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PAIDEIA

rivista di filologia, ermeneutica e critica letteraria

FONDATA DA

V. PISANI e G. SCARPAT

ESTRATTO

2012
Anno LXVII - Volume LXVII

STILGRAF EDITRICE
CESENA 2012
IUCUNDUM AMOREM:
IL CARME 109 DI CATULLO

Abstract
In carm. 109, Lesbia’s proposal of iucundus and perpetuus amor is accepted
by Catullus, but at the same time it is turned into a strong promise of aeter-
nus mutual love, granted by the gods, like an ideal marriage pact, which
foreshadowes the elegists’ attitude towards their mistresses: furthermore,
there are close connnections with Plautus’ and Terence’s language. The paper
discusses in detail the syntax of ll. 1-2.

Un monologo sospeso fra speranza e dubbio1, in cui le parole di


Lesbia, presentate indirettamente all’inizio, vengono ben presto sover-
chiate dalla voce di Catullo, che ne dilata semanticamente e ne disten-
de temporalmente la portata: questo il carme 109, assegnato di norma
a una fase di riconciliazione dopo la tempesta, un carme che intreccia
le espressioni usuali del parlato con la solennità dell’invocazione e
della preghiera.
In un raro momento di gioia condivisa Lesbia promette all’amante
un amore lieto e duraturo, un amor iucundus e perpetuus. Molti com-
mentatori si sono soffermati sul senso della proposta di Lesbia, evi-
denziandone talora un valore limitato: «iucundus (delightful) was pro-
bably an à la mode word at the time for pleasant things and experien-
ces, the sort of word Lesbia would use»2. Il termine ha in realtà tutta

1 H.P. SYNDIKUS, Catull. Eine Interpretation. Dritter Teil. Die Epigramme (69-116), Darm-
stadt 1987, p. 126. Indico di seguito alcuni dei principali commenti che verranno successiva-
mente citati con il solo nome dell’autore: BAEHRENS, Leipzig 1885; DELLA CORTE, Milano
1990; DE VERGER-PEREZ VEGA, Huelva 2005; ELLIS, Oxford 18892; FORDYCE, Oxford 1978;
GODWIN, Warminster 1999; GOOLD, London 19892; KROLL, Stuttgart 19685; LENCHANTIN,
Torino 19333; QUINN, London 1970; RIESE, Leipzig 1884; SYNDIKUS, Darmstadt 1990;
THOMSON, Toronto 1997; TROMARAS, Thessaloniki 2001.
2 Così L.O.A.M. LYNE, The Latin Love Poets. From Catullus to Horace, Oxford 1980, p. 36;
cfr. O. SCHÖNBERGER, Interpretation eines Catulls Epigramms, «Helikon» 20-21, 1980-1981,
pp. 329-334: p. 330; F.O. COPLEY, Emotional Conflict and its Significance in the Lesbia
Poems of Catullus, «AJPh» 70, 1949, pp. 22-40: pp. 24 ss.
624 Paideia LXVII (2012)

la forza etimologica “che giova, che piace”: è aggettivo frequente in


Catullo3, che lo usa ben 15 volte, a indicare ora sentimenti amicali
(9,1: Veranio; 14,2; 50,16: Calvo), ora affetti familiari (64,215), la bella
stagione – anche in senso traslato, come 68,93; 68,16 – e in genere
percezioni gradite (46,3; 64,284; 66,82; 62,26; 62,47)4, le fatiche che
Arianna è pronta sopportare per Teseo (64,161), la porta (67,1: due
volte) e nel nostro caso l’amore (109,1). La semantica erotica è evi-
dente nel carme 109, ed eventualmente nel carme della ianua5.
Nelle pagine dedicate alla storia dell’aggettivo, il Ross ne nota l’as-
senza nell’epica, ma ne nega il carattere strettamente colloquiale che vi
scorgeva l’Axelson6, osservando che, proprio grazie a Catullo, esso
entra a far parte del linguaggio poetico della lirica e dell’elegia, senza
per questo essere sconosciuto alla prosa ciceroniana e alla satira ora-
ziana. A escludere il carattere unicamente colloquiale è per il Ross la
scarsa presenza nella palliata (due sole occorrenze in Plauto, nessuna
in Terenzio). Al di là della connotazione più o meno informale del
termine – che comunque sembra presente almeno in origine, vista la
presenza in Afranio, Novio, Lucilio – va notato come nei due esem-
pi plautini esso si inquadri, come nel Veronese, in un contesto erotico.
In Poen. 206 i ludi iucundissimi che Agorastocle è invitato a contem-
plare sono le due cortigiane sorelle, Adelfasio e Anterastile, una delle
quali è oggetto delle attenzioni del giovane (v. 207 amores tuos). In
Pseud. 238 non iucundumst nisi amans facit stulte Calidoro rivendica
il godimento, per l’innamorato, di un agire stolto. Sembra dunque po-
tersi postulare una correlazione – certo non una dipendenza – con il
linguaggio comico, l’unico che conosce l’uso del termine in relazione
all’amore prima di Catullo.
In Plauto, dunque, iucundus si attaglia all’amore dei giovani: così è
l’amore spensierato, adolescenziale vorremmo dire, della proposta di
Lesbia a Catullo, quell’amore che il poeta è il primo a vagheggiare, la-
sciando dietro di sé i rumores senum severiorum7. E poiché nei mo-

3 Si veda soprattutto D.O. ROSS Jr., Style and Tradition in Catullus, Cambridge 1969, pp. 76-80;
A. AGNESINI, Il carme 62 di Catullo, Cesena 2007, pp. 301 s.
4 Di “semantica della primavera” parla AGNESINI, Il carme 62, cit. n. 3, p. 301.
5 AGNESINI, Il carme 62, cit. n. 3, p. 301.
6 B. AXELSON, Unpoetische Wörter: ein Beitrag zur Kenntnis der Lateinischen Dichterspra-
che, Lund 1945, p. 35, n. 18.
7 È noto che l’etimologia popolare ha accostato iucundus a iocus: di qui la grafia iocundus
(cf. Ernout Meillet, s. v. iocus.) Possiamo azzardare – mi suggerisce G. Biondi – che l’amor
A. MINARINI, Iucundum amorem: il carme 109 di Catullo 625

menti di grazia l’amante pensa che tutto durerà per sempre, l’amore di
Lesbia non può essere che perpetuus, non conoscerà interruzione8.
Una nota ancora più intensa nei primi due versi del c. 109 si avverte
in hunc nostrum inter nos, che non è semplicemente un pleonasmo da
ricondurre al linguaggio familiare9, ma si carica di un senso profon-
do10: l’insistente ripetizione, l’uso del pronome personale e del dimo-
strativo di prima persona, la collocazione marcata a occupare tutto il
primo emistichio insinuano nelle parole di Lesbia l’idea di un amore
intenso e particolare, da cui gli altri debbono restare esclusi11. L’offer-
ta iniziale di Lesbia – questo il senso del proponis del primo verso,
che non è equivalente a promittis, come vorrebbero molti commen
ti12 – , gioiosamente accettata dal poeta13, viene gradualmente ad assu-
mere nelle intenzioni di Catullo una portata più ampia, quella di una
vera promessa (promittere v. 3) e la speranza che ciò possa realizzarsi
si appoggia a un’invocazione agli dèi, di magni, in cui l’esclamazione
non esprime semplicemente sorpresa, o paura, o indignazione, come
spesso in latino14, ma – così anche nel finale del c. 76 – ha la forza
della preghiera e da essa prende solennità e profondità15.

iucundus sia l’amore di quei ioca, cui indulgono Lesbia e Catullo (cfr. multa iocosa fiebant
del carme 8,6).
8 Anche se «hier ist eine – wenn man so sagen darf – begrenzte Dauer, keine Ewigkeit ge-
meint» (SCHÖNBERGER, Interpretation, cit. n. 2, p. 330).
9 Così in genere i commenti. Sull’espressività della ridondanza in Catullo in generale si veda
H. TRÄNKLE, Ausdrucksfülle bei Catull, «Philologus» 111, 1967, pp. 198-211 (p. 206 per il
carme 109), e cfr. anche L. TAKÁCS, Catullus c. 109, in AA.VV., Studia Catulliana in memo-
riam Stephani Caroli Horváth, Szeged 2005, pp. 44-49.
10 «Tieferen Sinn» per TAKÁCS, Catullus c.109, cit. n. 9, p. 46.
11 T.P. WISEMAN, Catullus and his World. A Reappraisal, Cambridge 1985, p. 70; A. GHI-
SELLLI, Catullo. Il passer di Lesbia e altri scritti catulliani, Bologna 2005, p. 43: «convinzio-
ne assoluta della singolarità esistenziale del loro amore».
12 «La palabra promittere parece estar solo en boca de Catulo»: così RAMÍREZ DE VERGER,
p. 645. Proponis = promittis sostiene invece anche D. KONSTAN, Two Kinds of Love in Ca-
tullus, «CJ» 68, 1972, pp. 102-106: p. 103.
13 SYNDIKUS, p. 125 vede invece freddezza nell’uso di proponis in riferimento a una promes-
sa d’amore.
14 «Si noti come espressioni irrigidite in formule (cfr. di magni ...) restino disponibili a esse-
re risemantizzate, rivitalizzate dal contesto»: GHISELLI, Catullo. Il passer di Lesbia, cit. n. 11,
p. 35.
15 «It conveys the hopelessness of the request, and the prayer is made by adding to the ex-
clamation a petition for that very thing the impossibility of which evoked the exclamation.
So the prayer takes its tone from the exclamation, but it also lends a depth and suggestion of
solemnity to the exclamation»: G. WILLIAMS, Tradition and Originality in Roman Poetry,
Oxford 1968, p. 411.
626 Paideia LXVII (2012)

Vere promettere possit / atque hoc sincere dicat et ex animo: Catul-


lo parla «in a language reminiscent of Terence»16 che rimanda infatti
all’invocazione di Fedria in Eun. 175-177 utinam istuc verbum ex ani-
mo ac vere diceres / ... si istuc crederem / sincere dici, quidvis possem
perpeti. Fedria si augura di poter credere alle parole con cui Taide lo
rassicura sull’amore per lui, come Catullo spera nella sincerità delle
parole della donna e il cumulo espressivo rimanda ancora una volta al-
l’abbondanza del parlato, pur con sottili distinzioni: la veridicità della
promessa, la sincerità, la spontaneità17.
Fra le invocazioni di Fedria e di Catullo sono percepibili altre ana-
logie e differenze: Fedria usa un ottativo irreale utinam diceres: è la
consapevolezza di chi dubita in partenza, sa di non essere il solo nel
cuore dell’etera (e il finale della commedia, con la spartizione di Taide
fra adulescens e miles gli darà ragione). Catullo prega che Lesbia “pos-
sa” tener fede alla promessa: perché in fondo anch’egli sa di non poter
chiedere troppo, sa che promesse di tal fatta non sono nella natura
dell’amata18. Ma mentre Fedria chiede la garanzia di Taide, per quan-
to debole essa sia, Catullo invoca la garanzia degli dèi (facite ut), con-
fidando in un intervento capace di superare la debolezza umana19 e di
dare inaspettata legittimità all’unione con l’amata. In entrambi i poeti
i termini significativi sono in posizione marcata: nell’Eunuchus ex ani-
mo è dinanzi alla semisettenaria di ia6, vere segue la quasi cesura, sin-
cere è a inizio verso. Nel c. 109 vere si colloca dopo la semiquinaria
dell’esametro, sincere e ex animo rispettivamente dinanzi alla cesura
del pentametro e a fine verso.
L’ultimo distico, introdotto da un ut da considerarsi preferibil-
mente consecutivo20, chiarisce infine l’aspirazione profonda di Catul-

16 Così J.K. NEWMAN, Roman Catullus and the Modification of the Alexandrian Sensibility,
Hildesheim 1990, p.7 (ma lo notano tutti i commenti).
17 «Vere bezieht sich auf das objektive Eintreten der versprochenen Handlung, sincere und
ex animo auf die subjektive Aufrichtigkeit des Versprechens»: SCHÖNBERGER, Interpretation,
cit. n. 2, p. 332.
18 «Nor is possit otiose – C. suspects his mistress is incapable of a serious promise» QUINN,
p. 448. Cfr. inoltre SYNDIKUS, p. 126; GODWIN, p. 218 (che sottolinea in proposito la posi-
zione marcata di possit in allitterazione e a fine verso).
19 Sulla diversa connotazione delle invocazioni agli dèi nei carmi brevi e nei carmina docta
cfr. G.G. BIONDI, Catullo in AA.VV., Storia della civiltà letteraria greca e latina, vol. II, To-
rino 1998, p. 477.
20 QUINN, p. 448, SCHÖNBERGER, Interpretation, cit. n. 2, p. 332: altri lo intendono finale (es.
SYNDIKUS, p. 126).
A. MINARINI, Iucundum amorem: il carme 109 di Catullo 627

lo: un amore che non sia semplice capriccio o mera passione, ma un


vincolo sacro di reciproca ed eterna fedeltà. Il significato e il valore di
termini quali foedus e amicitia nel lessico catulliano sono stati a lungo
indagati, a partire dal famoso saggio di Reitzenstein21 in polemica col
Leo: è ormai universalmente accettato – credo – la tesi che li correla
al patto matrimoniale e alla fedeltà che si presuppone nei rapporti col
coniuge come in quelli con gli amici. Questo vincolo deve essere, nel-
l’intenzione catulliana, non solo perpetuus, ma addirittura aeternus22,
che abbraccia passato, presente e futuro. Anche per l’uso dell’aggetti-
vo un precedente è nella commedia: si veda Plaut. Most.195 (stulta es
plane) quae illum tibi aeternum putes fore amicum et benevolentem23,
dove però la prospettiva è proprio all’opposto, perché nella Mostella-
ria la vecchia Scafa cerca realisticamente di dissuadere Filemazio da
speranze impossibili per una cortigiana: l’amore svanirà con lo svanire
della bellezza. Nel c. 109 l’auspicio del poeta si appoggia invece a les-
semi che connotano la continuità e la durevolezza: aeternus, tota vita,
perducere24; per di più l’amicitia è definita sancta, sacra, inviolabile,
con un uso dell’aggettivo che ricorda quello del c. 76 (v. 3 nec sanctam
violasse fidem nec foedere nullo). Che il lessico dell’ultimo verso ri-
mandi a un rapporto di tipo matrimoniale sembra confermarlo anche
il confronto con Ter. Ad. 899, dove Eschino parla di sanctas nuptias (e
il sintagma è un unicum)25. In ogni caso l’aspirazione a un legame du-
raturo come il foedus catulliano dicono le parole di Bacchide in Haut.
385 ss., quando confrontano l’amore effimero per le cortigiane con quel-

21 R. REITZENSTEIN, Zur Sprache der lateinischen Erotik, Heidelberg 1912, pp. 1-33 (ripub-
blicato in Das foedus in der römischen Erotik, in AA.VV., Catull, hrsg. von R. HEINE, Darm-
stadt 1975, pp. 153-180). Buona panoramica al riguardo in J. GRANAROLO, L’ oeuvre de Ca-
tulle: aspects religieux, éthiques et stylistiques, Paris 1967, pp. 218 s. e Saara LILJA, The Ro-
man Elegists’ Attitude to Women, Helsinki 1965, pp. 72 s.
22 «Aeternus ... è espressione metafisica indicante ciò che è senza limiti di tempo ... quindi
denota ciòche è imperituro, indistruttibile, sublime. Perpetuus ... denota la continuazione, la
successione di una cosa nel tempo e nello spazio, senza interruzione» (D. FAVA, I sinonimi
latini, Milano 1910 = 1984, pp. 45 s.).
23 Lo nota anche SYNDIKUS, p. 126, n. 17 che vi accosta anche Ter. Eun. 872 at nunc dehinc
spero aeternam inter nos gratiam / fore Thais (passo molto diverso, in cui il giovane Cherea
confida in una futura benevolenza di Taide, a prescindere da sfumature erotiche).
24 SYNDIKUS, p. 126, TAKÁCS, Catullus c. 109, cit. n. 9, p. 48.
25 Anche se l’uso è forse ironico, come sottolinea Donato. Negli altri casi terenziani, relati-
vi all’Hecyra, l’avverbio sancte rimanda all’inviolabilità del giuramento (vv. 61, 268, 751
sanctius), mentre in Rhet. Her. 4,33 si parla di sanctimonia nuptiarum. Per sanctus nel lessi-
co erotico si veda R. PICHON, Index verborum amatoriorum, Paris 1902 = Hildesheim 1966,
p. 238.
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lo saldo delle donne oneste, sancito da un vincolo nuziale (vv. 394 s.: hoc
beneficio utrique ab utrisque vero devincimini / ut numquam ulla
amori vostro incidere possit calamitas).
Certo Catullo non può e non vuole aspirare realmente a un matri-
monio: è il primo a riconoscere di non aver ricevuto Lesbia, pura e
trepidante, dalle mani del padre (68, 143). Ma si legge nei suoi versi
l’aspirazione a qualcosa che va addirittura oltre: la santificazione, la le-
gittimazione, dis adnuentibus, di un amore extra coniugale entro ed
oltre i vincoli del matrimonio26, la possibilità di unire gli aspetti gioio-
si di un eros lieto e appassionato, l’amor iucundus, prerogativa in ge-
nere di effimeri flirt, con la forza del foedus, del patto coniugale. Qui
veramente, come nel c. 68, Catullo è precursore dell’elegia latina, an-
ticipa la concezione di un Tibullo, di un Properzio, che chiedono alle
loro dominae una passione non disgiunta da forme impossibili di to-
tale dedizione e fedeltà27.
Un’attenta lettura del breve epigramma chiarisce così l’interno mo-
vimento che lo anima. L’offerta di Lesbia di un amore iucundus viene
recepita dal poeta, ma gradualmente spostata nell’ottica personale del-
la promessa di un rapporto esclusivo, che aspira alle caratteristiche di
un vincolo matrimoniale permanente e anzi le supera. Dopo lo slancio
iniziale il carme, apertosi con note festose, si chiude con toni più pa-
cati e profondi28, da cui non è forse esente un’ombra di malinconia29.
Nel carme si ritrovano, si è visto, consonanze con la commedia sia
di Plauto sia, soprattutto, di Terenzio. Muovendo dalle considerazio-
ni fatte sopra sull’uso plautino di iucundus, possiamo dire che lo spo-
stamento dell’amor dall’ottica di Lesbia a quella di Catullo sembra
configurarsi come lo spostamento da un’ottica plautina a una teren-
ziana. Gli amanti di Plauto rivendicano un amore iucundus, gioioso,
ma effimero e superficiale, quelli terenziani (vedi le esclamazioni di
Fedria confrontabili con i versi 3 e 4, la sacralità del vincolo matri-
moniale) un amore che non conosce distrazioni e resta saldo nel tem-

26 Per questo aspetto, specie in riferimento al carme 68, cfr. AGNESINI, Il carme 62, cit. n. 3,
pp. 490 ss., G. MAGGIALI, Il carme 68 di Catullo, Cesena 2008, pp. 69 ss.
27 Sul foedus amicitiae di Catullo in correlazione con il foedus amoris dei poeti elegiaci si ve-
da P. FEDELI, Introduzione a Catullo, Bari 1990, p. 52: «esso diviene una proiezione ideale
del patto matrimoniale, perché la passione che unisce gli amanti viene posta allo stesso livel-
lo di quella fra i coniugi».
28 SCHÖNBERGER, Interpretation, cit. n. 2, p. 380.
29 «etwas Illusionäres» SYNDIKUS, p. 127.
A. MINARINI, Iucundum amorem: il carme 109 di Catullo 629

po. Una riprova di come il rapporto con Plauto sia un rapporto di re-
cupero, ma a un tempo di ribaltamento, in primo luogo linguistica-
mente, il rapporto con Terenzio sia piuttosto nel segno della conti-
nuità, tanto nelle tematiche che nel linguaggio30.
Iucundus amor vs. foedus amicitiae: i termini chiave del rapporto
Lesbia Catullo incorniciano il carme e lo chiudono in una sorta di
‘Ringkomposition’ all’interno della quale la struttura tripartita è evi-
dente nell’articolarsi dei tre distici, unitari per senso e sintassi. 1° di-
stico: offerta d’amore di Lesbia; 2° distico: invocazione agli dèi e spe-
ranza di Catullo; 3° distico: la promessa di amore eterno da parte del
poeta31.

***

Proprio iucundum amorem del primo verso ha comportato alcune


incertezze di esegesi: i più pensano a un “accusativo + infinito” in di-
pendenza da proponis, altri32 sottolineano piuttosto la durezza di una
simile sintassi, che lega i due aggettivi, iucundum e perpetuum, con un
–que molto distante dal primo di essi e con l’inserzione – si direbbe
l’intrusione – di hunc nostrum inter nos. Il Baehrens era propenso
quindi a intendere iocundum un neutro (= rem gratam acceptamque),
cui «epexegetice accedunt reliqua». Ha ripreso questa interpretazione
in tempi recenti il Thomson, che supera la difficoltà della lettura nos-
trum inter nos fore (che il Fordyce33 giudicava «an impossibile expres-
sion») congetturando usque al posto di que: l’errore sarebbe nato da
un’errata divisione delle parole di un probabile perpetuũsque. Egli
giustifica la correzione anche da un punto di vista stilistico: ripetizio-
ne del fonema u come altrove in Catullo a indicare durata, un ritmo
che definisce “Catullan”. Ma è proprio quest’ultima osservazione che
sembra debole. Il distico, così riscritto
iucundum, mea vita, mihi proponis: amorem
hunc nostrum inter nos perpetuum usque fore

30 È la “liricizzazione del quotidiano” di cui parla BIONDI, Catullo, cit. n. 19, p. 468.
31 Sulla struttura del carme cfr. soprattutto SYNDIKUS, pp. 124-127; SCHÖNBERGER, Interpre-
tation, cit. n. 2, p. 333; TAKÁCS, Catullus c. 109, cit. n. 9, p. 45. L’ipotesi di una struttura bi-
partita (2+4), sostenuta ad esempio dal THOMSON, p. 545 è discussa soprattutto da TAKÁCS
(Catullus c. 109, cit. n. 9), che conclude comunque a favore della tripartizione.
32 Es. QUINN, p. 448.
33 FORDYCE, p. 397.
630 Paideia LXVII (2012)

comporta una pausa che provoca un’eccessiva spezzatura ritmico sin-


tattica, in contrasto con la tendenza catulliana a evitare enjambements
negli esametri34. Viene inoltre a rompersi la correlazione iucundum ...
amorem, garantita invece dall’iperbato a cornice, che è una delle strut-
ture tipiche dell’esametro catulliano35, anche se più frequente nei car-
mina docta. Credo quindi che si debba mantenere il testo tradito: l’e-
videnza di iucundum correlato ad amorem è troppo forte e discono-
scerla porta a perdere il senso dell’epigramma, tutto giocato sull’inte-
razione fra la prospettiva iniziale di Lesbia e quella finale di Catullo.
Quinn invece considera iucundum amorem oggetto diretto di propo-
nis, quindi hunc nostrum inter nos come “appositional expansion” e
perpetuuumque fore come ulteriore espansione36. Questo comporte-
rebbe tuttavia una sintassi assolutamente slegata, troppo anche per
Catullo che pure indulge talora alla scioltezza del parlato. A ben ve-
dere, dunque, l’esegesi più comune, di cui si diceva all’inizio, resta la
più credibile: la forte evidenza di iucundum in apertura arriva a pro-
vocare quasi uno straniamento nell’ordo verborum, con l’effetto di ga-
rantire anche a hunc nostrum inter nos forte enfasi all’inizio del penta-
metro successivo.
Reitzenstein37 legge l’ultimo verso nella forma
aeternae hoc sancte foedus amicitiae
recuperando eterne di O38 e trasformando in avverbio il lessema
centrale: questo, a suo dire, perché l’artistico intreccio di aggettivo e
sostantivo della lezione corrente aAsS (aeternum hoc SANCTAE foe-
dus AMICITIAE), per quanto non sconosciuto a Catullo, è più noto
in epoche successive e potrebbe essere stata correzione umanistica. Si
potrebbe aggiungere anche che la proposta di Reitzenstein ha il pregio
di instaurare nel verso un iperbato a cornice del tutto speculare a
quello del primo verso (e una struttura chiastica nelle concordanze ae-

34 Cfr. F. CUPAIUOLO, Metrica latina classica, in AA.VV., Introduzione allo studio della cul-
tura classica, II, Milano 1973, p. 566. Sull’uso raro, anche se non impossibile, dell’enjambe-
ment in Catullo, cfr. K. BÜCHNER, Beobachtungen über Vers- und Gedankengang bei
Lukrez, Berlin 1936, p. 84.
35 H. PATZER, Zum Sprachstil des neoterischen Hexameters, «MH» 12, 1955, pp. 77-95 =
Wege der Forschung, Darmstadt 1975, pp. 447-474: pp. 450-453.
36 QUINN, p. 448.
37 Zur Sprache, cit. n. 21, p. 28 = 175. Cfr. LENCHANTIN, p. 265.
38 Che invece può ben essere banalizzazione scaturita dalla vicinanza con lessemi che indi-
cano durata.
A. MINARINI, Iucundum amorem: il carme 109 di Catullo 631

ternae HOC...FOEDUS amicitiae). È l’argomento su cui insiste il


Lenchantin, specificando che «scrivendo aeternum ... sanctae si ha una
distribuzione asimmetrica del qualificante e del qualificato, che è sim-
metrica invece con la lezione accolta nel testo, ove hoc funge da de-
terminante di foedus e aeternae di amicitiae, secondo lo schema Aa/sS
frequente nel pentametro»39. Va invece precisato che nel pentametro
catulliano, al di là di alcune durezze, si avvia già quel processo, che
sarà perfezionato dagli elegiaci augustei, per cui «si cerca di mettere
elegantemente in evidenza il rapporto grammaticale ... collocando alla
fine del primo emistichio l’aggettivo, alla fine del secondo l’aggettivo
corrispondente»40. Un cursorio esame dei pentametri non solo dei car-
mina docta, ma anche degli epigrammi mostra una netta prevalenza del
tipo ... A/ ... S su quello A .../... S41. Anche concettualmente, inoltre,
l’accento è tutto sull’eternità del patto, che garantisce il perdurare di un
vincolo “sacro”, mentre l’aggettivo centrale, ridotto ad avverbio, suona
piuttosto fiacco: sanctae realizza per di più nel pentametro quel tipo di
rima interna fra aggettivo e sostantivo concordati che è attestata con
una certa frequenza negli elegiaci successivi42.
Decisamente debole, infine, sembra alternum, che compare nell’e-
ditio princeps del 1472 e che ha avuto notevole seguito in alcune edi-
zioni successive (es. Muretus), fino addirittura al Baehrens e all’Ellis
(si vedano i commenti ad loc.): il senso sarebbe quello di “reciproco”43.
Tuttavia già la prima aldina del 1502, pur scrivendo alternum, notava
aeternum a margine e la seconda aldina del 1515 accoglieva senza esi-
tazioni aeternum. È una variante che non ha oggi più alcun seguito.
In conclusione, la lezione che possiamo definire tradizionale
aeternum hoc sanctae foedus amicitiae

39 LENCHANTIN, p. 265.
40 CUPAIUOLO, Metrica latina classica, cit. n. 34, p. 577. Per C. CONRAD, Traditional Pat-
terns of Word-Order in Latin Epic from Ennius to Virgil, «HSCPh» 69, 1965, pp. 195-288:
p. 195 (con bibliografia precedente), è questa la struttura più frequente sia nell’esametro sia
nel pentametro elegiaco. Non di rado aggettivo e sostantivo sono concordati in omeoptoto
(di rima interna parla M. PLATNAUER, Latin Elegiac Verse: a Study of the Metrical Usages of
Tibullus, Propertius & Ovid, Cambridge 1971, p. 49).
41 Percentuali già in M. MONBRUN, A propos du poème 68 de Catulle: quelques considera-
tions sur la métrique et l’ordre des mots, «Pallas» 22, 1975, pp. 23-42: p. 38 s.
42 PLATNAUER, Latin Elegiac Verse, cit. n. 40, p. 49.
43 «Quod ex sua parte numquam hoc foedus rupturum iri bene ille sentit» BAEHRENS,
p. 599.
632 Paideia LXVII (2012)

è senz’altro da preferire: con essa viene pienamente esaltato l’anda-


mento solenne del verso, costituito unicamente da lessemi nominali,
di cui gli aggettivi occupano sostanzialmente il primo colon, dal ritmo
spondaico, i sostantivi l’intero secondo colon44: fa da suggello una so-
lenne clausola pentasillabica a sottolineare il nesso che è chiave del
componimento e di tutta la concezione dell’amore in Catullo: «his
greatest merit as a master of technique lies in the skill with which he
matches theme and verse»45.

Università degli Studi di Parma ALESSANDRA MINARINI


Dipart. di Antichistica, Lingue, alessandra.minarini@unipr.it
Educazione, Filosofia – A.L.E.F.
Str. M. D’Azeglio, 85
43125 Parma

44 Dello stile dei distici elegiaci catulliani si è molto discusso, trovando in essi ora eccessivo
ossequio ai modelli greci (ELLIS, pp. XXVI ss.), ora eccessiva libertà (J.P. POSTGATE, Select
Elegies of Propertius, London 18852, p. CCXVI). Rivalutazione in N.B. SEGDWICK, Catullus’
Elegiacs, «Mnemosyne» 3, 1950, pp. 64-69; D.A. WEST, The Metre of Catullus’ Elegiacs,
«CQ» 51, 1957, pp. 98-102; J. DUHIGG, The Elegiac Metre of Catullus, «Antichton» 5, 1975,
pp. 57-67.
45 DUHIGG, The Elegiac Metre, cit. n. 44, p. 67.
INDICE DEL VOLUME

GIUSEPPE GILBERTO BIONDI, Ai lettori 5

AUGUSTANA
ALICE BONANDINI
Augusto tra realtà storica e funzione satirica.
Valore simbolico del ritratto di un princeps nel
prosimetro seriocomico, tra l’Apocolocyntosis
e Giuliano l’Apostata 9
ANTONELLA BORGO
Res nova et inusitata, supplicium de studiis sumi
(Sen. contr. 10 praef. 5). A proposito dei roghi di libri
a Roma 33
ALBERTO CANOBBIO
Virgilio e Germanico nel proemio di Valerio Flacco:
il retroscena augusteo della Laus Flaviorum 55
VALERIO CASADIO
L’ira di Augusto (Plut. Mor. 194a-208a) 77
FABRIZIO CONCA
Augusto nella storiografia bizantina 91
RITA DEGL’INNOCENTI PIERINI
Magnitudinem exuere. Augusto privato in Seneca,
brev. vit. 4,2 ss. 107
GUILLAUME FLAMERIE DE LACHAPELLE
Les prises de parole d’Antiochus III dans l’œuvre
de Tite-Live, ou l’impuissance d’un contre-modèle 123
762 Paideia LXVII (2012)

ENRICO FLORES
Cesare, Augusto e Virgilio 135
FRANCESCA GHEDINI
Ovidio e il pantheon augusteo:
Apollo nelle Metamorfosi 145

MARIA NICOLE IULIETTO - PAOLA TEMPONE


Due nuovi contributi intertestuali
per lo studio del carme De bello Actiaco (PHerc 817) 165

DOMENICA LAVALLE
Il potere delle azioni dissidenti:
Augusto e i suoi oppositori 187

GIUSEPPINA MATINO
Giustiniano e la retorica del potere 203

PAOLA PINOTTI
Prop. 3,18. Marcello e il discorso del princeps 223

GEMMA SENA CHIESA


Il potere delle immagini: gemme “politiche”
e cammei di prestigio 255

C.J. SIMPSON
Julius Caesar and His Son.
The First Two Julian Principes and Their New
Terminologies of Power 279

LUIGI SPINA
“The glory of a next Augustan age”:
fra Grecia e Roma nell’era dei Kennedy 295

ÉTIENNE WOLFF
Auguste et son siècle d’après les poètes de l’époque
flavienne: le cas de Martial 317
Indice del volume 763

ARTICOLI E NOTE

ALEX AGNESINI
Osservazioni sulla prefazione al libro decimo
della res rustica di Columella 333

GIUSEPPINA ALLEGRI
La Lettera 68 di Seneca: l’otium del filosofo
tra sospetto e invidia 343
FRANCIS CAIRNS
Caesar fr. 1 Courtney: The Etymologies 371
FEDERICO CONDELLO
Incesti (anche) in sogno: Soph. OT 977-983 379
SILVIA CONDORELLI
Dal parassita della commedia all’ impudicus
di Sidonio (epist. 3,13,1-4) 409
PAOLO DI MEO
Properzio “più vile di un lago secco”?
A proposito di 2,14,12 429
PAOLO DI MEO
Sul significato di tornus in Verg. ecl. 3,38,
Prop. 2,34,43 e Laus Pisonis 96 433
SIMONE GIBERTINI
Su Petrarca sen. 1,6,25: Lethe o Lethes?
Per la storia di un grecismo nel latino medievale 443
ALFREDO MARIO MORELLI
Prostrati in gramine molli. Il locus amoenus come
modello di comunità ideale in Lucrezio e nell’Ovidio
dei Fasti 459
ROSARIO MORENO SOLDEVILA
Hércules y el toro: en torno a Mart. Spect. 18 y 19 483
764 Paideia LXVII (2012)

ALESSIA MORIGI
A carte scoperte: documenti d’archivio e topografia
tardoantica tra Sarsina e Monte Sorbo 503
LEONARDO PAGANELLI
Hedyphagetica pascoliana 525
GUALTIERO ROTA
In margine a Sir. 26,7 LXX: la “donna-giogo”
tra espressionismo linguistico e gnµmh 531
SAMANTA TRIVELLINI
Two Ovidian rewritings: the myth of Philomela
on the contemporary English stage 545
JOSÉ LUIS VIDAL
Fragmenta poeticae: poesía narrativa de Ennio a Virgilio 571

CATULLIANA

JOSÉ-IGNACIO GARCÍA ARMENDÁRIZ


Catulo 44,15 (otio, ocimo, alio) 593
DÁNIEL KISS
Towards a catalogue of the surviving manuscripts
of Catullus 607
ALESSANDRA MINARINI
Iucundum amorem: il carme 109 di Catullo 623
JOHN M. TRAPPES-LOMAX
Further Thoughts in Catullus 633
Indice del volume 765

FORUM

GIANCARLO MAZZOLI
Sulla recente edizione Scivoletto-Zurli delle Satire di Persio 649

RICCARDO SCARCIA
Librum imperfectum reliquit: rileggendo Persio 659

LORIANO ZURLI
Pegaseum melos (Chol. 14) è citazione di Cesio Basso 699

APPROFONDIMENTI

MARIELLA BONVICINI
A proposito di un nuovo volume pascoliano di
Alfonso Traina 715

PAOLA PAOLUCCI
Riflessioni a margine di una nuova antologia latina 727

RECENSIONI

GIOVANNI SALANITRO, Profili di latinisti dell’Ateneo catanese,


Catania, Cooperativa Universitaria Editrice
Catanese di Magistero (C.U.E.C.M.), 2010, 98 pp., = C 12,00,
ISBN: 978-88-660-0000-6
766 Paideia LXVII (2012)

GIOVANNI SALANITRO, Profili di grecisti dell’Ateneo catanese,


Catania, Cooperativa Universitaria Editrice
Catanese di Magistero (C.U.E.C.M.), 2011, 96 pp., = C 12,00,
ISBN: 978-88-660-0013-6
(Sergio Audano) 745

DANIELA AVERNA (a cura di), Mercator. Introduzione, testo


e traduzione, Pisa, ETS, 2010, 143 pp., =
C 18,00,
ISBN: 978-88-467-2991-0
(Giorgia Bandini) 749

Libri ricevuti 757


PAIDEIA rivista di filologia, ermeneutica e critica letteraria
PERIODICO ANNUALE

DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Gilberto Biondi


VICEDIRETTORE: Giuseppina Allegri
COMITATO DI REDAZIONE: Gabriele Burzacchini, Stefano Caroti
Giampaolo Ropa, William Spaggiari
COMITATO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE:

Michael von Albrecht, Francis Cairns


Andrés Pociña Pérez, Wolfgang Rösler
COMITATO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE DI CATULLIANA:

Paolo Fedeli, Julia Haig Gaisser


Antonio Ramírez de Verger, Ulrich Schmitzer
SEGRETERIA DI REDAZIONE: Alex Agnesini, Mariella Bonvicini
Gualtiero Rota

Norme per i collaboratori:


I contributi vanno inviati in stesura definitiva alla Redazione di PAIDEIA, (presso il Dipartimento di
Antichistica, Lingue, Educazione, Filosofia [A.L.E.F.] – Str. D’Azeglio, 85 – 43125 PARMA) e
all’indirizzo di posta elettronica giuseppe.biondi@unipr.it. Gli autori effettueranno la correzione
tipografica solamente delle prime bozze; le successive correzioni saranno effettuate a cura della
redazione; non si accettano aggiunte né modifiche sulle bozze di stampa. Per le norme redazionali si
rimanda alla sezione Norme Tipografiche all’indirizzo: http://www.stilgrafcesena.191.it/norme.htm.
La rivista recensirà o segnalerà tutte le pubblicazioni ricevute. Libri da recensire o da segnalare debbono
essere inviati al Direttore della rivista, Prof. Giuseppe Gilberto Biondi – Dipartimento di Antichistica, Lingue,
Educazione, Filosofia (A.L.E.F.) – Str. D’Azeglio, 85 – 43125 PARMA, con l’indicazione “Per PAIDEIA”.

Registrazione presso il Tribunale di Parma del 25-11-2004


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