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Alceo

Siamo sempre a Lesbo, quindi in un ambiente simile per certi


versi a quello di Sa o. Alceo nasce a Mitilene, la capitale
dell’isola, negli ultimi decenni del VII secolo, orientativamente
intorno al 630.

Le vicende della sua vita sono strettamente connesse a quelle


di Pittaco, annoverato tra i sette sapienti della Grecia. Il quadro
che ci dà Alceo di Pittaco è totalmente diverso da quello che è
noto. Pittaco è contemporaneo di Alceo e insieme ai fratelli del
poeta, elimina dal potere il tiranno Melancro, che in quel
periodo deteneva il potere a Mitilene. Alceo non partecipa
perché ancora troppo giovane (Pittaco era più grande).

Successivamente, Pittaco e Alceo hanno modo di combattere


anco a anco contro gli Ateniesi per rivendicare il possesso
sul promontorio Sigeo, più o meno sull’Ellesponto. Durante
questa battaglia Pittaco si distingue perché riesce a
scon ggere in un duello il campione degli Ateniesi (il campione
era il guerriero più forte dell’esercito, Frinone). Nella stessa
battaglia invece Alceo è costretto a fuggire e ad abbandonare
lo scudo (Pittaco prende una strada di prestigio e Alceo
incomincia un po’ a scendere).

Successivamente, Pittaco ed Alceo collaborano nuovamente e


ordiscono un complotto per deporre il tiranno Mirsilo. Tuttavia
l’impresa non va a buon ne e Alceo è costretto all’esilio. È a
questo punto che le strade di Alceo e Pittaco divergono
de nitivamente. Pittaco, infatti, stringe un accordo con Mirsilo
e lo a anca nel governo (governano insieme no alla morte di
Mirsilo). Alla morte del tiranno, Alceo ritorna in patria, mentre
Pittaco riesce a mantenere il potere come arbitro, detto
αισυμνητης (acquisisce pieni poteri e rimane in carica per dieci
anni prima di ritirarsi a vita privata).

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Alceo, invece, viene nuovamente esiliato da Pittaco
probabilmente per le accuse pesanti che il poeta rivolge a
Pittaco.

A questo punto, per Alceo, Pittaco diventa l’incarnazione del


male: nei suoi scritti, viene rappresentato come l’uomo più
indegno e più meschino esistente. In e etti, si può dire che il
lo conduttore di tutta la sua produzione è proprio l’irrisione e
la calunnia verso Pittaco. Viene presentato come un individuo
abbietto, di nascita oscura e dubbia, degna di disprezzo;
soprattutto Alceo lo presenta come tiranno. L’accezione da
dare al termine tiranno è diversa da quella che possiamo
immaginare: va intesa nell’accezione che davano al temine gli
aristocratici della polis arcaica. La tirannia non è una atto
democratico, ma certamente è un atto antiaristocratico
(ricorreva al supporto del popolo per istaurare un potere
individuale, non collegiale come quello aristocratico, a
discapito della classe dei grandi proprietari terrieri. Quello che
viene sottolineato è il contrasto con l’oligarchia tradizionale).

Da un punto di vista politico, Alceo fu essenzialmente scon tto


e la rabbia per questo esito traspare nella sua produzione.

È probabile, però, che Pittaco ad un certo punto lo fece


rientrare e che quindi Alceo abbia avuto la possibilità di
trascorrere i suo ultimi anni in patria (la tradizione ci dice
questo).

La sua morte è da collocarsi intorno al 560.

Per quanto riguarda l’ambiente di Alceo è decisamente meno


ra nato di quello di Sa o. La destinazione è il simposio, quindi
il luogo dove si raduna anche il gruppo di amici e in e etti sono
dominati da un fortissimo senso di solidarietà. Conseguenza di
questa solidarietà è l’aggressività verso i rivali che vengono
aggrediti verbalmente in modo quasi feroce.

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L’unione tra i membri del gruppo è garantita da alcuni elementi
in comune: l’età, innanzitutto (perché abbiamo detto che il
simposio è per soli maschi adulti, ma tra gli adulti si
distinguono gli adulti che sono anche protagonisti della vita
politica e il gruppo dei più giovani che sono soltanto l’oggetto
delle attenzioni e degli amori degli uomini più anziani); un’altra
a nità sono ovviamente le idee politiche e allargandoci anche i
gusti del cibo, del bere, le modalità di corteggiamento (modi di
vivere in generale).

Essenzialmente, il simposio diventa un luogo di esperienze da


vivere insieme di vario tipo, dalla discussione politica agli amori
vissuti, ma anche al canto, quindi il momento di
intrattenimento.

Proprio il canto è un’espressione importante di ciò che accade


nel simposio perché esprime i temi e in generale le abitudini dei
partecipanti al simposio. Il poeta che si occupava di comporre
per il gruppo, quindi, aveva un ruolo di prestigio perché era la
memoria collettiva, dava voce a ciò che accadeva nel
simposio.

Rivolgendosi ad un gruppo diverso da quello del tiaso, dove


l’amore è il tema dominante, Alceo, almeno per quello che
abbiamo della sua produzione sembra che abbia poco
interesse per l’amore. Generalmente, la sua poesia è fatta per
un gruppo di uomini che agiscono e che poi commentano le
loro azioni. In realtà, possiamo distinguere due tipi di pubblico
per Alceo, che via via vanno distinguendosi sempre di più.

Il primo è il pubblico del simposio, il secondo è rivolto ad un


pubblico più lontano, che non riconosce, un pubblico più
ampio che ascolta i versi del poeta poiché va al di là del
simposio (è un po’ come se al punto estremo di questa
lontananza ci siamo noi, un pubblico che trascende l’ambiente
in cui è scritto il componimento).

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Le linee essenziali dei componimenti di Alceo sono: l’odio per i
nemici, il rispetto del codice aristocratico (l’onore in battaglia,
l’ospitalità), l’inevitabilità del destino e quindi la reazione alle
avversità della vita, e in ne l’impegno politico (impegnare tutto
se stesso per a ermare la propria visione politica).

La politica di Alceo è una politica molto forte che spesso


sfociava anche nel sangue, quindi era una politica violenta.

Era una società che si alimentava attraverso alleanze familiari,


ma era basata su una forte disuguaglianza sociale:
l’aristocrazia era completamente staccata dal popolo; a volte
richiedeva, per a ermarsi, una prova di forza (il ricorso alle armi
e alla violenza). Dall’altro lato, alcune volte, la stessa politica
prediligeva il compromesso e il sotterfugio, quindi complotti e
colpi di Stato.

Un altro dei temi ricorrenti in Alceo è il vino (cosa non


sorprendente dato che l’uditorio è il simposio). Il vino, in
Grecia, ha una valenza simbolica e sociale molto particolare: è
visto innanzitutto come un prodigio della natura perché,
partendo da un frutto e attraverso un processo che ha quasi
qualcosa di magico (la fermentazione, la trasformazione in
mosto), dà un liquido rosso come il sangue, inebriante e
capace di dare l’oblio. Il vino è una scoperta di tipo tecnico,
quindi un segno di civiltà, che in qualche modo ha addolcito la
vita dell’essere umano e gli ha dato la possibilità di fare
esperienza di uno stato alterato di coscienza. Il vino è, poi, una
componente importante della società maschile, perché è
precluso alle donne; si beve secondo un preciso codice di
comportamento (non si deve bere da soli, si beve secondo un
giro particolare delle coppe) e l’euforia provocata dal vino
ovviamente contribuiva a rinsaldare i rapporti tra i partecipanti
al simposio.

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Come Sa o, anche Alceo non disdegna la componente mitica,
in particolare attinge all’epica omerica (tra l’altro perfettamente
coerente con i temi guerreschi e militari che tratta). Per
esempio, in un frammento rievoca la vicenda di Elena,
disprezzando la donna per essere adultera e aver causato una
guerra; in un altro componimento riporta lo stupro di
Cassandra da parte di Aiace Locrese.

Per Alceo, il mito, però, rappresenta sempre una chiave per


interpretare la realtà e per spiegare i valori dell’aristocrazia; per
esempio: con la vicenda di Elena, vuole a ermare il principio
inviolabile dell’ospitalità (Paride sedusse Elena quando era
ospite del marito, Menelao), mentre attraverso la vicenda di
Cassandra e Aiace vuole sottolineare la punizione inevitabile
per che commette ingiustizia (la scena dello stupro di
Cassandra è molto forte perché la ragazza si era rifugiata nel
tempio di Atena ed era abbracciata alla statua della dea. Alceo
racconta lo stupro sotto gli occhi della dea: Aiace compie
violenza contro la sacerdotessa e una doppia ingiustizia verso
la dea e verso una sua supplice, una ragazza sotto la
protezione della divinità. Aiace sarà punito morendo in mare
annegato).

Sappiamo che una parte della produzione di Alceo, che non ci


è pervenuta, riguardava le lodi verso ragazzi di cui era
innamorato. La poesia omoerotica era tradizionale in Grecia:
faceva parte della tradizione del simposio e anche
dell’educazione dei ragazzi.

Anche Alceo, come Sa o, utilizza la natura per raccontare i


suoi sentimenti, ma mentre la poetessa raccontava la
malinconia delle notti (atmosfere notturne e molto placide),
Alceo invece preferisce gli aspetti più decisi della natura, quindi
il sole acciecante dei giorni di estate o il mare gon o per la
tempesta.

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Frammento 129 Voigt
I critici antichi consideravano i frammenti di Alceo come “fanti
della guerra civile”, perché scandiscono le vicende delle varie
fazioni che si scontrano a Lesbo. Sono componimenti che
grondano odio e faciosità, sono pieni di odio verso gli avversari
che vengono additati come il massimo della deprecabilità. Non
è un odio letterario, ma è l’emozione violenta di un gruppo che
si rinsalda nell’individuare un nemico comune.

Il frammento 129 è certamente il più emblematico di questo


clima. Ci viene riportato dal papiro di Ossirinco 2165 (P. Oxy
2165) e poi integrato da altre fonti perché il papiro presenta
delle lacune. Contiene una maledizione lanciata a Pittaco.

Il componimento è ambientato in un tempio dove si riunisce il


gruppo degli oppositori di Pittaco esiliati, per complottare
contro di lui. L’attacco è solenne ed è sviluppato attraverso
un’invocazione che sembra quasi rituale (quindi come se
dovesse proprio evocare la forza magica maledittiva contro
Pittaco); addirittura, in questa aura di sacralità il nome di
Pittaco non viene nemmeno pronunciato, si dice solo “il glio di
Irra” (per renderla ancora più solenne) e procede con un
crescendo no a invocare contro di lui le Erinni (sono delle
divinità minori che si occupavano di vendicare i traditori e i
parricidi).

Sul nale, però, il tono, preso dalla forza invettiva, cambia e


diventa quasi colloquiale, si inizia ad insultare Pittaco perché
ha la pancia pendente (lo chiama la pancione); ci mancano gli
ultimi versi perché il papiro era lacunoso (forse corrotto).

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Frammenti 332-348 Voigt
Costituiscono una vera e propria invettiva eseguita davanti agli
amici riuniti in simposio e ricalca lo schema della poesia del
biasimo, quindi stile archilocheo.

Nella prospettiva politica di un pubblico aristocratico, la poesia


si orienta sul duplice bersaglio: da un lato, i borghesi che si
sono arricchiti di recente e che non possono incarnare la virtù
aristocratica e dall’altra il tiranno che è nemico dell’oligarchia.

Questo è un tema ricorrente nei frammenti politici di Alceo: nel


primo frammento, Alceo brinda alla morte di Mirsilo con una
gioia quasi crudele, ovviamente il contesto è simposiale perché
sta proponendo un brindisi; nel frammento successivo,
destinato proprio a Pittaco, lo descrive come un anti modello
degli aristocratici, in particolare perché non greco secondo
Alceo, ma avrebbe origini trace, sarebbe nato in Tracia, la
madre in particolare lo sarebbe.

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