedere un aspetto meno austero rispetto a come
viene generalmente descritta la società spartana.

Alcmane si specializza in parténice, canti di fanciulle che


sono destinati ad essere seguiti da cori femminili. Questi
canti venivano recitati durante le feste e scandivano le fasi
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della loro crescita: le donne nella Sparta arcaica avevano
una libertà più ampia rispetto alle donne ateniesi quindi
ricevevano un’educazione sportiva e musicale simile a
quella degli uomini, perché le madri degli spartani
dovevano essere sicamente forti per generare gli forti.

Questa libertà non deve essere considerata come


progressismo: non venivano considerate al pari degli uomini
e comunque non possedevano libertà; erano considerate
nella loro funzione procreatrice.

Un’altra sezione della produzione di Alcmane sembra


essere rivolta all’ambiente maschile del simposio (quindi
sembra una buona interpretazione per dei frammenti che
hanno tema prettamente gastronomico).

Quella di Alcmane è comunque una poesia molto evoluta


nella tecnica compositiva, nella complessità anche degli
schemi metrici. I temi del canto sono semplici, ma trattati
con profondità.

È un mondo compatto, equilibrato che non presenta


tensioni in cui il poeta celebra gli elementi che compongono
l’armonia della quotidianità, quindi la magia di un passaggio
notturno, il fascino di un coro di fanciulle; ogni elemento,
poi, è descritto con nitidezza con anche economia
espressiva perché Alcmane è un poeta in grado di creare
immagini con colori vividi, però anche sintetiche.

Il suo stile è originale: Alcmane impiega con abbondanza la


metafora che è un elemento stilistico quasi inesistente in
Omero, che spesso nei suoi versi comporta un’improvvisa
impennata nel tono poetico.

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Un’altro tratto tipico di Alcmane è la sentenza detta in
greco γνώμη, con cui il mito viene intrecciato all’attualità
mediante la ria ermazione di un idea condivisa
generalmente, quindi un patrimonio tradizionale di sapienza
che il poeta ricorda al suo uditorio. Questo elemento era
ignoto ad Omero, ma successivamente sarà molto usato
nella lirica.

Frammento 1 Page
Il fr.1 P è un partenio che prende il nome Del Louvre 3320 e
lo possediamo da un papiro che è stato trovato a Saqqara
in Egitto nel 1855. Questo papiro ci restituisce ampi
frammenti di un partenio e si tratta di una composizione di
largo respiro: sono leggibili in parte o per intero otto strofe
di 14 versi ciascuna per un totale di circa 100 versi.

Si tratta della più antica composizione lirico-corale che ci


sia nota: non solo documenta l’alto livello artistico
raggiunto da questa poesia (siamo un secolo prima di
Pindaro e Bacchilide), ma mostra pienamente alcune
caratteristiche di questo genere letterario: la discontinuità
tematica, la compresenza di sentenza, mito e attualità, una
tecnica compositiva a volte sussultoria e anche ermetica.

Dopo una sezione dedicata a un mito locale spartano che


però è molto lacunoso e frammentario, la parte più integra
inizia con un massima sapienziale (la vendetta degli dei al
verso 36): si tratta di un tipico passaggio-ponte e funge da
collegamento tra mito e attualità, infatti il testo inizia subito
a descrivere il presente (una festa di fanciulle, dominate
dalla presenza abbagliante di una ragazza che viene
inquadrata come fosse circondata da luminosità e
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paragonata comunque a un corsiero ed è poi accostata a
un’altra fanciulla anche lei giovane e luminosa).

La strofa successiva è cantata da un coro di ragazze, che


fanno da contrappunto alle due protagoniste. Si trova, poi,
un elenco di oggetti femminili che la società spartana
produceva e amava anche possedere. Il catalogo prosegue
nominando una per una le ragazze che stanno danzando
nel coro, per so ermarsi poi su quelle che aveva nominato
inizialmente quindi su Agidò e Agesicura.

Qui i riferimenti al contesto si fanno un po’ oscuri: si allude


ad un o erta a una divinità locale, Aotis (forse identi cabile
con Aurora ma non è ben chiaro).

In seguito poi compare un paragone equestre: ciò ha fatto


pensare che questo rituale comprendesse una corsa tra le
ragazze secondo un abitudine sportiva caratteristica di
Sparta. Poi si torna ad Agesicura che risplende per la sua
bellezza e per la sua grazia, corre molto veloce e canta
molto bene (quindi armonia, grazia, agilità, forza del corpo,
bellezza, capacità seduttiva, cioè il bagaglio di qualità che
si richiede ad una donna di Sparta).

È in questo clima che il partenio si conclude per noi anche


se sappiamo che proseguiva ancora per 4 versi (lo
sappiamo perché nel papiro si vede dopo un tot di spazi
una coronide un segno particolare che indicava il termine di
un componimento quindi non niva subito ma vi era
presente un’altra parte prima).

Questo testo per noi è alquanto enigmatico ed è stato


interpretato variamente. Secondo alcuni sarebbe il canto
per un rito celebrato all’alba in onore di una dea forse una
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divinità della fertilità o lunare (quindi Aotis nominata nel
componimento).

Secondo la critica più recente, Bruno Gentili in particolare,


sarebbe la celebrazione simbolica di un matrimonio tra due
fanciulle nel corso di un rituale iniziatico legato
all’adolescenza. Questi matrimoni rientravano tra le pratiche
omoerotiche di use nei gruppi sia maschili che femminili
nel corso dei riti di passaggio.

Non c’è dubbio, comunque, che qui si celebri un rito


compiuto da un gruppo di fanciulle nel corso di una festa
femminile nel quale le due ragazze occupavano un ruolo
determinate.

Il tono della composizione rivela un artista lontano dalla


semplicità della poesia omerica ma anche, dall’essenzialità
della lirica monodica. È un tipo di poesia elevata sia per la
preziosità del discorso (le metafore, i simboli) sia per il
linguaggio oscuro in parte e per la scelta sublime dei
termini.

L’insieme del partenio manifesta una struttura complessa e


non unitaria, abbiamo un misto di mito, riferimenti
all’attualità, notazioni cromatiche, similitudini, che formano
comunque un tessuto verbale prezioso ma anche di cile.

Frammento 89 Page
Il frammento 89 page, molto più breve rispetto al
precedente, è un notturno.

Il frammento rappresenta una scena in cui si delinea con


pochi essenziali tratti quell’immobilità sospesa della notte. Il
valore di questi versi, che possono essere considerati
perfetti per la tensione stilistica e anche per l’equilibrio
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formale, trova un parallelo in altre scene notturne della
poesia epica e lirica.

Resta però di cile decifrare il contesto. Che si trattasse di


una descrizione naturalistica ne a se stessa è
probabilmente una interpretazione anacronistica.

Forse il poeta voleva istituire un paragone tra la tranquillità


della notte e l’agitazione psicologica di un personaggio:
paragonare, infatti, la pace della notte, all’inquietudine
dell’innamorato insonne è un idea tipica della poesia
amorosa (lo farà anche Sa o, Apollonio Rodio, anche
Virgilio nell’Eneide), o forse il poeta voleva delineare la
cornice di una festa notturna: di notte infatti si svolgevano
generalmente i rituali religiosi della paneochis, la veglia
notturna, e le feste femminili.
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