1) Informazioni sull’autore
Gaio Valerio Catullo nacque a Verona da una famiglia agiata e prestigiosa. Dopo essersi
trasferito a Roma intorno al 60 a. C., frequentò la società colta e raffinata della
capitale e legò con il gruppo dei Poetae Novi, che opponevano alla letteratura
tradizionale dei grandi poemi una poesia di imitazione greca, breve ed elegante,
espressione di personali sentimenti. A Roma Catullo visse un amore tormentato per la
bella e spregiudicata Clodia, sorella del tribuno della plebe Clodio e moglie di Quinto
Cecilio Metello, console nel 60 a. C. La donna, che nelle poesie di Catullo viene
chiamata Lesbia, in omaggio alla poetessa greca Saffo, originaria dell’isola di Lesbo, fu
per il poeta una vera grande passione, anche se gli fu infedele. Nel 55 Catullo ruppe la
relazione con Clodia e morì l’anno successivo, poco più che trentenne.
Il liber delle sue poesie comprende 116 carmi: i primi sessanta , in metro vario, sono
chiamati dal poeta nugae (piccole cose) e trattano argomenti quotidiani; seguono otto
componimenti di contenuto più elevato, anche dottrinale e 48 epigrammi in distici
elegiaci, anch’essi di argomento quotidiano. I temi sono l’amore, l’amicizia, la bellezza
della natura. I versi dedicati all’amore per Lesbia esprimono con straordinaria finezza
letteraria una storia di felicità e di tormento, una confessione spontanea che alterna
la dolcezza struggente alle esplosioni di disperazione o disprezzo. Il lettore moderno
può trovarvi quell’ansia di immediato, quei sentimenti di estasi e di angoscia, di
costante sensazione di tradimento in cui può rispecchiarsi ogni storia d’amore.
Godiamo la vita
La lirica è tratta da Carmi (I secolo a. C.)
2) Parafrasi
Lesbia, viviamo e amiamo e teniamo poco conto dei pettegolezzi dei vecchi arcigni.
Ogni giorno il sole tramonta, poi sorge di nuovo, se per noi finisce questa breve vita,
sarà come un’unica notte senza fine.
Tu dammi mille baci, e ancora cento, poi altri mille poi di nuovo cento, poi di seguito
mille e ancora cento. Poi quando ce ne saremo dati migliaia, mescoliamoli
disordinatamente in modo che non si sappia il numero, per evitare gli influssi malefici
degli invidiosi se sanno che qui ci sonoi tanti baci.
3) Analisi testuale:
Livello fonico:
Nei primi versi della poesia prevale l’utilizzo della lettera m ( viviamo, amiamo,
mormorii, stimiamoli); in particolare, l’uguaglianza di suono dei due verbi iniziali crea
una trama fonica che rafforza la vitalità insita nell’esortazione d’amore. Nella parte
compresa tra il settimo e il decimo verso (inclusi), si ha la ripetizione delle parole mille
e cento, e quindi le allitterazioni legate alle lettere l (mille) e c (cento, baci). Si tratta
in ogni caso di suoni “morbidi”, che sottolineano l’intensità e la dolcezza del
sentimento che l’autore sta provando. Inoltre l’enumerazione delle parole mille e cento
crea un ritmo incalzante e rende, anche a livello fonico, il rapimento della passione.
Livello lessicale:
Il poeta si rivolge alla donna amata in tono colloquiale ed esprime con immediatezza e
sincerità le più intime emozioni. Le figure retoriche del significato conferiscono
valore intensivo alla poeticità delle immagini.
La lirica è inoltre costruita sulla contrapposizione di due campi semantici: i termini
evocano da una parte immagini di vita, amore e luce, dall’altra morte, invidia e buio,
corrispondenti rispettivamente ai significati morali di gioia e dolore.
Sono infine numerose le figure retoriche del significato:
- la metafora della vita come sole che ogni giorno tramonta e poi ritorna richiama
immagini di luce e di mobilità ed esprime la concezione catulliana della vita umana
come lampo fugace (breve luce).
- L’iperbole che inizia nel settimo verso evidenzia lo stato di esaltazione del poeta.
- L’antitesi tra l’esortazione ad amare e l’invidia malevola sottolinea la sprezzante
noncuranza del poeta (tutti stimiamoli un solo quattrino)
- La metafora della morte come notte senza fine evoca immagini di tenebra e di
immobilità.
Disinganno
La lirica è tratta da Carmi (I secolo a. C.)
2) Parafrasi
Un tempo, o Lesbia, dicevi che per te non c’era che Catullo e che al suo posto non
avresti voluto neppure Giove.
A quei tempi non ti amavo come la gente ama un’amante, ma come un padre ama i figli,
o i generi.
Adesso ti conosco. Per questo, se da una parte ardo ancora di più di passione, dall’altra
ti stimo molto meno. Hai meno valore per me.
Tu dici che è tanto strano. Ma un’offesa così grande ti costringe ad amare di più e
nello stesso tempo a voler meno bene.
3) Analisi testuale:
Livello fonico:
All’interno della lirica prevale l’utilizzo della lettera m ( me, amavo, come, amante, ma,
ama, mi, molto, meno). In particolare questo suono viene ripetuto sia nelle parole
legate a amore, che in quelle collegate a meno. Sottolinea dunque la contrapposizione
tra l’amore che il poeta prova ancora per Lesbia e la delusione che lo ha portato a
perdere completamente la stima per la donna.
Livello lessicale:
La struttura colloquiale del componimento è sottolineata dal fatto che il poeta
immagina sia Lesbia stessa a parlare (“per me non c’è che Catullo, neanche Giove
vorrei al posto suo”) e a domandare meravigliata come possano coesistere nell’animo di
lui amore e disprezzo per la stessa persona (“ E’ tanto strano”). Tutto il componimento
ruota infatti intorno al disinganno, appunto, che ha fatto quasi rinsavire l’autore, il
quale ora prova contemporaneamente una forte passione per Clodia, ma anche
delusione, amarezza. Tale contrasto è evidenziato da due antitesi, presenti
rispettivamente nei versi 5, 6 e 8 (se brucio di più, mi vali molto meno; amare di più e
voler bene meno).
La similitudine nel terzo e nel quarto verso descrive invece il sentimento che Catullo
provava un tempo per la donna, ossia un amore paterno ( t’amavo, non come la gente
un’amante, ma come un padre ama i figli, i generi ).
Odio e amo
La lirica è tratta da Carmi (I secolo a. C.)
2) Parafrasi
Io odio e amo. Perché, forse mi chiederesti, provi contemporaneamente sentimenti
tali? Non so, ma sento che è così e perciò mi tormento.
3) Analisi testuale:
Conclusioni:
Le tre poesie di Catullo sono intense e coinvolgenti. Con pochi versi il poeta riesce a
parlare di sentimenti forti e importanti come l’amore, l’odio, la delusione, la
disperazione, la passione… Questa sua abilità si manifesta soprattutto nella terza
lirica, Odio e amo, in cui l’autore esprime, utilizzando un solo distico, un esplosione di
emozioni come quella data dal contrasto tra odio e amore. Anche solo la prima antitesi
ne racchiude un insieme sconfinato, e “bloccata” dal punto, colpisce qualunque lettore
con la sua durezza e la sua incisività. Subito dopo il poeta dà forma al suo tormento,
alla sua confusione interiore: non riesce a comprendere come si possibile che l’amore e
l’odio per la stessa persona coesistano dentro di lui; anche Catullo, come Lesbia in
Disinganno, come chiunque di noi, lo trova strano, ma non può trovare una spiegazione
razionale. Lo percepisce e basta.