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Goethe -Das Leben-

Nato a Francoforte sul Meno il 28 agosto 1749, Johann Wolfgang von Goethe è uno dei più celebri scrittori
del XVIII secolo, fu anche drammaturgo, teologo, umanista e critico d’arte.

Fu l'originario inventore del concetto di Weltliteratur, derivato dalla sua approfondita conoscenza e
ammirazione per molti capisaldi di diverse realtà culturali nazionali
(inglese, francese, italiana, greca, persiana e araba).
Ebbe grande influenza anche sul pensiero filosofico del tempo, in particolare sulla speculazione
di Hegel, Schelling e, successivamente, Nietzsche.

A partire dal 1755 Johann imparò a leggere e a scrivere il tedesco in una scuola pubblica, poi,
privatamente, il latino e un poco di greco. Nel 1757 compose i suoi primi versi, rigorosamente in
rima. Nel 1758 studiò il francese e prese lezioni di disegno.
A seguito della guerra dei sette anni, i francesi conquistarono Francoforte e in casa Goethe si
installò il luogotenente François de Théas, conte di Thoranc; alle truppe francesi si
accompagnavano attori e cantanti e Johann ebbe modo di assistere a recite
delle tragedie di Racine, di Corneille e delle commedie di Molière.
Negli anni seguenti imparerà altre lingue come l’inglese e l’italiano, lingua con cui suo padre
scrisse un diario di viaggio e incisioni approssimative su Roma.
La sua età lo porta a frequentare l’università, egli vorrebbe studiare lettere e retorica a Gottinga ma
suo padre lo inviò verso un’altra facoltà a Lipsia.
Il periodo a Lipsia è un periodo monotono, egli pubblica operette minori mentre continua a
frequentare l’università, per poi interromperla per andare a Dresda con il fine di visitare diverse
esposizioni.
Viene a conoscenza della morte di Winckelmann e ritorna a Francoforte, qui è malato fisicamente
e non pensa di vivere a lungo così si dedica alla religione.
Guarito dal malessere va a Strasburgo e prosegue gli studi, approfondendo bene il francese e
conoscendo personaggi come Johann Gottfried Herder.
In quegli anni, in ambito letterario, si stava diffondendo sempre più in larga scala il movimento
dello Sturm und Drang; passione e impeto.
Tra il 75 e il 76, Goethe si dirige a Weimar dove entra in contatto con Klopstock e il filosofo Jacobi,
egli si appassionò ai discorsi di Jacobi contro Spinoza tuttavia in futuro riconoscerà sempre di
essere d’accordo con le teorie panteiste di Jacobi.
Lavora come precettore del diciottenne Carlo Augusto, duca di Sassonia-Weimar-Eisenach, che
governava uno staterello formato unicamente dalla capitale Weimar, cittadina di 6.000 abitanti,
dalla città universitaria di Jena.
Gli anni che vanno dal 1776 al 1788 furono segnati dall'amicizia con Charlotte von Stein, che si
impegnò a educarlo ai compiti che lo avrebbero atteso come precettore e poi come consigliere del
duca. La von Stein dovette innanzitutto trasformare l'illustre poeta in un uomo di mondo.
Vi furono opere ancora improntate alla sua poesia precedente, come, per esempio, I canti di
Mignon inclusi nel Wilhelm Meister, le due ballate Il pescatore (Der Fischer) e Il re degli
elfi (Erlkönig), e lo stupendo Canto notturno del viandante (Wanderers Nachtlied).
In Italia, il paesaggio, l'arte e il carattere del popolo italiano incarnarono il suo ideale di fusione di
spirito e sensi. Qui egli riuscì a dare la forma definitiva a quella Ifigenia in Tauride che, scritta in
prosa, trovò il suo compimento nel Blank verse.
Dopo il periodo italiano, egli farà vai e vieni dall’Italia per poi fermarsi a Weimar, dove morirà nel
1832.
Die Leider des jungen Werther
Werther, un giovane intellettuale dalle ardenti passioni, decide di trasferirsi in un villaggio di
campagna, Wahlheim, per ristabilire un equilibrio interiore che sente perduto; qui sembra in
effetti compiersi un’idiliaca fusione tra uomo e natura, poiché Werther si diletta in piaceri
semplici, si intrattiene a chiacchierare con i bambini del posto e, nella contemplazione della Natura
idillica, sembra modificare anche la sua concezione dell’opera d’arte 1

Una sera, in occasione di una festa danzante, Werther conosce la giovane Charlotte,
detta Lotte, e se ne innamora immediatamente. Lotte, orfana di madre, è una giovane solida,
allegra e pacifica, che gode delle semplicità della vita e bada col padre ai fratelli e alle sorelle
minori; purtroppo la ragazza è già promessa sposa di un giovane borghese, Albert, al momento
assente. Nei mesi successivi al primo incontro, Lotte asseconda l’amicizia di Werther, lo accoglie a
casa sua e vi si affeziona: mentre Werther descrive minuziosamente a Wilhelm tutti i dettagli del
dolce tormento di stare accanto a Charlotte, quest’ultima lascia trasparire qualche indizio di nutrire
anch’essa un sentimento per il giovane. Tuttavia, il loro rapporto si mantiene - sia per convenzioni
sociali che per la legge morale di Werther - all’insegna di una casta e straziante amicizia: più
Werther frequenta Lotte, più è sconvolto dall’amore (abbatimento per non averla per sé).

Nel mese di luglio, Werther conosce Albert, il futuro marito di Charlotte: il protagonista, pur
consapevole del destino infelice che l’attende, non può che apprezzare le qualità del rivale. Albert è
del resto il suo esatto opposto (e complementare): tanto Werther è “artista” e sognatore, quanto
Albert è invece un uomo razionale e posato, destinato cioè ad un’esistenza mediocre ma felice. Se a
poco a poco la frequentazione quotidiana di Lotte ed Albert diventa un tormento
insopportabile per Werther, a fine estate sembra esserci l’occasione per uscire da questa
situazione bloccata: il giovane, spinto da Wilhelm, accetta un incarico diplomatico che
dovrebbe portarlo lontano da Wahlheim.

Il secondo libro si apre descrivendo la vita di Werther nel mondo altolocato dell’ambasciata dove
lavora; qui il protagonista scopre l’ipocrisia e la falsità delle classi più elevate della
società, al punto da provare dispiacere pure per il proprio lavoro, cui pure egli si applica in
maniera diligente. Werther, dopo alcuni contrasti con l’ambasciatore rassegna le dimissioni e, per
un breve periodo, torna a casa. Qui, il fiume dei ricordi accresce la sua malinconia, che giunge al
culmine con la notizia che Albert e Lotte si sono sposati. Sconfortato e sempre più cupo,
Werther torna a Wahlheim. Qui la disillusione e il disinganno del protagonista raggiungono il
culmine: Albert è assente, ma il legame con Lotte rimane platonico, tanto che la donna, pur
accorgendosi dello stato di prostrazione di Werther e pur volendogli bene, gli chiede di non essere
così insistente con le sue visite. Il protagonista, di fronte alla felicità di Albert e dell’amata Lotte,
inizia così a meditare sul suicidio.

Giungono all’apice lo struggimento romantico e l’angoscia di Werther, che trova conforto


letterario solo nei Canti di Ossian di James Macpherson, che sembrano parlare direttamente al suo
animo malinconico e disperato. Il protagonista, consapevole del conflitto insanabile tra
pulsione individuale e realtà in cui sta volontariamente sprofondando, un giorno recita i versi
dell’Ossian a Lotte e, notando la sua commozione, la bacia d’impulso. Charlotte, pur turbata dal
legame con Werther, lo respinge, desiderando sopra ogni cosa rimanere fedele ad Alberto. Il
protagonista, ormai senza speranza, con una scusa chiede in prestito ad Albert le sue pistole;
dopo aver scritto a Lotte e a suo padre ed aver contemplato il cielo notturno, Werther si spara.
Viene trovato ancora in vita da un servo alle sei di mattina, ma spira a mezzogiorno. Dopo il
funerale - senza preti, e a cui partecipano solo pochissime persone, tra cui non ci sono Lotte ed
Albert - Werther è sepolto come desiderato all’ombra di due tigli.
Goethe scrive I dolori del giovane Werther in sole quattro settimane e il romanzo viene
considerato fin da subito il “manifesto” di quella nascente sensibilità da cui prenderà le mosse
il Romanticismo.

Nel testo tuttavia sono ancora presenti motivi neoclassici (come l’unione idilliaca dell’uomo con la
natura, che caratterizza la prima parte del romanzo a Wahlheim, dove appunto il protagonista si
reca in cerca di pace ed equilibrio).

Tuttavia, l’ordine e l’armonia delle forme classiche sono perturbati dal nuovo dissidio interiore,
tipico dell’eroe romantico, tra la realtà (spesso concretizzata nella società e nelle sue convenzioni
borghesi) e le passioni individuali.

Questo conflitto, che è intrinsecamente insanabile, fa sì che l’uomo non sia più il padrone di un
universo di cui egli rappresenta il centro, ma una vittima dell’irrazionalità dei propri
istinti oppure di una società chiusa e conformista che ne soffoca i valori.

Werther è consapevole della natura autodistruttiva della propria passione e sa altrettanto bene di
non potersi inserire nel matrimonio tra Lotte e il buon Alberto, ma non può fare a meno di seguire
ciò che gli detta il cuore, fino alle estreme conseguenze.

A questa sotterranea tensione verso la morte, che si dipana e cresce nel corso del romanzo, si
uniscono da un lato la consapevolezza del protagonista della propria inettitudine alla vita (un
tema che si protrarrà in molti romanzi otto-novecenteschi) e dall’altro la religione della Natura.

Queste caratteristiche contenutistiche e tematiche si riflettono sulla struttura del romanzo, che è
di genere epistolare. Nelle lettere che Werther invia a Wilhelm, che assume così il ruolo del
confidente, si sviluppa dunque un lungo monologo da cui emergono tutti gli aspetti sfaccettati e
contraddittori della personalità di Wilhelm, con le forme del journal intime.

Queste confessioni hanno anche una matrice autobiografica, ispirata all’infelice amore di
Goethe per tale Charlotte Buff (1753-1828) e il suicidio di un altro ragazzo causato dall’amore.

I due personaggi (Werther e Wilhelm) mettono a confronto le loro opinioni su temi cruciali; come
la morte, il suicidio, l’onore e la natura umana, in un’escursione a cavallo che Werther descrive
nella lettera del 12 luglio.

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