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BOCCACCIO

Nasce a Firenze o Cartaldo nel 1313.


Costruì la propria giovinezza su molte invenzioni letterarie.
Boccaccio pensò alla sua vita pensando all’epitaffio che doveva comparire sulla sua tomba: ‘’studium
(passione) fuit alma poiesis’’. Egli ritiene che sia impossibile da affrancare dall’esperienza di vita la sua
esperienza poetica.
Egli racconta del rapporto del padre, che non lo voleva letterato, a differenza della sua vocazione. Egli
appartiene alla gens nova, alla borghesia mercantile che fa una vita attiva e pratica.
Nel 1327 arriva a Napoli, dove trascorre la parte importante di formazione della sua vita, rimane fino al
1340. Viene al seguito del padre che era al seguito dei Bardi che falliranno proprio nel 1340.
L’esperienza napoletana è fondamentale nell’esperienza di Boccaccio, è il primo autore di letteratura
dialettale napoletana.
Quando B arriva a napoli deve fare il banchiere come suo padre, ma il padre è legato alla corte di Roberto
d’Angiò, le frequentazioni di B erano alte.
Grazie a Roberto D’Angiò ha libero accesso alla biblioteca napoletana, dove ha accesso a tutta la tradizione
provenzale, ai cantari: Napoli è il periodo della sua formazione da autodidatta, questo fa di lui un umanista
inconsapevole.
Nel periodo napoletano vengono prodotte alcune tra le opere più importanti di Boccaccio. L’esperienza
Napoletana fu non solo un’esperienza di formazione, difatti segue una serie di brigate napoletane, sta accanto
al padre solo perché interessato al reale svolgimento della vita.
Nel 41 rientra a Firenze, essendosi arricchito non ha bisogno di fare un lavoro, se non quello di ambasciatore.
Nel 48 sappiamo che è a Firenze in quanto ci restituisce una descrizione della peste che la colpisce.
La casa di Certaldo sarà il punto di incontro per gli umanisti di prima generazione, dove studia autori come
Apuleio, Ovidio e Stazio.
A Certaldo studia il greco e riesce a leggere Omero.
Negli anni napoletani possiamo stabilire quali opere scrisse: ricordiamo La caccia di Diana, il Filocolo, il
Filostrato e il Teseida delle nozze d’Emilia.
La caccia di Diana è il più antico di tutti: si tratta di un poema in terzine, il cui modello probabilmente fu la
Commedia di Dante, alla quale lo stesso Boccaccio attribuisce l’aggettivo ‘’Divina’’. L’influenza dantesca
non si consuma solo nella struttura del testo, ma anche nel significato allegorico che l’opera assume.
L’opera ha un tema di natura mitologica: Boccaccio immagina dame napoletane, giovani e belle, dedite alla
dea Diana (caccia), non incline all’amore. Le seguaci pertanto sono poco inclini all’amore, sono cacciatrici
stravaganti che si ribellano a Diana, in quanto intendono innamorarsi. Pregano la dea Venere di mandare loro
degli amanti, pertanto Venere trasforma le fiere che le dame napoletane stanno predando in uomini amanti.
Questa trasformazione dà luogo alla consacrazione delle dame in seguaci di Venere.
Il significato allegorico sta nell’ingentilirsi progressivo delle dame napoletane, che fino a quel momento non
erano oggetto di attenzione letteraria. Sorprende l’attenzione al femminile, Boccaccio è il primo che tenta di
immedesimarsi nel punto di vista femminile, come il narratore di una condizione altra che lui ben conosce.
Per questo l’ambiente cortigiano napoletano è importante, perché fotografa perfettamente l’ambiente di corte
in cui erano inserite le donne.
Poi compone il Filocolo, opera importante perché è un romanzo: prima di Boccaccio non abbiamo romanzi.
Soprattutto quello di Boccaccio è un romanzo in prosa volgare.
È un genere che arriva da molto lontano, che in ambito occidentale non aveva avuto una gran fortuna. Nel
romanzo greco-alessandrino il protagonista, generalmente, aveva una missione da compere, sulla quale si
innestava la vicenda amorosa, sempre contrastata (amore verso una donna allontanata o di un diverso ceto
sociale).
È un genere il cui protagonista veniva portato in giro per il mondo e le vicende trovavano una conclusione
positiva.
L’erede diretto del romanzo greco-alessandrino è il romanzo latino, come le Metamorfosi di Apuleio, le
Metamorfosi di Ovidio e le Heroides di Ovidio.
È un romanzo in 5 libri, ha un titolo grecizzante perché il Filocolo significa ‘’Fatica d’amore’’. L’opera ebbe
una diffusione europea che forse ebbe un rimaneggiamento fiorentino.
Nell’opera si legge per la prima volta di Fiammetta, conosciuta alla corte di Roberto d’Angiò. Come per
Laura, il nome ha un significato allegorico, si tratta di un nome letterario che sta a simboleggiare la fiamma
d’amore. Il tipo d’amore che Boccaccio prova nei suoi confronti, infatti, è un amore passionale.
Il Filocolo presenta una cornice in cui viene richiesto, da Fiammetta, all’autore di parlare della storia di
Florio e Biancifiore. Boccaccio racconta la vicenda di una nobildonna, Giulia, che viene fatta prigioniera
dalle truppe del re di Spagna e partorisce una figlia, Biancifiore, che cresce come prigioniera alla corte del re
di Spagna, che nel frattempo ha avuto da sua moglie un figlio, Florio, che cresce insieme a Biancifiore in
quanto la madre è un’ancella della regina. I due crescono come due persone molto intime nonostante la
disparità sociale. I due crescono e innamorano, pertanto il re di Spagna pensa di separarli e vende come
schiava Biancifiore minacciando il figlio di ucciderlo nel caso scelga di sposarla. Il padre pertanto costituisce
l’antagonista.
Dopo una serie di peripezie i due si ritrovano, il re però non si smuove dalle sue convinzioni. Con
l’introduzione di un ammiraglio di Atene si scopre che Biancifiore in realtà è nobile, la vicenda si conclude
piacevolmente.
Portato a termine il compito di raccontare la vicenda amorosa all’amata Fiammetta, alla fine del romanzo si
riflette sul fatto che si sia ragionato sulle vicende d’amore, fondando le caratteristiche sulle quali si fonderà il
racconto del Decameron successivamente.
Inoltre, nel Decameron Boccaccio si nasconde dietro il personaggio di Dioneo, mentre qui si nasconde dietro
il personaggio di Caleon, il narratore.
Nel 1339, anno in cui scrive il Filocolo, riprende una lettera napoletana, nella quale può essere evidenziato il
realismo dell’autore, che utilizza una serie di registri linguistici differenti, mettendo in luce la forte aderenza
al reale.
Sabatini (linguista che ha studiato il testo) afferma che si tratti di un dialetto napoletano allora parlato a
Napoli, pertanto di difficile comprensione. Non si tratta di una lingua riflessa, ma di un dialetto veramente
parlato.
Firma la lettera come ‘’Jannetta di Parisse’’. Scrive che è nato un bambino, figlio di un certo Machinti, molto
bello, somigliante al padre. Gli amici, per festeggiare la nascita del bambino, regalano a Machinti un polpo.
Il racconto della nascita e della festa del bambino crea un’atmosfera ironica che aggiunge al racconto un
inserto comico, che può essere rilevato anche nel Decameron. L’elemento ironico trae origine anche
dall’ambiente napoletano, la comicità e l’ironia che troviamo nel Decameron osno frutto di un sincretismo
tra due vene comiche, quella napoletana e quella toscana.
Nel periodo subito dopo aver scritto il Filocolo e la lettera napoletana, Boccaccio elabora il Filostrato.
È un poema in ottave che consta di 9 canti. L’ottava sarà poi portato al massimo sviluppo nel cinquecento da
Ariosto, con l’Orlando Furioso.
Boccaccio utilizza l’ottava come un metro narrativo, utilizzato poi nuovamente da Ariosto.
Il poema è di argomento greco, al quale rimanda lo stesso titolo: il Filostrato è il ‘’vinto d’amore’’. È la
storia di Troiolo, uno dei figli di Priamo, che si innamora di Criseida, di cui è innamorato anche Achille, che
uccide Troiolo.
Boccaccio attinge da un’opera di Guido delle Colonne, in cui si allude a questa storia, che nel Filostrato
viene amplificata.
L’ultima opera napoletana è il Teseida delle nozze d’Emilia, altro titolo che strizza l’occhio alla grecità.
Viene ripetuta la struttura dell’ottava, ancora una volta per narrare qualcosa che attinge dalla cultura classica.
L’episodio mitologico anche stavolta è marginale: vengono raccontate le vicende di due eroi, Arcita e
Palemone, che si innamorano di una donna, Emilia.
Essendo prigionieri del re di Atene, Teseo, che decide di indire un duello osservando il loro amore. Teseo
promette Emilia al vincitore del duello. I due duellano e Arcita ne esce vincitore, ma con una ferita mortale:
in punto di morte, però, decide di donare Emilia all’amico perdente.
Si celebrano così le nozze di Emilia e la vittoria dell’amicizia.
Anche questo testo sarà utilizzato come base per la costruzione di vicende amorose da Ariosto.
Quando Boccaccio si trasferisce a Firenze, scrive altre opere, meno importanti di quelle napoletane alla luce
della stesura successiva del Decameron.
Realizza il Poema delle Ninfe Fiorentine, in cui vi è un paesaggio popolato da ninfe e giovani amanti. Le
ninfe si preoccuperanno dell’educazione sentimentale di Ameto, una in particolare Lia. Grazie a questo
percorso di formazione amorosa Ameto giunge alla conoscenza.
Nel testo è presente l’uso del prosimetro per il tema della formazione d’amore, che ricorda l’uso dantesco
nella Vita Nova.
Realizza poi l’Amorosa Visione. È il racconto di un sogno che vede come protagonisti Fiammetta e l’autore,
che viene trasformato in homo gentilis.
Poi viene elaborata l’Elegia di Madonna Fiammetta, un romanzo pseudo-autobiografico che Fiammetta
compone in prima persona.
È un primo esempio di romanzo psicologico, perché le azioni narrate sono pochissime: è una lunga
disposizione elegiaca compiuta da Madonna Fiammetta, che si rivolge alle donne innamorate, dedica ripresa
nel Decameron.
La vicenda: Fiammetta viene abbandonata da Panfilo, che torna a Firenze senza dedicarla attenzioni. La
donna, così, tenta il suicidio, mossa dalla gelosia. Scopre infatti che Panfilo è innamorato di un’altra donna,
tenta di suicidarsi ma viene assistita dal marito, tradito, pertanto viene colta dal rimorso. Fiammetta è
combattuta tra amore legittimo e amore illegittimo.
Ultima opera del periodo fiorentino è il Ninfale fiesolano, un poemetto eziologico che racconta l’origine di
Fiesole, che sta vicino a Firenze. Lega l’origine di Fiesole ai fiumi Africo e Mensola, due innamorati che
subiscono un processo di metamorfosi in fiume da Diana, che non vuole amore tra persone che le sono
devote. Questi fiumi costituiranno i confini in cui viene fondata Fiesole.
Boccaccio sta ancora cercando il suo linguaggio artistico e i suoi temi, esplorando temi di origine greco-
latina.

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