“Amare e voler bene”, siamo ancora nell’epoca di Catullo?
Una volta dicevi, Lesbia di conoscere soltanto Catullo
e che non avresti voluto abbracciare Giove al posto mio. A quel tempo t’amavo, non come la gente ama un'amante, ma come un padre ama i figli, ama i generi. Adesso ti conosco. Per questo, se brucio di più, mi vali molto meno. Mi sei molto di meno. Com'è possibile dici? Ma un'offesa così ti costringe ad amare di più e a voler bene meno. Catullo, conosciuto come poeta dell’amore, constata che i tradimenti di Lesbia accrescono il suo amore. Una volta Lesbia era completamente dedita a Catullo tanto da non volere neanche Giove. A quel tempo il poeta l'amava, ma di un amore fraterno, infatti egli utilizza il termine “Dilexi” dal verbo “dilego”, che indica un rapporto affettivo tipico dell'amicizia oppure familiare. Sottolinea l’eccezionalità del suo amore per Lesbia, con una metafora “non ut vulgus amicam”, ma “ut pater gnatos diligit et generos”. Adesso però Catullo la conosce, ha preso coscienza dei suoi tradimenti, ma nonostante ciò lui arde di più d'amore. Questo lo costringe ad amarla di più e a volerle bene di meno. Per i Romani amare e voler bene hanno due significati diversi e specifici: il verbo “amare” faceva riferimento al rapporto sessuale vero e proprio, l’eros greco dunque; con “bene velle” che traduco con “voler bene” si intendeva il rapporto di stima e fiducia tra i due individui, in questo caso Lesbia e Catullo. Capiamo dunque dagli ultimi versi che Catullo aveva perso la stima in lei, nonostante continuasse ad ardere di passione, perché Lesbia era venuta meno al foedus, ma comunque continuava ad insinuarsi nel suo letto. Insomma Catullo aveva accettato di fare sesso senza amore. Questo perché, come dice alla fine, un’offesa così lo costringe ad ardere più di passione e a desiderarla di più. L’idea di Catullo era quella di unire l’“amare” con il “bene velle” in una società in cui non era possibile. Infatti per il poeta l’amore era basato sulla fides e sul foedus. La prima è un sentimento religioso e ciò significa portare la relazione sul piano matrimoniale e intenderla come un foedus, un vero e proprio patto d’amore, un legame giuridico e religioso regolato da leggi ben precise. Passione sfrenata e stima non andavano a braccetto all’epoca: la sensualità era concepibile solo al di fuori del matrimonio. La passione, infatti, veniva soddisfatta attraverso relazioni extraconiugali, soprattutto da parte dell’uomo. Questo causava dunque matrimoni molto spesso infelici sia per l’uomo che per la donna. Gli uomini avevano, di norma più libertà e potevano intrattenere relazioni extraconiugali, mentre la sposa, la matrona doveva mantenere un certo decoro e doveva accompagnare il marito nelle occasioni formali. Lesbia, o meglio Clodia, è l’eccezione a questa regola: donna libera, emancipata e forse anche spregiudicata. Sposata con Quinto Cecilio Metello Celere, con il quale, secondo le fonti, litigava spesso. Inizialmente viveva l’amore che Catullo le dimostrava come un amore nuovo perché la faceva sentire speciale, ma fin quanto poteva giovare a Lesbia? Vivere un matrimonio senza esserci veramente dentro? Vivere un matrimonio senza godere delle opportunità che questo poteva darle? Lei sapeva benissimo di essere una donna potente dell’alto patriziato romano, e lui? Solo un giovane poeta proveniente dalla provincia romana. L'uomo di cui aveva bisogno Lesbia era un uomo virile, che vivesse a prescindere della sua presenza e che dovesse apparire estremamente sicuro di sé in qualsiasi momento. La realtà è che Catullo desiderava che Lesbia provasse per lui la stessa intensità del suo amore, ma le persone, che siano esse uomini e donne, dimostrano i sentimenti in maniera differente. E in questo caso è Lesbia che riesce subito, con molta disinvoltura, a voltare pagina e a dimenticare il caro Catullo. Spostiamoci in Grecia, in Platone con il Simposio, qui la concezione dell’amore è diversa. L'amore è mancanza. L'amore è la ricerca della nostra metà, perché la nostra antica natura era costituita da un essere intero, che poi si è diviso per opera di Zeus e della sua invidia. Platone, utilizzando la prosa, vuole dirci che gli amanti hanno tante e tante cose da dirsi, ma che non riescono a rivelare l’uno all’altra e questo li porta a comunicare tra di loro in maniera impenetrabile, sfuggente. Questo parlare in maniera codificata comporta l’assenza da quello che è il mondo razionale, perché l’amore e tutto ciò che gli riguarda, è compreso nel mondo irrazionale, perché come dice Adriano Celentano in una celebre canzone, “io non so parlar d’amore, l’emozione non ha voce” e quando si parla di emozioni, se ne parla sempre con il cuore e il cuore non può essere del tutto razionale. La concezione dell’amore dei due testi è diversa. Nel primo caso abbiamo un Catullo afflitto che quasi ha perso quella virilità che contraddistingueva i Romani dell’epoca, perdendo la testa per una donna che tra l’altro non ricambiava con lo stesso ardore i suoi sentimenti. Ma nonostante ciò la accetta comunque nel suo letto, diremmo oggi “amici con benefici”. D'altro canto invece, una concezione sicuramente più romantica: l’amore come desiderio di riempire una mancanza, ma una mancanza che non può riempire chiunque, ma solo quella specifica persona. Nel brano di Platone si avvera quello che aveva cercato di fare lo stesso Catullo, perché si parla di ἔρως, che è proprio il termine citato da Platone stesso, e cos’è l’ ἔρως se non l’amore completo che comprende la sfera sessuale e quella emotiva. E non è forse quello che Catullo aveva il desiderio di portare al termine con Lesbia? Sicuramente, ed è anche vero che nell’antica Grecia esistevano altri due tipi di amore ϕιλία e ἀγάπη, altrettanto importanti, ma non paragonabili a questo. L'unità in Catullo non esiste, Lesbia vuole la sua indipendenza nella sua spregiudicatezza e Catullo, a malincuore, la respinge, accettandola nuovamente. Il linguaggio irrazionale dei due amanti che, quasi si amano in silenzio, nel discorso di Aristofane viene sostituito con una fermezza d’animo da parte di Lesbia che fa soffrire il povero Catullo, e riesce repentinamente a passare da un amante all’altro, avendo il controllo della situazione, conservando la razionalità. Ma la differenza con Catullo sta proprio qui: per Platone, nel discorso di Aristofane, non è la pulsione sessuale l’essenza dell’amore, ma il desiderio di ripristinare quell’unità perduta. Solo dopo questo si dà spazio alla pulsione sessuale vera e propria. Catullo però credo sia andato oltre, per certi versi, a Platone stesso, perché parla di stima, “bene velle”. Platone parla di amore come continua ricerca del bello perché grazie alla bellezza l’uomo volge la sua attenzione all’Idea Suprema che è quella del Bene. La prima esperienza dell’eros è il contatto fisico, cercando il corpo dell'amata o dell'amato, poi però questo non placa il desiderio interno, e si andrà alla ricerca di una bellezza invisibile. Per arrivare a questa bellezza ci si allontana dal materiale, raggiungendo così il mondo delle Idee, l'Iperuranio di cui ci parla Platone. L'amore deve per forza corrispondere al bello perché il Bene corrisponde alla Bellezza. Ma chi ci dice che Lesbia sia stata bella ai suoi tempi? Sappiamo che aveva numerosi amanti e che tutti volevano godere della sua compagnia, ma chi ci dice che sia stata bella per tutti, e che sia stata un modello di bellezza per tutte le donne? Nel carme 86 Catullo ci parla di Quinzia, che tutti considerano perfetta “nella forma”, ma in realtà lui nega questa perfezione e la attribuisce a Lesbia. Questo ci spiega come l’amore sia soggettivo e come la teoria di Platone non valga sempre e per tutte le donne. "Perché è bellissima tutta, ogni grazia ha rubato a tutte le donne”, per lui Lesbia era bella tutta, bella dentro e fuori, ma nessuno la conosceva come lui e poteva condividere il suo punto di vista. Quindi Catullo ci dice che per lui Lesbia è bellissima, e allora l’ideale platonico? Chi è bello deve essere anche buono, e Lesbia era bella secondo Catullo, ma era buona? Tradiva il marito, e passava da un letto all’altro, ritornando da Catullo e illudendolo ogni volta, non è forse contraddittorio con il concetto di bontà? Io credo che buona non lo sia stata. Anche nell’arte greca si aveva questo binomio bello-buono, ma se dicessi che il Bacio di Klimt, opera amatissima dal pubblico, rappresenta in realtà un abuso sessuale? È la storia di un bacio negato, perché nonostante la ragazza volesse respingerlo, lui voleva averlo quel bacio e ci riesce seppur controvoglia. È bello, ma sicuramente non buono. Quindi se in passato il bello era anche buono, ora qual è il canone di bellezza? Ci sono stati canoni nel corso della storia che oggi ci sembrano tutto tranne che belli? Per il filone “arte-bellezza” tutti reputano bellissima la Venere di Botticelli, anche io personalmente. Ma qualcuno di noi, che non abbia letto con attenzione la sua descrizione nello specifico, ha mai notato che è sproporzionata? Il collo più lungo del normale e allo stesso modo le braccia, e per giunta aveva anche un po' di “pancetta”, come oggi diremmo. La Venere piace semplicemente perché è una delle opere più suggestive del Botticelli, forse uno dei pittori più conosciuti. Ma pensandoci, se incontrassimo una donna così, saremmo così tanto gentili nei suoi confronti? La risposta è no, proprio perché in ogni epoca c’è un canone di bellezza, una moda, un trend che rispecchia quella precisa epoca. Ma il canone di bellezza non varia solo dal punto di vista temporale, ma anche geografico: “le cinesine sono sempre magroline e con i capelli neri”, “le brasiliane hanno un bel fondoschiena”, “la donna mediterranea ha i fianchi larghi”, “gli inglesi sono tutti obesi perché mangiano solo cibo spazzatura”, queste e tante altre frasi come queste tendono a generalizzare un intero popolo e da qui il loro canone, il loro modello predefinito. Ma io personalmente condivido con Sophia Loren “Mi piace molto di più mangiare pasta e bere vino che essere una taglia 0”, perché la bellezza ideale non esiste, e neanche una bellezza universale. Essere belle o belli significa saper indossare la propria personalità, essere noi stesse. Questo è quello che aveva fatto Catullo, aveva amato Lesbia per la sua interiorità piuttosto che per la sua esteriorità e aveva sofferto. Il povero Catullo aveva solo sbagliato epoca. E noi invece oggi siamo ancora all’epoca di Catullo? Amare e bene velle sono la stessa cosa? Sicuramente non sono a conoscenza della vita di ogni individuo sulla terra, quindi posso parlare secondo la mia esperienza ed il mio pensiero. Infatti molti di noi hanno idee diverse su cosa dovrebbe essere l’amore, come dovrebbe essere e come ci si dovrebbe sentire. L'amore è una questione delicata: una persona può dirti che ti ama e non lo pensa davvero, e un’altra persona potrebbe amarti molto, ma non riuscire a comunicarlo. “Se ti amassi di meno, potrei essere in grado di parlarne di più.” dice Jane Austen in un suo romanzo, e credo che sia vero. Quando si parla d’amore, parla in realtà il cuore e non sempre il cuore riesce a comunicare tutto l’affetto che prova. Io amo immensamente la mia mamma, ma non ho il coraggio di dirglielo sempre. Ma credo che quello che Catullo voleva cercare di fare è quello che in realtà noi abbiamo oggi, e che consideriamo normale e che pretendiamo dalla persona che amiamo: fedeltà e rispetto. Però credo nel destino, e credo che se il destino ti manda una persona speciale forse è proprio quella la tua metà, quella mancante, quella di cui parla Platone. La mia metà l’ho trovata, ed è così bello, perché non è solo amore, ma anche voler bene. Consideri quella persona come la più bella del mondo, come Catullo considerava Lesbia, bella dentro e fuori. L’amante non è solo una questione di sesso. L'amante è quel qualcuno che tenta di ricostruire le ali all’altro per farlo volare ancora più in alto, perché sa che l’altro farà lo stesso per lei. L’amante è quella persona a cui conservi l’ultima fetta di torta, perché non ti interessa della fetta di torta, ma del fatto che tu l’abbia mangiata con lui. Ti piacciono anche le sue passioni, e salteresti anche da un dirupo se fosse necessario per lui. L'amante è quella persona che ti fa amare la versione più bella di te stessa, perché sai che c’è qualcuno che crede in te. L’amante è amico, fratello, padre, e complice nella stessa persona. Cosa mi ricorda questo? Ettore e Andromaca: un amore eterno. L’incontro tra Ettore e Andromaca è tra i più toccanti dell’Iliade: Ettore. Prima di affrontare Achille, saluta Andromaca e il figlioletto Astianatte. Andromaca tenta di far cambiare idea ad Ettore, ricordando che lui rappresentava tutto ciò che le rimaneva: “Ettore, dunque, per me tu sei padre, tu sei la mia nobile madre, sei fratello, sei il mio sposo fiorente”. Ettore è dispiaciuto nel sentire le parole della moglie, ma è costretto ad andare a combattere per evitare il disonore. La scena poi si chiude in maniera molto tenera: Ettore si avvicina al figlioletto che però ha paura del suo elmo, che Ettore fa quindi cadere a terra. Prende il figlio tra le braccia, lo saluta e lo ridà alla madre, dicendo di non preoccuparsi. Se da un lato vi è questo amore eterno, romantico, che ci fa emozionare, ci sono anche amori impossibili come quello di Enea e Didone. Enea è un semidio, figlio di un umano, Anchise, e una dea, Venere. Aveva il compito di fondare la città di Roma, una missione che gli era stata data dagli dei. Durante il viaggio, incontra Didone, principessa fenicia che rimase vedova a causa del fratello Pigmalione che uccise il cognato. Da allora rimase sempre fedele al marito fino a quando non ha incontrato Enea. Arrivano ad innamorarsi alla follia ed Enea, per questo amore, sarebbe anche disposto a non portare a termine la sua missione. La forza avversa però è Giove che lo richiama tramite Mercurio, in quanto egli deve continuare il viaggio. Da qui ha inizio la tragedia perché Didone si uccide. Un amore impossibile e per giunta contrastato e che non ha superato l’ostacolo. In epoca ellenistica si sviluppa una dottrina filosofia, l’epicureismo. Dottrina filosofia a cui aderisce uno dei grandi autori latini Tito Lucrezio Caro che con la sua opera, De rerum natura, si fa portavoce di questa filosofia che, ovviamente ha una sua concezione anche sull’amore. Secondo entrambi il desiderio erotico è un desiderio naturale, per la procreazione, ma non necessario, per cui gli uomini possono anche vivere senza. Non bisogna trasformarlo poi in desiderio di fondersi con il partner, perché in quel caso sarebbe un desiderio irrealizzabile e coinvolgerebbe la sfera emotiva e provocherebbe anche sofferenza, insoddisfazione, delusione e gelosia. Di conseguenza il sesso è positivo, ma non l’amore che non si riesce a dominare con la ragione. Lucrezio attribuisce il movimento a particelle di atomi che si urtano con altri atomi e che si aggregano, per formare i corpi. Quindi l’amore è soltanto un avvicinarsi di atomi che vogliono unirsi ad altri atomi. Già con Lucrezio abbiamo, in questo senso una visione anche più scientifica dell’amore, proviamo a vedere cosa significa oggi a distanza di secoli. Da sempre si associa all’amore, come organo umano, il cuore: persino il poeta italiano Guido Cavalcanti parla dell’amore che parte dagli occhi per poi arrivare al cuore, il centro biologico dell'amore. Tuttavia gli studi nel campo delle neuroscienze hanno dimostrato che è il cervello l’organo responsabile a tutti i “sintomi dell’amore”: farfalle nello stomaco, euforia, le mani che sudano che ricordiamo anche come “sindrome saffica”. Sembra infatti che tutte le emozioni che proviamo nel corso dell’innamoramento siano opera di ormoni e neurotrasmettitori come dopamina e ossitocina. Le aree del cervello che sono interessate all'innamoramento contengono grandi quantità di dopamina, un neurotrasmettitore che è associato al desiderio e all’euforia. E sarebbe questo che causa l’euforia alle prime fasi dell’innamoramento. Ma al contrario questo determina un abbassamento della serotonina, che invece è legata all’appetito e all’umore. Sarà capitato alla maggioranza delle persone, che si sono innamorate, avere lo stomaco chiuso per questo? Certo, però a compensare questo vi è una produzione di adrenalina che stimola invece il batticuore, le farfalle nello stomaco e la sudorazione, facendoci dimenticare completamente del nostro stomaco vuoto! Molto spesso abbiamo anche sentito dire “l’amore è cieco!”, questo sembra avere conferma dagli studi di neuroimmagini. Infatti sembra che nelle fasi di innamoramento, quando vediamo il volto del ragazzo che tanto ci piace, c’è una diminuzione dell’attività celebrale che è adibita al pensiero critico. Quindi quest’area tende a smascherare quei difetti che prima non avremmo sicuramente ignorato ed è per questo che l’amore è cieco e irrazionale. Superata poi questa fase critica si producono ossitocina, chiamato anche ormone dell’amore, e vasopressina che contribuiscono a mantenere una certa stabilità di coppia, tenerezza e fedeltà nei confronti del partner. E che dire poi della componente erotica che fino ad ora abbiamo citato a proposito di Catullo? Le fasi iniziali dell’amore sono caratterizzate da una forte componente sessuale, per la grande produzione di testosterone negli uomini ed estrogeni nelle donne. Inoltre è stato dimostrato che le aree celebrali che si attivano durante l’attività sessuale sono adiacenti a quelli dell’amore romantico. Questo dimostra che vi è una componente erotica nell’amore e che le due cose non per forza devono essere separate, come invece si credeva a Roma. L’amore è un sentimento troppo vasto e troppo difficile su cui discutere, ma una cosa è certa: non si può mentire né al proprio cervello, né al proprio cuore. Diceva Rita Levi Montalcini “Nei ragionamenti del cervello c'è logica, nei ragionamenti del cuore ci sono le emozioni.” Non possiamo mentire ad entrambi, entrambi prima o poi ci smascherano.