critico francese, autore dell’opera ‘’Alla ricerca del tempo perduto’’, caposaldo letterario. Di
origini borghesi (il padre era un medico affermato), è un bambino molto colto già da piccolo
(come il piccolo Marcel), non ha nessuna preoccupazione finanziaria o instabilità economica,
ma in realtà vive un’instabilità e insicurezza artistica. La sua formazione è molto curata e
prematura, infatti inizia a leggere prestissimo, segno di appartenenza all’aristocrazia.
Con i genitori ha rapporti molto buoni e stretti, ma nonostante studi giurisprudenza e scienze
politiche, segue un’altra strada rispetto a quella voluta da suo padre. Ha una forte attenzione
per la sua contemporaneità e vorrebbe vivere completamente la vita di un intellettuale e
scrittore. Nonostante la vita brevissima d'autore, è protagonista forte del modernismo
europeo.
Brutte condizioni di salute per via dell’asma, si aggravarono. Dopo la morte dei genitori si
trasferì in un appartamento di boulevard Haussmann, conducendo una vita da recluso
completamente dedicata alla scrittura del romanzo Alla ricerca del tempo perduto (À la
Recherche du Temps Perdu), di cui è celeberrimo è l'incipit - citatissimo - "Longtemps, je me
suis couché de bonne heure. (Spesso, mi sono coricato presto la sera)".
La pubblicazione dell'opera, suddivisa per meri motivi editoriali in sette sezioni, ognuna
delle quali con un suo preciso sotto-titolo ma indissolubilmente legate tra loro, avvenne in
tempi differenziati, nell'arco di quattordici anni, dal 1913 al 1927. La prima sezione (Du
côté de chez Swann, Dalla parte di Swann) uscì a spese dello stesso Proust per i tipi di
Grasset dopo che altri editori l'avevano rifiutata. Dopo la prima guerra mondiale, Gallimard
ne pubblicò le parti successive, di cui le ultime tre postume. I sette volumi sono: La strada di
Swann (1913), All'ombra delle fanciulle in fiore (premio Goncourt, 1919), I Guermantes
(1920), Sodoma e Gomorra (1921-1922), La prigioniera (1923), La fuggitiva (o anche
Albertine scomparsa) (1927), Il tempo ritrovato (1927).
Proust individuò nella memoria lo strumento fondamentale per la scoperta della realtà e per
la comprensione del significato della vita e dell'arte, utilizzando una struttura narrativa
innovativa, in prima persona, che influì notevolmente sugli sviluppi successivi della
letteratura.
La Recherche mette in scena la scoperta progressiva della realtà che si fa spazio nel
ricordo e nella coscienza. Il narratore/scrittore (che non coincide con lo stesso Proust)
recupera la vita attraverso la sua arte. Nel tracciare il percorso del suo eroe dalla
fanciullezza felice, attraverso le esperienze sentimentali e mondane, fino ad approdare alla
consapevolezza della scrittura, Proust era anche interessato alla ricerca delle verità eterne
in un mondo in continuo cambiamento. Così, il tempo appare sia per la sua funzione
distruttrice, legata al quotidiano e al transitorio, sia per la sua funzione creativa legata al
mondo dell'arte e all'essenza dell'io, grazie ai salvifici fenomeni di memoria involontaria.
Proust esplorò in modo alquanto sensibile anche le profondità della psiche umana, le
motivazioni del subconscio e l'irrazionalità comportamentale, nella fattispecie in relazione
all'amore. Per i suoi significati e per la sapienza costruttiva che caratterizzò la sua
complessa struttura, l'opera fu considerata uno dei capolavori massimi della letteratura
mondiale, e fu tradotta in numerosissime lingue.
La sua forma è molto elegante e attenuata del sentire di questo periodo, è un autore anche
filosofo che include anche riflessioni sulla realtà che descrive. E’ un’opera pesante (non ci
sono capitoli brevi), ma scritta con genialità. Il tema è il TEMPO, sia in senso astratto, sia
quello perduto.
Trama: nella prima sezione in cui è diviso questo volume, il narratore rievoca la sua infanzia
nel villaggio di Combray; mentre la seconda sezione narra dell'innamoramento di Charles
Swann, una sorta di alter ego di Marcel, nei confronti di una giovane di nome Odette; infine
la terza sezione introduce il personaggio di Gilberte, figlia di Charles Swann e Odette, la
quale, dopo essere stata solo una compagna di giochi, diventa il primo amore del narratore.
Questo primo volume dell'opera funge da preludio, introducendo temi e personaggi principali
ricorrenti della “Recherche”. E’ in questa sezione che viene introdotta la famiglia di Charles
Swann e anche quella Guermantes, le quali lasceranno un ricordo indelebile e una
fascinazione impressa nel narratore, il quale desidera penetrare questo ambiente che
sembra a lui così irraggiungibile e meraviglioso.
Swann si reca regolarmente a cena a Combray, la sera, dalla famiglia del Narratore, ed il
suono del campanello che annuncia il suo arrivo è uno dei ricordi più ricorrenti, nella
Recherche. Nessuno sa però che Swann, benchè ebreo, è uno degli uomini più in vista di
Parigi e che conta, tra le sue relazioni, il Principe di Galles. Per la gente di Combray, egli
resterà sempre il figlio dell'agente di cambio che hanno conosciuto.
Il suo matrimonio con Odette de Crécy viene giudicato male dalla borghesia di Combray,
specialmente da Vinteuil, che rifiuta di fare la conoscenza di sua moglie e di sua figlia.
Il Narratore non lo ama perché venendo a cena impedisce a sua madre di salire a dargli il
bacio della buonanotte. I suoi sentimenti cambieranno completamente quando vedrà in lui
non più lo Swann di Combray ma il padre di Gilberte con cui gioca agli Champs-Elysées.
Lui serve a lungo da modello al Narratore perché contribuisce ad iniziarlo all'arte, alla pittura,
alla letteratura (Bergotte) e all'architettura.
L’evoluzione della loro relazione si noterà nella terza ed ultima parte “Nomi
di paesi: Il nome”. Seppure sia una sezione abbastanza breve, si mostra
di grande importanza. Infatti, i sentimenti del narratore nei confronti di una
giovane lanceranno un amo per comprendere che direzione ha preso
l’amore tra Swann e Odette. Tuttavia, i successivi volumi della Recherche
ne delineeranno meglio i contorni.
-LA PARTE DI SWANN = il titolo si riferisce alla grande tenuta del protagonista dove vive
nel primo periodo
Si tratta di lunghissimi capitoli che assecondando il fluire della narrazione, la quale sembra
non avere una fine.
Narratore intradiegetico (diverso da extradiegetico che sta fuori dalla storia narrata): a
narrare è il ragazzino Marcel in prima persona, si ha una sola prospettiva del protagonista
(diverso dalle diverse prospettive di Kafka).
Il nome può suggerire un’autobiografia, ma in realtà Proust non ha finalità di raccontare la
sua storia familiare, vuole solo costruire una storia per descrivere la realtà di quel periodo
prendendo spunto dalla sua esperienza personale. Il materiale è autobiografico al servizio
della narrazione, non a oggetto della narrazione. E’ una costruzione totalmente fittizia e
autonoma della narrazione, anche se a volte usa per oggetto alcune esperienze personali.
OGGETTO/TRAMA
Marcel parla delle estati passate con la famiglia in villeggiatura nella casa in campagna dei
nonni con tutti i parenti, spesso in solitudine con pochi compagni, con forte esposizione alla
natura, descritta intensamente, al paese con architettura romanica a cui il bambino è molto
sensibile
L’edizione originale pubblicata a partire dal 1913 conta 7 volumi, a loro volta suddivisi in 15
tomi, ognuno dei volumi ha un proprio titolo e una propria storia filologica ed editoriale. Ma il
romanzo proustiano è un’unità inscindibile e la suddivisione in tomi, volumi, capitoli,
paragrafi ha un valore sostanzialmente convenzionale e risponde ad esigenze di pratica
editoriale ( non è un ciclo di romanzi). Solo l’epilogo, lo svelamento, le “scoperte” contenute
nell’ultimo volume, Il tempo ritrovato, danno ragione di tutta la narrazione che lo ha
preceduto. Gli ultimi 3 volumi sono postumi, ma non è un’opera incompiuta, perché Proust
aveva previsto di morire prima di poter perfezionare la sua opera, aveva consegnato
quaderni manoscritti agli editori che avrebbero dovuto estrarre i volumi da pubblicare dopo la
sua morte.
‘’A lungo, mi sono coricato di buonora’’. Il romanzo inizia con questa spudorata
menzogna, che è anche un sorriso amorevole nei confronti dell’inesausto tentativo
della madre di mandarlo a letto presto. È la frase che dimostra la disciplina dello stile
proustiano. Il romanzo non svilupperà una vicenda del quale l’autore ha già scoperto il
senso. Il personaggio-narrante, e con lui il lettore, dovranno compiere un
percorso: fraintendere, sbagliare, avviarsi su false piste, prima che la Verità, il senso
di una vita, illumini retrospettivamente il significato del percorso. Non è l’autore,
dall’alto di una Verità acquisita, a parlare (solo saltuariamente si intrufolerà nel
racconto), è il personaggio-narrante, confitto alla stessa altezza dello spazio-tempo
narrato, il titolare della parola romanzesca. Ha un carattere “dogmatico” ma ha
anche uno ‘’svelamento finale’’ nell’ultimo capitolo (scritto, immediatamente dopo il
primo).
Il passaggio dalla realtà biografica alla scrittura è guidato dal lievito della trasfigurazione
letteraria che ne serba traccia – come l’ordine mantiene in sé le tracce del caos, la veglia
del sonno, la narrazione del saggio– e ne impedisce la perdita, l’insignificanza e la
nullificazione.
EVENTI IMPORTANTI:
Bambino ipersensibile, terrorizzato molto spesso, soprattutto quando deve andare a letto e
spegnere le luci, momento in cui vuole con lui la madre. Se lei non c’è, deve affrontare un
terrore enorme, quindi in agonia per tutto il giorno quando sa che la madre non potrà
esserci, giornate piene di paura per il buio che arriverà la sera, in attesa del terrore notturno.
Racconta tutti i tormenti che gli causa l’assenza della madre e il trauma fortissimo che gli
causa l’intervento del padre che interviene quando vede che il bambino sta molto in
sofferenza e tormento e concede alla madre di stare con il bambino per quella notte, anche
se di solito lo ritiene diseducativo.
Il bambino è contentissimo per la presenza della madre, ma si sente male e realizza dopo
che concedendogli quello che desidera, lui ha ricevuto la prima sconfitta perché il padre gli
ha riconosciuto una debolezza. Anche se con un atto di dolcezza, rinunciò a credere alla
mascolinità/forza del figlio come di solito faceva proibendogli la vicinanza della madre.
Risulta essere una ferita narcisistica e sentirà questo giudizio come definitivo. Da quel
momento cambia atteggiamento. (costellazione classica della dolcezza della madre e
durezza del padre)
E’ un episodio narrato nei suoi deliziosi particolari, rendendolo più significativo, come tutti gli
avvenimenti apparentemente secondari/di scarsa rilevanza, perché Proust li rende letterari,
con un enorme rilievo.
Per quanto possa apparire come una sequenza di giorni ed episodi indipendendenti e
cronologici, IN REALTÀ IL FILO CONDUTTORE E’ LA RICERCA ricostruita con un tessuto
connettivo fortissimo che unisce avvenimenti che sembrano episodi singoli.
EPISODIO DEL TÈ - Un caso di memoria involontaria
(Temi: l'effimera sensazione di un istante, il magico riaffiorare di un ricordo dell'infanzia, il
passato che rivive nel presente)
L'io narrante descrive la qualità complessa e ambivalente dei ricordi: racconta infatti come
da una casuale sensazione, provata nell'assaggiare un piccolo dolce inzuppato nel té, egli
abbia potuto recuperare un momento della sua vita, sepolto fino ad allora
nell'inconsapevolezza.
Il testo comincia con un ricordo volontario: la casa di Combray, dove l'io narrante ha
trascorso la propria infanzia. Ma si tratta di un mondo in buona parte cancellato, sprofondato
nel buio. Un giorno però la madre del protagonista gli propone di bere una tazza di té
accompagnata da una madeleine. Il profumo e il sapore di quel dolce intinto nel té risveglia
una sensazione dolcissima, ineffabile, che però l'io narrante non riesce a collegare ad alcun
ricordo preciso. Da dove proviene? Non basta bere altro té per capirlo…
Cercare l'origine di quella sensazione è il tema della parte centrale del brano. Il ricordo
sembra provenire da una cavità sconosciuta, da un'enorme distanza; si fa largo con fatica,
ma infine sgorga. L'io narrante ricorda di quando, bambino, nella casa di Combray, la zia
Leonie gli offriva un pezzetto di quello stesso dolce intimo nel té. Quel ricordo ha il potere di
rischiarare nella memoria la vecchia casa grigia: essa si fa incontro al protagonista, insieme
alla città e alla vita di quegli anni infantili. Tutto ciò, dice Proust, è uscito, città e giardini, dalla
mia tazza di té.
Significato del testo: E' vano, dice Proust, cercare di ricostruire il passato attraverso la
memoria volontaria, quella che risponde alle leggi della razionalità e della logica. Si può
invece raggiungere la verità del passato attraverso la memoria involontaria: i ricordi più veri
e lontani, cioè, possono riaffiorare non grazie a reminiscenze e collegamenti razionali di
idee, ma abbandonandosi alla sensazione di un istante. Da qui, con una serie di
associazioni che sembrano casuali, si può ritornare a un tempo che si era ormai dimenticato
e quindi perduto. Le memorie così riemerse portano con sé sensazioni positive o negative e
quindi influenzano il nostro stato d'animo attuale.
Di ritorno da una giornata piovosa ha vissuto l’esperienza della Madeleine, intinta nel tè gli
riporta alla scena vissuta ma non arriva subito, sale dall’inconscio alla sua memoria
stimolata da un’esperienza mentale, spirituale, sensoriale.
Rivede la stanza della zia Léonie decisa a stare letto malata, rivede la sua stanza e le
giornate in cui andava a prendere il the, vede i mobili e persone che escono ed entrano.
I pezzi della memoria che vengono a galla li definisce come "proprio come nel giuoco in cui i
giapponesi si divertono a mettere in ammollo in una ciotola di porcellana piena d'acqua
piccoli pezzi di carta i quali, fino ad allora rimasti indistinti, cominciano a prender forma
diventando fiori, case, personaggi coerenti e riconoscibili". La prima immagine ne genera
altre, lui in parte con l’aiuto del caso e della fisiologia ma anche lavoro concentrazione,
riesce ad aggiungere altri ricordi precisi definiti che descrivono punto per punto riportano alla
coscienza tutto quello che aveva vissuto negli anni pre adolescenziali e oltre-> materia del
ricordo.
Ciò che poteva andare perduto per sempre, si ricostituisce in realtà, molte persone ormai
morte riacquistano vita nella mente di Marcel. Come scrittore, non vale solo per la sua
esperienza ma anche materia della sua letteratura.
Unendo il caso al lavoro, si porta avanti l’operazione di riscatto dal valore etico di
riportare in vita qualcosa che sarebbe stato morto.
Noi leggiamo l’esito finale di questo lungo processo, prima il nulla, poi ricordo che viene
elaborato e poi reso letterale su carta, dato ai lettori. Mostra la genesi di vocazione
letteraria.
In un periodo lunghissimo descrive un’esperienza lieve che muove dentro la mente facendo
salire qualcosa (non sa cosa), ma gli dà un piacere tanto forte che vale la pena di
ripercorrere il percorso che prova ciò che sta dietro, cioè le mattine di domenica dalla zia,
ricordo che però non resta solo, ma immediatamente si apre un ventaglio di ricordi.
Lui si perde nei ricordi-> sono strutturali con peso e funzione uguale con quella parte
che possiamo identificare come filo della trama-> reciprocità , equilibrio tra parte
descrittiva e quella che ha a che fare con l’azione-> non si perde nella descrizione
ma ricostruisce tutto-> non leggiamo il ricordo crudo ma il lavoro che il marcel adulto
fa sul suo ricordo-> è una ricerca -> titolo
PROTAGONISTA
- Sin dall’inizio è un bambino molto sensibile, reattivo e delicato, pronto a reagire a
tutto-> attorno a cui tutti i parenti si impegnano sempre per renderlo sereno in ogni
modo, anche se lui non lo è del tutto (il piacere non sempre corrisponde alla gioia).
Ha una psiche aperta verso il mondo, a stati d’animo e natura, sempre intento a
coltivare l’estrema sensibilità ad esasperare tutto quello che il mondo offre.
Tanto che sembra un soggetto privilegiato.
→ gode dei privilegi di alta borghesia a partire dal fatto che tutte le persone e i parenti
attorno a lui gli dedicano moltissime attenzioni. E’ un tipo di classe sociale che passa molto
tempo a curare la propria sensibilità esasperata per poter assorbire TUTTO quello che il
mondo può offrire → ancoraggio delle persone nelle abitudini minute e rituali piccoli , come
i dettagli di cui vuole sempre essere aggiornata la zia sugli affari del paesello. Il bambino
quindi vive questi riti, e vive in una cultura di libri, musica, citazioni, tutto fluisce in lui come
un vaso pieno di cultura (un po’ come Proust)
D’altra parte prova il dispiacere, la paura, angoscia, che accompagnano la sua euforia,
essendo continuamente aperto a sensazioni di ogni tipo agli estremi.
La sua formazione è di tipo estetico: ciò che ha intorno colpisce i suoi sensi, il dispiacere e
il piacere, coerente con l’era che vive e la sua sensibilità. L’estetica è il primo interesse.
All’interno delle descrizioni avviene il processo che vive il bambino, che apprende e che
passa attraverso la sua esperienza sensibile e sensoriale ed investe la sua sensibilità
estetica.
Già da bambino osserva la struttura di Combray, i suoi elementi (es. campanile). Formula la
sua prima idea, che per diventare scrittore bisogna avere un'idea filosofica (non la trova, ha
13 anni). Questo è il primo segno che rimanda alla vocazione alla scrittura. I suoi genitori
capiscono la cultura ma non diventare artisti.
Vive un desiderio angosciante di scrivere, senza aiuti, si pone mille domande a riguardo. Sa
di dover trovare una sua idea filosofica, ma non si ritiene capace di esprimere la bellezza
che lo circonda per una mancanza di genio (gli capita spesso alla fine delle sue
passeggiate).
Arriverà poi alla strada di scrittura di Marcel come personaggio adulto, capendo che non
deve imporsi niente e arriverà tutto da dentro l’esperienza estetica, psicofisica, usando le
sue risorse narcisistiche che vengono dal piacere, senza dover imitare niente.
Il piacere non è da condannare, così solo può arrivare alla pagina di letteratura, passando
necessariamente dal piacere.
Proprio a livello delle percezioni e descrizioni avviene il momento formativo e di
apprendimento del bambino, che passano attraverso l’esperienza sensibile del
bambino e la sua percezione estetica della realtà, per impare e conoscere il mondo.
Fondamentale è la consapevolezza che per arrivare alla letteratura il piacere non è
da condannare ma da coltivare con la disciplina e la fatica → solo con il piacere che
grazie al caso pervade la nostra esperienza si può iniziare il duro lavoro e lo sforzo di
ricordare, ricostruire, descrivere.
Rimanda a Freud e gli sforzi di un paziente nel riconoscersi meglio e risalire alla coscienza
qualcosa di rimosso.
E’ un lavoro che attraversa la letteratura: lì salva le cose che andrebbero perse.
IMPRESSIONE
E’ una parola che rimanda alla storia letteraria e artistica. L’Impressionismo è la corrente
della seconda metà dell’800 che riproduce in maniera fedele ciò che viene visto, non come
lo crediamo nella realtà, ma come lo si percepisce (sfumature non riconoscibili, giochi di
luce, cambiamenti continui).
Proust è a suo modo un impressionista: trasforma le sue prime sensazioni in impressioni
e in descrizioni, con una tendenza a cogliere i momenti di notevolezza. Usa il modo
impressionistico per far capire che non esiste realtà fissa immobile bensì delle sensazioni.
Segue un ordine non geometrico, apprezzando la parola evocativa o sonora, cercando
momenti difficili da cogliere che sono passaggi continui della realtà, lasciando che il reale si
imprima su di lui.
Proust ha alle spalle il classicismo francese alla stesura di questo libro (in pieno modernismo
con forma nuova di romanzo) e grazie alla base fa l’esperimento, con ricorso continuo della
tradizione.
Nonostante le continue sensazioni, non cade nell’adagiarsi troppo sulla ricerca solo formale,
di affezionarsi in maniera non equilibrata al dettaglio prezioso. Affidarsi a suggestioni può
portare a perdere il senso costruttivo, diventando una serie di cose sempre ripetute che
circolano a vuoto. Proust tiene sotto controllo il rischio di Manierismo, insito nella poetica
dell’impressionismo.
Non c’è più impressionismo della realtà nella seconda parte, l’era di Combray è finita e
siamo in mezzo agli uomini e l’urbano-> non più la fenomenologia del naturale bensì
l’urbana e umana cittadina e concentrarsi sulle persone stesse descritte in maniera
dettagliata. Le congruenze, il modo di apparire e la personalità delle persone, penetra nei
loro pensieri, facendo un’analisi e una storia della loro mente e dei rapporti reciproci,
scavando dentro la psicologia (nuova che si stava affermando con Freud). Si rientra
nell’altissima borghesia nella sua socialità, ne indaga le tensioni, la dialettica e ci dà ritratti
individuali e sociali forti -> Proust si sta facendo analista delle persone che lo circondano.
Nell’ultimissima parte che riguarda i nomi: Narratore omodiegetico.
E’ un narratore che dice ‘’io’’, ma racconta storie che ha acquistato attraverso il ricordo. Il
personaggio è Marcel (con materiale autobiografico), ci racconta ciò che sa, sa già tutto.
Prospettiva autoriale-> è narratore affidabile, la forma prevede l’affidabilità.
E’ una sperimentazione che afferma visione classica ma complessa.
Inizia in un teatro, Gustl parla sempre in prima persona dicendo ‘’io’’, ma senza
raccontare qualcosa, semplicemente allineando uno dietro l’altro i pensieri, con tecnica di
Associazione, facendo scivolare di pensieri senza selezionarli, per tutto il testo. Il narratore
è completamente assente.
E’ anche una tensione tra vita e morte, una storia che non viene narrata, ma penetra
grazie a dettagli finché non prende forma. La storia non viene narrata ma succede mentre
il personaggio pensa e mentre dice, introduce le persone, poi riflette, poi fa la passeggiata
ma non lo sapremmo se non fosse nei suoi pensieri-> esperimento.
Frasi brevi, veniamo a sapere che siamo a teatro dove c’è un corale, esprime noia che
prova, prima informazione che si trova nel posto sbagliato, seconda informazione
l’ignoranza di un giovane che non sa cosa guarda, e si lascia alla distrazione e una serie
di pensieri che vanno in diverse direzione-> tra una frase e l’altra c’è sempre elemento di
collegamento.
Il resto della notte la trascorre pensando a chi ha intorno, la mamma e sorella, donne
incontrate e chi ancora non ha incontrato. Si crea intorno a lui un mondo di sentimenti che
in quel momento rievoca perché con la sua decisione ‘’onorevole’’ lasciando la sua carriera
intatta sa di star lasciando tutto, quindi accoglie una realtà già formata.
Schnitzler è interessato al mondo dell’Austria imperiale divenuto un po’ un mito di ‘’felicità,
capitale scintillante’’. (Tema austriaco che ritorna in Kafka: amministrazione viennese
centrale, con miriade complessa di uffici.)
Vuol essere un’evidente ridicolizzazione di alcuni valori cardine della mentalità asburgica del
tempo che Gustl ha introiettato a tal punto da diventarne vittima in modo spietato con se
stesso. La vergogna è la prima reazione, non ha agito subito come richiesto dal codice
d’onore. Avere contro la sciabola di un fornaio, a Gustl, ufficiale (sottotenente) del real
impero asburgico, appare inconcepibile perché il suo status e la sua posizione lo pongono,
nella sua ideologia, al di sopra di un qualsiasi fornaio.
Gustl tradisce, via via, tutta la sua fragilità e tutto il suo smarrimento di fronte alla prospettiva
della morte, rivelando una sua rassegnata umanità, che sono forse gli unici momenti in cui
vediamo in Gustl un fondo di reale autenticità. Ma appena scopre che il fornaio è morto, si
rimette Gustl sul modello idealizzato, fatto di apparenze e forme, restando prigioniero di se
stesso e del suo ruolo. L’autore ci descrive il contrasto tra l’umana paura di morire e la
disumanità implicita in quel codice militaresco.
Opinione
Chiave di lettura della realtà, una lettura che richiama il mare fluttuante che siamo noi: idee,
emozioni, immagini, sensazioni, ricordi; comprendere che siamo una stratificazione incessante che si
compie lungo tutto il corso dell'esistenza e che concorre a definirci, a plasmarci e a restituirci un
senso di appartenenza talmente fugace che basta il sonno successivo a destabilizzare ma anche a
riplasmare. Tutto questo però non è semplice da attivare, il ricordo spesso non è un atto volontario, è
piuttosto un processo di innesco, imprevedibile; spesso il richiamo passa per la sfera sensoriale: un
odore, un sapore. È la decodifica di quei segni, i significanti, che attiva i significati, ricostruisce
immagini, forgia concetti, genera storie. Alcune volte, quelle storie sono già sentite, non tali e quali: è
a quel punto che ci si accorge che sono state richiamate.
Usando il procedimento della sineddoche (ossia, la singola parte che spiega il tutto), si può affermare
che La strada di Swann, romanzo sulla memoria e sul tempo (“Combray”) quanto un romanzo sulla
società dell’epoca (“Un amore di Swann”). riproduce l’intero universo artistico proustiano. Oltre alle
ambiziose tematiche, Proust compie un’operazione di magia, facendo riaffiorare nelle sue pagine la
memoria del tempo che fu, in una rappresentazione del passato minuziosissima non solo nei dettagli
fisici ed esteriori ma anche e soprattutto in quelli immateriali, come un odore o un sapore (semplice
madeleine). La bravura e l’originalità consiste nel coniugare l’involontarietà del processo di
affioramento del passato, opera di sensazioni improvvise e incontrollabili e di un meccanismo
inconscio con l’artificiosità di un progetto lungamente meditato ed elaborato, con lucido e disincantato
raziocinio. Ecco il fascino di Proust, il quale naviga in miracoloso equilibrio tra mondo sensoriale e
mondo razionale, tra istinto e intelletto, tra coscienza e cervello. In questo modo, mentre salvaguarda
la purezza e l’innocenza delle emozioni del fanciullo, riesce a conservare intatte le facoltà critiche
dell’adulto.
C’è una pagina in cui si coglie appieno quanto detto sopra, vale a dire quella in cui l’autore bambino,
durante la consueta passeggiata postprandiale con i suoi genitori, si accorge per la prima volta del
“disaccordo fra le nostre impressioni e la loro espressione abituale”. Il sole che, dopo la pioggia,
illumina coi suoi riflessi le tegole dei tetti e le acque dello stagno incontrati durante il cammino strappa
infatti al protagonista una banale esclamazione di entusiasmo.
Il lettore ha così la possibilità di assistere al titanico tentativo dell’autore di restituire fedelmente la
verità oggettiva che è nascosta dietro ogni cosa vissuta nel passato e che nel passato è stata solo
intuita, vissuta come mera emozione, attraverso un processo di razionalizzazione e rielaborazione del
ricordo.
In “Un amore di Swann” Proust lascia da parte l’intimismo delle pagine precedenti per dedicarsi
all’analisi dei rapporti sociali: Swann, l’aristocrazia e il demi monde sono dipinti impietosamente, con
tutti i loro snobismi, tic, ipocrisie e meschinità. Al contrario, i “fedeli” del salotto Verdurin e i nobili amici
di Swann sono visti con una arguzia bonaria.
Inserita all’interno della descrizione del bel mondo parigino di fine ‘800, la storia d’amore tra Swann e
Odette, per spessore psicologico può essere considerato un trattato sull’innamoramento e sul
rapporto amoroso. La parabola dell’amore di Swann per Odette passa attraverso le varie fasi della
sublimazione dell’essere amato, dell’esclusivo desiderio del suo possesso, della cristallizzazione del
sentimento nelle abitudini quotidiane, della gelosia devastante come una malattia e infine della
delusione quieta e rassegnata, tutte esposte nelle loro più microscopiche sfumature psicologiche.
Nelle cinquecento pagine di “Dalla parte di Swann” lo stile di Proust non ha mai una caduta,
mantenendosi su livelli prodigiosamente alti. Il suo stile, fatto di interminabili periodi dilatati dalle
subordinate e parentesi, rompe definitivamente con la tradizione del romanzo ottocentesco. Proust
può anch’egli a buon diritto essere definito “impressionista” per la sua virtuosistica capacità di
descrivere, con parole mai udite prima, l’indistinto apparire dei raggi del sole sulla superficie del
balcone oppure una semplice sonata musicale. Le sensazioni, i moti psicologici non sono solo
descritti da Proust nel loro emergere alla coscienza, ma anche per mezzo di analogie e paragoni che
li oggettivano e inseriscono in un processo. Il parlare per analogie è una caratteristica peculiare della
scrittura proustiana, un vero e proprio leit motiv.
Nella Recherche si riflettevano e concludevano le tendenze del pensiero filosofico europeo che nella
Francia dell'ultimo Ottocento avevano trovato in Henry Bergson il loro maggiore rappresentante. Ma
oltre che della filosofia spiritualista del suo tempo e di alcuni principi della poetica del decadentismo
che da essa discendevano, Proust, nella Recherche, mostra di risentire anche di alcuni aspetti della
tradizione classica francese espressi da autori quali Hugo, Saint-Simon, Balzac. Si tratta della
tendenza a ricercare con scrupolo e razionalmente le cause degli eventi, "le verità dell’intelligenza",
che unite a quelle "delle sensazioni" dovrebbero costituire, per Proust, il contenuto dell’opera d’arte.
Antico e nuovo concorrono a fare della Recherche l'opera rappresentativa di un'epoca.
Il primo romanzo di Proust, Jean Santeuil, cominciato a scrivere nel 1895, incompiuto, definito
"l'infanzia della Recherche".
Proust, riflettendo su quelle evocazioni, ha scoperto l'esistenza di una vita che avviene senza che ci si
avveda e in un tempo diverso dall'abituale perché non limitato al presente e al passato ma esteso tra i
due quale un ponte che permette la comunicazione. Una vita diversa, nuova, di valori extratemporali e
vissuta in un tempo incorruttibile che ha conservato il passato nella sua integrità quasi fosse presente
e che è il tempo dello spirito.