Sei sulla pagina 1di 781

Alessandro

Manica

IL PUNK
IN CILE
© 2002-2016 Alessandro Manica,
Tutti i diritti riservati

PREMESSA

Mi scuso in anticipo per le imperfezioni che questo libro potrebbe contenere, sia di natura lessicale e
ortografica, che cronologica: gli eventi descritti sono, in parte, molto remoti.
Spero che la mia vicenda sia riportata in maniera sufficientemente chiara per tutti.
E' anche possibile che frasi a me riferite o addirittura intere esperienze da me vissute non siano reali,
bensì impiantate artificialmente nella mia memoria mediante suggestioni post-ipnotiche e che quindi
parte di questa storia, anche se per me reale, non sia mai effettivamente accaduta.

Il vero scandalo è che mi è sempre stata negata, sia in Italia che in Germania, la possibilità di verificare
oggettivamente, mediante regressione ipnotica, la veridicità delle mie memorie coscienti e la mia
visione soggettiva della realtà.

Se in Belgio vi è mai stato un caso Dutroux, questo è un segnale dell'ancora perlomeno parzialmente
funzionante apparato statale belga; casi come il mio - e ve ne sono sicuramente molti sia in Italia che in
Germania – vengono invece sistematicamente negati dalle istituzioni italiane e tedesche preposte,
prima che possano essere presi anche solo in considerazione dai media, i quali a loro volta fanno del
loro meglio perché un Dutroux e chi copre costui le spalle non possano esistere.

Nella biografia vengono narrati anche episodi intimi. Sono costretto a farlo perché so che mi sono stati
estorti dalle mie memorie mediante regressione ipnotica oppure dal flusso dei miei pensieri.
La descrizione pubblica in anticipo dei suddetti episodi previene quindi la possibilità che mi si possa mai
ricattare minacciandone la loro pubblicazione su internet.

Buona lettura.
UN SENTITO RINGRAZIAMENTO…

…a quelli che hanno reso possibile questo libro, ai miei alleati e – indipendentemente dalla loro fede
politica o appartenenza mediatica - a coloro che mi hanno testimoniato la loro preziosa solidarietà
nell'arco di tutti questi anni, ovvero, in ordine alfabetico: Maria Grazia Abbate, Francesco Accardo, tutti
ad Agora, Altan, Roberta Ammendola, Paola Maria Anelli, Lucia Annunziata, Valentina Antonello,
Saji Assi, Alessandro Baracchini, Guido Barlozzetti, Roberto Benigni, Bianca Berlinguer, Enrico
Bertolino, Ubaldo Bizzarri (nonostante tutto), tutti a Blob, Riccardo Bocca, Cesare Bocci, Serena
Bortone, Giovanna Botteri, Marianna Bruschi, Sofia Bruscoli, Maria Luisa Busi, Tindara Caccetta,
Massimo Cacciari, Fabio Cappelli, Laura Carcano, Alessandra Carli, Lia Celi; tutto il personale del
Centro Salute Mentale dello Spolverini di Ariccia; Riccardo Chartroux, Arianna Ciccone, Stephen
Colbert, Licia Colò, la redazione online di Computerbase, Maria Luigia Cozzupoli, Maurizio Crozza,
Maria Cuffaro, Paolo Flores D'Arcais, Dagospia, Ferruccio De Bortoli, Concita De Gregorio, Domenico
De Masi, Maria Rosaria De Medici, Isabella Di Chio, Beatrice Dondi, Luca Dondoni, Umberto Eco
(R.I.P.), tutti a Elisir, Eminem, Manuela Falcone, Daniela Farnese, Francesca Fialdini, Maria Grazia
Fiorani, Luciano Fontana, Renato Franco, la Frankfurter Allgemeine Zeitung, Luca Gaballo, Milena
Gabanelli, tutti a Geo & Geo, Anais Ginori, Enza e Michele Giuliano, Alessia Gizzi, Lucia Goracci, Aldo
Grasso, Glenn Greenwald, The Guardian, Fabienne Hurst, Riccardo Iacona, il sito web di
icanhascheezburger.com, Eric Idle, The Intercept, Larry King, Sebastian Krug, Friedrich Kuppersbusch,
Tommaso Labate, Franca Leosini, Linkiesta, Tatiana Lisanti, Chiara Maffoletti, Valerio Magrelli, Bill
Maher, Bruno Manfellotto, Antonia Marini, Morgan Marquis-Boire, Valentina Martelli, Lisa Marzoli, Ezio
Mauro, Fidel Mbanga Bauna, Federico Mello, Corradino Mineo, Bill Moyers, Michael Moore, Ornella
Muti, The Nation, tutti a La Nave Di Teseo Edizioni, Newsweek, il New York Times, Gianluca Nicoletti,
Stefano Orsini, Anna Oxa, Cristiana Palazzoni, Antonella Pallante, Adriana Pannitteri, Nilde Paonessa,
Paolo Pasi, Giuseppina Paterniti, Silvana Pepe, Matteo Pucciarelli, Eros Ramazzotti, la Rhein-Neckar-
Zeitung, Costanza Rizzacasa D'Orsogna, Christian Rocca, Stefano Rodota, Silvia Rosa-Brusin, Filippo
Rossi (Caffeina), Riccardo Rossi, Il Ruggito Del Coniglio, Iman Sabbah, Enza Sampo, Gennaro
Sangiuliano, Egle Santolini, Harald Schmidt, Serena Scorzoni, Elena Scotoni, Sara Segatori, Vauro
Senesi, Giuseppe Smorto, Edward Snowden, Francesca (@sono_selvatica su Twitter), Riccardo
Stagliano, la Suddeutsche Zeitung, Cinzia Tani, Benedetta Tobagi, Luce Tommasi, Tomshardware Italia,
Oliviero Toscani, la squadra di TV Talk, Chiara Ugolini, USA Today, Valigia Blu, Concetto Vecchio,
Andrea Vianello, Giuseppe Videtti, Alessandra Vitali, Die Welt, Niccolo Zancan, Stefania Zane, Edo
Zeriav, Nathania Zevi.
Dedicato a tutti quei cittadini
che hanno subito
una condanna civile o penale
per possesso o spaccio
di stupefacenti...

...ed a tutti i Gustl Mollath


di questo mondo.
CAPITOLO ZERO – Una piccola storiella inventata.

Siete in un consiglio comunale, nella commissione preposta alla redazione del piano regolatore.
Un lavoro come gli altri, si potrebbe dire.
Vivete a Roma, avete un figlio che cerca dimora a Milano perché vuole studiare alla Bocconi ed una
figlia che frequenta ancora le medie – mettiamo anche il caso che siate abbastanza agiati da poterVi
teoricamente permettere di comprare un appartamento nel capoluogo lombardo.
Amate Vostra moglie: forse non è più così bella come una volta, ma per la Vostra tranquilla esistenza da
impiegato statale è, secondo Voi, la persona giusta.
La Vostra visione del mondo è abbastanza intatta.
Vi recate a votare e credete a molto di quello che scrivono i giornali.
Pensate di vivere in una democrazia e credete nei valori della costituzione.

Un giorno, un nuovo, simpatico, radioso e dinamico membro della stessa commissione della quale fate
parte, Vi racconta a quattrocchi, mentre bevete assieme un caffè al bar: “Sa, caro collega, in quel bosco
ci sono forse degli ottimi porcini e delle gustosissime more, ma per il resto mi sembra abbastanza
inutile e per questo, secondo me, il terreno dovrebbe essere reso edificabile. E' solo la mia opinione,
ovviamente.”
Beh, Voi non siete della stessa opinione del Vostro dinamico collega.
Un bosco è sempre un bosco. Aria per respirare.
Vi chiedete: “Perché proprio qui la natura deve cedere il posto ad una comune costruzione?”
Ed è una domanda che Vi ponete giustamente, secondo me.

Qualche giorno dopo, mentre tornate a casa col Vostro turbodiesel, compiete la Vostra buona azione
quotidiana e offrite un passaggio ad un simpatico signore che sta facendo l'autostop proprio nel posto
strategico in cui dovete sempre passare per arrivare al Vostro monofamiliare in campagna.
Una volta salito nella Vostra vettura, il signore cerca chiaramente la conversazione: sembra quasi
volerla imporre, come se Vi dovesse per forza comunicare qualcosa.
Vi racconta che è stato disoccupato per lungo tempo. Una volta aveva una comune esistenza da
impiegato in una normalissima azienda, una esistenza come la Vostra, si potrebbe dire.
Possedeva anche un monofamiliare, del quale Vi mostra una foto: una persona come Voi.
Bene, di fronte a casa sua c'erano dei pini molto alti (purtroppo sulla foto che Vi mostra non si vedono).
Un giorno arrivò un tizio della protezione civile a consigliargli assolutamente di tagliarli, perché
costituivano un grave pericolo per la casa! Il legno di pino, poi, brucia bene e quindi, nel caso si fosse
deciso a tagliare gli alberi, anche il suo camino ne avrebbe tratto vantaggio.
Ma al Vostro interlocutore i pini piacevano troppo per potersene separare.
Perché sotto a questi ultimi, continua a raccontare il Vostro ospite in macchina, si potevano raccogliere
ogni anno degli ottimi porcini e non voleva rinunciare neanche alle gustosissime more che crescevano
negli arbusti circostanti. Quindi si rifiutò di tagliarli.
Un giorno, durante un temporale, senza preavviso, come se Dio lo avesse voluto punire per la sua
leggerezza, cadde un fulmine dal cielo e colpì uno dei pini che si incendiò, si piegò sulla casa e la
bruciò.
Nel rogo morirono sua moglie, sua figlia, che andava ancora alle medie, nonché suo figlio, che stava
per trasferirsi a Milano perché voleva studiare all'università.
A seguito della depressione della quale fu vittima dopo la tragedia (dovette essere ricoverato per un po'
di tempo in un'ospedale psichiatrico) perse anche il suo posto di lavoro.

Non è uno strano incontro, quello che avete appena fatto?

Ma il Vostro ospite ha ancora qualcosa da aggiungere.


A poco a poco sta risalendo la china, sta ricominciando a prendere le misure alla vita.

Ha ritrovato Dio.

Ed ora anche una nuova e rispettabile occupazione.


E' stato assunto dalla MickeyComp, un negozio di computer.
Davvero: ha anche con sé un dépliant con listino prezzi allegato.
Vi racconta che hanno in offerta un Solid State Disk [abbreviazione: SSD, nota dell'autore (nda)]
velocissimo.
Volgete un attimo lo sguardo sul dépliant mentre continuate a guidare.
L'SSD costa un terzo di quello che dovrebbe costare all'ingrosso.
In qualche modo non riuscite a spiegarVi come sia possibile.
Ma non è veloce, argomentate Voi: è il più lento della sua categoria.
Nei suoi momenti di relax, spiega ancora il Vostro interlocutore in macchina, gioca volentieri a
Lemmings.
Lo considera un gioco vecchio, ma pedagogicamente prezioso.
Poco prima dell'ultimo incrocio sulla strada per arrivare a casa Vostra permettete all'ospite di scendere,
in modo che possa fare nuovamente l'autostop per arrivare alla meta.

Passano alcuni giorni.


Voi e Vostra moglie siete invitati, per il tè del pomeriggio, a casa della migliore amica della Vostra
consorte.
Sono presenti anche nuovi conoscenti di lei, persone che non avete mai visto prima ma che sembrano
comportarsi in maniera molto gentile sia nei confronti Vostri che di quelli di Vostra moglie.
Il marito della migliore amica di Vostra moglie ha appena acquistato da un collega d'ufficio un computer
della MickeyComp ad un prezzo stracciato.
Durante la conversazione, quel pomeriggio, venite a sapere che uno dei conoscenti della migliore amica
di Vostra moglie ha un vicino che conosce qualcuno che vende un appartamento a Milano.
Inizialmente, il vicino lo voleva comprare per sua sorella, che però poi non si è più voluta trasferire.
L'offerta dell'appartamento sembra relativamente vantaggiosa: costa 30000 euro in meno del suo
effettivo valore di mercato. Vi interessa per Vostro figlio? Certo che Vi interessa!
Forse il tipo può chiedere se l'appartamento è ancora in vendita.
Certo che può chiedere, Vi auguro già buona fortuna colla risposta.

A proposito, quasi me lo dimenticavo, c'è ancora qualcosa da raccontare, qualcosa che è accaduto
subito a seguire durante la conversazione di quel giorno: la moglie del tizio che Vi ha raccontato
dell'appartamento invita la migliore amica di Vostra moglie a giocare con lei al computer.
Ha infatti entusiasmato quest'ultima per un programma che stanno giocando assieme già da quasi una
settimana: Lemmings!
Sìììì, le donne al computer badano sempre più all'intelligenza ed all'originalità che alla grafica
spettacolare dei passatempi digitali, anche se sono vecchissimi e non li gioca più nessuno, ormai;
Lemmings, poi, è pedagogicamente più prezioso del classico Solitario, esclamano di comune accordo le
due donne.
Mentre queste si dirigono verso il computer, un tizio invitato anche lui quel pomeriggio, ma che
apparentemente non ha nulla a che vedere con la coppia “sospetta” (afferma di vivere a Firenze e di
essere a Roma solo per caso) osserva che si tratta di un computer di quell'azienda che propone
quell'SSD velocissimo ad un prezzo stracciato.
Voi ribattete che l'SSD in questione non è così veloce, per poi accorgerVi che la MickeyComp opera
solamente a Roma: come ha fatto, dunque, il fiorentino a sapere dell'offerta?
Di domandarglielo non avrete il tempo, perché il fiorentino Vi chiede prima lui: “Crede in Dio?”
Ma insomma, non siamo mica nati nello scorso millennio!
Come rispondete a questa domanda è ininfluente, perché il Vostro interlocutore ha in mente una sola
cosa, quella di aggredirVi con la sua opinione in materia: “Io credo in una forza suprema che guida tutta
la mia esistenza, ogni singolo incontro della mia vita.” Sembra quasi mistico, vero?

La moglie del fiorentino, nel frattempo, ha cominciato a conversare con Vostra moglie e Voi siete in
grado di seguire ciò di cui si parla.
Racconta di essere stata, la settimana scorsa, in una bellissima foresta, perché va volentieri a funghi.
Spiega di aver trovato degli ottimi porcini e di averli raccolti tutti; ma ha dovuto farlo con cura per
riservare un po' di posto nel suo cestello per delle more gustosissime che ha trovato negli arbusti situati
proprio vicino ai porcini.

Siamo ad inizio ottobre, il che significa che a questo mondo esistono more mature pronte per essere
colte dai rispettivi arbusti a fine settembre!

...o no?

Bene, qui si decide semplicemente che razza di individuo siete.


Siete arrivati al bivio: potete scegliere di percorrere una strada oppure l'altra, ma vie di mezzo non ve ne
sono, Ve lo posso garantire per esperienza personale.

Se decidete di intraprendere la strada apparentemente più facile, Vi rivolgerete alla gentile signora del
bosco con parole come queste: “Cara signora, si sbrighi a raccogliere i restanti funghi e le restanti
more, perché conosco molto bene quel bosco e fra poco non ci sarà più perché ci costruiranno sopra.”
Allora forse, ma solo forse, avrete l'occasione di acquistare, ad un prezzo conveniente, un
appartamento a Milano che fu di proprietà di una persona ridotta sul lastrico dai Vostri nuovi amici con
ogni tipo di vigliaccheria sia legale che criminale.

Potete anche decidere di percorrere l'altra strada, quella onesta e per quanto riguarda il resto di questa
storia ci concentreremo su questo tipo di decisione.
Per questo raccontate alla signora qualcosa come: “Cara signora, stia certa che grazie al mio aiuto
potrà raccogliere anche nei prossimi anni nel suo bosco i suoi amati porcini e forse ancora più more,
glie lo assicuro io quale membro della commissione redattrice del piano regolatore!”
Poco dopo il fiorentino racconta di essere stato quasi investito da una automobile il giorno prima.
L'ha mancato per così poco (e Le mostra un piccolo spazio tra il pollice e l'indice) mentre attraversava
la strada attenendosi alle regole previste dal codice della strada.
Il bello è che nessuno si è annotato la targa, sembrava non interessasse a nessuno che una persona
fosse stata quasi ammazzata. Viviamo in un mondo malato e soprattutto crudele.

Quanto velocemente si possa perdere la vita, Ve lo descrive in maniera plastica un altro signore della
combriccola, uno che ha appena smesso di giocare a Lemmings.
La settimana scorsa camminava come al solito sul marciapiede di Via dei Cappuccini per recarsi al
lavoro.
Ah, la dovete percorrere ogni giorno anche Voi? Tu guarda le coincidenze!
Allora, continua a raccontare il tizio, è lì che passeggia tranquillo e felice su quella via quando ad un
certo punto sente, dietro di sé, un botto da paura. Si gira e cosa vede?
Un vaso enorme, del peso di minimo 20 chili, appena schiantatosi al suolo dietro di lui.
Fosse stato anche solo un tantino più lento, lo avrebbe preso in pieno ed ora non sarebbe sicuramente
in grado di raccontarlo, tanto grosso e pesante era il vaso. Talvolta la vita è appesa ad un filo sottile...
Dopodiché ha rivolto il naso all'insù e ha visto molti balconi uno sopra l'altro, ma nessuno su di essi, in
altre parole non è riuscito a capire da quale balcone era caduto il vaso.

Questi non sanno una cosa, pensate Voi: avete la testa dura.
Sì che lo sanno.
Ma sono testardi pure loro, questo è quello che probabilmente non sapete ancora Voi.

Tornate quindi a casa, archiviate l'accaduto in qualche meandro del Vostro cervello e continuate a
vivere normalmente – o almeno ci provate. Vi accorgete, infatti, che il Vostro doppio mento e la Vostra
calvizie sono diventati all'improvviso incredibilmente sexy.
Davvero: ad ogni possibile occasione trovate un esemplare femminile della Vostra specie
irresistibilmente attratto da Voi. Ma Voi siete dei duri!
Il problema è che anche Vostra moglie è diventata di colpo estremamente attraente.
Uomini straordinariamente belli e apparentemente ricchi, a modo e di successo, che impersonano
proprio tutto quello che non siete e che Vostra moglie ha sempre cercato in Voi, si mettono a
corteggiarla e ad indurla in tentazione.

Voi e Vostra moglie Vi sentite improvvisamente eletti a qualcosa di meglio, magari non Ve lo raccontate
subito, ma questo si rispecchia nelle crisi familiari: nei litigi, entrambe le parti non sono più disposte a
scendere a compromessi.
Inoltre, come se in casa Vostra ci fossero dei microfoni, notate che persone che incontrate e con le quali
conversate, toccano spesso i temi che sono alla base dei litigi con Vostra moglie e Vi danno sempre
ragione.
A Vostra moglie, nel frattempo, a Vostra insaputa, accade lo stesso, solo che in questo caso gli incontri
“fortuiti” danno sempre ragione a lei.
Ai Vostri amici e vicini capita qualcosa di simile: viene redatto un profilo psicologico di ognuno di loro,
grazie al quale si riuscirà a capire se possono essere corrotti o intimiditi con successo; chi risulta non
comprabile, viene tolto di mezzo con gli stessi metodi previsti nel caso Vostro.

Per alcuni si svolge un lavoro di “lobby”.


Significa: Vi regalano un libro.
Un Vostro amico lo vede, questo amico ha degli avi morti in un campo di concentramento e per questo
motivo è sensibile all'argomento.
Un “nuovo” conoscente del Vostro amico gli racconta che l'autore del libro è un nazista dichiarato, cosa
che Voi non immaginate nemmeno, infatti il libro Vi è stato solo regalato da una fonte appositamente
istruita.
Il Vostro amico apprende inoltre “per caso”, da una conversazione tra due tizi di fronte a lui alla fermata
dell'autobus, che corre voce che siate un pericoloso fanatico militante della destra estrema, cospirante
contro l'ordine democratico costituito.
Vi assicuro che il tutto sarà architettato in modo tale che il Vostro amico non si farà più vedere e che
non riterrà nemmeno necessario spiegare proprio a Voi per quale motivo – spesso lo sforzo da
compiere per raggiungere lo scopo è di gran lunga minore di quello che avreste mai creduto.
Se non ce la fanno con loro, cercano di aizzare Voi contro i Vostri amici nella stessa maniera.

La maggior parte delle cose che ricevete via posta, in particolar modo se le spedizioni ed i prodotti non
sono perfettamente assicurati, arriva guasta o in frantumi.
Imparate a conoscere un nuovo concetto: il parzialmente funzionante.
Questo significa che i Vostri apparecchi elettrici funzionano di solito, ma non potete fidarVi di loro.
Per descrivere questo concetto con un esempio pratico: la Vostra nuova pompa idrica in giardino ha un
difetto, la probabilità che non parta è di una su cinque.
Quando piove e siete presenti potete evitare la catastrofe, ma di andarVene in vacanza senza
preoccupazioni, da ora in poi, Ve lo potete scordare.
Dopo la terza volta che portate la pompa a riparare senza successo, Vi arrendete e ne comprate una
nuova e, come sperimenterete molto presto, anch'essa solo parzialmente funzionante.

La posta Vi arriva tutta in una volta e con diverse settimane di ritardo dal timbro dell'ufficio postale.
Tentate di affittare un appartamento a Roma mediante inserzione cifrata su un giornale?
Stranamente non riceverete alcuna risposta da parte di interessati.
I soldi dell'affitto della casa di Roma Vi servono per Vostro figlio a Milano, che ha difficoltà a trovare una
dimora adatta alle esigenze di uno studente universitario.
Una ragazza e nuovi amici, però, li trova quasi subito.
Vostro figlio sembra essere entusiasta della sua nuova ragazza.
Di lui, per un po' di tempo, perderete le tracce.

Tanto nel frattempo avete altro a cui pensare.


Al Vostro collega d'ufficio, per esempio, quello dei porcini e delle more, per intenderci.
Un lunedì vi racconta che domenica scorsa, tornando dallo stadio, ha trovato in frantumi il parabrezza
della sua autovettura parcheggiata: “di vandali ormai se ne trovano ad ogni angolo di strada”, si
lamenta.
Quando quella sera uscite dall'ufficio ed andate a prendere la macchina nel garage del comune, notate
che il tergicristallo è piegato. Non siete assicurati per atti di vandalismo ed il guardiano non ha visto
nulla.
Dovete pagare: non è molto, ma è una questione di principio!

E' un continuo punzecchìo, dovunque Vi girate Vi succhiano un po' di sangue: se avete lasciato
incustodita la Vostra automobile in città, Vi affibbiano una multa anche se avete osservato il codice della
strada e avete utilizzato le aree appositamente marcate per parcheggiarla, oppure la Vostra autovettura
viene rimossa dal carro attrezzi e trasportata giusto un paio di strade più avanti, in modo che non siate
più in grado di dimostrare che avete parcheggiato regolarmente.
Anche se poi scattate una foto per fare causa all'ufficio competente non potete dimostrare che, al
momento in cui è stata effettuata la multa, la Vostra vettura fosse parcheggiata così come dichiarate: in
fondo, in quel momento, avevate di meglio da fare.

Il vampiro che lavora una scrivania più in là della Vostra, ha una nuova scopa dorata in miniatura sul
bordo del suo tavolo di lavoro. Chiedete al tizio (questo è un errore che si fa sempre) a che cosa serva.
La sua innocente risposta: “per spazzare via i cattivi pensieri”.
I cattivi pensieri che già nutrite nei confronti del Vostro collega vengono invece amplificati da questa
frase in una delle ultime settimane d'Avvento e precisamente il giorno in cui Vostra figlia torna a casa da
scuola con la stessa identica scopa dorata in miniatura. Voi le chiedete ovviamente da dove salti fuori.
Glie l'ha portata Babbo Natale, ha portato ad ogni bambino, in classe, un regalo diverso.
A lei l'ha regalata per spazzare via i cattivi pensieri.
Un sospetto atroce Vi assale e purtroppo avrete presto conferma dei Vostri timori.

Nel frattempo torna Vostro figlio da Milano per le vacanze di Natale con la sua ragazza, che Vi parla di
porcini, more e vandali, se capite cosa intendo dire. Vedo che imparate in fretta.
Vostro figlio invece che all'università viene visto più che altro alle migliori feste di Milano e sperpera
ormai quantità traumatiche di denaro.
Cercate di convincerlo che la giovin donna al suo fianco vuole tutto tranne il suo bene.
Vi lascio anche immaginare quale successo avrete in questo serio tentativo.
Inoltre è afflitto da un singolare problema: anche se ha pagato le poste perché le lettere, spedite
originariamente al suo vecchio recapito di Roma, vengano reindirizzate a Milano, riceve al suo nuovo
recapito solo la pubblicità, mentre le comunicazioni importanti e le bollette continuano ad essere
imbucate nella sua cassetta della posta di Roma.
Ma non sempre: quando è nella capitale, la posta importante viene regolarmente reindirizzata a Milano.

Il preside della scuola di Vostra figlia comunica, nel ciclostilato mensile dell'istituto, che a quest'ultimo
sono stati donati alcuni computer dalla MickeyComp.
Oltre al solito software applicativo, si trova installato sulle nuove macchine, giusto per fare un piacere ai
bambini, anche un nuovo gioco pedagogicamente prezioso: “Lemmings 2, il sequel”.

Per il cenone di capodanno invitate Vostra moglie in un locale che Vi ha consigliato Vostro figlio.
Giunti lì venite provocati da un tizio che Vi arriva sì e no al mento.
Questo succede di fronte agli occhi di Vostra moglie, ma anche di fronte al volgere altrove lo sguardo
delle persone ai tavoli vicino al Vostro.
Voi siete un eroe, non potete farVi provocare in quella maniera e venite alle mani.
Per Vostra sfortuna il Vostro incontro è un terzo Dan: tutti i commensali si rigirano per guardare come
venite conciati per le feste o – più precisamente – per la sala rianimazione.
Il giudice Vi condanna a pagare il mobilio che Vi ha spaccato in testa il karateka perché avete
cominciato Voi, di testimoni ce ne sono a bizzeffe; oltretutto viene ordinata una perizia psichiatrica per
essere sicuri della assenza di una Vostra pericolosità sociale.

Al ritorno dall'ospedale, Vostra figlia Vi presenta un cinque in pagella in italiano: non era mai successo,
proprio lì aveva sempre avuto i voti migliori, anche l'insegnante è la stessa. Allora, che cosa c'è che non
va?
Dopo esserVi fatto riservare un appuntamento telefonicamente, vi recate a parlare colla professoressa.
Mentre discutete con lei, osservate il suo maglioncino con ricamati sopra, a mano, porcini e more.
Non dite nulla, ascoltate solo quello che la stronza vuole comunicarVi: “Vostra figlia esce sempre fuori
tema, oltretutto è come se non ascoltasse quando qualcuno le chiede qualcosa. Ci devono essere dei
motivi familiari alla base di questo comportamento, mi chiedo se avete preso sul serio il Vostro ruolo di
genitori. Amate veramente Vostra figlia?”
Che sfacciataggine! Vostra figlia frequenterà immediatamente una nuova scuola.

Qualcuno, per strada, senza neanche conoscerVi, Vi rivolge la parola solo per dirVi che siete brutto e
grasso. Certo che ce n'è di gente strana in giro...
Vi presentate dal perito psichiatrico e descrivete l'accaduto nella maniera più obiettiva possibile.
Pensate anche di essere stato convincente.
Nel frattempo, Vostro figlio ha perso la sua ragazza, il suo appartamento e la lotta col primo semestre.
ConsolateVi collo sciame di cavalieri e femmes fatales che trovano Vostra moglie e persino Voi,
nonostante il braccio destro ingessato, ancora molto attraenti.
Continuate a non essere interessati?
C'è chi dice che è così perché avete l'AIDS.

Un giorno Vostra figlia torna a casa dalla sua nuova scuola e racconta di essere stata espulsa dalla
classe e mandata dal preside, non aveva fatto veramente altro che mettersi le dita in bocca; mentre
aspettava di fronte all'ufficio del preside, sono passati – non è una bugia – tre ragazzi diversi in tre
momenti diversi a dirle che è grassa e brutta. “Non sei grassa e brutta”, consolate Vostra figlia.
Ma i voti a scuola peggiorano, soprattutto nel tema di italiano.
Il motivo Ve lo spiega praticamente il Vostro collega d'ufficio, quando si lamenta con Voi che andate
sempre fuori tema quando si conversa con Voi, oltretutto ha l'impressione che Voi non ascoltiate
quando qualcuno Vi chiede qualcosa: “C'è qualcosa che non va in famiglia? Le posso consigliare un
buono psicologo? Uno psichiatra forse?”

Vi gettate sul collega, lo buttate a terra e lo picchiate a sangue nonostante (o forse con?) il Vostro
braccio ingessato.
Di conseguenza venite licenziati in tronco, seguono relative cause civili e penali.
Ma prima che possiate cominciare a seguirle verrete messi sotto chiave, perché nel frattempo il perito
psichiatrico, incaricato dal giudice, ha consigliato a quest'ultimo, nella sua perizia, di rinchiuderVi per 5
anni in psichiatria a medicamenti forzati.
Siccome siete recidivi peggiorate la Vostra situazione.
Vi sbattono in psichiatria, dove Vi riducono ad una massa vegetale semovente con quantitativi
industriali di Aloperidolo e Clozapina.
QUESITO:

In questa storiella è inserito un errore, un dettaglio che rende inverosimile tutta la storia. Quale?

SOLUZIONE:

Che sia necessario, oggigiorno, che abbiate reagito alle provocazioni anche una sola volta per venire
massacrati legalmente e di proposito con psicofarmaci in psichiatria, se avete fatto conoscenza con le
persone giuste. A questo scopo, oggi, si usano metodi più efficaci.

Di quali persone tra le altre si tratta, quali sono i metodi in questione, come vi potete perlomeno
parzialmente proteggere, come tutti i partiti dell'arco costituzionale favoriscono questo sistema, come si
è di fatto impiantata una dittatura sotto l'egida di una democrazia ed altri aspetti del New World Order di
Bush...

...ve lo racconta questo libro mediante un esempio pratico preso dalla vita reale.
“Evitate casinisti,
Io li chiamo 'i pazzi'
Tutti conoscete la specie
Non importa quanto suoni bene
Tutto quello con cui hanno a che fare
Finisce in un disastro
Guai per loro e per tutti quelli connessi a loro
Un pazzo è una brutta notizia e contagia
Non lasciateVi contagiare da lui.
Non mostrate simpatia per il malato mentale:
È un pozzo senza fondo.
Rispondete loro con fermezza:
'Non sono pagato per ascoltare queste sciocchezze!
Sei un pazzo all'ultimo stadio.'
Altrimenti Vi rendono pazzi quanto lo sono loro.”

(Tratto da “Consigli per persone giovani” di William S. Burroughs)


CAPITOLO 1

“Nacqui al coprirsi dei pianeti”


(Thomas D.)

Per spiegare le motivazioni che mi hanno indotto a comportarmi come ho fatto dal 1995 in poi, devo
prima rendere nota la mia biografia sino a quell'anno.
Se siete interessati solo allo scandalo, potete passare direttamente al capitolo tre.

Sono nato il 20 novembre 1967 a Roma, da padre italiano di Ferrara e pilota di aeromobile di
professione, nonché da madre tedesca, nata a Simbach am Inn (Baviera) e che intraprese la via
opposta a quella tipica, fu infatti lei ad emigrare in Italia – prima di sposarsi svolgeva il lavoro di
l'infermiera.
I miei genitori si conobbero in un ristorante di Frascati ed erano sicuramente fatti l'uno per l'altra.
La mia infanzia al Lido di Ostia è stata un incubo.
Mio padre era spesso assente perché doveva portare il suo aeromobile per tutta Europa, e così
rimanevo a casa per la metà del tempo solo con mia madre, che mi picchiava già quando ero ancora in
fasce per colpire sua suocera, ovvero mia nonna paterna, la quale mi amava più di ogni altra cosa.
Mi ricordo che, all'età di quattro anni, mia madre ruppe su di me un cucchiaio di legno perché la nostra
ragazza alla pari mi aveva sorpreso a sprecare 100 lire per giocare al calcio balilla.
Invece di riflettere sulla forza con la quale mi aveva colpito, comprò un cucchiaio dal legno più spesso.
Anche un altro esempio può essere considerato caratteristico: un giorno mi persi dietro l'angolo mentre
mia madre era al supermercato, ero veramente spaventato e quando la rividi le corsi incontro pieno di
gioia e... ottenni un ceffone.
Ricevevo sberle anche per delle innocue esclamazioni come “ma sei matta” perché lei stava compiendo
qualcosa che secondo me era sbagliato. Ne conseguì che per anni, quando una persona qualunque mi
veniva vicino, alzavo istintivamente le mani per coprirmi il volto, perché ormai all'avvicinamento di un
altro essere umano che non fosse mia nonna paterna era condizionato il riflesso del proteggermi da uno
schiaffo.
Dal mio risultante comportamento impaurito nei confronti di tutta l'umana specie fin quanto movente,
sono nati all'inizio anche problemi con i miei coetanei (per quelli che fra Voi si interessano di tipologie
psicologiche: sono un Cinque nell'enneagramma, mia madre invece è un Due, mio padre era un Uno e
mia nonna paterna un Quattro), che ovviamente con bambini che mostrano questi “sintomi” ci vanno a
nozze.
Sono sempre cresciuto con i gatti attorno, forse è per questo che amo così tanto quelle bestioline.
Claudia, mia sorella, è nata il 4 giugno del 1970 (ed è un Uno nell'enneagramma).
Lei fu sempre la prediletta di mia madre, cosa che per i primi dieci anni provocò in me una notevole
invidia.
Io, in compenso, ero il prediletto di mio padre, che però, come detto, era spesso assente.
Per molti anni mia sorella ed io ci facemmo la guerra.
I bei ricordi dell'infanzia del Lido di Ostia, se non si contano i momenti passati assieme a mia nonna
paterna, si limitano alle nostre vacanze al mare, che allora era ancora così limpido e pulito che sulla riva
potevo rincorrere i gamberi che uscivano dall'acqua.
Al mare ci andavo con altre ragazzine e ragazzini, tra le ragazze me ne piaceva una particolarmente,
Barbara Balestra, che allora abitava a Casal Palocco e che era bionda e cogli occhi blu. Il padre di
Barbara era un collega di mio padre, per cui ci vedevamo spesso.
Per essere a contatto con la natura, invece, doveva bastare la malsana pineta di Ostia Lido, nella quale
mi divertivo a far fare le corse ai bagarozzi che raccattavo.
A cinque anni ho conseguito anche la nazionalità tedesca grazie a mia madre.

Frequentai per due anni le elementari ad Ostia, poi, nel 1975, traslocammo nella villa che mio padre
aveva fatto costruire ad Ariccia, nei Castelli Romani.
La nostra casa è in piena campagna, il paese più vicino è a quattro chilometri di distanza.
Portammo cane e gatto con noi e li schiaffammo in giardino. Ai comuni animali domestici si aggiunsero
galline, conigli, papere, tacchini, e quant'altro mio padre ebbe voglia di allevare.
Nella scuola del paese, il primo paio di anni, ebbi problemi con i miei compagni di classe, perché ero
colui che era “ricco” e poteva viaggiare, oltretutto avevo 10 in tutte le materie, quindi ero il bersaglio
perfetto dell'odio.
Mi ricordo che una volta mi accerchiarono in sei, mentre il maestro guardava altrove.
Gridavo ma l'insegnante faceva appositamente finta di non sentire.
Allora ricorsi ad un singolarissimo stratagemma: misi un indice nel deretano, lo unsi del mio stesso
sterco e lo brandii poi puzzolente roteandolo in aria per mettere in fuga la moltitudine di aggressori: a
mali estremi, estremi rimedi.
Negli ultimi due anni delle elementari, mi presi i due più importanti contraenti e glie le diedi io, finché mi
lasciarono in pace e diventammo persino amici.

Ad otto anni feci il primo lungo soggiorno senza i miei genitori a Monaco di Baviera, dai miei parenti
tedeschi, che durò un mese, fui ospitato dai miei zii e da mia nonna materna (un Sette
nell'enneagramma).
Debbo ammettere che non mi pigliai mai molto con i miei cugini che vivevano nel capoluogo bavarese e
che alla fine della permanenza in Germania avevo di nuovo una forte nostalgia di casa.
La villa ad Ariccia era infatti circondata dal verde.
Si trattava, sì, di un comprensorio residenziale, ma quando arrivammo noi, in molte zone non era stato
ancora né recintato né tanto meno edificato, così che ci divertivamo ad costruire capanne nei boschi,
utilizzando, oltre alle frasche, anche le travi che rubavamo dai cantieri aperti.
Si potevano raccogliere tantissimi funghi, more, fragoline di bosco, castagne e nocciole.
Lo scoprire Montegentile, così si chiama il nostro comprensorio residenziale ad Ariccia, fu una
esperienza avvincente che ci occupò per diversi anni, fin quando l'edilizia soffocò la natura.
Avevamo creato anche bande nelle diverse sezioni del comprensorio che avevano come quartieri
generali le capanne nel bosco - mi ricordo di vere e proprie battaglie coi sassi e colle fionde fra opposte
fazioni.
Leggendarie anche le corse in bicicletta di fronte a casa nostra: a Montegentile passano sempre
pochissime macchine e così non avemmo mai problemi a giocare per strada.
Barbara, la mia fiamma d'infanzia, l'avevo persa di vista poco dopo il trasloco ad Ariccia (che dista circa
40 km da Ostia Lido) e fino all'inizio del liceo non dovetti entusiasmarmi per nessun'altra ragazza in
particolare.

Se ricordo bene ebbi nove anni quando fui assalito da tre cani, tra cui un mastino napoletano, mentre
tornavo da amici che vivevano qualche strada più in là della nostra. Fui sotto le grinfie di quelle bestie
per diversi minuti prima che qualcuno mi venisse a salvare, offrendomi rifugio nella sua villa.
A parte le dolorose iniezioni di antirabbica che dovetti sopportare e le lacerazioni dell'epidermide che
portai per decenni alle caviglie ed in altri posti, ne conseguii un trauma tale che per svariati mesi mi
rinchiusi in casa per paura che per le strade del mio comprensorio potessi incontrare una bestia simile.
Per fortuna questa fobia verso i cani sparì completamente nel giro di un anno o due, grazie forse anche
al fatto che noi stessi possedevamo un dobermann molto pacioccone che avevamo portato da Ostia
Lido e che a Montegentile si era ambientato benissimo.

Mio padre ha cercato di educarmi secondo i canoni dell'etica cattolica, iscrivendomi alle medie ed al
liceo in un istituto parificato guidato da preti.
Ho passato la maggior parte della mia pubertà sotto la sorveglianza dei miei genitori.
Sono stati per lungo tempo fascistoidi: ho sentito spesso mia madre lamentarsi nostalgicamente di
Hitler, mio padre era tendenzialmente razzista e fu per decenni nemico di ogni corrente progressista.
Direi che la loro l'ideologia fascistoide ha contribuito alla mia formazione fino a quando ho compiuto 16
anni.

Quando ebbi dodici anni o poco più mio padre cambiò aeromobile e passò alle tratte intercontinentali.
Siccome aveva accumulato anche abbastanza ore di volo, gli fu permesso di portarci assieme a lui e
così cominciai ad esplorare il mondo.
Ad esempio, sono stato una mezza dozzina di volte in vita mia in Thailandia, ma il posto di villeggiatura
che mi è rimasto più impresso, più delle isole Mauritius e Maldive (dove pure sostammo per qualche
settimana), è stato Dakar, quando la città era ancora sufficientemente sicura (oggi non ci ritornerei mai).
Vivevamo sul mare nei bungalow ed andavamo a pesca con altri della crew dell'Alitalia.
Mi ricordo che sorprendemmo sul molo Bob Marley in ferie l'anno prima della sua morte.
I miei genitori ci avevano però vaccinato preventivamente contro qualsiasi droga, ragion per cui ci
tenemmo alla larga dal simbolo incarnato della perdizione.
Il mio giorno più bello in Senegal cominciò una mattina.
Dovevamo andare a pesca in piroga e notammo, partendo, che la marea era altissima.
Ci spingemmo fino oltre l'Isola dei Serpenti di fronte al porto e pescammo diversi pesci di svariata
stazza e razza col bolentino e con la maschera guardando il fondale dalla piroga.
Quando verso mezzogiorno tornammo a casa trovammo la sorpresa: la marea era diventata bassissima
ed in uno spazio di acqua richiuso in un arcipelago di rocce della lunghezza di forse un centinaio di
metri si erano imbrigliati milioni di pesci, soprattutto sardine e altro pesce azzurro.
Erano così tanti pesci che ogni tanto ne saltava uno sulla riva, dove i gatti aspettavano il prelibato
pranzetto.
Ci addentrammo nella pozzanghera isolata dal mare fino a bagnare il bacino e ci mettemmo a pescarli
con lo scolapasta. Sgusciavano persino nello spazio tra i sandali ed i piedi.
Verso sera la marea si normalizzò ed i pesci tornarono nell'oceano.
Con il pescato sfamammo tutta la crew dell'Alitalia per tre giorni.

Stringemmo un'amicizia con una famiglia multietnica di vicino Montreal (la madre era tedesca, il padre
era egiziano, la figlia ed il figlio parlavano sia l'inglese che il francese), presso la quale passai delle
splendide vacanze che durarono più di un mese. Da quel momento considerai il Canada il paese nel
quale sarei emigrato più volentieri.

Ad un certo punto, durante il primo periodo adolescenziale, mia sorella ed io decidemmo di non farci più
la guerra e di allearci contro il nemico comune: i nostri genitori.
La nostra alleanza cominciò forse con la prima sbronza che ci prendemmo quando io avevo 14 anni e
lei 12: i miei genitori ci lasciarono un giorno da soli nella villa e noi decidemmo di provare tutti i
superalcolici nel bar. Io ressi abbastanza bene l'alcol, mia sorella invece ebbe una vera e propria
intossicazione che mia madre curò, al suo ritorno, con la punizione per eccellenza: le tanto temute
iniezioni.
Nonostante il nuovo gioco di squadra, mia sorella ed io abbiamo sempre coltivato differenti circoli di
amici che non si sono mai incontrati.

Mio padre fu un padre-tennista da manuale: ha cercato inutilmente di entusiasmarmi per il tennis per
oltre un decennio.
Ero agevolato nel praticare qualsiasi sport avessi voluto tranne quello che mi interessava veramente, il
calcio, perché lui aveva stabilito che non avevo un futuro come calciatore.
Lo scopo non fu mai il divertimento, ma solo il riconoscimento sociale.
Mi fu concesso di imparare qualsiasi strumento musicale piacesse a mio padre ma non quello che
volevo io: la batteria, perché lui la considerava troppo rumorosa.
Fino a quando divenni maggiorenne, la mia vita fu sempre programmata in anticipo secondo il volere
dei miei genitori.
Mio padre era offensivo, non conosceva limiti con le parole.
Ricordo una volta di non aver riposto, da adolescente, un libro nello scaffale della biblioteca nazionale
nella maniera appropriata e di aver dovuto subire rimproveri, insulti e bestemmie da lui a volume
altissimo, per questo motivo, dal primo piano fino alla porta di uscita della biblioteca nazionale stessa:
debosciato, smidollato e così via.
Oserei affermare che per i miei genitori io sono stato sempre solo importante per quello che, di riflesso,
gli altri pensavano di loro. Per ottenere ed ampliare questo riconoscimento avrebbero ucciso chiunque.
Anche e soprattutto me, se necessario.
Da mio padre ho ereditato il senso della giustizia e la fede nel progresso.
Da lui non fui mai preso in considerazione come persona pensante dotata di opinioni di cui tenere
conto.
Le mie esperienze frustranti in materia sono state molteplici e durarono fino a quando fu in vita.
Un esempio per tutti: durante la mia adolescenza desiderai, per anni e di tutto cuore, un
videoregistratore.
A questo scopo acquistavo mensilmente, colla mia paghetta da studente, perlomeno una rivista del
settore per studiarla e ritagliare le recensioni dei modelli migliori: le conservavo nella speranza che
prima o poi avessimo comprato uno di quegli apparecchi.
Venne il gran giorno. Mio padre dovette pilotare di nuovo un aereo per Singapore e questo a casa
nostra significava sempre: acquisti di elettronica di consumo a prezzi convenienti.
Gli consegnai, prima del viaggio, le recensioni dei modelli VHS col miglior rapporto qualità/prezzo, colla
speranza che trovasse e comprasse uno di quelli.
Tornò con un videoregistratore Video 8 da tavolo (quindi neanche un camcorder).
Sul volo d'andata, il copilota gli aveva raccontato che si trattava dell'ultimo grido: questo consiglio valse
più della mia passione coltivata per anni, che era divenuta quasi uno studio ed una ossessione e che
mio padre ben conosceva.
L'apparecchio fu presto dimenticato in un cantuccio, in compenso fui punito per le mie proteste e per la
mia (comprensibile) delusione e non potei usufruire della scelta del videonoleggio ancora per molti anni.
Questo tipo di disincanti con lui sono disseminati lungo tutto l'arco della mia esistenza.
In compenso sono sempre stato il responsabile, il capro espiatorio, quando un apparecchio elettrico o
elettronico si guastava, anche se in verità non lo utilizzavo ormai da anni.

A tredici anni mi sono comprato “Organisation” degli Orchestral Manoeuvres In The Dark e lì è nata la
mia passione per la musica elettronica.
La fede nel progresso che ho ereditato ha permesso che io e mio padre fossimo sempre d'accordo,
durante la mia pubertà, su quello che doveva essere il mio futuro: diventerò informatico.
Il mio primo computer, però, me lo sono dovuto guadagnare facendo il lavapiatti ed il cameriere in una
pizzeria, fu un Commodore 64.
Il manuale del BASIC dello stesso lo lessi in due giorni, il resto Ve lo lascio immaginare.
Quale pseudonimo per le mie scorribande nel reame dei programmi copiati illegalmente scelsi lo
pseudonimo “MEOW”, che utilizzo in parte ancora oggi. Inventai la storia che appena finito di
sproteggere un programma, il mio gatto fosse saltato sulla tastiera e avesse così mandato in tilt il
computer. A quel punto avevo afferrato il felino in malo modo il quale aveva gridato “MEOW!”, quindi da
lì lo pseudonimo.
Era una bugia: sono solo un gattaro fanatico.
Ma non ho mai raccontato a nessuno, coscientemente, che questa storia non era vera.
Perché questa informazione è rilevante, lo scoprirete fra qualche centinaio di pagine.

In quell'età cominciò anche il risveglio degli istinti sessuali.


Mia madre fece quanto possibile perché ogni ragazza con la quale avessi a che fare sapesse
immediatamente e senza ombra di dubbio che ero un idiota buono a nulla al quale si doveva sempre
badare e che, se mai fosse riuscito in qualcosa nella vita, lo sarebbe stato solo grazie ai suoi genitori.
Mio padre faceva invece battute pesanti sulle mie possibili “candidate”, ma in fondo stava dalla mia
parte.
Un problema era anche che in mezzo al bosco c'erano poche ragazze a parte mia sorella a
disposizione e così cominciammo assieme ad esplorare l'erotismo fin quando mia madre non ci
sorprese.
La mia necessità di essere mobile è stata sempre trascurata dai miei genitori.
Non mi fu permesso di utilizzare un motorino nemmeno per recarmi a giocare a pallone in paese, a
quattro chilometri di distanza.
Per ogni attività al di fuori del nostro comprensorio, chiuso e sorvegliato, ho sempre dovuto chiedere il
permesso a loro.
Scoprii un libro di Lawrence Sparks intitolato “Autoipnosi” sugli scaffali della libreria di mio padre. Lo
lessi in un lasso di tempo relativamente breve e mi adoperai per raggiungere lo stato di trance mediante
gli esercizi descritti in esso, ma senza fortuna.
Il problema era sempre che nel momento in cui ero veramente “rilassato” e non avevo voglia di
continuare a pensare, non avevo neanche la “forza” per continuare ad impartirmi delle suggestioni.
Oltretutto le tecniche descritte erano primitive e relativamente inefficaci – cercai invano, per tutto il
periodo della mia adolescenza, altri libri che descrivessero metodologie alternative.
Siccome, però, le possibilità che queste tecniche promettevano esercitavano un notevole fascino, mia
sorella ed io continuammo a sperimentare allegramente.
Giacché si trattava di un tema-tabù, lo unimmo all'altro tema-tabù del quale ci stavamo occupando.
E la conseguenza di tutto questo fu che trovai presto sia l'idea di essere messo in trance che quella di
mettere in trance qualcun altra eroticamente stimolante.
Il mio ideale di donna è sempre stata una ipnotista, una strega nei cui occhi potermi abbandonare, in
grado di porre un incantesimo su di me ed alla quale non riesca a resistere.
Per il continuo scambio dei ruoli con mia sorella non fui mai cosciente di un accento sulla componente
di dominanza o sottomissione, trovavamo semplicemente eccitante giocare con qualcosa del genere.
Debbo aggiungere che non ci spingemmo mai così avanti da avere un vero rapporto sessuale e mia
sorella non riuscì mai ad ipnotizzarmi, né io lei.

In prima liceo (scientifico), in una classe per soli ragazzi, riaffiorò il bullismo di alcuni miei compagni di
classe, il tutto si risolse da solo in quanto coloro che mi avevano preso di mira furono bocciati alla fine
dell'anno scolastico.
Ad ogni modo, per non avere neanche in futuro problemi del genere, imparai tecniche di autodifesa.
La mia ultima lotta l'ho combattuta sul Tatami a sedici anni e da quel momento mi dichiarai disposto a
battermi non appena venivo provocato, ma non ho mai cominciato una zuffa, per cui alla fine non fu mai
necessario battermi, perché gli altri lasciarono perdere.

Nel frattempo avevo ampliato i miei orizzonti musicali.


Grazie alla lettura di riviste specializzate e mediante i media dell'epoca, cominciai ad interessarmi per
persone che producevano musica elettronica come Rupert Hine o gli Ultravox (per questi ultimi oggi un
po' mi vergogno), ma anche per pop comune come Lloyd Cole ed esotici come Stewart Copeland.
Allo stesso tempo, il mio istinto di ribellione trovò il suo appagamento seguendo la scena dell'heavy
metal dell'epoca, quando gruppi come AC/DC o Van Halen venivano ancora comunemente considerati
aggressivi.

A 16 anni conobbi un attivista verde di nome Hans Eugen Tritschler, che viveva in subaffitto da mia
nonna materna a Monaco quando era studente. Hans Eugen aveva dapprima stretto contatti con i miei
genitori e mi aveva susseguentemente invitato a passare le vacanze di Pasqua da lui, a Laufenburg
(nel Baden-Württemberg).
Il suo comportamento calmo e, secondo me, maturo nell'esporre e difendere il suo punto di vista e le
sue idee mi affascinò, soprattutto perché era in totale contrapposizione colla mentalità dittatoriale a
paraocchi dei miei genitori.
Buttai al vento l'impostazione fascistoide che mi era stata inculcata dai miei genitori e cominciai ad
interessarmi per la cultura alternativa alla quale Hans Eugen faceva riferimento e progressivamente la
abbracciai.
Siccome possedeva una piccola azienda di apparecchiature elettroniche, durante quelle ferie di Pasqua
redassi volentieri e ad un prezzo stracciato per lui programmi come ad esempio un automatismo CIM
per la macchina trapanatrice o l'analisi di dati provenienti da rilevatori ambiente.

Verso i quindici-sedici anni incontrai i quasi coetanei Guido Barberis, Andrea Marroni, Riccardo Marinelli
e Marco Taliani, nella cui cerchia di amici fui accolto alla pari e con i quali pensavo di aver stretto un
patto di ferro: ci frequentammo regolarmente e la nostra amicizia durò fino a molto oltre lo studio
universitario – tranne che con Marco Taliani, che traslocò presto lontano dai Castelli Romani.
Erano tutte persone che ammiravo e che godevano della mia più grande stima: ero davvero contento di
venire considerato un loro amico fidato.
Guido era una classe sopra di me e Riccardo Marinelli nella stessa classe ma nell'altra sezione, quella
B, che conteneva ragazze.
A scuola, al liceo, mi divertivo soprattutto a contestare il prete (che giocava “in casa”) nelle ore di
religione.
Divenni infatti ateo molto presto (al più tardi verso i 14 anni) ed ero anche fiero di esserlo.
Le mie prestazioni scolastiche peggiorarono dalla terza liceo in poi.
Il motivo era da ricercare anche nella ribellione contro ogni tipo di imposizione di rendimento da parte
dei miei genitori: mi appartai in mansarda e lessi tutto quello che c'era nella biblioteca di mio padre
tranne quello che avrei dovuto studiare.
Lessi soprattutto riviste di politica o specializzate, nonché enciclopedie, saggi e manuali, ma quasi mai
romanzi, che ho sempre trovato noiosi.
Mi entusiasmai presto per la rubrica di Stefano Benni, uno scrittore satirico di Bologna, che scriveva su
Panorama quando la rivista non era ancora caduta nelle mani di Berlusconi.
Inoltre venivo distratto da una miriade di altre attività alle quali i miei genitori mi avevano iscritto: karate,
nuoto, tennis, chitarra classica e così via.
In quarta liceo fui rimandato in chimica.
Quell'anno conobbi a scuola un'appassionata di astronomia e di filosofia, Lisa, con la quale ebbi una
relazione platonica e che alla fine traslocò a Pisa, una volta finito il liceo, per studiare meglio le stelle –
era una ragazza molto timida.

La mia maturità fu mediocre – sbagliai infatti completamente il tema di italiano.


I compagni di scuola, con molti dei quali avevo un buon rapporto, non li vidi quasi più, perché mi trasferii
in Germania per studiare informatica. All'epoca, infatti, non esisteva ancora una relativa facoltà a Roma.
L'ente tedesco preposto mi assegnò un posto a Passau, dove mia madre ebbe la gloriosa idea di
sbattermi in una stanza di 9 mq in un seminario di novizi cattolici.
In quel seminario ottenni il mio unico successo con l'ipnosi in Germania (misi un novizio in trance),
dopodiché trascurai l'argomento perché la mia conoscenza del tedesco costituiva una barriera rilevante
per la pratica.
Nel primo semestre conobbi alcuni studenti e la relativa vita studentesca di Passau.
Non possedevo un mezzo di locomozione ma in compenso i miei commilitoni mi portavano sempre con
loro.
Lo studio non fu il mio forte nel primo semestre: stavo cominciando ad assaporare un po' di libertà.
Di conseguenza non superai alcun esame.
Per il secondo semestre potei trasferirmi in una comune ed i miei genitori mi affidarono una Ford Fiesta
di prima generazione per i miei spostamenti.
Siccome non mi trovavano la sera (la maggior parte delle volte ero al raduno studentesco per
eccellenza, ovvero la birreria Harcklberg), minacciarono di togliermi la macchina nel caso avessi dovuto
ripetere l'anno.
Superai gli esami (anche se con qualche aiuto dai miei colleghi in algebra lineare) ma mi confiscarono
lo stesso la vettura, colla conseguenza che dovetti di nuovo venire rinchiuso in un buco di 12 mq, vicino
all'università ma lontano da ogni supermercato.
Ricordo che quando ritornavo a piedi dai pochi amici che erano rimasti a vivere in città, in inverno,
faceva meno venti.
Questa mancanza di rispetto della parola data, generò in me la più grossa crisi nei confronti dei miei
genitori: non solo non ebbi più fiducia in loro, ma negai loro anche ogni tipo di pretesa di ricoprire un
ruolo nella formazione dei miei valori e dei criteri secondo i quali mi orientavo.
Se possibile, lo studio divenne per me ancora meno importante, anche perché nel frattempo avevo
cominciato a programmare per Hans Eugen per corrispondenza e più precisamente a sviluppare da
solo un grosso progetto.

In Germania la mia cultura musicale si ampliò velocemente, in pochi mesi ascoltai tutto il catalogo AMS
del mio negoziante di fiducia di Passau, mentre continuavo a leggere riviste e libri che miglioravano la
mia comprensione per la cultura pop che allora era “moderna”.
Un giorno lessi in un Musikexpress/Sounds un piccolo articolo che descriveva un gruppo prettamente
elettronico, i Front 242, come “estremi e potenti”.
Pochi mesi dopo colsi al volo la possibilità di acquistare tre CD della suddetta formazione in un negozio
di dischi chiamato Loopo, a Friburgo, durante una delle mie visite a Laufenburg per questioni di lavoro.
L'ascolto di queste opere, in particolar modo del dodici pollici “Politics of Pressure” (1985) e ancor di più
dell'album “Official Version” (1986-87), sconvolse la mia visione del mondo musicale.
Era veramente musica estrema e potente, cosa che per il settore dell'elettronica, almeno per me,
costituiva una novità: la perfetta unione dell'heavy metal (o perlomeno dell'aspetto ribelle ancora
abbinato a questo stile all'inizio degli anni ottanta) con le maggiori possibilità sonore offerte dagli
strumenti musicali elettronici.
Si trattava di una vera rivoluzione per la musica sintetica: negli anni 70 e nei primi anni 80, a parte i
Kraftwerk, gli artisti utilizzavano gli strumenti elettronici soprattutto per denunciare i pericoli di una
società tecnologica e impersonale.
Capolavori di quel periodo come “Dazzle Ships” degli Orchestral Manoeuvres In The Dark o “The
Wildest Wish to Fly” ed “Immunity” di Rupert Hine erano tutti, senza alcuna eccezione, avvolti in una
nube di tristezza, il risultato di un approccio neoluddista onnipresente nell'ambiente dei musicisti e
soprattutto dei critici musicali dell'epoca, questi ultimi, spesso, nostalgici della generazione del
sessantotto.
Un atteggiamento apprensivo ed ostile alla macchina che, a parte che dall'appropinquarsi dell'anno di
Orwell, fu sicuramente anche influenzato dall'appena deceduta ideologia “no future” del punk, anche se
le melodie (in parte appositamente) senz'anima, perfettamente stilizzate e androgine dell'avantgarde
elettronica new romantic dell'inizio degli anni ottanta possono essere viste come la più totale nemesi del
vomito e del sangue (come scriveva sempre negli anni ottanta Enrico Sisti) che Malcolm McLaren
aveva commercializzato alcuni anni prima.

Le sonorità e l'atmosfera delle opere dei Front 242 sembravano invece una colonna sonora per un film
di Arnold Schwarzenegger: era, di fatto, vero cinema per la mente, forgiato da una ideologia circondata
da un alone di positivismo e, soprattutto, di futurismo; quindi non più “no future” ma “faith in the future”,
la macchina non più vista quale nemico che ti sostituisce, bensì come un cyborg “figo” ed invincibile nel
quale potersi identificare.
Il futurismo come tale non fu riscoperto, però, solo dai Front 242, ma quasi contemporaneamente anche
dal produttore Trevor Horn (la voce dei Buggles in “Video Killed The Radio Star”), tanto è vero che
chiamò la sua casa discografica Zang Tumb Tuum, quindi come un'opera del fondatore del movimento
futurista, Filippo Tommaso Marinetti.
E' importante, in questo contesto, ricordare che gli Art Of Noise nacquero come concetto alla ZTT e
portarono lì alla luce i loro primi lavori, anche se oggi Anne Dudley e J.J. Jeczalik preferirebbero poter
mostrare altre origini che non quelle della casa discografica dei Frankie Goes To Hollywood e dei
Propaganda.
L'industria discografica aveva svenduto e svuotato di ogni senso le icone del pop degli anni 80, aveva
commercializzato ogni tipo di messaggio come prodotto e così causato quello che in inglese viene
chiamato un fenomeno di “overexposure”, ovvero il fenomeno di massa di un rigetto istintivo dovuto ad
una presenza mediatica troppo frequente (e quindi percepita come asfissiante).
Ad un certo punto accadde che questo fenomeno di overexposure non fu più riconducibile ad un artista
o ad un gruppo, ma a tutto lo stesso politicamente corretto e nel contempo disperatamente decadente
pop degli anni 80.
Era giunto quindi il momento di essere politicamente scorretti o, meglio ancora, di tacere del tutto.
I Front 242 erano i rappresentanti del gusto del militaristico, i samples ritmici delle scariche di mitra
erano, tra l'altro, il sottofondo ideale per un'opera come Zang Tuum Tumb, la perfetta musica di
accompagnamento per giocatori di shoot'n'run come Castle of Wolfenstein o Doom.
Sulle loro copertine vi erano allusioni ai simboli dei regimi fascisti e nazionalsocialisti, che però,
all'epoca, dapprima minimizzai e reputai solo una coincidenza.
A me piaceva solamente la musica: il campionatore come lo strumento di lavoro più importante.
E' interessante notare come già il movimento futurista come tale venne (e viene) considerato come
fascistoide, o perlomeno si inquadrava perfettamente negli schemi di Mussolini e per questo, al tempo,
fu sponsorizzato anche dal regime fascista italiano.
Anche il campionatore come cuore del gruppo non era una novità dell'ambiente: già gli Art of Noise
furono cacciati dall'esposizione “Futurismo e Futurismi”, perché volevano registrare tutto alla corte degli
Agnelli.
Inoltre prima del new romantic e della new wave vi erano stati i Kraftwerk a rappresentare il futurismo.
Ma i Front 242 fornirono al proprio ascoltatore qualcosa che a quello dei Kraftwerk ancora mancava:
l'adrenalina e l'aggressività.
Accanto ai Front 242 crebbero in quegli anni molti altri gruppi interessanti nella scena della musica
elettronica, gruppi che appunto compresero come emozionare, inchiodare alla sedia, far sognare e, se
necessario, scioccare l'ascoltatore.
Tutti questi artisti furono inseriti in un contenitore chiamato “electronic body music”, il termine è preso
dal testo sulla copertina di uno dei primi maxi-singles dei Front 242.
Naturalmente cercai qualsiasi cosa fosse denominata in quella maniera e così, vicino a quelli che come
al solito vivono di luce riflessa, scoprii fortunatamente anche dei veri giganti.
Conobbi gruppi come gli Skinny Puppy, se volete la frangia horror e splatter dell'EBM, con testi che
ricordavano lo stream of consciousness di James Joyce e che, già nel 1983, avevano pubblicato opere
notevoli attraverso canali oscuri; i Ministry, che dopo il da loro stessi rinnegato esordio new romantic
divennero sempre più duri fino a diventare la riconosciuta e (per lungo tempo) unica variante hardcore –
punk – metal del ramo; i Meat Beat Manifesto, semplicemente “IL” film da sballo lisergico (con gli MC
900 Foot Jesus e i Tackhead forse gli unici che in quegli anni riuscirono con successo nell'impresa di
unire jazz, soul, funk e hiphop con l'elettronica dura); i Severed Heads, nati come gruppo di puro
“rumore” industriale alla fine degli anni 70 e diventati sempre più ballabili col passare del tempo; i
Minister Of Noise ed altri.
I rappresentanti della corrente musicale di quel periodo erano in gran parte veri geni, pensanti fuori
dagli schemi, che non avevano trovato o non volevano trovare spazio per le proprie idee all'interno
dell'industria musicale di quel decennio e che furono in grado di affermare un nuovo e riconosciuto stile
partendo da un movimento underground che all'inizio era stato passato di proposito sotto silenzio.
Ogni disco che usciva era diverso, il plagio veniva quindi ancora considerato un peccato mortale, gruppi
che all'epoca copiarono da altri grandi del ramo furono velocemente smascherati e messi da parte;
oggi, invece, come EBM si intende solo il plagio del cliché, arriveremo anche a parlare di questa
spiacevole evoluzione.
I miei dischi di EBM li compravo via posta da Boy Records di Francoforte, dopo che il venditore me li
aveva fatti ascoltare via telefono.
Non trascurai però il comune pop così come l'underground “ufficiale”: accanto ai dischi di EBM, nella
mia collezione, presero posto anche lavori di Phillip Boa & The Voodooclub, XTC, Rausch e persino i
Toten Hosen, che all'epoca possedevano ancora un minimo di credibilità.
Consideravo in gran parte come poco seri, invece, il new beat belga (un tentativo di suonare dischi
EBM a velocità dimezzata per renderli accessibili ad un pubblico più numeroso) così come la moda
dell'acid, proveniente dall'Inghilterra: non reggevano il confronto con l'EBM, anche se mi comprai “Fine
Time” dei New Order, che per un periodo di tempo monopolizzò il mio CD-Player.
In assoluto, negli anni ottanta, ci furono qua e là esempi di un dancefloor elettronico pregevole, dove
sicuramente i New Order con gli Art Of Noise e i Depeche Mode furono pionieri, mentre i MARRS, i
Severed Heads e Bomb The Bass furono i precursori della techno.
Quando Bernard Albrecht (o Sumner, se proprio vuole), con molto coraggio e danneggiando
(consciamente) la propria immagine rivelò alla stampa che nel frattempo ballava al ritmo dei
Technotronic, rischiò la maledizione eterna da parte degli affezionati nostalgici di Ian Curtis e di essere
bollato, dal pubblico “serio” del settore, come avida battona, rea di aver venduto il suo buon nome e
quindi la sua anima, come dapprima Paul Humphreys e Andrew McCluskey degli OMD, a Stephen
Hague, produttore dei Pet Shop Boys.
Oggi, per questo, dovrebbe essere considerato un visionario.
Tirando le somme, però, nella seconda metà degli anni ottanta, a farla da padrone nel settore della
musica “sintetica” fu l'EBM, con o senza crossover - vulgo: con o senza chitarre “metal”.
Oggi quello che all'epoca veniva chiamato crossover è diventato industrial.
L'“industrial” invece, era a quei tempi uno stile musicale diverso, che oggi verrebbe denominato forse
come “sadomaso / dark ambient”. I Ministry erano quindi crossover, Die Form invece industrial.

A diciannove anni accesi la mia prima canna.


Conoscevo, grazie ad Hans Eugen, la posizione liberale dei verdi sulle droghe leggere.
Mi aveva raccontato che suo fratello aveva fumato spinelli fino a quando era entrato nel movimento dei
giovani democristiani tedeschi, la “Junge Union” (e quello che intendeva dire era che adesso tira di
coca, anche se quando fece il commento non ero ancora abbastanza smaliziato per comprendere
questa “sfumatura”) e in assoluto, per la relazione ormai deteriorata con i miei genitori, vi era una
precisa volontà di agire in contrapposizione alle loro convinzioni morali.
Una sera, mentre guardavo con un paio di amici “Miami Vice” nel mio buco di 12 mq, indicai lo schermo
e scherzai con uno di loro: “Guarda lì, i drogati!”.
Lui mi chiese: “Hai qualcosa contro i drogati?”.
Drizzai le orecchie: “Ehm, no, intendo dire: non l'ho mai fatto, ma una canna la proverei se me la
offrissero.”
Detto, fatto: tirò fuori una scatoletta di fiammiferi nel quale si trovavano 10 grammi di afghano
sopraffino, rullò una canna e la fumammo assieme.
All'inizio non mi accorsi di nulla, ma dopo il terzo o quarto tiro cominciai a sentirmi strano ed alla fine
della canna stavo veramente “fuori”. Un'ora dopo, il mio amico mi chiese se mi sentivo bene (ero
immobile sul letto, gli risposi di sì) prima di dileguarsi con la ragazza.
Fu un'esperienza avvincente, uno sballo molto piacevole, molto diverso dalle sbronze alle quali, come
tipico studente di Passau, partecipavo.
Avvertii il mio corpo come sotto l'influsso di correnti di energia: la musica, il cui effetto veniva percepito
anche a livello corporeo, si “sentiva meglio”.
Pensai addirittura di aver eventualmente trovato un mezzo con il quale, un giorno, raggiungere la
trance.
Mia nonna materna mi telefonò da Monaco di Baviera, in tarda serata, per farmi sapere che quel sabato
sera stavano per trasmettere “Goldfinger” in tv. In quel momento, però, le mie preoccupazioni erano ben
altre e dovetti persino rigettare durante la conversazione – le raccontai di essermi sbronzato.
Dopo aver posato la cornetta nel tempo più breve possibile senza per questo diventare scortese, mi
addormentai.
Mi svegliai alle otto e mezza di domenica mattina, con la pozzanghera disgustosa ancora per terra
accanto al letto. Pulii tutto.
Mi sentivo benissimo, niente postumi di una sbornia, nessun sintomo di astinenza, ma mi venne fame e
l'idea di un pranzo sostanzioso mi spinse per le strade del centro di Passau fino ad arrivare al ristorante
“Weißer Hase”.
Fu una strana domenica mattina, comunque.
Lungo il cammino, prima di giungere al locale, notai molte persone che tornavano da chissà quali
avventure notturne; nel “Weißer Hase”, poi, mi sedetti ad un tavolo assieme ad un giovane conosciuto
proprio lì e ordinai la mia bistecca.
Il giovane mi confessò, senza alcun patema, di aver fumato, quella notte, dagli otto ai dieci spinelli.
Non ci potevo credere: a me, la sera prima, ne era bastato uno solo per mettermi al tappeto!

La mia visione del mondo cominciò a vacillare.


Il fatto che lo spinello non mi avesse reso dipendente, la bella esperienza e la sicurezza di non aver
minato la mia salute, consolidarono la mia supposizione che l'hascisc fosse a torto criminalizzato.
Solidarizzai quindi con l'ambiente: come poteva essere vietata una cosa del genere?
Scoprii un universo parallelo, una società segreta che si incontrava per soddisfare la propria voglia di
fumo e di ebbrezza.
Il mio primo spacciatore fu un individuo molto losco di nome Jörg, che gestiva una copisteria e che a
sua volta conosceva un greco che era ancora peggio.
Debbo ammettere che la volontà di sperimentare colla droga era troppo forte, ne ero psichicamente,
non fisicamente, dipendente ed i prezzi erano ottimi, pagavo l'afghano 4 euro il grammo.
Gli amici che conoscevo e che non fumavano spinelli, però, si allontanarono presto da me.
Nella Passau della fine degli anni ottanta, chi fumava canne non aveva vita facile e la legislazione
vigente veniva applicata in maniera severissima o addirittura draconiana.
Il giudice Hammer, ad esempio, era famoso per aver condannato una donna, risultata poi innocente, a
sei mesi di carcere senza condizionale per una singola, presunta consumazione.
Il nuovo circolo di amici era formato soprattutto da studenti di giurisprudenza e di economia e
commercio.
Il rischio più alto era per quelli di legge, persone adeguatamente caute ma anche altrettanto impegnate.
Frequentai con loro incontri serali sull'argomento organizzati dalla facoltà di giurisprudenza e seguii con
molto interesse anche la discussione sulle droghe leggere in seno ai verdi. La testardaggine dei politici
e del sistema giuridico mi stupiva alquanto e mi ribellavo in tutto e per tutto alla criminalizzazione.

Nel frattempo avevo notato che mentre l'EBM si propagava sempre di più in Germania, soprattutto
grazie al lavoro di Talla 2XLC ed in parte minore di Sven Väth, il movimento non sembrava aver
attecchito in Italia e anche la critica musicale ignorava completamente il genere.
Per questo spedii due pacchi pieni di cassette ad una rivista chiamata “Rockstar” che consideravo,
all'epoca, la più autorevole in Italia.
Diverse settimane dopo la seconda spedizione telefonai in redazione per sincerarmi che fossero
arrivate: nisba.
Allora decisi, col cuore in mano, di portare io stesso un pacco nella redazione la prossima volta che
fossi stato in vacanza a Roma.
Mi ricevette il direttore di allora, Paolo De Bernardin.
Appena entrato, mi chiese a bruciapelo: “Vuoi scrivere per noi?”
Risposi dapprima di no perché mi colse di sorpresa e, sinceramente, non credevo di essere in grado, a
ventun anni, di diventare critico musicale per quella che aveva la fama di essere la migliore rivista
italiana del settore.
Siccome, però, nessuno si dichiarò disponibile a scrivere recensioni, alla fine accettai.
In quel periodo di tempo discussi spesso di EBM e di altri gruppi, di cui portavo testimonianze sonore,
col mio direttore.
Un giorno mi disse: “Io li conosco... i pazzi...” e in seguito mi fece anche capire, che credeva che “i
pazzi” fossero miei amici. Naturalmente non potevo intuire di che cosa stesse parlando in quel
momento.
Quindi, non so se direttamente a seguire o in altra occasione, aggiunse: “Ieri, ad esempio, sono stato
ad un concerto new age di ...” (non mi ricordo il nome). Ma io continuavo a non comprendere...
Un'altra volta lanciò una battuta: “Già ti vedo passeggiare per strada col mitra a tracolla...”
Supposi un riferimento a qualcosa di già noto al Lettore: “Alludi ai Front 242? Lo ritengo un
pettegolezzo. Guarda me, ti sembro un estremista di destra io?”
Sfoderò un sorriso gelido: “Non sai che c'è stato chi ha detto, che l'istinto più forte dell'uomo è quello di
essere fascista?”

Questa affermazione, fatta dal direttore di una rivista professantesi come liberale, mi stupì non poco,
anche perché la rivista aveva pubblicato, in quei mesi, uno speciale sul sessantotto, chiamato “Come
eravamo”, con tanto di interviste a Mario Capanna ed altri personaggi-chiave del movimento.
Col passare del tempo mi accorsi che il principale interesse di De Bernardin nei miei confronti ruotava
attorno alla prospettiva di poter pubblicare la pubblicità dei miei “amici”, che però non avevo!
Parlò più volte di rapine e di omicidi aventi apparentemente luogo nei pressi della redazione - all'epoca
non potevo comprendere per quale motivo, oggi lo capisco benissimo.
Mi ricordo, ad esempio, che un giorno raccontò dettagliatamente come di fronte alla stazione Termini
(quindi nelle immediate vicinanze dell'ufficio della redazione di allora) fosse stato appena ammazzato
un uomo di colore.
Quando più tardi, quello stesso giorno, arrivai al luogo d'incontro stabilito precedentemente con mio
padre perché mi potesse portare a casa, pensai di potergli vendere la storia dell'assassinio per spiegare
il mio ritardo.
Un simile omicidio, di solito, viene riportato perlomeno dai notiziari locali.
Ma una volta tornato a casa, cercando la “prova” di quanto affermavo in tutti i radio- e telegiornali sia
locali che nazionali, dovetti constatare con sorpresa che quel giorno, vicino alla stazione Termini – anzi:
a Roma – non era stato commesso alcun reato del genere.
Parlammo naturalmente anche di droghe, di come queste influenzano l'ascolto e di legalizzazione.
Mi fece notare come all'epoca, in Italia, qualsiasi sostanza psicotropica fosse illegale.
Il modo con cui tirava su col naso, comunque, lasciava palesemente intendere quanto anche lui se ne
infischiasse bellamente della legislazione sulla quale mi metteva in guardia.

Un giorno mi invitò a casa sua.


Mi mostrò dischi “importanti” e parlò di determinate opere con una precisione di scelta che, con il senno
di poi, con la mia esperienza di oggi, posso affermare si inquadrasse perfettamente in un certo
discorso.
Naturalmente mi mostrò i suoi dischi dei Kraftwerk.
Forse ancora più interessanti, tuttavia, dovrebbero essere ritenuti i suoi commenti su Lou Reed e “Metal
Machine Music”, non tanto per il contenuto, ma in quanto commenti di per sé stessi.
Lodò gli Underworld, dei quali gli avevo portato il primo album dalla Germania per una prova d'ascolto,
come se sapesse che facevano parte dei “miei amici”: dovette “riconoscere” che il cantante aveva una
bella voce.
Riporto dal testo della canzone dalla quale prende il titolo l'album di debutto, “Underneath The Radar”,
prodotto da Rupert Hine:

“[...] È cascato qualcosa? Beh


A che serve non dormire per questo motivo?
Ci vediamo più tardi, ci vediamo più tardi
hip a no no no, hip a no no no
ci vediamo più tardi - chiamami
Viviamo sotto il radar
viviamo sotto la bomba
quando vivi sotto il radar
non c'è possibilità
di andar lontano[...]”

All'epoca non diedi alcuna importanza al testo: ero giovane, inesperto, ingenuo, pieno di idealismo
nonché libero da ogni responsabilità e da ogni costrizione.
Oggi invece comprendo perfettamente la tematica, ma avrei perlomeno preferito non sperimentarla
sulla mia pelle.
Non appena capì che dietro di me non vi era alcun tipo di industria, De Bernardin fermò quattro
recensioni su cinque, abbassò i voti e quando accusai i Pankow, in una recensione, di avere copiato
parti di un brano dai Front 242, l'articolo fu pubblicato ma la riga in questione fu “saltata”. L'entusiasmo
iniziale per la mia attività come critico musicale svanì piuttosto rapidamente e la mazzata finale la
sferrarono i Front 242 stessi all'inizio del concerto di addio del “Tiranny Tour” al Zirkus Krone di Monaco
di Baviera, alla fine di maggio del 1989.
Richard 23 irruppe sul palco scandendo “Say Heil Hitlèer! Say Heil Hitlèer!” sulle note di “Rhythm of
Time”.
Un quarto del pubblico lasciò immediatamente il locale.
La metà, tanto, era già di estrema destra.
Il restante 25% della gente (me compreso) resistette fino alla fine del concerto per ascoltare la musica.
Ma come avrei fatto, poi, a raccontare al mio direttore, con la coscienza a posto, che si trattava solo di
dicerie?
Alla rivista non mi videro né mi sentirono mai più.

Anche con le ragazze non feci proprio delle esperienze illuminanti.


Ebbi una ragazza per un mese, che mi lasciò non appena scoprì che fumavo hascisc.
Le ragazze che rullavano canne che conoscevo erano già tutte assieme ad amici miei.
Oltretutto, il mio “strano” (per l'epoca) gusto musicale costituiva una barriera non trascurabile per avere
a che fare con ragazze “comuni”. Vi potete immaginare una cena a lume di candela, mentre scorrono le
note (si fa per dire) di “Stairs And Flowers” degli Skinny Puppy? No, appunto.
La mancanza di un mezzo di locomozione fece il resto.
La verginità la persi per caso, durante un viaggio che compii all'età di 19 anni a Bangkok, in un locale a
luci rosse nel quale mi ero recato con una parte della crew di volo di mio padre per fare una bravata:
così come a Londra si visitava musei e a New York si facevano compere, a Bangkok il personale di volo
usava spesso e volentieri frequentare Pat Pong.
Non mi venne mai in mente di aver compiuto qualcosa di amorale, sia per le usanze locali che per
quelle (molto “aperte” in questo senso) che vigevano in Germania.
Per molti anni non lo feci più, poi lo farò ancora circa una mezza dozzina di volte negli anni 1996-97,
quando mi verrà la voglia di sfogarmi a seguito di quelli che saranno gli avvenimenti di cui parleremo
ancora.
Traslocai in una comune nella Spitalhofstr.65, i primi due commilitoni con i quali la spartii, Marion ed
Axel, erano a postissimo, con Axel in particolar modo mi sono trovato sempre bene, a parte il fatto che
non comprendeva che ascoltassi gli Skinny Puppy già la mattina.
Il locatore invece non era purtroppo di nostro gusto.

Nel mentre avevo provato le droghe naturali più comuni: Belladonna, Stramonio, Amanita Muscaria.
Provai infine l'LSD e qui si dischiuse nuovamente un mondo fino a quel momento a me sconosciuto.
Lo so che la droga ha una brutta fama, ma l'ha a torto, perlomeno in parte: l'LSD è forse la droga più
bella. Amplifica (e distorce) tutte le sensazioni e le emozioni, sia piacevoli che non.
Questo, però, è anche il problema di questo allucinogeno, perché chi lo prende intuisce all'improvviso di
non essere più in grado di mantenere completamente il controllo su sé stesso/a.
Chi a quel punto si spaventa – e a questo mondo esiste realmente una ben determinata struttura della
personalità che non riesce ad accettare una tale mancanza di autocontrollo – sperimenta il cosiddetto
“horror”, il che significa che la sua paura viene amplificata dalla droga e si accorge che non può
contrastare l'effetto della sostanza in alcuna maniera, cosa che le/gli fa ancora più paura: si tratta di un
circolo vizioso che può anche sfociare in un trauma serio.
L'atteggiamento giusto, quello “vincente” con la dietilamide dell'acido lisergico è: gustati il suo effetto
prezioso (qualunque esso sia) e seguilo con attenzione invece di combatterlo – così si ritorna anche dal
viaggio senza problemi.
L'LSD è una droga anarchica, il che significa che sotto il suo influsso si è portati ad accettare meno una
istanza superiore, sia essa di natura morale, etica, politica o addirittura religiosa (e secondo me questo
è il vero motivo per il quale questa droga viene considerata così pericolosa): con essa si acquista un
umorismo molto particolare, quasi scurrile; dentro di sé si prende volentieri in giro qualsiasi persona che
non abbia mai fatto un “viaggio” e quindi non possa intuire di cosa si tratti (quelli che Timothy Leary, se
ho capito bene, chiamava i “larvali”); ci si sente profondamente connessi agli altri “viaggiatori”, ovvero
quelli con cui si sta intraprendendo l'avventura in quel momento.
L'esperienza cambia sostanzialmente e definitivamente il senso estetico di un individuo.
Si presta molta più attenzione ad un certo tipo di colori e di sfumature, a talune geometrie, a particolari
sonorità; si diventa ricettivi per una logica ed uno humour specifici.
Dalì è, come noto, il classico pittore da LSD ed i Monthy Python ne rappresentano come nessun altro
l'umorismo.
Naturalmente la sostanza ha anche i suoi lati negativi.
Non è una droga che gode fama di poter essere utilizzata per migliorare la propria efficienza come la
cocaina, al contrario: bisogna assolutamente evitare di caricarsi di responsabilità durante le 15-18 ore
che seguono l'assunzione.
Se Leary aveva veramente intenzione di gettare dell'LSD dentro le cisterne dell'acqua potabile di
qualche città americana, allora è giusto che sia stato fermato dal governo degli Stati Uniti prima che
riuscisse nell'impresa.
Io, ad esempio, non vorrei mai che al mio chirurgo “salisse” l'effetto dell'acido proprio mentre sono sotto
i ferri.
Ed in stato di ebbrezza da LSD non si deve guidare.
Io l'ho fatto qualche volta ma non me ne vanto e non lo rifarei MAI PIU'.
Si rischia gravemente sia l'incolumità degli altri che quella propria.
La possibilità di un flashback, invece, è minore di quella paventata dai media e dalla letteratura
specifica.
Ho sulle spalle una esperienza di oltre 200 sessioni con la sostanza, ma PURTROPPO non ho mai
avuto un flashback.
La droga me l'aveva fornita, la prima volta, Jörg: mi aveva venduto sette punte di spaghetti colorate
affermando che erano tutte micropunte - solo una di quelle conteneva effettivamente l'LSD.
Quando lo venni a sapere da un amico, mandai Jörg all'inferno per tutti i secoli dei secoli e utilizzai poi
altre fonti che nel mentre mi erano note, “gente migliore”.
I funghetti allucinogeni (Psylocibe Semilanceata) li ho colti io stesso su un prato vicino al mio
appartamento di Passau.
In assoluto, avevo ormai già deciso di sperimentare quanti più stati alterati di coscienza mi fosse stato
possibile.
Provai cocaina ed eroina, che però non mi interessarono mai sul serio, forse anche perché fui sempre
molto critico nei confronti della relativa cerchia di consumatori; ogni tanto passava dello speed
(anfetamina).
Con gli allucinogeni non ebbi mai problemi, probabilmente anche perché feci sempre delle pause tra i 7
ed i 10 giorni prima di prenderne nuovamente, mentre di hascisc ne consumavo di continuo.
Con l'estasi (XTC, MDMA), durante tutto il mio periodo di permanenza a Passau, non feci mai
conoscenza.
I prezzi delle droghe erano, anche per l'epoca, piuttosto amichevoli.
Come già scritto, un grammo di afgano lo pagavo otto marchi (circa quattro euro), un cartoncino di LSD
dai 5 ai 10 marchi (da circa due euro e mezzo a circa cinque).
Non conoscevamo prezzi “da strada”, il tutto si svolgeva tra amici.
Tuttavia: ogni consumatore può raccontarVi, quante ore abbia passato all'inizio aspettando, in una casa
di estranei, solamente che arrivasse finalmente il tizio con l'hascisc.
Sul paio di ore al giorno che si sprecano per preparare la miscela e rullare canne, poi, sorvoliamo.
Direi che in vita mia ho avuto un problema solo con una droga, ma quello fu grosso: con la canapa
indiana.
Perché l'hascisc lo si può fumare tutti i giorni e la droga aveva la fama di non provocare danni cerebrali
(nuovi studi affermano il contrario, soprattutto nel caso di un consumo costante in età adolescenziale), il
che induce la persona a consumarla in continuazione, ma questo comporta che non riesca a
riconoscere che l'unica cosa che fa durante il periodo di tempo in cui assume la sostanza è quella di
ascoltare musica, non ha più voglia di fare altro.
L'individuo crede che, se fumerà costantemente, prima o poi svilupperà una tolleranza tale che gli
permetterà di studiare mentre la usa, ma l'illegalità e, con questa, le pause forzate fanno in modo che in
realtà non sia mai in grado di raggiungere quel “livello”.
E poi, con l'illegalità, viene il nascondersi e la paranoia.
Un amico mio ha scritto una tesi di laurea chiamata “Erziehung zur Drogenfreiheit durch
Freiheitsentzug” [“Educazione alla libertà da stupefacenti mediante privazione della libertà”, trad.], che
già all'epoca descriveva il risultato demoralizzante della politica tedesca in materia: dalla sua ricerca,
svolta in diversi istituti di detenzione della Bassa Baviera, si apprendeva che l'85% dei detenuti avevano
già avuto esperienze con stupefacenti ed erano irrimediabilmente indebitati, dove il debito pro capite era
solitamente compreso tra i 20000 ed i 100000 marchi (tra diecimila ed i cinquantamila euro circa,
aggiungeteci anche l'inflazione per rapportare le cifre ai giorni nostri).
Questo, assieme alla preparazione scolastica solitamente scarsa dei detenuti ed alle situazioni familiari
disperate dalle quali spesso provenivano, lasciava dedurre che una volta rimessi in libertà, questi ex-
carcerati si sarebbero quasi inevitabilmente rituffati nella criminalità.
Pur in una roccaforte conservatrice come Passau, il mio amico si aggiudicò, per questa tesi, un Due [un
Uno tedesco equivale al 30 italiano, il Quattro tedesco è il nostro 18, il voto minimo tedesco è il Sei,
nda]; il professore gli spiegò che non gli poteva conferire il massimo dei voti semplicemente perché
“una cosa del genere non si può dire”.

Marion ed Axel se ne andarono per via del locatore, io invece rimasi e ricevetti due nuove subaffittuarie,
due Sei nell'enneagramma, una fobica ed una controfobica.
La fobica aveva persino paura delle mosche e divenne così la passione del mio gatto, che cominciò a
tenderle dei veri e propri agguati. Debbo ammettere che ho sempre tifato per il felino.
La controfobica ad un certo punto volle assolutamente un altro uomo nella comune: lo ricevette, fu uno
jugoslavo di nome Vladimir, che però molto presto mi fece arricciare il naso, perché cominciò a parlare
solo di distruggere e di sparare ai nemici – era qualcosa che intendeva sul serio.
La controfobica, tra l'altro, piuttosto all'inizio mi aveva presentato un tizio che affermava di essere in
grado di muovere le figure di un quadro nella sua mente senza dover ricorrere a droghe. Il tizio mi
rimase impresso da quella sola volta, il suo nome lo dovetti però conoscere solo più di un decennio più
tardi: Ronnie Lorenz.
Come vuole il caso, senza che in quel momento ne avessi sentore, il padre di Ronnie veniva difeso
dall'avvocato presso il quale praticava quell'amico mio che aveva redatto quella famosa tesi.
Il padre di Ronnie, infatti, era un medico che aveva somministrato codeina a tossici.

Ad un certo punto mi stufai di essere l'unico del circolo di fumatori a non avere una ragazza ed andai a
letto con la prima venuta, ovvero con la donna sbagliata che cercò subito di affibbiarmi un pargolo.
Giurò in lungo e in largo che io fossi il padre, anche se l'ecografia mostrava una discrepanza di un
mese.
Quando vidi l'ecografia interruppi ogni contatto con lei, ma lei mi terrorizzò con ogni mezzo (telefono,
amiche, genitori, etc.). Per far questo si alleò perfino con le ragazze della mia comune e con la ragazza
di Jörg, colui che me l'aveva presentata.
Nei giorni in cui la conobbi riuscii a passare un esame di fisica.
Dal giorno della notizia della gravidanza fino al giorno in cui arrivò il risultato del test della maternità,
quindi quasi due anni più tardi, non cavai più un ragno da un buco all'università; in compenso
sprofondai nell'oblio, con un consumo giornaliero di talvolta anche 10 grammi di afgano al giorno.
La comune si sfaldò e siccome ci furono dei ritardi del pagamento della cauzione grazie al locatore di
cui sopra, mi trovai persino di fronte ad una pistola puntata dallo jugoslavo – sia bene inteso: DOPO
aver ripagato la loro parte di cauzione.
Ma per chiamare la polizia e denunciarlo per possesso d'arma da fuoco avevo fumato troppo e così ero
troppo pigro e paranoico.
Il fatto che, nel frattempo, continuassi a programmare per Hans Eugen per corrispondenza e che non
avessi alcuna preoccupazione riguardo al trovare, in qualsiasi momento, un impiego grazie alle mie
conoscenze pratiche nel campo della programmazione, non fu certamente un ulteriore incentivo a
dedicarmi alla noiosa teoria.
Poco dopo che mi certificarono per iscritto di non essere il padre del bambino ricominciai a studiare.
Passai anche un esame (Algebra e Logica), ma per salvare il corso di studi fu troppo tardi, perché non
riuscii a superare in tempo quello di Strutture Discrete.

L'estate del 1991, l'ultima estate a Passau, fu, per certi versi, molto particolare.
A parte il sentirmi liberato dal peso dell'eventuale responsabilità di essere un padre, mi capitò tra le
mani anche “The Orb's Adventures Beyond The Ultraworld”, che considererei il primo vero disco di
techno assieme a “Frequencies” degli LFO. Il 1990 era stato comunque un brutto anno per l'EBM, a
parte un “Renegade Soundwave In Dub” ed un (fantastico) “Hell In Heaven” dei Minister Of Noise era
stata immessa poca roba veramente interessante sul mercato.
In Germania, Talla 2XLC aveva divorziato da Mikulski (ZYX), a causa della cattiva reputazione di
quest'ultimo, ed aveva fondato due etichette discografiche, la Zoth Ommog e la Muzik Research.
Queste due etichette carpirono alcuni elementi musicali caratteristici degli eroi del movimento per
commercializzare dozzine di artisti poco dotati, trasformando così, alla fine, l'EBM in un cliché.
Non basta, per l'appunto, gridare “Power!” nel distorsore per fare un buon disco di EBM, ancora meno
se lo gridano contemporaneamente due dozzine di gruppi.
Per sfizio telefonai un giorno, all'inizio degli anni novanta, a Colonia, al redattore capo di New Life (la
fanzine EBM discendente dalla gloriosa New Life svizzera di Sebastian Koch).
Si lamentò con me di ricevere, ogni giorno, una ventina di cassette di gruppi che suonavano come gli
Skinny Puppy. Voler imitare costoro, però, significava quasi sempre suicidarsi artisticamente.
Poi erano anche arrivati i Nine Inch Nails sul mercato!
Relativamente orecchiabili, subito etichettati come crossover EBM grazie alla produzione dei Tackhead
sul primo disco, il gruppo di Trent Reznor introdusse nell'ambiente un elemento dell'heavy metal che era
stato sempre considerato giustamente un tabù prima del loro avvento e dal quale, fino a quel momento,
altri gruppi di EBM avevano orgogliosamente preso le distanze: l'atteggiamento da “poser” nel cantare,
quello tipo Jon Bon Jovi per intenderci.
I Nine Inch Nails si vendettero come il pane e non ci si poté più salvare da dark-girlies ed accendini
accesi ai concerti.

In questo contesto, il disco dei The Orb fu accolto molto volentieri come un avvicendamento.
Mirava ad un pubblico più ampio, alla “massa”, evitando però di servirsi di cliché, percorrendo persino
nuovi sentieri.
Pur non essendo aggressiva, era una musica ballabile senza per questo sacrificare la propria
intelligenza: l'accompagnamento perfetto per serate condite di fumo dolciastro [hascisc, nda] e di
cartoncini colorati [LSD, nda].
Notai subito l'effetto sui miei amici: anche se non ero mai riuscito ad entusiasmarli per l'EBM, ad alcuni
questo disco piacque molto.
Avevo forse trovato un mezzo per spiegare ad altri per cosa ritenevo valesse la pena vivere?
Anche l'industria musicale si mosse: lo “spazio” ora andava di moda.
Improvvisamente, i produttori più in voga non furono più Stock / Aitken / Waterman o Stephen Hague,
ma ad esempio Andrew Weatherall, che produsse remix persino per i Primal Scream.
Certo, all'inizio, i prodotti che scalarono le classifiche sotto la denominazione di “tekno” (tipo “James
Brown Is Dead” e simili) non avevano nulla a che vedere con la techno che si ascoltava nei club.
Al più tardi con “Cosmic Love” dei Resistance D e con la raccolta “Welcome To The Tribal Dome”, però,
non ci furono più ostacoli: la techno si affermò, nonostante l'industria discografica, come genere a sé
stante con piena ragion d'essere e con cifre, in dischi venduti, delle quali un artista di EBM avrebbe
potuto solamente sognare.
CAPITOLO 2

“[...] Il tipico Vero Programmatore vive di fronte ad un terminal video. L'ambiente circostante è
costituito da:

– listing di tutti i programmi che il Vero Programmatore ha scritto nella sua vita,
ammonticchiati in ordine presso a poco cronologico e sparsi un po' dovunque su
tutte le superfici orizzontali dell'ufficio;
– più di una dozzina di tazze più o meno semivuote di caffè freddo. Talvolta ci navigano
dentro cicche di sigarette, in alcuni casi anche resti di bucce d'arancio;
– Da qualche parte giacciono copie del manuale di JCL e uno di "Principles of
Operations", aperti ad una qualche pagina interessante [...];
– appeso alla parete, un calendario di Snoopy del 1969;
– Sparsi per terra giacciono resti delle confezioni di biscotti farciti (di quel tipo che
viene sfornato già talmente secco da poter rimanere per lunghi periodi di tempo
dentro il distributore automatico senza andare a male)
– Infine, nel cassetto in alto a sinistra della scrivania, sotto la scatola di anfetamine, vi
sono schemi di diagrammi di flusso dimenticati lì dal suo predecessore.

I Veri Programmatori scrivono programmi e non la documentazione, questa la si lascia ai tizi del
supporto.
Il Vero Programmatore è capace di lavorare 30, 40, o anche 50 ore di seguito e questo sotto
notevole pressione. In effetti preferisce lavorare così. I tempi lunghi di risposta del sistema non
lo innervosiscono, anzi gli consentono di schiacciare un pisolino tra una compilazione e l'altra.
Se non vi sono impellenti tempi di completamento di un progetto, egli tende, nelle prime 9
settimane, a lavoricchiare, occupandosi magari di qualche aspetto marginale del problema, a
suo dire interessante, terminando poi il lavoro solo nell'ultima settimana, con due o tre maratone
da 50 ore.
Questa tirata finale non solo impressiona il manager, il quale cominciava a disperare di veder
concluso in tempo il progetto, ma fornisce inoltre al Vero Programmatore la scusa per non
scrivere la documentazione. Ed in assoluto: nessun Vero Programmatore lavora dalle 9 alle 5
(tranne quelli del turno di notte).

– un Vero Programmatore non porta cravatte;


– un Vero Programmatore non porta scarpe con i tacchi alti;
– un Vero Programmatore arriva in ufficio quando gli altri vanno a pranzo;
– un Vero Programmatore può forse dimenticare il nome di sua moglie, ma mai il
contenuto della tabella di codifica ASCII (o EBCDIC);
– un Vero Programmatore non sa cucinare: siccome alle tre di notte i supermercati
sono chiusi, sopravvive a forza di snack e caffè.[...]”

(Tratto da “Il vero programmatore non usa il PASCAL”, ovvero una lettera alla redazione di
“Datamation” di Ed Post pubblicata nell'agosto del 1983)

Era già praticamente scritto nelle stelle che alla fine del mio studio mi sarei trasferito a Laufenburg da
Hans Eugen, cosa che feci nel novembre del 1991.
Lì mi aspettava un ambiente completamente diverso.
Quando si viene catapultati in una realtà di lavoro così distante, si impara ad apprezzare sul serio il
mondo studentesco.
In azienda vi era solo un programmatore della mia età, tutti gli altri erano almeno dieci anni più anziani
di me.
Anche Hans-Eugen, che per le sue idee consideravo il più giovane, aveva quarant'anni e apparteneva,
semplicemente, ad un'altra generazione.
Presto venni confrontato con una politica aziendale da una parte piacevolmente permissiva, ma
catastrofica dall'altra.
Il problema principale consisteva nel fatto che avevamo DUE capi, con competenze in parte
intersecantesi fra loro, cosa che si ripercuoteva negativamente in particolar modo nella progettazione.
Oltretutto volevo portare i miei programmi dall'ambiente MS-DOS finalmente sotto Windows od OS/2,
cosa per la quale però mancava il tempo e, soprattutto, la volontà di chi guidava l'azienda, perché si
voleva rimanere al livello più basso possibile per venire incontro alle esigenze di tutti gli enti comunali
(producevamo in gran parte per l'industria del gas).
Programmavo per pochissimi soldi e non me ne importava nulla: lo amavo.
Per questioni di diritto sindacali, l'azienda veniva mantenuta al di sotto dei 15 dipendenti.
Entrambi i capi, due fratelli, ovvero Hans-Eugen e Michael, erano attivi nei verdi, il procuratore Robert
Terbeck, invece, era membro dei socialdemocratici di Laufenburg.
L'azienda era stata fondata negli anni cinquanta dal padre di Hans Eugen, un uomo a luci ed ombre,
imprenditore geniale ma con un passato attivo di stampo nazionalsocialista.
Sia lui (che non ho mai conosciuto perché morì prima del mio arrivo) che sua moglie, l'allora ancora
vivente Dorle Tritschler, finirono, durante il periodo di occupazione francese dell'immediato dopoguerra,
nelle prigioni francesi per partecipazione attiva al partito nazista NSDAP.
Dorle Tritschler non nascose mai la sua fede, anzi: al tempo in cui fui a Laufenburg era membro attivo
della NPD [un partito di estrema destra tedesco, nda].
Hans Eugen si era ribellato, da giovane, contro le opinioni politiche dei suoi genitori, cosa per la quale lo
apprezzavo moltissimo, ma negli anni era diventato, progressivamente, sempre più conservatore.
Per questo dovetti presto constatare che per lui essere verde non significava necessariamente essere
di sinistra e non corrispondeva neanche per forza ad essere aperti mentalmente o tolleranti nei confronti
delle idee o delle usanze altrui.
Si era già seduto di fronte all'entrata di qualche centrale nucleare e rinnegava fortemente il suo periodo
nell'esercito, ma il suo impegno nei verdi si limitava alle richieste dell'attuazione di una politica
energetica alternativa e alla lotta contro i piani del ministero di far passare il prolungamento
dell'autostrada A 98 proprio accanto a casa sua.
Per il resto utilizzava preferibilmente la bicicletta e mangiava il cibo macrobiotico che sua moglie Toni
(Antonie), un medico, sapeva cucinare egregiamente.
La famiglia Tritschler aveva prole, della quale mi rammento, ancora oggi, molto volentieri.
Se mi dovessero chiedere, col senno di poi, quale sia la migliore caratteristica di Hans Eugen, dovrei
ammettere che è un perfetto educatore.
Aveva una pazienza incredibile e non ho mai visto sgridare né Heike né Felix.
Conseguentemente sani, felici e per la loro età decisamente molto maturi crescevano i suoi figli.

I miei programmi in ufficio si svilupparono presto come una piovra.


Questo soprattutto per l'infame barriera dei 640 Kbytes e per la mancanza della standardizzazione dei
driver delle interfacce grafiche e, soprattutto, delle stampanti - la solita disgrazia del programmatore
costretto a lavorare in ambiente MS-DOS, insomma. Di pari passo aumentò, lentamente ma
inevitabilmente, anche la frustrazione, soprattutto durante le fasi di debug e di programmazione dei
driver.
Ero contemporaneamente responsabile della progettazione, della programmazione, del supporto
tecnico e della documentazione di tutto il software per PC dell'azienda.
Vivevo un piano sopra il mio posto di lavoro, non avevo contatto con altre persone a parte coloro che
lavoravano in ufficio, la famiglia Tritschler e i loro parenti ed amici.
Non conoscevo orari di lavoro fissi: attaccavo quando mi destavo e staccavo per andare a dormire.
Avete mai sentito parlare di un ritmo fisiologico di 26 ore giornaliere? Significa: mi coricavo ogni giorno
con due ore di ritardo rispetto al giorno precedente, in compenso mi svegliavo due ore più tardi.
I concetti di “giorno” e “notte” avevano solo ancora senso per il fatto che di giorno bisognava discutere
delle modifiche al software con gli altri dipendenti.
Vivevo come descritto ne “Il vero programmatore non usa il PASCAL” e all'inizio mi piacque pure.
Tutto sommato era quello che avevo sognato nella mia adolescenza: una stanza nella quale essere a tu
per tu con un computer e uno stereo a disposizione con la mia musica preferita, il “video rat” di Rupert
Hine, se volete. Se poi un giorno proprio non volevo, mi davo malato e nessuno mai aveva veramente
da ridire, visto anche il mio ridicolo compenso.
L'isolamento non mi afflisse affatto all'inizio, per la comunicazione con il mondo esterno avevo un
modem a 9600 baud.

Per acquistare droghe, fino al 1994, tornavo in Baviera, quando non facevo una puntatina a Zurigo per
farmi una bella serata al Platz Spitz, che all'epoca era ancora aperto.
Hans Eugen sapeva che fumavo canne in ufficio qualche volta.
Vissi anche diverso tempo senza consumare alcuna sostanza, non perché me ne fossi pentito, ma
semplicemente perché non avevo droghe fra le mani e non volevo cercarle per questioni di tempo e
denaro.
Al contrario, ero ancora convinto della necessità della legalizzazione delle droghe e mi iscrissi nei verdi
di Laufenburg.
Con risultati frustranti, perché fare opposizione a livello comunale nei verdi significa: discutere
l'allargamento e l'allungamento delle piste ciclabili, preparare la nuova mostra della bicicletta,
raccogliere firme contro la xenofobia, il razzismo e l'estremismo di destra nella zona pedonale della
vicina Waldshut.
Ma poi arrivò il gran giorno: invitammo Biggi Bender, che all'epoca era nel consiglio direttivo dei verdi
del Baden-Württemberg a Stoccarda, ad una discussione sulla legalizzazione delle droghe leggere nella
trattoria “Alte Post” di Laufenburg. Il partito aveva promesso, nel caso avesse partecipato ad un futuro
governo, di alleggerire la legislazione vigente e perlomeno di tollerare il consumo di hascisc.
Alla riunione furono invitati quattro relatori: Biggi Bender ed il rettore di una scuola della zona a favore
della depenalizzazione, la presidente dell'iniziativa “Hand in Hand gegen Drogen” [“Mano nella mano
contro le droghe”, trad.] ed il capo della polizia di Waldshut come controparte, più il moderatore, un
verde (consumatore di canapa indiana) di Murg.
Per cominciare, la controparte non si presenta all'appuntamento.
Pubblico: una dozzina di casalinghe che fanno la maglia, un neohippie, Hans Eugen ed io.
La discussione è svogliata e quasi langue.
Biggi Bender è dell'opinione che in Germania debba essere introdotto un modello olandese.
Ad un certo punto obietto che sarebbe meglio legalizzare l'hascisc sul serio e venderlo nelle farmacie
(la proposta che farà più avanti Heide Simonis dei socialdemocratici) per prosciugare il mercato nero ed
allontanare quindi i consumatori da un ambiente potenzialmente criminale.
Dapprima non ribatte alcunché, ma alla fine della discussione mi dice: “E' una buona proposta, ne terrò
conto.”
Quello che a prima vista può essere considerato un incoraggiamento, si rivela, ad una analisi più
accurata, come la Waterloo della credibilità dei verdi in materia.
Come, prego, può accadere che una donna, che siede nel consiglio direttivo del partito a Stoccarda e
che viene a Laufenburg solo per discutere su questo argomento, non abbia mai sentito formulare prima
questo tipo di proposta?!?
L'unica risposta logica, per me, era ed è che i verdi, colla loro professata politica in materia di
stupefacenti, volessero, in effetti, solo fare propaganda elettorale per attirare una parte della gioventù di
sinistra, come dimostratosi poi anche con la cosiddetta “partecipazione al governo” del 1998.
Hans Eugen, comunque, è sempre stato solo formalmente per l'abolizione del proibizionismo perché
all'epoca lo chiedeva il suo partito; lui non ha mai fumato neanche una canna.
Dopo questa esperienza non partecipai mai più alle suddette riunioni comunali, la ritenevo una perdita
di tempo prezioso. Nel frattempo mi occupavo più volentieri di qualcos'altro.

Della FIDO, per essere più precisi.


Prima dell'allacciamento capillare su scala globale di Internet, la rete FIDO costituiva la possibilità per
eccellenza di discutere con esperti e amatori interessati su di un qualche argomento.
Era una specie di bacheca che funzionava così: numerosi BBS (Bullettin Board Systems, un tipo di
server ormai estinto) si telefonavano tra loro secondo un determinato schema per scambiare i messaggi
degli utenti che giacevano sui diversi computers. Nel giro di due, massimo tre giorni ognuno poteva far
leggere il proprio messaggio a tutto il paese.
Per l'epoca si trattava di qualcosa di strabiliante!
Le bacheche, chiamate “echoes”, erano suddivise per tema.
La rete era gerarchicamente strutturata: FIDO era proprietaria e bisognava fare attenzione a non
indispettire né i coordinatori della rete né i moderatori dei singoli echoes.
L'ho imparato a mie spese.
Feci saltare la mosca al naso al moderatore della Jokes.Ger e questo era un amico del coordinatore
241, ovvero quello del Baden-Württemberg, con il risultato che fui radiato sia dalla Jokes.Ger che dalla
rete della regione e dovetti diventare “point” (utente ufficiale di un BBS allacciato alla rete FIDO) in
Svizzera per poter scrivere di nuovo in qualche echo.
Parimenti aumentò la mia bolletta del telefono.
Ma la Jokes.Ger non mi interessava più di tanto – molto di più invece la Musik.Ger.
Era un gruppo dove vi erano circa 30 utenti attivi (che quindi scrivevano regolarmente) e chissà quanti
lettori.
In tutto venivano solitamente scambiate in rete, al giorno, circa 300 mails riguardanti solo il suddetto
echo.
Lì conobbi per la prima volta altre persone con i miei stessi gusti musicali, cosa che per me costituiva
già un grandissimo successo. Se poi si considerava il fatto che gli altri utenti erano piuttosto aperti
mentalmente, si può comprendere come arrivai a scrivere talvolta anche 50 mails al giorno e come per
un certo periodo non feci altro, nel mio tempo libero, che dedicarmi a questa attività.
Così, però, ci si isola sempre di più.
Non sentivo semplicemente il benché minimo bisogno di uscire, di partecipare ad eventi come il
carnevale o roba simile e neanche di andare con l'altro programmatore dell'azienda, Karl Heinz
Thomann, a bere un paio di mescals la sera.
L'universo che avevo dentro il mio computer mi bastava.
Lì dentro vi erano anche le uniche persone che pensavo mi avessero compreso.
Grazie al modem analogico arrivai, attraverso il BBS Freak Out di Aquisgrana, a leggere anche altri due
forum, questa volta però già in ambiente Usenet: il De.Alt.Drogen e l'Alt.Drugs, quindi, rispettivamente,
il forum tedesco ed il forum internazionale sulle sostanze psicotrope.
Non scrissi quasi nulla in queste bacheche, lessi solamente gli articoli.

E mi annotai alcune cose.


Ad esempio “Alraun” [“Mandragora”, trad.], a Idstein (vicino Francoforte sul Meno): un head shop,
gestito da Herbert Böttcher, specializzato in rare droghe vegetali.
Herbert Böttcher era anche, tra l'altro, l'organizzatore delle serate all'ayahuasca che allora, in
Germania, venivano indette dalla Chiesa del Santo Daime. Il rituale dell'ayahuasca ruota attorno ad una
pozione, ricavata da piante esotiche, contenente Armine, Armaline e DMT (Di-Metil-Triptamina).
Se per Walter Moers la psilocibe sta all'LSD come la bicicletta sta alla macchina da corsa, allora posso
affermare senza ombra di dubbio che il DMT è lo space shuttle degli allucinogeni e naturalmente, per
me, interessantissimo.
Per la descrizione degli effetti del DMT vi rimando ad Internet, lì troverete quanti racconti di esperienze
vorrete.
La discussione dettagliata degli effetti possibili gonfierebbe questo libro a dismisura, perché non esiste
un “tipico” viaggio da DMT. Comunque sia non partecipai mai ad un rituale col padrinho della chiesa
perché, alla fine, pagare da 700 a 1000 marchi per rituale mi sembrò veramente una pazzia.
Ma il DMT puro non si trova al mercato nero, come lo si può ottenere se non producendoselo da soli?
Notai che Alraun vendeva sia il Sassafrasso che l'olio da esso ricavato, si vedrà più avanti a cosa
servono questi prodotti.
Su Alt.Drugs, in particolar modo, gironzolavano anche mails sulla sintesi di MDMA e DMT, catalogai
tutto diligentemente per temi e lo salvai su dischetti.
Ricevetti anche una dritta su Loompanics, una casa editrice americana che ingaggiava ex(forse!)-agenti
della CIA e criminali per scrivere di qualsiasi cosa fosse considerata un tabù.
Grazie alla De.Alt.Drogen conobbi soprattutto due simpaticissimi personaggi: Bert Marco Schuldes,
traduttore per la casa editrice “Grüner Zweig” e giardiniere illuminato, così come Daniel Rödding, hacker
patentato (l'ho già colto in flagrante a violare i computer del Pentagono in tv) e gestore di “Fiction”, un
server di Paderborn che all'epoca costituiva il migliore e più credibile archivio sul tema stupefacenti che
fosse apertamente accessibile.
Cercai anche di erigere una Drogen.Ger nella FIDO ma non fu possibile perché, per l'appunto, la rete
era privata e Ron Dwight e i suoi sudditi tedeschi non si mostrarono affatto entusiasti dell'idea.
Oltretutto, dal 1993 circa in poi, la FIDO andò in malora.
Il motivo non era da ricercare, come si potrebbe pensare oggi, nell'avvento su scala globale di Internet,
ma in diatribe di carattere tecnico-amministrativo in seno alla rete FIDO stessa.
Un gruppo influente di moderatori e di sysops, riunitisi sotto la sigla GCC, diedero inizio ad una modifica
topografica della rete che fu considerata, da molti, come un tentativo di “golpe” nella FIDO tedesca.
Improvvisamente ci furono due reti, soprannominate sarcasticamente “FIDO Classic” e “FIDO Light” in
onore del disastro del marketing della Coca-Cola di qualche anno prima.
Il risultato fu che, nello stesso echo, qualcuno non fu più in grado di leggere i messaggi di qualcun altro,
che le netmails (le e-mails di quel tempo) non funzionarono più e così via.
Inoltre, la tolleranza del moderatore della Musik.Ger di quel tempo, Martin Rahm, fu messa a dura prova
dall'improvvisa quanto vistosa presenza di mail spazzatura e di “quoters”, semplici citatori di vecchie
mails che di musica masticavano poco o nulla.
Lo “zoccolo duro” del gruppo, me compreso, si arrese.
Peccato, fu una bella esperienza. Ma adesso?
Immaginatevi di vivere per un anno e mezzo di fronte al Vostro computer e che, improvvisamente,
venga a mancare la più importante, se non l'unica, Vostra attività extralavorativa (e svolta, ogni tanto,
anche negli orari di ufficio).

Mi resi conto d'improvviso e come se mi fosse cascato un macigno in testa, di quanto fossi SOLO.
L'unico con il quale uscivo ogni tanto era Karl-Heinz, ovvero l'altro programmatore, che però non
stimavo come uomo.
Era frustrato per via di suo figlio, concepito con la sua compagna Eva, dalla quale riteneva di essere
stato incastrato.
La trattava come una pezza da piedi e le faceva capire in ogni modo che pesava sul suo portafoglio.
Le concedeva non più di 100 marchi al mese (circa 50 euro) per comperare qualcosa da mangiare per
la famiglia, così che talvolta uscivo con lei e parte della spesa glie la finanziavo io senza fiatare.
Questo lo posso raccontare perché ho vissuto un paio di mesi da Karl Heinz a Lörrach, in quanto Hans
Eugen ebbe l'idea di rinnovare la vuota e diroccata area industriale dove vivevo, situata sopra il mio
posto di lavoro, per poi potervi trasferire lì una parte dell'azienda in modo che Toni potesse arredare il
suo studio medico dove prima stava il mio ufficio.
Siccome Karl Heinz viveva a Lörrach e Laufenburg era distante tre quarti d'ora di automobile, decisi di
comprare un mezzo di locomozione “serio”, ovvero una Volkswagen Scirocco, con la quale feci un botto
impressionante, con tanto di veicolo da rottamare, quattro giorni esatti dopo l'acquisto.
Penso sia importante, per una persona, aver fatto l'esperienza di guardare in faccia la morte (e
sopravvivere, s'intende) almeno una volta nella vita. Non che ci tenga a ripeterla, comunque!
Ero fermo, provenivo da un sentiero e a destra la strada era piuttosto coperta dal verde; la frizione della
Scirocco mi era nuova.
Non vidi nessuno: mollai lentamente la frizione e cominciai, contemporaneamente, a pigiare il gas.
Improvvisamente, a metà dell'incrocio, udii un clacson e l'ultima cosa che vidi fu un vecchio BMW
impattare con la mia Scirocco all'altezza della mia portiera, dopo una trentina di metri di frenata, ad una
velocità finale di 70 Km/h.
Dopo due secondi di blackout mi ritrovai su un prato distante 30 metri dall'incrocio, con il solo malleolo
sinistro frantumato oltre che a contusioni dappertutto: ebbi molta fortuna.
In queste occasioni ci si chiede, dopo, in ospedale: “Che cosa sarebbe successo se fossi morto lì? Che
cosa avrei voluto ancora realizzare nella vita? Che cosa avevo già realizzato?”. E' qualcosa che invita a
riflettere.
Fu l'ultimo incidente che ebbi fino al giorno della stesura finale di questo documento.

Ad ogni modo, a seguito della momentanea disabilità del piede sinistro, venni a conoscere il vero volto
di Karl Heinz, che improvvisamente non mi vide più come ben accetto contribuente alle spese per il suo
frigorifero, ma solamente come un peso: la sua casa, infatti, aveva tre piani e quindi, con il mio gesso,
sopravvennero difficoltà di spostamento.
Cominciammo a litigare molto presto e dovetti chiamare i miei genitori perché mi aiutassero a
traslocare.
Mi trovarono un appartamento ad Egg, una frazione di Rickebach di sì e no 200 abitanti situata sopra
Bad Säckingen, a forse una dozzina di chilometri di distanza da Laufenburg, come affittuario di un
vecchio ma ispirato pittore di cartoline, il signor Müller, che viveva sopra di me.
Subito accanto alla chiesa: “An der Kapelle 4” [“Presso la Cappella Nr. 4”, trad.]. Idillio puro.

Attraverso Karl Heinz avevo conosciuto un paio di ragazze che risulteranno importanti ai fini del
racconto.
Lui era motociclista ed una sua amica, Dagmar Bauch, lo era anche lei.
Lei aveva un ragazzo chiamato Pascal che nutriva le sue stesse passioni, era quindi anche lui un
feticista della Harley, ma di per sé lei era sposata, anche se per molto tempo non lo venni a sapere.
Siccome ormai non tenevo più i contatti con chi dei miei amici era rimasto a Passau, le mie fonti per
quanto riguardava le droghe si erano in gran parte estinte e non si va volentieri a Zurigo coll'idea di
riportare, al ritorno, qualcosa di buono oltre la frontiera.
Mediante Karl Heinz conobbi, però, anche Michaela Probst, una ragazza dal passato molto triste,
caratteristico per un'orfana, che aveva delle fonti ed era quindi in grado di procurarmi del fumo.
Di Michaela, di per sé, mi piaceva soltanto una cosa: il suo atteggiamento nei confronti del sesso.
I suoi commenti su posteriori sodi maschili e simili, confermavano la mia teoria, che ci dovessero essere
anche donne a questo mondo, con le quali risultare compatibili.
Per il resto, era una di quelle che tipicamente vengono denominate “sarte”: di mestiere, all'inizio era una
parrucchiera, ma all'epoca in cui la conobbi lavorava dietro un forno a cuocere dentiere, per la misera
somma di 1800 marchi al mese, circa 900 euro.
Anche lei avrebbe voluto essere una donna a due ruote e viveva in un ambiente consono al suo sogno.
Era già stata assieme ad un eroinomane che aveva tentato di venderla sul marciapiede di Basilea e mi
raccontò di essere stata picchiata anche duramente e sfruttata da alcuni degli uomini con i quali in
passato si era legata.
Continuava però a cercare un uomo forte al quale aggrapparsi (per gli interessati: era un Due
nell'enneagramma) e quindi ci ricascava sempre di nuovo con lo stesso tipo di individuo.
Poco dopo averla conosciuta, si fece ammaliare da un rappresentante di polizze assicurative corredato
di baffi, capelli ricciolunghi al gel e BMW in leasing, che lei cercò di incastrare con un figlio, allorché il
tizio se la diede a gambe levate.
A seconda del tipo con il quale aveva un rapporto, ne assumeva camaleonticamente i tratti caratteristici
e le idee.
Non era capace di formare un pensiero indipendente né tanto meno critico o forse non voleva esserne
in grado.
Musica: Black Sabbath, Led Zeppelin, Deep Purple, Bob Marley, AC/DC, Iron Maiden, etc...
Uno stereotipo ambulante (oggi, per fortuna, una razza in estinzione).
Una volta le raccontai di essere in grado di ipnotizzare, fatto forse rilevante per quanto successe più
tardi.

Ovviamente non ero, per lei, una persona da prendere “sul serio”.
Innanzitutto avevo sviluppato, per una serie di esperienze - chiave avute in passato, una fobia per tutto
quanto quello che riguardava mezzi di trasporto a due ruote; poi avevo a che fare con i computer, cosa
che una motociclista in linea di principio non apprezza; metteteci poi come mi vestivo (tuta e scarpe da
tennis invece di pantaloni in pelle e mocassini) e infine la musica elettronica.
Ero, per lei, un buon cliente, al quale si poteva vendere un marocchino tagliato da strada per dodici
marchi (sei euro), né più ma neanche meno.
Per la sua amica, Jeannette Krüger, presi molto presto una cotta.
Errore: era carina, ma la pensava tutto sommato come Michaela e quest'ultima, che mi conosceva
meglio, spettegolò abbastanza con Jeannette in modo da stroncare sul nascere in lei qualsiasi tipo di
interesse nei miei confronti.
In generale, per la cricca, ero lo strano, il marziano, l'ascoltatore di (cito:) “plink-plonk”, penso che
abbiate capito che cosa intendo dire (debbo ammettere che, comunque, non mi adoperai mai più di
tanto per far parte del branco).
Per la cotta non corrisposta per Jeannette trascurai il primo anno di un'accademia di specializzazione
che frequentavo perché i miei genitori me lo avevano imposto come condizione per il loro aiuto dopo il
mio scontro in automobile.
Avevo in mente solo lei, del resto non me ne importava nulla.
Come avrete forse già compreso e come continuerete a comprendere, le donne sono sempre state la
mia rovina.
Michaela, nel frattempo, aveva un nuovo ragazzo, Jürgen Spreiter, che come bullo di provincia faceva
parte di una categoria a sé stante.
Formuliamo meglio: Michaela aveva assaltato Jürgen, il quale nel tentativo di portare a letto Jeannette
aveva erroneamente pensato di potersi avvicinare al suo obiettivo finale facendosi prima la sua migliore
amica.
Jeannette lo mandò in bianco e Jürgen si accontentò “per il momento” di Michaela, nella mai estinta
speranza di rimorchiare qualcosa di meglio, come da manuale per un playboy da discoteca di provincia
- non fu certo mai amore.
Come impiegato della Degussa aveva il diritto a degli sconti per l'affitto e quindi viveva con Michaela in
un attico a due stanze a metà strada tra Bad Säckingen e Lörrach, e precisamente a Rheinfelden
(Baden).
Nell'appartamento curava ogni giorno diversi tipi di piante che teneva a scopo decorativo.
Nel terrario, le sue iguane, la cui espressione “intelligente” del volto ricordava la sua, fungevano da
diversivo.
Il tipo è un opportunista ineguagliabile.
Stupido e prevedibile quanto lui reputava sé stesso furbo e tutti gli altri grulli.
Era rispettoso e gentile solo con chi gli tornava utile in qualche maniera e anche solo finché continuava
ad essere di una qualche utilità (di solito di natura finanziaria o sessuale).
Tutti gli altri li sfruttava fin quanto possibile, senza mai dare nulla in cambio.
Si partiva già con l'hascisc. Ad un certo punto ebbe l'idea di mettersi a spacciare “fumo” e portò,
dall'Olanda, un verde di infima qualità del costo di tre marchi e mezzo al grammo per rivenderlo ai suoi
“amici” per dieci.
Siccome le persone tornavano, di solito nella speranza di essere premiati con uno sconto per la loro
fedeltà, faceva loro la cresta alle quantità del fumo: per 50 marchi talvolta 4.7, 4.5 o addirittura 4.3
grammi.
Ma, come già detto, si riteneva (e sicuramente ancora si ritiene) una divinità ed la sua immotivata,
smisurata e proprio ostentata fiducia in sé stesso abbagliava completamente Michaela.
Lei AVEVA BISOGNO di un ragazzo e lo supportava senza condizioni, sperando, un giorno, di essere
presa sul serio come essere umano: se l'è meritato.

Il diretto vicino di Jürgen si chiamava Pascal Zeidler, era anche lui un operaio della Degussa (come
vedrete, l'industria chimica la fa da padrone nel Dreiländereck, ovvero l'angolo dei tre stati Germania,
Francia e Svizzera) e con Jürgen aveva in comune, per fortuna, solamente la passione per gli iguana.
Per il resto, i due litigavano in continuazione come cane e gatto, perché Jürgen cercava in
continuazione di comandarlo per avere una prova della sua divinità.
Pascal veniva da condizioni familiari disastrate.
E' una persona semplice, sicuramente non perfetta, ma in fondo buona.
Anche lui mi ha tradito, ma sono sicuro che se avesse potuto prevedere in anticipo le conseguenze
delle sue azioni, non l'avrebbe fatto mai.
Da un certo punto in poi, però, ci si deve ragionevolmente chiedere, se si è abbastanza grandi e potenti
per fare fronte ad una tale “violenza”, come quella sviluppatasi in seguito, senza venire schiacciati a
propria volta. Quindi, con lui, non me la sono presa.

Spendevo tutti i miei soldi (non proprio tanti) per droghe e dischi.
La febbre della techno mi aveva già completamente in pugno.
Fino all'estate del 1994 non ci fu nessuno che frequentassi che condividesse i miei gusti musicali.
Tutti gli altri erano dei bikers, gasati anche dalla bellezza seducente di Jeannette.
Per quanto riguardava le droghe, ero ossessionato da un'idea: riuscire a procurarmi del DMT in qualche
maniera. Al mercato nero, persino in Svizzera, non si trovava.
Alraun aveva apparentemente chiuso i battenti, almeno per il momento, ma io continuavo a procurarmi
letteratura specifica attraverso Gaia Media, Am Spalentor 13, a Basilea.
Quando entrai nel negozio la prima volta, notai subito quali erano i temi che Gaia Media aveva in
programma: droghe, buddhismo e tutto il possibile sul Tibet, la cultura techno e rave in generale.
Per quanto riguardava la techno, non ritenevo di aver alcun bisogno di spiegazioni, il Tibet ed il
buddhismo non mi interessavano (cosa che il venditore, dopo un paio di visite, rimarcò), ma la sezione
droghe era ben assortita ed anche piuttosto interessante.
Cominciai a raccogliere informazioni su Phalaris Arundinacea e Phalaris Acquatica, due tipi di erbaccia
che contenevano considerevoli quantitativi di N,N-DMT.
La mia passione per gli allucinogeni era conosciuta anche fra i miei conoscenti ed contribuiva ad
alimentare l'immagine dello “strano” che avevano di me.
I prezzi della zona per la dose di LSD mi sembravano una frode: 20 marchi l'una, anche in grosse
quantità.
Ma erano i famosi nonché infami prezzi da strada e tali erano anche le amicizie.

Poi arrivò l'estate del 1994.


Jürgen, non si sa come, si ritrovò in qualche selva oscura e frequentò, probabilmente alla sempiterna
ricerca di carne fresca, un paio di open air di techno, che lo entusiasmarono soprattutto per due motivi:
la gnocca e gli effetti laser.
Improvvisamente, i raves divennero l'argomento sulla bocca di tutti, ognuno fu contagiato dalla techno-
mania.
Jürgen, Pascal ed altri due della cricca decisero, senza indugiare troppo, di comprarsi, a rate, un
minilaser dalla catena di elettronica Konrad per 8000 marchi, con l'intenzione di affittarlo ai raves e
guadagnarci sopra.

Anche noi organizzammo, per tutta la cerchia di conoscenti, un open air con un generatore di corrente
in affitto e gli impianti stereo sia di Pascal che mio (i miei tweeter si fusero), su di un lago artificiale
infestato dalle zanzare presso Friburgo.
Perlomeno le zanzare che succhiarono il sangue a me e a Jürgen si fecero un bel week-end, perché
prima della festa avevo preparato una bottiglia da due litri di vodka / orange con dentro 5 cartoncini
Miraculix [tipo di LSD, nda].
Non ricordo di aver mai fatto balzi più alti in vita mia.
Nella notte fra sabato e domenica ascoltammo ancora i Black Sabbath, perché Jeannette, le cui azioni
erano ancora molto richieste da noi tutti, ci onorò della sua presenza.
Di lei, però, perdemmo le tracce durante l'estate a causa di un litigio per gelosia tra Michaela e
Jeannette.
Michaela rimproverava a Jeannette di volerle soffiare via Jürgen, affermazione priva, ovviamente, di
ogni fondamento, perché fosse stato questo veramente il caso, Jürgen non si sarebbe fatto sfuggire
l'occasione.
Il fatto che Jürgen fosse ancora legato a Michaela era la prova lampante che il tentativo di seduzione
non aveva mai avuto luogo. Naturalmente tutti ci guardammo bene dal raccontare in faccia la verità a
Michaela.
Con la rimpianta dipartita di Jeannette dal nostro gruppo, tacquero fortunatamente per sempre anche i
Black Sabbath ed i Led Zeppelin.

La mia collezione di CD, invece, divenne progressivamente sempre più gradita, cosa che affievolì la mia
immagine di “strano” ma che, in fondo, non la corresse del tutto – sinceramente, a me non me ne
importava più di tanto.
Ho sempre vissuto e agito secondo convinzioni personali e non secondo quelle di qualcun altro.
Siccome, però, altri condividevano ora i miei gusti musicali, ritenni di essere compreso e valutato
meglio, cosa che si dovette rivelare, più tardi, una conclusione errata.
Durante l'estate o l'autunno del 1994 conobbi, nell'appartamento di Pascal, anche Dirk e Oliver
Hollstein, due fratelli che spacciavano soprattutto droghe sintetiche, sempre presenti a tutte le
manifestazioni di techno: due ravers da manuale illustrato.
Ci sentimmo subito profondamente “connessi”: loro avevano i cartoncini, io i soldi e tutti quanti
ascoltavamo la stessa musica. Per rendermi più interessante, avevo anche raccontato loro di aver già
preso LSD in forma liquida, perché sapevo che solo persone “serie” avevano la possibilità di consumare
LSD in quella maniera. Ovviamente mentivo.
Il quoziente di intelligenza di Dirk mi apparve immediatamente piuttosto basso, cosa che però non mi
infastidiva più di tanto, anche perché presi presto a cuore l'ingenuità ed il carattere quasi timido di suo
fratello Olli.
Oggi so, purtroppo, quanto mi sono sbagliato anche sul suo conto.
Dirk mi mostrò molto presto e con orgoglio le foto che aveva scattato alla Love Parade del 1994,
durante la quale aveva partecipato al party di Sven Väth allo SEZ.
Cercò in tutti i modi di stimolare il mio appetito per le pillole.
Sapevo, però, che l'estasi causa danni al cervello, per cui mi rifiutai, per lungo tempo, anche solamente
di provarne una, nonostante questo fosse qualcosa che contribuisse a rafforzare l'immagine dello
“strano” del gruppo.
Mi sembrava (e le mie supposizioni, anche col senno di poi, si dimostrarono fondate) che Dirk lo
facesse soprattutto perché di pillole se ne potevano consumare in quantità maggiori che di LSD ed il
suo business ruotava in gran parte attorno alle prime nominate e non ai cartoncini.
Ma questa diversità ideologica non ci impedì di frequentare assieme i leggendari Stücki–Parties dei
Future Bass Junkies.
Si svolgevano nella vecchia Stückfärberei di Basilea, che doveva essere ormai già chiusa al pubblico da
lungo tempo, perché nel sottosuolo giacevano fusti di residui tossici in quantità ingenti e il sudore
nonché il calore che le persone emanavano mentre si ballava, portavano l'umidità e la temperatura del
locale ad un livello tale da trasformare ogni limite di tossicità imposto a norma di legge in una
barzelletta.
Ma dove vi è una volontà (ed i necessari appoggi in politica) si trova anche una via.
La maggior parte delle volte suonavano in un'area hardcore assordante e nell'altra house.
Gli organizzatori erano famosi per battere soprattutto cassa e non badare alla qualità.
Secondo fama venivano pagati i DJ e altrettanto mediocre, quindi, la musica.
Il minuscolo laser di Jürgen andava giusto bene per il loro portafoglio.
Mi ricordo di una Stücki di questo periodo, nella quale scorsi una donna sui quaranta in una stanza
dove suonavano hardcore – jungle, quando questo stile andava di moda.
La donna la vidi più avanti in diverse ed importantissime circostanze.
Quando entrai nella suddetta stanza, le persone sudavano cocaina da tutti i pori.
A questo particolare party, gli addetti della Delirium, una delle più antiche case discografiche della
Svizzera, per la quale avevano già inciso personaggi come Timothy Leary con i Porcupine Tree,
vendevano nella sala d'ingresso i loro CD ed il loro vinile.

Nel frattempo avevo ricominciato l'accademia di specializzazione, in altre parole mi accontentavo di


studiare, a fronte di un misero compenso, qualcosa che pensavo non mi sarebbe, comunque, mai
servito.
CAPITOLO 3

Una sera d'autunno inoltrato del 1994 decisi di telefonare a Dagmar Bauch, la conoscente di Karl Heinz,
senza un particolare obiettivo in mente. Mi stavo semplicemente annoiando e così le offrii di guardare
assieme un paio di video, avrei portato io del vino – acconsentì.
Viveva a Weil Am Rhein, alla frontiera colla Svizzera, ancor più in là di Lörrach se si prende Bad
Säckingen come punto di riferimento. Lavorava nel basilese come cameriera in una trattoria e si era
appena lasciata con Pascal (non Pascal Zeidler, s'intende). Alla fine rimasi la notte e dormimmo anche
assieme.

La sorpresa per le amiche di Dagmar e di Karl Heinz, la mattina seguente, fu grande.


Decidemmo di provare ad instaurare un rapporto.
Molto presto notai che Dagmar condannava il mio consumo di droghe, ma per motivi nei quali non mi
ero mai imbattuto fino a quel momento: collegava infatti le droghe al suo passato.
Mi spiegò di essere in via di separazione da suo marito, a sua detta spacciatore di cocaina e pappone.
A più riprese mi raccontò alcuni motivi per i quali trovava così terribile il suo passato.
Così venni a sapere che suo marito, il giorno del matrimonio, per “premio”, si era fatto una spada, che
negli affari di droga era già stata usata come pegno, che conosceva persone nelle cui case la cocaina
la tenevano in sacchi accanto al portone d'entrata ed, infine, che lui le aveva promesso di uccidere lei e
chiunque fosse andato a letto con lei.
Per questo al telefono rispondeva con “Caffè Bauch”, nella speranza di non essere raggiunta dal suo
passato, del quale, comunque, non parlava volentieri.
Faceva parte del Gremium, una organizzazione tipo gli Hell's Angels (questi ultimi erano proibiti nella
regione).
Mi mostrò un video che aveva girato ad un raduno di bikers e cercò di entusiasmarmi per il suo stile di
vita: le motociclette erano il suo mondo.
La impressionavano, ad esempio, energumeni in grado di raddrizzare marmitte con le sole mani nude o
tizi in grado di aprire lattine di birra, con i loro coltellacci, in maniera particolarmente artistica.
Della mia motofobia si accorse sicuramente, al più tardi, la prima ed ultima volta che mi portò al lavoro
con il suo idolo di gomma ed acciaio.

Nel frattempo avevo scoperto una serra a Friburgo che vendeva Phalaris Arundinacea.
Decisi di comprare 30 esemplari viventi di quest'erba, nella speranza, un giorno, di coltivare io stesso
questa specie e di rivenderla a “iniziati”. Quello che mi affascinava era il fatto che la più potente
sostanza allucinogena del mondo si trovasse in piante legali, dall'aspetto comune e sconosciute.
La faccia di Dagmar quando vide trenta vasi con dentro “erba qualunque” ve la lascio immaginare.
La sua reazione quando le confessai il prezzo astronomico per il quale le avevo comprate, pure.
Ma i soldi erano i miei ed io ero l'esperto di droghe. Pensavo.

Ci recammo spesso in Svizzera.


Notai che conosceva perfettamente i doganieri e che con loro si permetteva ogni tipo di scherzi persino
allorché una persona, in macchina con noi, si scordò a casa la sua carta d'identità.
Nel suo appartamento vi era una libreria piena della tipica letteratura del lettore tedesco di romanzi:
Simmel, Konsalik, etc. La maggior parte dei libri era ancora avvolta nella plastica.
Decisi di regalarle il mio romanzo preferito: “Terra!”, di Stefano Benni.
In un altro libro dello stesso autore, “L'ultima lacrima”, sono raccontate esperienze, camuffate sotto
forma di storielle metaforiche, che assomigliano molto, quando non sono addirittura identiche, alle
esperienze che feci io più tardi.
Durante le due settimane del nostro rapporto possedeva una Porsche con semiasse anteriore rotto che
vendette qualche tempo dopo al già citato (ed ignaro) rappresentante di assicurazioni ex ragazzo di
Michaela.
Due giorni prima della nostra separazione mi portò al Mosquito, un locale per motociclisti e punk al
centro di Lörrach.
Sembrava conoscere il proprietario, che chiamava Piech, molto bene.
Lui aveva tra i 30 ed i 35 anni, capelli biondi e corti, aspetto curato ed alla moda, orecchino e neanche
un filo di grasso.
Serviva i clienti e suonava dischi underground secondo i propri gusti.
Lei gli parlò da sola, io nel frattempo osservavo il pubblico multiforme del locale.
Il “Mosquito” lo frequentai ancora un paio di volte con un altro amico mio, Konrad Meinig, che era
praticamente di casa nella scena alternativa della zona.
Era il posto perfetto, a Lörrach, per comprare fumo per uso personale senza correre grossi rischi.
Mi ricordo, in particolar modo, che una volta, mentre mi godevo un Korea nel locale [il Korea è una
specie di cocktail rudimentale che si beve in Germania, composto da metà vino bianco o rosso e metà
Coca Cola, nda], qualcuno passò per avvisare i clienti che alle dieci ci sarebbe stato un raid della
polizia.
Lörrach è famosa, in assoluto, per essere la città che illustra più palesemente il fallimento della politica
repressiva in materia di droghe della Germania. E' già successo, infatti, che la polizia abbia avuto la
faccia tosta di circondare, chiudere e quindi setacciare strada per strada e locale per locale tutto il
centro, perché vi erano indizi concreti riguardo ad una partita di cocaina in città. Alla fine dell'assedio, le
instancabili forze dell'ordine poterono trionfalmente annunciare il sequestro di un totale di ben cinque
grammi di hascisc.

Ma torniamo a Dagmar.
L'ultimo giorno del nostro rapporto le feci visita la sera, dopo aver finito di programmare.
Non la trovai però a casa, bensì in un locale dall'altra parte della strada un po' più a sinistra.
Sembrava piuttosto sbronza e soprattutto decisamente fatta di coca.
In qualche modo pareva anche arrabbiata con me.
Mi scherniva con qualcuno che non conoscevo, seduto accanto a lei.
Alludendo ai miei vasi, esclamò: “Hah! Lui vuole farlo nella legalità! Oggi ho portato un paio di chili di
coca in Svizzera. Soldi facili, nessun rischio...” Destava l'impressione di essere delusa da me, come se
con il mio zelo amatoriale in materia di droghe l'avessi riportata faccia a faccia col suo passato.
Decisi di non salire più a casa sua ma di tornarmene ad Egg.
La vidi casualmente ancora una o due volte di nuovo, ma tutto sommato fu una saggia decisione
lasciarci, eravamo completamente diversi e come coppia non avremmo avuto futuro.
In compenso tornai a concentrarmi sulla mia accademia e le mie piantine si seccarono presto, ma non
le buttai, nella speranza prima o poi di estrarne il DMT, come descritto in “Psychedelic Shamanism” di
Jim DeKorne.

Poco tempo dopo, Dirk Hollstein (che NON aveva contatti di alcun tipo con Dagmar, per quanto ne
sappia io) mi rivelò di conoscere un “professionista” che cercava persone per produrre estasi.
Probabilmente a questo scopo mi presentò dapprima un (forse solo operatore - ) chimico che lavorava
negli stabilimenti della H.C. Starck che si trovavano tra Laufenburg e Bad Säckingen.
Il tale si chiamava Florian Ugurlu, un tizio piuttosto fuori di testa, gay e DJ di house, tra le altre cose.
Diedi a Flo il mio fieno di Phalaris, con la speranza che ne estraesse qualcosa.
Tornò con un minuscolo piattino con dentro una melassa verde-scura letteralmente infumabile.
Le mie ambizioni nel settore fai-da-te degli stupefacenti ebbero così, almeno per il momento, una fine
frustrante.
Ma non per Flo. Mi chiese di fornirgli il mio sassafrasso che avevo comprato ad Idstein.
Voleva provare ad estrarre il safrolo dal legno. Il safrolo è la sostanza che serve all'inizio del processo di
sintesi dell'estasi che viene effettuato nella maggior parte delle cucine underground.
Il suo tentativo di estrarre la roba con un solvente altamente infiammabile finì in un fuoco d'artificio che
organizzò, fortunatamente, a casa sua.
Ma Flo non si arrese e divenne ancora più incauto.
Perché non ordinare tutti i necessari composti chimici direttamente da una sola ditta?
Beh, il perché ve lo possono raccontare tutti i laboratori chimici illegali, a quanto pare Florian non lo
sapeva ma lo imparerà presto.
Mi fece visita e mi chiese di redarre una lettera, con la mia stampante a getto d'inchiostro da quattro
soldi, da indirizzare ad Aldritch, un grossista in Baviera, per ordinare ingenti quantitativi di safrolo, indolo
ed altri composti chimici universalmente noti per essere utilizzati per la sintesi di droghe illegali.
Come “copertura”, ebbe oltretutto la geniale idea di inventarsi un'azienda fittizia dal nome “Chaos
Chemicals Ltd.” con tanto di relativo logo: una spirale multicolore, concentrica e vagamente
psichedelica.
Cercai di dissuaderlo dal suo proposito fornendogli materiale scaricato da usenet che spiegava come
fosse noto che proprio Aldritch informasse immediatamente le forze dell'ordine nel caso di stupefacenti
ordinazioni del genere.
Ma Flo si immaginava già nella sauna a bere champagne con una mezza dozzina di callboys
inginocchiati all'altezza della sua cintola.
Spedì la lettera e ricevette a casa quanto richiesto, un paio di giorni dopo, senza alcun commento.
Portò i composti chimici nel retro di una videoteca di Bad Säckingen, che era stata modificata in modo
da poter fungere come laboratorio rustico, alla guardia del quale, per non dare nell'occhio, erano stati
posti i pitbull di un'amica di Flo.
Ad un certo punto volle recarsi in Svizzera, è a un tiro di sasso da Bad Säckingen.
E per recarsi in Svizzera bisogna passare la dogana....
Mi raccontò più tardi di non aver mai visto tante armi messe assieme in una sola volta.
Il dettaglio spiacevole: tutte le armi erano puntate contro di lui.
L'amica di Flo fu cacciata dalla videoteca, ma lui fu fortunato.
Per la consegna dei composti chimici Aldritch avrebbe dovuto richiedere una Endverbrauchserklärung,
ovvero una dichiarazione di uso finale del materiale, per cui non gli poterono fare la festa.
Cambiò casa assieme alla sua amica ed andò a finire a Herrischried, venti chilometri più addentro nella
Foresta Nera; ci vedemmo comunque ancora qualche volta, soprattutto perché ogni tanto gli offrivo un
cartoncino.
Sia chiaro una volta per tutte: non mi sento attratto dal mio stesso sesso, era solamente usuale per me,
come gesto di ospitalità quando mi venivano a trovare persone che consumavano droghe, di offrire
queste ultime gratis se ne avevo in casa e se mi andava.
Soprattutto quando si tratta di droghe non sono mai stato troppo “attento”.

Nel frattempo la troupe del laser aveva riscosso nuovi successi.


Jürgen e Pascal avevano conosciuto al Werk 1 di Lörrach un DJ di Basilea, Markus Steiner, ovvero
Traxx, che nell'ex-areale del salumificio Bell, nella Elsässerstr.186, al confine colla Francia, organizzava
regolarmente techno-parties con il suo team “Neverland” (esatto, come il ranch di Michael Jackson).
Jürgen e Pascal furono ingaggiati con il loro armamentario da Guerre Stellari per poveri in occasione di
una festa techno alla fine di gennaio del 1995. Oltre a me vennero, naturalmente, anche Dirk e Olli.
La musica mi piacque immediatamente.
Traxx aveva un repertorio solido, nulla di eclatante, ma con alcune gemme disseminate qua e là ed era
sicuramente musica che si poteva considerare techno o trance.
Il bello: la maggior parte dei dischi non la conoscevo.
Dirk aveva pillole California (MDA) da vendere. Decisi alle dieci di sera di comprarne una e di provarla.
Ballai come un indemoniato fino alla fine del party, ovvero circa alle dieci della mattina successiva, con
ai piedi un paio di scarpe nere “buone” ed addosso una camicia col colletto.
All'uscita dal Bell, ero pieno di vesciche ai piedi e la mia camicia era da buttare.
Dovetti vedermela ancora per tre giorni con le conseguenze degli strapazzi di quella notte: acido lattico,
dolori dei muscoli addominali, etc.

Quella notte mi ero innamorato del locale e della sua gente.


La discoteca “Bell” era situata al quarto e quinto piano di un edificio per il resto poco appariscente,
molto di più lo era invece lo stabilimento della Sandoz, direttamente dietro di esso.
Per me il nome Sandoz è sempre stato legato all'LSD ed al suo inventore Albert Hofmann, che all'epoca
della scoperta, nel 1943 se ricordo bene, lavorava proprio per la suddetta ditta.
Il Bell veniva affittato da un gruppo chiamato “F&P” ai singoli organizzatori.
Nelle altre serate si tenevano anche rappresentazioni teatrali ed eventi di genere diverso.
Il quarto piano era relativamente sporco, poco luminoso ma spazioso; oltre al bar c'erano solo un paio
di tavoli senza sedie e qualche banco di legno dove potersi adagiare.
Una scaletta al centro della pista portava al quinto piano, dove in un atrio si poteva seguire quello che
stava accadendo al piano inferiore, mentre nell'area accanto, soprannominata la “Doccia” (dal tedesco
“Waschraum”, la traduzione forse non è letterale ma rende l'idea), vi era una seconda pista più piccola.
Veniva chiamata la Doccia perché era originariamente un'area nel quale gli animali venivano appesi e
lavati dopo essere stati macellati ed il personale della F&P non si era impegnato un granché per
cambiare l'arredamento.
Quello che balzava immediatamente all'occhio del visitatore tedesco era l'uso incontrollato di droghe.
Basilea è stato sempre uno dei cantoni più liberali della Svizzera: quando si voleva comprare del fumo,
bastava recarsi al Barfüsserplatz, proprio di fronte alla stazione della polizia.
Nel locale fumavano tutti canne, ma questo non era nulla! Ognuno era “fatto” in qualche maniera.
La maggior parte delle persone calava pillole, ma anche cocaina ed anfetamine erano all'ordine del
giorno e nessuno sentiva il bisogno di nascondersi.
Jürgen mi raccontò che, tra un'ordinazione e l'altra, aveva persino osservato qualcuno dietro il bancone
del bar mentre si iniettava eroina. Io, con la mia passione per l'LSD, ero lasciato abbastanza solo.
Praticavo il cosiddetto “Candyflipping”: venerdì sera pillola, sabato sera acido, domenica mattina di
nuovo pillola per l'afterhour (detta anche comunemente ”after”).
Ero molto orgoglioso, a cento metri dalla Sandoz, di sostenere gratis e con convinzione il loro buon
vecchio Delysid.
E' invece piuttosto improbabile che i capi della Sandoz abbiano visto di buon occhio il mio consumo
ostentato di LSD.
Ma la possibilità di ballare sott'acido non si presenta spesso a questo mondo e siccome è una delle
cose che più amo fare, non badai tanto a curare la mia immagine. Avevo imparato a ballare sotto
l'influsso di acido lisergico a Passau, a casa, e non, come la maggior parte delle persone, a forza di
pillole a qualche rave.
Per questo motivo il modo in cui mi muovevo differiva dallo stile degli altri ravers.
Grazie ad esso divenni noto quasi subito e ammetto di esserne anche orgoglioso.
Presto imparai i nomi delle persone che rendevano possibile, con il loro duro impegno, le mie fughe
notturne dal grigiore quotidiano.
Sonia e Serge, ad esempio, lui era ballerino, cosa facesse lei non lo venni mai a sapere.
Chantal, dagli occhi blu ed i capelli neri a caschetto ed il suo ragazzo, che alle cinque di ogni domenica
mattina mi presentavano sotto il naso il miglior caffè di Basilea. Al bar aiutava anche Mo.
Poi c'erano Kurt e Beatrix Lachat, una coppia sopra la quarantina ma sempre presenti a tutte le feste,
amici di Traxx: è bello essere già oltre i quaranta ed essere più simpatici di qualche ventenne, pensai.
Infine c'era anche Piranha, che secondo quello che mi raccontava Jürgen non mi ha mai potuto soffrire.
A proposito: Traxx affittò presto un laser migliore, motivo per il quale Jürgen lasciò il locale per un po' di
tempo. Ma io no, anzi: il fatto che Jürgen fosse stato scaricato mi rendeva il Bell ancora più simpatico!

E così cominciai a passare le notti nel locale da solo. Mi sentivo come se fossi a casa.
Quando arrivavo lasciavo la mia giacca, con i miei averi dentro, sotto il podio del DJ e me ne andavo a
ballare.
Non mi fu mai rubato nulla.
Vi erano molte persone, delle quali mi ricordo ancora volentieri il volto, ma di cui non ho mai conosciuto
i nomi. Niente bellissimi. Niente sciccheria.
Gente di strada di Basilea, forse un po' ruvida, ma con qualcosa di particolare.
Mi sentivo parte della loro società: quella della quale avevo sempre fatto parte, solo che fino a quel
momento avevo ignorato la loro esistenza. Gli unici che mi potevano capire.
All'inizio si osserva con insistenza anche la gnocca, ma dopo le prime tre-quattro serate si smette di
cercare e si balla semplicemente tutti quanti assieme cavalcando la notte, ognuno alle prese con la
propria altitudine psicotropa, rinvigorita già dalla sola presenza degli altri ed il sentirsi connessi a loro.
Sulla borsa da DJ di Traxx vi era una etichetta adesiva di Boy Records, che per me, ovviamente, era il
top. Alla fine di febbraio furono anche invitati DJ Trancemaster e consorti (di casa all'Oktan di Friburgo),
ovvero quelli di Loopo Records, dove quasi un decennio prima avevo comprato i miei primi dischi dei
Front 242.

Siccome i primi tentativi di improvvisarmi DJ furono catastrofici, lasciai perdere, anche perché mi
accorsi presto che per diventare DJ vi era una lotta spietata.
Mi accontentavo molto volentieri di ascoltare la musica altrui mentre ero completamente fuori di testa.
Non sentii quindi mai il bisogno di comprarmi due piatti (o giradischi, se volete) a velocità regolabile.

Un giorno, Jürgen e Pascal furono ingaggiati da Yves a Langnau, nei pressi di Zug, vicino Zurigo.
Se mi ricordo bene, Yves era il figlio di un ex-proprietario di una birreria.
La birreria non esisteva più, ma la vecchia cantina era stata riciclata con amore e gusto in un localino
per feste, nel frattempo gli era stato affibbiato il nome accattivante di “Monolith”.
La musica non era un granché: di solito suonavano DJ di seconda categoria di stazza attorno a Zurigo e
lì ascoltai per la prima volta trance psichedelica, quindi quello che, più tardi, sarà commercializzato
sotto il nome di “Goa”.
La gente era tutta molto gentile e simpatica.
Jürgen rimase incredulo ed estasiato per la bellezza delle donne attorno a lui.
Anche io debbo ammettere che lì, osservando una piccantissima bellezza dai capelli neri muovere
molto sensualmente il suo posteriore, ebbi un'erezione, cosa che trovai estremamente
imbarazzante perché avevo i pantaloni della tuta e quindi si vedeva (mi allontanai per questo dalla pista
da ballo per un periodo di tempo).
Più tardi questa donna mi chiese una sigaretta: glie ne diedi due, ma mi feci sfuggire (per motivi che
in questo momento non riesco più a rammentare) la possibilità di intrattenere con lei una
conversazione.
Vi è ancora qualcosa da raccontare di quella festa: vidi, per un paio di minuti all'inizio della serata, una
piccola bellezza rossa mozzafiato, che pensai essere più tardi la donna nella quale mi innamorerò.
Questo me lo lasciarono supporre tre elementi: primo, che, a detta di Jürgen, Yves conoscesse gli
Happy People; secondo, il fatto che l'uomo accanto a lei aveva un sorrisone talmente estatico stampato
in faccia, da indurre a pensare che anche lui fosse appena stato programmato a sentire il cuore più
leggero e a vedere farfalle anche dove non ci sono; terzo, il fatto che Jürgen si era raccomandato a tutti
noi, di farci notare per quanto eravamo simpatici e, come lo conoscevo, sapevo che avrebbe detto una
cosa del genere solo nel caso avesse ritenuto di poterne trarre profitto.
Comunque sia, le bellezze non si fissano come degli ossessi e non mi avvicinai neanche per non
essere sorpreso nel guardarla; lei sparì, purtroppo, piuttosto rapidamente dal party.
Anche Kurt e Beatrix fecero visita ad Yves quella sera.

La mia nuova passione era già più che nota all'accademia di specializzazione.
Il mio rendimento scolastico lasciava a desiderare anche al secondo anno e la mia motivazione in
proposito aveva raggiunto lo zero assoluto da tempo. Volevo programmare in ambiente Windows,
perché ritenevo che questo fosse quello che mi serviva in ufficio e non lo studio dell'elettronica e
dell'elettrotecnica: non avevo intenzione di “riqualificarmi”, bensì di realizzare finalmente ciò per cui ero
venuto a Laufenburg.
Ma a quanto pare questi non erano più i piani di Hans Eugen.
In più, lo stipendio da studente faceva veramente ridere, anche in raffronto a quanto guadagnavano gli
altri commilitoni dell'accademia di specializzazione.
Per arrotondare lo stipendio, allora, decisi, non mi ricordo più esattamente quando, di impartire
ripetizioni di italiano in una scuola di lingue chiamata “Ileana”, a Bad Säckingen.
Ileana, ovvero la proprietaria stessa, era rumena. Con lei condividevo la passione per Salvador Dalì.
Aveva appena aperto l'istituto e la maggior parte dei clienti erano impiegati di banca.
Questa scuola di lingue aveva come logotipo un occhio egiziano di Horus e questo è un simbolo della
setta degli Illuminati, con la quale con molta probabilità ho a che fare da allora.
Molte delle ragazze, che studiavano lì, frequentavano l'Oxa di Zurigo, quindi il locale afterhour di techno
del più importante e quasi monopolista organizzatore di raves della Svizzera: “Tarot”, come le carte (dei
tarocchi) – uno dei passatempi preferiti di Crowley e del Tempio di Set.
Abbandonai la mia seconda occupazione quale maestro di italiano molto presto, frustrato dalla pigrizia
delle studentesse. Ma non del tutto: per un po' di tempo mi rimase uno studente dall'aspetto molto
curato, impiegato della Deutsche Bank.
Ebbi però presto il presentimento che fosse omosessuale e che prendesse lezioni da me solo nella
speranza che condividessi le sue tendenze.
Quando il tutto divenne troppo sospetto fui io stesso ad interrompere le lezioni.

La truppa di Traxx aveva anche altri DJ.


Mi sfuggì per lungo tempo che anche Damien, che proveniva dalla svizzera francese, suonava al Bell.
La prima volta che lo ascoltai fu su una cassetta che aveva registrato Jürgen.
Una sera, al Bell, in preda ad una dose da elefante di XTC, cercai di trasmettere amore ad una bella
ragazza solo mediante gli occhi – ci misi veramente tutta la mia anima.
Lei mi rispose e non ero preparato, perché era veramente bella e il suo ragazzo era a due metri di
distanza.
La persi di vista quasi subito, ma raccontai il fatto a Jürgen e Michaela, con relativi risultati: una
settimana dopo, mentre me ne stavo da solo al Bell e dopo aver avuto una breve conversazione con un
tipo, che più avanti in questa storia conoscerò come David Schmid, feci un incontro molto strano con
una ragazza.
Si avvicinò e mi sorrise, affermando di chiamarsi Dominique e di provenire “dalla Foresta Nera”.
In qualche modo ebbi l'impressione che mi stesse prendendo in giro.
Più tardi affermò invece di essere di Basilea.
Le offrii una cola, le chiesi se le piaceva ballare, mi rispose di no, a quel punto me ne andai in pista da
solo.
Quando tornai al tavolo era sparita.
Andai da Sonja a ordinare un caffè, lei sogghignò in maniera inequivocabile perché aveva osservato
tutta la scena. Alzai le mani al cielo e strinsi le spalle: chi se ne frega.

Ero solo, ma felice.


Per la prima volta da tantissimo tempo l'essere single non mi pesava.
Il lasso di tempo che va dal primo party al Bell alla visita di Sven Väth nel locale, della quale si parlerà
ancora per esteso, è stato il più bel periodo della mia vita. Per me ballare era una forma di espressione
di felicità e allo stesso tempo anche un incoraggiamento per la gente a continuare.
Dal punto di vista fisico mi giovò alquanto: divenni magro in un tempo relativamente breve fino a
pesare, in quel periodo, sui 70 Kg - sono alto un metro e 87 cm.
Al Bell organizzavano feste, ogni tanto, anche Nico con il suo team Solaris.
L'affitto per il sabato (quindi fino alla domenica mattina) era, tra l'altro, di 7000 franchi ed il bar del
quarto piano veniva gestito da F&P, quello del quinto, invece, veniva dato in esercizio a chi aveva
affittato il locale.

Un giorno Pascal ricevette un invito da amici di Yves per una festa gratis all'Upspace, nello
Stüssihoftstatt, nel bel mezzo del quartiere a luci rosse di Zurigo, quindi – si accettavano persone dai
vent'anni in su.
Lì penso, tra l'altro, di aver rivisto quella rossa mozzafiato che avevo visto all'inizio del party di Yves.
Il locale era piccolo ma molto confortevole. Ci si poteva servire da un distributore d'acqua gratis per il
cui utilizzo venivano forniti al pubblico bicchieri pregiati e, soprattutto, puliti. Un ballerino, perso in chissà
quale universo, cercava letteralmente di arrampicarsi sugli specchi che costituivano le pareti della
discoteca.
Ad un certo punto, un tipo sopra la trentina, sorridente, mi ingaggiò in una conversazione, mentre la sua
ragazza rimaneva qualche metro dietro di lui a fare da sfondo.
Roland Frei, o almeno così affermò di chiamarsi, mi disse, tra le altre cose: “Ci sono in mezzo da nove
anni, ho fatto tre anni di pausa e adesso ci sono di nuovo.”
E aggiunse immediatamente a seguire: “E ora, solo Happy People attorno a me.”
Ma mentre lo disse il suo sorriso si spense.
Discutemmo assieme delle diverse correnti in seno alla musica techno, chiese (e con successo!) anche
al DJ di suonare questo o quel disco per illustrarmi che cosa intendeva dire.
Il tipo è il costruttore di canne più incredibile che abbia mai conosciuto.
Ne poteva fare di sottilissime, lunghe e perfette con una tecnica unica ed una velocità inarrivabile.

Mi invitò ad un altro party in un altro posto – accettai l'invito.


Nel nuovo locale, situato da qualche parte in un quartiere di Zurigo a me sconosciuto, campeggiava un
drappo enorme sul quale era scritto un nome a me già noto, dipinto con una calligrafia per me
egualmente inconfondibile: Delirium.
Il luogo, nel quale arrivammo ad alba già inoltrata, era sporco, in disordine e semideserto.
Sembrava che la città gli avesse dichiarato guerra ed erano affissi i relativi manifesti di protesta degli
gestori.
Un ghetto-blaster suonava, al posto del DJ, compilation della Eye-Q, la casa discografica di Sven Väth.
Al centro del locale, un banco di missaggio gigantesco.
Io ero sott'acido, gli altri pazzi, piuttosto anziani, la maggior parte sopra i quaranta, era quasi tutta sotto
XTC, quindi come al solito.
Siccome non c'era movimento, Roland si decise a tornare a casa sua con la sua compagna – mi invitò
a seguirlo. Controllata la mia condizione psichica ed avendola ritenuta poco adatta ad intavolare
discorsi impegnativi, decisi di rimanere da solo nella prospettiva, anche io, di tornare un po' più tardi alla
mia dimora.
Mi rimandò ad una coppia di suoi amici, come si chiamava lui lo chiesi invano, ma il nome di lei me lo
ricordo: si chiamava Maya ed era una vera bellezza dai lunghi capelli neri.
Mi portarono, poco volentieri, alla stazione di Zurigo. Tornai a casa verso mezzogiorno.
Con Roland avevo scambiato i numeri di telefono; lo chiamai un paio di volte ma alla fine ci perdemmo
di vista.

Alcuni venerdì sera più tardi un americano con un forte bisogno di comunicare mi impegnò in una
noiosissima conversazione al Bell. Notai di essere osservato da una piccola donna dai capelli neri a
caschetto e con un naso vistosamente orrendo, il cui nome, “Jucy”, lo appresi solo mesi più tardi da
Michaela. Questa donna l'avevo già vista una sera, della quale Jürgen si era poi vantato che gli fosse
stata offerta la migliore coca della sua vita.
Ad un certo punto Chantal riuscì a scrollarmi di dosso il tipo, anche se con lei non riuscii ad ammettere
di volermene liberare. Suonarono “Cowgirl” degli Underworld, ad altissima velocità. Naturalmente
conoscevo il brano e rovinai il testo in faccia a Jucy, che mi ghignava da circa cinque metri di distanza.
Il giorno dopo, originariamente, avrei voluto recarmi al Bell, ma Michaela, Jürgen, Pascal, Dirk ed Olli
ebbero improvvisamente un'idea diversa.
“Noi” decidemmo, quindi, di andarcene a Kaiseraugst, dove era stata allestita una festa improvvisata.
Jucy stava dietro il bancone e serviva i clienti. La musica era piuttosto indecente, a dire il vero.
Dirk aveva con sé delle pillole chiamate “Pilz”, che però non sballavano.
Durante i miei disperati tentativi di rincorsa di un presunto ritmo sulla pista per sbarazzarmi della mia
sovrabbondante energia lisergica, quasi non mi accorsi che una tipa anche abbastanza attraente si era
messa a ballare di fronte a me: da sinistra a destra e poi di nuovo nella direzione contraria.
Dopo un po' dovetti andarmene al bagno, che si trovava nel giardino del rudere.
Mi appropinquai velocemente ed in maniera scoordinata (così come da prassi per un astronauta
lisergico) ed inciampai durante il tragitto su di un sasso. Continuai a zoppicare in direzione della
toeletta.
Quando aprii la porta dei servizi pubblici mi accorsi di una voce femminile dietro di me: “Ahio Ahio Ahio
Ahio...”.
Mi voltai e vidi la bionda che passeggiava prima di fronte a me e che adesso mi stava di fronte.
Come già detto, sotto LSD non si è proprio un Cicerone.
La cosa migliore che mi venne in mente fu di constatare con lei: “Questo è il bagno degli uomini, quello
delle donne è un po' più avanti.” Cosa che, a quanto pare, fu da lei malintesa come un ripudio. Tornò
sulla pista da ballo.
Mentre orinavo in tutta tranquillità, arrivai alla conclusione che la mia frase non fosse stata molto
intelligente e mi ripromisi di riparlarle una volta ritornato in pista.
Come già detto, l´LSD non è la droga giusta per comunicare verbalmente.
Le chiesi esattamente quello che non si deve chiedere mai all'inizio ad una donna: “Come ti chiami?”
Come risposta ottenni immediatamente un “Perché?”
Occasione quindi definitivamente persa...

Quando tornammo e ci riposammo da Jürgen, mi accorsi che Jürgen e Dirk avevano fatto un qualche
affare.
Nel frattempo penso che chi ci abbia rimesso nell'affare sia stato io.
Dirk si recò anche alla cassetta delle lettere di Jürgen per controllare se era arrivato qualcosa.
Ghignavano vistosamente entrambi, ma non vollero dire nulla.

Alcuni giorni dopo, durante un chill-out da Olli a Grenzach, a due passi dal confine svizzero, si arrivò al
congelamento dei rapporti tra Michaela, Jürgen e me. Era presente anche una donna che fino a quel
giorno non conoscevo, Claudia Strohmeier, che era sì della zona, ma studiava a Colonia.
Durante le vacanze lavorava in un museo, anch'esso situato nei pressi di Lörrach.
Da un certo punto in poi della mattinata, Jürgen cominciò a rendersi più “interessante” screditando me,
cosa che all'inizio ritenni un tentativo di portare Claudia a letto.
Nel frattempo penso che si trattasse di una conversazione studiata a tavolino PER DESTARE IN ME LA
CUPIDIGIA.
Cominciò a raccontare di volersi comprare un DAT, poi un lettore CD a velocità regolabile e Dio solo sa
cos'altro ancora, come se fosse più o meno diventato il nuovo Rockfeller.
Poi aggiunse, pieno di orgoglio: “Vedi che amici abbiamo noi?”
Ed infine, come se mostrasse per me una compassione ipocrita e volesse “fortificare” la mia onestà e la
mia lealtà: “Ma tu continua pure a fare il tuo apprendistato”.
Per me, questo show di Jürgen fu motivo sufficiente per evitare da subito il più possibile sia lui che
Michaela, che si gli si adattava completamente, anzi addirittura lo adorava.
Dico io: svolgo un'attività normale, sono cliente fisso di qualcuno che possiede un decimo del mio
cervello ma che (tra gli altri grazie a me) guadagna il doppio di quanto guadagno io (in parte
frodandomi) e costui si burla pubblicamente anche dei miei sforzi per procurarmi da vivere in maniera
onesta?
E questo, oltretutto, come pensavo all'epoca, per fare colpo sulla prima venuta?
Era davvero troppo: poco tempo dopo mi consultai con Pascal, il quale era anche lui schifato dalla
costanza di Jürgen nel fare la cresta quando compravamo del fumo e decidemmo entrambi di non
rifornirci più da lui, ma da Dirk, il quale, ovviamente, fu ben lieto di aver trovato due nuovi clienti.

Non posso più affermare con sicurezza che gli eventi successivi qui riportati fino all'avvenuta istigazione
alla produzione di droga siano riferiti in perfetto ordine cronologico - faccio quanto di meglio per
elencarli come me li ricordo.
Ancora alcuni giorni dopo, dopo una serata al “Groodonia”, il locale per il grosso del pubblico zurighese
gestito da Tarot, durante il quale suonò Sven Väth ed ascoltammo ambient egregio di Solar Quest, ci
rimettemmo in viaggio verso le quattro in direzione del Bell, dove per l'afterhour suonava Paul Van Dyk,
dopo una apparizione notturna al “Laguna” (Lörrach), e in maniera divina, per la cronaca – la migliore
after che abbia mai ascoltato al Bell.
Motivo di risentimento in più allorché Pascal e gli altri, dopo un paio di ore, decisero di recarsi da Olli a
Grenzach: siccome non ero automunito fui costretto ad andarmene con loro.
In compenso, a casa sua, Olli offrì a tutti mezzo Hofmann (un tipo di cartoncino molto conosciuto) e
Claudia ci offrì ripetutamente XTC. L'unico che rimase sobrio fu Pascal.
Passammo assieme una divertente domenica.
Mi sentivo osservato: da Claudia nonché Thilo Tscheulin e Sandra Birkenholz due conoscenze appena
fatte.
Il loro messaggio fu “sei come noi”, cosa che ovviamente mi rallegrava in particolar modo.

Claudia parlò spesso di “Patrick” (che dovetti conoscere più avanti col suo nome completo, ovvero
Patrick Lecerf), il DJ del gruppo che tutti lodavano esasperatamente.
Ascoltammo un suo mix, chiamato “Astrology”, che per l'epoca non era neanche tanto male.
Studiava marketing in Inghilterra, a Southhampton, se non erro. Il suo nick: P.C. Pat.
Inoltre venne nominato Ronnie, il “grossista” di Dirk, che nel mentre se ne stava ad Ibiza.
Come accade spesso quando si prende assieme dell'acido, tornai dal viaggio con una sensazione di
connessione spirituale ed in effetti mi sentivo completamente integrato nel gruppo e mi sarei fatto
squartare per ognuno di loro.

Ogni domenica, al ritorno dalle feste, osservavo chi andava a messa nella chiesa situata
immediatamente a sinistra del mio appartamento. Ci dividevano stili di vita, ideologie, semplicemente
mondi.
Probabilmente anche loro pensavano la stessa cosa mentre mi guardavano: tornavo sempre verso le
undici di mattina con la mia Fiesta sporca, vestito a colori come un arcobaleno, grondante di sudore,
allo stremo delle forze e parcheggiavo diligentemente accanto alla chiesa, nel mio parcheggio.
Mi sentivo vivo e osservavo morti viventi.

Ordinai un quantitativo considerevole di Miraculix da Dirk, il quale però affermò che Ronnie sarebbe
venuto in Germania ed avrebbe portato di meglio.
E Ronnie Walliser, alla fine, arrivò con la sua ragazza, Zina Morgenstern.
Entrambi avevano un aspetto curato, Ronnie dava l'impressione di una persona seria, al di sopra delle
cose.
Zina era più che appetibile. Entrambi erano appena arrivati da Ibiza.
Ci recammo assieme al Grodoonia con una coppia amica del gruppo, Bernard Weiler, chiamato Lumpi
[“Straccio”, trad.] e la sua ragazza, Monique Frytkowsky. Prima eravamo passati a prendere Thilo e
Sandra.
Ronnie mi chiese che cosa mi aspettassi di per sé dalla vita e come facessi a svolgere un'attività
normale senza sentirmi frustrato. Poi mi chiese anche se io mostrassi la mia gratitudine “CON LA
ROSA”.
Non capii, in quel momento, che cosa intendesse dire. Per me... gli risposi di sì.
Per Lumpi non ebbe parole di elogio: disse che Lumpi era molto pericoloso ed aggressivo, che si
metteva a fissare persone nei locali per poi aggredirle e non smettere più di picchiarle - questo
accadeva da qualche anno.
Ronnie mi offrì, prima del party, un cartoncino del tipo “rose” da testare.

Questa sera è molto importante per tutta la storia raccontata in questo libro.
Il party fu organizzato da KISS FM di Londra.
Il clou della serata sarebbe dovuto essere Colin Faver, un DJ londinese molto noto di una scuderia della
Bertelsmann Music Group, il quale però al piano superiore, nella pista di sinistra, suonò house senza
grosse ambizioni.
La grande rivelazione, invece, fu Mas Ricardo nella pista di destra, quindi nella stanza accanto, il quale
suonò uno stile progressive a me sconosciuto fino a quel momento, fantasticamente ballabile e
facilmente accessibile.
Anche l'impianto con il quale suonò Mas Ricardo era stato scelto con grande oculatezza: due
ammiraglie della Quad (casse elettrostatiche) per le frequenze medio-alte e subwoofer perfetti per i
bassi.
Attorno a sé, giusto giusto lo spazio necessario per ballare. Grande.
Quando ritornai per riferire ai miei “amici”, che nel floor di Mas Ricardo si potevano cogliere, in quel
momento, mele dal paradiso, mi accorsi che erano impegnati a conversare con i DJs del Grodoonia,
anche Colin Faver vi partecipava. In questa conversazione fu discusso con ogni probabilità quello che
Ronnie mi avrebbe dovuto riferire più tardi.
Tornammo in macchina a Basilea. Io sedetti su un sedile posteriore nella vettura di Ronnie, una Honda
CRX.
Zina, che all'andata sedeva davanti, al ritorno mi era seduta accanto così vicina che io, per non
poggiare le mie mani sulle sue gambe, fui costretto a contorsioni imbarazzanti.
All'inizio, l'intenzione dichiarata era quella di far capolino al Bell per l'after, ma Ronnie si rifiutò di entrare
nel locale allorché presunse di venire a sapere che per l'entrata venivano ancora richiesti 20 franchi,
cosa che di per sé era assolutamente nella norma.
Lumpi e Monique a questo punto della nottata ci avevano già lasciati.
Ronnie, Zina, Thilo, Sandra ed io decidemmo di recarci da Dirk e Olli per un chill-out.

Ronnie adempì al suo ruolo con bravura.


Esordì con “We are all one big family – Siamo tutti una grande famiglia” e Dirk sembrò voler
sottolineare con entusiasmo il fatto che ora venissi introdotto nella “grande famiglia”.
Il nuovo arrivato si lamentò, come se fosse “il re”, che le feste non erano più quelle di una volta:
dappertutto adolescenti, solamente fregature in giro.
Venti franchi per una after? “Il party ha una pessima aura”.
Anni addietro si sarebbe potuta coinvolgere la gente e subito si sarebbe creata l'atmosfera giusta;
questa festa al Grodoonia sarebbe stata, invece, un classico esempio di manifestazione nella quale la
gente era snervata; qualcuno gli aveva chiesto “Come ti chiami?” e lui aveva risposto “No, per piacere
non oggi”.
Il Lettore si ricordi qui, per favore, dell'incontro a Kaiseraugst.
Mi chiese che cosa ne pensavo del cartoncino che mi aveva fornito per prova.
Gli risposi che lo trovavo molto leggero.
Ovviamente sembrava deluso ed affermò che era così perché si trattava di LSD puro, “Sunshine Acid”
dalla California.
Dentro di esso vi era il sole (e questo tipo “poetico” di strategia di vendita mi alterò alquanto), non così
come l'acido (cito testualmente:) malefico dei Miraculix, che a sua detta provenivano dall'Olanda e
contenevano anfetamina.
Gli ribattei sobriamente che i produttori di LSD non si prendevano la briga di mettere dell'anfetamina nei
cartoncini, perché questo sarebbe stato sia solo realizzabile con notevole difficoltà per la quantità di
speed della quale poteva essere imbevuto un cartone, così come anche economicamente privo di
senso.
Più avanti nel tempo appresi che quello che da Ronnie veniva lodato oltre ogni misura come “California
Sunshine” non era in verità null'altro che ALD-52, un composto chimico analogo dell'LSD ma meno
potente.
Poi cominciò la solita discussione riguardo a se erano meglio gli acidi o le pillole.
Ronnie era il fan dell'MDMA, io il discepolo dell'LSD.
Mi descrisse i vantaggi delle pillole in tutte le maniere possibili ed immaginabili: erano tollerabili senza
problemi, mentre con l'LSD gli era già capitato di voler fermare il tutto e di non poterlo fare.
Già Dirk aveva raccontato di un ragazzo di sua conoscenza che era impazzito cercando sotto LSD la
sua ragazza per tutta la Svizzera, perché pensava di averla persa.
Poi parlò della cultura dell'estasi: spiegò che il senso del tatto sotto l'effetto dell'MDMA era diverso e si
era instaurata l'usanza di adoperare le mani per toccare gli altri in maniera dolce e molle (cosa che, per
come me la raccontò, mi sembrò disgustosa in quel momento, ma che dovette avere comunque delle
conseguenze), l'usanza di dormire in più persone su uno stesso letto (il che per me non costituiva un
problema, ma dopo le spiegazioni di Ronnie trovai comunque imbarazzante stendermi accanto a Zina);
poi la maniera come l'XTC influenza l'ascolto della musica (e qui gli devo dare ragione, ma l'LSD lo
trovo egualmente bello, a suo modo) e così via.
Pillole gialle qui, pillole gialle là, pillole gialle per il mondo.
Poi scambiammo qualche battuta che mostrò che Ronnie possedeva perlomeno informazioni che
hanno solo spacciatori di alto livello.

Quando tornai a casa decisi di stampare a Ronnie alcune cose da Internet che gli sarebbero potute
tornare utili: sintesi, tutto il catalogo di Loompanics, alcuni testi che mi servivano per dimostrare le tesi
da me sostenute durante la discussione notturna.
Una volta ricevute e dategli un'occhiata, affermò che le informazioni non gli servivano.
In compenso mi chiese se non avessi avuto voglia di allestire una squadra per produrre XTC.
Propose di comprarci una fattoria in Francia, lui avrebbe pensato alle necessità finanziarie; dichiarò che
per lui non era neanche un problema ottenere un passaporto falso per un migliaio di marchi.
Dirk e Olli si sarebbero occupati della distribuzione, “Harald” (che non dovetti mai conoscere) avrebbe
fornito le sostanze chimiche. Come prezzi si parlava di novanta-/centomila marchi (circa 45/50 mila
euro) al chilo.
Poi spiegò i suoi obiettivi: costruire una casa e mettere da parte 750 mila euro di riserva per feste.
L'espediente della casa è preso, tra l'altro, dalla pubblicità: costruire una casa costituisce, per una
persona, una possibilità di realizzarsi.

Di notte pensai all'offerta di Ronnie. Un'impresa rischiosa ma molto allettante.


Se avessi avuto una cucina illegale personale avrei potuto sintetizzare tutte le droghe che volevo.
DMT, DOM, semplicemente tutto.
E poi i soldi. Che cosa avrei potuto realizzare?
Dei Front 242, Skinny Puppy e dei Meat Beat Manifesto non se ne sentiva più parlare da almeno tre
anni, anche se i loro dischi erano pieni zeppi di idee che potevano perfettamente essere integrate nella
techno.
Persone come Daniel Bressanutti, Jack Dangers, Sir Freddie Viadukt e Dwayne Rudolph Goettel non
avevano mai lavorato assieme.
Se l'impresa fosse andata a buon fine, sarei forse riuscito a metterli insieme ed in quella maniera avrei
scritto pagine della storia della musica, in particolar modo di quella che mi stava più a cuore.
Avrei anche avuto il tempo e il denaro necessario per creare e gestire una rivista nella quale discutere
le nuove uscite del settore della musica elettronica, forse anche distribuire gli stessi lavori oppure
addirittura trasmetterli via etere.
Naturalmente avrei organizzato anche volentieri delle feste al Bell e non me la sarei più dovuta vedere
con dei capi che cambiavano opinione ogni trenta minuti su quello che andava programmato.
E mai più alcun docente di elettrotecnica che bofonchiasse.

Allo scopo avrei dovuto logicamente dapprima produrre XTC in grosse quantità.
Ronnie e Dirk avrebbero però costituito già una garanzia per quanto riguardava la vendita.
Oltretutto Flo se ne intendeva di attrezzatura e mi avrebbe sicuramente potuto aiutare con la sintesi.
Stavolta, però, sarei stato io a procurare le sostanze chimiche!

Ma come si produce l'estasi partendo da zero e quale processo di sintesi richiede i composti chimici
meno sospetti? Sfogliai nel mio archivio costruito grazie ad Internet.
Un metodo parte dal piperonale, un altro parte dall'iso-safrolo, entrambi i composti chimici sono molto
sospetti e per entrambi serve una dichiarazione di uso finale.
Un altro materiale di base è il safrolo stesso. Dal safrolo si produce solo profumo o MDMA.
Un'ordinazione è, quindi, anche in questo caso, fuori discussione: avevo imparato dalle esperienze di
Flo.
Il safrolo viene realizzato industrialmente dalla canfora a pressioni molto elevate, ergo: impraticabile.
Ma il safrolo è una componente dell'olio di sassafrasso (il 70%) ed in caso di emergenza anche dell'olio
di noce moscata (il 3%).
Alraun vendeva olio di sassafrasso, dal quale si sarebbe quindi potuto distillare il safrolo.
Eventualmente si sarebbe potuto ripiegare sull'olio di noce moscata, che promette una resa
decisamente minore del safrolo, ma che è reperibile ovunque.
Al limite si sarebbe dovuto dapprima estrarre l'olio col metanolo dal sassafrasso o dalle noci moscate.
Quindi il safrolo si presta ad essere un reagente (composto chimico di base).
Il safrolo deve essere poi fatto reagire assieme all'acido idrobromidrico (HBr) in presenza di acido
acetico glaciale.
Quest'ultimo lo utilizzano i laboratori fotografici, non dovrebbe quindi essere un problema procurarselo...
Ma posso chiedere ad un farmacista dell'acido idrobromidrico? Direi di no.
E se poi mi domanda a che cosa mi serve che cosa gli rispondo, per lavare le piastrelle? Pericoloso.
Allora, come si sintetizza l'HBr? Sfogliai un libro di chimica.
Dal bromuro di sodio (NaBr), ad esempio, assieme all'acido fosforico (H 3PO4).
Piccole quantità di bromuro di sodio le si possono comprare in farmacia.
Inoltre Flo mi aveva riferito che nell'azienda nella quale lavorava, la H.C. Starck, giacevano come
residui tossici fusti da 120 kg di NaBr: se ne sparisce uno fai loro un favore!
L'acido fosforico è facilmente reperibile senza destare sospetti.
Quindi: l'HBr lo si può eventualmente sintetizzare senza problemi.
Il prodotto della reazione tra il safrolo e l'HBr, ovvero il beta-bromopropano, deve essere poi cotto a 130
gradi centigradi in ammoniaca o con la metilamina in un contenitore ermeticamente chiuso, denominato
“bomba”, che deve essere in grado di sopportare una pressione di sessanta atmosfere.
Se lo si cuoce con l'ammoniaca si ottiene l'MDA, ovvero le pillole anfetaminiche.
Se viene cotto con la metilamina, invece, si ottiene l'MDMA, quindi la vera e pura XTC.
La bomba l'avrebbe potuta procurare Flo, l'ammoniaca viene venduta in drogheria e quindi avremmo
già potuto sintetizzare la prima droga interessante.
Per sintetizzare l'estasi avremmo dovuto inserire un passaggio in più, perché se è vero, da una parte,
che la metilamina viene utilizzata in un qualsiasi stabilimento chimico di una certa grandezza, dall'altra
fa comunque parte della schiera di sostanze sotto stretta sorveglianza.
Ma la metilamina può essere ottenuta in due passaggi dalla formaldeide.
Quest'ultima viene utilizzata per conservare animali, eventualmente avrei potuto ottenerla trafugandola
dalla mia vecchia scuola del liceo. E Claudia lavorava in un museo!
Le altre sostanze che ci servivano per lavare e purificare le avrebbero potute procurare senza problemi
sia Flo che Olli (il quale lavorava alla Ciba Geigy).

Detto in altre parole: l'impresa aveva una chance reale di andare in porto con successo.

Mi recai da Dirk e affermai di essere disposto ad iniziare il progetto.


Dirk lo riferì a Ronnie, il quale nel frattempo tornò ad Ibiza.
Poco tempo dopo trovai, di ritorno da un chill-out da Olli, una rosa sulla mia macchina.
Quello, che a me all'epoca sembrò il gesto romantico di una sconosciuta ammiratrice, era invece il
chiaro segno che dietro a Ronnie vi era una organizzazione piuttosto potente (difatti lui mostrava la sua
gratitudine “con la rosa”).

E, con questo, che già Ronnie Walliser PUZZAVA.

Perché una tale organizzazione non ha bisogno di incaricare della costituzione di una cucina illegale un
programmatore con conoscenze in chimica a dir poco scarse.
A questo scopo, da una certa grandezza in poi, si possiede del personale qualificato.
A proposito: Dirk mi raccontò più tardi che Ronnie era lo stesso “professionista” che voleva già
ingaggiare me e Flo poco dopo la separazione da Dagmar.
Oltretutto Michaela mi raccontò un po' più tardi, che lei e gli altri avevano conosciuto Ronnie già PRIMA
di me.

Ad ogni modo cominciai a procurarmi più documentazione possibile a riguardo, ad esempio libri di
chimica ed utilizzai praticamente tutto il mio tempo all'accademia per cercare su internet informazioni
sulle singole sostanze e sulle loro applicazioni.
La mia idea era quella di creare, da un certo momento in poi, diverse aziende di copertura.
Ognuna di esse avrebbe dovuto necessitare di una delle sostanze chimiche per la propria attività legale
e quindi poterne richiedere in grandi quantità senza dare nell'occhio.
Inoltrai infine un'ordinazione a Loompanics.
Lì comprai non solo libri sulla sintesi di droghe, ma anche su come si avvelenano persone (la
tossicologia mi ha sempre interessato), su quali tipi di cimici elettroniche esistevano sul mercato e su
altri temi tabù.

Chiesi a Flo se poteva aiutarmi a costruire un apparecchio per le estrazioni.


Per far questo ci recammo a Rheinfelden, da un piccolo rivenditore che conosceva, al quale
dichiarammo di voler produrre essenze eteree; ci fabbricò un soxlet su misura con tutti i relativi annessi
e connessi, filtri, boiler, etc... Roba carissima,sopratutto se Ronnie è ad Ibiza e la debbo pagare io.
Chi se ne frega: “la voglio!”
Alraun aveva temporaneamente chiuso ed Herbert Böttcher non era più raggiungibile, ma le noci
moscate si trovano dappertutto, quindi l'inconveniente non mi tangeva più di tanto.

Nel frattempo avevo già conosciuto Patrick Lecerf e la sua ragazza Susi.
Il tipo si credeva a torto una superstar ed era estremamente arrogante.
Possedeva una buona tecnica ma difettava di gusto e feeling per il groove.
Il tape “Astrology” era la cosa migliore che avesse mai prodotto, ma sfornava un mix dopo l'altro ed
erano tutti impietosamente scadenti – forse di proposito, debbo aggiungere oggi.
In compenso era invidioso di tutti gli altri DJ e ne parlava male, non poteva soffrire né Traxx né Damien
né i DJ locali di Lörrach, si considerava un “DJ inglese”, da “Southhampton UK” e non da Lörrach, da
dove provenivamo tutti.
Non sembra mai aver realizzato che le radici della techno non sono mai state inglesi.
Si lamentava del fatto che gli altri DJ suonassero solo i successi, lui in compenso faceva il lavoro duro e
giocava in particolar modo col suono. Comoda, come scusa, quando si suonano solo schifezze!
Vendeva le sue cassette da 60 minuti a 25 marchi l'una e considerava un affronto personale se
qualcuno non le comprava tutte.
Mi disse, una volta, che suonava solo col vinile, perché riteneva giusto che solo pochi avessero “il buon
sound”. Proprio questa è stata una delle motivazioni più rilevanti per le quali, anche negli anni a seguire,
non acquistai mai due piatti, ma solo CD a velocità regolabile.

Gli altri del gruppo compravano diligentemente e regolarmente la sua merda e ascoltavano i suoi
sempre nuovi capolavori in religioso silenzio. Non riuscii a convincermi di buttare così tanti soldi dalla
finestra, comprai “Astrology” ed ogni tanto qualche altra cassetta per non venire odiato.
In compenso cercai quanto possibile di ballare la sua roba alle manifestazioni, perché non volevo
passare come guastafeste e mi guardavo bene dal commentare le sue imbarazzanti affermazioni da
bacchettone.

Thilo e Sandra erano una coppia fuori dal comune.


Lui era un armadio, un culturista che non lesinava iniezioni di anabolici per ottenere più massa
muscolare possibile. Riccioli biondi, occhi blu, per l'aspetto esteriore il figlio che ogni madre vorrebbe
avere.
Anche per questo non veniva mai fermato alla dogana ed era una gradita sicurezza come corriere per le
pillole.
Motociclista appassionato, viveva a Steinen, nella casa a più piani dei suoi genitori e lavorava come
buttafuori. Se mi ricordo bene suo padre era scultore ed intarsiatore.
Sandra invece era piccola ed aveva dei lunghi capelli neri.
Non proprio una bellezza ma comunque pareva simpatica.
Sembrava relativamente ingenua, cosa che però non guastava la sua immagine.
Suo padre era manager della Ciba, aveva solo Dio sa quanti matrimoni dietro di sé.
Di sua madre non so nulla.

Un amico dei due era un certo “Friedl”, che dall'aspetto poteva essere il fratello di Jucy, forse lo è per
davvero. Stesso naso, stessa espressione facciale grifagna, una vistosa cicatrice sulla fronte.
Friedl aveva a che fare con Tarot e conosceva benissimo sia Ronnie che tutti gli altri.
Tra gli amici di Olli e Dirk vi era anche Stefan, un pugile di boxe thailandese, il quale, ogni volta che ero
presente, parlava vistosamente di quanto sarebbe stato bello effettuare un colpo in banca o
semplicemente pervenire a del denaro “facile”.
Ritengo che questi discorsi siano stati tenuti di proposito perché c'ero io.
Ad ogni modo, pensai che ci sarebbe potuto essere di aiuto per rubare il bromuro di sodio dalla H.C.
Starck.
Anche su Lumpi ero venuto a sapere alcune cose: era stato un appassionato di LSD quanto me, ma ad
un certo punto questo gli aveva causato “problemi”.
Ritengo, oggi, che qualcuno gli abbia causato gli stessi “problemi” che procurò a me.
Suo padre era il proprietario delle più note case chiuse della regione dell'alto Reno, tra gli altri del
“Blauen Bock”, situato tra Schopfheim ed Beuggen, due paesi situati lungo la strada che va da Bad
Säckingen a Rheinfelden.
Sapevo che uno dei miei capi, Michael Tritschler, conosceva il proprietario del Blauen Bock, quindi il
padre di Lumpi. Michael era il tombeur des femmes dei Tritschler.
Monique proveniva dalla Germania dell'est ed aveva più un tocco di gotico.
Si occupava di Crowley e di Giger, ma ne capiva poco. Bisessuale.
Le “nurses” dell'infanzia di Lumpi erano state le impiegate di suo padre.
Era sempre stato orgoglioso del fatto di avere due ragazze.
All'inizio non ci capimmo alquanto, ma col tempo divenne un compagnone e anche veramente
simpatico, anche se veniva tollerato dagli altri solo con difficoltà.

La prima volta che potei ammirare l'arte di DJ Patrick fu in un locale del padre di Lumpi, l'UPS a
Rheinfelden.
Era venuta anche la sorella di Patrick, Virginie, come “motivazione” da ballo.
Se Patrick portava mai qualcuno, a parte noi, sulla pista, si trattava quasi sempre di un pollo che
pensava di avvicinarsi in quella maniera a lei (che era molto bella, dagli enormi occhi neri, con un volto
da modella, lunghi capelli neri ed una voce molto sensuale).
Virginie ballava come se stesse facendo il bagno nel profumo e allo stesso tempo posasse da modella
e sfruttava vergognosamente la sua bellezza per prendere per bene per i fondelli chi le sbavava dietro.
Patrick suonò all'UPS solo Goa ed in maniera così indecente e penetrante, che fui costretto ad uscire
dal locale a più riprese per non uscire pazzo durante il trip.

Nel frattempo eravamo già stati di nuovo a Langnau.


Pascal mi fece notare che da Yves avevano installato anche un CD pitchabile.
Sandra portò da Olli, per una after, un tape di Dream, DJ di Tarot amatissimo dalle donne, specializzato
in melodie sciroppate. All'inizio del mix vi era però il mio brano preferito che cercavo dappertutto.
Col senno di poi, direi che l'idea era stata quella di farmi appassionare per lo stile di Dream (esatto, la
“Dream Dance”).
Già Ronnie aveva lodato con me quel genere, che fra DJ veniva chiamato, con scherno, “tralala” e
Ronnie è qualcuno che dovrebbe conoscere la differenza tra musica e commercio, quindi il gusto che
palesava non era credibile.
Jürgen aveva anche affermato che possedevo musica migliore di Traxx e ciò nonostante il fatto che
continuassi ad evitare Jürgen stesso.
Questo poteva solo significare che qualcuno glie lo aveva detto, qualcuno che rappresentava, per lui,
una istanza superiore, che quindi possedeva denaro, perché il ragazzo di Michaela non sarebbe mai
arrivato, da solo, ad una tale conclusione.

L'accademia l'avevo già abbandonata mentalmente. Avevo deciso che avrei avuto successo nel mettere
in piedi il progetto riguardante le droghe o che sarei affondato assieme alla nave.
Inoltrai una seconda ordinazione di libri da Loompanics.
Stavolta, però, la dogana volette sapere che cosa c'era nel pacco della spedizione e l'impiegato statale
di turno si annotò con cura titoli come “Practical LSD Manufacture”.
Divenni, di conseguenza, molto più cauto.
Ronnie mi chiamò da Ibiza per sapere come procedeva il progetto.
Mi feci dare il suo numero e lo chiamai da una cabina telefonica.
Mi invitò ad Ibiza, ringraziai per l'invito ma non lo raccolsi.
In compenso, Thilo e Sandra saranno presto suoi ospiti.
Ronnie e Dirk cominciarono a litigare, ufficialmente per una questione di prezzi di pillole.
Meno ufficialmente, Dirk voleva rilevare il business di Ronnie prima che quest'ultimo ritornasse in
Germania.
Ronnie era dovuto fuggire ad Ibiza per una vicenda del 1994 nella quale erano implicati lui e Lumpi e
per questo motivo, SOLO PER QUESTO LASSO DI TEMPO aveva affidato il business a Dirk.

In quel periodo tornai una volta a Passau per il matrimonio di un amico mio.
Dirk mi aveva lasciato 30 pillole da vendere, che pagai 20 marchi l'una.
I miei amici di Passau non avevano alcuna esperienza con esse.
Una volta arrivato, non ce la feci a venderle.
Spacciare a dei buoni vecchi amici (e ad un matrimonio, poi!), quando gli si vuole semplicemente fare
un favore? No, naturalmente.
Regalai le pillole a tutti i presenti, anche a persone che non conoscevo bene, perché discernere
pubblicamente tra amici e conoscenti è da asociali. In compenso festeggiammo un bel matrimonio e
ballai persino con passione la musica popolana tedesca! Ebbi addirittura un'erezione con una
cinquantenne.
Non sono in grado di chiedere veramente dei soldi per le droghe.
È sempre stato un mio problema di fondo. C'è un famoso vecchio detto in Germania: “Lo spacciatore
vuole solamente renderti dipendente e ricavare da te del denaro”.
Durante il mio periodo di impegno politico avevo combattuto proprio contro questa immagine: si vuole
condividere l'esperienza con altri e fare del bene a qualcuno.
Per questo motivo speravo di ottenere dalla mia produzione dei prezzi che non fossero stati un
problema per nessuno.
Alla successiva visita a Gaia Media a Basilea, il venditore mi informò che il negozio di Herbert Böttcher
aveva nuovamente aperto (che coincidenza!), cosa che per me rappresentava, ovviamente, una gradita
notizia: avevo nuovamente una fonte per il sassafrasso o addirittura l'olio dello stesso!

Flo, nel frattempo, aveva fatto nuove conoscenze. Mi rivelò di avere contatti con una organizzazione
della quale facevano parte in maggioranza gay e lesbiche, cosa per lui, ovviamente, particolarmente
bella.
Aveva un nuovo compagno, che non gli regalò solo subito una BMW, ma che gli procurò anche pillole
Oxbow (roba scadente contente MDE) per 3 marchi l'una e speed alla mela, ovvero benzedrina.
L'hascisc che riceveva era mediocre.
Mi raccontò che si trattava di una organizzazione quasi a prova di forze dell'ordine, perché “una
ragazza” di uno dei componenti faceva essa stessa parte della polizia e così sarebbero quindi stati in
grado di scoprire qualsiasi infiltrato.
Dapprima fu ingaggiato da queste persone come DJ e giurò che Sven Väth fosse gay, perché
raccontava di averlo visto con il suo compagno a Mannheim, dove secondo lui era situata la sede
dell'organizzazione.
A sua detta, tutti i suoi membri avrebbero parlato di Stoccarda, ma il vero centro ne sarebbe stato il
“Tempel” [“tempio”, trad.] a Mannheim.
Flo non arrivò a queste persone per caso: era l'unico fra i miei “amici” a voler produrre droghe sul serio
e che ne capisse più di quanto me ne intendessi io.
Per questo DOVEVA SPARIRE e fu quindi comprato, arrivando a fare, alla fine, la stessa cosa, per
questa organizzazione, che avrebbe dovuto compiere per me: produrre droghe, come vedremo.
A questo proposito mi ricordo che Jürgen e Pascal, quando conobbero Traxx, quindi ancora prima che il
DJ cominciasse a organizzare parties al Bell con il suo team Neverland, erano andati in tre ad un party
a Mannheim.
CAPITOLO 4

Si avvicinava la Love Parade 1995, che si sarebbe tenuta sabato 8 luglio a Berlino.
Pascal, Rainer Lutz ed io avevamo deciso di esserci.
Per il viaggio ci servimmo del vecchio BMW di Rainer, al quale dovette essere concessa una pausa
ogni due ore, perché altrimenti il motore si surriscaldava.
Ad ogni pausa forzata osservammo gruppi di nostri simili già festanti in viaggio verso Berlino.
Giungemmo nella capitale alle sei di mattina del sabato e tentammo di dormire un po' in un boschetto
della zona.
Verso mezzogiorno partimmo in direzione del centro, per sperimentare finalmente assieme cosa si
prova ad essere una sardina in scatola.
Ci eravamo dati appuntamento con Kurt e Beatrix alla Gedächtniskirche [una famosa chiesa, nda].
Arrivarono con una donna che avevo già visto e sentito suonare al Bell un remix di “Alienated” di Earth
Nation (ovvero Ralf Hildenbeutel e Markus Deml, quindi Eye-Q e Harthouse).
Questa ragazza la rividi al bancone del Bell la mattina del 12 di novembre 1995 in un momento topico.

I tre si dileguarono presto, chissà dove, ma discussero sicuramente prima con Pascal e Rainer quello
che bisognava fare con me.
Il sole bruciava ed il Burger King del posto, che aveva esaurito ogni tipo di bibita, cominciò a vendere
l'acqua del rubinetto a due marchi il bicchiere alle masse che continuavano ad assaltarlo.
Visti i prezzi agli angoli delle strade poteva essere considerato un gesto umanitario dell'azienda.
Dopo il passaggio dei carri rimasero alcuni percussionisti rasta, che continuarono a produrre ritmo.
Ci fermammo da loro una ventina di minuti, poi ci recammo a mangiare un boccone.
Pascal mi fece notare che alla Moltkebrücke [un ponte sopra lo Spree, il fiume che attraversa Berlino,
nda] vi era una festa con entrata gratuita, nuovamente organizzata da KISS FM Londra.
Fummo lì alle dieci di sera.
I DJ e l'impianto erano su una nave ancorata nel bel mezzo del fiume mentre i visitatori ballavano su
entrambe le rive.
Ci sedemmo prima su quella destra, vista dal ponte.
La musica era mediocre. Pascal e Rainer decisero alle due di domenica mattina di andare a dormire,
cosa che trovai strana, perché si tratta di un orario nel quale di solito si comincia a festeggiare.
Comunque sia, rimasi poi da solo sulla riva sinistra.
Siccome la musica non era veramente nulla di speciale, salii dalla riva per osservare lo spettacolo
appoggiandomi ad una ringhiera situata nelle immediate vicinanze del ponte; poi mi sedetti rivolto verso
la strada.
Mentre guardavo il pubblico passare, arrivarono due ragazze, che mi chiesero entrambe una sigaretta.
Glie le offrii, ringraziarono tutt'e due con garbo e con un bacetto sulla guancia sinistra e sulla guancia
destra.
Poco tempo dopo mi rialzai per osservare di nuovo la gente ballare sulla riva.
All'improvviso mi accorsi che sulla mia sinistra si era avvicinata una donna vestita in maniera molto
appariscente: indossava un vestito attillatissimo di falsa pelle dal colore rosa sfavillante, quasi fosse
latex.
Voltai lo sguardo per qualche istante verso di lei, ma visto che non sembrava interessata ad una
conversazione (non si voltò verso di me), mi girai di nuovo verso la riva.
Poi arrivò da destra qualche sillaba sconnessa.
Mi guardai attorno e vidi un uomo sulla trentina, con la sua ragazza, sorridermi apertamente.
Aveva lunghi capelli scuri, occhi grigio-bluastri ed un volto che ispirava fiducia. Sembrava uscito da una
pubblicità per un maggiolino Volkswagen: un hippie da cartolina, con una bottiglia di vino in mano.
La sua ragazza aveva capelli neri con pettinatura a caschetto, occhi neri ed un volto latino.
La sua presenza sembrava più “normale” rispetto a quella del suo ragazzo e oltretutto assomigliava
abbastanza a Jucy, solo che aveva un naso presentabile.
Mi rigirai verso i festanti sulla riva, ma poi sentii una pacca paterna sulla spalla.
Era ancora lui. Continuava ancora a sorridermi.
Mi chiese immediatamente se ero omosessuale. Gli risposi di no.
Affermò anche lui di non esserlo, i due sarebbero stati appena identificati ad un party come
eterosessuali e buttati fuori.
Disse che si trattava della sua prima festa techno e della sua prima pillola, di per sé erano venuti a
Berlino per vedere il “confezionamento” del Reichstag di Christo, che si era concluso il giorno prima.
Vivevano a Kassel. Lui infondeva tranquillità e calore umano sopra ogni cosa e si mostrò contento che
fosse tutto così piacevolmente calmo e che fossero tutti così felici.
Fece complimenti alle ragazze della Love Parade: bastava solo chieder loro qualcosa e rispondevano
subito amichevolmente. Gli piacevano soprattutto le ragazze dell'est, perché erano così altruiste.

Qui debbo interrompere un attimo il racconto.


Per la cronaca, non sono mai stato io ad attaccare bottone con ragazze ai raves.
Sono veramente piuttosto timido e non voglio far saltare i nervi ad alcuna donna - oltretutto la
caratteristica della struttura della mia personalità (il Cinque nell'enneagramma) è quella della rinuncia a
priori.
Questo, a quanto pare, fu notato e bisognava fare qualcosa a proposito, il perché diventerà chiaro più
avanti.
Inoltre: l'affermazione che le donne dell'est sono altruiste non corrisponde al vero.
La maggior parte di loro sono soprattutto interessate ad accalappiarsi un uomo, i cataloghi per aspiranti
spose ne sono pieni e chiunque abbia visitato Mosca sa che lì è possibile comprare quasi qualsiasi
donna.
Ma altruista significa senza secondi fini, soprattutto di natura materiale e questo implica, nuovamente,
che noi stessi si debba mirare ad un tale ideale, o perlomeno lo si professa e questi sono gli ideali del
comunismo che, per l'appunto, proviene dall'est.

Ma torniamo al racconto.
Il nome di questo gentile signore: Ottmar Straub.
Mi rammentai di aver già sentito questo nome da qualche parte ma, in quel momento, mi sfuggiva il
contesto.
La sua ragazza, dagli avi sardi, sembrava divertita e contenta che lui stesse per fare “una nuova
amicizia”: tipico di Ottmar.
Lui affermò di essere sfilato sul carro degli Happy People e aggiunse: “l'atmosfera migliore la si trova
tra gli Happy People”.
Disse di aver ricevuto la pillola che aveva consumato da un amico, Peter, ad un prezzo di favore - Peter
sa cos'è buono per lui.
Affermò: “Sono ecologico”. Risposi: “Anch'io”.
Raccontò di essere stato funzionario statale a vita, ad un certo punto si era autolicenziato e adesso
studiava costruzione paesaggistica.

Poco tempo dopo mi propose un passaggio per recarci ad un'altra festa, perché quella sulla
Moltkebrücke ormai non prometteva più nulla. Suggerì l'SEZ, dove a sua detta suonava Sven Väth
(venni a sapere più tardi che Sven Väth aveva suonato invece alla Moltkebrücke dopo che l'avevamo
lasciata noi), nel caso avessero però ancora chiesto i soldi dell'entrata, avremmo potuto ripiegare sulla
Kulturbrauerei, dove amici suoi, dell'”Aufschwung Ost” di Kassel, avevano affittato tutte le aree per
l'evento.
Gli spiegai che avevo un appuntamento per le dieci di mattina con i miei amici al ponte.
Nessun problema, mi rispose, per le dieci saremmo tornati di sicuro, tanto lui possedeva la macchina.
E così salimmo nella sua vecchia e arrugginita Volkswagen Passat bianca con la quale ci condusse,
apparentemente senza grande cognizione di causa, all'SEZ, ma siccome lì volevano ancora 15 marchi
e siccome non era disposto a pagare, mi portò alla Kulturbrauerei, dove entrammo senza sborsare
danaro.
Me ne andai dapprima a ballare, anche se Ottmar mi fece subito notare, che c'era “un bellissimo
chillout”.
Danzai nell'area per venti minuti e notai poi una ragazza, forse a due metri di distanza da me, molto
attraente, che aspettava apparentemente qualcosa. La musica smise improvvisamente di suonare.
La ragazza aspettò ancora un momento, poi mi passò lentamente di fronte senza parlarmi.
Mi decisi a visitare la stanza del chillout.

Quando arrivai e durante tutto il tempo della mia permanenza nell'area, uscì dagli altoparlanti, che
erano piazzati subito a sinistra dell'entrata, un suono caldo e linearmente costante.
Non era musica, bensì una vibrazione, direi in uno spettro di frequenza tra i 6 ed i 10 Hertz, quindi un
tipo di frequenza in grado di stimolare sicuramente la produzione di onde theta nel cervello.
Le onde theta sono quelle che la massa cerebrale produce quando viene indotta l'ipnosi.
La qualità dell'impianto e l'alto volume permettevano che le vibrazioni si spargessero per tutta la stanza,
senza che però diventassero asfissianti. Al contrario, il suono era molto gradevole.
Riascolterò questi suoni molti anni più in là, in un documentario su Tesla e sul progetto Haarp.
Si tratta probabilmente di una versione migliorata del famoso e famigerato segnale Woodpecker.
Per maggiori informazioni sul segnale sovietico Woodpecker, sul progetto Haarp e su come tutto abbia
a che fare con Nikola Tesla, vi prego di consultare Internet, perché qui allungheremmo il racconto più
del necessario.
Erano presenti sia Ottmar che Tatjana ed anche un presunto amico dei due, un certo Axel, che studiava
a Bielefeld, ma che di per sé proveniva da Tübingen.
Accanto alla parete situata di fronte agli altoparlanti era stata montata un'accattivante tenda bianca
semitrasparente, creata con una retina tipo quelle usate per ripararsi dalle zanzare. Rividi questa tenda
anni più avanti e precisamente al “Natraj Summer Dance 2000” che si tenne a Peiting, vicino Monaco.
Ottmar mi chiese di sedermi di fronte agli altoparlanti.
Lo feci, volgendo lo sguardo verso l'uscita, che era a sinistra dal punto di vista dell'ascoltatore.
Quando ad un certo punto mi girai a sinistra (in direzione della tenda bianca) vidi Axel alle prese con
Tatiana.
Pensai, in quel momento, che lui volesse sedurre la ragazza di Ottmar, nel frattempo mi è chiaro che lei
era in trance e che Axel la guidava. Tatjana teneva gli occhi chiusi con un sorriso sulle labbra.
Axel la accarezzava continuamente dalle ascelle in direzione dei gomiti, una tecnica che viene
utilizzata, assieme a suggestioni verbali, per lasciar fluire “la pesantezza” dal corpo di un soggetto in
ipnosi, approfondendo così la trance.

IN QUESTA STANZA, CON OGNI PROBABILITÀ, SONO STATO IPNOTIZZATO PER LA PRIMA
VOLTA.

Non so quando, perché me ne hanno cancellato la memoria, per sicurezza, mediante suggestioni
postipnotiche.
Mi si dimostrerà solo più di un anno più tardi che posso essere riportato in ipnosi in qualsiasi momento.
Nel mentre, però, mi è stato fatto capire come è avvenuto: è stata una induzione doppia segreta, una
tecnica che, per sua natura, viene utilizzata soprattutto da sette e servizi segreti e che è stata descritta
per la prima volta da Carlos Castaneda.

Avrete sicuramente sentito che non si può ipnotizzare una persona contro il proprio volere.
Oggi so che anche questo è inesatto, ma la domanda che bisogna porsi è più che altro: e se la persona
non sapesse che deve venire ipnotizzata? È infatti così che funziona meglio una induzione di ipnosi,
perché la mente di un individuo consiste perlomeno di due parti: il conscio ed il subconscio.
Quello che Voi, caro Lettore, ritenete di essere, quindi la persona che in questo momento legge e la cui
attenzione è rivolta alle parole che scrivo, è in verità solo una Vostra parte.
L'altra parte di Voi è quella che sa come si sentono le suole dei piedi mentre poggiano contro il terreno,
come si avverte l'aria non solo dentro ai polmoni ma anche dietro la nuca, quindi tutto quanto quello a
cui prima di leggere queste righe non avevate fatto caso ed ancora molto ma molto di più.
Quando venite messi in trance, si stabilisce semplicemente il contatto con questa Vostra altra parte.
Quello che nel frattempo fa la parte che Voi pensate di essere non è di scarsa importanza per
l'ipnotista: meno questa parte viene a sapere che cosa egli combina e più profondo sarà l'impatto delle
sue suggestioni nel Vostro subconscio - l'ipnosi più profonda, per questo, è caratterizzata dalla
completa assenza del conscio.

La doppia induzione segreta funziona così: l'ipnotista si mostra – preferibilmente – gentile e conquista la
simpatia del soggetto, il quale non ha ancora idea di essere “il pollo” - i due spesso non si conoscono.
Dopo aver catalizzato la completa attenzione del soggetto, l'ipnotista ingaggia la vittima in un colloquio
a quattrocchi, uno di fronte all'altro. Questo colloquio diventerà però presto un monologo, il che significa
che l'ipnotista, per un po' di tempo, parla da solo e senza interruzione al soggetto di cose di poca
importanza.
In questa fase entrano in azione un paio di collaboratori dell'ipnotista, posti di solito alla sinistra della
vittima.
Questi due cominciano fra di loro un colloquio atto a solleticare continuamente l'attenzione conscia del
soggetto da ipnotizzare mediante parole a lui note e che sono, per quest'ultimo, emotivamente rilevanti.
Mettiamo, ad esempio, che, nel mio caso, le due persone sulla mia sinistra avessero cominciato un
colloquio pronunciando parole come “safrolo”, “Tritschler”, “metilamina” e “Sven Väth”.
A quell'epoca, ovviamente, sarebbe bastato a distrarmi.
Bene, ora il fatto è che il soggetto sta ascoltando l'ipnotista di fronte a sé e siccome il soggetto non
vuole essere scortese, interrompendo l'ipnotista per chiedere ai due sconosciuti sulla sinistra di che
cosa stiano discutendo, lascerà parlare l'ipnotista e continuerà a guardarlo, ma in verità smetterà di
ascoltare consciamente quest'ultimo ed in compenso comincerà ad origliare, sempre consciamente, il
discorso sulla sua sinistra, che gli sembra più importante.
In verità, l'ipnotista non aspetta altro ed è, ovviamente, esperto nel riconoscere dal volto del soggetto
(che guarda negli occhi), che quest'ultimo in verità è “assente” ed ascolta i due provocatori: le pupille
del soggetto da ipnotizzare si allargano nel momento in cui ha spostato la sua attenzione sulla
coppia di disturbo diventando così, allo stesso tempo, ricettivo per le suggestioni ipnotiche.
Tutto quello che l'ipnotista dice in quel momento, giunge DIRETTAMENTE al subconscio del soggetto
aggirando completamente la soglia critica della coscienza, il che significa che le suggestioni fornite
penetrano molto profondamente e di colpo nel subconscio della persona ed il soggetto viene ipnotizzato
facilmente, senza che questo se ne accorga, perché di per sé l'io conscio continua ad ascoltare l'altra
coppia.

Il problema è che una volta raggiunto lo stato di ipnosi e messo fuori uso il conscio, si può installare una
cosiddetta “ancora”, ossia al soggetto può essere impartito un ordine post-ipnotico, che causa che
costui rientri nuovamente in trance SENZA CHE LO POSSA EVITARE IN ALCUNA MANIERA.
L'unica possibilità con la quale si può nuovamente cancellare l'ancora è con l'ipnoterapia, ossia la
comunicazione con il subconscio deve essere nuovamente stabilita dall'ipnotista e questo/a deve
appropriatamente riprogrammare il subconscio stesso, da soli non è più possibile riuscirci.

Per me, il momento nel quale entro in trance è soggettivamente uguale al momento in cui ne esco,
ossia ho sempre una completa amnesia postipnotica, è come se non fosse passato del tempo.
Ciò di cui ogni tanto mi accorgo è il cambiamento dell'ambiente che percepisco a causa del lasso di
tempo mancante.
E quella mattina mi accorsi che, improvvisamente, nella stanza, non c'erano più NÉ OTTMAR, NÉ
TATJANA, NÉ AXEL anche se guardavo l'uscita ed oggi non mi riesco a rammentare di averli visti
uscire, cosa che per deduzione logica sarebbe praticamente dovuta essere inevitabile. Allora non feci
caso a questa stranezza, neanche al fatto che ero arrivato al chillout poco dopo le sette e che fossero
improvvisamente diventate le nove e mezza, anche se per me, soggettivamente, non era passata
nemmeno mezz'ora.
Quello che però mi venne in mente subito, quando guardai l'orologio, fu che dovevo essere alle dieci
alla Moltkebrücke!
Uscii dall'area e dopo venti minuti, dietro la Kulturbrauerei, trovai Ottmar nella sua automobile, che mi
offrì con il solito sorriso di entrare in macchina per portarmi alla Moltkebrücke.
Arrivammo alle dieci e mezza. Nessuna traccia né di Rainer né di Pascal. Porca puttana.

Ottmar propose, allora, di portarmi da Peter.


Ci saremmo potuti riposare lì e poi avrei sicuramente trovato qualcuno che voleva recarsi a Basilea
grazie alla centrale per autostoppisti di Berlino. Suonava bene. Partimmo per la casa di quel tempo di
Peter Sepp.
La sua abitazione era qualcosa di molto particolare, considerati gli standard di Berlino Est.
Ben ristrutturata, soffitti alti, tutto tranne la tristesse alla quale si era abituati nella ex-Germania
Orientale.
Peter non era a casa, in compenso lo era la sua ragazza, o per lo meno affermò di esserla.
La bellezza della donna costituiva un altro indizio del fatto che non mi trovassi in una casa popolare.

Ottmar ed io ci coricammo nello stesso letto, cosa che lui sottolineò pure: era quello che Ronnie mi
aveva spiegato facesse parte della “cultura dell'estasi”.
Quando mi svegliai, apparve improvvisamente Peter e la sua amica sembrò stranamente interessata a
conoscere il mio nome, la mia provenienza e così via.
Tentai di partire recandomi alla centrale degli autostoppisti, ma per Basilea non partiva nessuno, per cui
tornai da Peter. Ottmar, l'amicone, mi invitò a Kassel: in quella maniera sarei potuto tornare a casa il
giorno dopo, un lunedì. Accettai l'invito, arrivammo a Kassel verso le dieci di sera.

Il domicilio di Ottmar, situato nella Wolfhagerstr. 102, giace (guarda un po'!) nel bel mezzo del quartiere
a luci rosse. Il suo appartamento è al secondo piano. Sopra il campanello c'è scritto “Straub / Murait”.
Quando si entra, ci si immette in un corridoio stretto, la prima stanza a sinistra è la cucina, la seconda è
una specie di ripostiglio dove vi era anche un materasso che quella notte mi fece da letto; dall'altra
parte, alla fine del corridoio, a destra, vi era una camera pensata per gli ospiti e per il riposo di Ottmar
stesso.
Erano affisse dappertutto fotografie del lungo viaggio che Ottmar aveva intrapreso con Tatjana in India
qualche anno prima: monumenti, natura, guru.
Nella sua stanza degli ospiti vi era anche una foto ritratto del Dalai Lama, ma non fotografato da Ottmar,
più che altro qualcosa per la stampa.
Il guardaroba del mio anfitrione, ben visibile perché posizionato nel corridoio, era molto colorato,
stravagante ma tuttavia di una certa eleganza: non un tipo di vestiario, ad ogni modo, che si trova
spesso nei negozi occidentali.
Nella stanza degli ospiti vi era pure il suo sontuoso impianto HiFi.
Interessante in questo contesto anche il fatto che Ottmar non possedesse quasi alcun CD di techno.
Affermò che il suo gruppo preferito erano i Dead Can Dance, ma per il resto aveva, di numero, meno
CD che tipi diversi di bevande ad alta gradazione nel suo bar, che era situato sopra il suo stereo.
Siccome teneva ancora nascosto mezzo grammo di hascisc da qualche parte, cominciammo un
discorso mentre fumavamo una canna.
Affermò di essere originariamente di Aschaffenburg e che suo padre era alcolista e perfido.
Mi lasciò intendere che per questo motivo non gradiva molto l'alcol, un'affermazione in netto
contrasto con il bar che ci stava di fronte.
Durante la conversazione tirò fuori un orologio da taschino dalla sua tasca della camicia e lo fece
dondolare un paio di volte come se mi volesse ipnotizzare. Nel mentre mise su una faccia che proprio
non mi piacque.
Da quel tipo di espressione facciale si ricavano immediatamente anticorpi, in quanto l'allusione era
chiara e non lasciava presumere nulla di buono. Da quel momento in poi avrei quindi fatto di tutto per
non farmi ipnotizzare, ma era già troppo tardi.
Diedi ad Ottmar il mio indirizzo di Egg, così come quello dei miei genitori a Roma, della mia azienda ed
anche quello di mia sorella a Monaco, da mia nonna. Poco tempo dopo mi coricai.
Il pomeriggio tardi del lunedì arrivai a Rheinfelden, di fronte alla dimora di Jürgen e Pascal, dove avevo
lasciato la mia Fiesta prima del viaggio a Berlino e me ne tornai finalmente a casa.

Con Flo non mi vidi per un paio di settimane, non faceva proprio parte della cricca.
Quando lo incontrai di nuovo si era già trasformato completamente in uno stronzo.
Aveva fatto “carriera”, lavava la cocaina per quella gente e non gli interessava più aiutarmi a produrre
estasi.
Il suo nuovo motto: tutto quello che conta sono i soldi, nessuno ti regala nulla.
In compenso mi voleva vendere dello speed alla mela per 11 marchi al grammo, il che non sarebbe
stato neanche tanto male se non avesse posto come condizione una quantità minima di 100 grammi da
acquistare. Sotto quella quantità non me la vende. Che cosa ci faccio io con un etto di benzedrina?
Se si tiene a mente che quando avevo droghe per le mani e Flo era nei paraggi glie le offrivo sempre,
potete forse capire la mia rabbia per il suo nuovo atteggiamento. Come se non bastasse, comunicò il
tutto con il suo tipico ghigno da ultrafico – da classica faccia da schiaffi pseudo-furba.
Anche l'amica di Flo aveva avuto a che fare con queste persone ed anche in lei si constatava questo
nuovo atteggiamento.
Lui lo vidi un altro paio di volte, ma non fu più possibile entusiasmarlo per il “nostro” progetto.
L'ultima volta che lo incontrai fu lieto di comunicarmi che nei giorni a seguire avrebbe ricevuto il suo
“battesimo di fuoco”, partecipando ad una esecuzione.
La persona che doveva essere uccisa era in debito con l'organizzazione di 15000 marchi, circa 7500
euro.
Certi ambienti li si evita, se lo si può.
Olli dichiarò di non possedere conoscenze sufficienti per completare l'attrezzatura del laboratorio
perché in azienda gli avrebbero insegnato solo particolari procedure. Il progetto cominciava a perdere
colpi.

In compenso, suo fratello Dirk iniziò a fare propaganda con me contro Ronnie, che tornò per poco
anche da Ibiza a Lörrach, probabilmente perché intuiva il tradimento.
Mi chiese come procedeva il progetto e affermò di sapere che dopo la Love Parade ero sparito per un
paio di giorni.
Disse che sarebbe tornato a settembre e sarebbero stati tagliati alcuni rami. Ovviamente intendeva
Dirk.
Ad ogni modo anche Dirk aveva intrapreso delle azioni contro Ronnie, corteggiando le sue fonti e
calcolandomi praticamente come merce di scambio per porre definitivamente fuori gioco il suo vecchio
ed ora scomodo grossista.
Affermò con orgoglio che adesso frequentava regolarmente le persone che organizzavano il cosiddetto
“Holzrock”, la scena punk dell'Irrlicht (a Schopfheim, punto d'incontro, tra l'altro, dell'organizzazione
SchwuLesb [Schwul in tedesco significa omosessuale e Lesbe significa lesbica, nda]) e il Burghof
(Lörrach).
In altre parole, frequentava Piech.

Nel frattempo mi scrisse e mi telefonò Ottmar ed io gli spedii dozzine di cassette di musica, cosa che
facevo sempre con persone che stimavo. Mi venne a trovare un paio di volte ad Egg e si mostrò
soprattutto interessato alla natura e a come era dislocata, dopo tutto faceva parte ufficialmente del suo
lavoro.
Fu entusiasta di trovare ancora del verde non “pianificato” dall'uomo.
Mentre ce ne andavamo sotto LSD per sentieri di campagna accadde qualcosa di strano che col senno
di poi mi sembra relativamente importante. Ottmar, come già detto, possedeva la caratteristica di
attaccare bottone con molte ragazze e di venire sempre contraccambiato con risposte amichevoli.
Dunque, mentre guidavamo lentamente la macchina, ci trovammo di fronte due belle ragazze che con il
loro sguardo mostrarono al “bellissimo” Ottmar, che erano interessate a noi e soprattutto A LUI.
I loro sguardi si incontrarono.
Il suo commento, rivolto verso di me: “QUELLE DUE PERÒ NO.” Questo conferma a posteriori, che
Ottmar aveva solo intenzione di farmi cadere in trappola e non di spronarmi ad uscire dal mio
isolamento.
In compenso commentò in seguito, di amare su tutto “il culo di Tati” (quindi della sua ragazza Tatiana).
Anche questo è importante, il perché lo scopriremo quando arriveremo alla visita al Bell di Sven Väth.
Avevo considerato Ottmar un amico e questa era anche la sua intenzione: era riuscito a creare una
sensazione di affinità anche se debbo ammettere che all'epoca (oggi molto meno a causa delle mie
esperienze) ero molto aperto per quanto riguardava il fare nuove amicizie ed il dare fiducia in anticipo.
Su di un prato, mentre fumavamo una canna, mi chiese: “Pensi che ci siano altre persone come
noi?”
Risposi: “Penso di sì, bisogna solo cercarle.”
Gli avevo raccontato dei miei piani per allestire una cucina per droghe.
Questo non lo feci senza secondi fini: sapevo che in India sarebbe stato molto più facile pervenire a
sostanze chimiche; forse vi erano delle restrizioni, ma nel paese dei cobra, con 100 dollari, si può
comprare tutto, dalla patente al primo ministro. Non intuivo ancora che la stessa cosa fosse possibile in
Germania, sebbene non così a buon prezzo, ma Ottmar ed i suoi amici vedranno di dimostrarmelo
esaurientemente.

Quando Patrick Lecerf fece di nuovo visita a Dirk e Olli, portò con sé un paio di nuove persone:
“Stephan”, ovvero il ragazzo di Virginie Lecerf e Tilman Reinhardt, a quanto pare ex-ragazzo della
stessa.
Erano entrambi studenti di medicina e membri della società “Eve & Rave”, quindi l'istituzione per
eccellenza per la divulgazione in materia di droghe nella scena techno.
Il personale della Eve & Rave informa regolarmente, con ciclostilati, su tipo e quantità dei principi attivi
di tutte le pillole che vengono immesse sul mercato.
Due dei più importanti centri della Eve & Rave erano, all'epoca, Kassel e Berlino.
Olli affermò che Tilman scriveva una tesi sull'estasi e Stephan una sull'LSD.
Entrambi gli studenti di medicina “calavano” (consumavano pillole illegali) come i campioni del mondo.
Dirk mi raccontò che Tilman si era già bucato; di Stephan venni a sapere che consumava cose come
ketamine e 2-CB (noto anche come Nexus) e che aveva conosciuto Timothy Leary.
Ovviamente per tutti e due non era un problema arrivare ad alcuna droga.

Mi ricordo di essere stato da Dirk e che si era presentato Stephan con Susi, quindi la ragazza di Patrick.
O per lo meno così pensai. Improvvisamente, però, di fronte a me trovai Virginie al posto di Susi.
Ritengo che sia stato messo in atto un classico giochetto che è possibile realizzare con l'ipnosi.
Ovvero: Susi è lì di fronte a me, la trance viene indotta con un comando postipnotico, lei se ne va,
Virginie prende il suo posto, io vengo risvegliato e non mi ricordo nulla.
Avrei giurato che Stephan fosse arrivato con Susi, ma che cosa debbo pensare, se ad un certo punto
odo la voce graffiante di Virginie invece di quella della ragazza di Patrick? “Debbo essermi sbagliato”,
mi dissi.
Stephan e Tilman conoscevano benissimo Ronnie.
Per questo diedi a Tilman un foglio con le sostanze chimiche che mi sarebbero servite nella speranza
che potesse rimediare qualcosa.
Egli prese il foglio senza commentare, ma da lui non ricevetti mai alcun feedback a riguardo.
In compenso mi fece sapere che potevo avere estasi pura a 100 marchi il grammo in capsule.
Ottmar mi fece visita di nuovo e stavolta raccontò una storia piuttosto curiosa.
Disse di esser voluto entrare all'Aufschwung Ost ma il buttafuori gli aveva risposto picche.
Allora Ottmar avrebbe ribattuto al buttafuori di essere uno stronzo, allorché quest'ultimo gli aveva
apparentemente mollato un pugno in faccia. Per questo gli si sarebbe fratturato uno zigomo e voleva
ottenere un attestato medico per fare causa al buttafuori o all'Aufschwung Ost.
La storia era poco credibile già all'epoca ed oggi capisco anche che cosa intendeva dire.
IO ERO QUELLO AL QUALE ANDAVA MOLLATO IL PUGNO.

Gli proposi di lasciarsi visitare da Toni, la moglie del mio datore di lavoro, la quale nel frattempo aveva
arredato il suo studio, che condivideva con una psicologa, accanto al mio ufficio di programmazione.
Lo portai nella sua sala d'aspetto. Quando Ottmar incontrò Toni, cercò immediatamente di sfruttare il
suo charme e di esercitare il suo fascino su di lei.
Ma Toni rimase insensibile e reagì male ad una frase di Ottmar, il quale, sorpreso dalla reazione della
donna, lasciò cadere la sua “maschera”, si comportò quindi nella maniera più normale possibile e le
fece così capire di non volerla prendere in giro, allorché lei cambiò il suo atteggiamento e lo invitò
gentilmente nel suo ambulatorio.
Trovai giuste sia la reazione di Ottmar che quella susseguente di Toni, imparai la lezione, mi ricordai di
questo tipo di comunicazione non verbale o, se volete, di “spiegazione” non verbale più tardi - durante
un incontro chiave - e ne feci uso.
Ottmar uscì dall'ambulatorio di Toni SENZA un attestato concernente la frattura di uno zigomo.
Perché in verità non l'aveva.
Per sicurezza se ne fece redigere uno falso dall'ospedale statale di Bad Säckingen, sicuramente più
soggetto alle influenze della classe politica e dell'industria. Toni, però, mi chiamo più tardi a sé e mi fece
capire che stava per giungere l'ora nella quale avrei dovuto scegliere tra l'azienda e le droghe.
In altre parole: Ottmar aveva parlato con lei di tutto, tranne sicuramente della sua apparente frattura.
Ma all'epoca non diedi molta importanza a quest'avvertimento di Toni.

Thilo, Sandra ed io ci recammo in estate ad un happening gigantesco chiamato “Magic Kingdom”, che
si tenne in una grande area industriale. Pascal invece se ne era andato da Sven Väth al Grodoonia.
Poco prima del party, Olli aveva raccontato di aver visto da qualche parte in tv come una troupe
televisiva tentasse di intervistare dei ravers e tutti si fossero prodotti in espressioni come se volessero
dire: “No, per favore proprio io no!”.
All'entrata, una modella bionda e dagli occhi blu distribuiva volantini (i cosiddetti flyers) per ulteriori rave
di massa. Thilo fece un apprezzamento sulle sue belle gambe.
Questa donna, assomigliante a Natascha (e vedremo più avanti chi è Natascha), la trovai nei mesi
seguenti in determinate occasioni dietro il bancone del Bell, non certo senza un motivo.
La musica era generalmente mediocre ed il chillout era chiuso.
Ero in preda al solito Miraculix e dalle 4-5 di mattina anche sotto estasi, vendutami dal noto spacciatore
del Grodoonia per il “solito prezzo di favore” di 40 franchi. Quella sera oltretutto bevvi avidamente della
birra, cosa che di solito, fin quando fumai canne, non facevo molto volentieri.
All'improvviso, verso l'una e mezza, cambio di DJ: ecco Placid Angel, outsider dell'ambiente attorno a
Tarot (non era un resident né al Grodoonia né all'Oxa).
Le luci si spengono e parte il potentissimo laser verde, che era rimasto inutilizzato fino a quel momento,
mentre risuonano le prime note del miglior brano della serata.
Un'emozione positiva calcolata a tavolino, quindi, che dura circa 10 minuti.
Mi mossi sempre di più in direzione del palco del DJ. Poi, in maniera egualmente subitanea, si accese
un riflettore multicolore gigantesco che illuminò esattamente il lembo di pista nel quale ballavo io.
Tornai istintivamente nel buio.
Quando quella notte ci mettemmo in fila per uno stand all'aperto, si avvicinò una ragazza dai capelli neri
sulla trentina. I miei occhi incrociarono i suoi da lontano.
Quando però si mise in fila accanto a noi, non disse una parola.

Tattica appunto: qualcuno aveva ingaggiato modelle, ma anche donne normali, per avvicinarsi e
mostrare apparente interesse, perché la mia autostima doveva essere incrementata; a tutte era stato
ordinato di non interpellarmi assolutamente per prime, sapendo che non avrei mai fatto io il primo
passo.
Questo può succedere una, due, forse tre volte.
Quando però prima questo Vi accadeva solo ogni due mesi ed improvvisamente, nel giro di diverse
settimane Vi capita venti o trenta volte, ad un certo punto puzza lontano un miglio ed i miei timori a
riguardo saranno poi anche confermati. Lasciammo la festa verso le sette di mattina.

Un giorno, mentre programmavo nel mio ufficio, entrò Michael Tritschler e mi disse “ho visto il tuo Sven
Väth ieri sera da Elke Heidenreich nel talk show Live ma della musica non riesco a diventarne amico”.
Lo affermò con uno sguardo strano, quasi felice e ad ogni modo pieno di mistero e carico di messaggio.
Non avevo mai parlato con lui di Sven Väth – e perché mai lo avrei dovuto fare?
Non si parla con un fan di Elton John e dei Creedence Clearwater Revival di DJ di techno.
Chiaro che Michael sapeva che andavo ai raves, ma ci sono migliaia di DJ a questo mondo ed il “mio”
DJ poteva essere forse Traxx, o se all'epoca avessi voluto scegliere qualcuno, allora Laurent Garnier o
forse Talla 2XLC per ragioni storiche. E tutto questo proprio “al limite”, perché di per sé la cosa che
caratterizza la “buona” società dei raver è quella di non fossilizzarsi su di una icona (quindi il DJ o il
Live-Act), ma sulla musica che suona. Perché dunque il mio Sven Väth?
Il motivo è che dopo il colloquio di Ottmar con Toni, queste persone si erano avvicinate a mia insaputa
ai miei datori di lavoro per “aggiustarseli” appropriatamente in modo che si comportassero così come i
piani della setta riguardanti me prevedevano. Ci sono persone che non lasciano mai nulla al caso.
Un altro segnale che qualcuno aveva preso contatto con i Tritschler già in quel periodo fu che,
improvvisamente, Hans Eugen si occupò di stereogrammi del tipo “Magic Eye” e me li mostrò con
stupore, ma stranamente evitò di raccontarmi chi glie li aveva fatti notare.
Il mio locatore, un pensionato di origine giudaica che portava i suoi dipinti per i biglietti di auguri dal suo
editore a Monaco di Baviera iniziò a consegnarmi determinate cose e col senno di poi ritengo che gli sia
tutto stato “consigliato”.
Cominciò dapprima col prestarmi libri di disegni di Escher.
Poi vecchie edizioni della rivista “Spektrum der Wissenschaft” [una rivista scientifica, nda] che
contenevano articoli sul cervello, nonché pubblicazioni piene di aerografie della Germania che
mostravano gli stessi luoghi a distanza di diversi decenni e che documentavano in maniera
impressionante l'incalzante e irreversibile distruzione delle risorse naturali.
Poi alcuni libri di grafologia ed infine addirittura delle biglie da Qi-Gong.

Nel frattempo avevo setacciato un negozio di dischi di Basilea cercando CD di techno e decisi di
mettere assieme una raccolta su cassetta per diversi amici, la chiamai “Freedom of Choice” e ci
schiaffai sopra tra l'altro roba di Oliver Lieb, Resistance D, Der Dritter Raum, Jerome Ismae ed
addirittura un brano di SUN Records. Pascal affermò poco tempo dopo che qualcuno era venuto da lui
ed aveva voluto avere ad ogni costo la cassetta, il vicino di Jürgen gli aveva giurato di non rivelare a me
chi era.

Litigai con i miei genitori per e non mi feci sentire per mesi interi.
Mia sorella mi chiamò da Monaco di Baviera per raccontarmi che si era appena lasciata col suo ragazzo
perché non lo amava più.
Reputo, nel frattempo, che lei sia nella stessa situazione mia, solo che a lei sta bene così.

Dirk cominciò ad fornirmi esempi di persone che secondo lui erano dei gran fighi e che calavano cinque
o più pillole in un fine settimana per poi fare nuovamente pausa per un mese.
Per spiegarlo una volta per tutte, si tratta della forma di assunzione di estasi notoriamente più nociva.
L'MDMA funziona più o meno così: la sostanza apre di colpo i serbatoi di alcuni ormoni del cervello
situati ad una estremità della sinapsi fino a ridurre al 40% le “provviste” del serbatoio stesso.
In questa maniera viene liberata una quantità di ormoni troppo grande per venire assimilata
immediatamente dai recettori che si trovano dall'altra parte della sinapsi: gli ormoni rimangono quindi,
per un determinato periodo di tempo, nell'umore che si trova tra le due estremità ed il solletico che
provoca questa sovrabbondanza costituisce lo “sballo” desiderato. Il problema: anche dopo il consumo
di una singola dose di estasi i serbatoi non chiudono mai più del tutto, il danno è quindi irreversibile.
A lungo ci si è chiesti come questo si ripercuota sulla persona che ne fa uso.
Vi è un gruppo di medicamenti legali, chiamati fenfluoramine, che producono gli stessi esatti danni
dell'estasi, ma che sono presenti sul mercato da decenni e per questo i loro consumatori poterono
essere studiati.
Ve ne erano alcuni, che anche dopo una assunzione regolare di fenfluoramine lungo un arco di tempo
di trent'anni non mostravano alcun segno di demenza; per questo, per lungo tempo, non si poté né
evidenziare né quantificare alcun danno.
Nel frattempo si sa di più: l'estasi non influenza negativamente il processo di cogitazione dell'individuo,
ma la sua capacità di imparare cose nuove.
In altre parole, la persona mantiene le proprie conoscenze ma ha maggiore difficoltà nell'apprendere
nuovo sapere e questo sembra non avere nulla a che fare con il normale irrigidimento senile della
flessibilità mentale di un individuo.
La neurotossicità dell'MDMA sembra essere relativamente trascurabile a dosaggi compresi tra i 75 ed i
125 mg, quindi la dose comune di una pillola, ma ricerche scientifiche su primati hanno mostrato che
aumenta in maniera esponenziale dai 200 mg in su.
Per questo motivo, pur avendo preso quantità industriali di LSD e pur non essendo sicuramente un
angelo, ho consumato SOLO UNA VOLTA in vita mia due pillole e mezzo in un fine settimana, ripartite
in tre giorni.
Altrimenti mi sono permesso al massimo una pillola e mezza per fine settimana.
All'epoca pensai che questa affermazione di Dirk dovesse essere considerata solo frutto della sua
avidità senza scrupoli.
Nel frattempo mi è chiaro che Dirk aveva veramente il compito di rovinarmi, in modo che queste
persone potessero poi presentarsi all'opinione pubblica come i miei salvatori.
Ma fortunatamente già all'epoca non fui così scemo da credergli, ritenni di capirne molto di più di quanto
se ne intendesse lui.
È interessante osservare in questo contesto, però, che da Tilman e Stefan, che come noto facevano
parte della Eve & Rave e quindi sarebbero dovuti essere informati meglio, non mi arrivò alle orecchie
alcuna correzione delle affermazioni di Dirk.

L'evento del mese era alle porte: dopo una notte al Laguna, Sven Väth avrebbe suonato al Bell per una
after e avrebbe così conferito nuovo “splendore” alla sudicia tana di casa.
Circa una settimana e mezzo prima si era già radunata tutta la truppa: Patrick era venuto da
Southhampton, Tilman e Stephan da chissà dove e Ronnie da Ibiza. Quando un giorno Ronnie fece
visita ad Olli, mentre discutevamo dell'evento in programmazione, si voltò verso Dirk e disse:

“Tra l'altro gli ho parlato [a Sven Väth, nda] ad Ibiza, ha detto che suona.”

Questa frase è di fondamentale importanza perché mostra che Ronnie Walliser, che mi ha istigato a
produrre XTC, conosce Sven Väth; che quello che accadde durante l'afterhour era già stato tutto
pianificato e che Dirk era perfettamente informato su quello che era successo e che doveva ancora
succedere.

Per cui risulta chiaro anche che Sven Väth è uno dei mandanti della crociata che si terrà a mie spese.
Per il party del sabato al Bell, una settimana prima dell'apparizione di Sven Väth, Nico presentò il suo
set al piano di sotto con la sua troupe, ovvero Solaris, mentre Traxx aveva invitato un certo Shark di
Losanna a suonare al piano di sopra.
La performance di Nico fu molto buona, ma Shark lo superò con un ottimo e ballabilissimo chillout.
La Doccia era insolitamente illuminata a giorno.
Sandrà salì al piano superiore, entrò nella Doccia e mi presentò Piech e sua moglie, Krystel.
Piech lo riconobbi dal nome, Krystel però non la conoscevo ancora.
Lei era bionda e dagli occhi enormemente, vistosamente blu.
Mi salutò e sedemmo una accanto all'altro su di un divano.
Non sapevo veramente dove sarebbe stato meglio guardare o se avessi dovuto dire qualcosa.
In qualche modo la bellezza della donna mi metteva proprio a disagio, trovavo la situazione quasi
imbarazzante.
Come ci si comporta in una occasione del genere? Si parla del più e del meno?
Ad ogni modo, qualcuno mi tolse presto dall'imbarazzo.
Costui mi chiese di seguirlo fino all'uscita del quinto piano del Bell, disse di chiamarsi Häsi e di essere il
proprietario del Bell. Una volta giunti a destinazione, vicino alla porta, volle tastare la mollezza della mia
mano, affermò che si trattava di una vecchia usanza della sua famiglia, originaria del Brasile.
Si noti che al primo piano dell'edificio del Bell vi era una scuola di Tai Chi.
Dopo aver tastato la mia mano per circa 30 secondi, scosse deluso la testa e se ne andò.

Mi sedetti nel chillout.


Arrivò una coppia e prese posto al tavolo accanto al mio, completamente vestita di bianco come
eccezionalmente lo ero anch'io quella sera. Mi salutarono cordialmente e chiesi loro da dove
provenissero.
Lui mi indicò con un gesto che facevano anche loro parte del Bell.
Dovetti più tardi venire a sapere che erano gli Ursenbacher, lei si chiama Chantal e sarebbe di per sé
una bella donna dai lunghissimi capelli rasta se non fosse per una vistosa cicatrice che le squarcia una
metà del volto e che probabilmente le hanno inferto di proposito con una coltellata. Come venni a
sapere più tardi da Sandra, Chantal era una ex-prostituta e a detta di Sandra la persona più falsa che
avesse mai incontrato.
Il nome del suo uomo, dai capelli rasati, alto e magro, era Günther, a quanto pare.
Era gente dei Future Bass Junkies. Nel team di Neverland, infatti, cominciava apparentemente a
serpeggiare sia discordia all'interno di esso (tra Traxx & Damien) così come nei confronti degli
organizzatori di F&P.
Gli FBJ intuirono la possibilità di occupare le serate del Bell al posto di Traxx, il cui volto, quella sera,
mostrava tutto tranne che soddisfazione.
Più tardi ballai il set di Nico; l'incontro con Häsi mi aveva colpito nell'onore e mi indusse a spostare il
fulcro della mia concentrazione dai legamenti verso le mani, ossia verso le dita; da quel giorno mi
esercitai in continuazione, cosa che alla lunga portò ad un cambiamento del mio stile di danza.
Häsi riapparse ed osservando i miei nuovi esperimenti, sorrise inequivocabilmente (e soddisfatto) con
una persona accanto a lui.
Nei giorni seguenti Olli sembrò fuori di sé dalla gioia.
I miei “amici” avevano tutti ricevuto in omaggio delle ottime pillole “mela” da Häsi.
Affermarono che si trattava del miglior party che avessero mai trascorso al Bell in assoluto.

Passò una settimana.


Non facemmo visita al nostro locale di riferimento di sabato sera, ma aspettammo l'after di Sven Väth
da - e con - Thilo e Sandra. Verso le quattro giungemmo al Bell.
In macchina caricammo anche Sonja, una presunta amica che Dirk affermava di conoscere da 7 anni e
che “per coincidenza” era arrivata da Kassel. Lei iniziò subito a intavolare un discorso in una maniera
che mi sembrò artefatta. La relegai a Pascal, al quale più tardi la kasselense si dedicherà
completamente, diventando “la sua ragazza” (ma solo fino a quando tornerà utile alla setta).
Al quarto piano suona Sven Väth, in quello superiore Nico.
Il Miraculix mi sprizzò inizialmente da tutti i pori e per un certo periodo di tempo, per me, non ci fu Sven
Väth, né alcun ambiente, solo luci rosse, gialle e blu nell'angolo sinistro vicino al posto in cui, secondo il
mio senso di orientamento, doveva essere piazzato il DJ di Francoforte.
Poi mi ripresi, arrivai alla parte destra del palco del DJ e notai Ronnie che, camminando verso il bar,
passava di fronte a Sven Väth portando scetticamente le mani alle orecchie, come se volesse
segnalare “a Sven”, che la musica non gli aggradava.
E infatti Ronnie aveva ragione. Sven Väth suonava definitivamente sotto la sua soglia di dignità, mi
aveva già fatto un'impressione di gran lunga migliore al Grodoonia.
Ciononostante era un party evento per il Bell e doveva venire festeggiato come tale.
Mi spostai verso il centro della pista.

E già qui accaddero stranezze.


Innanzitutto venni apostrofato da un tizio che non avevo mai visto al Bell, il quale mi chiese di non
pestare i piedi della gente (i suoi per essere precisi) o qualcosa di simile. Era qualcosa che non mi era
mai successo.
Poi osservai una bionda, che vidi in seguito ancora un paio di volte, ballare con le sue dita delle mani.
Volevo solo osservare come lo faceva: si accorse che la guardavo e per questo andò dal suo ragazzo a
baciarlo, per segnalarmi che aveva già il suo amorino - lo ritenni un comportamento da sarta.
Poi mi recai al bar a ordinare qualcosa.
Voltatomi a sinistra, vidi la stessa donna che avevo scorto mentre usciva dall'area jungle che puzzava di
coca allo Stücki organizzato da Delirium.
Questa volta teneva in mano un bicchiere di spumante o champagne ed indossava un vistosissimo
collier di pietre preziose (non chiesi se brillanti o diamanti) di un'altezza di circa 10 centimetri attorno al
collo, cosa della quale rimasi disgustato. Dico: qualcosa del genere lo si porta forse al Kaufleuten a
Zurigo, al Gilda a Roma o al P1 a Monaco di Baviera, ma NON, PER FAVORE NON al Bell. È sia
superfluamente appariscente, nonché politicamente scorretto e assolutamente fuori luogo, considerato
il posto.
Si rovina in quella maniera l'atmosfera di tutto il locale. Che cosa fa una persona, che passeggia
“attrezzata” in quella maniera, al Bell? Le mandai un'occhiata di disprezzo e lei la notò eccome.

Il set del DJ di Francoforte continua a stagnare nella mediocrità.


Tilman e Stephan osservano la sua tecnica dalla parete situata dall'altra parte del palco.
Thilo racconta che Nico sta suonando in maniera fantastica al piano superiore.
Ma proprio in quel momento, Sven Väth fa partire uno dei miei brani preferiti, “Reincarnation” di Country
& Western (Edizioni ZYX! Sissignori, Mikulski a volte può fare miracoli nonostante la sua fama).
Non lo suonò per caso: si sapeva che ne ero entusiasta e quel bandito di Rainer ha ancora oggi la
compilation sul quale ho quel brano. Fu anche l'highlight dell'after di Sven Väth, perché da quel
momento in poi propose solo roba priva di groove: resistetti al quarto piano sperando in un momento
migliore.
Nel frattempo la gente sotto il palco del DJ si era dimezzata, cosa che mi incoraggiò a spostarmi
lentamente in quella direzione mentre ballavo. Improvvisamente osservai una scena: un gruppo di
giovani tatuati danza a dorso nudo attorno ad una ragazza, la quale a sua volta si muove come una
indemoniata.
Chiudo nuovamente i miei occhi (all'epoca ballavo quasi tutto il tempo cogli occhi chiusi, oggi quasi mai)
e quando li riapro, lei danza di fronte a me rivolgendomi la schiena.
Era fornita di anche memorabili e di uno scialle nero con sopra delle scritte dorate indecifrabili.
Lunghi capelli rossastri.

Richiudo gli occhi. Improvvisamente ci scontriamo.


Questo scontro fu pianificato dall'inizio e da lei provocato.
Aprii gli occhi e volli guardarla anche da davanti.
Siccome ci eravamo scontrati, pensai di scusarmi, offrendole quindi anche la possibilità di mostrare il
volto.
Per far questo posai la mano sulla parte superiore del suo avambraccio così come Ronnie mi aveva
riferito che fosse usanza. Lei si ferma e gira a sessanta gradi la testa rivolgendo lo sguardo sulla parte
del suo braccio sul quale era adagiata la mia mano, poi mi guarda un attimo negli occhi per poi ancora
riosservare la mano. Il segnale è chiaro: metti via la zampa!
Di conseguenza la tolgo, le sorrido pur essendo un po' sorpreso dalla sua reazione e mi scuso.
Tra l'altro aveva anche un bel volto, ma i lineamenti di un volto si dimenticano presto sotto LSD.

Per me la cosa era finita lì.


È possibile, a causa dell'attrazione del suo fondoschiena (così come Ottmar professava per quello di
Tatjana!) da me percepita come innaturale, che il tutto fosse stato “programmato” con l'ipnosi, il che
confermerebbe la tesi che Ottmar, l'ipnotista e chi mi ballava di fronte avevano gli stessi mandanti.
È possibile che fosse trapelato quanto accadde da Yves a Langnau e che, di conseguenza, si sperasse
che avrei avuto un'erezione anche in questo caso.
Probabilmente, però, delusi a riguardo le aspettative di chi tirava le fila.
Ad ogni modo Sven Väth sparisce in un batter d'occhio.
Quando ritorno al bar per ordinare un'acqua minerale, Chantal mi guarda furente, cosa che in quel
momento non riesco ad abbinare ad alcun avvenimento. Non mi sentivo colpevole di alcunché!
Ad un certo punto me ne andai al bagno.
Un tizio sui quaranta, rasato, a busto scoperto, con indosso pantaloncini di pelle e brandente un
mestolo d'argento mi disse che i bagni degli uomini, di fronte ai quali sostava, erano fuori servizio e che
quindi bisognava utilizzare quelli delle donne.
Non lo feci subito, ma me ne ricorderò un paio di settimane più avanti, la volta dopo che tornai al Bell.
Gli altri decisero di lasciare il locale, ovviamente li dovetti seguire.
Camminando verso l'uscita feci un apprezzamento a qualcuno che conoscevo da lungo tempo ma non il
suo nome (che però imparerò presto: David Schmid).
Gli raccontai che indossava un'accattivante maglietta della Disney, con Paperino disegnato sopra.
La sua risposta: “Un complimento? Un complimento è sempre benvenuto”. Poi tornammo da Olli.
Riguardo alla performance di Sven Väth, Patrick commentò con me: “Anche lui però cucina solo con
acqua”.
Lo difesi, ricordandomi di Country & Western: “Beh però l'acqua è buona”.
Patrick allora: “Sì, ci sono stati dei buoni momenti, quando ti ha preso da dietro...” ed aggiunse
ghignando “c'era anche molta sciccheria oggi...”.
Una volta rientrato a Steinen il possesso della mia macchina me ne ritornai al Bell.
David Schmid c'è ancora. Il (pessimo) DJ è Piranha, che quando mi vede mi mostra il pugno e lo agita
in aria come se mi volesse dire: “Se ti prendo te la faccio pagare”.
Cominciai a capire che c'era qualche cosa che non quadrava.
Scesi le scale, uscii fuori e tornando alla mia macchina, trovai una controfigura di Sven Väth con un suo
amico che mi chiese aiuto per partire perché, a sua detta, aveva lasciato accesi, durante la notte, i fari
della sua due cavalli. Dopo averlo aiutato tornai a casa.

Venne il momento dell'ultima festa Stücki. Alla Stücki ci andava tutto il mondo, per cui tutto il mondo
andava alla Stücki, anche se la musica lasciava a desiderare.
C'era già stata un'ultima Stücki, poi ce n'era stata un'ultimissima, poi veramente l'ultima “lo giuriamo!”.
Questa era l'ultima Stücki “DOPO NON CE NE SARANNO PIÙ” e difatti la mattina seguente tutto il
pavimento sarà inondato di acqua alta 30 centimetri perché per qualche motivo erano scoppiati i tubi dei
servizi igienici.
Quindi non ce ne saranno più per davvero.
Di per sé non vi è molto da raccontare del party, solo che, quando uscii, constatai che qualcuno aveva
piegato di proposito l'antenna della mia auto.
Le vetture attorno erano rimaste immacolate, per cui qualcuno doveva essere arrabbiato con me.

Poi la gente di Neverland organizzò di venerdì un Open Air nel bel mezzo di un bosco vicino ad
Aldersheim.
La mia scelta per il party: California Sunshine di marca Ronnie.
Durante la notte si avvicinò un tizio di nome Cristophe dai folti capelli biondi e ricci e con un volto da
modello.
Affermò di aver consumato dei funghi e cominciò a discorrere con me in maniera apparentemente
casuale, ci scambiammo pure i numeri di telefono.
Mentre Traxx suonava, Damien ed altri di Neverland sedevano ad una distanza di un paio di metri.
Cominciai a parlare con Cristophe del Bell, a spiegare che lo frequentavo regolarmente e volentieri e
che questo fine settimana ci suonava DEETRON. Che non avessi nominato DAMIEN sembrò non
piacere al DJ.
Ogni volta che Damien cominciava a ballare, faceva lo stesso la sua ragazza, come se volesse
segnalare di esserlo. La ragazza di Damien aveva capelli rossi ed era di bell'aspetto, verrò a sapere
molto più in là che si chiama Sabine. Di conseguenza ritenni potesse essere la donna con la quale mi
ero scontrato.
E lei era chiaramente la ragazza di Damien, per cui credetti di comprendere che cosa era successo alla
after di Sven Väth. Credetti male!
Ad ogni modo furono attuate diverse manovre, a questo party, per rafforzare questa impressione.
Tutti quelli che conoscevo bene a parte Kurt e Beatrix tornarono a casa verso le quattro.
In compenso mi ero impegnato a portare a casa i due “adulti” del gruppo, che sparirono per un po'.
Nel frattempo si allontanarono progressivamente, dal posto dove stavo conversando con Cristophe,
anche i componenti del team di Neverland. Solo una ragazza piuttosto brutta, che più avanti verrò a
sapere chiamarsi Ravit, rimase a guardarmi mentre continuavo a parlare con Cristophe.
Un po' più tardi se ne andò anche lei.
Una ventina di minuti circa dopo la sua dipartita ci si avvicinò una donna del gruppo di Damien e
scambiò qualche frase con Cristophe in francese, poi si voltò verso di me e mi domandò: “Parlez-vous
francais?” allorché risposi (in tedesco): “No, solo tedesco ed italiano”. Commentò: “Ah, Italièn!”
E questo con una faccia che esprimeva chiaramente disgusto.
Chiese con successo a Cristophe di andarsene con lei.

Rimasi solo come un idiota.


Era qualcosa che non ritenevo possibile potesse accadere con le persone del Bell.
Innanzitutto non mi sono mai sentito solo italiano, poi è uguale da dove si proviene ed infine: MA CHE
SIGNIFICA?!?
Ci conoscevamo già da un tre quarti d'anno, forse non personalmente, ma frequentavo le loro feste per
lo meno una se non addirittura due volte alla settimana ed amavo quello che facevano.
Ed ora improvvisamente ero diventato il chitarra e mandolino? Pizza Napoli? Il mangiatore di spaghetti?
Per quale motivo? Perché avevo toccato sull'avambraccio la ragazza di Damien?
Pensavo, fino a quel momento, di godere fama di essere un raver discreto, perlomeno per quanto
riguardava i tentativi di abbordaggio.

Tornarono Kurt & Beatrix.


Prima di svignarcela arrivò una donna, che chiameremo per comodità Natascha (o perlomeno era simile
ad una Natascha) col trucco strasudicio.
A causa del Sunshine di Ronnie pensai in quel momento che si trattasse della stessa donna di prima,
quindi di Sabine, la ragazza di Damien.
Chiese a Kurt & Be una sigaretta. Siccome ne avevo una in mano glie la offrii.
La prese e domandò: “Ne posso avere un'altra?” Certo, naturalmente. “Grazie” e via.
Lo ritenni una indicazione ulteriore e superflua da parte sua che aveva un ragazzo.
Come già detto, non era la stessa donna, ma in quel momento lo credevo e quindi cogitai di
conseguenza ed ero molto arrabbiato.
Condussi alla loro dimora Kurt e Be, i quali mi onorarono della loro visita a metà settimana seguente
assieme a Michaela e Jürgen. A casa mia diedero (appositamente) l'impressione di pensare male di me
per quello che era successo all'after di Sven Väth, cosa che lasciò un retrogusto amaro, perché loro
erano quelli dai quali me lo sarei aspettato di meno.
CAPITOLO 5

“Avrai paura di amare”

(Aleister Crowley – Liber Stellae Rubae)

“L'arma perfetta non è visibile


L'arma perfetta esiste allo stato brado
L'arma perfetta rende onnipotenti
L'arma perfetta seguirà le libere inclinazioni del desiderio
L'arma perfetta è come un rosario attorno al collo
L'arma perfetta si estende fin dove l'occhio può vedere
L'arma perfetta cerca tutte le tue immagini riflesse
L'arma perfetta basta fino al giorno
L'arma perfetta non è altro che un incrocio
L'arma perfetta mantiene le promesse per tutti
L'arma perfetta è una pillola fatta cadere in un bicchier d'acqua
L'arma perfetta è la cornacchia di casa
L'arma perfetta lascia in un'ombra di profumi
L'arma perfetta è un'illusione su una superficie della memoria
L'arma perfetta è un dito posato sui comandi di una macchina rotta
L'arma perfetta è troppo soffice per essere onesta e troppo onesta per essere vera
L'arma perfetta si gira mentre dispensa piacere verso tutti gli orizzonti
L'arma perfetta è sadismo puro, perlomeno come metodo
L'arma perfetta è un fiore sbattuto dalla ruvida febbre del vento
L'arma perfetta può essere riassemblata in ogni possibile combinazione
L'arma perfetta è una bellissima chimera
L'arma perfetta è un'idealista che non prende parte a nessun ideale
L'arma perfetta prende le sembianze ed i colori della demoralizzazione e della confusione
L'arma perfetta si accovaccia per intercettare ombre
L'arma perfetta non è nell'usanza di salutare i morti
L'arma perfetta troverà sempre chi la compra
L'arma perfetta è al massimo uno stelo pensante
L'arma perfetta ha disegnato il simbolo dell'infinito
L'arma perfetta non è incompatibile con una certa nobiltà di pensiero
L'arma perfetta (è) guarda (-re) su di un bicchiere blu
L'arma perfetta scrive tristi e focose lettere d'amore
L'arma perfetta è una gerarchia, come ogni altra
L'arma perfetta è una porta che qualcuno ha aperto
L'arma perfetta implica che ci siano altri dietro di essa
L'arma perfetta è un'intenzione oscura
L'arma perfetta non aspetta mai sé stessa
L'arma perfetta è dura come l'incredibile martellamento e nessuna domanda sotto
L'arma perfetta è un punto di riferimento
L'arma perfetta non è né la mia ombra, né il mio doppio, né la mia metà, né un altro me
stesso
L'arma perfetta è il sangue portato al livello dell'acqua
L'arma perfetta è la metà di un destino
L'arma perfetta non ha nulla da fare prima di morire
L'arma perfetta lascia uno squisito cadavere”

(MC 900 Foot Jesus - “Dali's Handgun”)

Il sabato in cui rimisi piede al Bell, fui dapprima portato da Patrick e Lumpi su di un prato vicino al Reno,
non molto lontano da Rheinfelden. Con Patrick ebbi un discorso interessante.
Mi raccontò di essere felice di aver trovato persone che promuovevano il suo talento musicale ed anche
una ragazza che lo capisse.
Mi chiese che cosa avrei voluto realizzare più volentieri.
Gli risposi, senza pensarci su troppo, che il mio sogno sarebbe stato quello di creare una stazione radio
come la svizzera DRS 3, quindi una radio che si distaccasse completamente, per il suo statuto legale,
dal formato purtroppo ben noto delle stazioni radio commerciali.

Ci recammo al Bell verso le 11 di sera. Avevo già consumato una pillola.


Siccome eravamo stati in giro per diverse ore senza sosta, il primo pensiero che ebbi una volta entrato
nel locale fu quello di una pausa idraulica.
Mi ricordai che la toilette degli uomini era apparentemente fuori uso e così mi recai direttamente a
quella delle donne, che era situata nella pista principale al piano di sotto subito vicino al bar.
Entrando mi accorsi che la Chantal bionda, che avevo conosciuto da poco, si guardava allo specchio e
forse si truccava.
Mi intravide ma non mi disse nulla.
Mentre sedevo sul water udii però, nonostante la sua chiara intenzione di non essere sentita, che lei
bisbigliava eccitata con qualcuno/a riguardo alla mia presenza nel bagno.
Quando uscii, Chantal non c'era più.

In compenso vi era un'altra ragazza all'inizio dello stretto corridoio che portava all'uscita dalla stanza del
lavabo.
O meglio ancora due o più donne in una, come forse dovrei spiegare col senno di poi: la ragazza che
vidi soggettivamente all'inizio del corridoio era Yasumin, in seguito, però, mentre mi avvicinavo,
l'immagine cambiò e divenne quella di Sandra Blumöhr (lo venni a sapere solo all'inizio del 2002) e
forse anche di Nicole Kidman, che però non riconobbi subito.
Nella prima metà dell'anno avevo infatti visto una foto dell'attrice su una rivista ed ero rimasto colpito
dalla sua bellezza, ma la memoria conscia di quella immagine era già sbiadita.
La ragazza che avevo di fronte era invece, molto probabilmente, Natascha.
Per far questo basta mostrare la fotografia della persona di cui sopra al soggetto in trance.
In altre parole, quando Vi si racconta in trance che la persona che incontrerete dopo esservi svegliati
sarà Silvio Berlusconi, allora da svegli vedrete ed ascolterete Silvio Berlusconi anche se in effetti di
fronte a Voi c'è Vostra madre.
La mente è infatti in grado di riprodurre quasi fedelmente l'immagine presente nella propria memoria.

All'epoca Natascha aveva 16 anni, Sandra ne aveva 19, io 27.


Quella con i capelli medio-lunghi neri e rasta era Yasumin Sofia Lermer ed è un tipo come Ravit;
Natascha è una biondina; Sandra, che all'epoca non aveva i capelli rossi, anche se più tardi li tingerà di
quel colore, aveva un visetto simpatico anche se piuttosto duro.
Chiameremo da ora in poi la Sandra Blumöhr/Nicole Kidman rossa la “donna di tipo A” o Hash-Ultra,
perché di fronte a me vidi, all'inizio del corridoio, una ragazza dai lunghi capelli rasta rossi ed
indossante una t-shirt blu presa da qualche catalogo di vestiario dedicato al techno-lifestyle, con sopra il
logo “Hash Ultra”.

La ragazza mi fissò minacciosa e molto arrabbiata con le braccia incrociate. Pensai immediatamente
che fosse la ragazza con la quale avevo avuto una collisione durante l'afterhour di Sven Väth.
Mi guardava con un tale astio che ritenni, in quel momento, che ogni discussione riguardo a chi avesse
ragione o torto fosse superflua, perché comunque sia avrebbe pensato di avere ragione lei.
Stupida bisbetica! “La ragazza del DJ”, appunto.
Dapprima ebbi l'idea di sorriderle e di passarle davanti per farle capire che era naturale che la
considerassi bella ma che per questo non ero comunque un mostro invadente.
Poi però, resomi nuovamente conto del suo astio, decisi di comportarmi come si era comportato Ottmar
con Toni.
In altre parole le andai incontro senza maschera, così da segnalarle ancora di non serbarle né rancore,
né di volerla importunare in alcuna maniera e che confidavo in futuro in un buon vicinato al Bell, nella
dimora che avevamo in comune, così come era giusto che fosse.
Il problema: mediante suggestioni post-ipnotiche fui costretto ad innamorarmi della persona che vidi a
metà del tragitto di fronte a me, ovvero Sandra Blumöhr, che assomiglia a Nicole Kidman; può però
anche darsi che mi sia innamorato di Nicole Kidman stessa.
Le andai quindi incontro, la guardai negli occhi e mi accorsi a metà tragitto di quanto la ritenessi bella
mentre lei continuava a guardarmi con estremo rancore, cosa che mi sconvolse sempre di più con ogni
passo che facevo.
Perché all'inizio del corridoio non volevo alcunché da lei e non mi sentivo in colpa per nulla, ma più mi
avvicinavo a lei, guardandola nell'allucinazione dell'iride lucente di rosa, più mi accorgevo che la volevo
ad ogni costo.
Ma la Hash Ultra mi segnalava in quel momento di non voler essere toccata!
Vi garantisco che si tratta di una esperienza veramente traumatica per un essere umano.

Se poi ci si rammenta che all'epoca Natascha aveva 16 anni, vi potete forse immaginare che cosa
significhi costringere qualcuno, praticamente senza che lo sappia e contro la sua razionalità ad
innamorarsi di una minorenne.
Ad ogni modo mi ero riproposto di non distogliere il mio sguardo dai suoi occhi e feci veramente di tutto
per non mostrarle che cosa stava accadendo dentro di me.
In altre parole, partii prima del corridoio senza maschera ma arrivai alla fine di esso che ne avevo una,
perché la mia espressione facciale, in questo periodo di tempo, era rimasta la stessa, nonostante i miei
sentimenti fossero decisamente mutati lungo il cammino.
Ma alla fine del corridoio lei si mostrò stupita dal mio comportamento e voltò la testa all'ultimo momento
ed in quell'istante ebbi la sensazione di vedere Natascha.

Uscii dalla stanza del lavabo.


Un buttafuori, piazzato di fronte al bagno delle donne, mi fece notare che era la toilette delle ragazze ed
indicò due simboli di donna affissi sulla porta della toilette stessa.
Gli spiegai garbatamente che un paio di settimane prima mi avevano diretto lì di proposito.
Quando finii di rispondere al buttafuori e proseguii, mi crollò il mondo addosso.
Fino a quella sera ero stato un celibe felice: non ero in cerca di gnocca, andavo semplicemente a
ballare quello che era da sempre stato ciò di cui mi occupavo più volentieri.
In quel locale mi sentivo come a casa, ci si conosceva, lo frequentavo tutti i miei fine settimana per
smaltire la mia energia, era come una valvola di scarico per dimenticare le preoccupazioni del
quotidiano e per fuggire dal mio isolamento che mi avrebbe afflitto altrimenti.
Questo, ora, era decisamente cambiato e sapevo che non poteva significare nulla di buono.
I primi pensieri dopo l'uscita furono: “Non qua! Non di nuovo!” Avevo difficoltà a trattenere le lacrime.
Mi pesava da morire il fatto che mi fossi sentito dapprima davvero innocente – e questo glie lo avevo
anche fatto capire, ma ora sarei divenuto molto volentieri colpevole, anche se lei mi aveva
chiaramente indicato che non lo avrebbe tollerato.
Quando rivolsi il mio sguardo in direzione della pista da ballo vidi Jucy, la cornacchia, con la sua solita
borsetta nera a tracolla, che mi ghignava da tre metri di distanza.
Suppongo che anche la Hash-Ultra, dentro la toilette, mi avrebbe dovuto dire: “Questo è il bagno delle
donne, quello degli uomini è un po' più avanti”, ma non le avevo dato il tempo.

Mi misi a ballare sperando di scacciare dalla memoria l'accaduto.


Mentre ballavo, mi resi conto che si era formato un gruppo di persone che stava discutendo qualcosa e
nel mentre continuava ad osservarmi, oggi ritengo che si chiedessero se la mia faccia da poker fosse
stata vera o meno, detto in altri termini, se le suggestioni avessero avuto successo.
Erano presenti Thilo, Sandra Birkenholz, Dirk, Olli, Jürgen, Michaela, Pascal e soprattutto Friedl.
Poco tempo dopo, Sandra Birkenholz venne da me e ci sedemmo, come volle lei, sulle scale di metallo
del piano superiore del Bell, quindi in modo che non fosse un problema per nessuno del resto della
truppa osservarci.
Mi disse: “Trovo bello che finalmente ci conosciamo meglio” e mi diede una leggera pacca con la sua
mano aperta sulla mia coscia. La abbracciai: “Grazie di esistere, le altre ragazze sono delle vere
bisbetiche!”

Poi tornammo di nuovo al piano di sotto.


Era apparsa Ravit (che assomigliava a Yasumin) e non mi mollava col suo sguardo.
Mi beccai un “Aaalex, Yuu – Huu” dalla Chantal dai capelli neri, che stava dietro il bar, come se sapesse
che prima, al bagno delle donne, era volata qualche farfalla di troppo.
Una modella piuttosto attraente (dai bellissimi e grandi occhi blu violastri), vestita pochissimo, ballò una
volta avanti e indietro di fronte a me per poi sparire nuovamente.
Quando vidi di nuovo questa ragazza era ai piedi della scala in mezzo alla pista del quarto piano del
locale ma non mi degnò di alcuno sguardo, come se avesse fatto “il suo dovere”.
In compenso Jucy continuava a ghignare e Ravit a tenermi sotto controllo asfissiante.
Prima di mettermi definitivamente a ballare il set di Damien, notai che vi erano DUE DONNE, con
ENTRAMBE indosso una t-shirt blu con su scritto “Hash-Ultra”, che danzavano assieme.
Scorsi in volto solo il tipo “Natascha”, colei che mi aveva chiesto due sigarette al party di Aldersheim.
La donna di “tipo A”, che credevo di aver visto nel bagno delle donne, danzava rivolgendomi la schiena.
Ad un certo punto, ballando, mi ritrovai di fronte la donna del “Tipo B”, quindi del tipo “Natascha”, che
stavolta danzava normalmente rivolta verso di me, come se mi volesse perdonare qualcosa.
Ma come, non era lei – o sì? All'ultimo momento avevo visto Natascha, ma mi ricordavo benissimo dei
capelli rossi ed anche il suo volto mi sembrò diverso per un paio di secondi.
Damien fece partire un bel disco.
Ormai completamente sotto l'effetto della seconda pillola me ne accorsi in tempo relativamente breve e
pigiai sull'acceleratore, allorché Damien dimezzò di proposito il volume del suo mixer, scaraventandomi
naturalmente fuori dal ritmo. Il DJ sembrava non avermi davvero in simpatia.
Quello che all'inizio mi allietò ma col tempo mi fece sempre più schifo fu il comportamento delle altre
donne ed anche dei cosiddetti “uomini” al piano di sotto. Tutte le donne erano diventate di colpo
stucchevolmente amichevoli e mi provocavano, in parte, in modo palese, senza però veramente
“prendere contatto” con me.
Da una parte questo mi diede la mazzata finale, perché pensai che la Hash Ultra avesse compreso che
cosa le volevo comunicare e che le fosse piaciuto. Il problema era che nel frattempo la situazione era
cambiata.
Poi a quel punto ci si chiede: che gente è che per sette mesi ti vede ogni settimana e per le quali sei
meno importante dell'opinione di una tipa con la quale ti sei scontrato “per caso”? E di che ragazza si
tratta?
In qualche modo il tutto puzzava, mi sentivo preso in giro.
Pensai che Michaela, come al solito, non avesse tenuto la bocca chiusa e che Jürgen, naturalmente,
siccome lo continuavo ad evitare, non fosse proprio propenso a farmi della pubblicità a favore.
MANNAGGIA! ODIO LE SARTE!
Mi ero prodigato in ogni modo per non mostrarlo (e col senno di poi la domanda è, se dentro il bagno
delle donne c'era stato fisicamente qualcuno in assoluto) ma in qualche maniera doveva “essere
trapelato” - pensai – e questo non doveva succedere, perché la situazione sembrava senza speranza.
L'unica soluzione: negare ed ignorare, per quanto fosse possibile.
E questo significava, soprattutto: evitare di guardare quella donna negli occhi.
Non fornire a lei ed agli altri la possibilità di leggere sentimenti traditori dai miei.
Il tipo Natascha si appoggiò per qualche istante, sorridendo con decenza, alla parete che si trova tra il
bagno delle donne ed il bar, poi sparì. Poco tempo dopo, Traxx si portò nello stesso posto e mi sorrise.
Quando tornammo da Olli, Dirk constatò diverse volte che al Bell “ero volato”.
A parte il fatto che avevo preso due pillole, non avevo certo avuto voglia di volare.
Ero solamente molto teso e questo si vedeva sicuramente anche da come danzavo.
Ero allo stesso tempo arrabbiato e scioccato e trasformavo questa energia in forza motrice.
Sentivo ogni singolo muscolo e riuscivo ampiamente e perfettamente a ruotare le mie articolazioni in
maniera sincrona, ma dentro di me ero semplicemente rigido.

Qualche giorno dopo feci visita a Dirk.


Si era rasato i capelli quasi a zero, la ritenni una buona idea e feci lo stesso.
Mi recai anche a fare shopping. Il fatto che entrambe le ragazze avessero la stessa maglietta da
catalogo per corrispondenza mi aveva irritato. Di conseguenza cercai, a Rheinfelden e zone limitrofe,
vestiti non esplicitamente da raver e t-shirt batik al prezzo più basso possibile.
Raccontai ad una venditrice di non volere nulla di appositamente creato per feste techno perché: “la
gente compra sempre le stesse cose e si assomiglia tutta”.

Ottmar si era annunciato per l'annuale Streetparade di Zurigo, questa volta però con Axel, quindi il suo
“amico” di Bielefeld e/o Tübingen che si era “dedicato” a Tatjana dopo il chillout nella Kulturbrauerei.
Presi Axel subito in antipatia e questo mi fu tirato fuori in trance.
Dovete capire qualcosa che è necessario per comprendere il modo di agire dei componenti della setta:
si comportano, nella fase di indottrinamento (quindi quasi sempre), secondo uno schema in bianco e
nero o, detto in maniera diversa, secondo uno schema “buon esempio” / “cattivo esempio”, per fare in
modo che la persona da indottrinare si atteggi e pensi secondo il “buon esempio” e che rifiuti i tratti
caratteriali e le idee del “cattivo esempio”.
Questa è una tattica che prima o poi viene scoperta, perché il mondo è grigio ed ogni persona più
imparare o rifiutare lezioni dai suoi simili a seconda che le sue convinzioni morali ed etiche lascino
risultare giusta o sospetta una relativa adozione dei comportamenti e degli schemi mentali altrui.
Il seguire un “cattivo esempio”, in altre parole il rifiutare di attenersi alla dottrina della setta, viene di
solito punito con la perdita di denaro, con il danneggiamento dei possedimenti materiali
dell'indottrinando, nonché mediante violenza emotiva e (se ci si lascia provocare) anche fisica. Ma
queste persone possiedono una spiccata fantasia e vi sono una miriade di altre possibilità per recare
danno ad una persona.
Le passeremo in rassegna in ordine cronologico.

In questo caso fu Ottmar a venire scelto come “buon esempio” e Axel rappresentò il “cattivo esempio”.
I due saranno miei ospiti: passeremo la sera prima della Street Parade con Sonja e Pascal.
Axel impersonò il capisco-tutto-io-pseudo-alla-moda-gnocca-dipendente e mi chiese prima della
Streetparade 4 (QUATTRO) pillole (avevamo i cosiddetti “delfini”, direi da 100 mg di MDMA l'uno), che
non gli feci pagare perché era mio ospite. Il fatto che però non accennò nemmeno al gesto di restituirmi
quello che le avevo pagate io, vista la quantità che mi aveva chiesto, mi irritò alquanto.
Ottmar si era rasato i capelli come avevo fatto io, cosa che a sua detta gli costò emozionalmente molto.
Glie lo credo subito: avessi avuto una chioma come la sua non me la sarei mai fatta tagliare.
Interessante anche che Ottmar avesse con sé dell'hascisc pur essendo passato attraverso la dogana
sull'A5 tra Weil Am Rhein e Basilea, dove se si è giovani, si ha l'aspetto di Ottmar Straub e soprattutto si
possiede una Volkswagen Passat così sgangherata, si viene inevitabilmente perquisiti per tre ore.
L'avevo messo in guardia diverse volte a proposito, ma questo sembrò non interessarlo: se si hanno gli
amici giusti, infatti, a questo mondo non esistono doganieri.

Partimmo il sabato pomeriggio per Zurigo.


Axel mostrò interesse, in maniera appositamente indisponente, per tutte le ragazze che scorgeva nelle
altre vetture.
Comincia la Streetparade, partono i carri.
Dopo 10 minuti Axel mi chiede di fermarci per rullare una canna.
L'intenzione dietro questa richiesta era di perdere di vista gli altri ed, in effetti, rimasi poi solo con lui,
che a causa del suo comportamento mi divenne sempre più di peso.
Ad un certo punto ci muovemmo verso i carri e così potei salutare Lumpi e Monique, che erano su
quello degli FBJ, poi persi fortunatamente di vista Axel (il che era anche stato programmato), poi vidi un
momento Piranha e poi...

...David Schmid. Che si presentò anche finalmente come tale.

Dopo aver chiesto il nome a questo signore, che avevo visto al Bell così spesso, la sua prima frase fu:
“we are all one big family – siamo tutti una grande famiglia”.
Quindi la stessa con la quale si era presentato Ronnie.
Poi mi chiese se avevo una pillola per lui. Chiaro.
Che cosa voglio in cambio? Qualcosa da fumare, come al solito.
Affermò di possedere della buona erba e aggiunse: “In questo stato di coscienza la proprietà privata
non esiste.” Propose di rullare una canna al punto d'incontro stabilito, dove il mio gruppo si voleva
radunare per le nove nel caso ci fossimo persi, cosa che era avvenuta.
Poi mi chiese: “Sono tue le pillole?” Risposi: “No, ma ci sono vicino” - ed era vero.
Una cosa era certa: David Schmid non era un poliziotto, lo avevo visto troppo spesso “in estasi” al Bell
perché lo potesse essere.
Lui raccontò di essere avvocato, ma di interessarsi soprattutto di architettura moderna.
David mi fece notare che un suo conoscente, che era su uno dei carri che passavano, aveva dello
speed: “No grazie, sto benissimo così”.
Disse che lui la sua dose di adrenalina in più se la procurava con attività come il “bunjee-jumping” e mi
consigliò di provarci – questa frase mi sembrò in qualche modo intimidatoria.
Poi mi chiese da dove provenivo. Gli spiegai un po' del mio passato.
Mi racconta di aver ricevuto un'educazione antitedesca.
Hmmm... “David Schmid” - più israelita di così si muore. E vive pure in Svizzera!
Gli spiegai, anche e soprattutto pensando all'episodio di Aldersheim, che a Passau vi erano solo quattro
categorie di persone: “Passauer” [indigeni, nda], “Preußen” [tedeschi non indigeni, nda], studenti e
stranieri.
Aggiunsi ironicamente che a me la Svizzera piaceva per la sua tolleranza ed apertura nei confronti di
cittadini di altra provenienza, mentre a Passau, per l'appunto, non sarebbe stata la stessa cosa.
Per questo sostenni di poter capire la sua educazione antitedesca...

Arrivammo al luogo d'incontro, il ponte, prima del previsto.


David rullò la canna promessa, che però fumammo solo in due, perché gli altri non comparvero.
Siccome alle nove e mezza non si vedeva ancora nessuno, propose di passare la serata al
Limmathaus, dove dovevano suonare “The King Of Detroit” nonché suo cugino Jesse.
Quando arrivammo, ci sedemmo poco prima dell'entrata, dove “per coincidenza” erano anche sedute,
voltandoci le spalle, Ravit ed una sua amica. David Schmid cominciò a parlare del posteriore di Ravit
come se fosse un imbonitore professionale in un locale a luci rosse: “Guarda questo culo! Hmmm... che
ne pensi del culo di Ravit?” e frasi simili.
Non feci alcun commento a riguardo. Finalmente entrammo.
Un locale enorme, due piste, tutto sponsorizzato da West (quindi Reemtsma, oggi Imperial
Tobacco).
Al piano inferiore, qualcuno suona un set di acid estremamente veloce, sordo e quasi non danzabile.
Dopo 10 minuti di prove di ballo mi appoggio colle spalle al muro, nel bel mezzo della pista semivuota.
Una donna abbastanza attraente (del tipo “Yasumin”) si appoggia si e no a mezzo metro di distanza da
me, anche se ci sono 10 metri di parete a disposizione. La guardo ma lei non mi rivolge nemmeno
un'occhiata. Il solito giochetto.
Annoiato, mi sposto al piano di sopra per ascoltarmi il cugino di David.
Per lo meno 220 battute al minuto, uno scherzo, non lo si può considerare nemmeno più hardcore, è
solo una drum-machine impallata e basta. Lo stroboscopio è sempre acceso, il che da fastidio.
David raccontò che Ravit se l'era svignata con un tipo della security perché le aveva offerto una striscia
di coca.
In quella notte arrivarono pure Dirk ed Olli, anche ai quali la musica non andava a genio.
Affermarono che Axel ed Ottmar si erano recati alla Zoom, dagli Happy People.

Verso le quattro e mezzo la tortura ebbe fine: ebbi l'onore di portare David da Zurigo a Basilea, perché
aveva lasciato lì la sua bicicletta vicino alla stazione dei treni.
Gli domandai se, quale avvocato, poteva controllare se in Svizzera serviva una dichiarazione di uso
finale per l'acido idrobromidrico.
Olli, infatti, nel frattempo, aveva rimediato circa un litro e mezzo di formaldeide alla Ciba ed addirittura
un litro di Dietilamina (che è severamente controllata e serve per la sintesi dell'LSD) ma fino a quel
momento non era stato possibile reperire né il bromuro di sodio né l'acido fosforico e non avevo
nemmeno comprato l'attrezzatura per la sintesi dell'HBr.
David mi pregò di scriverglielo, mi avrebbe informato quando se ne sarebbe presentata l'occasione.
Dopo una brevissima vista al Bell tornai a casa...

... e una volta aperto l'uscio di casa fui sorpreso da un'anomalia.


Axel era già nella stanza, pur non possedendo alcuna chiave dell'appartamento.

Me lo spiegai pensando che avesse sicuramente chiesto al mio locatore di farlo entrare.
Parlammo assieme un attimo, disse che Ottmar era ancora fra gli Happy People, lui invece aveva fatto
l'autostop prima (da Zurigo ad Egg sono almeno 100 chilometri!).
Axel mi stava di fronte nel salotto. Io SEDEVO sul mio letto, lui era su un divano di finta pelle rosso,
subito accanto al mio impianto stereo, seduto anche lui mentre mi guardava.
Alla mia destra il tavolo dove giaceva il telefono ed un piccolo corridoio che portava alla cucina ed al
bagno. Sulla mia sinistra una parete che reggeva la mia collezione di CD e che copriva una parte
dell'atrio che portava all'ingresso.

Mi invitò a suonare musica rilassante.


Dopo che ebbi esaudito il suo desiderio, si alzò, scomparve dietro la parete della mia collezione di CD,
tornò puntando il dito verso qualcuno, io riuscii ancora a sentire e vedere un suo: “Posso presentarti...”

BUCO NERO.

La scena immediatamente seguente della quale mi ricordo oggi è: sono steso sul letto, in tipica
posizione post-ipnotica (giacente supino, con le braccia distese lungo il corpo con il palmo delle mani
rivolte verso lo stesso), quindi una posizione nella quale mai in vita mia mi sarei né addormentato né
tanto meno svegliato.
Ero rivolto con i piedi verso il muro dove c'era il telefono e di spalle dalla parete con la mia collezione di
CD.
È la prima volta in vita mia, della quale non mi riesco a ricordare, di essermi coricato.
I miei occhi sono ancora chiusi ma io sono già sveglio. La musica tace.
Ottmar è al telefono e parla con Sandra Birkenholz, la quale a quanto pare aveva appena chiamato, per
cui probabilmente dovette essere bruscamente interrotta la sessione di ipnosi così che la mia memoria
a riguardo non poté più essere cancellata in modo perfetto, ovvero in modo tale da non farmi
sospettare, cosa che sicuramente era riuscita in dozzine di altre occasioni.
Ma nella scena immediatamente precedente Ottmar in casa non c'era.
Mentre l'ospite di Kassel continua a parlare vivacemente al telefono con Sandra, quello di Tübingen
dice ad una terza persona, che quindi doveva essere nella stanza “si sta svegliando”.
Questa persona se ne va, sento la porta d'ingresso aprirsi e chiudersi, poi un'automobile mettersi in
moto e partire.

Apro gli occhi e chiedo ad Ottmar che cosa sia successo.


Risposta: ad un certo punto mi sarei addormentato e anche Ottmar avrebbe fatto l'autostop – non
credibile.
Dovetti pensare subito a quando mi aveva dondolato il suo orologio da taschino sotto il naso.
Se quello che temevo era diventato realtà, poteva esserci solo una spiegazione: che la mia curiosità e
la mia voglia avessero avuto la meglio sulla mia razionalità.
Ma il fatto che non me ne dovessi ricordare lasciava presupporre sventure per il futuro e le mie
previsioni risulteranno pienamente azzeccate.
All'idea che mi potesse essere stato impiantato un comando postipnotico con il quale rimettermi in
trance all'occorrenza (il cosiddetto “trigger” con il quale viene attivata “l'ancora”) arrivai solo molto più
tardi, perché all'epoca non conoscevo ancora abbastanza a fondo le possibilità del lavoro di trance.
È importante, in questo contesto, sottolineare che per anni ho pensato che questa fosse stata la prima
volta che sono stato ipnotizzato. Ma, per l'appunto, questo non corrispondeva al vero.
Perciò pensai egualmente a lungo che la ragazza che avevo visto nella toilette delle donne fosse il “tipo
A” e non Natascha e che la mia sensazione di amore fosse naturale e non imposta.
Questo è importantissimo per capire il mio comportamento nei mesi e negli anni seguenti.
Mi ricordai improvvisamente dove avevo già sentito il nome Ottmar Straub: credetti di averlo già visto
ospite al “Mittagsmagazin” [la rivista delle notizie di mezzogiorno della televisione di stato tedesca, nda].
Axel partì poco dopo. Con Ottmar ebbi ancora occasione di parlare della condotta di Axel: confermò le
mie opinioni, poi partì anche lui.
Rimasto da solo, mi accorsi che le mie provviste di droghe erano sparite.
Siccome, in qualche modo, avrei ancora messo le mani sul fuoco per Ottmar (si può essere irrazionali,
talvolta) rimaneva solo una persona della quale si poteva sospettare: Axel.

Passò una settimana fino ad essere nuovamente sabato sera al Bell.


Presenti Tilman della Eve & Rave, Claudia Strohmeier...
...ed Axel, venuto appositamente da Tübingen. Mi portò una maxi incommestibile di Joey Beltram, con
la motivazione che a me Joey Beltram piaceva tanto, cosa che di per sé è vera.
Il dodici pollici in questione, però, conteneva solo rumori sgradevoli e penetranti e ritengo fosse una
prova per osservare la mia reazione, giacché più avanti, al Bell, verrà suonata musica molto simile per
cacciarmi da una pista all'altra.
Avevo commentato con Axel: “Il Bell è l'inferno, ma io sono il diavolo.”
Mentre salii le scale del locale, la Chantal dai capelli neri mi salutò amorevolmente con un cazzottino
(più che altro una carezza) nel ventre; il mio personalissimo terrorista, che mi stava sempre alle costole,
mi chiese ovviamente subito chi era e come la conoscessi.
Mentre entrammo Axel ribatté al mio commento: “Ma non è l'inferno, è il paradiso.”
Beh, si può anche vederla così, ma il fatto che ad Axel piacesse il Bell mi preoccupava alquanto, perché
cercavo, già da lungo tempo, una scusa per scaricare il nostro fastidioso Don Giovanni.
Axel andava apparentemente sui nervi anche agli altri ed il suo comportamento al Bell sembrava
imbarazzante per tutti.

Incontrai subito David Schmid, lasciai appositamente la mia roba come al solito sotto il palco del DJ,
dove erano anche Kurt e Beatrix, che mi salutarono in maniera talmente amichevole da sembrarmi
artificiosa, perché la volta scorsa, a casa mia, l'atteggiamento dei due nei miei confronti mi era
sembrato molto riservato.
Il cambiamento, però, dapprima, mi fece piacere.
Quando mi recai nuovamente al bar per ordinare le mie bibite notai un comportamento diverso di
Chantal e di quest'altra donna, che presumevo aver visto per la prima volta all'ingresso della “Magic
Kingdom” e che, di per sé, non aveva nulla a che fare col Bell. Quando pagai con carta moneta e mi
diedero il resto, lo fecero entrambe poggiandolo nella mia mano aperta e lo sottolinearono con una
leggera pressione in più sul mio palmo e con un sorriso sulle labbra.

Quando entro nella Doccia, noto che l'unica persona nel locale, a parte il DJ, è una ragazza dai
lunghissimi capelli biondi con sfumature rossastre che è seduta dietro il bancone.
Fuggo via senza nemmeno rivolgerle lo sguardo.
Quella sera, infatti, era aperta anche un'altra stanza, un chillout posto sulla destra alla fine del corridoio
che va dalla Doccia all'uscita del piano di sopra, organizzato dalla Delirium di Zurigo. Lì incontro pure
Axel, che sta vomitando il suo charme su una bruna che le regge il gioco, poi David Schmid, gli
Ursenbacher, Friedl, Thilo, Sandra, Dirk, Olli, Tilman ed un suo conoscente (così affermava), “Stefan”,
ma non colui che apparteneva alla Eve & Rave, bensì probabilmente un altro Ursenbacher.
David Schmid mi fece notare che lo Stefan con cui conversava Tilman era gay, lasciando intendere che
fosse disdicevole parlare cogli omosessuali. Rassicurai David che né Tilman né io eravamo froci, ma
che ritenevo il comportamento di Tilman assolutamente corretto.
Questo Stefan lo chiameremo, per comodità, lo Stefan gay.
Mi sedetti accanto a Tilman, che poco dopo mi chiese se potevo andare a prendergli un gatorade al
limone.
Ma io non volevo andare dalla donna di tipo A e quindi gli risposi “più tardi”, sul momento mi dichiarai
troppo concentrato ad utilizzare l'effetto della mia mezza micropunta (LSD, Axel mi aveva
appositamente rubato il resto) per godermi le sculture di gomma schiuma esposte in sala.

Dopo circa un quarto d'ora, lo Stefan gay mi chiese una sigaretta e dopo averla ricevuta mi
ringraziò.
Conseguentemente mi scordai per un momento, che probabilmente la donna era ancora dietro il
bancone; quindi mi alzai per recarmi al bar ad ordinare il gatorade al limone di Tilman.
È rilevante, in questo contesto, un dettaglio che appresi solo con un anno di ritardo, ma che metto qui
per iscritto, in modo che il Lettore possa già comprendere adesso alcune cose.
Il tutto fu sponsorizzato, tra gli altri, dalla WEST, quindi dall'azienda Reemtsma (oggi Imperial
Tobacco), una enorme multinazionale del tabacco.
Per questo il trigger, ovvero la serie di azioni mediante le quali ritorno in trance, fu definito, all'inizio, in
questa maniera: mi si chiede una sigaretta, la offro alla persona, questa dice “grazie” e con lo scatto del
suo accendino ritorno di nuovo in trance.
Il trigger per le ancore non funziona più così oggi, ovviamente, ma anche negli anni a seguire mi si
chiederà in alcune situazioni una sigaretta per ricordarmi in quale stato posso essere riportato e che mi
si può ricattare, quando prendo decisioni o faccio delle affermazioni che non piacciono a certa gente;
anche amici utilizzeranno le sigarette ed il loro fumo come metafora per l'ipnosi.
Ad ogni modo mi alzo, cammino per il corridoio e mi accorgo che lei sta ancora sulla sedia che aspetta.
Troppo tardi, ha visto che voglio venire a ordinare qualcosa da bere. Allora vado.
Cerco di non rivelare alcuna emozione: “Un gatorade al limone”.
Mi rassicura dapprima con la sua espressione del volto, mi mostra un “7” (quindi 7 franchi) con le dita,
per il resto non dice una parola e si gira per prendere la bibita.
Nel frattempo tiro fuori un biglietto da 20 franchi e glie lo metto sul bancone.
Lei si volta di nuovo, posa la bibita sul tavolo, poi prende la mia banconota e non mi mette il denaro
nella mano, come le altre bariste, ma platealmente sullo stesso ripiano, in altre parole: “non sono più
arrabbiata con te, ma non mi devi toccare”.
Storsi la parte destra del volto a mo' di sorriso, lei fece la stessa cosa con la sua parte sinistra in modo
da rendere il movimento in tutto e per tutto un rispecchiamento.
Me ne tornai di nuovo al chillout.
Lungo il tragitto, ancora nel corridoio, mi sentii anche risollevato.
Lì incontro Sonja e Serge, che mi sorridono amichevolmente, cosa che ovviamente ricambio.
Poi entro nella stanza e mi risiedo di fronte alla scultura, dove stavo prima.

Dopo essermi seduto, cominciai di nuovo a stizzirmi per l'arroganza saccente della donna, perché si era
comportata come una superstar e questo mi dava sui nervi.
Gil Ursenbacher mi portarono erba originaria della Svizzera centrale, dove a loro detta vi erano enormi
piantagioni. Entrambi furono molto amichevoli.
Più tardi feci visita alla toilette di sopra e Chantal Ursenbacher venne a disturbarmi scherzosamente.
Questo mi stava ancora bene.
Poi arrivò Traxx e si sedette dimostrativamente accanto a me.
L'unico che non sorrise, ma che fu comunque molto cordiale, fu Friedl.
Improvvisamente era scoppiata una pace ed una serenità da film della Disney.
Sabine, la ragazza di Damien, entrò nella stanza e siccome la identificai come la donna di tipo A (era
l'unica che aveva i capelli rossi), evitai nuovamente di guardarla negli occhi.
David Schmid si lasciò scappare la considerazione che pure la sua collana di perle, che poggiava sulle
sue anche, calzava alla perfezione. Aggirai il commento.
Poi però accadde ancora qualcosa che trasformò dentro di me l'atmosfera da paradiso Disney sopra
descritta, come un catalizzatore, in pura stizza: quando uscii dalla stanza per ritornare al piano di sotto,
mi strusciò una qualche comparsa pagata, un cortigiano, un leccapiedi, chiamatelo come volete,
appositamente per farmi notare la sua “gioia”, visto che mi passò di fronte DIMOSTRATIVAMENTE
“spensierato e felice”, muovendo le braccia in aria a destra e a sinistra mentre il DJ suonava happy
trance.
Lo struscio fu veramente così palese ed invadente che, secondo me, in effetti, voleva provocare il
contrario di quello che ufficialmente voleva ottenere.
E di riflesso mi diede anche sui nervi il comportamento delle persone nel chillout.
Mi sembrò tutto molto servile e penetrante.
Il problema era che mi sentivo veramente innamorato, o perlomeno avevo già avuto quella sensazione,
anche se non quel giorno (quel giorno mi era sembrata solo molto dolce).
Ma per il resto niente strisciate, niente claque, niente felicità di plastica, chi crede di essere?
In aggiunta vi era il “problema Axel”: a fronte della possibile perdita di immagine che avrei sofferto nei
confronti di lei, se lei avesse scoperto che tipo era lui e soprattutto CHE ERA VENUTO CON ME,
volevo levarmi di torno lo sgradevole rubacuori prima possibile.

Verso mezzogiorno eravamo sulle scale di fronte al Bell, baciati dal sole: Tilman, lo Stefan gay, Axel,
David Schmid ed io – gli altri ci avevano già lasciati. David Schmid propose di fare visita un attimo a
Stefan, che a sua detta era accasato a solo alcuni metri di distanza dal locale.
Axel invece lanciò l'idea di andare da Olli per il chillout.
Siccome volevo scaricare Axel il più presto possibile e lui dipendeva dalla mia macchina, risposi a David
che avrei raccolto l'invito un'altra volta. A seguito di ciò, Tilman e lo Stefan gay si allontanarono di circa
50 metri da noi e cominciarono a discutere e a gesticolare vistosamente tra di loro.
Penso oggi che qualcuno mi aspettasse da Stefan, in ogni caso che fosse già pianificato che gli facessi
visita, ma in quel momento mi affliggeva di più il problema Axel, con il quale mi recai quindi da Olli per
una after.
Arrivati lì, Axel chiese se poteva sbriciolare del fumo di chi ci ospitava per preparare una mistura per la
pipa ad acqua – Olli ovviamente acconsentì.

Alla fine ce ne tornammo definitivamente a casa.


Cercai di spiegare ad Axel gentilmente, che il suo comportamento nel locale era stato semplicemente
impossibile, soprattutto in materia di donne.
Quindi mi domandò: “Perché ti importa così tanto di queste persone?”
Risposi: “È una specie di società, meglio ancora due specie, quella dei singles e quella delle coppie,
che si rispettano reciprocamente. Ci sono poche donne nella scena techno ed hanno quasi sempre un
ragazzo e non si vuole avvelenare l'atmosfera se non è necessario.”
Poco tempo dopo partì, ebbe però ancora il tempo di chiedere un pezzo di hascisc per il viaggio. Prego.
Un paio di giorni dopo Olli mi raccontò che Axel, durante la sua visita per l'after, aveva intascato il resto
del pezzo di fumo che aveva chiesto da sbriciolare. Dopo essermi brevemente consultato con Pascal,
decisi di non permettere mai più che Axel avesse a che fare con il nostro ambiente.

Il venerdì successivo, Patrick dovette suonare per l'inaugurazione di un nuovo club a Basilea: l'”Utopia”,
situato in “Auf dem Wolf” Numero 4.
Parlandone, commentò: “ci sono un paio di nasi da coca che vogliono nuovamente buttare via dei
soldi”.
A parte me, parteciparono all'evento anche Claudia Strohmeier ed, a sua detta, un conoscente, un certo
Mischa Mieke di Monaco. I due entrano da me in macchina dopo il party e “decidono” di organizzare
una after e/o di pernottare a casa mia.
Arrivati a casa, Mischa ed io parlammo soprattutto di musica.
Poi mi invitò improvvisamente a Monaco, perché diceva che avevo dell'ambient così bello, avrei potuto
suonare quando volevo all'”Ultraschall” a Riem, nel frattempo c'erano dei CD pitchabili che
regolavano la velocità automaticamente, non sarebbe stato alcun problema, per me, fare il DJ lì.
All'epoca questo non mi interessava, per cui lo ringraziai ma non feci salti di gioia, anche se
probabilmente questa era l'intenzione.
Certo, avrei suonato volentieri all'Ultraschall, in fondo ognuno vuole lasciar ascoltare agli altri i propri
brani preferiti, ma per questo non sarei mai né andato appositamente a Monaco né tanto meno avrei
traslocato.
Avevo ben altri piani, la Svizzera ed il mio ambiente mi piacevano più di ogni altro e preferivo di gran
lunga essere nel mezzo della pista da ballo che dietro ad un mixer.
Claudia e Mischa diedero ad intendere, quella notte, di essersi amati – che questo sia successo
davvero oppure che sia stata solo una finzione (quindi parte del mio indottrinamento) non lo posso dire,
ad ogni modo Claudia mi pregò, il giorno dopo, di non riferire nulla al suo amico Chris.
Poi Mischa ed io decidemmo uno scambio culturale: lui mi avrebbe regalato il disco che aveva più a
cuore che avesse con sé ed io gli avrei donato il disco che in quel momento era il più suonato dal mio
lettore CD.
In altre parole io gli diedi “Mental Modulator” dei Der Dritte Raum (il miglior disco di Harthouse di
sempre), in compenso lui mi mise in mano “Last Train To Lhasa” dei Banco De Gaia.
A proposito di questo disco vorrei fare qualche commento, anche se non hanno a che vedere con la
storia.
Il disco vuole condannare la persecuzione dei buddisti e dei loro monaci da parte del governo cinese
nel Tibet – che mi abbia regalato proprio questo disco è sicuramente così poco un caso quanto lo erano
le sue lodi per i Leftfield ed la sua indicazione riguardo a “Protection” dei Massive Attack.
La musica di “Last Train To Lhasa” si potrebbe definire come un gradevole e ballabile chillout, se si
conoscesse solo questo album. Siccome però mi ricordavo molto bene alcuni degli originali (X-Dream,
The Orb) e questi venivano citati veramente per minuti interi senza né modifiche né interruzioni, debbo
purtroppo dichiarare questo lavoro come il plagio più sfrontato che mi sia mai capitato fra le mani. Di per
sé un reato.
Detto in altri termini, godibilità nove, pretese artistiche ZERO.

Il giorno dopo, quindi il sabato pomeriggio, per essere precisi, chiamò David Schmid.
Si mostrò molto socievole e propenso a conversare.
Mi chiese se potevo rimediare una pillola per la sua “cugina dal Brasile” di nome Susi. Chiaro.
Non è strano, che qualcuno che frequenta il Bell perlomeno da quando lo frequento io, debba chiedere
A ME, a 70 Km di distanza da Basilea, se posso rimediare una pillola per sua cugina?
Ci demmo appuntamento di fronte alla stazione svizzera dei treni di Basilea (esiste anche quella
tedesca) per le dieci e mezza. Di per sé era previsto di nuovo un Open Air ad Aldersheim.
Feci dapprima visita ad Olli, visto che di solito ci radunavamo lì per le nostre scorribande.
Erano presenti anche Tilman, Virginie e Stefan della Eve & Rave.
Olli affermò di avere una notizia fantastica per me, che mi voleva assolutamente comunicare prima
della festa e che mi scrisse su un foglietto, per darmela “in segreto”, come se gli altri non l'avessero
potuta sapere.
Sul foglietto c'era scritto, che Olli quel giorno aveva rubato un litro intero di acido idrobromidrico dalla
Ciba.
E questa era per me davvero LA NOTIZIA per eccellenza.
Con un litro di HBr si produce più di un chilo di estasi, se si possiede la necessaria metilamina.
Siccome eravamo in possesso di formaldeide, potevamo già sicuramente sintetizzare MDMA per vie
alternative, le sostanze chimiche restanti sono veramente facili da ottenere, pensai.
Quindi, per me, una ragione reale per fare salti di gioia.
Gli strateghi emotivi della setta avevano raggiunto il loro scopo. Jackpot.

Ci incontriamo con David e la sua presunta cugina, ma non si va più all'Open Air, gira la voce che Traxx
e Damien abbiano definitivamente litigato e che Damien abbia addirittura chiamato la polizia per
sabotare l'evento. Al suo posto: party di Noom Records (Colonia) al Bell - Claudia (che viveva a
Colonia) sarà sicuramente felice, pensai.
Arriviamo, ci sono anche Lumpi, Monique, Jürgen e Michaela.
Noom Records, al piano di sotto, non è un granché – fa niente, io sono comunque al settimo cielo.
Il nostro gruppo, quindi Dirk, Olli, Patrick e la sua Susi, Tilman, Claudia e Mischa siamo seduti di sotto,
tra il bar ed il bagno delle donne. La pista di sotto del Bell, stavolta, è straordinariamente vuota.
Al bar: Chantal dai capelli neri e “miss Magic Kingdom”.
Un gruppo di donne di una bellezza sopra la media e mai viste prima, danza accanto alla scala di
metallo che porta dal quarto al quinto piano del Bell, “motivazione da ballo” e “sostegno dell'ego” a
pagamento per me, come si scoprirà.
Come sempre, evitai di volgere il mio sguardo da qualsiasi parte presupponessi qualcosa come dei
capelli rossi, anche se desideravo la presenza della donna di “tipo A”.

Mentre mi muovo nel locale, noto che diverse volte, membri maschili della setta (non mi viene in mente
una definizione migliore per questa gente) si avvicinano a me da dietro in maniera tale che lo scontro
con loro diventa, ad un certo punto, inevitabile. Di conseguenza mi scuso di proposito in maniera simile
a come avevo fatto durante l'after di Sven Väth con la donna di tipo A.
Quando mi avvicino al bar, arriva la “cugina” di David, si ferma proprio davanti a me rivolgendomi la
schiena e sottolinea le qualità del suo malcelato posteriore ponendolo esattamente nella traiettoria del
mio sguardo, rivolto più o meno verso il basso, provocando quindi una reazione da parte mia.
Deconcentrato da questo panorama e quindi portato fuori tempo, rivolgo nuovamente lo sguardo a
mezz'altezza e medito brevemente su quale sia la risposta adeguata ad una provocazione del genere.
Mi avvicino a lei sulla sua destra e le chiedo con un sorriso “come sale la pillola?”
In quel momento arriva David, che ha osservato la scena dal centro della pista, per dividerci
discretamente.
Poi scompaio nella Doccia, dove dapprima mi gusto la performance di un bravissimo mimo, vestito di
nero e con gli occhiali da sole, che appoggiato ad un tavolo immaginario si beve un caffè egualmente di
fantasia.
Torno un attimo dal gruppo di sotto. Mischa annuncia che nella Doccia presto suonerà un altro DJ,
quindi mi reco nuovamente lì con lui. Lumpi sta parlando col mimo.
Poi inizio io a conversare con quest'ultimo: parla solo inglese e proviene da Losanna.
Osserva che non so stare fermo un minuto e vuole assaggiare una delle mie pillole.
Segue una discussione sulle droghe.
La musica diventa buona, interrompo la conversazione per ballare.
A parte il DJ, Claudia, Mischa, Thilo, Sandra, il barista ed io non vi è nessuno nella stanza, che è
nuovamente illuminata a giorno.
Nel buio di un'anticamera, però, c'è della gente che ci osserva, solo che non la possiamo riconoscere,
perché la differenza di illuminazione tra le due stanze non lo permette.
La musica è un groove molto lento, una delle migliori performances che abbia mai ascoltato al Bell,
quello che all'epoca intendevo con “ambient ballabile” (anche se un disco mi sembrò un remix di
“Poison” dei Prodigy suonato a mezza velocità). Mischa suggerisce: “anche il DJ fuma hascisc”.
Porgo la canna al sorridente ventenne, il cui nick era “E-Motion” ed il cui nome proprio era Alex.
Ovviamente acquisto la mia acqua minerale al bar.

A parte me non danza nessuno, cosa che non mi disturba, perché non mi sento osservato ed ho
comunque il morale alle stelle. Improvvisamente arriva su Jucy con un paio di uomini, un paio di gemelli
omozigoti e si mette a sedere a destra del bancone, se si prende il pubblico come punto di riferimento.
Dopo un po' noto la Hash Ultra, che a quanto pare è salita anche lei dalla pista di sotto e che si piazza
dietro il bancone del bar dopo aver passato i sofa centrali, per aspettare, a quanto pare, di nuovo me.
Io però non avevo alcuna voglia di ripetere quanto era successo al party di Delirium.
Lei mi aveva segnalato distacco, che non la dovevo toccare, ma non era una persona con la quale
volevo essere “amico” invece che “amante”.
Poi c'era anche l'episodio dell'”Italièn” di Aldersheim, che non avevo ancora digerito del tutto.
Ne ero innamorato, ma mi bastava saperla “attorno a me”, magari ad un altro piano, l'importante era di
vedere capelli rossi con la coda dell'occhio da qualche parte.
Può darsi che aborrissi anche il fatto che con il suo gesto lei si ponesse al di sopra di qualcuno e
segnalasse, che io ero ospite nel suo locale, quindi in fondo, che ero alla sua mercé.
Questo è stato però molto probabilmente il motivo per il quale lei si mise dietro al bancone.
Ovviamente, essendo lei dietro al bancone, portandomi al bar non l'avrei potuta evitare.
Quando finii la mia acqua minerale e mi venne di nuovo sete, evitai di recarmi al bar, quindi di
andare dalla Hash Ultra. Presi invece il mio bicchiere e lo riempii di acqua naturale
dall'anticamera dei bagni di sopra.
Quando la Hash Ultra lo vide, scese dal suo gradino più alto sul quale si era posta per tornare al piano
di sotto, seguita presto da Jucy e dalla coppia di gemelli. A quel punto ebbi paura di perderla.
Il DJ suonò ancora 15 minuti, poi la performance finì.
Tornai al piano di sotto dove, nel frattempo, qualcuno si era unito al nostro gruppo: non lo riconosco
subito, mi sorride in maniera in qualche modo strana. Allora gli chiedo come si chiama: “Piech”. Ah già,
mi ricordo.
Patrick e Dirk sembrano delusi e arrabbiati con me.
Chiedo ai due che cosa è successo.
Entrambi rispondono: “sono felice” con una faccia come se a loro fosse appena sfuggito l'affare della
loro vita.
Torno a ballare al piano di sotto, accanto a me diverse donne che mi guardano e che hanno tutte una
cosa in comune: indossano tutte delle magliette da ravers di una catena per corrispondenza, quindi
proprio come mi ero lamentato quella volta con quella commessa.
Il commento era stato intercettato e queste ragazze provocanti sulla pista costituivano la prima risposta
della setta.

Vidi David Schmid conversare con Jürgen e Michaela.


Parlavano sicuramente di me! MANNAGGIA! NON PURE QUESTO, PER FAVORE!
Il comportamento di Chantal e di Miss Magic Kingdom al bar divenne vistosamente stucchevole, a tal
punto che non risultava più credibile. Prima di andarcene, la “cugina” di David mi impegnò in un ballo a
distanza di un metro e mezzo circa: mi sembrò naturale, quindi che non mi prendesse in giro.
Ma ce ne dovevamo andare.
Prima dissi però ancora a David, che fra un mese avremmo avuto estasi pura.
Fece una faccia strana, che mi diede subito da pensare.

E di questo adesso ne parliamo per esteso.


In quel momento non avevo sicuramente né l'intenzione di allettare la Hash Ultra né di fare sfoggio nei
suoi confronti del fatto che avrei avuto presto la mia estasi personale.
Mi era però chiaro che David Schmid in qualche modo conosceva questa donna e ritenevo questa la
maniera migliore per continuare ad avere contatti in qualche modo con lei, perché non volevo perderla.
E dopo aver lasciato il Bell, quella sera, pensai che non era stato veramente intelligente (ed anche
molto pericoloso) raccontarlo a David in quel momento, perché poteva essere interpretato come se la
volessi comprare ed un comportamento del genere è riprovevole, quando è intenzionale.
Mi vennero quindi dei sensi di colpa e volevo fare di tutto per rimuovere ogni possibile fraintendimento
ma se possibile senza andare da lei, perché lì si trattava di qualcosa di diverso. Questi sensi di colpa e
la voglia compulsiva del chiarimento furono utilizzati dalla setta, più avanti, per farmi cadere in trappola.
Ma la vera ed inaudita sfacciataggine a riguardo, sarà che più tardi mi si rinfaccerà di aver trattato
questa donna, per questo motivo, come una prostituta, nonostante il fatto che i miei pensieri
fossero sicuramente stati scrutati in lungo ed in largo in proposito e che quindi si sapesse con
certezza che questo non corrispondeva al vero.

Tornammo da Olli per il solito chillout. Tilman e Stefan ghignano come mai.
Ci fanno visita Jürgen e Michaela.
Jürgen mi adula in maniera vergognosa, mi dice che lo debbo nuovamente venire a trovare, che avevo
lasciato il mio cactus San Pedro da lui, poi racconta che Damien non fa più parte di Neverland e che la
musica al piano superiore è stata registrata e sarà messa in onda la settimana seguente su DRS 3.
Questo ovviamente sapendo che pensavo all'epoca che la Hash Ultra fosse Sabine, quindi l'amica di
Damien, e che ritenevo DRS 3 la miglior radio della regione e avevo in mente di creare qualcosa di
simile.
Michaela, infine, mi accarezzò il ventre quasi come aveva fatto Chantal diverse settimane prima.
Mi venne la pelle d'oca dal ribrezzo. Puzzava di trappola, di presa in giro a dieci chilometri di distanza.
Poco dopo, quella mattina, tornai a casa.

Un paio di giorni dopo il party di Noom volevo trasportare l'acido idrobromidrico dall'abitazione di Olli
(Grenzach) a quella mia (Egg).
Il tragitto in macchina prevede il passaggio per Rheinfelden, Schopfheim e Bad Säckingen.
A Schopfheim: controllo della polizia – avevo con me un tocco da cinque grammi di fumo.
La prima idea che mi venne fu di mangiarlo, solo che non si ingoiano 5 grammi di fumo in 30 secondi.
A circa 150 metri di distanza dal posto di blocco mi decisi a sputare, sul tappeto posteriore del sedile
anteriore del passeggero, il corpo del reato, che avevo già spezzettato in bocca.
Sul tappeto anteriore, sempre del sedile anteriore accanto al guidatore c'era il sacchetto di plastica con
dentro il litro di Hbr, ancora sigillato.
Batticuore.
“Buonasera” - “Buonasera”
“Avete bevuto dell'alcol?” - “No”
“Mi fa sentire il suo alito per favore?” - “CHHHHHH”
Pensai fra me e me: “È finita”
Il mio alito avrebbe fatto abbaiare un cane antidroga in Alaska.
Invece: “OK, prosegua pure...”

Ora ci sono tre possibilità: il poliziotto non aveva mai annusato dell'hascisc in vita sua (cosa che già
all'epoca, visto il comune addestramento della polizia, era alquanto improbabile), oppure anche il
poliziotto si faceva le canne e solidarizzava coll'ambiente oppure infine la polizia era stata istruita di
fermarmi ma di non perquisire la macchina e lasciarmi passare, a mo' di avvertimento.
Tendo a considerare l'ultima possibilità come la più realistica, perché, già all'epoca, la polizia era
perfettamente al corrente su quelle che erano le mie intenzioni, lo chiariremo ancora più avanti.

L'interesse di Olli e Dirk per il progetto delle droghe svanì completamente, nonostante di per sé
avessimo raggiunto una tappa fondamentale. Olli, in particolar modo, mi raccontò di preferire, ora, di
investire 20000 marchi (circa 10000 euro), che aveva ricevuto, in una motocicletta.
Naturalmente mi sentivo piantato in asso ed all'epoca non riuscivo ad intravederne il motivo.
Ma non avevo certamente intenzione di arrendermi per la pigrizia altrui!
Quando rividi Tilman da Olli, costui chiese “tre volte la Classe E”, perché le pillole che avevamo si
chiamavano Mercedes.

Susi, la ragazza di Patrick, mi offrì una volta, con un ghigno, delle patatine e delle noccioline, come se
sapesse che nel frattempo non mi piacevano più.
Oggi suppongo di essere stato condizionato mediante suggestioni post-ipnotiche, per un certo periodo
di tempo, ad evitare un certo tipo di alimenti grassi, così come la birra.
La storia della birra, poi, è un capitolo a parte.
Fino a quando fumai canne, la birra non mi piacque particolarmente.
Fra gli habitué della canapa indiana è frequente che si disdegni l'alcol, anche per questioni ideologiche.
Sicuramente sono stato condizionato, in aggiunta, in modo che non mi piacesse la birra.
Ma se si consuma hascisc sul serio, il sapore della suddetta bevanda semplicemente non piace (le
eccezioni confermano la regola), la sensazione dell'alcol amarognolo che scende per la gola è
sgradevole.
Il Tè freddo zuccherato (eventualmente alla pesca) e i succhi di frutta invece sono proprio l'ideale.
Fui interpellato a proposito della mia avversione per la birra da persone che sapevano del mio
condizionamento e che se ne burlavano, in particolar modo tra il settembre del 1995 e lo stesso mese
del 1996. Questo lo menziono qui in anticipo.

Patrick fu ingaggiato per suonare una notte intera alla “Grube”, una discoteca da qualche parte nella
regione Ost-Westfalen-Lippe, se non erro.
All'andata mi diede un passaggio Tilman, che suonò dei mix di Sven Väth, che gli avevano registrato
suoi “amici” al Grodoonia. Era molto orgoglioso di comunicare A ME che erano registrazioni di Sven
Väth.

Patrick suonò, durante la notte, il contenuto di più o meno tutti i suoi tapes.
Fui nuovamente corteggiato da diverse donne.
Una sembra entusiasta dei miei abiti, l'altra mi guarda profondamente nelle palle degli occhi mentre
tiene in mano la sua birra, l'altra ancora aspetta all'entrata alla fine della programmazione notturna, mi
guarda da due metri di distanza per un paio di minuti per poi esclamare frustrata “Ma insomma, non
può essere così difficile”, prima di scomparire definitivamente.
La domanda che ci si doveva porre qui, ovviamente, è solo PER QUALE MOTIVO si comincia COSA
con una donna, in una discoteca lontana diverse centinaia di chilometri da casa, sapendo di non essere
arrivati con la propria vettura, essendo quindi alla mercé degli altri. L'idea sarebbe semplicemente da
idiota.
Qualcuno mi incoraggiò, durante la notte, a continuare “a ballare così”.
Olli invece mi consigliò di svolazzare in giro in maniera meno appariscente.
Dopo la fine della programmazione notturna, il pubblico fu invitato brevemente ad uscire.
Poi Patrick cominciò a suonare per l'after nella stanza più piccola, per un pubblico più ristretto.
Suonò molto bene, troppo bene: sicuramente non erano i suoi dischi, conoscevo sufficientemente il suo
schifo per poterlo affermare.
Il vinile gli fu messo in mano per l'evento, come “ricompensa” per la mia corretta condotta, si potrebbe
dire: ci sono DJ e case discografiche, nella scena techno, che non pubblicano i loro brani e che li
suonano solo in determinate occasioni e per un certo pubblico, un comportamento dietro il quale,
naturalmente, si cela una ideologia deprecabilmente elitaria. È esattamente quello che Patrick
intendeva quando disse che era a favore del fatto che solo “pochi” avessero “il buon sound”.
Presente all'evento anche un certo “Patrick...”, seduto accanto a Virginie.
Il cognome di questo tizio me lo sono purtroppo dimenticato, il motivo per cui la sua presenza è
importante lo si scoprirà il giorno di capodanno del 1996.
Ritornai col furgoncino di Lumpi con lui e Monique. Guidai io perché Lumpi aveva bevuto.
Arrivati ad un distributore di carburante, Lumpi divenne veramente aggressivo e scese dalla macchina
per correre verso qualcuno con il coltello in mano, perché quest'ultimo aveva lasciato acceso il
fendinebbia.
Questa può sembrare a Voi (e all'epoca anche a me) una reazione assurda ed esagerata.
Bisogna però tenere a mente, che Lumpi aveva già avuto le esperienze con la setta che avrei dovuto
ancora fare io e a causa delle mie, di esperienze, posso ragionevolmente supporre che si potesse
trattare di una provocazione.
La setta “lavora” in questo modo: usando dettagli insignificanti e praticamente indecifrabili per i non
iniziati.
CAPITOLO 6

“LA PACE è la via da seguire, quindi METTITI L'ANIMA IN PACE e segui la via che vogliamo noi.”

“Neverland”, apparentemente, si sciolse.


Traxx rimase, ma per riempire il programma ingaggiò nuovi DJ che possedevano tutti quanti nomi di
droghe esotiche, come 5-MEO (per il 5-MEO-DMT), Nexus (per il 2-CB, una sostanza di Shulgin) e
simili.
I DJ suonarono sempre peggio: tralala impietoso, happy trance, roba priva di groove.
Ma qualcuno così fuori di testa come lo ero io al Bell se ne infischiava relativamente.
Si aspetta semplicemente che arrivi di meglio e nel frattempo si continua a ballare.
Oggi debbo ammettere che già questi DJ suonavano di proposito da cani ogni volta che ero nei paraggi,
per dimostrarmi, che chi aveva a che fare con queste droghe doveva per forza suonare male.
Parte dell'indottrinamento, o meglio del “condizionamento”.
Quando si ha abbastanza denaro, ci si può permettere questo e molto altro.

La settimana seguente feci visita al Bell da solo, per quale motivo gli altri non volessero ufficialmente
andarci non me lo ricordo più. David Schmid mi aveva chiesto al telefono, se lo potevo venire a
prendere col “Mercedes”, cioè se gli avessi potuto rimediare una pillola.
Lo feci e non volli denaro, non perché era un amico mio, ma perché il tipo mi stava lentamente
diventando sospetto.
Pensavo anche, che se avessi continuato ad avere a che fare con il tizio, prima o poi gli avrei potuto
mollare delle pillole ad un prezzo decisamente più vantaggioso.
Ma David era strano, sembrava quasi un pappone che non chiedeva soldi.
E c'è una frase di William Burroughs, qualcuno che questo mondo lo conosceva bene, immortalata su
“Consigli per persone giovani”:

“ Stai attento alle puttane che affermano di non volere danaro. Col cavolo che non lo vogliono. Quello
che intendono dire è che vogliono PIÙ soldi, MOLTI DI PIÙ. Sono le puttane più costose che si possano
avere.”

Anche la situazione al Bell era divenuta molto strana e snervante.


Cercarono di abbordarmi diverse volte, persino degli omosessuali.
Tutti i tentativi, però, erano intenzionalmente nauseanti per un qualche motivo.

Ma torniamo a quel fine settimana.


Ad un certo punto ho l'impressione che la donna del tipo A (che in questo caso, però, era solo una
comparsa con i capelli rossi) se ne vada al quinto piano. Io rimango al quarto.
Ma il DJ comincia a suonare così schifosamente, che ad un certo punto abbandono la coraggiosa
resistenza e mi affaccio al quinto, dove suona nuovamente E-Motion.
Damien e questa rossa ballano in un angolo, io danzo appositamente nell'angolo opposto.

All'inizio si riconoscono alcuni dei brani che E-Motion aveva suonato il fine settimana prima, poi però la
musica peggiora di proposito. La rossa ritorna al piano di sotto.
Per non dare l'impressione di seguirla, rimango fino a quando la musica non diventa veramente
insopportabile.
Mentre compie il suo giro di ricognizione per il Bell, Chantal dai capelli neri sale nella Doccia e mi
accorgo che mi guarda un attimo ghignando come se sapesse che adesso sarebbe accaduto qualcosa.
La musica è terribile, ma adesso al quarto piano non ci vado nemmeno se mi torturano.
Decido di rimanere nella stanza accanto del quinto, in modo di poter ascoltare la musica del quarto
senza scendere di un livello. Sono appoggiato al muro che si trova dall'altra parte di dove comincia la
scala.
Improvvisamente arriva un gruppo di cinque ragazzi che si appoggia alla parete che sta alla mia destra.
Un giovane si stacca dal gruppo, mi si siede accanto e mi chiede se voglio una gomma da masticare.
Sì, grazie.
Dopo un piccolo colloquio introduttivo mi invita fuori dal Bell, al parcheggio, dove, nella sua Audi 80 con
targa tedesca di Friburgo, ci aspetta il suo bong (un arnese per fumare hascisc) alto circa un metro.
Ha anche con sé dieci grammi di hascisc della migliore qualità.
Si chiama Christian Bonacker, di Müllheim, vicino Friburgo, di 17 anni.
È dell'avviso che nel locale (il Bell) suonano solo happy trance mentre da loro a Friburgo la musica
sarebbe molto più progressiva, per dimostrarlo schiaffa un tape nel mangianastri che sostiene di aver
missato lui stesso. La musica è accattivante e mischiata anche bene.
Ci facciamo qualche tiro di bong.
Se lo voglio ingaggiare, mi dice, nessun problema: costa 300 marchi all'ora (circa 150 euro),
“perlomeno due ore”. Ringrazio per l'offerta...
Al Bell, continua, le ragazze correrebbero subito dal loro amichetto se le si guarda [vedi l'after di Sven
Väth, nda], a Friburgo, invece, ce ne sarebbero ancora un paio che il ragazzo non ce l'hanno.
Quindi gli racconto del mio incontro al bagno delle donne e del mio passare oltre la Hash Ultra.
Allora mi chiede: “Avevi paura di beccarne una?”
Risposi: “No, era la ragazza di un DJ, voglio la pace qui, questo è il locale dove vado a ballare, chissà
quale malavita gira qui attorno...”

Per il resto ha un sacchetto pieno di pillole oxbows e di benzedrina (speed alla mela), quindi
esattamente le stesse qualità di pillole e di speed che spacciava il grossista di Flo, cosa che visto il
considerevole numero di qualità presenti sul mercato è molto raramente un caso.
I brufoli sul suo volto lasciano dedurre un alto consumo di anfetamina.
I suoi amici scendono, si presenteranno in un'altra occasione, ma i nomi li faccio adesso: Ralph
Dännard, Knirks, Sebastian e Gunnar.
Siccome sono già in cinque, scendo volontariamente dalla macchina e mi siedo accanto alla porta
aperta del guidatore, dove Christian è al volante, anche se per la sua età non può ancora possedere
una patente.
Poi Christian mi dice: “Se vuoi dell'estasi pura in polvere, ti costa 100 marchi il grammo (50 euro) se me
ne acquisti minimo 100 grammi”. Lo stesso prezzo che era stato menzionato da Tilman della Eve &
Rave.
Rispondo: “Riesco ad avere un prezzo migliore”.
Allora lui: “Bisogna essere maledettamente vicino alla fonte, se lo si riesce ad avere a meno.”
Questo “vicino” ricordava molto il “ci sono vicino” che avevo risposto a David Schmid alla Streetparade.
Lancio un: “Io ho una fonte per il sassafrasso...”
Christian: “E a che cosa ti serve?”
Io: “Da quello puoi estrarre il safrolo che necessiti per produrre estasi...”
Christian (leggermente sfottente): “Ah, e se hai quella roba puoi fare pillole?”
Io: “No, non è così semplice. Il problema è arrivare alle sostanze chimiche con le quali lo si deve far
reagire”
Christian: “Allora che mia madre lavori alla Gödecke [azienda chimica di Friburgo, nda] capita come il
cacio sui maccheroni. Sarebbe bello ottenere tutte le sostanze chimiche da una sola fonte, no?” Io:
“Certo che lo sarebbe”.
“Beh”, penso, “così innocenti non lo sono poi questi ragazzini...”
Decidiamo di tornare in Germania per una after da Olli, il mio domicilio è un po' lontano.
Io vado colla mia Fiesta sporca, loro con l'Audi 80 con Christian, senza patente, al volante.

Alla dogana tedesca di Grenzach mi lasciano passare, loro vengono fermati.


“Oddio”, penso, “quelli staranno lontano da qualsiasi party per i prossimi cinque anni”.
Se un cittadino normale, alla frontiera tedesca, arrivando da Basilea, viene beccato anche solo con una
cartina lunga, la sua macchina viene sempre perquisita da cima a fondo per perlomeno un'ora.
Un bong lungo un metro e largo 7 centimetri non può semplicemente essere ignorato da un doganiere.
Inoltre un diciassettenne senza patente al volante non fa una bella figura.
E dieci grammi di hascisc nonché un sacchetto pieno di speed e di pillole non si possono nascondere
facilmente, soprattutto una volta trovato il bong...

Io aspetto nella speranza di vederli tornare subito, a circa un chilometro e mezzo dopo la frontiera:
tornano dopo mezz'ora!
Ora mi chiedo, seriamente, che cosa avranno mai fatto quei doganieri in quel lasso di tempo.
Hanno controllato l'impianto elettrico? Se le cinture degli occupanti erano allacciate bene?

Sicuramente una cosa: hanno permesso a qualcuno in macchina di fare una telefonata.
E se si conoscono le persone giuste (ad esempio Piech) non vi è né una dogana né il divieto di guida
senza patente nel Dreiländereck [“L'angolo dei tre stati”, ovvero Germania, Svizzera e Francia, nda], né
dalla parte tedesca né da quella svizzera.
Vi sono persone, in Germania, che vivono al di sopra della legge.
Ne ho conosciute alcune in vita mia, ad esempio questi ragazzi.
Per me, il vantaggio fu che dopo questo incidente e per tutto il periodo di tempo nel quale fui nei “favori”
di questa gente (quindi circa 4 mesi) non verrò MAI PIÙ fermato alla frontiera, né dalla parte tedesca né
da quella svizzera, per l'appunto.
Bisogna anche tenere a mente, che se io fossi stato un doganiere, mi sarei perquisito per un'ora ogni
volta che passavo il confine. Nel mio periodo “ruggente”, la mia vettura era sempre coperta da una
coltre irregolare di fango, avevo un'ammaccatura profonda minimo 5 centimetri nella porta anteriore
dalla parte del guidatore (un “regalo” della setta, come vedremo più tardi), mi recavo alle feste verso
mezzanotte completamente sotto estasi passando la dogana per entrare in Svizzera e tornavo
egualmente sotto estasi, di solito tra le 8 e le 11 di mattina.
Con magliette batik e pantaloni simil-tuta a chiazze azzurro cielo.
Il cittadino modello per antonomasia.

Nel frattempo ritengo che, se si conoscono le persone giuste, si possa portare un camion trasparente
pieno di cocaina, con affisso pure un cartello largo tre metri sul quale c'è scritto sopra “COCAINA”,
avanti ed indietro per la dogana svizzero-tedesca senza mai venire fermati.
Cosa che non mi disturberebbe più di tanto, se non avessi imparato a temere, quale semplice cittadino,
di perdere la patente per una canna che avevo fumato e se non mi fosse accaduto diverse volte di
venire trattato come un parassita nocivo di questa società per i miei “reati di droga” (sono stato beccato
qualche volta con quantità per uso personale).
Ma la verità è che esistono, appunto, DUE società e l'una, che non ha nulla da temere, se ne infischia
altamente che i diritti dell'altra vengano arbitrariamente limitati o recisi.
Per questo lo Stato viene sempre più regolamentato e si punisce sempre di più e sempre più
severamente: si bastona ogni volta chi non si può difendere, il ceto medio-basso, gli altri sono già su un
altro pianeta.
Chi fa le leggi non viene colpito da esse.
Delle leggi non glie ne importa, tanto loro gli agganci giusti li hanno.
Se il figlio di Lafontaine viene arrestato con dell'hascisc, questo non ha nulla a che vedere con una
giustizia compensatrice, è semplice PROPAGANDA ELETTORALE per un certo tipo di clientela di
sinistra.
Perché la faccia del poliziotto, che coglie in flagrante e denuncia sul serio il figlio di Lafontaine per un
tocco di fumo senza curarsi delle circostanze politiche, me la incornicio. Poi la osanno ogni mattina.

Ma torniamo alla truppa di Friburgo.


Dopo circa mezz'ora, come già detto, ritornano, non proprio con una espressione gioiosa sul volto, ma
sono ancora liberi e si possono ancora muovere.
Arriviamo da Olli, ma lui non c'è, quindi decidiamo di lasciar perdere l'after.
Quando torno alla vettura mi accorgo che l'ho chiusa di nuovo con le chiavi dentro.
Siccome mi è successo spesso, so nel frattempo come si deve forzare la macchina per entrare e risolvo
in breve il problema. Sguardi stupiti dei giovani: “Lo fai spesso?“ Solo con la mia automobile.
Poi mi chiedono se sono pregiudicato. Dal punto di vista legale: no. Solo qualche sciocchezzuola.
Christian ed io ci scambiamo gli indirizzi. Alla prossima.

Sia David Schmid che Pascal Zeidler accennarono nelle settimane successive al fatto che al newcomer
– contest del giovedì al Bell vi era sempre “un'atmosfera fantastica”. Ma a me bastava già il venerdì ed
il sabato per ballare e, come detto, non volevo diventare un DJ o per lo meno non ci pensavo.
Thilo raccontò che aveva conosciuto persone che affermavano, che leggendo la mia calligrafia
riuscivano a riconoscere che avevo una personalità totalmente scombussolata.
Bella forza, gli risposi, se questo lo pretendi di dedurre dalla calligrafia della scrittura a mano delle
cassette al cromodiossido, sulle quali avevo scritto mentre le reggevo a malapena sulle mie ginocchia.

QUESTO È UN CLASSICO STRATAGEMMA CHE ADOTTANO SETTE COME SCIENTOLOGY.

La setta tenta dapprima di far credere a qualcuno che sbaglia tutto e che deve cambiare sé stesso.
Ma non bisognava spiegarlo a me, io non ne dovevo sapere nulla, no: tutti quanti quelli che mi erano
intorno dovevano venire convinti, in modo che ognuno stesse diligentemente al gioco.
Queste persone non si mostrarono a me, ma io so, tra gli altri, chi si era avvicinato a Thilo e Sandra:
Piech e Krystel.
Thilo, infatti, mi raccontò diverse cose, in parte molto interessanti, che saranno di rilevante importanza
in questo documento anche in seguito.
A detta di Thilo, ad esempio, Piech aveva dichiarato che nella Sandoz veniva ancora prodotto dell'LSD.
Siccome la Sandoz aveva ancora il permesso di produrre acido lisergico per altri medicamenti, c'era
chi, su per giù ogni due mesi, sfornava una carrettata di gelatine (ad altissima concentrazione
percentuale di LSD) che venivano distribuite alle “persone giuste”.
Inoltre ero venuto a sapere da Sandra che Häsi conosceva Sven Väth e che abitava solo ad un paio di
case di distanza da Albert Hofmann, l'ex impiegato della Sandoz scopritore dell'LSD.
Notate che la setta tenterà di proibirmi in futuro il consumo di LSD in ogni maniera.
Thilo raccontò anche che Krystel, la donna di Piech, possedeva il diario di Aldous Huxley.
In questo, a sua detta, è scritto che Huxley morì per un'overdose di 925 milligrammi di LSD.
L'appunto di questo esperimento che fece su di sé, nel suo diario, è l'ultimo e porta la data del giorno
prima della sua morte. L'implicazione rilevante che si deduce da quest'affermazione non è tanto che
così quello di Huxley diventi l'unico decesso accertato per overdose di LSD.
Molto più importante è la quasi conseguente conclusione che Krystel, per arrivare al diario dello
scrittore, dovesse avere avuto contatti con la famiglia di Huxley o addirittura con Huxley stesso.
E così anche con MILTON ERICKSON, uno dei più importanti ipnotisti del ventesimo secolo: che
Huxley ed Erickson si conoscessero, infatti, è universalmente noto (vedi il primo volume di “Patterns” di
Richard Bandler). Su Huxley e sulla sua visione di una società in “Il mondo nuovo/Ritorno al mondo
nuovo” tornerò ancora in maniera esauriente più tardi.

Mi fece visita Guido Barberis, al quale avevo raccontato del mio progetto droghe.
Lui si era fatto solo qualche canna in vita sua e non aveva mai calato, ma non mi aveva mai
rimproverato e non volle mai troncare il nostro rapporto per questi motivi: mi conosceva alla perfezione
e sapeva che avevo la coscienza a posto – non ho mai nascosto a Guido le mie idee ed i miei ideali in
merito.
Ora mi ero riproposto di presentargli la scena techno svizzera.
Christian mi chiamò a metà settimana e mi invitò ad un party in una foresta vicino Friburgo.
Pensai ad un tentativo di accoppiamento e decisi, invece, di recarmi con Guido ad un Open Air
organizzato sulle rovine di un castello in Svizzera, dove doveva suonare Patrick ed al quale
parteciparono Dirk e Olli (e forse anche Claudia).
Una musica scadente, molto vento, freddo, non proprio quello che avrei voluto mostrare a Guido.
In compenso la domenica pomeriggio ci recammo al Groodonia, dove incontrai nuovamente quel
Christophe che mi aveva impegnato, ad Aldersheim, in un lungo discorso.
Sembrò non essere interessato in alcuna maniera a continuare il colloquio. Ah già, ciao, addio.
Guido tornò a casa dopo il fine settimana.

Presi appuntamento con Christian a Müllheim per la settimana successiva.


Dopo l'episodio alla dogana volevo sincerarmi che la cricca non fosse, in verità, polizia in borghese,
perché trovavo ancora perlomeno molto strano che fossero tornati.
Fosse poi risultato che non lo erano, allora forse saremmo potuti entrare in affari.
Ero annunciato a casa di Christian per le otto di una sera qualunque.
Christian arrivò con 20 minuti di ritardo.
Entrammo in casa sua e ci recammo nella sua stanza, al piano superiore.
Anche se i suoi genitori, a quanto pare, non sapevano che fumava hascisc, il suo bong di vetro acrilico
era situato, quale attrazione principale, nel bel mezzo della stanza.
Gli avevo scritto e portato su un foglietto la lista delle sostanze chimiche che mi interessavano.
Mi raccontò di un conoscente di nome Valentin, che faceva di tutto per entrare a far parte della sua
cricca.

E qui ci fermiamo un attimo, perché dobbiamo introdurre brevemente una tecnica usata dai membri di
questa setta, la cosiddetta METAFORA.
È una maniera molto comoda per suggerire alla vittima di proposito, ad esempio, un qualche senso di
colpa, sapendo, in fondo, di rimanere intoccabili perché non vi è nulla di dimostrabile.
Si parla semplicemente di qualcun altro oppure anche di sé stessi, in un contesto, però, che risulta
simile a quello della vittima, quindi di colui o colei al(la) quale la metafora è indirizzata.
Forse a Voi in questo momento questa spiegazione non è ancora chiara, ma nel proseguo di questo
racconto riuscirete a comprendere alla perfezione come la setta usa le metafore per distorcere la realtà
e condizionare nonché opprimere emotivamente la gente.
Ad ogni modo, all'epoca, non compresi la metafora, ma VALENTIN ERO IO, quindi io ero colui che
secondo Christian voleva entrare ad ogni costo nella cricca, cosa che ovviamente non corrispondeva a
realtà, perché erano stati loro a cercarmi per primi e non io.
A me importava sapere da lui se conosceva qualcuna delle persone, con le quali intrattenevo rapporti.
Cominciai a snocciolare un nome dopo l'altro, per sentirmi rispondere sempre di no: Dirk Hollstein,
Oliver Hollstein, Ronnie Walliser, Patrick Lecerf...
Le risposte arrivarono col ritmo di un orologio di precisione: “no, no, no, no....”

Poi feci il nome di Florian Ugurlu.


E come miglior risposta arrivò la grande, enorme, assolutamente innaturale pausa di riflessione di
Christian.

Alla fine: “No”.


Tornai a casa verso mezzanotte.

Pensai di scorgere Natascha un paio di volte al Bell, ma non le parlai e la stessa cosa fece lei, che evitò
egualmente di guardarmi negli occhi.
Un giorno, di fronte all'entrata della discoteca, mi intrattenni con un certo “Dominik”.
Sembrava all'ultimo stadio prima di un collasso cerebrale dovuto al consumo di estasi.
La sua mimica era spaventosa ma ritengo anche, oggi, che non fosse “genuina”.
A sua detta, Sonja era stata cacciata dal Bell: qualcuno era stato colto in flagrante con cento pillole nel
locale e questo qualcuno aveva addotto come “scusa”, di essere un amico di Sonja.
Dominik si lamentò anche perché le pillole erano le sue.

Susi, Dirk, Olli, Thilo e Sandra mi chiesero spesso della “Hash Ultra” (così chiamavo appunto la donna
di tipo 'A') e così spesso che ad un certo punto dichiarai chiuso l'argomento con un “lei può andare a
fanculo”.
Questa frase non rimase inosservata.
Poco tempo dopo Patrick poté suonare in un locale in Francia.
Lì c'erano Dirk, Olli, Susi, Virginie e soprattutto Stefan della Eve & Rave, il suo ragazzo.
Una volta arrivati mi si presentò di fronte una scena che oggi mi sembra di poter giudicare quasi
certamente come architettata, quindi fasulla: un francese corteggia una donna in una maniera talmente
burina, talmente fuori dalla decenza che non risultava più credibile.
La donna mi stava circa cinque metri davanti ed il tipo mi strusciò di nuovo (così da guadagnare,
ovviamente, la mia attenzione) per piazzarsi di fronte a me con una postura ed un linguaggio non
verbale del corpo da segnalare alla donna qualcosa come “vieni qua, eletta, sono Dio in terra”.
La colonna sonora era la solita di Patrick: orrenda.
Per questo mi misi per lungo tempo in disparte, in un angolo, appoggiato ad una ringhiera a guardare la
pista sottostante.
Arrivò una donna e si piazzò accanto a me, appoggiandosi anche lei allo stesso parapetto e guardando
il pubblico al piano inferiore, senza parlarmi. Era qualcosa alla quale nel frattempo mi ero quasi
abituato.
Sulla pista da ballo, Stefan cercò di mimare uno sprovveduto, riuscendo così ad evitare il difficile
compito di danzare la musica di Patrick.

Dopo il party tornammo a casa di Olli.


Stefan sembrò molto arrabbiato.
Cominciò col raccontare di provenire da una famiglia molto vecchia di Zug [un paesino vicino Zurigo,
nda].
Poi mi chiese improvvisamente se avevo delle pillole. In quel momento non ne avevo.
Affermò che tutti glie le chiedevano. Gli telefonavano a Zurigo addirittura persone da Stoccarda per
chiedergli se conosceva qualcuno che ne aveva.
Quindi mi chiede di nuovo, con voce minacciosa: “Hai pillole Alex?”
Non avevo sicuramente intenzione di discutere di dettagli di produzione con quel tono di voce.
Allora racconta, con tono egualmente molto minaccioso, di avere un impiego nel reparto di
psichiatria dell'università di Zurigo, lì lavorano anche legalmente colla psilocibina.
Poi mi chiese se mi interessava provare del DOC e del PCP.
RICORDATEVI PER FAVORE DI QUESTA OFFERTA.
Sentito questo, ingenuamente (lo ero ancora, a quel tempo), lo invitai addirittura a casa mia.
Allora mi domandò: “E poi parliamo di COSA?”
Risposta: “Di psilocibina e di LSD, tu scrivi una tesi sull'LSD, no?!? Qual'è secondo te l'insegnamento
più importante che si ricava da un viaggio?”
Stephan: “Dimmelo tu.”
Gli risposi, che si capisce pienamente che cosa significa la frase: “il sentiero è la meta”.
Allora lui, ancora con un volume di voce minaccioso: “L'HAI DETTO.” E se ne va.
Silenzio di tomba. Olli, Dirk e Patrick volgono lo sguardo verso il basso con un'aria serissima.

Qualche giorno dopo Hans Eugen ricevette visite.


Un amico suo, dal quale eravamo stati già ospitati anni prima e del quale sapevo che lavorava al Max-
Planck-Institut di Monaco di Baviera, arrivò a casa sua.
Hans Eugen quella sera mi invitò per una grigliata estiva.
Ma questo tizio non era arrivato da solo.
Quando quella sera andai a trovare il mio datore di lavoro, c'erano molte donne discretamente attraenti
che non avevo mai visto. Queste sei o sette donne, che non dovetti neanche mai più vedere, si
comportarono con me in una maniera che può essere considerata palesemente di “sostegno dell'ego”.
Quasi certamente la famiglia Tritschler fu informata, in questa occasione, sulla mia situazione e sulla
odissea che avevo davanti.
Il collaboratore dell'istituto Max-Planck mi pregò di scaricargli qualcosa da internet.
Lo feci e colsi l'occasione per navigare ancora un po' in rete.
Era sabato sera. Mi accomiatai in tempo per non fare troppo tardi al Bell.

Il lunedì mattina seguente cominciò la guerriglia in ufficio.


Iniziò con il divieto di utilizzare il modem per navigare.
Per tutte le telefonate che volevo fare dovevo prima ottenere un'autorizzazione.
Poi, fino a quel giorno, non ero mai stato legato ad alcun orario fisso.
Improvvisamente venni obbligato a timbrare il cartellino alle 10 in ufficio, per ogni quarto d'ora di ritardo
mi furono immediatamente tolti 5 marchi, indipendentemente da quante ore lavorassi.
I due capi d'azienda cominciarono ad impartirmi degli ordini spesso completamente contraddittori, la
mia frustrazione salì alle stelle e non combinai più un tubo.
In un programma si annidò un errore che non fui in grado di scovare per mesi.

Con la testa, tanto, ero completamente altrove.


Mi lamentai con Thilo per il fatto che Olli e Dirk avessero perso completamente il loro interesse per il
progetto droghe.
Lui mi chiese chi mi servisse per proseguire: “Un chimico”. Mi rispose: “Non ne conosco”.
Tra l'altro, nel frattempo, Thilo e Sandra erano stati ospiti di Ronnie ad Ibiza.
Una volta tornati, avevano parlato del fatto che Ronnie e Zina passavano praticamente tutto il loro
tempo nella loro stanza e che non frequentavano le feste di grido.
Ronnie mi confesserà in seguito, che ogni volta che si recava ad un party, dopo mezz'ora cominciavano
a suonare techno con le nacchere, cosa che a lui non piaceva – la stessa cosa accadrà a me col Goa.
Ma torniamo al racconto di Thilo.
Disse che Ronnie guardava molto al soldo, non conosceva amici quando si faceva affari.
Lui stesso era stato testimone del fatto che Ronnie avesse comprato pillole da qualcuno per un prezzo,
per poi rivenderle alla stessa persona nella stessa notte ad un prezzo decisamente maggiorato.
Con Thilo commentò a riguardo: “È più forte di me”.
Thilo affermò anche, che una caratteristica quasi patologica di Ronnie era quella di ottenere sempre
parti uguali o di più degli altri e che questo accadeva anche per quanto riguardava il cibo.
Inoltre: “Non hai idea di chi conosce laggiù!”.

Un giorno me ne andai a Waldshut in un head shop che vendeva anche CD di techno – era ancora
settembre, se mi ricordo bene.
Il proprietario affermò di organizzare feste con gli Happy People.
Mentre ascoltavo CD nel locale, una svizzera urtò la porta anteriore sinistra della mia macchina nel
presunto tentativo di parcheggiare. Risultato: un'ammaccatura gigante. Ci scambiamo indirizzi ed
assicurazioni.
Per lungo tempo non ricevetti alcunché dalla sua assicurazione.
Quella sera si tenne nuovamente un party al Bell.
Sabine calamitò appositamente la mia attenzione per un paio d'ore.
Voleva che la notassi e mi lanciò anche qualche volta uno sguardo, al quinto piano, da una certa
distanza.
Thilo e Sandra avevano conosciuto nuovi “amici”, Katrin Fälscher e “Gustl”, il suo ragazzo.
Katrin, come tipo, assomiglia a Yasumin ed è decisamente presentabile. Gustl sorride sempre.
C'è anche Christian Bonacker che è lieto di annunciare di avere della formaldeide per me.
Thilo sembra già conoscere Christian e non piacergli affatto.
Il ragazzo di Sandra Birkenholz mi domanda retoricamente: “Cercavi un chimico?”
Per poi fornirmi la sua nuova risposta: “Adesso ne conosco uno”.
Mi presentò, a sua detta, un operatore chimico della Sandoz, che affermò di chiamarsi “Hassan
Bouzater” e che, anche lui, voleva assolutamente produrre estasi.
Era comunque qualcuno che non avevo mai visto al Bell.

Mi reco al quarto piano.


Jürgen, che si era piazzato vicino al palco del DJ per registrare, mi chiese ghignante se volevo un tape
di Damien. Capii immediatamente dove andava a parare: “Jürgen, di questa faccenda ne sai più tu di
me, le ho semplicemente mostrato che è bella ma che so che ha un ragazzo, non ho idea di perché mi
abbia guardato così male.”
Poco dopo scende Sabine al quarto piano, mi balla appositamente oltre per poi scomparire dietro di me
sulla sinistra.
Mi giro con cinque minuti di ritardo per vedere dove sta.
Lei è dietro di me, sorride, ma continua ad evitare appositamente di guardarmi negli occhi, quindi non le
parlo.
La Hash Ultra mi aveva segnalato chiaramente di non nutrire alcun interesse per me, per cui questo
pseudo-abbordaggio di Sabine puzzava di trappola.
Christian mi parla poco dopo nuovamente della formaldeide, ma gli ribatto che in quel momento ero più
interessato ad instaurare nuovi rapporti, ovvero: Hassan. Poi decido di andarmene.
Häsi, il proprietario, mi saluta calorosamente, visibilmente compiaciuto del mio comportamento della
serata.
Dopo la after da Olli, Susi, la ragazza di Patrick, mi chiede chi sia Christian ed altro su di lui, anche se al
gruppo non avevo mai nominato prima il signor Bonacker.

La provocazione di Sabine non mi era affatto andata giù, soprattutto considerando il colloquio con
Jürgen.
Per questo, la settimana dopo, vado da quest'ultimo a parlargli.
In quel modo lo metto implicitamente al corrente che considero Sabine la mia “Hash Ultra”.
Allora si fa risentire David Schmid, mi vuole venire a trovare ad Egg. Lo invito a cena.
Arriva di ottimo umore, oscillante tra l'ironico ed il sarcastico e mi racconta di aver dovuto consolare un
amico che era stato lasciato dalla sua ragazza (l'allusione è a Damien e Sabine).
Quella sera gli mostrai un paio di miei libri su come si producono diverse droghe alle quali sarei potuto
arrivare e gli confessai di voler organizzare anche feste al Bell non appena avessi racimolato
abbastanza capitale.
Poi ripetei una considerazione che Dirk aveva fatto tempo addietro: “Chissà quanti soldi provenienti dal
mercato della droga vengono riciclati al Bell.”
Menzionai anche il colloquio con Dominik vicino all'entrata della discoteca e chiesi a David delucidazioni
sulla cacciata di Sonja, senza ottenere da lui alcuna risposta degna di questo nome.

Ad un certo punto sparii in cucina e lasciai David nel salotto da solo, che ebbe il tempo di guardarsi
attorno.
Quando tornai, mi chiese se non potevo fargli sentire delle sviolinate.
Nell'appartamento, infatti, si trovava qualcosa che non avevo mai visto, ma che ha a che fare con
questa storia; che cosa sia, lo scopriremo quando arriveremo con il racconto a gennaio del 1996.
Ad ogni modo in quel momento non potevo sapere di che si trattasse.

Poi parlo per vie traverse della “Hash Ultra” e del commento di David sul “bacino” di Sabine, quando
eravamo al chillout della Delirium.

Questo è importante perché diede a David Schmid la certezza che ero stato ipnotizzato, perché la
“Hash Ultra”, quindi Sabine, aveva i capelli rossi; Natascha, che invece mi stava probabilmente davvero
di fronte alla toilette delle donne, era al contrario bionda. David Schmid mi chiese poi divertito se non
avevo una birra per lui.

Prima di riportarlo a Basilea, dove all'epoca viveva nel St. Alban Ring 155, uscimmo assieme da casa
mia e guardammo il panorama. Mi chiese: “Tu a Basilea conosci solo il Bell ed il Sakura [Ristorante
giapponese alla stazione svizzera dei treni, la SBB, nda], è possibile?” e aggiunse ironicamente: “Ah,
sai Alex, era tanto che non venivo in campagna” e quello che intendeva dire era che non avevo
dimestichezza con le realtà politiche ed economiche di Basilea, quindi con “determinate persone”.

Di conseguenza telefonò Ottmar ed annunciò di voler tornare a farmi visita con un amico suo, un certo
Michael Meineker, che viveva, all'epoca, nella Habsburger Allee di Francoforte. Acconsentii, ma ero
molto interessato a vedere se fosse accaduto nuovamente qualcosa di simile come dopo la
Streetparade, quindi un buco nero. Ottmar e Michael arrivarono di giovedì.
Il venerdì dovetti recarmi in azienda.
Nel mentre, Ottmar e Michael furono miei ospiti ed ebbero abbastanza tempo per setacciare il mio
appartamento e per installare perlomeno una cimice nel soffitto dell'atrio, di fronte all'uscio di casa.
Ottmar mi raccontò, quel fine settimana, perché si era licenziato dal suo posto di impiegato statale: era
riuscito ad affibbiare ad una cartiera nelle vicinanze di Aschaffenburg una multa di 30 milioni di marchi
(circa 15 milioni di euro), perché era stato capace di dimostrare che “queste persone” inquinavano un
fiume.
“Queste persone” si comprarono, a sua detta, sia i cristiano-democratici che i socialdemocratici ed il
governo, conseguentemente, emanò poi una licenza speciale per le cartiere. Allora decise di
licenziarsi.
METAFORA: forse avevo ragione per come mi ero comportato con la donna, ma adesso avrebbero
comprato qualsiasi cosa fosse attorno a me e avrei ricevuto un cazzotto in bocca con la benedizione di
tutti quanti quelli che conoscevo, poi sarei stato sradicato dal mio ambiente.
All'epoca ovviamente non potevo comprendere la metafora. Ritenevo addirittura che Ottmar fosse un
idealista, perché aveva avuto il coraggio di resistere ad un'azienda per rimanere fedele ai propri ideali.
Quello che purtroppo dimenticò di raccontarmi, all'epoca, è che ora lavora per “queste persone”.
Ottmar parlò di buddismo, della cacciata dei buddisti dal Tibet e rimarcò, quale filantropo idealista che
professava di essere, con un falso, triste sorriso: “I cinesi, nel Tibet, stanno tagliando tutti gli alberi”.
METAFORA: ora mi si farà intorno terra bruciata.

Il sabato mi recai da Lumpi, che aveva rimediato dei funghi.


Come dovetti riscontrare più tardi, non si trattava degli allucinogeni “Psilocybe Semilanceata”, bensì
probabilmente della innocua e solo incommestibile specie “Panaleolus Sphinctrinus”, che assomiglia
alla specie allucinogena.
Comprai in buona fede 100 marchi di quella roba, che nascosi in casa.
Lumpi menzionò anche il fatto che, guidando col suo furgone per le strade della repubblica ceca, aveva
scorto delle vastissime piantagioni di papaveri. Mi promise di portarmi presto dell'oppio.

Sabato sera, durante un colloquio, Ottmar mi disse che dovevo imparare a guardare le ragazze
negli occhi.
E chi intendeva era ovviamente la mia Hash Ultra. Questo è, a quanto pare, il vero motivo per il
quale, per darmi una lezione, fu avviata un'enorme macchina da guerra.

Probabilmente di notte, da Michael Meineker, al quale sicuramente fu comunicato un trigger per i miei
ancoraggi, furono scrutati i pensieri che ebbi durante alcuni eventi, ad esempio durante il party di Noom.
Questa volta non me ne accorsi, perché si badò a non causare alcuna irregolarità percettiva nelle mie
memorie.
Ma Ottmar mi mostrò un libro che stava leggendo e che si chiamava “Origliare al cuore delle cose”.
Disse che si trattava di un libro sugli effetti dell'LSD.
Di Michael raccontò che si trattava di un uomo in grado di aprire il cuore delle persone.
Michael Meineker portava al collo un vistoso medaglione con stella satanica.
Ancora Ottmar: “Poco tempo fa ho chiesto ad una bella ragazza, che partecipava ad una festa techno,
se le piaceva la musica. Lei mi disse, che lo faceva SOLO PER SOLDI.”
E mentre lo disse, mi sorrise di nuovo a metà tra il triste ed il disgustato.
A che cosa alludesse penso che il Lettore sia in grado di intenderlo, nel frattempo.
Quello che però Vi debbo confessare, è che all'epoca non compresi né le metafore né quest'ultima
frase: ero ancora molto giovane ed inesperto e credevo ancora alla bontà di cuore di Ottmar Straub.
Solo molto più tardi, rovistando nei miei ricordi, intesi il vero senso di quello che all'epoca mi venne
riferito.

Facciamo visita al Bell – sono presenti anche Lumpi e Monique.


Ottmar non c'era mai stato e speravo che suonasse Traxx.
Invece suonò Damien, che stavolta non abbassò il volume quando mi trascinai da solo in pista: un DJ
può essere uno stronzo, ma se suona bene lo si deve onorare, pensai.
Mi accorgo improvvisamente, che sullo sfondo sono radunati PIECH, KRYSTEL, LO STEFAN GAY
E OTTMAR, che parlano fra di loro come vecchi conoscenti mentre continuano a guardarmi.
Da questo episodio risulta ovviamente palese il legame tra Piech/Krystel e Ottmar.
Michael “allenò gli occhi” al Bell, ovvero fece ruotare ripetutamente i suoi bulbi oculari: a sinistra, a
destra, su e giù. Ottmar fece finta di volermi ipnotizzare ed io gli ressi il gioco.
Prima di andarmene, riportai il mio bicchiere (per riscattare il pegno) a Miss Magic Kingdom, che mi
pose il franco dimostrativamente nel palmo della mano, con un sorriso.
Quando tornammo a casa, Michael si aprì un pochetto.
Rivelò che l'estasi era arrivata a Francoforte da nove anni (eravamo nel 1995).
Lo sballo da oppio, a sua detta, è molto leggero, lo aveva provato durante i suoi viaggi in Pakistan.
Ed infine, intendendo me: “I vecchi erano uguali”.
Poco prima di andarsene, quella domenica, ci scambiammo gli indirizzi.

Quella domenica sera guardai una trasmissione chiamata “Titel, Thesen, Temperamente” sul primo
canale di stato tedesco. Penso, col senno di poi, di non averla vista per caso, bensì che mi sia stato
ordinato con un comando post-ipnotico di accendere la tv per vedere il programma, perché nella
trasmissione furono mostrati due reportage che sono rilevanti per il proseguo della storia.

Il primo reportage riguardava il “Frankfurter Messeturm” [“Il grattacielo della fiera” di Francoforte, nda] e
la sua cupola di vetro a forma di piramide.
Dall'intervista all'architetto, tra gli altri, si apprende che la cupola è un tempio per pregare – un posto
dove appartarsi.
L'edificio sarebbe però ancora semivuoto per via dei prezzi folli degli affitti.
Qualcosa per nuovi ricchi, questa l'opinione del commentatore.
L'altro reportage parlava di Cosmic Baby, un musicista della scena techno di Norimberga, e della sua
musica. L'impressione che si ricavava dell'artista era molto positiva. Tra le altre cose, mi piacque molto
il fatto che avesse dichiarato di cercare di far conoscere la sua musica ad un vasto pubblico.
Anche se questo significa, in pratica, che si mira alle masse, lo ritenevo, allora come oggi, un
messaggio giusto ed onesto e credevo che il proposito in esso contenuto fosse degno di essere
conseguito (soprattutto considerando la situazione dell'EBM alla fine degli anni 80), cosa che mi rese
molto simpatico il tizio (che altrimenti avrei messo da parte come “bellissimo per ragazzine”).
Con il valore artistico delle produzioni di Cosmic Baby, invece, continuo ad avere un rapporto
ambivalente, più informazioni a riguardo seguiranno più avanti.

Nelle settimane successive David Schmid mi invitò a casa sua.


Osservò che non è illegale corrompere un giornalista perché pubblichi notizie false su di un'azienda, in
modo che le azioni di questa perdano valore così che l'azienda possa venire acquistata ad un prezzo
più conveniente.
METAFORA: ora mi diffameranno in pubblico per poi comprarmi.
E difatti notai presto che alcuni al Bell mi guardavano storto e non riuscivo a capire perché.
Nico, in particolar modo. Venni a sapere più tardi che fu pure sparsa la voce che avessi l'AIDS.

Nel mentre avevo parlato con Hassan un paio di volte.


Si professava amico di Gustl e Katrin, viveva (sempre a sua detta) a Basilea vicino alla dogana di
Grenzach dalla sua presunta sorella Yamina Bouzater (che si chiama veramente così, ho controllato) e
voleva produrre pillole per ottenere i prezzi più bassi possibili, quindi esattamente come me.
Ma Hassan era un cattivo esempio.
Si atteggiava apertamente come se mosso da indole infima: un coatto segnato dal consumo di droghe.
Inoltre si spacciava per grande amico degli allucinogeni e della cocaina.
Mi raccontò di aver già rubato dalla Sandoz molti utensili che potevano essere di aiuto nella produzione
di XTC e Katrin, che apparentemente lavorava alla Sandoz pure lei, aveva parimenti messo da parte
alcune cose.
Sembrò essere interessato a produrre MDMA dal piperonal, ma quando gli mostrai il processo che
partiva dal safrolo si fece convincere.
Hassan portava sempre ingenti quantità di California Sunshine con sé: i cartoncini di Ronnie, ancora
bianchi, quindi senza stampo e non ancora perforati – li chiamava “la carta da parati”.

Fu di nuovo sabato sera.


Traxx aveva invitato Peter Pan, che suonò pure molto bene; il capo di Neverland, invece, suonò
malissimo.
Utilizzò molti dischi composti solo da uno scheletro di drum machine e, ancora peggio, sul beat portante
vi erano imposti un'eco ed un riverbero tali, da estirpare sul nascere qualsiasi voglia di muoversi.
Mentre danzavo, il già nominato Dominik mi arrivò così vicino da ballarmi quasi sui piedi, guardandomi
veramente storto.
Suppongo che non fosse d'accordo sul fatto che avessi riferito a David Schmid del colloquio che
avevamo avuto di fronte al Bell oppure David gli aveva raccontato chissà quale porca menzogna su di
me.
Ad ogni modo, dopo un'ora, abbandonai ogni tentativo di ballare e mi sedetti da qualche parte per
digerire in tutta tranquillità il mio Miraculix.

La mattina, verso le sei, comparve Hassan.


Propose di andarcene in Svizzera a cercare funghi. Ottima idea.
Quando uscimmo dal Bell salutò gli Ursenbacher, che stavano di fronte alla porta.
Poi ci mettemmo in marcia, inizialmente verso un fornaio.
Camminando per arrivare all'auto vidi Traxx e Damien salire assieme sorridenti sul vecchio Ford di
Traxx.
Eppure Jürgen aveva raccontato che i due avevano litigato. Erano invece ancora un cuore ed una
capanna?
Hassan ci mise molto ad acquistare il pane, io nel frattempo rimasi in macchina ad osservare la ghiaia
del muretto del marciapiede salire e scendere, quasi fosse magma in movimento.
Debbo proprio raccontarVi tutto?
Arrivò e partimmo. Dopo molte peripezie, passando per Chaux des Fonds, e poi tornando una parte del
tragitto indietro, ci fermammo alla fine in un paese, il cui nome ora mi sfugge, perché Hassan aveva
fame.
In un locale ordinò una porzione enorme di cozze e, naturalmente, birra.
Perché Hassan era “il bevitore di birra”, come si vedrà più tardi.
Dopo il pranzo partimmo finalmente colla mia vettura alla ricerca di prati allucinogeni.

Fu una bella scampagnata, non so nemmeno dove andammo a finire.


Purtroppo è veramente diventato molto raro, in Europa, trovare un paesaggio così poetico.
E soprattutto: cavalli, mucche, prati, ruscelli – quindi certamente funghi.
Ad un certo punto, dietro ordine di Hassan ci inoltrammo, colla mia macchina, in un lunghissimo prato,
quasi che la mia Fiesta fosse improvvisamente diventata un fuoristrada.
Dopo circa 800 metri, Hassan decise che era venuta l'ora di ispezionare il terreno a piedi.
E trovammo davvero funghi, non in quantità ragguardevoli, ma bastò per divertirci.
Mentre cercavamo Psylocibe nell'erba, ci raggiunse una donna che assomigliava moltissimo a colei che
aveva urtato la mia macchina a Waldshut. Allora lo considerai un caso, oggi invece nutro dei dubbi.
Dopo la raccolta dei funghi torniamo ad una trattoria che si trova ai margini del prato e che mette a
disposizione alcuni tavoli e banchi liberi all'aperto. Ci sediamo. Hassan ordina dello speck.
Dietro di noi, dall'altra parte del tavolo, una coppia svizzera sulla cinquantina.
Hassan comincia a parlare ad alta voce con me di allucinogeni.
Poi tira fuori la sua bustina piena di cartoncini di fronte agli occhi della coppia.
Mi offre un Bart Simpson, pensa che si tratti di un cartoncino alla mescalina.
Cerco di fargli capire che il dosaggio usuale della mescalina è tra i 250 ed i 500 milligrammi, che un
cartoncino non può contenere, dev'essere qualcos'altro.
Il commento della donna dietro di noi, con suo marito: “Cosa dobbiamo vedere ancora alla nostra età”.
Metto al corrente Hassan, nella maniera più diplomatica possibile, che la coppia dietro di noi capisce
tutto.
La sua tranquilla risposta: “Non me ne frega un cazzo” e stringe le spalle.
Sorrido come se per me sia la stessa cosa (questo significa bluffare), segretamente spero però che non
si annotino la mia targa. Rimasi completamente calmo. Ah già: dammi qua quel Bart Simpson!
Hassan mi offre un pezzo di speck. Sembra disgustoso, ma solidarizziamo...
Ha proprio un buon sapore quando si è contemporaneamente sotto LSD, California Sunshine, funghi e
(in breve) Bart Simpson, non l'avrei mai detto. Me lo debbo ricordare.
Poi decide che dobbiamo recarci su un prato accanto alla trattoria, mi deve mostrare qualcosa.
Lì tira fuori un pacchetto di fazzoletti, li spezzetta, li posa sul prato a mo' di molecola di dimetiltriptamina
e cerca di spiegarmi come vuole spostare quale atomo (muovendo i pezzetti di carta) per sintetizzare
una nuova sostanza triptaminica. Io, l'idiota, cerco pure di stargli dietro. Dopo venti minuti di inutili
tentativi di spiegazioni su come la lavorazione con sostanze basiche ed acide modifichi la molecola, si
arrende.
Allora ci incamminiamo per intraprendere una lunga passeggiata.

Il Bart Simpson comincia lentamente a salire.


È veramente qualcosa di diverso dall'LSD, è un allucinogeno molto gradevole, relativamente
anfetaminico.
La schiena è calda e supporta il corpo, la sensazione è piacevole, in particolar modo dopo una notte
passata con l'acido lisergico. Gli effetti visivi del cartoncino: un'ottica finissima, quasi filigranata, nessun
“vento finto” come di solito si sperimenta sotto LSD, l'immagine di fronte agli occhi è stabile, la vista
molto aguzza, in compenso vi è una quasi impercettibile nebbiolina allucinata se si volge lo sguardo a
circa 50 metri.
La nebbia non pregiudica, però, l'estrema nitidezza dei particolari. Colori cristallini, reali e molto
gradevoli.

Hassan insiste sul fatto che nessuno a parte noi due debba essere tirato dentro al progetto droghe.
Gli spiego che il progetto l'ho cominciato con altre persone e per questo debbo dapprima chiedere il
permesso a loro di continuare da solo; aggiungo che comunque dovrebbero accordarmelo, perché
ultimamente sembrano non nutrire più alcun interesse per esso. In ogni caso, avrei dovuto fare a queste
persone uno sconto adeguato sul prezzo, avessimo avuto successo. Acconsente.
Torniamo a casa verso sera, mi brucerà dei buchi colla brace delle canne, che costruisce e fuma, nella
fodera del sedile sul quale siede.
Tornati a Basilea, lo lascio da sua sorella; “dimentica” nella mia macchina il “suo” passaporto svizzero
(verrò a sapere in seguito che “Hassan” in verità è di Lörrach) ed il suo lettore di Minidiscs (i Minidiscs
verranno utilizzati come condizionamento negativo).
Il gusto musicale di Hassan, tra l'altro, è intenzionalmente pessimo.
Happy trance idiota, le scale MIDI più semplici in tutte le salse. Il tutto fa parte dell'indottrinamento.
Per il resto: un falso disordine mentale e comportamentale, portato all'estremo, snervante e sempre a
mie spese.
Ma quando mi sono prefisso uno scopo non mi lascio irritare molto facilmente.

Dopo aver portato Hassan dalla sua presunta sorella, mi reco a Grenzach da Olli per il chillout e per
spiegare gli sviluppi riguardo al progetto. Presenti: Olli e Dirk, Tilman e Patrick, Thilo e Sandra.
Quando racconto loro che mi sono recato a raccogliere funghi con Hassan, Olli mi domanda, come se
sia all'oscuro di tutto: “Chi è Hassan?”
Questa non è una domanda molto credibile, perché Hassan me lo avevano presentato Thilo e Sandra e
già all'epoca non riuscivo a comprendere, perché la coppia non avesse informato i fratelli Hollstein.
Comunque sia, la mia risposta fu: “Un chimico della Sandoz”.
Olli e Tilman si guardano negli occhi, poi Tilman ripete ad Olli la mia risposta, con un tono di voce che
lasciava chiaramente intendere che i due fossero informati su Hassan molto meglio di quanto lo fossi io.
Mi chiedono dove ci siamo recati: “Chaux des Fonds”.
Patrick non riesce a trattenere una risata: “Nella Svizzera Borgogna! [rivolto ad Olli] Lo sai quanto è
lontano? È alla fine del mondo...”
Sandra mi chiede: “Senti ma non ti sembra che Hassan prenda troppo LSD?”
La mia risposta: “Beh, non ho mai conosciuto nessuno che consumi così tanto LSD.”
Ma PROPRIO QUESTO era quello che mi piaceva di lui.
Per il resto non avevamo nulla in comune, a parte l'obiettivo di produrre estasi al prezzo più basso
possibile.
Dirk ed Olli furono disposti ad uscire dal progetto con la clausola, che se avessimo prodotto pillole, i due
fratelli sarebbero stati favoriti nei confronti di Ronnie. Ufficialmente acconsentii.

Venni a sapere da Sandra, che Patrick aveva suonato durante una notte tra un sabato ed una domenica
solo per lei, Thilo, Olli, Dirk, Tilman e Stefan. Al party non fui invitato.
Per il resto appresi da Sandra, che Stefan si era già autosomministrato del PCP e che a questo scopo
si era prima fatto mettere la camicia di forza.
Perché girava voce, che sotto l'influsso di PCP fossero avvenute delle automutilazioni -
ricordatevi già qui dell'offerta di Stefan riguardo al PCP ed al DOC.
In quel periodo rividi conoscenti da Olli che mi guardarono pieni di odio e disgusto.
La stessa impressione ebbi di Friedl quando lo vidi di nuovo da Thilo e Sandra; quest'ultima lo chiamò
affettuosamente bimbo, ma lui non digerì l'appellativo: “Non mi chiamare mai più bimbo”.
Hassan cominciò a portare l'attrezzatura da laboratorio – il mio appartamento ne divenne pieno.
La sorella di Hassan, Yamina, sembrava nutrire interesse per me: mi mostrò continuamente in maniera
palese e di proposito il suo volto di profilo, in modo che la potessi osservare meglio.
Sembrava apparentemente entusiasta della dream dance, ascoltava pure preferibilmente sia Dream
che Damien – anche questo parte dell'indottrinamento.
Ma per quanto riguardava le ragazze, ero colla testa da ben altra parte, naturalmente.
Quando Hassan fu per la prima volta a casa mia, profetizzò: “Solamente le donne ci potranno dividere!”
Allora gli risposi che per me una donna c'era e se avesse voluto avere delle pillole da noi le avrebbe
potute ottenere quando voleva al prezzo più basso.
Il Lettore è sicuramente in grado di intuire quale ragazza intendessi.
Sicuramente furono anche i rimorsi di coscienza per la frase che avevo detto a David Schmid alla fine
del party di Noom che mi indussero a porre questa condizione ad Hassan.
Avevo detto a David che avrei avuto XTC entro un mese per mantenere i contatti con lei attraverso di lui
(perché non volevo perdere lei, anche se non volevo pormi in una posizione di sudditanza nei suoi
confronti), ma purtroppo poteva essere inteso in maniera diversa: come tentativo di comprarla o, peggio
ancora, di fare sfoggio di una qualche “superiorità” grazie alla possibilità di produrre droghe.
Questa impressione andava smontata a tutti i costi.

Ad ogni modo, questa apertura fatta ad Hassan nei confronti di lei arrivò alle orecchie giuste.
Hassan ed io decidemmo di cominciare il primo tentativo di sintesi la domenica successiva.
Il venerdì antecedente a quella domenica, però, in ufficio e verso le diciotto, il procuratore dell'azienda
Robert Terbeck mi annunciò una chiamata esterna. Il signor Bonacker al telefono.
Christian propone di incontrarci da me per cena. Va bene.
Christian Bonacker, Ralph Dännard e Sebastian arrivano alla mia dimora. Entriamo nel mio
appartamento.
I ragazzi vogliono comprare Oxbows e colombe grigie (entrambi tipi di pillole che spacciava Flo).
Era lecito pensare che volessero recarsi insieme a me da Flo a Herrischried.
Fingo di non intuire e rispondo che dietro a Flo vi erano persone che non esitavano ad uccidere e per
questo motivo non avrei consigliato loro di stabilire contatti con questa gente - un'affermazione
ovviamente ipocrita da parte mia, perché da quel momento sapevo ESATTAMENTE, che Christian e
compagnia ne facevano parte.

Assicuro loro che avrò presto pillole.


Siccome pensavo che Christian avesse anche contatti con la “Hash Ultra”, gli sparai un prezzo di 40000
marchi al chilo (circa 20000 euro), quindi meno della metà di quello che Ronnie mi aveva indicato come
prezzo da grossista.
Christian lo riferisce a Sebastian. Sebastian fa una telefonata.
Al telefono non dice più che “Sì, OK, Va bene...”, per il resto nessun contenuto di alcun tipo.
Mi assale il sospetto che qualcun altro ascolti la nostra conversazione in questo momento.
Dopo la telefonata mi pregano di raccontare qualche cosa in più su di me.

Rivelo loro soprattutto alcune cose del mio passato, come ad esempio il trascorso impegno politico,
l'attività nella rete FIDO, le brutte esperienze come critico musicale, l'amore per la musica elettronica e
per la musica in generale. Siccome dovevo sia presumere che si trattasse di poliziotti, che anche che
potessero essere pesci grossi che avevano a che fare con il gruppo di Flo e siccome non volevo
confermare in alcuna maniera la voce di essere innamorato nella “Hash Ultra”, prestai attenzione
a giocare al piccolo ex-idealista che, disgustato da questo mondo, aveva compreso che solo i soldi
sono importanti (l'ideologia del gruppo di Flo), perché i pesci grossi vivono sempre e comunque al di
sopra della legge (in quel caso li avrei fatti sentire dei veri stronzi nel caso mi avessero voluto togliere di
mezzo, soprattutto dopo quello che era successo alla dogana) per poi comunque entusiasmarli per il
mio stile di vita.

Durante la notte offrii ai ragazzi i funghi di Lumpi, loro mi donarono in cambio una pillola.
I funghi però non sballarono, cosa che all'epoca pensai fosse a causa di un effetto incrociato con la
pillola.
Questo è importante, in quanto fu probabilmente una preparazione psichica per la trappola, perché quel
giorno supposi erroneamente, che alcune anfetamine tendessero a bloccare l'effetto di allucinogeni
indolici quali funghi ed LSD.
La pillola stendeva, più che altro. Estasi non lo era di certo, sembrava qualcosa di simile all'Halcion.
Continuo col raccontare che frequentare i raves e ballarci per me equivaleva a “vivere” per definizione e
che in quel periodo di tempo avevo già fatto più esperienze di qualsiasi contadino che curasse i suoi
animali per tutta la vita (eravamo in aperta campagna).
Christian e Sebastian osservano i dipinti in un libro di Venosa.
Christian mostra un ritratto di donna a Sebastian come se gli volesse far notare qualcosa, poi si gira
verso di me per chiedermi: “È possibile che sotto LSD ci siano delle esperienze che si fissino indelebili
nei tuoi ricordi?”
Christian ha con sé una cassetta che il gruppo afferma di aver registrato alla Energy del 1995 (il party
ufficiale della sera subito dopo la Streetparade), i ragazzi sostengono di aver suonato lì.
Nel tape, ad un certo punto, si odono due voci di donna, che commentano il tutto in tedesco svizzero e
poi, ancora, chiaro e forte il jingle: “De er es dri – DRS3”.
Spiegai anche, a Christian ed agli altri, come la massima “il sentiero è la meta” possa essere letta da
una esperienza lisergica, ovvero in un senso prettamente fisico: la persona “vive” sé stesso ed il suo
corpo, indipendentemente dal fatto che si appresti ad afferrare un bicchiere oppure danzi oppure si
concentri su un quadro.
In particolar modo è ininfluente l'obiettivo che ci si prepone, l'importante è l'allungare il braccio, il
muoversi ed il perdersi nelle onde sonore, nei colori e così via, quindi l'esperienza come tale.
Dissi ancora ai giovani che fra le mie copertine di dischi di EBM avevo alcuni degli originali che erano
stati usati per creare volantini al Bell. La mattina, mentre continuavamo a parlare appassionatamente di
techno e della sua cultura, Christian ad un certo punto chiese: “Ti immagini com'era bello un paio di
anni fa, SENZA QUELLI CHE BEVONO BIRRA?”
Risposi: “Beh, allora? Ci sono anche loro...”

Notate: parla dei “bei vecchi tempi”, come aveva già fatto Ronnie (e Ronnie era l'entusiasta delle pillole)
e abbina “i tempi moderni” con i bevitori di birra. Hassan era l'LSD, il bevitore di birra, l'uomo da evitare.
Ed io ero stato condizionato in modo che la birra non mi piacesse.
Ergo: ero stato ipnotizzato ed ero innamorato.
Christian chiese quindi con scherno: “e allora quando avremo XTC da te, fra due anni?”
Non ritenevo più che fossero poliziotti: “lunedì sera, domenica sera viene qualcuno e produciamo
qualcosa.”
Perché questo era anche quello che era stato stabilito con Hassan.
Durante la conversazione menziono anche Bert Marco Schuldes, quindi il traduttore della casa editrice
“Grüner Zweig” ed il suo libro, “Piante psicoattive”, che in verità non è nient'altro che una versione
tedesca migliorata di “Legal Highs” di Adam Gottlieb.
Christian mi chiese, se con i “miei amici” costituivo una specie di setta. Annuisco senza parlare.
Christian e Sebastian si riguardano eloquentemente nelle rispettive pupille.
Poi arriva la stessa domanda che già Ottmar mi aveva posto su un prato: “Pensi che ci siano altre
persone come noi?”
Risposi la stessa cosa che avevo risposto all'epoca ad Ottmar: “Penso di sì, bisogna solo cercarle.”
I ragazzi tornarono poi a casa, dopo una piccola escursione colla mia Fiesta attraverso l'Hotzenwald
(per gustarci l'inesistente effetto dei funghi).

La sera seguente (sabato) mi chiama David Schmid, pare ci sia un party al Laguna.
Lì incontrai di nuovo una donna dai capelli rossi con una maglietta Hash Ultra blu, ma compresi che non
si trattava della donna “giusta”. C'erano anche i friburghesi che dichiararono immediatamente, che nel
frattempo erano riusciti a trovare una fonte a Villingen-Schwenningen, quindi non gli servivo più.
Un conoscente mi offrì della birra, ne bevvi un sorso.
Poco dopo incontrai Susi, la “cugina” di David, che mi salutò con un bacio.
Siccome puzzavo di birra cercai di evitare il contatto diretto con la sua bocca.
Poi vedo David, che mi chiede: “Hai salutato Susi ed eri imbarazzato perché puzzavi di birra?”
Gli rispondo di sì.
Allora lui: “Quel tizio, lì, ha una micropunta [Tipo di LSD, nda], ne vuoi una?”
Io: “No grazie, ho già consumato ieri dei funghi.” O perlomeno pensavo che questo fosse stato il caso.

È importante sottolineare, in questo contesto, che DAVID MI OFFRÌ DELL'LSD, quindi favorì di
proposito quello che più avanti si cercherà di farmi aborrire in ogni maniera.

QUESTA OFFERTA MOSTRA I VERI RETROSCENA DELLA CROCIATA.

Poi David aggiunge: “Hai una personalità interessante, Alex, dimentica l'accaduto.”
MA CHE COS'ERA ACCADUTO? Non mi fidavo di chiederglielo.
Invece lui continuò: “Sai, anche io mi interesso di politica...” e “Avrei voluto volentieri essere anche io un
cyberpunk assieme a te...” Gli chiedo: “Come lo sai?”. Lui: “Me l'hai detto tu.”
Ma, per l'appunto, con lui non ne avevo mai parlato, in compenso con Christian e gli altri la sera prima.
David mi fece capire, che il mio datore di lavoro non mi voleva più.
Mi mostra una ragazza che conosco già dal Bell e che cerca una pillola.
Io non ne ho, in compenso sicuramente quelli di Friburgo! Ralph mi comunica il prezzo: 30 marchi.
Torno da David e gli racconto che posso rimediare una pillola per 30 marchi, non la voglio regalare alla
ragazza per non creare malintesi. David continua ad essermi quanto mai sospetto...
La ragazza mi chiede gentilmente se può avere una pillola per 30 marchi, le rispondo di sì e cerco
Christian e gli altri, che però si sono già dileguati.

Più tardi, David e io decidiamo di far visita al Bell.


Mi si avvicina un tizio e mi chiede se non ho voglia di rilevare un posto come dirigente in un'azienda.
Gli rispondo di no, perché mi era chiaro che questo era solo dovuto al fatto che ero nuovamente nelle
grazie della Hash Ultra e volevo rimanere indipendente.
Anche con la Chantal dai capelli neri ed il suo ragazzo menziono il fatto che a casa avevo gli originali
dei motivi dei loro volantini. Il ragazzo di Chantal ribatte che non è possibile. Scommettiamo. Che cosa?
Lui: “Una BIRRA.” I due mi sorridono felici.
Piranha suona un paio di bei brani, David cerca di nuovo di accoppiarmi con una ragazza “che balla
fino alla fine in pista” (ma che non avevo mai visto prima al Bell), poi mi invita al Grodoonia.
Era domenica mattina e quel giorno volevo produrre qualcosa assieme ad Hassan, quindi ringrazio
David per l'offerta e me la svigno...
...da Hassan, che a sua detta è appena tornato dal party Evolution di Zurigo, dove ha passato due notti
di fila in bianco: il suo aspetto conferma quello che dice, pare anche sentirsi così.
Il tizio sembra semi-isterico e stanco morto.
Lo riesco a trascinare solo di forza a Egg, nel mio appartamento, dove si addormenterà definitivamente.

In settimana faccio un salto da Dirk.


Improvvisamente ottengo uno “sconto” sui prezzi, perché a sua detta ci si conosce già da un po' di
tempo, quindi non più 20 marchi per una pillola, bensì 18. Non è un uomo dal cuore d'oro?
A cosa devo tanto onore? Esiste “una famiglia nella famiglia”?

Durante la settimana facciamo visita anche ad altri due “amici” di Hassan.


Il primo vive in un vicoletto nel bel mezzo di edifici di banche a Basilea (lo chiameremo “il tizio del
vicoletto delle banche”), l'altro è un musicista di nome Remy o “WOB”, come chiamava il suo gruppo
techno.
Ma “WOB” è anche la sigla della targa di Wolfsburg, la città della Volkswagen.
Il nome non fu certo scelto a caso.
Quando ci conoscemmo, sul pavimento del suo appartamento giacevano, sempre “per caso”, CD degli
Hilt e dei Download, quindi di un paio di side-projects molto sconosciuti degli Skinny Puppy che
probabilmente aveva ricevuto per calamitare la mia attenzione artistica, visto che erano i CD
solitamente situati nella mia auto. Per terra anche un disco degli Ultrahigh, un brano era fra i miei
favoriti del momento.
A lui piace soprattutto Diamanda Galas ed ambient molto astratto.
Poi, sempre per terra, anche un disco di Alex Empire, un titolo di un brano mi balza immediatamente
all'occhio: “Sieg über die Mayday-HJ” [“vittoria sulla 'Hitlerjugend della Mayday'”, trad.]. Bel titolo.
Accanto al divano un enorme campionatore.
Remy trovò dapprima figo che Hassan ed io volessimo produrre droghe fino a quando gli chiesi se ci
poteva procurare del ciclohexanone.
A quel punto mi domandò se volevo sintetizzare del PCP, dopodiché non disse più nulla.
Per essere sincero avevo solo elencato a voce le sostanze chimiche di cui avevo letto che potevano
essere utilizzate per produrre stupefacenti, senza fare molto caso a quale sintesi di stupefacente
servissero.

Hassan ha preparato un “acid-mix”, quindi l'esatto contrario della definizione di mix: disordinato e senza
gusto – che trova strafigo, naturalmente, perché lo ha “fatto sotto LSD”.
E come penso abbiate già capito, sotto LSD non si può produrre nulla di buono.
Claudia Strohmeier, in compenso, mi offre il suo più completo appoggio per il progetto droghe.
Afferma di sapere dove si possono trovare ogni tipo di apparecchiature, di pillole non ne ha bisogno,
perché è direttamente in contatto con un laboratorio.
Ma allora ci si chiede automaticamente perché Ronnie non usa questa possibilità...
Persino Bert Marco Schuldes si fa sentire personalmente al telefono, dopo che ho ordinato da lui della
Salvia Divinorum!

Christian mi chiama per comunicarmi che tra Steinen e Müllheim si terrà una festa house su un treno.
Il che significa: un trenino locale viaggia a velocità moderata nella zona mentre in ogni vagone suona un
DJ.
A causa di Hassan arriviamo in ritardo alla partenza, ma proseguiamo in macchina fino ad un paio di
stazioni più avanti, lasciamo lì la vettura e saliamo sul treno.
Gente mai vista, la musica è buona, alcuni mi sorridono come se sapessero chi sono, tutto
perfettamente pianificato e, naturalmente, riuscito. Stranamente ci sono anche Gustl e Katrin...
Dopo circa un'ora, il treno torna nella stazione da dove era partito, ci sediamo nella vettura di Christian
e facciamo qualche tiro di bong in santa pace.
Arriva Hassan e si atteggia magistralmente a rottame lisergico di fronte ai ragazzi.
Poi si rivolge a me con disprezzo: “Puah, ma sono ADOLESCENTI”.
La parola ADOLESCENTE è nuovamente una cosiddetta ancora o parola chiave.
Ronnie aveva già affermato, che al Grodoonia si incontravano solo ADOLESCENTI, questo mi fu anche
ripetuto sia da Monique che da Sandra: “Se già Friedl sostiene che al Grodoonia ormai si incontrano
solo adolescenti...”
Quando Hassan, dopo la sua riuscita sceneggiata, finalmente ci lasciò, rimasi da solo con i friburghesi
in macchina.
Parlai del “mio” chimico: del fatto, che anche lui beveva birra, che però si recava ogni giorno al lavoro
alla Sandoz. “Anche di persone come lui si ha bisogno” ma promisi ai friburghesi di limitare al massimo
il loro contatto con lui.

Poi passo “per caso” al tema “afterhour di Sven Väth” per raccontare che ad un certo punto una stupida
bisbetica...
Knirks mi interrompe e mi prega con insistenza di recarci alla mia vettura, che era appunto un paio di
stazioni più avanti.
Va bene, accordato.
Dopo aver prelevato la macchina, torno per prendere Hassan...
...che non è più solo.
Accanto a lui, due persone mai viste che volevano assolutamente recarsi a Weil am Rhein.
Il sedicente turco, invece, ha deciso di fare una puntata all'Oxa (quindi a Zurigo) ed ha con sé pillole ed
LSD. Questi due tizi scocciavano, si erano già seduti nella mia auto.
Li portai a Weil Am Rhein, ma invece di passare la dogana (che era a duecento metri da dove li lasciai),
decisi di tornare ad Egg, perché il tutto allora mi sembrò una trappola.
Oggi invece mi è chiaro, che quella era la “frontiera verde”, quindi quella, che avrei potuto varcare
senza problemi per recarmi in Svizzera con le droghe di Hassan, ovvero con doganieri appositamente
istruiti.
Ma per l'appunto, all'epoca la consideravo una trappola e lo comunicai anche al presunto fratello di
Yamina: “Questi ragazzi li manda la donna della quale ti ho parlato”.
Gli propongo di passare la frontiera di Waldshut per recarci a Zurigo, ma improvvisamente lui all'Oxa
non ci vuole più andare, quindi decidiamo di dormire da me.

In ufficio ormai c'ero solo fisicamente, non combinavo più nulla di produttivo.
Da una parte la Hash Ultra, dall'altra il progetto droghe, poi la frustrazione quotidiana: avevo deciso di
levare le tende prima possibile. Che bollisse qualcosa in pentola era chiaro.
Idealizzavo la donna come una amica (platonica) che avevo da qualche parte, con la quale ero in
contatto attraverso degli intermediari e dalla quale venivo ricoperto da ogni tipo di premure.
Decisi quindi di cercare, in ogni caso, la fonte di queste attenzioni, quindi la Hash Ultra. Lentamente
avevo preso coscienza del fatto che ero al centro di un gioco che volevo assolutamente fermare o
meglio: chiarire.
“Probabilmente è giudea”, mi dissi già all'epoca, per la vicinanza con David Schmid.
Questo sarà confermato, perlomeno per quanto riguarda Sandra e Natascha.
Da quella donna non volevo né feste favolose, né persone che mi venissero a trovare a casa a
ricordarmi di lei, né alcuna delle sue prostitute: volevo lei, naturalmente.
Nel caso non avesse voluto me, ma solamente coprirmi di regali, avevo già deciso di non accettare
nulla e di rimanere indipendente, da buoni amici, insomma, ma senza intrattenere rapporti d'affari:
volevo assolutamente evitare una gratificazione materiale per il mio amore e per il mio comportamento
corretto nei suoi confronti.
Ma anche i rimorsi di coscienza del party di Noom dovevano venire archiviati.
Inoltre il fatto che l'avessi messa al corrente della produzione di droga sarebbe stato di per sé molto
pericoloso se lei si fosse voluta vendicare su di me.
Per questo volevo che ciò per cui il suo comportamento mi aveva dato fastidio non venisse più fatto
oggetto di discussione, perché pensavo di avere anch'io assolutamente qualcosa da farmi perdonare.
Quindi pensai di poter spiegare il mio comportamento in base a quello della gente intorno a me – il che
in parte era vero, ma anche lei in effetti ne era stata una causa rilevante.
Purtroppo i miei pensieri venivano intercettati e così la Hash Ultra utilizzò questa mezza verità
per mandarmi al macello.

Un sabato incontro Kurt e Beatrix al Bell.


Parliamo assieme di Jürgen e Michaela – sono d'accordo sul fatto che siano dei puri opportunisti.
Affermo di cercare la Hash Ultra, perché mi aveva offeso accusandomi di cose che non erano
compatibili colla mia filosofia di vita. Di conseguenza mi imbatto in Sabine, a quanto pare la
(ex-)ragazza di Damien, indossante una maglietta Hash-Ultra blu ed appostata accanto al palco del DJ
mentre suona Octopussy, una nuova scoperta di Traxx.
Vado da lei senza esitazioni e le chiedo se mi manda gente: “No”.
Allora le chiedo se suo fratello è Sebastian, perché in qualche modo ho l'impressione che Sebastian
possa esserlo. Risponde nuovamente di no.
Infine le chiedo ancora se mi sono scontrato con lei all'after di Sven Väth. Ancora no.
Completamente confuso, sto quasi nuovamente per andarmene, ma lei improvvisamente mi afferra
sotto il braccio e mi dice: “Vieni, andiamo sulle scale e parliamo”.
Detto, fatto: ci sediamo sui gradini davanti all'entrata del 5.to piano.
Suo fratello si chiama Christophe, lei proviene dalla Svizzera centrale.
Le chiedo se era accanto a Damien ad Adlersheim.
“ALDERSHEIM” ribatte irritata e poi: “Posso aiutarti a cercare una donna?”
Io, naturalmente: “NO”. Mi soffia il fumo della sigaretta sul volto.
Poi le chiedo ancora una volta se veramente non è lei con la quale mi sono scontrato.
No: “Ma è già passato molto tempo”, mi fa notare.
Mi porta testimoni che affermano che non c'era, poi mi chiede di nuovo: “Posso aiutarti a cercare una
donna?” “NO.”

Ma in quel momento pensavo ancora che fosse Sabine alla quale avevo toccato il braccio ed al bagno
delle donne.
Ci si ricordi che Sabine era veramente colei che mi aveva provocato quando avevo conosciuto Gustl,
Katrin e Hassan ed il fatto che mi avesse soffiato del fumo nel volto lo consideravo un gesto di stizza
per non esserle venuto incontro.
Per cui, prima di alzarmi, le diedi un colpetto affettuoso con il dorso delle mie dita sulla sua coscia e le
feci perlomeno un complimento per pulire la mia coscienza: “...E tu balli divinamente.”
Non riesce a trattenere un amichevole sorriso. Torniamo entrambi nella stessa pista senza evitarci.
Ad un certo punto però mi assalgono veramente dei dubbi.
Poteva essere stata un'altra donna con la quale mi ero scontrato e nella quale mi ero innamorato.
Era trascorso anche molto tempo.
Passa Sandra e mi comunica di avere trovato la mia Hash Ultra.
Sono stupito: “Dov'è?” Mi porta di nuovo Sabine. Molto imbarazzante.

Allora faccio visita durante la settimana a Christian a Müllheim, per indurre in qualche modo la Hash
Ultra a mettersi in contatto con me. Gli riferisco di nuovo dell'after di Sven Väth, dell'incontro nella
toilette e della mezza verità, che la reazione della gente mi aveva infastidito e che per questo non ero
andato da lei. In compenso evitai a tutti i costi di ammettere di essere innamorato di lei.

Christian mi guarda stupito, ma non dice nulla in proposito.


In compenso David Schmid mi telefona quel fine settimana per sapere se vado al Bell. Certo.
E poi al Grodoonia. Per me va bene, stavolta ci andiamo assieme.
Il lunedì successivo c'era sì la mostra ad Hannover con l'azienda, ma pensai che sarei riuscito a
prendere il treno per le sei di mattina alla stazione ferroviaria svizzera.

Una volta arrivato al Bell, decido di rullare una canna proprio di fronte all'entrata del quinto piano.
Il buttafuori, però, ci prega di entrare del tutto, perché adesso avrebbero chiuso quella parte del locale.
Afferro con cautela il mio volantino colla miscela sopra e mi dirigo all'interno.
Alla mia destra, seduta: Jucy, i gemelli ed una rossa, che guardo veramente solo un istante negli occhi
per poi passarle oltre e sedermi per terra, volgendole la schiena, a circa tre metri di distanza, per finire
di rullare la mia canna. Sono davvero timido.
Ma dopo circa due minuti mi giro per vedere se è veramente lei.
Nel frattempo le si sono radunate circa una dozzina di persone attorno, quindi non la riesco più a
scorgere.
Altri, però, hanno osservato che mi sono voltato.

Dopo la notte al Bell, David Schmid mi invita a casa sua.


Lì faccio una doccia ed ho ancora il tempo per osservare uno specchio con dentro un ritratto di una
Harley Davidson alla parete e per constatare che David legge la Neue Züricher Zeitung.
Finita la doccia mi stendo sul materasso del suo salotto.
Dopo circa un minuto David entra in stanza e mi sorride amichevolmente e paternalmente.
Per depotenziare le possibili ritorsioni da parte della mia Hash Ultra perché le avevo raccontato della
mia intenzione di produrre droghe, cominciai il discorso in maniera conciliante: “David, penso di essermi
cacciato in un gioco più grande di me.”
David, che mi è di fronte, mi interrompe immediatamente: “E TU SEI INNAMORATO!”
Tutti i segnali dall'allarme di questo mondo cominciarono a suonare e tutte le forbici da sarta a
sforbiciare: “NO!”
Questo semplicemente non doveva venire alla luce, ero troppo orgoglioso per questo.
Lui allora: “SÌ INVECE”. Io ancora “NO!”
Ancora lui: “SÌ INVECE! Questa storia ha qualcosa a che fare con l'esoterica, credi nell'esoterica?”

E qui ci fermiamo nuovamente un attimo.


L'ipnosi e la trance non hanno nulla a che fare con l'esoterica, sono fenomeni dimostrabili e non esiste
un fluido che scorre tra l'ipnotista ed il soggetto o qualcosa di simile.
Per esoterica intendo invece l'astrologia, la telepatia e la chiaroveggenza, ad esempio.
Quindi gli rispondo: “No, credo solo a quello che vedo, ascolto ed avverto”.
Allora non pensai al buco nero con Ottmar e Axel.

Parla della mia timidezza, del fatto che mi serva del tempo per girarmi e con questo intendeva
probabilmente l'episodio che era accaduto la notte al Bell. Gli chiesi: “Chi è quella donna?”
Rispose con un tono quasi sottomesso, che si trattava di una bellissima e molto giovane “Sybille”, che
aveva una bocca ad angolo appuntito (Sandra Blumöhr ha una bocca che si può considerare tale).
Da questa frase e dalla sua “recitazione” capisco, che qualcuno sta dietro di noi e ci ascolta.
Cerco di spiegargli ancora una volta che cosa significasse il mio comportamento alla toilette.
Lui, a riguardo: “C'è chi lo capisce senza che lo commenti”, sorride e ad un certo punto aggiunge: “Ma
chiedile se le piaci”. Ma piacere non è amare.
Poi chiedo che cosa lei volesse alla toilette da me.
Mi propone con falso fare da bacchettone un: “Forse le hai toccato il seno.”
Rispondo: “Non lo so, avevo gli occhi chiusi.”
Ricordo qui ancora al Lettore che nel frattempo so che la ragazza con la quale mi sono scontrato NON
era fra quelle che vidi alla toilette delle donne mediante allucinazioni post-ipnotiche.
David era al corrente della mio sbaglio di valutazione a proposito e lo utilizzò.
Allora gli chiedo di nuovo: “Forse lei voleva qualcosa da me e non l'ho capita?”
David reagì male a questa domanda e colei che era sicuramente dietro di noi pure.
Poi toccammo ancora il tema del comportamento delle persone al Bell.
David a proposito: “E lo trovasti brutto?” Io: “Mi sarei sotterrato.”
A questo punto David interrompe la conversazione con una espressione buia in volto.
Mentre giaccio ancora sul materasso ascolto David conversare in tedesco con una voce femminile, una
voce dal timbro molto alto.
Sta appena esplodendo: “Ma insomma, è una vera insolenza, è inaudito”.
David le sussurra, sperando di non essere ascoltato da me: “Per favore, calmati...”
Non mi alzo per vedere con chi sta parlando. La persona chiaramente se ne va.

Quindi cerco invano di dormire un pochetto prima di partire per il Grodoonia.


Lungo il tragitto David mi invita ripetutamente a rispettare i limiti di velocità, a quanto pare è molto
nervoso e arrabbiato.
Arriviamo al Grodoonia il pomeriggio tardi. Lì ci sono già amici di David che conoscevo dal Bell.
Dream suona male, tra le altre cose “Your House Is Mine” di un gruppo chiamato Kundalini Experience.
David mi domandò diverse volte di questo brano e del suo relativo messaggio: che cosa significava “My
house is your house and your house is mine?”
Il lettore non si deve sforzare, si trattava nuovamente del comunismo.
E per quanto riguarda la Kundalini, questo sia già spiegato qui al Lettore, si tratta dell'energia vitale alla
base della sensazione artificiale dell'innamoramento che avvertii quando guardai negli occhi della mia
Hash Ultra.
Tento di ballare quanto possibile il suo set, ma con lo sguardo cerco la Hash Ultra senza trovarla.
David osserva che l'annunciata pista progressive era stata annullata e che si trattava di un brutto
segno.
Mi fa conoscere Dream, il tipo sembra palesemente avere poco tempo.
Spiego tra l'altro a David che negli ultimi tempi avevo difficoltà ad urinare (mi succede soprattutto
quando sono stressato). Anche questo è un pessimo segno, secondo lui.
Di ritorno a Basilea, deluso per non aver incontrato la ragazza, confesso a David: “Beh, sono un po'
innamorato.”
Da David arriva un soddisfatto: “Ohhhh! Finalmente... e la prossima volta che vedi quella donna ti
consiglio di parlarle SUBITO, perché Sabine la conoscono TUTTI.”
Poi segnala che Ariane, una ragazza piuttosto racchia del Bell, rischiava nel frattempo di degenerare
per il suo consumo di droga. A detta di David, Ariane “calava” senza curarsi di quello che ingurgitasse.
Ultimamente, ad esempio, aveva ingerito due micropunte in una sola volta.

Arriviamo a casa di David verso mezzanotte.


Mi chiede con un tono chiaramente intimidatorio quale sostanza cercassi ancora per produrre estasi.
Gli rispondo, come se non avessi registrato la celata minaccia: “Metilamina”.
Durante la notte mi spiega che presto a Basilea ci saranno gli “Psi-Tage”, le “giornate della
parapsicologia”.
Cerco di dormire un paio di ore da David senza riuscirci, perché alle sei di mattina debbo prendere il
mio treno per Hannover allo SBB. Prima di andarmene, gli lascio le mie pillole “Chanel” che mi ha
venduto Dirk (forse caffeina), perché attraverso la frontiera non intendo portarle.
Mi domanda che cosa voglio in cambio: quando si presenta l'occasione mi può rimediare della buona
erba, per il momento non voglio nulla. Ringrazia per il regalo e sottolinea questa parola con un tono
leggermente disgustato, in modo che me ne ricordi esattamente.

Poi mi reco all'SBB, lascio la mia macchina al parcheggio della stazione e salgo sul treno.
Ero coi nervi a pezzi e non ero neanche in grado di dormire.
Probabilmente (è solo una supposizione basata sulle mie esperienze degli anni seguenti) era stato fatto
scattare il meccanismo di clear, la tecnica scientologa per cui mediante l'ipnosi si viene indotti a ripetere
nel sonno quello che si pensa di giorno: questo preclude la possibilità di riposare profondamente e
causa spesso insonnia. Il mio io conscio, però, non lo sapeva.
La sera cenai assieme coll'azienda in un ristorante, solo per constatare, che ero muto e del tutto
altrove.
Ad Hannover mi vennero spesso crisi di pianto: il fatto che non ero ancora riuscito a parlarle, il
comportamento di David Schmid soprattutto ora che gli avevo confessato di essere “un po' innamorato”
ed il mondo in generale cominciavano a rendermi isterico. La Interkama durò solo pochi giorni.
Nel treno di ritorno, a Colonia se ricordo bene, entra una bionda appetibile del “tipo B” (o del tipo
“Natascha”, se così volete).
Mi sorride e si siede un sedile più avanti rispetto a dove siamo seduti Robert Terbeck ed io.
Il procuratore, Hans Eugen ed io decidiamo di ordinare la nostra cena nel vagone ristorante.
Quest'ultimo è pieno, soltanto il mio procuratore ed il mio capo riescono ad ottenere un posto.
Io torno nella mia carrozza.
Nel frattempo la bionda si è seduta al posto di Robert (quindi accanto al mio) e mi sorride.
Sfoglio la rivista di musica di techno che ho comprato alla stazione di Hannover.
Lei ascolta una cassetta nel Walkman, sulla cassetta c'è scritto “Bad Boys Blue” con un pennarello.
Dopo circa dieci minuti mi accorgo che è interessata alla mia rivista, allora le chiedo se la vuole leggere.
Lei: “No, grazie, sto già leggendo, anche io ascolto questo tipo di musica”.
Le faccio notare che i “Bad Boys Blue” non vengono considerati come facenti parte della scena techno.
Ma lei sostiene che la cassetta è già stata ri-registrata da tempo, se voglio posso ascoltarla.
E dalle cuffie scaturisce davvero qualcosa di mediamente ballabile.
Cominciamo la solita discussione sui raves e le chiedo quali droghe consumi.
Come risposta ottengo un: “Oxbows, Colombe Grigie, speed alla mela”.
In effetti vive a Neufahrn, vicino Monaco, per questo motivo deve prendere la coincidenza a Mannheim.
Quanti anni hai? “SEDICI”. Però ne dimostra perlomeno venti.
Al più tardi al suo elenco dei tipi di droghe che consumava mi ero reso conto che non si trattava di un
incontro casuale.
Recito comunque di proposito la parte del santo che non usa stupefacenti.
Peccato, mi dice lei, perché ha qualcosa da fumare con sé e mi inviterebbe volentieri alla toilette del
treno per una canna. OK, questo lo facciamo. Possiede lo stesso tipo di hascisc mediocre che Florian,
mesi prima, aveva inutilmente tentato di vendermi: lo riconosco dalla puzza.
Lei rulla una canna con tre cartine piccole.
Mentre la fumiamo al bagno, mi si mette di fronte e si gira col corpo a 90 gradi, in modo che la possa
osservare dal lato destro. Poi apre le sue gambe, poggiando la sinistra su un piano rialzato e mi guarda
in maniera provocatoria. Una sedicenne molto sospetta.
Ignoro il palese tentativo di adescamento.
Mi invita la settimana seguente al Rave City a Monaco, ci scambiamo gli indirizzi.
Come da lei annunciato, scende a Mannheim.

Arriviamo all'SBB. Esco dal treno ed improvvisamente non trovo né biglietto del garage né passaporto!
Quest'ultimo me lo rispedirà la polizia qualche settimana dopo a casa, fu trovato proprio in un treno se
ricordo bene.
A quel tempo, passaporti e carte d'identità mi vennero “inspiegabilmente” a mancare diverse volte.
Penso ora, che mi siano stati asportati in trance, per commetterci ogni tipo di porcheria.
Il biglietto del garage non lo ritrovai più, lo cercai dappertutto.
Alla fine fu la moglie di Robert o di Klaus a doversi recare a Basilea perché potessimo far uscire la mia
macchina dal parcheggio con un trucco, giacché a quell'ora non si trovò un guardiano.
Il tutto ci costò più di quattro snervanti ore.

Non seguii l'invito della ragazza e telefonai anche a Claudia Strohmeier e Mischa Mieke a Monaco per
comunicare loro che quel fine settimana non sarei venuto: ero ancora alla ricerca della mia Hash-Ultra.
La settimana dopo, da Olli, la ragazza del DJ, Susi, parlò di un mio “crollo” al Grodoonia.
C'era qualcosa che puzzava maledettamente.
Da Thilo ero tra l'altro venuto a sapere che “secondo Piech”, se si prende per lungo tempo dell'LSD,
questo avrebbe solo un effetto anfetaminico.

Guido mi chiama da Roma.


Gli spiego che il progetto droghe continua e che ho sempre quella donna in testa: “Me la mostrano, poi
non me la mostrano, non voglio questa gente, voglio lei!”.
Dieci secondi dopo aver riattaccato telefona David Schmid per annunciarmi che purtroppo doveva
spiegare alla sua Steffi (così si chiamava, secondo quello che diceva lui, la sua ragazza) che vi era
un'altra donna nella sua vita, è così, al cuore non si comanda.
Dopo questa telefonata “per caso” subito seguente quella con Guido mi resi definitivamente conto che il
mio appartamento veniva controllato e che perlomeno David poteva ascoltarmi, nonché qualcuno che
conosceva l'italiano.

Il mercoledì, ormai disperato, chiamai Kurt Lachat, del quale supponevo che sapesse qualcosa di più
sulla mia Hash Ultra. Gli chiesi di non raccontare ad altri che ero innamorato e che cercavo una ragazza
con i capelli rossi: “sai dove la posso trovare?” La sua risposta, assolutamente non credibile: “Non so di
chi parli”. Un (mio) autogol clamoroso.
Christian e gli altri di Friburgo, che avevano annunciato di voler venire con me a Monaco, avevano poi
comunque rinunciato.
Allora Dirk, Olli ed io decidemmo di andarcene al “Number One” invece che al Bell.
Da Tilman avevo ricevuto, a sua detta, del DOC, sotto forma di un cartoncino con disegnato Topolino
sopra.
Ricordo qui al lettore nuovamente l'offerta di Stefan a proposito del PCP e del DOC.

Il DOM e i suoi derivati come il DOC sono allucinogeni fenetilaminici scoperti da Alexander “Sasha”
Shulgin e portati sul mercato nero alla fine degli anni sessanta per qualche manifestazione hippie, con
risultati catastrofici.
Il consumatore che è abituato all'LSD, prende un cartoncino del genere e si aspetta un effetto rilevante
tra le due e massimo le quattro ore dopo l'ingestione. Ma per le prime cinque ore l'effetto del DOC è
blando.
Il pieno effetto dell'allucinogeno si sviluppa dopo e questo può durare, se si esagera col dosaggio, 36,
48, 72 ore o anche tutta una settimana.
Il consumatore al quale questo viene venduto come LSD e lo ha ingerito, commette l'errore, al massimo
dopo la quarta ora, di ritenere di aver preso dell'LSD a basso dosaggio e ne ingerisce dell'altro.
Oltretutto Shulgin consiglia, per il DOM, un dosaggio di massimo un milligrammo ed il suo scopritore
non è certo un angelo.
Alla fine degli anni sessanta sono comparsi blotters che ne contenevano 5 o addirittura 10 mg ciascuno.
Sia la maggior parte dei cosiddetti horror che anche le degenze in ospedale degli anni sessanta dovuti
a dei cartoncini, sono accaduti perché degli sfortunati avevano assunto questi ed avevano commesso
l'errore, dopo la terza-quarta ora, di prenderne altri. 20 o 30 mg di DOM sono una dose da elefante.

Ma quella sera non presi del DOC, perché non conoscevo la discoteca e non mi volevo addentrare in
un ambiente estraneo con un allucinogeno che non conoscevo. La musica era scadente.
Nel locale vi erano un paio di tipacci, amici di David che conoscevo dal Bell.
Tutta la sera mi seguì un miserabile nano con una bottiglia di birra in mano che quando mi fermavo da
qualche parte a ballare si piazzava esattamente davanti a me, ad una distanza di circa 80 cm ed
ostacolava così i miei movimenti delle mani e delle articolazioni.
Vi garantisco che in quel modo non fa veramente piacere muoversi al tempo della musica.
Il tipo non mi guarda né in maniera aggressiva né mi provoca in alcun modo: semplicemente mi guarda.
Quando questo però succede durante tutto il tempo nel quale si è nel locale, la cosa urta e la si ricorda.
Verso le 5 o 6 del mattino gli altri se ne vanno da Olli, io invece parto per il Bell e decido di provare un
quarto del DOC. C'è anche Hassan. Entriamo.
Mentre siamo seduti assieme, arrivano due puttane che di nuovo mi sbandierano la loro passera più o
meno in faccia. Chantal Ursenbacher, che con il suo uomo è seduta di schiena a circa 5 metri di
distanza, si volta per osservare ogni tanto come reagiamo a questa nuova provocazione.

L'effetto del mio DOC assomiglia a quello dello speed puro.


“Forse arriva ancora qualcosa”, mi dico, “forse ho preso troppo poco, ad ogni modo adesso non ne
consumo di più”.

Mentre ballo, qualcuno mi apostrofa da una sdraio voltata verso il palco del DJ: “Mi rovini la visuale.”
All'epoca credetti che fosse lo Stefan Gay, invece in seguito affermerà di chiamarsi “Murat Lucht”, nel
frattempo so che si trattava di Mike Murait (alias Mike Maurice alias Mike Diehl), di un gruppo
conosciutissimo di Harthouse chiamato Resistance D.
Il DJ suona “Skyline” dal dodici pollici “Inexhaustability” della band, altrimenti non ho mai sentito
suonare nulla del gruppo al Bell, probabilmente doveva essere un omaggio all'artista lì presente.
Prima di svignarmela con Hassan noto che accanto alla coppia Ursenbacher c'è una ragazzina dai
capelli rossi che piange, dice qualcosa ai due e mi punta il dito contro. “Papà” Ursenbacher mi guarda
ostile.
Tornai a casa di Olli a riposarmi.

Avevo ricevuto da Bert Marco Schuldes della Salvia Divinorum, chiamata anche Salvia dei
Chiaroveggenti o Ska Maria Pastora, un potente allucinogeno originario dal Messico e molto difficile da
coltivare.
Nessuno, a quel tempo, lo conosceva in Germania, Bert fu di nuovo il primo che riuscì a far crescere la
pianta in quel paese e che la vendette anche a prezzi irrisori (per 4 marchi il grammo).
L'effetto allucinogeno è molto intenso e provoca quasi un'esperienza extracorporea.
Forse bisognerebbe affermare meglio che, raggiunto un dosaggio adeguato, per alcuni minuti si viene
schiacciati in un universo bidimensionale, nel quale ci si sente come tagliati a fette.
Quindi un “corpo” lo si possiede ancora eccome ed anche il rilascio di adrenalina è decisamente
avvertibile, dunque: non una vera Out Of Body Experience. Se si riescono a fumare in un minuto così
tante foglie da concentrare nel sangue 1 mg di Salvinorin A, per un paio di minuti scompare la terza
dimensione.
Dopo circa 20 o 30 minuti si è nuovamente a livello base.
Comunque sia: uno sballo per psiconauti molto esperti, non una droga per party.
Il lunedì sera carico David in macchina a Basilea, perché la possa provare anche lui.
Per questo torniamo da Olli e Dirk. Ronnie e Zina sono appena tornati da Ibiza.
Quando Ronnie vede David Schmid, sembra quasi rimanga paralizzato.
Da l'impressione di aver paura, balbetta quasi, chiede ai presenti come sono le feste in zona.
Quando invece David vede Ronnie, la sua espressione in volto diventa veramente cupa, come se
capisca in quel momento a che gioco si stia veramente giocando sulla mia pelle.
Dirk continua a ridere e scherzare allegramente, quasi fosse al settimo cielo, si sente molto sicuro.
Durante la mia permanenza da Olli menziono quel disturbatore con la birra in mano che al “Number
One” mi stava sempre di fronte.
Il commento di Dirk: “È chiaro, balli sempre davanti al bagno delle donne”. Ci ride sopra con David.
David ed io proseguimmo poi per Steinen, la meta stabilita sono Thilo e Sandra.
Lungo il tragitto David mi chiese chi era Ronnie, gli fornii una risposta elusiva.
Arrivammo dal signor Tscheulin e provammo la salvia.
Thilo mi domandò di come Ronnie si fosse comportato da Dirk e se avesse “abbassato la cresta”; David
allora irruppe subito nella discussione per rimarcare che Ronnie si era comportato come un “turista”.
Gli rispondo guardando Sandra: “Ronnie è un uomo d'affari, noi siamo amici”.
Dopo questa frase, se possibile, il volto di David diventa ancora più tetro.
Poco prima di farlo scendere a Basilea mi chiede dove mi si può incontrare quel fine settimana:
“venerdì all'Utopia, sabato al Bell”.
Ripete a bassa voce la mia risposta come se la debba tenere a mente, poi si accomiata.
David, tra l'altro, aveva menzionato il fatto di essere stato quel sabato allo “Zikzak”, a sua detta un
nuovo locale gastronomico di Basilea. Dubito che questo locale sia mai esistito, il perché lo vedremo più
in là, quando arriveremo con il racconto alla mattina del 12 di novembre del 1995.

Hassan ed io ci eravamo dati appuntamento per recarci ad Idstein.


Volevamo comprare piante, oli e libri che potessero essere di interesse per noi.
Poco prima di partire da casa mia, Hassan provò la salvia per la prima volta in vita sua e siccome
doveva recitare la parte del cattivo esempio, ne prese il più possibile. Cominciò con due estratti bevuti
d'un sorso.
Poi procedette colla consumazione di due miscele di pipa ad acqua piene di quell'erba: ben gli stette.
L'espressione del volto di Hassan mentre si trovava nell'universo bidimensionale non la dimenticherò
mai.
Spaventato a morte, “torna” parzialmente in questo universo dopo circa 10 minuti.
Racconta che durante il suo viaggio aveva visto “una donna” accanto a me, cosa che per il tipo di
effetto che fa la salvia non è credibile: da una certa quantità in poi, sotto l'influsso di quella droga non si
sa più che cosa si è, figuriamoci se ci si ricorda che cosa dovrebbe essere una donna.
Gli chiesi che aspetto avesse ma lui non me la poté descrivere.
Cercò anche di indurmi a pensare che siccome adesso producevamo droghe, saremmo stati “the Kings”
- “i re”.
Per il viaggio a Idstein attraverso Francoforte consumò i restanti funghi falsi di Lumpi.
Durante il tragitto, Hassan sembrava infastidito dal volume della musica, cosa mai successa prima.
Voleva assolutamente ascoltare i suoi strimpellii infantili e quando mettevo qualcosa di razionale dentro
il CD Player iniziava a parlare di qualche spunto per sintesi, in modo che abbassassi la musica per
capirlo meglio.

Finalmente giungiamo nella cittadina di destinazione ed incontriamo Herbert Böttcher.


È la prima volta che lo vedo personalmente.
Il tipo ha un aspetto che lascia supporre che si nutra solo di carote, tofu, insalata e tè alla rosa canina -
dal punto di vista ottico e caratteriale è l'esatto opposto di Hassan.
Dietro il banco vendite c'è qualcuno che non fa parte del negozio ma che ascolta con attenzione i nostri
discorsi.
Hassan setaccia la biblioteca e chiede ad Herbert Böttcher più volte informazioni sui principi attivi delle
piante e dei semi che Alraun ha in programma, così come la loro struttura chimica.
Il padrone del negozio sembra nervoso e abbottonato: il sassafrasso serve “come incenso”, il micelio
non lo vende più perché è una cosa “un po' così” e via di seguito.
Gli chiedo se in un futuro non precisato è possibile che lui venga a Basilea col Padrinho della Chiesa
del Santo Daime per organizzare un rituale per un certo numero di persone.
Herbert Böttcher mi fa notare che si tratta di un rituale adatto solo a persone molto navigate, già in
passato si sono imbattuti in esperienze di persone che sono rimaste emozionalmente molto provate.

Comprai un paio di chili di legno di sassafrasso, perché Alraun in quel periodo non ne vendeva l'olio, poi
tintura di voacanga africana (il cui principio attivo, la voacangina, è strettamente imparentato
coll'ibogaina).
Volevo comprare solo un paio di libri ma Hassan sembrò così interessato ad essi, che alla fine ne
acquistammo una gran quantità, tutto a mie spese, s'intende. Ma a confronto delle somme che mi
vennero altrimenti estorte in quel periodo, senza che lo sapessi, si trattava di noccioline.
Nel lasso di tempo che va dall'agosto del 1995 al giugno del 1996 si accumulò in maniera
inspiegabile un debito di 30000 marchi (15000 euro). Più avanti mi fu anche lasciato intendere
che mi era stato rubato danaro in trance mediante comandi post-ipnotici, senza che me ne
accorgessi.

Hassan ed io cenammo ad Idstein, poi ci mettemmo in marcia per Basilea.


Lo scientochimico voleva assolutamente fare visita al DJ-Contest del Bell (che si teneva sempre di
giovedì), ma io non avevo alcuna intenzione di passare la dogana con un paio di chili di sassafrasso, a
prescindere dal fatto che questo fosse stato legale o meno. Infatti non potevo più fare il bagno da
alcune settimane: nella mia vasca era già montata e funzionante un'apparecchiatura per estrazioni.
Dopo aver portato la roba da me, Hassan improvvisamente non ebbe più voglia di uscire e si
addormentò a casa mia.

Venerdì sera, all'Utopia, notai come prima cosa che Jürgen aveva ricevuto il permesso ufficiale di
vendere le registrazioni live di Damien, Traxx, Nico e (naturalmente) Patrick.
Siccome la musica, quella sera, non era nulla di particolare, mi sedetti su una specie di fusto aperto
rovesciato, vicino a Jürgen, Michaela e Stefan il Kickboxer.
Dopo che i Future Bass Junkies avevano cacciato Traxx dal locale (la Chantal dai capelli neri aveva
dichiarato che il tutto sarebbe proseguito “con un progetto migliore”) si cercò di rendermi l'Utopia più
appetibile del Bell: un giorno, al Bell, la mia acqua minerale fu appositamente calciata via da una
ragazza, quest'ultima poi mi disse di volermene offrire volentieri una nuova – ma all'Utopia, dove sarei
stato ben più accetto che al quarto e quinto piano della Elsässerstr. 186.
Torniamo però a quel venerdì sera.
Michaela racconta di aver telefonato a Jeannette, che però non voleva saperne di me! Non era
premurosa?
Alcuni giorni dopo telefonerò a Jeannette per chiederle che cosa le avesse raccontato Michaela.
Con mia sorpresa mi comunicherà che non parlava con Michaela già da mesi.
Quel venerdì, ad un certo punto, arriva Häsi con una giovane del Bell e me la mostra da una distanza di
circa 3 metri, come se si aspetti da me che le venga incontro: lei mi guarda, la guardo anch'io a lungo.
Poi ad un certo punto mi rivolgo a Jürgen: “Quella non può essere la donna che ho visto alla toilette”.
Jürgen ghigna fin sopra le orecchie e mi chiede: “Sei così innamorato?” Annuisco.
Non era infatti solo l'incontro al bagno delle donne che mi spingeva a cercare quella fanciulla.
Era soprattutto la convinzione che si trattasse della prima ragazza che avesse capito come sono fatto e
che si interessasse per questo.
Di tutti gli altri non mi importava nulla, Jürgen compreso.

Ma come sapeva, Jürgen, che ero innamorato? Volevo evitare proprio questo ad ogni costo.
Supposi che o David o Kurt avessero sparso la voce e che nel frattempo la cosa fosse diventata di
dominio pubblico.
Durante la sera, credetti di rivedere la donna alla quale avevo cercato di trasmettere amore con gli
occhi a febbraio.
Forse si trattò anche solo di un'allucinazione post-ipnotica.
Il bidone sul quale ero seduto cedette, perché, come già detto, era vuoto e aperto di sotto.
Caddi da circa un metro col mio posteriore per terra e mi procurai una contusione al braccio sinistro.
Rialzatomi nuovamente, Michaela mi chiese, falsamente premurosa, se la mia mano fosse ferita, come
se qualcuno le avesse raccontato che valesse oro.
No, grazie, la mia mano sta bene, ma il mio gomito si sta lamentando.
Stephan il Kickboxer, che ha sicuramente una grande esperienza in materia di contusioni, me lo
massaggia e lo rimette più o meno in funzione.

Quando mi decido ad alzarmi ed a vagare un po' per il locale, per un periodo di tempo mi segue un tizio
alto una testa in più di me, davvero appiccicandosi: ovunque vada, mi sta così alle costole che quasi mi
sfiora.
Se ne va un quarto d'ora più tardi, dopo essersi congedato.
Non lo rivedrò mai più.
CAPITOLO 7

“Approach and Identify”

(“Cosmic Love” - Resistance D – 1992)

Il sabato dell' 11.11.1995 fu concesso a Patrick Lecerf di suonare al Bell, come già stabilito dal giorno
del party di Noom.
Quel sabato, mentre mi trovavo ancora a casa, mi telefonò Ottmar da Kassel.
Durante la conversazione gli raccontai che avevo ancora in mente la donna della quale all'epoca gli
avevo parlato (e della quale ovviamente sapeva più di me).
Prima della fine della telefonata, Ottmar annunciò che lui e Tatjana erano stati ricevuti il giorno prima.
Chiesi ovviamente dove. Rispose: “Dal Dalai Lama”, con un tono di voce che lasciava appositamente
trapelare che in quel momento ci teneva a farmelo sapere.
Che Ottmar abbia visto veramente o meno il Dalai Lama il giorno prima non è importante.
Rilevante è solo che dicendomelo mi comunicava di avere un Dio, del quale ora avrei sperimentato il
castigo.

Avevo supposto che la mia Hash Ultra potesse non portare più i capelli di colore rosso o biondo, ma
che potesse averli tinti di nero. O i miei pensieri a riguardo furono intercettati oppure mi impartirono
apposite suggestioni in trance per pensarlo.
Ma prima di recarmi al Bell, mi fermai come al solito la sera da Olli.
Presente anche Hassan, anche se in effetti non avrebbe dovuto intrattenere rapporti con i fratelli
Hollstein!
Ha con sé “micropunte rosse”. Il mio buon amico Dirk, mi ammonisce di non prenderne troppe, perché
forse oggi potrei incontrare la mia Hash Ultra.
Questa osservazione mi rese, se possibile, ancora più teso di quanto non fossi.
Volevo finalmente parlare con quella ragazza.
In realtà non nutrivo false speranze, perché quello che mi aveva segnalato al bagno delle donne mi era
rimasto impresso. Ma volevo essere da solo con lei per chiarire tutto e per rimanere in buoni rapporti,
nonché per fermare le superflue “attenzioni” con le quali mi ricopriva da mesi.
Naturalmente fantasticavo di portarla con me a casa dopo l'after per un chillout assieme.

Diedi ad Hassan un quarto di DOC, in cambio mi offrì una micropunta che accettai volentieri, poi
entrammo.
Presenti, tra gli altri: Dirk, Olli, Sandra, Thilo, Ronnie, Patrick, Lumpi, Jürgen e Chris, il ragazzo di
Claudia Strohmeier.
Il cocainomane del vicolo delle banche, quindi il presunto amico di Hassan, siede all'inizio del quinto
piano e ci chiede che tipo di droghe abbiamo preso. La micropunta non sballa, in compenso il presunto
mezzo DOC ha un effetto estremamente anfetaminico. Supposi che l'effetto allucinogeno dovesse
ancora svilupparsi.
Perlomeno all'inizio della festa non feci caso al fatto che non riuscivo a constatare alcun segno di una
componente lisergica. Supposi che durante la notte dovesse ancora accadere qualcosa.
Nel frattempo rimasi solo molto teso internamente.

Improvvisamente, mentre sono di fronte all'uscita del quinto piano guardando verso l'interno, arriva
Damien, che evita il mio sguardo e subito dietro Natascha, con i capelli tinti di nero, quindi colei che
si era appoggiata alla parete tra il bar e la toilette delle donne dopo il fatidico incontro avvenuto
in quest'ultimo.

Le donne che avevano ballato colla maglietta Hash Ultra blu erano DUE (e, sia spiegato qui a Voi per
mostrarVi l'intenzionalità della trappola: erano anche DUE i simboli di donna sulla porta del bagno,
Lumpi era sempre stato orgoglioso di avere DUE ragazze, DUE erano le voci di donna sulla cassetta di
Christian Bonacker e alla Moltkebrücke furono DUE le ragazze che mi chiesero una sigaretta).
Siccome avevo già parlato con Sabine, l'unica possibile conclusione LOGICA era, che nella toilette delle
donne avessi incontrato Natascha.
Non mi guarda negli occhi, ma si ferma sull'uscio del quinto piano, come se aspetti che le parli.
Questa possibilità, ovviamente, ora non me la lascio sfuggire.
Non aveva poi quest'aspetto mozzafiato e questo era un sollievo.
Ma il motivo che mi spingeva a prendere contatto con lei era meno la sua bellezza, quanto il bisogno di
un chiarimento totale. Le chiedo: “Ehi, Hai un momento di tempo? Dimmi, eri tu dentro il bagno delle
donne?”

Lei alza gli occhi a destra, continuando ad eludere il mio sguardo e risponde “sì” con un timbro di voce
così roco da non poter essere in nessun caso chi ascoltai dietro di me mentre ero sdraiato sul
materasso del salotto di David Schmid.
Il suo volto mostra la soddisfazione di chi è riuscito a sferrare un attacco con successo.
Mi assalirono immediatamente seri dubbi che potesse essere stata lei, anche se lo affermava, ma
“l'errore” lo avevo già commesso e siccome era stata messa in giro la voce che ero innamorato, ero in
trappola.
In questo caso, ovviamente, sarebbe stato alto tradimento da parte della Hash Ultra vera.
Le mie buone intenzioni erano state sfruttate per recarmi danno e perché all'opinione pubblica
sembrasse che fossi guidato da bassi istinti. Le feste, le persone che mi cercavano, i segnali e gli indizi:
tutto faceva parte della trappola.
Dovevo quindi limitare i danni e, se possibile, anche fargliela pagare, perché se fosse stata veramente
una trappola mi sarei sbagliato su di lei dall'inizio: le avevo creduto, l'avevo addirittura amata e
considerata un punto fermo del mio ambiente senza volere nulla in cambio. Per venire ora ripagato in
questa maniera.
Bisognava in qualche modo avere un colloquio con Natascha.
Ma Natascha, dopo il “sì”, scese immediatamente le scale. Non le corsi dietro.
Mi recai invece da Sandra Birkenholz per metterla al corrente del fatto che avevo incontrato la mia Hash
Ultra e che più tardi avremmo parlato assieme. Sandra fece finta di credere alla mia versione, ma non
fu un granché come attrice: c'era qualcosa che mi nascondeva.
Andai di nuovo a ballare, con una pericolosa quantità di adrenalina in corpo.

In qualche modo la micropunta non “sfondava” e stavo aspettando invano anche le proprietà
allucinogene del DOC.
Solo moltissima potenza ed il classico retrogusto schiumato dell'anfetamina nel sottolingua posteriore.
E tensione. E pensieri, pensieri, pensieri...
Compare Ronnie e mi comunica dapprima che conosce abbastanza persone ad Ibiza che sarebbero
disposte a coltivare Morning Glory per lui. Poi afferma di aver appena appreso che il suo nome è stato
fatto durante una riunione del dipartimento narcotici di Friburgo, per cui si deve ritirare da qualsiasi
attività.

La gente nel locale: stizzita.


Chiedo a chi avevo identificato la settimana prima come lo Stefan Gay (quindi “Murat Lucht”, Mike
Murait dei Resistance D), se all'epoca l'avevo disturbato ballando di fronte a lui.
Lui: “No, no... ah, a proposito, Alex, mi puoi forse aiutare?”
Io: “Se posso... come?!?”
Lui: “Sono innamorato di una Claudia, tu sai forse dov'è?”
Io: “Non la conosco, ma Sandra le conosce tutte. Come si chiama di cognome?”
Lui: “Non lo so, so solo che si chiama Claudia – è di Weil Am Rhein...”
Trovai questa richiesta, rivoltami direttamente, molto singolare, ma mi recai comunque da Sandra
Birkenholz e le chiesi diligentemente se conosceva una tale ragazza. Feci un buco nell'acqua,
naturalmente.
Allora torno dal tizio: “Beh, lei non conosce una Claudia, o intendi Claudia Strohmeier?”
Lui: “Fa niente, in qualche maniera me la caverò da solo...” E se ne va.
Uno strano incontro...
Mi imbatto in Lumpi, che mi aveva promesso di portarmi 10 grammi di oppio dalla repubblica ceca,
dichiara di essere al verde e di avere bisogno dei soldi in anticipo. Ovviamente non ci penso nemmeno
per sogno, perché per riavere 50 marchi da lui mi erano serviti un paio di mesi, quindi preferisco
rinunciare all'offerta.
Qualcuno vuole che tocchi una di quelle sfere di cristallo kitsch che portano qualcosa come “corrente
blu” dal centro della sfera fino alla parete di cristallo.
Al quinto piano torna poi nuovamente Natascha, in modo che sia visibile per tutti, me compreso.
Le chiedo di nuovo se ha tempo un attimo.
Risponde nuovamente “sì” con tono seccato ma se la squaglia di nuovo.
In compenso rimane qualcun'altra, che era entrata nella Doccia assieme a lei.
È una sosia di Jucy, che mi guarda.
O lei o Natascha (non mi ricordo più chi delle due), quella sera, porta al collo un collare di pelle
adornato di punte metalliche, nella scena sadomaso è un tipico attributo da schiava.
Poi vedo un attimo Sabine, sono quasi lì lì per parlarle ma mi ferma prima: “No, no, a me l'hai già
chiesto un paio di settimane fa.” E se ne va.
Tocca ad Hassan, che mi domanda: “Vuoi un'altra micropunta?” Siccome non avvertivo alcun effetto
allucinogeno e non volevo mostrare di essere emozionalmente provato, accettai.
Dirk ed Olli si avvicinano, ridono, scherzano e a riguardo di Hassan commentano: “E beve pure birra!”
Gli rispondo: “Certo, perché, a te la birra non piace?”
Olli, con la bottiglia di birra in mano: “Certo, a te no? Prosit!”

Lentamente mi accorsi sempre di più che le droghe che avevo preso non erano psichedelici e questo
messo assieme alla trappola portava alla conclusione che la controparte volesse camuffare il tutto come
una crociata contro gli allucinogeni.
In questo caso, però, Hassan era fasullo.
E Thilo e Sandra, che facevano parte dall'inizio del progetto con Ronnie, mi avevano presentato
Hassan.
È una cosa difficile da credere all'inizio e non volevo reagire male per alcun motivo, ma non potevo
rimandare una contromossa. Avessi dunque “riconosciuto” il mio “errore”, avrei potuto dapprima
scusarmi per il mio consumo di droghe (perlomeno così si voleva), cosa che dovevo assolutamente
evitare.
Perché innanzitutto fino a quel giorno ero stato veramente innamorato di quella donna e non volevo
permettere ad altri di abusare dei miei sentimenti genuini per qualche falsa ed ipocrita crociata contro le
droghe e così non mi lasciavo certo “redimere”; poi, avessi veramente dato la colpa alle droghe in
pubblico, i mandanti mi avrebbero comunque avuto in pugno perché mi avrebbero potuto ricattare
dimostrandomi che non potevano essere state le droghe a provocare il mio errore, giacché non avrei
potuto assolutamente sperimentare un effetto allucinogeno.
Una situazione molto intricata e critica.

Patrick comincia il suo set nella stanza accanto alla Doccia al quinto piano: una musica orribile, degna
della maxi di Joey Beltram di Axel. Per questo decido di rimanere nella Doccia e mi reco ad ordinare
l'acqua minerale, ma il personale del bar mi comunica che l'hanno finita. In compenso avrebbero ogni
tipo di quegli energy drinks, che avevo provato una dopo l'altro a casa di Olli nei mesi passati.
Ma il personale del bar ha solo le bibite che non mi erano piaciute.
Quello che credo, col senno di poi, è che si volesse che andassi di nuovo al rubinetto delle toilette
invece di ordinare qualcosa dal bar.
Comprai, di contro, una qualche melassa dolciastra, in quel momento non pensai al rubinetto.
Nella doccia suona, in una gabbia, quella donna che avevo visto con Kurt e Beatrix alla
Gedächtniskirche durante la Loveparade a Berlino.
Una modella poco vestita e mai vista al Bell mi afferra una prima volta per un braccio mentre ballo e mi
dice qualcosa come “Ehi...”. Non reagisco alla provocazione.
Hassan mi offre una pillola, che accetto volentieri e che avrà l'effetto che deve solitamente avere.
Dieci minuti dopo l'ingestione i miei movimenti sono già molto più fluidi.
Patrick smette di suonare e tutta la cricca si accomiata, lasciandomi al mio destino assieme ad Hassan.
La Doccia viene chiusa, torniamo al quarto piano, dove la musica è buona.
La situazione è grottesca. Non c'è nessuno che balla in pista.
Vicino al bar di sotto, tutti seduti, il clan degli Ursenbacher.
Dietro il bancone del bar, la donna che aveva suonato prima nella Doccia.
Hassan, il tipo del vicolo delle banche ed io siamo in un angolo, Ariane ed il suo ragazzo in fondo alla
pista, seduti pure loro. Improvvisamente scende Natascha, dall'altra parte della pista da ballo rispetto a
dove stavamo noi, indossando una maglietta Hash Ultra di colore nero - parla con qualcuno.
Evito di recarmi da lei, ma riferisco ad Hassan che se quella donna mi vuole mi può avere, anche se ho
già fiutato da lungo tempo la trappola.
Vado al bar di sotto a prendere la mia acqua minerale e lancio un'occhiataccia alla barista, lei mima la
mia espressione facciale.
Quando voglio tornare da Hassan, la modella poco vestita mi tira nuovamente a sé e mi chiede: “Ehi,
eri tu la settimana scorsa allo Zikzak?” Nego.
Poi le chiedo come si chiama: “Yamine”. Come la sorella di Hassan e Ya'su'min Sofia Lermer.
Torno dal “mio” chimico. Mentre ballo guardo lui e non Natascha.
La musica cessa di colpo. Rimango fermo nella posizione in cui stavo ballando e continuo a guardare il
signor Bouzater dritto negli occhi.
Mi domanda: “Non può finire così?!?” Gli rispondo a bassa voce: “Sì invece, finisce esattamente così”.

Mi giro di nuovo, Natascha non c'è più.


Lentamente, senza dire una parola, scendo le scale del Bell con Hassan.
Anche il clan Ursenbacher si muove.
Mi fermo di fronte all'entrata del Bell assieme ad Hassan a rullare una canna.
Nel frattempo vengono fuori uno dopo l'altro tutti i membri del clan Ursenbacher e ci osservano
ghignanti mentre se ne vanno.
Dopo di loro, per lungo tempo non scende nessuno.
Hassan ed io discutiamo sul possibile utilizzo della metilamina e su cosa vogliamo ancora fare oggi,
come se nulla fosse.
Dopo dieci minuti, con l'ascensore e non per le scale, escono fuori Jucy ed i due gemelli.
Jucy mi guarda con aria saccente e mi ghigna disgustata, così come è lecito aspettarsi da una lesbica
da combattimento del suo rango. Poi finalmente se ne vanno anche loro. E poi non scende più
nessuno.

Dopo che Hassan ed io finimmo di fumare la canna, tornammo al parcheggio, che era situato a circa
150 metri dal Bell.
Lungo il cammino per arrivarci pensai che cosa avrei dovuto fare adesso, perché ora dovevo agire.
Dovete capire una cosa: se si comprende, che la propria bontà è stata sfruttata per recarti danno, è
arrivato il momento di ripararsi e di giocare sporco, anche se in fondo si è buoni.

VENDETTA!

Quindi: o la va o la spacca. La voglio avere, perché il sentimento che avevo avvertito mentre ero alla
toilette delle donne lo vorrei riprovare, magari in circostanze diverse.
Quella donna è probabilmente ancora al Bell e mi può vedere dalla finestra.
Ci sono alcune persone nel parcheggio, è possibile che abbiano con sé microfoni o anche telecamere.
È qualcosa come “Scherzi a parte”?
Beh allora ad esso gli rovino per bene lo spettacolo.
Mi metto di fronte ad Hassan, fuori dalla macchina, in modo di poter essere visto dal Bell e gli dico:

“Hassan, ti ricordi che ti ho parlato di quella donna con la quale mi ero scontrato all'after di Sven Väth?
Poi l'ho vista al bagno delle donne, le volevo dire: 'Va bene. Sei bella, ma purtroppo hai già un ragazzo,
fa niente.
Ed invece mi è scappato un: CAZZO QUANTO SEI BELLA, PURTROPPO HAI PURE UN RAGAZZO!'
L'ho cercata di dimenticare! MI MANDA GENTE! [e mentre lo dico mi metto le mani nei capelli]
E adesso non mi vuole neanche più parlare!
Penso fosse interessata a me ma io non l'ho capita ed adesso non mi vuole neanche parlare.
Davvero: ho cercato di dimenticarla, ma come fai a dimenticarti di una persona nella quale ti innamori
nel momento in cui pensi che ti voglia dire che non la devi toccare! E adesso non mi vuole più parlare...”

Penso di aver “trasmesso” il tutto in maniera molto convincente.


Alla fine piangevo e le lacrime erano vere, purtroppo.
Ma, ancor più importante, avevo raggiunto il mio scopo.
Perché questo poteva tutto tranne che una cosa: ESSERE MANDATO IN ONDA.
Oltretutto ero riuscito a stilizzare “loro” come i cattivi che mi avevano spinto, incolpevole ed innamorato,
verso la trappola. Che io avessi eventualmente parlato alla ragazza sbagliata la sera prima non era più
importante: avevo posto l'accento sul sentimento che avevo provato al bagno delle donne e non sul suo
aspetto della sera prima, né sul fatto che pensavo fossi stato compreso da lei. Perché che mi amasse
era stata solo una mia immaginazione, purtroppo l'avevo sperimentato, con mio sgomento, quella notte.
David mi aveva consigliato di parlarle immediatamente e aveva anche detto che le piacevo, quindi
avevo un alibi per l'insinuazione (naturalmente poco credibile ma appositamente) velenosa, che lei
volesse me e che io non l'avessi capita.
Non avevo affermato di aver provato la sera prima quel sentimento e le droghe le avevo lasciate
completamente da parte.
Teoricamente adesso toccava alla vera Hash Ultra fare una mossa, altrimenti in pubblico avrebbe fatto
brutta figura.
Ma nonostante questo mi sentivo male, ferito, tradito, pugnalato alla schiena.
Inoltre adesso avevo un problema: avevo confessato di amarla e quindi ora la DOVEVO avere.
Mi sentivo come quel marito che dopo un pranzo gustoso si accorge improvvisamente che è stato
avvelenato da sua moglie e che riesce ancora a strangolarla con le sue ultime forze prima di spirare.
Ma non volevo piangere, perché supponevo che lei volesse ottenere proprio questo.
Quando mi accorsi di aver perso il controllo sulle mie emozioni, mi rivolsi ad Hassan con un altro tono di
voce: “Porca puttana, andiamo a casa.”

Una volta arrivato da Hassan mi lasciai andare.


Cercò di consolarmi e mi disse, che avremmo potuto andare ancora al Grodoonia a ballare.
Non era divertente.
Yamina mi viene vicino e recita la parte della donna triste e trascurata. Avevo ben altri problemi.
Ma la abbracciai e le dissi: “Non ti voglio prendere in giro, amo qualcun altro”.
Allora Lei con mezzo gridolino di piacere: “Ahh, questo mi fa venire voglia...”.
Forse non me ne intendo abbastanza di psicologia femminile, ma questa è una presa per i fondelli.
La donna che vuole fare l'amore con qualcuno, quando costui le comunica che ama un'altra, non esiste.
Mi liberai dall'abbraccio e mi stesi prono con volto addolorato sul letto.

Da qui in poi bisogna capire, che se si viene confrontati con una tale situazione, la persona si muove su
diversi livelli: una cosa è percepire la realtà, un'altra è interpretarla, un'altra ancora è quello che si vuole
raggiungere ed infine talvolta bisogna agire, per raggiungere qualcosa, accettando la realtà falsata così
come viene presentata da altri per utilizzarla per i propri scopi.
In altre parole: sapevo che venivo intercettato e pensavo sia che avessi parlato alla donna sbagliata,
ma ignorai di proposito tutti i segnali di avvertimento riguardo ad un complotto.

In altre parole: si va avanti fino in fondo, a prescindere da quello che succederà. VENITE A
PRENDERMI!
Dopo un paio d'ore da Hassan tornai a casa distrutto, ma quando arrivai avevo quasi smesso di
piangere.
Mi ricordo che non accesi la musica, fissai per diverse ore il mio stereo spento quasi senza pensare.
Non accadde nulla. Quindi cominciai a pensare a chi avrei potuto telefonare per cambiare la situazione,
per venire a sapere di più su quello che era successo.
Per questo ritenni che Michaela fosse meglio informata e la chiamai.
Mi disse di aver parlato con quella donna solo per 10 minuti del Bell, avrebbe cercato di aiutarmi.

Poi telefonò Christian.


Gli chiesi immediatamente sei Sebastian aveva una sorella. Sì, ha 12 anni. Quindi: non è lei.
Christian chiede se voglio che lui venga giù a casa mia.
No grazie, voglio rimanere da solo. Ma domani o dopodomani, magari.
Il giorno dopo, in ufficio, rimasi muto anche se la situazione rimaneva irreale.
Avevo crisi di pianto e non riuscivo a scrivere neanche un paio di righe di codice programma.
Christian arrivò all'inizio della settimana come promesso.
Suonai tutti i possibili violini per indurla a mostrarsi e per sfruttare la sua coscienza sporca.
Quello che all'epoca purtroppo non potevo intuire era che si sapeva esattamente cosa pensavo quando
facevo o dicevo qualcosa.
Ad esempio raccontai a Christian che li avrei supportati volentieri nel caso avessero voluto organizzare
feste.
Christian mi chiese: “Che cosa vorresti fare da grande?”, una domanda strana perché allora avevo 27
anni.
Gli dissi che volevo ricercare nuove sonorità e poi, scherzosamente, che volevo diventare “un nuovo
Berlusconi”.
La sua molto singolare risposta: “SE NON HAI NULLA CONTRO DI NOI...”
Parlammo anche della Hash Ultra.
Lui commentò: “Balla con tutti”, allorché io: “Beh, con me non ha ballato”.
A quel tempo, il mio movimento sulla pista da ballo era relativamente statico, quasi non mi spostavo dal
metro quadro che avevo conquistato. Probabilmente, pensai all'epoca, mi volevano spingere a
cambiare il mio stile di danza “per amore”, ma dall'undici di novembre ero diventato una persona che
agiva in maniera completamente diversa e cominciai, per dispetto e anche perché, per l'appunto, non
volevo essere sbattuto qua e là a piacimento, a oppormi con veemenza ad alcuni “consigli”.
Ma, per farla uscire dalla tana, cercai di utilizzare ogni possibilità ed ogni informazione a mia
disposizione.
La settimana dopo mi venne di nuovo a trovare Hassan.
Su di lui non avevo le idee veramente chiare.
Avevo sentore, ma non ne ero sicuro, che facesse parte del piano.
Ad ogni modo confermai la mia intenzione di produrre XTC e lo presentai come se fosse la
conseguenza naturale della frustrazione, dal fatto che fossi stato deluso in amore: “Dai che insieme ce
la facciamo, noi siamo i re.”
Così ovviamente la ponevo di fronte alle sue responsabilità per quanto riguardava la volontà di produrre
stupefacenti: dovevo trovare una qualche compensazione emotiva!
Fosse dunque stato uno show moralista, avrei così ribaltato i ruoli.
Come già detto, quando qualcuno gioca sporco con Voi, è opportuno render pan per focaccia.
Ma lei sapeva quello che pensavo, per cui non si mostrò lo stesso.
È importante spiegare, a riguardo, che questo giochetto lo portai fino all'estremo e che questo fu
utilizzato dalla setta per bollarmi come incorreggibile, nonostante fosse perfettamente al corrente del
fatto che dichiaravo di continuare a voler produrre droghe solo per spingere la vera Hash Ultra a
stabilire personalmente un contatto con me.

Per questo motivo, ogni giustificazione morale della setta e delle altre controparti (ad esempio la
polizia, il mio ex-datore di lavoro, la Eve & Rave, la chiesa cattolica e tutti gli altri apostoli della
morale implicati nella vicenda) è da ritenere ipocrita e completamente ininfluente.
Perché ognuno era al corrente di come il mio apparente proposito potesse essere fermato in qualsiasi
momento, ma non lo si voleva e tutti quanti appoggiarono i mandanti, perché tutti furono ben pagati.

A metà settimana feci capolino da Dirk & Olli, presente anche Hassan.
Dirk a me: “Non trovi che ora ci siano un paio di persone di troppo che sanno che vuoi produrre
droghe?”
Proprio da lui devo ascoltare una frase del genere!
Ero disposto a rovinarmi se necessario, era ormai una decisione presa e la possibilità che la Hash Ultra
avesse sparso questa notizia per farmi definitivamente le scarpe, rafforzò le mie intenzioni suicide.
Per cui recitai la parte dell'ingenuo che non sospettava nulla: “Perché? L'ho detto solo a David, chi
potrebbe saperlo a parte lui?”
Olli mi consiglia di fare attenzione soprattutto a David e a quel “naso da coca” di Ursenbacher.
A sua detta vi sarebbe una congiura in atto. Lui e Dirk, ovviamente, sarebbero invece incolpevoli e puri
come la vergine Maria. Pensai che questo si sarebbe ancora visto.

Durante la settimana passai dal chiosco dei giornali e del tabacco del supermercato Famila di Bad
Säckingen.
Un paio di mesi prima, mentre gli compravo le mie cartine lunghe ed una copia del settimanale “Die
Woche” che titolava “Legalize XTC”, il negoziante commentò che vedeva che supportavo “la sua
politica di vendita”.
All'epoca risi di gusto per la battuta.
Stavolta, quando comprai la mia “Raveline”, mi rese appetibili i nuovi accendini con preservativi che
aveva nel suo assortimento. Risposi: “Grazie, al momento non posso farne sfoggio”.
Di conseguenza mi diede il resto con un gesto amichevole e comprensivo sfiorando con il dorso delle
punta delle dita il mio palmo per circa 3 cm, partendo dalla base delle mie dita in direzione del polso,
per poi far finalmente scivolare le monete nel palmo della mano stessa.
Lo collegai immediatamente “all'educazione” che avevo avuto a riguardo al Bell e pensai, quindi, che
fosse al corrente di quanto era successo.

Sabato sera volevo andare al Bell, quasi per dimostrare che per me la vita proseguiva come sempre.
Ma Olli mi chiamò prima e propose di vederci da Michaela per giocare un gioco di società.
Quando arrivai vi era anche un'altra persona presente, che non conoscevo.
Michaela cominciò così: “Alex, oggi al Bell non ci andiamo. Alle persone del Bell non piaci, non
andarci. La donna che cerchi è lesbica...” Quando udii la parola “lesbica” mi crollò nuovamente il
mondo addosso.
Il modo in cui mi ero salvato dalla trappola presupponeva necessariamente che avrei dovuto avere
quella donna, perché al parcheggio del Bell, la domenica precedente, mi ero esposto troppo. Ma che
cosa voglio da una lesbica? Dissi solo “Che?!?” e cominciai immediatamente a piangere. Non capivo
più il mondo.
Michaela aggiunse: “Conosco solo la sua amica, Jucy. Ora non farti vedere al Bell per un paio di
settimane, presto vi legherà un'amicizia che durerà tutta una vita.”
Di per sé suonava bene, in un certo senso, anche se questo vanificava tutto quanto quello che avevo
progettato per salvarmi. Nel frattempo so quanto fosse cinica e sarcastica questa affermazione.
Ad ogni modo questo mi spronò ancora di più a cercare un senso nel tutto, ma possibilmente senza
venire sbattuto da destra a sinistra quando udivo qualcosa, perché ero stato truffato, di questo ne ero
cosciente e non volevo più stare al gioco, qualunque esso fosse.
Quando menzionai il fatto che il venti del mese compivo gli anni commentò: “SCORPIONE?!? Da non
credersi!”, come se il fatto che fosse il mio segno zodiacale avesse qualcosa a che fare con tutta la
storia.
Cercai di riappacificarmi con Michaela, perché anche lei mi sembrava triste e pensavo fosse sincera.
Dopo questa conversazione non avevo veramente più voglia di andare al Bell.
Restai a casa e passai una notte in bianco.
Prima di quel periodo non avevo mai avuto problemi di insonnia. Da allora sì.

Il giorno dopo, la domenica del 19 novembre, mi fecero visita Dirk, Olli e Stefan il pugile thai.
Erano molto su di morale e soprattutto Dirk sembrava entusiasta di portarmi “la buona novella”, come
se non avessero alcun rispetto per il mio dolore. Confesso che giurai a me stesso di vendicarmi al
momento giusto per questa mancanza di tatto. Queste scimmie ripugnanti ridevano. Come potevano?
Dirk cominciò a raccontare allegramente: “Hai sentito quello che ha detto Michaela? Mi è sembrato che
tu fossi di nuovo un cuore ed una capanna con lei, veramente commovente. Michaela sa MOOOLTO di
più!”
Poi domanda: “Ahh, vedo che oggi hai comprato Raveline. Dove l'hai acquistato?”
Menziona anche il fatto, che tra poco ci sarebbero stati i “Giorni della parapsicologia” (Psi-Tage) a
Basilea.
Poi possiede la faccia tosta di chiedermi: “Non pensi che tu abbia bisogno di amici come noi per
produrre estasi?”
Questi stronzi mi avevano prima piantato in asso ed adesso volevano apparentemente rientrare in
gioco.
Perché ero nuovamente nelle grazie di questa donna?!?
La risposta fu appropriata: “Volevate uscirne, perché volete rientrare? Ho un patto con voi, cioè che
avrete le pillole al prezzo più basso e questo è quanto.”
Allora Dirk andò alla mia finestra, tirò su le persiane “per vedere com'è il panorama”, poi le riabbassò.
Alle dieci di sera di una buia notte di fine autunno.
Poi mi chiese: “Hai preso una striscia di speed?” Certo.
Si recò nuovamente alla finestra e ritirò su e poi nuovamente giù le persiane e questo lo fece anche una
terza volta, quando gli diedi una ulteriore risposta negativa.
In altre parole mi voleva far capire che qualcuno, da fuori, aspettava segnali di questo tipo.
Ma non volevo seguire alcuna disposizione di Dirk, perché il tipo mi diventava sempre più inviso con
ogni minuto che passava: avevo già capito da un pezzo che cosa cercasse di fare.
Infine mi esortò a fare una passeggiata all'aperto: “è così bello con la neve d'inverno”.
Non mi lascio prendere in giro da questo verme schifoso.
Poco tempo dopo finalmente se ne andarono.

Non feci alcuna passeggiata ma mi misi ad ascoltare musica depressiva ed aggressiva.


Perché così mi sentivo e siccome avevo perso la fiducia nella Hash Ultra e così anche l'amore verso di
lei, non volevo suonare in nessun caso qualcosa di romantico o di sdolcinato, perché non vi era nulla
che mi avesse entusiasmato fra le “buone novelle” che mi aveva portato Dirk.
Si trattava sicuramente solo di soldi o di feste e qualcosa del genere, in quel momento non era di
alcuna importanza; anche le droghe non giocavano alcun ruolo, sebbene lo gridassi a squarciagola
perché ero fermamente convinto che questa ipocrita trappola fosse stata architettata da qualche
psicologo castrato o addirittura da qualche politico per dimostrare “gli effetti catastrofici degli
stupefacenti”.
Cominciai, per quanto mi fosse possibile, a fare l'esatto contrario di quello che mi veniva richiesto per
non rischiare di approvare o addirittura favorire quello che avevano fatto lei e queste persone.
Ma ovviamente non vi era nulla che sperassi più ardentemente di una sua visita. Invano.

Il giorno dopo, il venti, era il mio compleanno e io mi ero preso un giorno di vacanza.
Lei non ritenne necessario nemmeno farsi sentire in quell'occasione.
Passarono un paio di giorni.
Siccome sapevo che la mia stanza veniva ascoltata, cercai addirittura di piangere a comando per farla
uscire fuori. Ma a comando non ci riuscii.
Anche Yamina, la presunta sorella di Hassan, mi parlò dei Giorni della Parapsicologia: disse che ci
voleva andare per vedere delle collezioni di pietre preziose. Io non ci andai, non mi interessava affatto.
Ma mi venne nuovamente in mente che David Schmid aveva raccontato che il tutto aveva a che fare
con l'esoterica.
Come già detto, non avevo alcun sentore del fatto che fossi stato costretto ad innamorarmi di lei.
Quindi mi dissi: “Hmmm... Esoterica...” Poteva essere che lei avesse capito che l'amavo?!? Telepatia?!?
Ma funziona?!? Non ci credo ma provarci non nuoce...
Vediamo se riesco a trasmetterle ancora amore e se se ne accorge.
Ero steso sul letto, perché in principio volevo dormire e feci quello che non aveva mai meritato e che
non meriterà mai. Lo so fare e ne sono orgoglioso.
So mettere da parte tutto quello che mi è saltato sui nervi fino ad un momento prima, reprimere l'amara
realtà oggettiva e sviluppare internamente un vero ed intenso sentimento d'amore per una ragazza,
anche se due minuti prima ha regalato al mio peggior nemico tutta la mia collezione di dischi.
Me la figurai e mi addentrai nelle vette del sentimento.

Il venerdì seguente mi recai all'Utopia con i fratelli Hollstein.


Dopo essere entrato nella discoteca mi sedetti vicino allo stand di Jürgen, perché la musica era noiosa,
un ritmo rettilineo senza alcuna variazione di sorta. Nel locale c'è anche Hassan.
Passa il signor Ursenbacher (che da ora in poi chiameremo “Urs”) e si guarda un paio di cassette di
Jürgen, sorridendo leggermente, senza però voltarsi verso di me.
Ecco David Schmid - mi saluta. Accanto a lui la persona che avevo erroneamente scambiato per lo
“Stefan gay”, che mi ripete immediatamente: “Sono innamorato di una Claudia, sono innamorato di una
Claudia...”
Dichiarai di aver appreso che la mia Hash Ultra ed io, quando si trattava di scegliere un partner,
prediligevamo purtroppo lo stesso sesso.
Ancora non ci potevo credere e avrei preferito che non fosse vero, ma così mi avevano riferito.
Inoltre affermai di aver creduto che durante l'incontro fatale mi avesse capito.

Sentito questo, il tipo sparisce e va dal DJ, che sotto suo ordine suona “Children” di Robert Miles.
Era la prima volta che ascoltavo il brano e mi divenne immediatamente antipatico, lo ritenni subito una
smielatura degna del peggior Dream.
Era appena stato pubblicato dalla Platipus Records e mesi dopo, col mio massimo orrore, scalerà la
vetta di tutte le classifiche. A quanto pare era dedicato ai giovani che dopo qualche festa, sotto l'influsso
di stupefacenti, avevano deciso di trasformare le loro automobili in acquari o di penetrare qualche
albero con le loro vetture.

Fui condizionato con quel brano (costituiva dunque per me un'ancora): ogni volta che mostravo
qualcosa di positivo nei confronti di lei che i mandanti approvavano, oppure quando mi “concedeva”
qualcosa in qualche maniera (in modo che sapessi esattamente che veniva da lei) o quando doveva
venire creata un'atmosfera “romantica”, veniva suonato.
Penso non sia necessario spiegare al Lettore quanto grottesco trovai questo comportamento da nuovi
ricchi.
Ma ormai avevo solo l'obiettivo di arrivare a parlare con quella donna ed ero disposto a tollerare questa
e, come vedremo, anche altre umiliazioni.
Il DJ non suonò il brano una, ma ben due volte quella sera, interruppe addirittura dietro ordine il suo set.
Impossibile essere più chiari.

Mike Diehl dei Resistance D mi spiegò “il mio errore”, lui non era lo Stefan, ma “Murat Lucht” e viveva, a
sua detta, nella Rathausstraße 54 a Liestal. O diciamo meglio: quando ci incontrammo in Svizzera, fu
usato questo indirizzo. Ricevette il mio, compreso il mio numero di telefono.
Dichiarò con tono di voce semiserio di essere un assistente sociale che si occupava soprattutto di
senza tetto, disoccupati, omosessuali e drogati. Uno streetworker di lusso, insomma.
Afferma di essere “turco come Hassan”, ma parla con un accento chiaramente anglofono (oltre che
gay), che lascia supporre più che altro che provenga dagli Stati Uniti o dall'Inghilterra.

Nel mentre David aveva cominciato ad intrattenere rapporti ufficiali con Hassan adducendo come scusa
che voleva sapere se esisteva l'LSD 23. Ogni tanto davo un'occhiata ai due, perché ritenevo David
molto più sospetto di Hassan e non volevo che l'avvocato guastasse il mio presunto chimico.
Dirk si mostrò così esageratamente felice ed entusiasta del fatto che avessi conosciuto Murat che mi
dovetti veramente trattenere per non vomitargli sul suo grugno ridente. Poco prima della fine della
serata all'Utopia, David si avvicinò nuovamente per conversare e mi chiese, siccome non avevo quasi
ballato, che cosa pensassi della musica.
Risposi “too straight”, quindi troppo rettilinea. Allora David sorrise e mi chiese: “Troppo poco sibillina?”
Una breve spiegazione per i Lettori che non hanno capito questo gioco di parole: David parlava di una
“Sybille” quando si riferiva alla mia Hash-Ultra.
Il contrario di “straight”, quindi diritto, in inglese, è “queer”, quindi “sbilenco”; ma “straight” significa
anche eterosessuale e con “queer”, in inglese, si intende pure comunemente omosessuale o lesbica.
Poi mi diede un consiglio ben intenzionato: “Non andare al Bell, Alex.” Il team di F&P ora affittava il Bell
ai Future Bass Junkies, Traxx e la sua truppa ormai non organizzavano più feste.
Infine, con un sospiro leggermente ironico, si accomiatò: “Ahh e non farne una tragedia, eh!”

Si cercò di indottrinarmi per quanto riguarda l'abilità affaristica, tentando di dimostrare che nessuno
regala nulla, quindi è giusto comportarsi nella stessa maniera.
E così Thilo affermò che conosceva gente che avrebbe pagato anche 70 marchi per un grammo di
Salvia Divinorum; come già noto al Lettore, la stessa quantità io la acquistavo per 4 marchi.
Thilo mi propose di dividere l'utile ricavato a metà.
Gli risposi che se voleva rivenderla, gli avrei potuto accordare un prezzo di 7 marchi, di più non ci
volevo guadagnare sopra e lo pregai in buona fede di non sfruttare in maniera così spudorata la nostra
posizione monopolistica sul mercato.
Anche Dirk e Christian presero parte all'indottrinamento: il friburghese mi chiese se ero in grado di
procurargli 3 chili di hascisc per 10500, massimo 10800 marchi (circa 5300 euro). Conoscendo piuttosto
bene i soliti prezzi all'ingrosso di Dirk e Jürgen gli risposi che dovevo un po' sentire in giro, ma che
comunque non avrebbe dovuto costituire un problema.
Con mia grande sorpresa, però, Dirk rifiutò perché a sua detta il prezzo era troppo basso, cosa che
trovai molto strana (erano già stati conclusi affari al prezzo di 3500 marchi per un solo chilo).
Inconsciamente, mentre lo diceva, Dirk mi segnalò con il suo comportamento che questo era stato già
discusso e pianificato con Christian e chissà chi, quindi il tutto era stato solamente orchestrato per farmi
capire che le droghe vanno fatte pagare profumatamente.
La manovra fu comunque poco credibile sin dall'inizio, perché Christian aveva sicuramente fonti migliori
di quelle di Dirk, forse era addirittura la sua fonte.

Siccome Hassan ed io possedevamo del sassafrasso, fummo in grado di iniziare l'estrazione.


Pascal mi avvertì di usare i bastoncini appositi per la bollitura per non creare fenomeni di rigurgito nel
metanolo.
O aveva ragione lui oppure fu così voluto, ad ogni modo dopo che avevamo già conferito al metanolo,
grazie all'estratto di sassafrasso, una stupenda ed intensa colorazione rosso scura, si creò una bolla di
troppo e l'apparecchiatura per l'estrazione andò in frantumi.
Hassan aveva però dell'olio di noce moscata e mi spiegò che si poteva utilizzare anche la miristicina
come reagente al posto del safrolo, se ne poteva ricavare un analogo dell'MDMA di una potenza
inferiore alla metà di quella dell'MDMA, il dosaggio andava semplicemente parimenti aumentato.
Il background pratico di questo consiglio: nell'olio di noce moscata vi è un 20% di miristicina, quindi già
dalla distillazione dell'olio ci si poteva aspettare un rendimento piuttosto elevato.
Per questo motivo accantonammo l'idea del costoso acquisto di un nuovo soxlet e cominciammo subito
a costruire un apparecchio per la distillazione, perché l'olio di noce moscata lo si può ottenere con
relativa facilità e senza destare sospetti.

Quando si trovava a casa mia, Hassan era spesso vistosamente incauto e rumoroso, soprattutto di
notte.
Siccome la mia stanza era piena di vetri da laboratorio, ovvero il presunto bottino di Katrin e Hassan,
dovetti mettere le cianfrusaglie di piccolo taglio che non utilizzavamo nei cassetti dove tenevo prima i
vestiti.
Hassan si divertiva a rovistare nei cassetti ad orari impossibili, sapendo che sopra di me viveva il mio
locatore e che volevo evitare a tutti i costi di lasciar uscire rumori sospetti dal mio appartamento
(soprattutto alle tre di notte).
Quello che ancora ci mancava per la produzione era la bomba, quindi il contenitore metallico a tenuta
stagna necessario per continuare la lavorazione del beta-bromopropano.
Hassan dichiarò di non avere la possibilità di ordinare qualcosa del genere e propose a sua volta
un'autoclave – la trovai subito un'idea malsana.
Da qualche parte si doveva pure trovare un cilindro di metallo che potesse essere aperto e chiuso ad
una estremità. Ci perdemmo invano alla ricerca del tubo in diversi edifici industriali di Basilea e
provincia.
Ad ogni modo non facevamo progressi in merito.

Christian, in compenso, si fece sentire annunciando di poter procurare un litro di safrolo attraverso un
medico in Francia. Davvero una “notizia bomba”, ma piuttosto difficile da credere.
La voglia di lavorare di Hassan lasciava alquanto a desiderare: invece di mantenere gli appuntamenti
passava apparentemente i suoi fine settimana ai raves.
Quello stesso fine settimana presi appuntamento con Thilo e Sandra a Steinen.
Arrivato lì, mi lamentai con Gustl e Katrin, che erano presenti, che in quel momento avevamo la
possibilità di produrre 10000 o 20000 pillole ma Hassan preferiva l'Utopia.
Mi venne presto il sospetto che non fosse stata così una grande idea raccontarlo a Katrin, perché
purtroppo, nei circoli in si bazzicava, poteva sembrare un tentativo di adescamento. Katrin aveva
definitivamente del sex-appeal da vendere.

“Murat” chiamò in ufficio per venirmi a trovare.


Ci demmo appuntamento alla dogana tedesca di Laufenburg.
Quando lo venni a prendere con la macchina, il doganiere stava guardando nel profondo della
busta di plastica piena di erba (sì, esatto, ganja, marjuhuana) di Murat e quando mi vide, gli disse:
“ah, eccolo che arriva”.
Perché il doganiere mi conosceva e io conoscevo lui.
Circa tre anni prima, un vecchio conoscente della vecchia cricca di Passau venne a Memmingen (che è
a circa 250 km di macchina da Egg), andai a prenderlo con la vettura dell'azienda per poi recarci
assieme a Zurigo, dove acquistammo 10 grammi di fumo per addolcire la nostra permanenza in città.
Poi quella notte avevamo intenzione di passare la frontiera a Laufenburg per pernottare a casa mia.
Proposi di lasciare il tocco che non avevamo fumato da qualche parte in Svizzera nelle vicinanze di
Laufenburg, perché con quello non volevo attraversare la dogana.
Lui insistette nel volerlo portare con sé, promettendo di prendersene la responsabilità nel caso fossimo
stati beccati.
Dopo una lunghissima discussione cedetti alle insistenze.
Alla fine della seguente perquisizione, durata più di un'ora, il zelante doganiere trovò l'hascisc.
Il mio conoscente se la fece addosso e dichiarò che l'avevo comprato assieme a lui.
Anche se negai di saperne qualcosa, fui condannato a 1400 marchi di multa e riuscii a mantenere la
mia patente solo dopo una lunga battaglia ed anche grazie alla consulenza giuridica di Bert Marco
Schuldes.
Bene, il bello è che lo stesso doganiere che con il suo zelo mi aveva procurato così tanti guai e
quasi la perdita della patente, adesso osservava con tutta tranquillità l'interno della busta di
marijuana di Murat per poi lasciargli passare la dogana senza batter ciglio.
Penso possiate comprendere che cosa poi si avverte dentro di sé, quando si ascolta un politico come
Struck spiegare che i socialdemocratici tedeschi non permetteranno mai la legalizzazione delle droghe
leggere.
Ad ogni modo portai Murat prima in ufficio per poi recarmi con lui, poco dopo, a casa mia.
Una dei suoi primi commenti, quando arrivammo a casa: “Il genio e la pazzia talvolta non sono molto
distanti fra loro.”
Grazie Murat. Per quel che riguarda la pazzia, è solo una questione di coerenza con le proprie
convinzioni.
Ma comunque lo presi come un complimento.
Afferma di non essere più un operatore sociale, si è iscritto all'ufficio di collocamento (va a “timbrare”)
perché dichiara di possedere altri talenti ed aggiunge di voler diventare assolutamente DJ, motivo per il
quale voleva alcuni CD da me, perché la notte di capodanno, al Bell ci sarebbe stato un DJ-Contest per
principianti e voleva partecipare e vincere.
Gli servivano soprattutto lavori di gruppi o di singoli artisti, se possibile niente compilations.
I miei lavori preferiti dell'epoca erano di Harthouse e di Eye-Q, ma gli posi in mano anche un paio di
raccolte battenti altra bandiera.

Poi quella sera parlò anche della sua Claudia: “L'ho vista l'ultima volta la sera tardi al lavoro e per
questo le ho chiesto se era una prostituta, a quel punto se ne è andata. Prima voleva venire con me al
Grodoonia.”

E qui abbiamo la prima prodezza linguistico-associativa di un porco di professione.


Vediamo di analizzare con tutta calma questa frase.
Allora: la Hash Ultra stava dietro di me quando ebbi il colloquio con David a casa di quest'ultimo.
David poi se ne andò con me al Grodoonia.
Sarebbe venuta eventualmente anche lei, ma questo non avvenne, perché a quanto pare era
arrabbiata.
Perché le avevo domandato se era una prostituta? Certamente no.
Ma quando aveva lavorato fino a tardi? Dietro il bancone del party di Noom.
Non sono andato da lei, quindi lei ha lasciato il suo “posto di lavoro”.
Dopo ho riferito a David che sarei pervenuto a dell'estasi pura nel giro di un mese.
Per questo motivo più tardi mi sono venuti dei sensi di colpa e per questo “Murat” mi accusa qui di
averla trattata come una prostituta. Che nel momento in cui io lo dissi a David non abbia pensato in
alcun modo di comprarla (e questo lo sapevano) per loro non conta.
Poi lui parla della sua Claudia e non della mia Hash Ultra.
Ha mai detto che intende me? No, ovviamente no.
Perché se gli rispondo che mi sento chiamato in causa, accetto la frase nella sua totalità, il che
significa che ammetto automaticamente di averla trattata come una prostituta e loro sono così riusciti a
conferire una presunta morale alle loro azioni, che sono, in realtà, assolutamente criminali.
Questa tra l'altro è una tecnica utilizzata durante le induzioni ipnotiche: si fanno una serie di
affermazioni che non possono essere smentite (truismi, rispecchiamento, ricalco, pacing) e se ne
aggiunge una volontaria che serve a dirigere lo stato del soggetto (suggestione, guida, leading).
Ad ogni modo l'unica possibilità per negare queste accuse è quella di non prenderle in considerazione.
Quindi non gli risposi. Ma qualcosa del genere si ricorda eccome!

Gli mostro la mia collezione di CD.


Osservando la mia copia di “Vision Thing” dei Sisters Of Mercy, che ha un occhio di Horus disegnato
sulla copertina, Murat mostrò una soddisfazione quasi narcisistica.
Per il resto, quella sera, si produsse in altre affermazioni che servivano a indurmi ad identificare quello
che raccontava di sé, in realtà, come lo specchio di me stesso.
Parlò ad esempio delle sue abitudini alimentari e del suo modo di vestire, che erano uguali al(le) mie/o.
Addusse di essere soddisfatto di sé stesso e del suo ambiente, cosa che ero anch'io prima di
conoscere queste persone.
Parlando dei precursori della techno, menziona Michael Jackson. Michael Jackson mi fa schifo.
Saremo ancora un paio di volte testimoni del fatto che queste persone avevano palesemente intenzione
di vendermi al pubblico come un nuovo Michael Jackson o come “il ballerino delle dita” e se fosse stato
per loro, mi sarei dovuto adattare al ruolo.
Dopo mezzanotte lo portai a casa.

Meditai di che cosa c'entrasse la prostituta nella frase sopra analizzata e mi ricordai che Sandra
Birkenholz aveva raccontato che Chantal Ursenbacher era una “ex-professionista”. Siccome
quest'ultima mi aveva fatto capire durante il party di Delirium, col suo comportamento, di sapere della
mio incontro al bagno delle donne, pensai che la mia Hash Ultra potesse essere una maitresse che mi
volesse affibbiare una delle sue donzelle per consolarmi.
Di Chantal Ursenbacher parlai con Hassan qualche giorno dopo, mentre si trovava a casa mia.
Lui affermò di non sapere di chi parlassi.
Ero però certo che la conoscesse perché, quando partimmo per Chaux des Fonds, aveva salutato la
coppia di fronte al Bell e i due avevano risposto al saluto.
Comunque, anche dopo avergli fatto notare ciò, Hassan non volle ammettere di conoscere gli
Ursenbacher.
Una volta, mentre ero ospite a casa sua, la sorella di Hassan suonò “Children” di Robert Miles, quindi lo
stesso brano che era stato suonato un paio di volte sotto ordine di Murat dal DJ all'Utopia.
Non riuscii a trattenermi dal parlarne male: “suona come [un sentimento] di plastica”.
Di conseguenza la canzone verrà utilizzata come ancoraggio negativo.

David Schmid mi invitò a casa sua per parlare nuovamente con me della sua Sibilla, a sua detta una
vera “bomba sexy”.
Prima di lasciare il suo appartamento, David mi offrì di chiamare Hassan dal suo telefono per
comunicargli che stavo arrivando. Ma non mi garbava il fatto che David potesse leggere il numero di
Hassan sul suo apparecchio, per cui gli risposi che gli avrei semplicemente fatto direttamente visita.
CAPITOLO 8

“Servono 20 anni ad un liberale per diventare un conservatore senza che cambi una sola
idea. In un universo in evoluzione, chi resta fermo torna indietro.”

(Robert Anton Wilson)

Murat telefonò per proporre di far visita all'Oxa a Zurigo dopo aver passato una notte all'Utopia.
All'Utopia mi aspettavano Hassan ed una musica mediocre.
L'unica cosa degna di nota fu l'annuncio di Jürgen che Sven Väth avrebbe suonato all'Oxa il sabato
mattina della settimana dopo (per l'after); aggiunse anche “ma questo non te lo posso dire”.
Alle quattro Murat ed io decidiamo di partire per Zurigo – viene anche Hassan.
Mentre aspettavamo sulle scale di fronte all'ingresso dell'Oxa, un presunto gay si appoggiò a Murat e
ricevette subito, per questo, una gomitata nello stomaco.
Come già accennato, il modo di parlare di Murat lascia supporre che egli stesso sia una checca.
Da Olli, tra l'altro, ero venuto anche a sapere perché gli omosessuali tengono in così alta
considerazione la cocaina: perché rilassa i “muscoli delle natiche” e sono dell'avviso che me lo disse
per invogliarmi al consumo di tale droga.
Perché in seguito verrò a sapere da Murat, dietro relativa richiesta, che aveva avuto “solo una volta”
una esperienza omosessuale e siccome consideravo Murat del tutto e per tutto gay, presunsi che si
dovette trattare di un rispecchiamento per una esperienza che ebbi una volta in passato e giunsi alla
conclusione che era da mettere in relazione all'effetto sconvolgente della prima canna che mi ero fatto
in vita mia.
Come già descritto in breve in precedenza, mentre ero steso supino e mezzo K.O. sul mio letto,
all'epoca, per alcuni minuti, sentii delle piacevoli onde di energia pulsanti partenti dall'imboccatura del
colon retto che si stagliavano in direzione dell'intestino crasso e lungo la colonna vertebrale.
Si noti che non vi fu alcun piacere “erotico”: la sensazione era più o meno quella che potreste avere
toccando i fili della corrente alternata a 220 V, solo meno intensa e più piacevole o perlomeno strana.
Pensai che se fosse stato qualcosa di più concreto di semplice energia, la si sarebbe potuta classificare
come una esperienza omosessuale indotta dal (devastante!) effetto di una droga.
Ma allora non me ne importò molto di eventuali descrizioni e mi dedicai all'esperienza dell'effetto.
Teniamo comunque già qui a mente che in questo momento della storia era stato scavato in
maniera mirata nel mio passato per vedere se mi si poteva ricattare con esperienze del genere.
Ho fatto molte esperienze di proposito in vita mia, come quella ad esempio di andare a letto con una
donna di 66 anni, semplicemente per il gusto di aver fatto l'esperienza, tuttavia dovetti tagliare presto
tutti i ponti, perché lei mi cercava dappertutto ed io non ero interessato ad una relazione.
Inoltre ho preso parte anche ad un'orgia, che avrei ripetuto volentieri per le qualità amatoriali della
femmina (infermiera), solo che non raggiungemmo più il numero “legale”.
Per concludere la parentesi sull'omosessualità, ad ogni modo, il mio consumo di cocaina restò molto
basso anche negli anni a seguire.

Dopo circa 20 minuti di attesa entriamo all'Oxa, che ha solo una pista, la quale è illuminata
relativamente bene e che sarebbe di per sé sufficiente se non ci fossero così tanti tavoli e sedie, che
naturalmente sono tutti già occupati, ai bordi della stessa.
Hassan si sgancia e si mette a conversare con persone a me sconosciute, io rimango accanto a Murat.
Il DJ suona per un po' di tempo come si deve.
Ad un certo punto Murat mi porta fuori dall'Oxa per rullare una canna nella mia auto.
Mi prega di inserire nel lettore di CD una raccolta di brani di Harthouse e mi chiede delucidazioni sui
singoli brani: “chiaro, è Der Dritte Raum”, “questo mi è troppo freddo”, “questo ha una base calda...”

Poi torniamo nel locale, sulla pista.


Un sosia di Jucy così come uno della Hash Ultra mi sfiorano rudemente senza mostrare il loro volto.
Murat mi mostra anche un dotato cubista che balla lontano dalla pista.
Ci sediamo nel caffè di fronte alla sala da ballo.
Murat afferma dapprima di conoscere persone interessate all'acquisto di ice.
La setta sapeva che l'ice, conosciuta anche come crystal meth, era (ed è) una delle poche droghe che
non avrei mai voluto provare.
Si tratta di metanfetamina fumabile ed ha veramente l'aspetto di un cubettino di ghiaccio.
Quando viene scaldato dalla fiamma, diventa liquido per un breve periodo di tempo per poi condensare
nuovamente. Se si inala anche solo un tiro, lo sballo arriva dopo 7 secondi e dura poi tra le 36 e le 48
ore.
L'effetto pare essere quello della metanfetamina portato all'ennesima potenza, ma anche la sua
nocività.
La temperatura delle cellule del cervello, durante questo periodo di tempo, tocca anche i 43°, in altre
parole il cervello viene cotto e la piacevolezza dell'effetto porta ad effettuare più tiri, mediante i quali sia
l'effetto che i danni vengono incrementati. Tutto sommato è come giocare alla roulette russa, perché
come è noto le cellule del cervello (quasi) non si rigenerano. Un rischio talmente alto da essere
assurdo, quindi.

Se già non lo provo, allora non lo produco né tanto meno lo vendo.


Murat lo sapeva e aspettò pazientemente la spiegazione che ho fornito al Lettore qui sopra, prima di
manifestare le sue vere intenzioni.
Perché una volta che ebbi finito la mia esposizione, disse: “Va bene, se la tua risposta è no, allora ti
voglio fare un'altra offerta: tu decidi quale musica viene suonata nelle discoteche svizzere.”
A questa proposta reagii naturalmente con molta diffidenza e mi chiesi come questa frase dovesse
essere valutata.
Quindi non risposi.
Ma Murat proseguì: “Ah già e questa etichetta discografica, di nuovo... come si chiama... Harthouse...”
Ci recammo nuovamente in pista e ci sedemmo accanto ad una parete.
La ragazza dai capelli rossi che ci aveva sfiorato insieme alla controfigura di Jucy e che era dotata di un
posteriore appetibile, si sedette accanto a noi in modo che per lungo tempo non potessi riconoscere il
suo volto. Mi guardai bene dall'interpellarla. Alla fine si girò verso di noi: non è chi cerco veramente.
Circa mezz'ora dopo questo episodio, il DJ cominciò a suonare male e la musica cominciò a piacere ad
Hassan, afferma che si tratta di “acid figo” (il solito condizionamento anti-LSD).
Quello che ci si voleva segnalare: è ora di andarsene.
E ce ne andammo.

Prendemmo prima l'autostrada per Basilea per portare a casa Hassan.


La disorganizzazione in persona mi sorrideva con la solita espressione facciale da quaranta di
quoziente intellettivo, ondeggiava a destra e a sinistra al ritmo del mio nuovo CD dei Renegade
Soundwave e forniva continuamente commenti sull'Oxa del tipo “roccaforte di froci ma la musica è
grande”.
Murat sedeva invece sul sedile posteriore e teneva gli occhi chiusi per manifestare non apertamente,
ma comunque in modo tangibile il suo finto ribrezzo nei confronti del mio “socio in affari”.
Ci cascai e diedi al comportamento di Hassan la colpa che la mia Hash Ultra non si fosse mostrata.
Per questo lo volevo portare a casa prima, in modo di poter scambiare qualche parola dopo, da solo,
con Murat.
Quando quest'ultimo ed io arrivammo da soli a Liestal, pranzammo dapprima in un vicino ristorante self-
service, poi ci fermammo un attimo fuori al sole: “Non vedrai la tua Claudia per molto a lungo”, mi disse.
Murat poté finalmente lamentarsi del “mio” chimico: “È sempre sbronzo ed inaffidabile.” Per questo
dichiarò di avere un chimico “affidabile” sotto mano.
Risposi che Hassan ed io avevamo stabilito un patto che prevedeva che nessuno avrebbe piantato in
asso l'altro prima che fossimo entrambi stati in grado di condurre autonomamente una cucina.
Lo avevamo stabilito per davvero, ma vi era un motivo ancora molto più importante, direi addirittura
cruciale per il quale non accettai un chimico da Murat: perché ritenevo che Murat fosse stato mandato
dalla mia Hash Ultra e volevo rimanere indipendente da lei ad ogni costo.

Quindi entrammo nel suo appartamento nella Rathausstraße 54, quello previsto per quando gli facevo
visita.
Lì incontrammo il re dei porci professionisti, Monsieur “Erich Leimlehner” (il nome è sicuramente fittizio),
un velenoso bastardo di prima categoria dai riccioli biondi, che studia, a sua detta, giurisprudenza.
Murat gli racconta per prima cosa, che eravamo stati all'Oxa ma che “Claudia” non c'era.
Sparsi per terra, i CD che Murat si era fatto prestare da me.
Il gusto musicale di Erich Leimlehner non poteva proprio essere definito come tecnoidale.
Sui suoi scaffali per CD, scarsamente riempiti, vi erano opere di Al Jarreau, Primal Scream e Chick
Corea.
Gli chiesi che cosa ci trovasse di così interessante in Chick Corea. Mi rispose:

“Mi interesso soprattutto per il periodo di Scientology di Chick Corea.”


Simpatico, come hobby...

Cominciammo ad ascoltare i CD per la competizione da DJ di capodanno al Bell, alla quale Murat


voleva partecipare.
Erich, nel frattempo, si rivolse a me: “l'atmosfera migliore la si trova tra gli Happy People”.
Questa era stata anche una delle prime frasi di Ottmar sulla Moltkebrücke.
Non mi diede quasi la possibilità di riflettere e proseguì:

“Alex, poco tempo fa ho provato una pillola e quando l'ho presa ho fatto un sogno ed in questo sogno
credevo di riuscire a suonare musica con i movimenti delle mie mani. Inoltre pensavo di essere una
biglia e che avessi molti tubicini davanti ed alla fine di ognuno di essi vi fosse un contenitore e solo se
fossi entrato nel contenitore giusto passando per il tubicino giusto sarei stato accolto nell'olimpo dei DJ.
Ed il sogno è continuato il giorno dopo ed è divenuto sempre più intenso. Dimmi, che tipo di pillola era?”

Una mirabile prodezza acrobatica del porco da metafora fatta per accusarmi proprio di quello che mi si
aveva cercato di mostrare con la trappola: che avevo finto di amarla per le possibilità che mi poteva
offrire.
Mi calai nella parte dell'ingenuo incolpevole e aggirai la sua allusione, ma badai a non utilizzare le
droghe come scusa per il mio comportamento: “Beh, se l'effetto è durato un paio di giorni, quindi più di
36 ore, in realtà può essere stato solo DOM o un suo analogo. Anche io ho preso qualcosa del genere
l'undici di novembre [che coincidenza!, nda]. Pensa che in aggiunta ho preso anche due micropunte E
NON LE HO PROPRIO SENTITE, il DOC era troppo forte, sai quando hai la sensazione che...
GRRR...”.
Col “GRRR...” tesi tutti i miei muscoli fino alla punta delle dita delle mani, che erano aperte e
spingevano idealmente qualcosa in avanti, digrignai i denti e lo fissai come un invasato per imitare
l'effetto anfetaminico del presunto DOC.
Erich non riuscì a celare la sua rabbia per il fallimento del suo attacco verbale. Riprova, sarai più
fortunato...

Dopo il terzo o il quarto CD, Murat suonò uno delle poche raccolte che gli avevo prestato, “Sonic
Trance” del 1992 (Tantra-X Records, distribuzioni SPV).
Il primo brano è di ambient puro, di Mixmaster Morris molto bello ma non ballabile e noi cercavamo
appunto qualcosa di ballabile. Quando Murat passò al secondo brano commentai immediatamente:
“Questo brano, ad esempio, è grande, oltretutto lo puoi suonare senza problemi perché è talmente
vecchio che nessuno dei nuovi ravers lo conosce”.
Murat divenne improvvisamente serio: “Pensi che sia così buono da indurre a credere che sia stato
composto oggi?”
Annuii, tenni a mente il volto serio di Murat, ma non glie ne domandai ragione.
Il brano era “Cosmic Love” dei Resistance D.
Invece raccontai a Murat, pieno d'orgoglio, che quel CD l'avevo comprato alla stazione di Zurigo.
Murat ripeté l'ultima parte della mia frase a bassa voce e guardò Erich, nel mentre, in maniera
inequivocabile: “alla stazione di Zurigo...”

Poi quasi mi grida, come se da una parte fosse stupito, dall'altra però si considerasse anche il mio
salvatore in una situazione di assoluto bisogno: “CREDI IN DIO?”
Gli risposi, da bravo ateo che ero e che per fortuna sono ancora oggi: “No, penso che ogni persona
abbia solo un periodo di 40-50 anni nel quale può realizzare quello che vuole, poi è finita.”
Murat, magistralmente saggio e solenne: “Io credo in una forza suprema, che regola tutto e che la
mia intera vita sia predestinata, ogni singolo incontro della mia vita.”

Erich allora mi domandò, subito dopo, che cosa facessero ora i Kraftwerk.
Risposi confondendo il nome della band con il titolo del disco (riporto la versione corretta della risposta):
“Bartos [Karl Bartos, nda], la metà peggiore degli OMD [Andrew McCluskey, nda], ed un altro [Lothar
Manteuffel, nda] producono musica sotto il nome di Elektrik Musik ed hanno pubblicato un disco,
“Esperanto”, ce l'ho ma non mi piace...”
Erich ribatté subito, come se perlomeno conoscesse alla perfezione il disco e lo volesse difendere:
“Però non è facile emulare i vecchi suoni dei Kraftwerk...” Io, in merito: “Sì, ma le idee sono vecchie.”
Erich si alzò dalla sedia, come se non riuscisse a sopportare lo smacco e se ne andò nella stanza
accanto.
Ma la raccolta “Sonic Trance” continuò.
Si udirono le note di un brano di Cosmic Baby, al risuonare delle quali Murat diede l'impressione di
essere tutt'altro che entusiasta dell'artista. In seguito lo bollò come un compositore per ragazzini.

Poco prima che tornassi a casa, quel giorno, affermò di doversi recare a Francoforte il fine settimana
dopo e mi propose di accompagnarlo, cosa che accettai senza esitazioni.
Quando arrivai a casa, saziai la mia curiosità che era stata stuzzicata dal suo comportamento.
Sul retro della copertina di “Inexhaustability” dei Resistance D trovai una foto di Murat con un berretto
da baseball.
Informai Jürgen della mia scoperta.
Costui mi confermò che Murat era un musicista, ma per il resto lo conosceva poco.
Per molto tempo pensai che fosse Pascal FEOS, fino a quando, molti anni più tardi, Milan Kaspovary mi
spiegò che si trattava in verità di Mike Diehl. Per questa storia è semplicemente Murat.
Siccome Sven Väth, subito dopo lo scontro all'after, aveva lasciato il locale, mi venne il sospetto che la
Hash Ultra potesse essere la ragazza di “Sven”.
Penso che quest'ultimo, dopo che verbalizzai la mia supposizione con i miei “amici”, si sia sganasciato
dalle risate.

Il mercoledì successivo, Murat ed io incontriamo Christian in un localino sperduto.


Racconto al signor Bonacker del mio sospetto per quanto concerne la vera identità di Murat.
Il friburghese ha una brutta notizia: vuole 10000 marchi per un litro di safrolo.
Non si accetta così, semplicemente, un aumento di prezzo del 2000%, ragion per cui gli spiego che se
vuole gli posso fornire delle pillole ad un prezzo maggiorato, ma per il resto a noi quell'offerta non
interessa.
Christian ci domanda se a Francoforte vogliamo recarci al Dorian Gray.
Certo! Il locale di Talla 2XLC non me lo lascio sfuggire e per quanto ne so io l'Omen, quindi la discoteca
di Sven Väth, è già stata chiusa da tempo per questioni di droga.

Ad Egg, poi, Murat mi mostra la sua scatola di preservativi che dichiara di portare sempre con sé
quando frequenta feste. Ribatto che è contro la mia etica recarmi a feste per cercare sesso.
Inoltre gli spiego che in linea di principio non trovo desiderabili donne che aborriscono droghe a priori
[perché non possono né vogliono trascendere la loro “pelle” e le loro vittoriane concezioni morali, nda].
Poi gli mostro la copertina della “Inexhaustability” e gli chiedo sorridente: “Forza Murat, dimmi, chi è
Pascal FEOS e chi è Mike Murait dei due?” Non vuole rispondere e sembra persino irritato dal fatto che
gli abbia posto la domanda, che lo abbia “beccato”, per così dire: che mancanza di tatto!

Il venerdì partiamo dapprima per Idstein, dove Herbert Böttcher, stavolta, ci accoglie molto più a cuor
leggero; infine segue il nostro viaggio per Francoforte, dove scarichiamo la nostra roba da Peer
LeLandais prima di tuffarci nella notte.
Anche Peer si spaccia per assistente sociale, ma il nome già lo conosco.
Me lo ricordo perché, dalla discoteca P1 di Monaco di Baviera per la stazione radio Bayern 3, fece una
volta la radiocronaca di come i bodyguards di Prince stessero schiacciando le macchine fotografiche dei
paparazzi con le mani quando il nano di Minneapolis scelse il cosiddetto “Stüberl” per riposarsi dopo un
concerto, alla fine degli anni ottanta.
Mentre guidavamo per le strade di Francoforte per recarci da Peer, Murat commentò: “Questa è la città
dove vengono lavati i soldi”, alludendo alla mia dichiarazione a David Schmid riguardo al Bell.
Poi mi indicò il Messeturm di Francoforte e la sua cupola a forma di piramide.
Peer LeLandais, più tardi, affermerà che lì dentro vivevano i suoi genitori.
Peer ci aveva già procurato dei biglietti per la Mayday, che si sarebbe tenuta il sabato sera, per 95
marchi l'uno (poco meno di 50 euro), cosa che mi rattristò alquanto, perché alla soprannominata
manifestazione non ci volevo andare (la consideravo come il simbolo per eccellenza del commercio
nella techno) e dover sganciare un bigliettone per questa è veramente tanto.
Ma siccome Peer aveva già comprato i biglietti, li dovemmo accettare per una questione di cortesia.

Dopo una sosta di un'ora e mezza a casa del signor LeLandais, Murat ed io decidemmo di partire per il
centro per passare lì la serata.
Per questo mi feci guidare da lui, che durante il viaggio affermò di non essere mai stato a Francoforte.
Dopo avermi fatto girare attorno al centro per un paio di volte, disse all'improvviso e con decisione:
“parcheggiamo lì”.
Nelle vicinanze, infatti, si trovava un vero ristorante giapponese ed il sushi era notoriamente il mio piatto
preferito.
Quindi entrammo nel locale. Dentro c'erano solo giapponesi, cosa che a Murat non piacque.
Commentò: “comprano tutto”.
Col senno di poi, in base alle mie esperienze, posso consigliare a Voi tutti, cari Lettori, l'acquisto di una
automobile giapponese, perché anche aziende come la FIAT, la Volkswagen o la Daimler Benz Vi
hanno già comprato da lunga data.

Una tedesca entrò nel ristorante, una donna che da ora in poi chiameremo del “tipo sciattona”
(perlomeno era quello che doveva rappresentare) che si mise accanto ad un giapponese al bar.
Il commento di Murat a freddo: “Fra poco glie lo ciuccia”.
Dopo la cena proseguiamo in macchina fino ad arrivare all'aeroporto, dove notoriamente era situato il
“Dorian Gray” o, se volete, il relativo “Techno-Club”.
Arriviamo fin di fronte all'entrata della discoteca, non vedo l'ora di conoscere il locale, ma Murat ha altri
piani.
Si lamenta. “È sicuramente uno di quei locali per sciccheria!”, “Hanno sicuramente tutti la puzza sotto il
naso”, [al buttafuori:] “È veramente techno quella lì dentro?”, “L'atmosfera è gelida” ed infine:
“Che discoteche di techno ci sono a Francoforte a parte questa?”
Murat cominciò a domandarlo alle persone che si trovavano di fronte all'ingresso del Dorian Gray (lo
fece perlomeno con 5 persone) fino a che ottenne la risposta desiderata: “All'Omen c'è techno, stasera
suona Sven Väth.”
Mi pervase una sensazione leggermente sgradevole. Beh, allora andiamoci.

Murat recita nuovamente la parte del turista, quindi per apprendere dove si trova l'Omen debbo
domandare a dei tossici.
Siccome però non lo troviamo in macchina, parcheggiamo da qualche parte tra i grattacieli e
proseguiamo a piedi.
Il mio accompagnatore (nonché guida, in realtà) giustifica il controllo video con telecamere permanenti
del centro della città: “Dappertutto telecamere, bisogna proteggersi.” Mentre lo disse rimase serio in
volto.
L'allusione era ovviamente al fatto che mi sentissi sorvegliato ed anche al parcheggio del Bell dopo la
trappola.

Alla fine l'Omen lo troviamo davvero. Il buttafuori indossa un ghigno molto eloquente.
Entriamo, Sven Väth non c'è ancora, il locale però è già relativamente pieno, un registratore a cassette
suona ambient rilassante dal ritmo frastagliato, simile a quello di Solar Quest al Groodonia.
L'arredamento interno dell'Omen assomiglia a quello del Bell, fatta eccezione per il bar in legno pregiato
(e la egualmente pregiata barista).
Il locale però è molto più piccolo, il che lascia presupporre prezzi al metro quadrato orrendi al centro di
Francoforte.
Dopo circa un'ora appare Sven Väth.
Nel momento in cui vuole cominciare il suo set, un membro della setta si pone di schiena esattamente a
20 cm di distanza di fronte a me, colle mani sulle anche ed i gomiti larghi, in modo che io debba
spostarmi per trovare posto per ballare.
Questa era una parte della mia “punizione” e queste persone della setta mi perseguiteranno per
anni, solamente allo scopo di impedirmi di provare il piacere di ballare in discoteca.
È una costrizione opprimente e difficile da dimostrare e che ovviamente era anche stata pensata per
provocare la mia reazione fisica, in modo che le squadre di picchiatori della setta potessero entrare in
azione senza per questo doversi aspettare problemi di tipo legale: quando si hanno abbastanza soldi ed
abbastanza schiavi a disposizione, ci si può permettere questo e molto altro. Fin quando si vuole.

Sven Väth suona malissimo. Di proposito, come constaterò dopo qualche tempo.
Il pubblico: membri della setta ai quali è stato ordinato di “creare atmosfera”, come se suonasse bene e
tutto fosse normale. Puro scherno e per lo più maligno. Cerco di immergermi nel ritmo, che viene
continuamente strozzato.
L'impedimento dei miei tentativi di ballo assume nuove forme.
Quando ad esempio tento di muovermi, mi strusciano contemporaneamente sulla destra e sulla sinistra
gruppi di mezze dozzine di membri della setta, in modo che debba ripiegare artificiosamente le braccia
all'interno della zona del corpo e venga scaraventato nuovamente fuori dal ritmo.
Cerco di portarmi sulla pista, ma vi sono due persone appostate permanentemente di fronte al suo
ingresso che bloccano il passaggio.
C'è del posto libero dall'altra parte del bar, ma quando ci arrivo, qualcuno che probabilmente faceva
parte del locale mi apostrofa malamente: “guarda mettiti dove vuoi ma togliti dalla mia vista”.
Stronzo! Decido di non cominciare a litigare e torno dall'altra parte, dove siede Murat.
Arriva un tizio, Murat ed io compriamo XTC e ne consumiamo una ciascuno.
Il tipo intavola con me un breve discorso: “Che ne pensi di Cosmic Baby?”
La mia risposta spontanea: “Copia bene”. Ulteriori considerazioni in proposito verranno fatte più avanti.
Lui spiega: “Sven Väth e Cosmic Baby avevano litigato perché si erano accusati a vicenda di aver
copiato un brano. Allora Sven Väth ha fatto in modo che Cosmic Baby non potesse più suonare dal
nessuna parte.”
Poi cambia il discorso e menziona il fatto che suo padre è nel consiglio di amministrazione della Vobis.
Anche questo, tra l'altro, è tipico di Scientology: si mostra al novizio che i membri della setta sono
altolocati ed hanno successo nella vita, in modo che l'affiliazione alla setta risulti appetibile a chi vuol far
carriera.
Dopo questa piccola presentazione di sé stesso ci saluta.

Torniamo adesso un attimo a Cosmic Baby.


Mi fossi lasciato più tempo per la risposta, avrei dovuto rispondere meglio: “copia da cane”.
Il primo disco dell'artista di Norimberga conteneva due brani che si elevavano qualitativamente in
maniera netta dal resto delle sue composizioni: “Stellar Supreme” e “Space Trek”.
Per il resto il disco è piuttosto insipido, il giusto commento di Musikexpress/Sounds all'epoca fu:
“Kraftwerk ohne Kraft, Tangerine Dream ohne Traum” [“Kraftwerk senza forza, Tangerine Dream senza
sogno”, trad. - 'Kraft' significa forza in tedesco, nda]. Un giudizio impietoso, ma che coglie nel segno.
Grazie alla fama che gli procurarono queste due canzoni, Cosmic Baby cavalcò l'onda techno
originatasi all'inizio degli anni novanta in tutta Europa ed in particolar modo in Germania, fino a circa la
metà del decennio.
I lavori seguenti di Cosmic Baby furono purtroppo caratterizzati da una cleptomania difficile da ignorare
persino da qualcuno che non fosse proprio un addetto del settore.
Ora il punto è questo: è quasi impossibile, oggigiorno, non copiare nel campo dell'industria discografica.
Si è già sentito tutto da qualche parte, soprattutto se i brani sono costruiti su scale midi che a loro volta
dirigono strumenti musicali “comuni”. La peculiarità di Cosmic Baby, però, consistette per anni nel
copiare spudoratamente le idee più geniali degli artisti che, poco tempo prima, avevano prodotto un
brano di successo per integrarle nelle sue canzoni e, di solito, in modo che non costituissero uno
sviluppo di queste idee, bensì più una mediocre imitazione.
Come se entrassi in una pasticceria, asportassi da tutte le torte solo il buffetto superiore, ovvero la parte
migliore, e mischiassi in un recipiente il dolce bottino per poi spalmare il contenuto del contenitore su un
pezzo di pizza salata.
Questo significa copiare da cane, ovvero vivere sfruttando gli altri senza dare nulla in cambio.

Una donna con capelli lunghi e rossastri, nel frattempo, si è posta dall'altra parte del bar in modo che io
non sia in grado di scorgere il suo volto. Murat commenterà più tardi in merito: “Pensavo di aver visto
Claudia, ma forse non lo è, ad ogni modo adesso se ne è andata.”
Un tale mi calcia via di proposito la mia acqua minerale, poi si scusa gentilmente e mi chiede se vuole
che me ne porti un'altra. Rispondo sorridendo: “No grazie, nessun problema”.
Quest'individuo lo incontrerò di nuovo circa un mese e mezzo dopo al Bell a Basilea.
Murat mi invita a tornare a ballare. Ci provo, anche se la musica fa veramente schifo.
Mi avvicino alla pista e cerco di passare avanti senza successo, rimango poco prima dell'entrata.
Improvvisamente per un momento la musica cambia, c'è il basso, è roba veramente molto ballabile,
finalmente.
Comincio a danzare sul posto, ma una tipa della setta che sta accanto a me apre i gomiti a tal punto
che, ballando, cozzo inevitabilmente con la parte superiore del mio avambraccio sinistro contro il suo
gomito destro. Fa male.
In quel momento apro di nuovo gli occhi e la guardo.
Nello stesso momento Sven Väth compie un crossfade e la musica ridiventa schifosa e così rimarrà per
il resto della serata.
Siccome la tipa non mi degna nemmeno di uno sguardo me ne ritorno da Murat.
Rimaniamo ancora un po', poi risuona un brano con un banjo, il segnale per Murat: “Penso di aver visto
abbastanza, andiamocene.” Pago ancora il mio conto salatissimo al bar e nel momento in cui stiamo
per uscire, Sven Väth cambia completamente registro: suona “Reincarnation” di Country & Western,
quindi uno dei miei brani preferiti, che ha già suonato anche al Bell. Ce ne andiamo lo stesso. Nessuna
traccia della Hash Ultra.

Mentre camminiamo per arrivare al parcheggio, Murat annuncia che non ha più intenzione di far visita ai
negozi di dischi di Francoforte per comprare CD, come diceva di voler fare il giorno prima – lascia
decidere a me quello che vogliamo fare. Poi aggiunge: “Penso che non verremo un'altra volta a
Francoforte.”
E su Sven Väth: “Tu pensa, ha anche la sua etichetta personale. Tutti i brani che suona li produce lui
stesso e li suona solo nel suo club.” Io, che ero ancora relativamente inesperto di prese per i fondelli:
“Se suona una immondizia del genere a Basilea chiude dopo quattro settimane.”
Non che al Bell avesse suonato un granché meglio...

Arriviamo alla macchina, montiamo e partiamo. Vogliamo tornare da Peer, ma Murat professa di non
sapere più come arrivarci, quindi mi lascia vagare per un paio di ore al volante.
Nel frattempo penso al motivo per il quale ero venuto a Francoforte (trovare la mia Hash Ultra), di che
cosa invece ero stato testimone e non capivo.
Ad un certo punto non riesco a fermare più le lacrime.
Murat sembra all'inizio commosso, per poi tirare fuori un cinico: “fa bene piangere, lasciare fuoriuscire
tutte le emozioni.”
Cercai allora di trattenermi, senza riuscirci.
Dopo un paio di ore Murat decide che è venuto il momento di finire la commedia e mi dirige
nuovamente al domicilio di Peer LeLandais. Murat mi lascia un momento da solo di fronte al
“Grammophon”, il bar situato di fronte all'appartamento di Peer. Pensai che forse lei potesse essere lì
dentro e guardarmi. Dopo mezz'ora saliamo da Peer.
Ci accoglie come “i ragazzi dagli occhi rossi”. Poco tempo dopo, nel primo pomeriggio, mi addormento.
Quando ci svegliamo, Peer mi racconta che il Grammophon è un famoso bordello.
Per questo commento penso che durante il sonno i miei pensieri siano stati di nuovo tirati fuori.
Si noti per favore nuovamente l'allusione al mestiere di prostituta, già lanciata da Murat.

Il sabato sera c'è la Mayday in programma.


Il Lettore si può facilmente immaginare con quale entusiasmo feci visita a quella manifestazione.
Murat mi mostrò le diverse stanze (la manifestazione è gigantesca).
Mentre salimmo per le scale all'interno, lui venne riconosciuto da una ragazza piuttosto carina, ma
quando i loro sguardi si incrociarono, il musicista decise di cambiare direzione perché non doveva
accadere che gli parlasse, visto che c'ero anch'io. Per cui tornammo alla pista principale.
La voglia di ballare era naturalmente sotto zero, perlomeno per quanto mi riguardava.
Quindi sedetti più volentieri per un paio di ore su una delle panche che erano situate nell'oscurità dietro
la pedana di riferimento, fin quando Murat mi portò di nuovo in un'altra stanza che era illuminata a
giorno perché diceva che la musica lì in quel momento fosse geniale.
Mi sedetti di nuovo in un angolo, sempre allo stremo delle forze e dei nervi.
Le solite tre o quattro modelle si avvicinano e mi si piazzano attorno, con lo sguardo rivolto lontano nel
vuoto (guai a guardare me!), tutte con quel sorriso da pubblicità stampato sulle labbra che mi era ormai
diventato familiare (in questo modo, naturalmente, veniva scoraggiata qualsiasi donna da prendere
contatto con me – ripeto: l'isolamento è programma).
Verso le quattro di mattina arrivano alla Mayday Erich ed un altro, perché apparentemente hanno
sentito che la musica è così buona. Quello stronzo di Erich fa finta di non essere al corrente di nulla e
mi pone quesiti, con presunto interesse, sulla manifestazione. Rispondere alle sue domande, tutt'altro
che importanti, è ovviamente una tortura interna e lui lo sa benissimo, ma a quanto pare si diverte pure
a tormentarmi così.
Verso le sei di mattina ci mettiamo in viaggio per Basilea.
Durante il viaggio lui osserva “beh, le ragazze in Svizzera sono molto più belle di quelle di Francoforte”
e mi chiede se non vogliamo fare un salto al Bell per l'after.
Grazie, ho già visto e sentito abbastanza.

Allora ci rechiamo da Thilo e Sandra.


Quando arriviamo a Steinen, Sandra sembra tutt'altro che contenta di vedere Murat.
Per prima cosa gli spiega che suo padre è un manager della Ciba e tale è anche la sua retribuzione.
Probabilmente si trattava di una risposta al modo burino e da nuovi arrivati con il quale queste persone
fanno sfoggio della loro ricchezza ed allettano altri.
Perché così come nauseò me, anche lei probabilmente ad un certo punto diede di stomaco.
Inserisce nella piastra un tape di Damien, il primo di lui che ascolto da lungo tempo che suoni bene.
Penso che con questo mi volesse dire qualcosa.
Dopo circa un'ora di permanenza da Sandra torno a casa, viene pure Murat.
Quando ci sdraiamo parliamo ancora un po' prima di coricarci definitivamente.
Anche lui dice di non andare ai raves in cerca di carne fresca e crede di capire che cosa intendo dire
quando affermo che donne che rifiutano le droghe a priori non sono desiderabili.
Gli spiego, come già feci con Axel, perché al Bell praticamente non abbordavo donne.
Poi mi chiede come pensavo di arrivare ad avere una ragazza.
Gli rispondo che la dovrei trovare da qualche altra parte, ad esempio in un supermercato, per
poi portarla ai raves.
Spiegai a Murat anche indirettamente come arrivai al mio errore di valutazione: le donne erano due, a
Sabine l'avevo già chiesto quindi poteva essere solo Natascha.
Ovviamente affermai di continuare a cercarla (anche se nel frattempo ritenevo di aver commesso un
errore, cosa che continuai a guardarmi bene dal far presente a Murat).
Quando glie lo raccontai mi chiese, con una espressione del volto sorpresa, di guardarlo negli occhi;
risposi che adesso ero stanco e che volevo finalmente dormire.

Un paio di giorni dopo Hassan ritornò a casa mia e raccontò che col progetto avremmo “finito” per la
fine di gennaio.
Mi chiesi dapprima come fosse arrivato proprio a quella “data”. Poco dopo prendo coscienza del fatto
che alla fine di gennaio dell'anno che non era ancora finito ero stato per la prima volta al Bell.
La bomba, l'ultimo pezzo della catena per la produzione di XTC, non l'avevamo ancora e né a me, né
(naturalmente) a Hassan venne in mente come potessimo arrivare ad un tale cilindro di metallo lavorato
senza attirare troppa e fastidiosa attenzione.
Quando vengo di nuovo “spontaneamente” invitato da Thilo Tscheulin e Sandra Birkenholz a Steinen,
sono presenti anche Gustl e Katrin.
Con Gustl discuto sia del come, quanto e del quando a proposito di una bomba, perché conosce un
fabbro che sarebbe in grado di costruirla, che di un soxlet sostitutivo di quello che era andato in
frantumi.
Nel frattempo Hassan ed io avremmo lavorato con l'olio di noce moscata.
Mentre Gustl ed io discutevamo di simili sottigliezze tecniche, Katrin si mostrò vistosamente e
svergognatamente zoccola nei miei confronti.
Gustl sembrò non notare le movenze della sua ragazza, cosa che trovai molto strana ed anche poco
credibile.
Per introdurre la manovra, Thilo mi spiegò che Gustl è un soprannome per una persona non troppo
sveglia.
Poco dopo che la molto appetitosamente imbellita Katrin mi ebbe fatto le sue avances, Thilo invitò “per
caso” Gustl al piano di sotto della casa colla scusa di controllare qualcosa.
Katrin sedeva un po' più a sinistra sullo stesso divano dove stavo seduto io, girata di schiena.
Evitò (di proposito) qualsiasi contatto cogli occhi nonché anche solo di accennare a girarsi.
Poco tempo prima avevo menzionato il fatto che avevamo già ordinazioni per 20000 pillole e per questo
motivo mi ero chiesto spesso se fosse stato giusto raccontarlo a Gustl e Katrin.
Fiutai la trappola e mi guardai bene dal parlarle o anche solo dal pormi nel suo campo visivo, al
contrario: me ne andai presto a casa arrabbiato.
Hassan ed io, nel frattempo, avevamo già cominciato con i primi stadi della produzione, ovvero con la
lavorazione della miristicina distillata dall'olio di noce moscata con acido bromidrico in acido acetico
glaciale.
Già da un pezzo dovevo farmi la doccia da un'altra parte, perché la mia vasca da bagno serviva solo
ancora all'esercizio dell'apparato di distillazione e anche per il resto il bagno divenne il centro delle
nostre attività semilegali.

Quando rividi Olli, mi disse che aveva visto più volte “Il giorno della marmotta”.
Il film me l'ero guardato diverse volte anch'io e lo considero ancora uno dei miei preferiti.
Nel film, il protagonista raggiunge quello che desidera, ovvero “il giorno dopo”, solo quando ha
veramente preso a cuore le persone della città nella quale viene festeggiata la ricorrenza.
L'obiettivo: avrei dovuto fare buon viso a cattivo gioco, quindi sorridere a tutta la banda di traditori e
diventare DJ.
Non ne avevo voglia ed i mandanti lo sapevano.
Era quindi solo una questione di tempo che si arrivasse all'aperto conflitto.

Gli altri amici di Hassan, Gustl e Katrin, invece, avevano finalmente trovato la tanto agognata “bomba”,
che però aveva di proposito un difetto di fabbricazione: la chiusura ermetica era insoddisfacente.
Quattro semplici viti avrebbero dovuto garantire una tale chiusura della bomba da non lasciar fuoriuscire
alcun vapore dall'arnese durante la cottura. Pura utopia, come si scoprirà al primo utilizzo nella stessa
notte in cui la ricevetti: l'odore pungente e penetrante dell'ammoniaca, cortesemente regalataci da
Pascal, si sparse velocemente per tutta la casa, anche già ad una temperatura di cottura di gran lunga
sotto i 130 gradi.
Hassan ed io spegnemmo presto la friggitrice per non avvelenarci del tutto.
Lui lo riportai il giorno dopo al lavoro, poi tornai a casa e...
Beh, la pazienza non è proprio il mio forte.
Accesi la friggitrice, aprii per precauzione le finestre e mi recai ufficialmente al mio posto di lavoro,
distante circa 10 km, per tornare solo due ore dopo a controllare il processo.
Al ritorno, verso mezzogiorno, la puzza di ammoniaca si poteva già fiutare in parte dal giardino.
Ma l'ammoniaca è un composto chimico usato spesso, quindi nulla per cui un locatore debba
insospettirsi, pensai.
Perciò spensi la friggitrice e lasciai raffreddare la bomba nell'olio per tutto il pomeriggio, mentre
assolvevo diligentemente le restanti ore del giorno nella mia azienda. Quando la sera ritornai, aprii la
bomba.
Il liquido, nel frattempo, si era volatilizzato del tutto, sul pavimento della parte interna del cilindro di
metallo si erano formate delle piccole palline bianche. Quando Christian mi venne di nuovo a trovare, gli
lasciai provare una piccolissima quantità, perché sapevo che nella reazione non poteva essersi formato
nulla di veramente velenoso.
Quando Hassan lo seppe disse più volte ad alta voce che eravamo “come i tossici”, una esclamazione
sicuramente discussa prima con i mandanti e che serviva anche a scopo “educativo”.
Lentamente cominciai a prendere sempre più coscienza dell'utilizzo di determinate parole e frasi chiave.

Rividi David Schmid in un costume da Batman di gomma.


Dapprima pensai che si trattasse di una delle solite trappole per sondare le mie tendenze nel campo del
sadomaso.
In seguito dovetti però constatare, che in quel momento nei cinema veniva proiettato “Batman Forever”,
con Nicole Kidman nel ruolo di protagonista. Qui debbo anche ricordare che l'affermata attrice di
Hollywood, a causa della sua relazione con Tom Cruise, conosceva anche David Miscavige, capo di
Scientology.
David affermò di boicottare le feste dei Future Bass Junkies e mi diede da intendere che lo faceva
anche per me.

Christian comprò da me circa una ventina di CD per 10 grammi di fumo, che però vidi solo da lontano.
Tra i CD che vendetti a Christian vi era anche “Haus der Lüge” degli Einstürzende Neubauten.
Ho sempre considerato estremamente sopravvalutati i Neubauten, soprattutto perché all'epoca
venivano propagandati sia dalla stampa ufficiale dell'industria (Musikexpress / Sounds) così come
anche dalla stampa ufficiale underground (Spex) all'unisono come l'avantgarde più radicale ed
intelligente che ci fosse sulla faccia della terra, addirittura Robert Plant dichiarava nelle interviste di quel
tempo di ascoltare i Neubauten.
Beh, se lo afferma Robert Plant, ne consegue che i Neubauten non possono più essere l'avantgarde più
radicale (PERÒ: Robert Plant è un seguace di Crowley e probabilmente così si spiega la sua
passione)...
Oltretutto avevo come termine di paragone giganti come gli Skinny Puppy, Severed Heads, Ministry ed
altri.
Dell'album “5 Auf Der Nach Oben Offenen Richterskala” dei Neubauten mi piacque solo la rivisitazione
di “Morning Dew” e “MoDiMiDoFrSaSo”.
“Haus Der Lüge” si rivelò presto, all'ascolto, come un ammasso di chiacchere da spacconi avaro di vere
idee nuove, per cui lo vendetti. La stampa tedesca (venduta come mai) e il reparto del marketing della
Warner Brothers gridarono invece al miracolo del “Made in Germany” radicalmente alternativo ed
incorruttibile.
D'altro canto, all'epoca, gli Scorpions venivano ancora considerati, in Germania, un gruppo di heavy
metal.
Ad ogni modo, quando Christian lo inserì nel lettore, non mi ritenni in grado di discutere con lui se la
cultura underground tedesca avesse un senso o meno, per cui tagliai corto.
Dalle mia labbra uscì qualcosa come un “mi è tutto un po' troppo intellettuale”: mi accontentavo del fatto
che mi acquistasse il disco in cambio del tocco di fumo (che mi promise solo, purtroppo).
Più in là verremo ancora a sapere che cosa c'entrano i Neubauten con tutta questa storia.
A Christian ed i suoi amici venne in mente di produrre CD.
Ribattei (all'epoca i masterizzatori di CD erano una rarità e la masterizzazione amatoriale, a casa, era
un vezzo molto costoso) che un'apparecchiatura professionale del genere costava perlomeno 50000
marchi (25000 euro).
Il progetto fu praticamente scartato dall'inizio e la mia fede nel supporto digitale, poco condivisa negli
ambienti dei DJ all'epoca dei fatti, fu però utilizzata dai membri della setta per farsi riconoscere.

Nel frattempo Katrin e Gustl avevano rimediato del cromato ed Hassan una bottiglia da due litri di acido
solforico, che assieme alle mie pillole di efedrina ci permetteva di sintetizzare il metacatinone, ovvero la
versione chimica più raffinata dell'alcaloide della pianta di Kath.
Si tratta di una droga simile all'anfetamina che ha un effetto di una durata di sei giorni.
In realtà avevamo già sintetizzato qualcosa da tempo, ma Hassan perdette di proposito quello che
avevamo sintetizzato nei processi di lavaggio, perché io non ne capivo e per lui fu quindi facile far
sparire proprio lì, tra soluzioni alcaline ed acide, tutti i miei sforzi economici e di tempo.
Volevo assolutamente avere qualcosa per i ragazzi per Natale, quindi rimandai in un primo tempo
anche il mio previsto ritorno annuale a casa (a Roma) per la festa della famiglia, nella speranza di poter
distribuire ai nostri “amici” una piccola quantità della nostra produzione. La mattina del 24 di dicembre
Hassan ebbe finalmente pietà e verso le otto venne alla luce il “nostro” primo grammo di MMDA (che
sarà anche l'ultimo).
Con quello partimmo per il Bell, dove ci aspettavano, tra gli altri, anche Christian e Ralph.
Nel corridoio del piano superiore vidi Urs, il marito della Chantal bionda, sedere tenendo la testa rivolta
verso il basso, come se si vergognasse si guardare in alto verso di me.
Poi incontrai Ariane e le augurai buon Natale.
Mi fece notare, in maniera molto strana, che per farlo mi sarebbe servito un “regalo”, quasi come se
distribuissi doni dappertutto, ma a causa della situazione non poteva voler intendere l'MMDA che avevo
portato con me.

Questa parola, “regalo”, pronunciata in maniera così strascicata e con tale disgusto, mi era già rimasta
spiacevolmente impressa a casa di David Schmid, prima della mia partenza per l'Interkama di
Hannover.
Conoscendo i metodi della setta, questo è un altro indizio che lascia supporre che dietro le mie spalle
sia stata condotta una campagna diffamatoria adducendo come pietra dello scandalo, in questo caso,
proprio quello che facevo per evitare di compromettermi in altra maniera: il fatto che non accettassi soldi
per le droghe fu venduto al pubblico come un comportamento da spaccone e per questo motivo avrei
quindi dovuto ricevere una lezione. In altre parole: qualsiasi cosa avessi fatto, questa avrebbe
comportato la diffamazione, la punizione e l'umiliazione più cocente allo scopo di distruggere il
mio ego.
Si noti qui nuovamente che i mandanti erano perfettamente al corrente delle intenzioni dietro le mie
azioni.
Regalai quindi la nostra produzione a chiunque fra i miei conoscenti si trovò al Bell quella mattina della
vigilia di Natale, tra l'altro anche a Murat, che era appositamente venuto al Bell per incontrarmi.
Christian raccontò che un party illegale da loro organizzato era stato sciolto dalla polizia; lo valutai un
segno che anche le mie imprese si tenessero da subito, per l'appunto, su un terreno pieno di insidie.
In questo contesto, David Schmid mi chiese se non gli avrei potuto procurare dell'estasi pura per
capodanno, gli risposi di non averne e che lui ne era anche il motivo.
Vidi un attimo anche Häsi: mi sorrise, come se fossi riuscito ad uscire da una situazione molto
complicata (era la prima volta che andavo al Bell dopo l'11 di novembre).
Verso mezzogiorno portai colla mia Fiesta Murat e Hassan “a casa”, rispettivamente a Basilea ed a
Liestal, poi proseguii per l'aeroporto di Zurigo: i miei genitori, a causa del ritardo, erano riusciti a farmi
avere proprio all'ultimo minuto un biglietto d'aereo. Buon Natale a tutti.

Il Natale a Roma divenne soprattutto una possibilità per parlare un po' delle mie esperienze dei mesi
precedenti con i miei familiari.
Quello che già all'epoca trovai strano fu che i miei genitori, di solito così curiosi di sapere tutto quanto
quello che mi riguardasse, stavolta, sorprendentemente, non mostrassero alcun interesse per quello
che avevo da raccontare loro. Che si interessassero, peraltro, non mi importava e mi guardai bene
anche solo dall'accennare alla produzione di droga.

Il colloquio con mia sorella, invece, fu molto interessante, perlomeno in parte.


Tra le altre cose venni a sapere che dopo la sua separazione dal suo amico di lunga data, Stefan, ora a
Monaco di Baviera viveva assieme ad un nordafricano, capetto di una piccola gang.
Nuove amiche di mia sorella mi portarono a Roma, in un presunto locale techno chiamato “Alien”, dove
potei ascoltare dell'house molto sgraziato e pignolo.
Ma si trattava appunto di una discoteca nella quale si andava soprattutto a rimorchiare senza badare
troppo alla musica e mia sorella ed il suo codazzo rappresentavano proprio il palesamento di questo
pregiudizio.
Mentre costoro erano impegnati sulla pista da ballo, chiesi alla barista se la musica era sempre così o
se suonavano anche qualcosa di decente (techno).
Risposta: fino ad un paio di anni prima suonavano anche della techno ma le persone non la gradivano
per cui passarono all'house (ma la musica di quella sera non era degna di chiamarsi tale). “Ecco perché
amo la Svizzera”, pensai.

Per il resto dovetti trovare per le strade di Albano Laziale, a due passi da casa mia quindi, gli ultimi
cartoncini decenti di LSD per un bel po' di tempo. Ne portai un paio a Zurigo, dove tornai tra il 28 ed il
29 di dicembre.
Arrivai ad Egg, dove mi aspettava dapprima il terrorismo telefonico di Murat, che fece squillare a più
riprese il telefono una sola volta e che mi aveva propriamente istruito, nel caso di un tale segnale, di
ritelefonargli, cosa che però non feci.

Il giorno dopo, si fece finalmente sentire Hassan.


Venne dapprima da me e cominciammo immediatamente assieme a lavorare l'efedrina per produrre il
metacatinone, poi ci recammo nuovamente entrambi dal cocainomane del vicolo delle banche al centro
di Basilea.
Probabilmente in seguito al ritardo del mio viaggio prima di Natale e l'acquisto di un biglietto d'aereo,
alcuni dei mandanti giunsero alla conclusione che il mio comportamento era quello di un normale
membro del ceto medio (ebbene sì, all'epoca esisteva un ceto medio molto diffuso).
La domanda mirata del tipo delle banche: “Genitori ricchi?”
Risposi: “Sì, mio padre è pilota d'aereo, massimo grado. Ma non ho nulla a che spartire con lui”, tenni a
precisare.
Poi si parlò dell'Italia e dell'esagerato orgoglio nazionale nonché della volontaria ghettizzazione che
mettono in pratica alcuni emigranti in Germania ed in Svizzera.
Io lo trovo disdicevole e risposi a tono ad una domanda in merito.
Il motivo di questa domanda mi sembra oggi l'episodio dello sprezzante “ah, Italièn” ad Aldersheim e la
mia reazione ad esso.
Poi il discorso toccò concretamente l'Italia, pareva particolarmente interessato a sondare la mia
opinione ed il mio modo di pensare riguardo ai grossi nomi della politica e dell'industria italiana.
Per prima cosa volle conoscere la mia opinione su Berlusconi, perché avevo scherzosamente risposto
alla domanda di Christian Bonacker, su quello che volessi diventare da grande, “un nuovo Berlusconi”,
ma in realtà Berlusconi non lo sopporto.
A tono fu anche la risposta: “È uno stronzo di destra”, il referente della mafia in Parlamento dopo la
caduta di Andreotti.
Poi venne la domanda su che cosa ne pensassi degli Agnelli, quindi della FIAT: “Il vecchio centro, la
colonna portante dell'Italia nel dopoguerra.”
Inoltre parlammo dei pettegolezzi attorno alla famiglia Agnelli a riguardo del loro consumo di droghe: il
figlio (Edoardo) era il tossico più conosciuto d'Italia, si mormora che nelle mura degli stabilimenti di
Segrate vi siano nascoste tonnellate di coca. Il mio giudizio combaciava perfettamente con la visione di
chi pianificava il mio futuro, visto che si trattava di persone sicuramente molto vicine sia all'industria
automobilistica italiana che a parti di quella tedesca.
Oggi non parlerei più di una mafia, ma di più mafie o forse, meglio ancora, di più centri di potere;
Berlusconi sicuramente ne è uno, ma in seguito alle mie esperienze il giudizio su Berlusconi diventerà
meno drastico mentre quello sull'impero di Torino e sui suoi dirigenti peggiorerà di gran lunga rispetto a
quello che allora, nella mia inesperienza giovanile, formulai.
Parimenti bisognerebbe osservare che non esiste una destra ed una sinistra, ma più destre, perlomeno
una sinistra (ma non in Germania) e molte presunte tali, che sedere più a sinistra in parlamento non
significa per forza essere più progressisti ed infine, che essere di destra o di sinistra non significa
necessariamente avere torto o ragione.
Ma all'epoca ero ancora abbastanza ingenuo, il che non guastava.
Durante il colloquio furono preparate per me, sul tavolo, due strisce di ottima coca, ne presi una, poi
entrò Yamina e le lasciai la seconda. Siamo gentiluomini e in nessun caso dipendenti, vero?
La presunta sorella di Hassan non se lo fece dire due volte.
La sera Hassan volle andare, per forza e contro ogni apparente razionalità (per la ormai prossima
produzione di droghe), di nuovo all'Utopia. Pur avendo il mal di testa per la coca, lo accompagnai,
sperando di convincerlo più tardi a continuare la produzione del metacatinone.
Mentre sciupava il suo tempo, mi sedetti inizialmente per terra, molto lontano dal monotono ed
indanzabile tamburellare che veniva di proposito propinato sulla pista, fin quando mi accorsi che
accanto a me si erano piazzati nuovamente i soliti angeli custodi: due modelle, in piedi, sorridenti nel
vuoto senza mai guardarmi, semplicemente per isolarmi dal resto del pubblico della discoteca di
Basilea.
Quando ritornai al bar per ordinare da bere cominciai in qualche modo a discorrere con un tipo
decisamente sopra la trentina, un DJ chiamato “E-Gor” (pronuncia: Igor) con il quale dovetti avere una
delle conversazioni più brevi ma anche tra le più istruttive di tutta la mia vita.
Disse innanzitutto di essere un esperto di jazz, ma di aver organizzato nei mesi precedenti anche “un
paio di raves”.
Così arrivammo presto alla discussione se l'happy trance di allora (quella con gli arpeggi scontati e con
vocine sintetiche, per intenderci) avesse qualcosa a che fare con la techno.
Spiegai che preferivo brani di techno che facessero completamente a meno di scale e gli domandai se
riusciva a comprendere che cosa intendevo: lo capiva ed anche meglio di quanto potessi immaginare in
quel momento.
Poi arrivò sorprendentemente al dunque: “sappiamo che sei un comunista”, mi disse all'improvviso.
Affermò di provenire dalla Cecoslovacchia, dove fu adeguatamente indottrinato in merito (o meglio, gli
fu fatto il lavaggio del cervello riguardo al nemico di classe).
“Sappiamo che sei un comunista, ma l'era degli [...] non è ancora arrivata”.
Bene, ed adesso al posto di [...] ci mettete una parola a piacere, perché quando la ascoltai, non la capii
a causa del volume della musica, perché chiaramente mi era nuova.
All'epoca non chiesi ulteriori spiegazioni a riguardo, perché non ero cosciente dell'importanza delle
informazioni che mi vennero comunicate durante il colloquio, anche se oggi sarei maledettamente
interessato a sapere di quale parola si trattasse.
Con le mie informazioni di oggi oserei pensare che questa sia stata 'illuminati'.
Mi chiese: “Chi governa la Svizzera?” Gli risposi: “La Nestlè” - oggi gli risponderei le banche. “Più o
meno”, confermò lui.
Poi aggiunse: “È quella piccola cerchia di capitani della grande industria che fa il bello ed il cattivo
tempo come pare e piace a loro”.
E ancora: afferma che sono “il ballerino delle dita” e che ho “gli occhi di un gatto”.
Ovviamente si sapeva che amavo i gatti e anche che mi identificavo con essi.
Poi, guardandomi ma indicando vagamente il palco: “Il DJ suona male.”
Allora gli domandai: “Suonava così anche prima che entrassi io?”
Mi guardò un attimo, senza parlare, come se fosse quasi annoiato dall'ingenuità della mia domanda.
Poi si voltò e terminò così il colloquio.

Prima che Hassan ed io tornassimo definitivamente ad Egg per continuare la sintesi del metacatinone,
facemmo visita a Christian o a Thilo e Sandra. Thilo ci aveva venduto, poco prima di San Silvestro,
alcune pillole “prodotte artigianalmente” di prima qualità che provenivano dall'ambiente di Gustl e Katrin.
Una di queste mi rimase fino al 28 gennaio 1996.
Tornando a casa, di notte, riassunsi con Hassan quello che pensavo fosse successo negli ultimi mesi
ed anche quello che ritenevo di doverne pensare, nell'ipotesi, alla quale ormai non credevo più neanche
io, che Hassan fosse pulito e che volesse veramente produrre estasi e cose simili con me.
Gli spiegai dapprima perché volevo avere proprio quella donna ed i motivi che addussi erano anche
validi.
D'altra parte gli feci notare che c'erano troppe donne che mi giravano intorno e lì dove si trovano donne
a buon mercato, di solito si trova facilmente anche droga (generalmente cocaina).
Lui meditò, divertito in sé e per sè, ma con un atteggiamento del tutto serio nei miei confronti, sulla mia
massima: “Dove ci sono donne, c'è droga”.
Le donne sarebbero venute dopo, aggiunsi, al momento avevamo ancora qualcosa da sbrigare.
Mi disse che ci vedeva come in un film, Certo, gli dissi: “I due desperados”.
Arrivati ad Egg, Hassan si dedicò al metacatinone. O meglio fece finta di voler sintetizzare qualcosa.
Il problema era nel dettaglio, quindi, come sempre, nei processi di lavaggio.
La sera del 30 di dicembre non portai a casa il mio chimico.
Qualcuno telefonò per domandare se non volevamo fare un salto, ma sulla strada c'era una lastra di
ghiaccio di un centimetro e mezzo, quindi: casa dolce casa.
Dormii più di Hassan, che passò la maggior parte del tempo nel bagno coll'apparecchio per la
distillazione.
Una volta mi sorprese però a piangere nel ripostiglio, perché gli serviva qualche cosa.
Cercai di mascherare le lacrime per quanto possibile.
I pensieri, quindi, erano in parte dedicati ancora all'amore proibito e misterioso.
CAPITOLO 9

“Vi prometto, Monsignore, potete fidarvi


Andrò perfino in tournée con David Crosby
'Perdonatemi, ragazzi, le droghe hanno rovinato la mia vita'
Dirò loro perfino che i preservativi fanno diventare ciechi”

(LARD – da “Pineapple Face”, con “Faccia D'Ananas” si intende l'ex dittatore di Panama
Manuel Noriega)

Verso sera del 31 dicembre, dopo aver regalato ad Hassan un cartoncino, possiamo provare i resti del
metacatinone che era stato appositamente rovinato dal “mio” chimico. Il sapore è quello del vermouth.
L'effetto, considerato il dosaggio infinitesimale, è stupefacentemente chiaro e piacevole.

D'improvviso ed inaspettatamente telefona Murat, vuole aggiungersi a noi per San Silvestro.
Lo vado a prendere a Rheinfelden, perché la lastra di ghiaccio sulle strade si è sciolta.
A Rheinfelden, Murat scende da una vettura guidata da uno sconosciuto.
Il musicista ha con sé dello speed alla mela fresco.
Sulla via del ritorno ad Egg, lui ed io discutiamo sui possibili prezzi dell'estasi da produrre.
Mi chiede se ritengo più giusto un prezzo di 12 o di 8 franchi.
La risposta che voleva ottenere era naturalmente otto.
Per non risultare patetico dopo il colloquio con “E-Gor” aggiunsi però lestamente “per poi raggiungere
un volume di affari maggiore”.
Murat, infatti, mi aveva già fatto notare i prezzi orrendi che Christophe, un amico di David Schmid,
richiedeva per il party di capodanno all'Utopia: “60 franchi!”
Sven Väth, invece, chiederebbe solo 20 franchi per una after al Grodoonia (non è un animo nobile?).
Verrò a sapere più in là che questo Christophe non affittò mai l'Utopia, fu semplicemente una storiella
inventata per indottrinarmi, perché costui mi era sembrato essere un “nuovo ricco” durante un litigio che
aveva avuto, ai miei primi tempi al Bell, con la Chantal dai capelli neri, quindi poteva servire
perfettamente da cattivo esempio.
Hassan esamina lo speed: si tratta chiaramente di benzedrina, fresco di cucina, si appiccica ancora.
Ma lo speed è out, così vuole la setta e quello che Murat ha portato è destinato, in verità, ad Hassan, il
cattivo esempio.
Quest'ultimo, per l'appunto, se ne spara quantità industriali nelle narici.
Spiego a Murat che tanto abbiamo già preso del metacatinone e che siamo “serviti”.
Murat volge il suo sguardo esaminatore, nonché eloquente verso Hassan.
Quest'ultimo risponde: “C'era veramente ancora qualcosa, sono fatto come un cucco.”
Decidiamo dapprima di provare a dormire qualche ora, quindi trascorriamo la mezzanotte al buio,
sdraiati, anche se ogni tentativo di dormire risulterà vano per l'effetto molto strano del metacatinone,
quindi poco dopo mezzanotte ci rialziamo.
In effetti avevo portato 3 cartoncini, Hassan era riuscito a farne sparire due, uno l'ho ancora, lo divido
con Murat, Hassan ne vuole anche lui, ma gli rispondo picche, è colpa sua se ne perde due.

Un taglio di barba, un rinfrescarsi e si parte per il Bell.


In macchina Murat osservò che arrivavamo quando già tutti si erano già scambiati gli auguri di buon
anno.
Il suo tono di voce lasciava intendere che riteneva giusto che non prendessimo parte a qualche cosa di
così ipocrita, perché “noi” ci meritavamo di meglio.
Parcheggiamo nell'area principale, usciamo dalla macchina e scaliamo gli infiniti e ripidi gradini.
Finalmente, poco prima dell'entrata al quarto piano, Murat annuncia con tono di voce trionfale:
“...e nasce un nuovo Alex!”

Questa frase confermava tutti i miei timori.


Del vecchio Alex ero piuttosto soddisfatto, a parte il fatto che non avevo una ragazza.
Ma per il resto non mi potevo lamentare. Che cos'aveva il vecchio Alex che non andava?

LE DROGHE. CAZZO. NON CI RIUSCIRETE MAI.


In realtà già in questo istante fui certo che si sarebbe arrivati al conflitto, soprattutto alla luce del fatto
che tutta la storia d'amore era stata probabilmente architettata per dissuadermi dal consumo di droghe
e che io avevo veramente provato qualcosa per quella donna.
Alla realizzazione che fui pure costretto ad innamorarmi di lei arrivai solo molto più tardi; che venni
istigato a produrre droghe dalle stesse persone, addirittura molti anni più in là.
Ma il fatto che i miei sentimenti fossero stati sfruttati ed abusati per uno show moralista contro l'uso di
droghe, bastò, alla fine, anche per la mancanza di prospettive della relazione che desideravo, a
determinare la rotta di collisione frontale.
Il convertito che aborrisce le droghe perché gli sono costate l'amore? Mai.
Passerò ancora un paio di giorni di cosiddetto “morale alle stelle in provetta”.

Quindi entrammo al Bell.


La prima sorpresa: la decorazione della Doccia, disegni di delfini sul pavimento, lo stereotipo delle feste
di Sven Väth.
La seconda: il locale è stracolmo, ma nessuna traccia di Thilo, Sandra, Olli, Dirk, Tilman, Stephan,
Virginie, Patrick, Susi, Lumpi, Monique, Pascal...
I DJ non li conosco. Nico, di Solaris, serve eccezionalmente le persone dietro al bancone, la musica è
un groove house con largo uso di 303, mai sentito prima: “tutti DJ esordienti”, si affrettò a spiegare
Murat.
Saliamo al quinto piano. Dapprima mi strusciano rudemente due controfigure (probabilmente) di Jucy e
di una rossa che spariscono dietro il palco del DJ e che quella sera non si vedranno più.
Poi, poco tempo dopo, mi trovo di fronte quella donna che per l'ostentata opulenza avevo degradato
con il mio sguardo piuttosto sprezzante durante l'after di Sven Väth e che avevo scorto per la prima
volta nella stanza Jungle che puzzava di coca al party di Delirium nella Stücki.
Stavolta è vestita di un completo orientale (indiano), con molto gusto e niente luccichii.
“Va già meglio”, pensai e le sorrisi. Anche lei sorrise, per sparire poco dopo.
Il DJ parte ed una modella molto attraente del tipo “Natascha”, che avevo già incontrato da Sven Väth al
Grodoonia, mi stuzzica un attimo per poi dileguarsi nuovamente; la incontrerò di nuovo molti anni più
tardi in un WOM [“World of Music”, catena di negozi di dischi, nda] di Norimberga.
Ognuno dei “nuovi amici” che avevo conosciuto balla brevemente con me: Gustl, Katrin, c'è anche
Sonja che si è da poco lasciata con Pascal, ne parla con tono relativamente sprezzante, sostiene che
lui “non ha più voglia di frequentare feste”.
Anche Piranha mi fa gli auguri di buon anno con il solito ghigno beffardo, ma stavolta ha in testa un
cappello con sopra appiccicato un adesivo del logo di Harthouse. Hahaha.
Tutti felicissimi, ostentatamente felici. Ballo con loro, perché no. La musica è piuttosto buona.
Adesso capisco che cosa intende dire Patrick, quando afferma che ci sono DJ che hanno il loro “sound”
personale.
Mentre siamo al quinto piano, Murat mi mostra un presunto poliziotto in borghese: “questo l'hanno
portato qui giusto per me”, penso; da quando il mondo è mondo il Bell è sempre stato off-limits per la
polizia. Poi Murat sparisce per un po'.
In effetti non ho proprio molta voglia di restare al centro della pista, per cui mi sposto per mettermi un
po' in disparte e più precisamente sull'uscio della piccola nicchia che immetteva sulla pista della Doccia.
La nicchia è piena di persone che non conosco, tutte mai viste al Bell.
Dopo circa mezz'ora, senza preavviso, avverto un tocco molle al centro della schiena, compiuto con un
palmo aperto.
Mi giro e o Sven Väth oppure qualcuno che assomiglia moltissimo a lui, dapprima si scusa
garbatamente con me e poi mi passa di fronte per appostarsi davanti al palco del DJ a firmare autografi.
Le persone che stavano direttamente dietro di me nella nicchia cominciarono improvvisamente a
spostare sempre più le loro sedie nella mia direzione e mi impedirono di ballare mirando ai miei talloni,
obbligandomi quindi ad uscire dalla nicchia stessa nella quale mi trovavo.
Così infastidito, mi guardai bene anche solo dall'avvicinarmi a “Sven Väth” o addirittura dall'interpellarlo
di qualche modo.
Dopo alcuni minuti lo perdo di vista, perché torno al piano di sotto per continuare a ballare.
Verso le otto di mattina (o erano le nove? O le dieci?) Hassan, Murat ed io usciamo dal Bell.
Per prima cosa aiutiamo a far partire la macchina dello stesso tizio che non riusciva a metterla in moto
dopo l'after di Sven Väth, poi mi infilo con Murat nella mia Fiesta da combattimento mentre Hassan,
Gustl e Katrin se ne stanno “felici” dentro una Diane (una vecchia 2 cv) parcheggiata accanto.
La due cavalli fu sicuramente affittata quel giorno per creare l'atmosfera giusta.
Ah già: nessuno di Lörrach o di Rheinfelden si era fatto vedere, quella notte.
Anche dei friburghesi, quindi Christian, Gunnar, Ralph, Sebastian e Knirks non vi era traccia.
Improvvisamente Murat mi pone una domanda importante, non tanto per la risposta che gli avrei potuto
dare, quanto per quello che si celava dietro la domanda: “Dimmi, come lo sai che l'acqua del
rubinetto del Bell non è potabile?”
Si riferiva a quanto avevo ripetuto ad Hassan quando costui volle bere dai rubinetti dei servizi pubblici
del quarto piano.
Lo volevo fare anch'io, mesi addietro, ma un altro raver me lo aveva sconsigliato.
Siccome tutti i miei pensieri e tutta la mia vita fu(rono) scrutata/i in trance, si trattava quindi di una
domanda retorica, perché al party di Noom non ero andato dalla rossa a prendere la mia acqua
minerale, ma avevo invece bevuto dal lavandino della toilettes delle donne del quinto piano. Per questa
“mancanza di rispetto” dovevo essere punito.
Si osservi che adottai lo stesso tipo di comportamento nei confronti del presunto Sven Väth durante la
notte di capodanno appena trascorsa, per motivi simili, senza che per questo subissi delle conseguenze
negative di qualche tipo o che se la fossero presa a male.
Questo basta per spiegare il vero peso e potere esercitato da Sven Väth su sé stesso e su tutto il suo
ambiente in questa storia, anche se Thomas D. in “Reflektor Falke” la pensa diversamente.

Hassan, sprizzante gioia e vitalità da tutti i pori, scende dalla ridente 2 cv di Gustl e Katrin per farci
compagnia nella nostra vettura. Dall'automobile per hippie ci porta la lieta notizia di una after nelle
vicinanze di Friburgo, all'“Illegal” (un locale a me assolutamente sconosciuto, fu anche l'unica volta che
gli feci visita in vita mia).
Troveremo forse lì la mia Hash Ultra? Allora andiamo!
Nell'Illegal, troviamo invece, così come vuole “il destino”, Christian Bonacker e gli altri di Müllheim e/o
Friburgo.
Coincidenza su coincidenza, ogni volta che Hassan esprime un desiderio, vengo a sapere poco dopo
dai friburghesi, che si trovano nella stanza accanto, che questo desiderio si realizzerà. Hassan ad
esempio vuole avere del safrolo puro, vado da Christian che improvvisamente mi annuncia che riesce
ad avere safrolo a prezzi stracciati.
Poi Hassan chiede una bomba e quando torno nella stanza accanto, Christian mi porta la buona
novella, eccetera eccetera... Così tante coincidenze in una sola volta, sì sì...
Ma manca una cosa, quella che ovviamente ritenevo la più importante.
Risuonano le note di “Children” di Robert Miles.
Anche se odio a morte il brano, entro in pista alla ricerca della misteriosa femmina, ma di lei non c'è
traccia.
Quindi, dopo il brano, torno senza fare alcun commento, anche se gli altri sapevano esattamente cosa
cercavo sulla pista da ballo. Pazienza, mi dissi, pazienza.
Hassan ha della presunta estasi con sé. “Caliamo” assieme ai friburghesi.
Poi vado nella stanza accanto a giocare a calcio balilla con gli altri ragazzi.
Christian sottolinea dopo 20-30 Minuti come le pillole “salgano”, confermo annuendo.
Non so se avete mai giocato a calcio balilla, ma dopo un po' le mani si sentono, per quello che toccano,
come se fossero sotto estasi. Inoltre avvertivo ancora l'effetto del metacatinone e dell'LSD.
Dopo la partita i friburghesi invitano Hassan, Murat e me ad una after-after in un altro locale in un
paesino sperduto: una specie di birreria, con tanto di tavolo da biliardo e freccette.
A parte noi ci sono solo i proprietari. Dallo stereo escono le note di brani che conosco benissimo,
perché li avevo tutti su CD, si trattava soprattutto di canzoni di Harthouse e di Eye Q. Da una semplice
insegna luminosa al plasma lo si apprende ufficialmente: “Sound by DJ Alex”. MICA CAVOLI!
Dopo un po', Christian e gli altri mi invitano fuori dal locale per andare a fare qualche tiro di bong nella
loro Audi 80.
Suonano prima un po' di musica di Christian, che mi chiede se so dove rimediare una 303 [uno
strumento musicale elettronico costruito dalla Roland, nda].
Certo, i prezzo dei cloni cominciano da 800 marchi in su.
La 303 che ha in mente Christian, invece, costa 3000 marchi.
Si noti per favore il tipico sottolineare, da parte della setta, del valore economico dei singoli oggetti, per
“convincere” i membri.

Christian propone di “riciclare” i ricavati della produzione di droga in un negozio di dischi.


Quello di aprire un negozio di dischi era un mio sogno che mi era stato sicuramente tirato fuori in
trance.
Christian mi chiese ancora se non avessi avuto voglia di fare un viaggio con la truppa di Friburgo,
mezz'anno dopo, a Goa. Certo. Infine mi domanda: “Lo sai che negli Stati Uniti i limiti di velocità sulle
autostrade sono stati aboliti?”
Naturalmente non lo sapevo e lo era solo in uno stato con un paio di abitanti sparsi qua e là per il
deserto.
Questa domanda aveva probabilmente due ragioni all'origine.
La prima era che venivo pedinato. Sapevo che a Bad Säckingen non venivano mai effettuati controlli
radar e l'arteria principale di Bad Säckingen è lunga, ampia e... invita proprio a superare i limiti di
velocità.
Oggi, ovviamente, sono saggio e non lo rifarei mai ma allora, quando non venivo ancora pedinato da
mezzo mondo, mi sentivo ancora libero ed in grado di muovermi.
L'altro motivo poteva essere invece un viaggio previsto negli Stati Uniti.

Christian mi annuncia che la settimana dopo mi avrebbe presentato un “amico”.


Poi inserisce nel mangianastri il tape con la chiacchera delle due donne che ascoltammo all'epoca, a
casa mia, la notte in cui prendemmo i funghi che non fecero effetto.
“E adesso?” domandò, per poi fornire subito la risposta: “adesso andiamo a casa”.
Questo lo dice con un tono che lasciava intendere che per oggi “bastava”.
Penso: in realtà c'è ancora qualcosa...
Esco dall'auto di Christian e rientro nella mia, nella quale aspettano Murat e Hassan.
Poco dopo partiamo alla volta di Basilea.
Murat sa che al Bell hanno fatto festa fino alle cinque del pomeriggio.

Lungo il tragitto che portava alla presunta abitazione di Hassan, quest'ultimo spiega che conosce un
buon avvocato, quel “Patrick...” che nella Grube, alla festa che venne organizzata tra gli altri da Chris
(il ragazzo di Claudia Strohmeier) e dove PC Pat aveva suonato il set della sua vita, mi poté osservare
mentre resistevo a tutti quei poco credibili tentativi di abbordaggio.
Hassan afferma che “Patrick” sarebbe in grado di patteggiare 10 mesi con la condizionale.

Questo è importante, perché mostra nuovamente i veri retroscena ed i bassi istinti che mossero la
controparte dall'inizio.
A quanto pare lei, o chi per lei, mi aveva messo alla gogna e mi aveva tradito in pieno, credendo che il
fatto che lei o chi per lei mi avesse spinto a produrre droghe non sarebbe venuto fuori.
Il fatto che lei o chi per lei mi avesse persino costretto ad innamorarmi di lei, questo non contava.
La punizione me l'ero meritata perché le avevo “mancato di rispetto”.
Perfidia senza eguali: il suo vero volto.
Da una parte non credevo che sotto sembianze umane potesse esserci qualcosa di simile, ma i giorni,
le settimane, i mesi e gli anni seguenti mostreranno questo e molto peggio.
Perché la “punizione blanda”, quindi le “attenuanti” le avevo ottenute perché non ero cascato
nelle trappole che mi erano state poste e avevo così dimostrato “fedeltà”.

Hassan ancora: “Anche lo spacciatore idiota non lo si denuncia”. Sono perfettamente d'accordo, cumpà.
“Sogna” apparentemente chili di estasi, meglio se col safrolo di Christian.
Il ruolo di Hassan diventa sempre più chiaro ed io, ovviamente, lo debbo lasciare.
Invece mi riprometto di stargli alle costole come un vampiro fin quando non lo riesco a smascherare.
Afferma che dobbiamo vendere a poco prezzo solamente agli amici.
A Gustl e Katrin, ad esempio, ed anche a Thilo e Sandra.
E a Dirk e Olli, aggiungo io.
Ad Hassan gli rimane la battuta seguente in gola.
“Certo, Dirk ed Olli”, gli spiego in maniera più esauriente, “con loro ho stretto un patto, avevano
cominciato con me il progetto, poi improvvisamente, poco prima di conoscerti, non ne ebbero più voglia
e quando tu volesti allestire il tutto insieme a me, sono andato da loro e per la loro buonuscita ho
dovuto assicurare loro che avrebbero avuto pillole al prezzo più basso. Puoi chiedere a Thilo e Sandra,
erano presenti anche loro.”
Promesso è promesso. Io mantengo le parole, su di me ci puoi contare, cumpà.
Hassan e Murat sembrano estremamente imbarazzati, quasi arrabbiati.

Durante il viaggio a Basilea piango diverse volte.


Era palese che avrei potuto proseguire il progetto riguardante le droghe solo con l'aiuto “di lei”, da solo
non sarei riuscito a combattere contro il mondo intero.
Ma non volevo in alcuna maniera dipendere da lei (perché i sentimenti avevano sempre il predominio
sugli affari e si mischiano pure male), soprattutto quando poi presumi di aver fatto un “errore” come
quello dell'undici novembre.
Ma proprio in questo consistette la perversione di chi pianificò il tutto.
Mi venne negata, di proposito, ogni possibilità di rimanere indipendente.
Fu accuratamente evitato qualsiasi accenno ad una qualche manipolazione riguardo al mio “errore”
dell'11 di novembre, ci si professò scettici, in assoluto, riguardo alla genuinità dei miei sentimenti e ci si
guardò anche bene dal fornirmi un qualsiasi indizio in merito a sabotaggi del mio futuro che nel
frattempo erano stati intrapresi, DOVEVO RINGRAZIARLA, come sottolineò Murat, per la possibilità
che mi offriva di “guadagnare soldi in maniera onesta”.
DJ e musicista per Harthouse. Non può essere stupenda, la vita?
La cosa migliore sarebbe stata che le avessi baciato i piedi.
Tutto il mio “sé” si ribellava al destino “donato”.

Prima dell'arrivo a Basilea, Murat fu ancora in grado di dire “abbiamo tutti infranto la legge”, “non saprai
mai tutto” ed infine “ed il nuovo anno comincia il 25 di gennaio, col Newcomer-Contest al Bell”.
Mi venne subito in mente che alla fine di gennaio del 1995 ero entrato per la prima volta nel mio locale
preferito.
Finalmente arriviamo, già mi rallegro di potermi accomiatare da Hassan, che è sempre al settimo cielo.
Ogni sua esclamazione di entusiasmo è una sciabolata alla mia morale, una piccozza nel bel mezzo del
cuore.
Prima di andarsene, mostra che è in grado di comprendere la differenza tra happy trance idiota e vera
musica.
Poi mi dice che le pillole che avevamo preso quella mattina erano per il mal di testa.
“Dormici sopra una notte” dice alla fine, strizzando l'occhiolino.
Strizzando l'occhiolino? Ah, già, c'è ancora qualcosa...

Per questo, dopo che Hassan scese dalla macchina, decisi di accettare l'invito di Murat per andare a
dormire da lui a Liestal. Lì incontro Erich, come al solito.
Murat mi chiede se voglio una pizza all'aglio.
Qualcosa del genere non è consigliabile se si vuole baciare una ragazza.
Non commisi l'errore di rifiutarla ammettendo così di aspettare lei (anche se visto lo screening costante
dei miei pensieri non servì a molto). Fu una pizza all'aglio molto saporita.
Alla fine mi consigliò di riposarmi, dopodiché mi lasciò, sparendo nella stanza accanto.
Durante la notte Erich e Murat ricevettero visite. Di donne.
Ma non mi alzai e pensai: se lei è fra loro ed in qualche modo vuole prendere contatto con me si farà
sicuramente sentire – io dormo, ufficialmente. Alla fine non venne nessuno ed io mi coricai sul serio.

Quando mi svegliai la mattina dopo ed entrai nel salotto, non vi era più traccia di sesso femminile.
Solo “Erich” e “Murat” di fronte ad una caraffa di tè nero appena fatto.
Cominciai lentamente il giorno, avvertendo ancora un resto dell'effetto del metacatinone di capodanno,
anche se Murat mi fece notare che dovevo recarmi in azienda.
Non è possibile, mi dissi, così come conosco l'azienda non hanno mai e poi mai aperto il 2 di gennaio.
Mi sbagliavo. Ad ogni modo rimasi tutta la mattina ed una parte del pomeriggio a Liestal.
Tra una canna di erba e l'altra parlo di un litro di dietilamina per la produzione di droghe e osservo
attentamente le reazioni sulle facce di Murat ed Erich. Non dicono nulla, ma il loro volto leggermente
perplesso lascia intuire, che sanno che si tratta di un tipo di conversazione che presto archivierò per
sempre.
Per questo decido (e lo annuncio di proposito anche a Murat), prima di tornare a casa, di fare un salto
ancora da Hassan. In realtà il motivo ormai era soltanto uno: stanare la misteriosa donna.
Tattica: fare finta di niente. La produzione di droghe va avanti.
C'è un motivo per il quale Hassan ed io ci dobbiamo fermare? Mi hai forse tradito, mia adorata? No,
vero?
Allora vieni, spiegami tutto, ti aspetto...

Quando arrivo da Hassan e dirigo la conversazione sui binari che voglio io, lui prende sul serio le mie
intenzioni di continuare a produrre droghe e sembra palesemente sorpreso, arrabbiato e quasi
impaurito.
Cerca in ogni modo di dissuadermi, ma senza confessare di essere un falso, perché questo ovviamente
sarebbe fatale.
Dopo essersi ripreso dal primo shock, quindi, si atteggia in maniera ancora più priva di scrupoli, si
professa ancora più sicuro di sé e se possibile ancora più avido di denaro.
Gli spiego che in questo momento non posso continuare la produzione di droga perché lo sanno in
troppi, bisogna aspettare un attimo. Ma potremmo già lavorare adesso e mettere per iscritto tutti i nostri
tentativi.
Tra le altre cose gli dico: “e adesso battiamo tutte le fonti di safrolo, una dopo l'altra”.
Ricordatevi di questa frase. Perché questa verrà utilizzata più avanti, dalla madre di Hans Eugen,
Dora Tritschler, per chiarire che l'azienda si era posta contro di me a causa del mio fanatismo per
quanto riguardava le droghe.
Non riesco a credere che proprio in un momento così cruciale di questa vicenda, il mio flusso di
pensieri non venne intercettato come veniva fatto sempre altrimenti e non riesco a credere che i
dirigenti dell'azienda Tritschler non sapessero quale fosse l'unica cosa che avevo in mente mentre feci
questo show da Hassan: spingere finalmente la mia Hash Ultra a mostrarsi.
Questa motivazione quindi, nonostante le mie convinzioni, non regge.
L'amara verità è che l'azienda Tritschler mi fece le scarpe e collaborò con la setta per calcolo
economico e perché si voleva liberare di un collaboratore scomodo.
Poi è vero che alla fine non combinavo più un tubo, ma i capi dell'azienda sapevano benissimo perché
ed aiutarono questo stato di cose portando la mia frustrazione alle stelle con ordini contraddittori.

Hassan si “mette paura” quando affermo che se Christian è in grado di procurarci otto litri di safrolo,
queste devono essere le persone che governano il mondo. Comincia a far lievitare i prezzi delle pillole.
Quando lo interpello a proposito di un tale che avevo conosciuto tempo addietro nella casa del presunto
scientochimico (meglio ancora: lui mi voleva conoscere, io lo evitai), menziona il fatto che la sua
presunta sorella (Yamina, quindi) frequenta una scuola di recitazione.

Alla fine lo lascio molto confuso a casa sua e me ne torno ad Egg.


Nella mia dimora faccio solamente una cosa: aspettare lei.
Ognuna delle donne chiamate in causa da questa vicenda ebbe quella sera la possibilità, con una
semplice telefonata, di scongiurare la catastrofe.
Ma questo non interessò né loro, né nessun altro delle persone addentro ai fatti, tanto meno Hans
Eugen Tritschler. Perché la mia esecuzione era già stata preventivata e giovava a tutti tranne che
a me.

Mentre aspettavo a casa un segno di vita della mia amata, suonò il telefono.
Dall'altra parte del filo: Sandra Birkenholz. Mi invitò per quella sera a casa sua.
Ma io aspettavo solamente la mia Hash Ultra e preferii, per questo, rimanere fra le mie quattro mura.
Nessun altro, quella sera, si farà sentire più in alcun modo.

La mattina dopo, quella del 3 gennaio 1996, mi recai in ufficio, non direttamente al mio posto di lavoro,
ma dapprima in direzione, nell'edificio accanto, per spiegare quanto possibile quello che mi era
successo nei giorni precedenti.
Incontrai subito Hans Eugen. Le mie prime parole furono: “Hans-Eugen, forse ho qualcosa...”
Allorché mi interruppe per comunicarmi: “Perfetto, perché durante le ferie ci siamo decisi a troncare i
rapporti con te.”
Questo arrivò inaspettato e troppo velocemente. Dapprima non ribattei nulla.
Troppo profonda era la relazione che avevo stabilito con Hans Eugen in tutti quegli anni per fare appello
in quella situazione, in qualche modo, ad un qualche diritto lavorativo o di altra natura.
Solo nei giorni seguenti mi diventerà chiaro che cosa questo significava.
Il motivo ufficiale addotto per la scissione del rapporto: il programma, il cui completamento si era
protratto nei mesi passati e che non era ancora pronto, lo aveva scritto Hans Eugen in Basic durante le
ferie. E funzionava.
Bene, ora è inutile spiegarvi quale sia la differenza di complessità di programmazione tra un programma
di lettura dati a sua volta completamente programmabile scritto in C++ che deve funzionare in un
ambiente di un sistema operativo esotico come DOS4G/W ed un meccanismo di lettura di dati
strutturalmente fisso scarabocchiato in GW-Basic, poi questo non servirebbe a far luce sui retroscena
del mio licenziamento.
Sarà però interessante osservare, in questo contesto, che l'eliminazione dell'errore che cercai senza
successo per mesi nel 1995, mi riuscirà non appena venne l'ora di sgomberare prima possibile il mio
posto di lavoro. Un caso?
Forse no: siccome oggi so che la NSA con tutti i suoi hacker lavorano per i veri mandanti del mio
licenziamento, è possibilissimo che il mio compilatore sia stato riprogrammato o il mio PC manomesso
in modo che diventassi pazzo nel cercare invano gli stranissimi e, sopratutto, maledettamente non
riproducibili errori di sistema fino a che non si fu sicuri che me ne sarei veramente andato.
La sera accettai l'invito di Dirk ed Olli, sono presenti anche Hassan e Patrick.
Cercarono ovviamente di riportarmi alla ragione.
Patrick tentò di farmi notare quanto fosse ridicolo il proposito che avevo già annunciato quel giorno a
Karl-Heinz e di cui stavo discutendo con Hassan: “Vuoi produrre droghe? Per HARTHOUSE?”
Gli raccontai di aver visto Sven Väth al Bell.
Olli affermò invece di aver visto Sven Väth all'Oxa (quindi a Zurigo) suonare per tutta la notte.
Allora telefonai a Murat, che prese veramente su la cornetta all'una di mattina nell'appartamento di
Liestal (che, come vedremo, non è il suo solito domicilio): “Sì era Sven Väth, che razza di domanda è
questa a quest'ora?”
Murat ha talento come attore.
Patrick grida ancora: “Sven Väth! Hartouse significa WARNER BROTHERS.” ed aggiunse che CON LEI
avrei potuto fare quello che volevo fare da sempre: SOLDI. Strinsi sconsolato le spalle.
In qualche modo mi sento incompreso dal resto del mondo. Beh, signore e signori, non so come
spiegarvelo.
Non ho nulla contro i soldi, al contrario: più sono e meglio è.
La cosa più importante è però che la mattina, quando siete di fronte allo specchio, possiate sempre
essere in grado di guardarvi negli occhi senza sputarci dentro.
I miei astrusi piani ideati per supportare quanto affermavo prevedevano un server allacciato ad una
linea ISDN della posta, che già all'epoca era un proposito piuttosto risibile; oggi un piano del genere
sembrerebbe ancora più ridicolo, ragion per cui rimando il Lettore alla tecnologia della metà degli anni
novanta.
Per questo motivo, per qualche anno, la setta utilizzò le parole ISDN ed Internet assieme a CD-ROM
come “codice” per indurmi a rispondere negativamente quando si trattava di prendere un determinato
tipo di decisione.
Poco tempo dopo, durante la discussione di quella sera, spiego che quel giorno ero stato licenziato
dall'azienda.
Olli fa una faccia strana, un sorriso a denti stretti che comunica uno stato d'animo tra l'incerto e
l'impaurito.
Patrick ammutolisce all'improvviso, poi abbassa gli occhi, diventa scuro in volto, infine ci lascia senza
dire una parola.
Hassan osserva che se tutti quanti intorno a noi sono dei falsi, allora poteva darsi che fossi anch'io un
attore.
Mi fermo un attimo e lo guardo, sapendo benissimo che cosa intendeva dire: era lui che recitava.
Poi scuoto la testa come se non lo volessi credere.
Olli allora spiega che ho solo due possibilità per quanto riguarda il mio futuro: o fare qualcosa con
queste persone oppure nascondermi nell'angolino più sperduto di questo pianeta.
Ed aggiunge: “Sven Väth ha silurato un paio di persone ad Eye-Q negli ultimi anni, vatti a informare da
Patrick.”
Poco dopo tornai a casa.

Ho i soldi contati. Nonostante ciò, Christian si offre di procurarmi del safrolo.


Siccome ufficialmente ho intenzione di continuare a produrre, gli debbo elargire quanto mi chiede;
ovviamente non vedrò mai né il safrolo né indietro i soldi.
La metà la pagherà ufficialmente Hassan quando lo rivedrò, ma rimango comunque piuttosto al verde.
Quando prendo nuovamente appuntamento con Hassan di fronte all'Atlantis di Basilea per continuare la
produzione, c'è sorprendentemente anche Murat.
Subito dopo avermi salutato, Hassan esordisce con “we are the champions” ed il solito “nella nostra
cerchia non facciamo entrare nessuno”. Sulla strada di casa vuole assolutamente che io compri della
nafta per lavare la nostra produzione, anche se avevamo già benzina pura a casa. Lo esige.
I miei soldi sono pochissimi, Hassan sa esattamente che cosa sta facendo ed anche Murat.
La domanda retorica che il musicista mi rivolge: “è tutto molto costoso, è proprio necessario?”
Sì, è necessario perché dia finalmente il benservito ad Hassan.
A casa, poi, si tenta di pormi di fronte ad un aut-aut.
Murat ha portato il suo mixer Tascam a quattro tracce ed un secondo lettore CD a velocità fissa con il
quale vuole produrre un “mix” per i suoi amici per il 25 di gennaio e si aspetta la mia collaborazione in
salotto.
Hassan invece è in bagno e, nel mentre, mi chiama ripetutamente a sé per rivelarmi improbabili segreti
della chimica organica. Infine ci “disturba” mentre “missiamo”, facendo partire il suo happytrance
preferito con un crossfade.
Murat allora, ovviamente, sottolinea subito le capacità di missaggio del “mio” chimico.
Il metacatinone, stranamente, non si trova più. Avrei giurato di averlo messo in frigo... eh, queste
coincidenze.
Non mi ricordo più come finì quella sera, ma quello che dovevate capire l'avete sicuramente già
compreso.

La situazione continua ad essere irreale.


Uno di quei giorni, cerco di raccattare Pascal Zeidler dal pavimento della sua casa di Rheinfelden.
È ancora ferito mortalmente per la separazione da Sonja Kock di Kassel.
Quello che riesce a spiaccicare è giusto un “Quella puttana...”, con un timbro di voce tale da far onore al
Tom Waits più sbronzo.
Ha ragione. Però è stato ingenuo, eh? Ma lo siamo tutti, all'inizio.
Per il resto sputa fuori la sua saggezza: “La gente a Basilea corre tutta dietro ai soldi.”
È vero, ma lo hai fatto anche tu fin quando hai avuto la ragazza giusta.
Faccio visita a Thilo e Sandra. C'è anche Katrin. E Christian.
Come mai, all'improvviso, Christian e Katrin si conoscono? È tutto solo una coincidenza, ovviamente.
Durante un colloquio, non mi ricordo più esattamente quando, ma comunque ancora nella prima
settimana di gennaio, Sandra Birkenholz fece presente a Murat, con me testimone, quanto fosse
ipocrita la “punizione” che mi aspettava e della quale ovviamente non avevo ancora sentore.
Dapprima Murat chiese a Sandra se lei e Thilo sarebbero comparsi al Newcomer Contest del 25
gennaio al Bell.
Sandra rifiutò e fece presente al musicista qualche realtà scomoda:

“Cerchi delle buone pillole, Murat? Sai chi ha delle buone pillole al Bell? Häsi ha delle buone
pillole.”

E Häsi conosce Sven Väth, così come Murat.


E soprattutto coloro che stanno dietro a Sven Väth.

Una sera feci visita ad Hassan e discussi con lui il fatto che forse la Hash Ultra voleva da me un mix per
il 25 di gennaio, ragion per cui lo volevo assolutamente registrare. Poi partii per Liestal.
Lì arriverà il commento realistico di Erich, cinico come mai: “Sì, anche questo era nel mio sogno.”
Quello della pillola, l'incubo che diveniva sempre più intenso, per intenderci.
Fu nuovamente party al Bell: Delirium & Future Bass Junkies, ci andai con Murat ed Hassan.
Hassan è disgustato dalle ambizioni artistiche di Murat, lui vuole rimanere coi piedi per terra e produrre
droghe, mi dice anche: “Sì, facciamo un bel mix tu ed io assieme, un bel mix” e si atteggia come se
nutra appunto un interesse solo secondario per la techno e tutto quanto quello che ha a che fare con
essa.
Di quello che racconta non me ne importa più nulla, ormai la sua copertura è saltata da lungo tempo.
Murat ed io torniamo a casa dopo l'after, Hassan lo lascio a Basilea per precauzione, perché il giochetto
che fanno quando sono tutti e due nel mio appartamento non lo gioco più.
Fra una cosa e l'altra, racconto a Murat che la zia che mi ha fatto da madrina al battesimo era stata
segretaria al Bundesnachrichtendienst (servizio segreto tedesco) di Pullach.
Mi chiede se poteva servire ai nostri scopi.
Gli rispondo che mi avrebbe squartato se fosse venuta a sapere che cosa avevo in mente.
Ad un certo punto, nel pomeriggio, mentre io e Murat siamo assieme a casa mia, telefona Hassan per
spiegarmi che si trova dal cocainomane del vicolo delle banche e che se possibile vuole produrre estasi
ancora quella sera.
Non gli credo più, ma faccio lo stesso quello che vuole.
Quindi porto Murat a Liestal e poi vado a Basilea dal cocainomane. Suono: non c'è nessuno. Ci avrei
scommesso.
Tutta tattica perché molli Hassan. Ma io posso essere testardo, signori.
La sera invece si fa sentire – tu guarda i casi della vita! - la mia zia madrina da Monaco, armata di una
vocina come quella di cappuccetto rosso mentre fa domande alla nonna-lupo.
Mia zia fungerà per molti anni da collegamento tra i potenti che siedono nel Bundestag e che
codirigeranno il tutto e la mia famiglia. Sarà sicuramente anche di grande aiuto nello spiegare ai miei
genitori che dovevo essere immolato per la ragion di stato.

La penultima volta che feci visita ad Hassan non trovai lui ma Yamina, la sua presunta sorella.
Mentre parlavamo, lei interruppe quasi subito il mio discorso per chiedermi, con malcelata
soddisfazione: “non pensi che Hassan prenda troppe droghe?” Una sorella in pena...
...e quello che significava ve lo potete certamente già immaginare.
Poco tempo dopo caricherò Hassan dallo stesso appartamento di Basilea.
Durante il viaggio per Egg non disse nulla.
Quando arrivammo a casa mia si sedette sul letto e raccontò che sua madre e sua sorella erano molto
preoccupate perché lui faceva uso di droghe, per questo motivo aveva deciso di non consumarne più e
di cambiare radicalmente il suo stile di vita, cosa che consigliava urgentemente anche a me.
Non era più interessato al progetto, mi lasciava tutto volentieri in eredità.

Allora gli dissi che si poteva credere che fosse LUI l'attore, l'unica cosa che faceva pensare altrimenti
era che i suoi occhi fossero sempre così malandati. In quel momento li socchiuse e scoprì così
tonnellate di trucco sulle sue palpebre.
Gli feci notare che grazie a tutta la manfrina, nel frattempo, avevo perso quasi 20000 marchi ed ero
senza lavoro.
Oltretutto supposi ad alta voce che Katrin si sarebbe presto separata da Gustl ed avrebbe provato ad
instaurare una relazione con me.
Questo lo supponevo dal modo con il quale mi aveva baciato l'ultima volta che l'avevo vista.
Hassan confermò che aveva visto Gustl con una “faccia rossa” alla Sandoz.

Allora annunciai a Hassan che se il 25 di gennaio mi si fosse offerto di diventare DJ avrei detto di no ed
io mi sarei preso Katrin: “lei è una bellissima donna...” Hassan allora mi interruppe: “Katrin è carina, non
bella”.
“Katrin è una bellissima donna” gli ribattei.

A quel punto telefona “Murat”, apparentemente da Liestal, per comunicarmi, con un tempismo
imbarazzante, che Erich aveva appena rotto il mio CD degli Eternal Basement pubblicato da Harthouse,
me lo avrebbe ricomprato volentieri (cosa che ovviamente non fece mai).
Poi mi domandò se non avessi voglia di passare la notte a Liestal. Dapprima rifiutai, ringraziando, e
posai la cornetta.
Chiesi ad Hassan, visto che aveva chiuso colle droghe, se non mi poteva rivelare la sua fonte per
quanto riguardava i cartoncini, perché supponevo che si volesse impedire che potessi arrivare proprio a
questi.
La sua risposta illuminante: “Debbo prima parlarne con la mia fonte”.
Le sue ultime parole, quando uscì dalla macchina a Basilea, furono: “quella donna non l'avrai”.
Non mi ricordo più per quale motivo, comunque ritenni che si riferisse alla mia Hash Ultra, a Katrin in
verità non è che ci pensassi molto.
Con queste parole ancora nelle orecchie, decisi di non ritornare ad Egg, ma di recarmi a Liestal per
svegliare Murat. Arrivai verso le due e mezza di notte e suonai all'impazzata ma non aprì nessuno: non
si vide luce né qualcuno staccò la cornetta quando telefonai.
Quella notte tornai a casa, in compenso andrò a trovare Murat a Liestal il giorno dopo.
Mi mostra il CD degli Eternal Basement che ha rotto: è un taglio netto e rettilineo dal centro ai bordi,
altrimenti non vi sono frantumazioni, nessun graffio di rilievo; è impossibile rompere un CD in maniera
così artificiosa tirandolo contro qualcosa.
Apparentemente Erich lo ha rotto durante un litigio con Murat in merito alla “giusta punizione dei
criminali a sfondo sessuale” che diventano recidivi. Murat è per la pena capitale, Erich, quale
studente di giurisprudenza ormai prossimo agli esami, è a favore di una punizione più clemente. Il
criminale a sfondo sessuale ovviamente ero io.
Per questo, la setta utilizzerà l'appellativo di “pedofilo” nel caso di infrazioni del suo proprio codice di
comportamento, indicando anche l'adeguata punizione.
Domandai a Murat che cosa avesse fatto la notte precedente, dopo la telefonata ad Egg.
Nulla, sostenne di aver dormito.
Gli raccontai di aver telefonato e suonato il campanello a lungo sotto casa sua alle due e mezza di
mattina.
Allora mi consigliò: “Telefona sempre prima quando vuoi passare, così che tu sappia che ci sono sul
serio”.

Dentro di me, senza dirlo a nessuno, avevo già ben presente cosa volevo fare: avrei aspettato fino al
25, poi avrei discusso con lei delle sue motivazioni e nel caso poi non avesse voluto avermi mi sarei
completamente separato da lei ed avrei rifiutato qualsiasi offerta per questioni di etica personale.
La setta conosceva i miei pensieri e per questo cercherà in tutti i modi di utilizzare queste intenzioni
motivate dall'etica per trasformarle in ogni maniera possibile ed immaginabile nel loro opposto.
In altre parole, la setta sapeva che avrei accettato qualsiasi comportamento che mi fosse stato imposto
nella prospettiva di poterle finalmente parlare a quattrocchi il 25 di gennaio e grazie alla mia ingenuità
dell'epoca influenzerà il mio comportamento in modo tale che esso confermasse all'opinione pubblica le
accuse che sicuramente mi venivano mosse alle mie spalle.
Così, ad esempio, ogni volta che visitammo una manifestazione, Murat mi pregò di mettermi di fronte al
palco del DJ per poter “studiare” meglio l'abilità di missaggio della superstar di turno ai piatti.
All'epoca il missare non mi interessava, questo comportamento era anche in totale contrapposizione a
quello che avevo già deciso, ma un obiettivo ebbe sempre il sopravvento e lasciò quindi svanire
qualsiasi dubbio: il 25 di gennaio.
Il 26 di gennaio, un venerdì, ci sarebbe stato un evento di rilievo al Bell, come Murat sottolineò: Earth
Nation (Harthouse), ovvero Ralf Hildenbeutel e Markus Deml, avrebbero dovuto dare un concerto.
Ralf Hildenbeutel è colui che è responsabile dei discorsi artisticamente validi nei dischi di Sven Väth.
Il party si chiamava “Cosmic Secrets”.

Nel mentre avevo chiesto all'azienda di poter restare, ma Hans Eugen fu del parere che non avrei
dovuto ritornare sulle “mie decisioni”. Naturalmente non fu mai la “mia” decisione.
Murat raccontò quindi spesso che “lui”, “fino all'inizio di febbraio” aveva pochissimi soldi con i quali
sopravvivere.
In questo contesto giova ricordare che i membri della setta parlano sempre di sé stessi quando si
rivolgono alla vittima per parlare in verità di circostanze che riguardano quest'ultima.
Una delle tattiche della setta consiste sempre nel promettere qualche cosa (di solito la “liberazione”)
come se fosse a portata di mano. Alla fine, però, ci sarà sempre qualcosa che andrà storto: ci si può
comportare come si vuole, in qualche maniera si riesce sempre ad indurre una persona a lasciarsi
provocare e giustificare così la “punizione”. Se necessario si può portare la persona a sbagliare
mediante una decisione trabocchetto. Allo scopo di negare quanto previamente promesso viene
sfruttato senza scrupoli ogni possibile appiglio, a cominciare dalle convinzioni della vittima, passando
per la creazione o lo sfruttamento di sensi di colpa fino al sabotaggio ed al danneggiamento del lavoro e
degli strumenti di lavoro del perseguitato. Infine, il parlare di sé stessi intendendo la vittima, offre la
migliore opportunità per ridicolizzare fino all'assurdo qualsiasi promessa e qualsiasi aspettativa
formulata.

Non feci mai affidamento sui soldi perché internamente avevo già rifiutato qualsiasi offerta e questa è
stata, col senno di poi, la mia forza.
Per fortuna mi arrivò il conguaglio dell'assicurazione per l'ammaccatura della macchina che avevo
subito a settembre. Quando tirai fuori la relativa lettera dalla cassetta della posta, c'era anche Murat,
che mi fece notare, come se fosse al corrente di quello che conteneva ed avesse a che fare colla
vicenda: “c'è posta per te”. Il danaro mi permise una boccata di ossigeno necessaria per arrivare alla
fine del mese.

Cogli altri miei “amici”, in quel periodo di tempo, non mi vidi quasi.
Anche Thilo e Sandra sembravano subire il fascino delle loro nuove conoscenze, ovvero la cricca di
Gustl e Katrin.
Da Murat ed Erich ci andavo praticamente ogni giorno dopo essere uscito dall'ufficio.
Quando un giorno portai Murat da Grenzach ad Egg passando per la B34, lui mi fece osservare tutti i
bordelli che erano situati su entrambi i lati della strada (che erano di proprietà del padre di Lumpi), così
come Schloss Beuggen, ovvero il castello di Beuggen, una frazione di Rheinfelden.

Chi amministrava il castello di Beuggen lo venni a sapere solo più di un decennio più tardi: la
chiesa cattolica – è palese, in quel luogo, anche un nesso con Brema e così anche colla famiglia
Beck-Eichinger e con Jucy.
CAPITOLO 10

“Ah, ne abbiamo un altro,


come tutti gli altri
Un altro prepotente, un altro procuraguai
Io ho paura, voi no?
Mi domando se ci farà vedere cos'è la cattiveria
Ragazzi, abbiamo un uomo con indosso un collare da cane
Pensate che glie lo dobbiamo buttare un osso al vecchio Spike?

[...]

Ecco un altro disadattato, un altro Jimmy Dean


Scommetto che ha una moto
Che ne pensate tutti voi?
Scommetto che se siamo buoni ci farà fare un giro
Se non ci preoccupiamo troppo del futuro
Forse lo dobbiamo aiutare a capire
Che il futuro non è più quello di una volta“

(da “Spike” di Tom Petty & The Heartbreakers)

Annunciai a Murat di non avere più intenzione di produrre estasi. Me ne chiese il motivo.
Risposi: “Perché il rifornimento dei composti chimici non è assicurato”.
Cosa voleva sentire da me, che non consumassi più droghe perché ne ero convinto?
Che buttassi alle ortiche tutto quanto quello che pensavo in merito alla legalizzazione?
A Murat gli si gonfiarono un attimo gli occhi, probabilmente perché sapeva che cosa era successo e
quale sarebbe stato il mio futuro prossimo e mi consigliò, dopo il mio annuncio riguardo alla cessazione
dei piani di produzione, di far sparire da casa mia, in tempi relativamente brevi, sia l'attrezzatura che
serviva per la sintesi che i composti chimici.
Confermò la mia opinione sul fatto che le droghe non verranno legalizzate mai; quando però gli
domandai perché lo credesse, mi rispose elusivamente, sostenendo semplicemente che le droghe
avevano delle qualità negative.
Proviene da una famiglia di artisti nella quale solo in pochi sono riusciti a superare la soglia dei
quarant'anni.
Discutiamo anche di LSD, vuole che io consumi un acido al mese invece che un acido alla settimana;
cito Dalì come esempio per l'influenza positiva della dietilamide dell'acido lisergico sulla creatività, lui
ribatte che Dalì a causa del consumo di LSD diventò completamente pazzo.
Durante la discussione aggiunge: “...e sotto LSD fai degli errori.”
Non chiesi delucidazioni in proposito anche se intuivo di quale “errore” stesse parlando.

Ce ne andiamo spesso in giro per la Svizzera, lui mi racconta del suo passato da DJ negli anni ottanta,
del suo sprofondare nella dipendenza da eroina, dalla quale afferma di “essere stato salvato” ed insiste
anche nel fare lo spaccone vantandosi di aver rubato spesso CD dai negozi di dischi.
Questo è importante in quanto probabilmente, grazie alle affermazioni di Murat, dovevo venire indotto a
manifestare approvazione per il furto, perché nei mesi a seguire mi verranno estorti appositamente
alcuni dei miei dischi preferiti, in modo che venissi persistentemente privato della buona musica: fu
escogitato tutto il possibile perché venissi spogliato di quella musica che collegavo all'LSD,
nonché della musica techno che non proveniva dalla Warner Brothers e dalla Bertelsmann ma
che mi piaceva, per mezzo di furti nonché danneggiamento dei CD, dello stereo, dei diffusori,
delle cuffie o mediante altri impedimenti. Allo scopo fu usata diverse volte l'ipnosi.
Questa fu solo UNA delle innumerevoli misure intraprese per creare in me, nei mesi e negli anni
seguenti, la più profonda depressione possibile ed una sensazione costante di disagio, fino a
quando non mi fossi piegato completamente al diktat della setta.

Una sera, mentre ero a Liestal, venne a trovarci il presunto vicino del piano di sopra, il quale – che
coincidenza – era un chimico e aveva con sé delle pillole di estasi e di MDA che aveva sintetizzato e
che mi mostrava con orgoglio: quelle rosse sono MDMA, quelle bianche MDA.
Per quale motivo si debbono ancora produrre droghe quando si hanno dei vicini di casa così gentili?
Allora si possono guadagnare soldi in altra maniera. Legalmente.
Secondo la massima: dai ai criminali un lavoro onesto (ad esempio fare il DJ) e si rimettono subito sulla
retta via. Un piano di collocamento allettante, in qualche modo.

Murat mi chiede di aiutarlo un po' a missare, perché vuol fare bella figura al DJ-Contest del 25, al Bell,
con i miei CD. Vuole anche registrare un mix di 60 minuti e distribuirlo ai suoi amici.
A questo scopo aveva scelto soprattutto produzioni di Harthouse e di Eye-Q, ma anche altre tracce
allora conosciute come ad esempio “Song Of Liberation” di Para-Dizer.
Come già detto, gli apparecchi che utilizzavamo per missare erano veramente ridicoli.
Come “mixer” avevamo un TEAC 2+2 tracce con piastra di registrazione incorporata, per la
riproduzione fungevano due comunissimi lettori CD a velocità fissa.
Anche per il musicista dev'essere stata un'impresa produrre un qualche tipo di “mix” con l'attrezzatura
sopra descritta.
Una sera, mentre tentavo di missare assieme a lui un paio di canzoni, ricevette una telefonata dalla sua
Claudia oppure fu lui a telefonare a lei. Ad ogni modo, durante la telefonata, Murat racconta ad alta
voce che lei ha 24 anni e due figli. Quando lo sento, scoppio di nuovo in lacrime.
Capii che mai, da parte di lei, potevano esserci state intenzioni serie ed il senso della sua manovra
dell'anno passato poteva solamente essere stato quello di distruggermi psichicamente.
Quando Murat nota le lacrime dopo aver posato la cornetta, gli spiego di aver fatto tutto il possibile per
evitare quella donna, ma erano stati loro (Christian, David, Murat e compagnia) che mi erano corsi
dietro per ricordarmi di lei.
Murat afferma allora che sono un “ragazzo d'oro”. Grazie Murat, non è servito a nulla.
Poi aggiunge: “Claudia è una biondina dai capelli tinti di nero.”
Ma la “Claudia”, della quale sostiene di parlare, me la presenterà poco tempo dopo, durante uno
“standard” all'Utopia.
Mai vista quella donna, non ha nulla a che vedere con questa storia e neanche la rivedrò mai più: un
alibi per la metafora che aveva utilizzato nelle settimane e nei mesi passati, a questa tattica vi ci dovete
già abituare adesso.
Una biondona con riflessi rossastri sulla chioma però lo era davvero, quindi non una biondina dai
capelli tinti di nero come lo era Natascha.

Murat sa sicuramente anche, e meglio di quanto lo sappia persino io in quel momento, che i suoi datori
di lavoro sono responsabili del fatto che sia sull'orlo della bancarotta, perché quando menziono Ronnie
Walliser davanti a Murat o quando gli faccio notare di aver trascurato il mio studio per il progetto delle
droghe, cambia, imbarazzato, sempre e subito discorso. Ma non solo: quando tocco il tema Kaiseraugst
non riesce a trattenere un sorriso e Ronnie, durante la notte nella quale mi aveva istigato, si era
indirettamente rifatto agli episodi di Kaiseraugst, dove dietro il bancone c'era Jucy e questo significa a
sua volta, che Jucy fu colei che istruì Ronnie ad istigarmi a produrre droghe.
E Jucy significa Schloss Beuggen e la chiesa cattolica - con Schloss Beuggen entra in gioco
Brema, più informazioni a riguardo verranno fornite in seguito.
Il tutto viene anche confermato dal fatto che Ottmar, a Berlino, quando ci coricammo nello stesso letto,
fece esplicitamente riferimento alla “cultura techno” che Ronnie aveva appositamente introdotto perché
il fatto che venni diretto al bagno delle donne è una conseguenza dell'incontro di Kaiseraugst ed Ottmar,
come si sa, fu colui che mi portò dall'ipnotista.
Io però non mi ricordo ancora dell'episodio della rosa sulla mia macchina e quindi arrivo in quel
momento solo a pensare che Dirk mi abbia tradito e non già che Ronnie fosse d'accordo con Jucy.

Murat mi incoraggiò a percorrere la mia strada anche con esempi di gruppi conosciuti: Züri West, ad
esempio, avevano pubblicato ed immesso sul mercato il loro primo disco, con successo, senza
contratto con una major.
Porta come esempio anche Iggy Pop & The Stooges: tutti tossici da vent'anni e con successo da
altrettanti – una allusione alla richiesta di astensione dal consumo di droghe quale condizione sine qua
non.

Fu di nuovo sabato sera al Bell, con Murat. La musica: mediocre.


All'entrata qualcuno mi chiese una sigaretta, quando glie la diedi non disse un parola e si girò,
addirittura, prima di accendere la mia John Player IN MODO CHE NON LA POTESSI VEDERE.
Quando entrammo, Murat mi chiese di pagargli l'entrata ed in quel momento mi accorsi che mi
mancava del danaro - e neanche poco.
Nel lasso di tempo che era trascorso da quando avevo controllato l'ultima volta il portafoglio, però,
avevo visto solo lui.
Archiviai l'accaduto nella sezione “stranezze”, così come il fatto che quel giorno, durante i nostri tentativi
di missaggio, le mie cuffie si erano inspiegabilmente rotte, perché in quel momento non nutrivo il
benché minimo dubbio sulla correttezza del musicista in materia di furti o sabotaggi, perlomeno nei miei
confronti.
In effetti si trattava di un segnale della setta per comunicarmi che nei mesi e negli anni a seguire sarei
stato inesorabilmente depredato e danneggiato.

Durante la notte, Murat affermò di aver visto la sua Claudia.


Un'altra Claudia, chiaramente, perché la mia Hash Ultra non la vidi da nessuna parte.
Ma il musicista si ricordò anche di qualcun altro e me lo disse, non senza motivo.
Perché quando posai per terra l'acqua minerale al piano superiore, direttamente sopra il quarto, riuscii
giusto a riafferrare per un pelo il bicchiere prima che mi venisse calciato via da qualcuno. E questo
qualcuno lo conoscevo.
Era lo stesso che mi aveva calciato via la mia acqua minerale al party “in mio onore” a Francoforte da
Sven Väth.
Mi chiese se mi ricordavo di lui: “No, mi dispiace”, gli mentii.
Con questo qualcuno, più tardi, avrò un colloquio, mi chiederà un paio di franchi, disse che mi avrebbe
anche portato qualcosa in cambio se gli avessi dato qualche spicciolo.
Acconsentii pregandolo di portarmi qualcosa che non fosse birra, non so più che cosa gli pregai di
ordinare.
Tornò... con una birra in mano. Poi mi domandò nuovamente: “Non ti ricordi davvero più di me?”
“No”. Certo che mi ricordo di te, sanguisuga.

Con il racconto passiamo adesso ad una after, non rammento più se lo stesso fine settimana o meno:
Trancemaster, da Friburgo, suona della techno eccellente al Bell.
Piranha si avvicina ghignante alla mia giacca, nella quale avevo lasciato, come al solito, il mio orologio
da polso: quando lo becco, alza le mani sorridente e se ne va.
La mia giacca, durante quella notte, fu l'obiettivo di molti attacchi da parte di ceffi sconosciuti.
La mattina della domenica noto che c'è Jucy e con lei una modella piuttosto carina, che durante la notte
mi passerà di fronte diverse volte, quasi mi volesse abbordare.
Della modella non me ne importa nulla, io aspetto solamente il 25 di gennaio.
È presente anche Friedl, colgo l'occasione per invitarlo a casa mia, lui invece ritiene che sia meglio
continuare a vederci da Thilo e Sandra.

Jucy la ignoro. Quando Murat se ne accorge, va dal DJ, GLI ORDINA DI FERMARE LA MUSICA
TECHNO ed in compenso di far partire “CHILDREN” di ROBERT MILES.

Cerco di ignorare la provocazione e tento di ballare quello schifo come posso, fino a quando incrocio lo
sguardo di Dirk, momento in cui mi lasciano tutte le forze. Quindi lo faccio presente a Murat: pollice
verso.
Quest'ultimo ironizza: “Il DJ non sa suonare...”
Presto mi spiegherà anche per quale motivo aveva istruito il DJ in quella maniera.
Indicando Jucy: “Vedi la sua amica? [Jucy è l'amica di Natascha, nda] È preoccupata perché non la
lasci in pace e vuole consolarti con una delle sue ragazze migliori.”
Jucy sparisce presto, così come Friedl, Dirk ed Olli.
Allora Murat mi spinge a domandare alla Chantal dai capelli neri informazioni sulla mia Hash Ultra.
Non me lo lascio dire due volte, ma la risposta di Chantal non chiarisce la questione.
Mi chiede quale delle due ragazze intendessi: la prima era una parrucchiera, l'altra chissà cosa, non
ricordo.
Le rispondo: “Quella che avevo incontrato quella volta al bagno delle donne.” Afferma di non potermi
aiutare.
Vorrei già andarmene, scendo le scale, sto per arrivare alla macchina, quando vedo una coppia di
poliziotti che vengono verso di me.
Torno al Bell. Lì chiedo a Murat che cosa significava la coppia in uniforme di sotto.
Murat allora: “E continuerà ad essere così in qualsiasi città ti recherai, fino a quando questa
storia non avrà fine, perché sei nel vivo di un processo di apprendimento.”
Ad un certo punto, vicino al bar del quarto piano, mi si chiede una sigaretta.
Colui al quale la porgo, però, si gira nel momento in cui la vuole accendere.
Mi accorgo che non si tratta della prima volta che mi si porge la schiena dopo che ho offerto una
sigaretta a qualcuno.
Poco tempo dopo, il trigger con il quale veniva rilasciata l'ancora, quindi la serie di azioni e/o parole con
le quali venivo rimesso in trance, deve essere stato azionato.

IN PUBBLICO. AL BELL.

Prima c'era musica che suonava ed improvvisamente la musica non suonava più.
C'erano altre persone al Bell, tutte vestite alla moda, “sciccheria”. Da un momento all'altro.
Deve essere trascorso del tempo del quale non mi ricordo.
Lo percepii come una anomalia, ma il mio primo pensiero fu quello di lasciare non appena possibile
quella sgradita società.
Murat sembra inizialmente volersene andare con me.
Compie tre passi e poi si ferma, presupponendo che faccia lo stesso.
Rallento il passo ma decido di aspettarlo fuori dall'edificio.
Dapprima mi appoggio affranto con il volto e la testa contro il muro dell'ingresso del Bell, dove ogni
tanto passa un membro della setta a ricordarmi che bella festa è in corso.
Visto che Murat non scende, decido di aspettare in macchina.
L'unico motivo per il quale sono ancora con lui è il 25 di gennaio.
Passa un'eternità.
Mentre aspetto il musicista ho tempo a sufficienza per osservare Jucy uscire dal Bell con la sua solita
borsetta nera e salire in tutta tranquillità su un tram, con ostentato e bigotto understatement, per tornare
a casa dopo la “bella festa”.
Dopo forse un'ora e mezza giro la chiave nel quadro. Ecco che vedo Murat uscire dal Bell.
Lo lascio entrare in macchina, torniamo a casa mia.

Una volta arrivati, Murat mi chiede per prima cosa che ore sono.
Sono le otto e mezzo, rispondo io, dopo aver guardato il mio orologio.
Secondo Murat il mio orologio è rotto, il suo segna più o meno mezzogiorno.
Ed ha ragione: le lancette non si muovono.
Oggi ritengo che probabilmente non ci sia stata più la batteria dentro, non ho mai controllato, ma mi
ricordavo di aver cambiato la batteria da poco tempo, quindi non poteva essersi svuotata.
In quel momento pensai solamente che il mio orologio da polso si fosse rotto e per mesi non me ne
comprai più uno, cosa che favorì l'utilizzo della trance.
Murat si mise sul mio letto e mi chiese di accendere la televisione. Mi elencò ad alta voce tutti gli attori e
le attrici di lingua tedesca che apparivano sullo schermo. Io non ne conoscevo uno.
Poi mi domandò che videocassette avessi. Sembrava stanco e stremato e teneva gli occhi chiusi.
Cominciai ad elencargli i pochi video che possedevo. Quando arrivai a “Giorni di tuono”, il primo film
che girarono assieme Nicole Kidman e Tom Cruise, Murat disse che sceglieva quello.
Inserisco il video nel lettore. È posizionato su una scena, nella quale la signorina Kidman esamina il
signor Cruise per un controllo medico, gli sta facendo una visita oculistica. Interrompo la “proiezione”
per riavvolgere completamente il video.
Murat ritiene che non sia necessario riavvolgere, potremmo vedere il film dal punto in cui ci troviamo in
poi; siccome però non l'ho mai guardato, continuo a riavvolgere.
Murat allora: “Ho visto questo film già tante volte. Si parla di macchine, macchine, macchine...”

Mi viene un sospetto.
La qualità delle immagini è pessima, perché la cassetta è una copia di una copia e tra l'altro il mio
videoregistratore è un regalo perché si tratta di un ferrovecchio che ogni tanto si mangia il nastro.
Ma: Nicole Kidman ha i capelli rossi e si mormora che sia lesbica.
E di lei si sostiene anche che sia di Scientology, cosa che spiegherebbe l'hobby di Erich.
Sembra combaciare tutto, anche il fatto che dopo aver lasciato David Schmid un attimo nella mia stanza
con i video mi aveva detto che voleva ascoltare qualche sviolinata: “NON MI VUOI MICA DIRE?!?”
Murat tiene gli occhi chiusi. Mi voleva dire.
Io a Murat: “Non ho mai visto questo film!”. Ed era vero.
Ma il mio subconscio si ricordava di Nicole Kidman grazie a quella foto su quella rivista.
Continuai: “Di quella donna si dice che sia lesbica”.
C'era scritto nell'articoletto accanto alla foto, se ricordo bene.
Rispose: “Forse è vero che non vuole un uomo, si sta appena separando dal suo”.
Io ancora: “La donna è un pezzo relativamente grosso di Scientology, che cosa ci fa una donna così
proprio al Bell?”
Murat, l'uomo di mondo: “Basel? Bell!” Ma certo...
E Jucy, quindi, è la sua amica, penso io (erroneamente).
Porto Murat a Liestal. Lì incontro Erich e la sua ragazza.
Lei ridacchia sotto i baffi, ma comunque malignamente. Lui non dice nulla.
Dopo venti minuti torno a casa.

I giorni seguenti ho qualcosa da raccontare in azienda.


Nicole Kidman. Chiaro che non mi vuole. Era tutto uno show. Mannaggia.
Il commento di Michael Tritschler: “Esistono molte donne...”
Karl Heinz ascolta tutto nelle pause pranzo.
Murat mi mostra dei volantini per un party al Bell che organizzano Tony e Guido, due residents del
Planetarium di Zurigo, per il 24.2.1996.
Tema musicale della serata: il Goa, quindi la versione hardcore della psychedelic trance.
Il membro dei Resistance D sapeva che l'unico disco di Harthouse che trovavo orrendo era “Forever
After” dei Koxbox, quindi un disco di Goa.
In uno dei pochi momenti spensierati del tempo che trascorremmo assieme, nell'appartamento di
Liestal, disse sibillino:

“Ed il mio futuro, dopo il 25 di gennaio, filerà liscio come l'olio.”

Il tono di voce lasciava trapelare che sapeva esattamente che non sarebbe stato così. Ma perché?
Una sera fui in grado di missare più brani assieme sui lettori CD a velocità fissa. Murat riconobbe: “Sì,
questo è missare.”
Ma lui quella sera aveva altro in mente: dietro sua indicazione ci recammo all'Utopia.
Poco prima dell'entrata mi chiese: “Vogliamo entrare senza pagare?”
Certo, perché no? Se Murat pensava che si potesse, allora potevamo farlo sicuramente.
Si fermò all'ingresso e cominciò a conversare assiduamente con il buttafuori, i due si conoscevano
bene.
Il colloquio andava per le lunghe. Dopo cinque minuti decisi di non aspettarlo più ed entrai.
Andai al bagno. Mentre ero sul water, arrivò Murat e bussò violentemente alla porta della toeletta:
“DÌ UN PO' ALEX, MA HAI GIÀ PAGATO?”
Uscii dalla toeletta, non risposi alla cattiveria, mi recai dal buttafuori all'entrata e pagai diligentemente i
miei 20 franchi, poi rientrai nel locale da pagante. La musica: mediocre come al solito.
Il musicista mi chiese di procurargli una pillola da un suo conoscente. Ne comprai una per lui ed una per
me.
Il DJ è qualcuno che assomiglia a Damien, che suona in modo mediocre..
Murat si lamenta soprattutto del fatto che il DJ suoni a casaccio ogni stile di techno e c'è un motivo ben
preciso, che all'epoca non potevo intuire: sa che nei locali nei quali comparirò dopo il 25 di
gennaio, verrà suonato, per me, sempre e solamente il peggior Goa-trance.
Dopo un po' mi viene vicino e con un tono di voce leggermente stizzito e accusatore mi chiede: “come
sale l'acido?”
Per acido si intende qui LSD, ovviamente. “Murat, abbiamo preso XTC”, gli ribatto.
Sembra palesemente non comprendere: “Sta venendo su bene l'acido?”
Infine arriva al dunque: “GUARDA, SUONA DAMIEN!”
Intesi subito l'allusione: “Mi stai dicendo che la ragazza alla quale ho parlato l'11 di novembre non è
quella che avevo visto all'epoca al bagno delle donne?”
Murat allora, con un ghigno sprezzante, magistralmente riuscito: “Ti faccio notare solamente alcune
cose.”

Bene, dovrebbe essere ormai chiaro al Lettore che lo sbaglio dell'undici di novembre, se lo è stato, fu
pilotato sia mediante un condizionamento post-ipnotico che mediante “falsi” indizi disseminati qua e là
(mi è stata cancellata l'immagine della vera Hash Ultra dalla memoria e “doveva” essere una delle DUE
donne); ma suppongo che chi mi trovai oggettivamente di fronte nel bagno fosse stata veramente
Natascha, anche se soggettivamente vidi qualcun altro su di lei.
Si può affermare che non ho seguito “il mio cuore”, ma in realtà l'11.11 fui molto contento, inizialmente,
di non provare quello che mi aveva traumatizzato. Quando però poi divenni cosciente del mio
“errore” cambiò di nuovo tutto, perché in quel modo fu riattivato il fattore traumatizzante (il
volere “ad ogni costo” una persona dalla quale si viene rifiutati) che dapprima speravo di aver
definitivamente destabilizzato. Si noti però: si viene “premiati” per aver seguito un'allucinazione
post-ipnotica e non per il riconoscimento della realtà oggettiva.
Il seguire un ragionamento logico viene invece utilizzato per creare ed sfruttare un senso di
vergogna nell'individuo da piegare, che servirà per il seguente lavaggio del cervello e che verrà
utilizzato anche anni più avanti per giustificare qualsiasi tipo di oppressione dell'individuo.
Importante è anche la chiara intenzione di voler stabilire un nesso causale tra la promozione di una
carriera ed un comportamento compiacente nei confronti di una “Nicole Kidman” / “Hash Ultra”.

Poco dopo portai Murat a casa.


Prima di lasciarlo, mise ancora il dito nella piaga e mi lodò per la mia “sincerità”, per la scenata che
avevo fatto l'11 novembre sarei potuto diventare qualsiasi cosa, anche un attore di teatro – cinismo
puro.
Mi salutò con un “per oggi puoi andare”. Cosa che feci.
Nei giorni seguenti, però, relativizzerà le sue accuse e lodò il fatto che avessi posto l'accento sul
sentimento.

Il giorno dopo, un sabato, passai il dì a letto per riprendermi dal colpo. Mi alzai due volte. Per rigettare.
La sera telefona nuovamente Murat.
Con tono artificiosamente alterato, domanda dove sono rimasto, dovevo essere già da lungo tempo a
Liestal.
Avevo detto a Pascal che mi volevo separare dal musicista, ma avevo ancora qualcosa da concludere.
Non con Murat, ma vedevo lui come la via per arrivare a lei. Quindi mi recai a Liestal.
Murat non c'è, è andato a prendere qualcuno, ma mi chiede già al telefono se conosco un locale dove
passare la sera.
Ne conosco uno: la cantina per feste Monolith di Yves a Langnau, Pascal mi ha detto che quel sabato
c'è una festa.
Lì penso di aver visto lei la prima volta e Murat lo sa.
Lui torna con una donna di colore che mi presenta come “la donna del fotografo” e che mi si appiccica
immediatamente addosso ed in maniera veramente disgustosa.
Avevo dichiarato che odio quando una donna copia tutto dal suo uomo e si adatta acriticamente alla
personalità di quest'ultimo (vedi Michaela). La donna afroamericana si comporta nella stessa maniera:
le piace tutto quanto quello che piace a me, mi emula in tutto e per tutto e mi sta sempre alle costole.
Arriviamo a Langnau. Prima di entrare nel locale veniamo salutati da qualcuno che porge il benvenuto
ai miei due passeggeri. Murat osserva: “Ci conoscono”. Entriamo. Yves e Patnik ghignano fin sopra le
orecchie.
La donna non mi da tregua un minuto, rompe pazzescamente le scatole.
Ci sono anche Pascal e Rainer. Il signor Zeidler mi domanda retoricamente se sono solo.
Il signor Lutz mi guarda con una espressione di rimprovero.
Al piano superiore è stato velocemente allestito un live act appositamente scadente in mio onore, il
“cantante” scandisce nell'immondizia sonora “L.S.D. – L.S.D.”. Murat fa il resto. Torniamo a Liestal
verso le due-tre di mattina.
La donna non molla, mi parla in continuazione, si spaccia per amica di un DJ di Tarot ed insider
dell'ambiente e vuole assolutamente venire a letto con me.

Alcune cose che riferisce, però, sono comunque importanti.


Racconta ovviamente il tutto parlando di “sé stessa”: “Ho vinto una borsa di studi a Brema”.
Riguardo alla mia cricca: “Gli amici che ho non sono dei veri amici, quando le cose si erano messe
male mi avevano tutti voltato le spalle”.
Quando le chiedo di che borsa di studi si tratti, afferma di non saperlo, ma aggiunge: “È stata l'ultima
pillola che ho preso. Non mi serviranno più”.
Una delucidazione a riguardo: mediante suggestioni post-ipnotiche può avvenire il rilascio di endorfine,
di serotonina e di altri ormoni senza che si necessiti dell'assunzione di relative droghe.
L'assunzione di XTC diventa quindi superflua: “l'unica droga che continuerò a consumare saranno le
sigarette”.
E perché? Certamente non perché le sigarette sono più salutari delle altre droghe o perché sono legali,
bensì
perché lo sponsor Reemtsma produce sigarette (le West, tra le altre).
Ma ho sempre rifiutato il divieto dell'uso di allucinogeni che mi volevano imporre queste persone,
perché simulare l'effetto degli allucinogeni mediante comandi post-ipnotici ha senso solo in parte.
La bellezza dello “sballo allucinogeno” consiste proprio nella sua non-predicibilità, il che significa che
ogni nuovo “viaggio” basato su composti indolici o triptaminici può portare con sé nuovi stati di
coscienza, nuove visioni ed, in generale, nuove esperienze. Grazie all'uso di suggestioni ipnotiche, il
cervello può rivivere ciò che ha già vissuto, riportare alla luce vecchie visioni in maniera più chiara o
addirittura intensificare fino all'estremo singole emozioni già provate, ma non creare nuove emozioni
o nuovi stati di coscienza.

Riguardo al controllo del flusso di pensieri (che avveniva già allora e che viene anche comunemente
praticato da Scientology) dice minacciosa: “Sei molto intelligente, hanno mai misurato il tuo quoziente
intellettivo? Bisognerebbe esaminare esaurientemente la tua intelligenza”.
Ma la cosa più importante, che riguardava il mio futuro ormai imminente:
“Ho una ferita che si è quasi rimarginata, ma debbo assolutamente andare a letto con qualcuno
prima che si riapra. Ho solamente tre possibilità per il mio futuro: o torno a casa dai miei
genitori, o nella mia azienda, o faccio qualcosa con queste persone. Altre possibilità non ne ho.
Quest'anno mi accadranno molto cose strane. La Evolution [metafora per la Magic Kingdom, nda]
è stato l'ultimo party al quale sono andato come semplice raver.
Ma debbo assolutamente dormire con qualcuno per superare quello che viene adesso.”

Invece me ne andai a dormire da solo e la lasciai a conversare con Murat durante la notte.
Quando mi svegliai la mattina, stavano nuovamente (o ancora?) discorrendo.
Lei si avvicina alla mia stanza e racconta: “Ho telefonato a Nicole e le ho detto che non ha
funzionato”.
Siccome dal suo comportamento asfissiante si può dedurre che in verità finge solo di voler venire a letto
con me, potete star certi che quella donna non telefonò a Nicole Kidman.
È lecito concludere che ci si sia perlomeno assicurati che fossi sveglio in modo che anch'io potessi
udire questa frase.
Ad ogni modo le ripetei il nome “Nicole” ed aggiunsi di aver già avuto un colloquio con Murat riguardo
ad una donna chiamata così. Lei cade da tutte le nuvole: “Una Nicole? Non la conosco.”
Murat allora, visto che ormai avevo svelato il gran segreto che mi aveva confidato: “Adesso è finita...”
La portiamo a casa, poi me ne torno anch'io ad Egg.

E venne la settimana del giovedì del grande esordio di Murat al Bell.


All'inizio della settimana o forse mercoledì, ebbi l'ultimo colloquio importante con Erich.
Mi fa vedere il suo esame di giurisprudenza: è stato bocciato in una materia.
Fosse stato bocciato in due, avrebbe dovuto ripetere l'esame.
METAFORA: avevo interpellato la donna sbagliata ed in quello ero stato bocciato.
Se adesso non mi comporto come richiedono da me in materia di droghe, allora....
Mi domanda quale sia il suo ruolo, secondo me, in tutta questa storia. Ritengo sia chi ci ospita. Erich
non dice nulla.
Poi mi prega di raccontare nuovamente la mia storia.
Quando arrivo col racconto all'incontro nella toeletta, Murat entra improvvisamente nella stanza
interrompendo così il nostro colloquio. Domanda: “Disturbo?” Io: “No, avevo finito”.
Non è vero, non avevo finito, ma fa niente.
Ricordatevi di questo schema, perché è una specie di rewiring neurologico.
Questo schema verrà utilizzato più avanti da Michael Tritschler, da Lumpi e Monique, così come da
Ottmar Straub.

Quello che Erich, con accanto la sua ragazza, mi vuole ancora comunicare quel giorno è in realtà
ancora più importante:

“Vedi Alex, noi ci siamo dentro da quattro mesi. Tu adesso passerai per ciò per cui siamo già
passati tutti noi. Ed è sempre stato così...”

Fece una pausa di qualche secondo, poi aggiunse:

“...dall'epoca dei patrizi è sempre stato così.”

Mi chiede: “Che cosa colleghi alla data del 25 di gennaio?”


Rispondo: “La prima volta che sono stato al Bell”. La domanda è come fa a saperlo Erich...
Quest'ultimo, ancora: “Perché la birra non si abbina con l'estasi?” Questo l'avevo detto a Häsi all'Utopia.
Quello a cui Erich alludeva era che avevo una avversione postipnotica per la birra.
Ma all'epoca non potevo capire, per cui gli diedi la risposta che poteva dargli il mio conscio: “Perché si
sospetta che l'estasi sia un inibitore della MonoAminoOssidase”.
Infine mi domanda ancora: “Di che cosa hai paura?”
Gli rispondo: “Di quella donna ho paura e vorrei non essermi mai scontrato con lei”.
Erich: “Non sei il primo che vorrebbe non essersi mai scontrato con lei.”
Rimango di sale.

Ah già, quel giorno dovetti conoscere brevemente anche qualcuno che si presentò con un “io mi chiamo
sempre ancora Martin”: mi fa capire che attraverso lui avrei avuto la possibilità di vendere tapes nei
diversi locali.
Negli anni a seguire conosceremo ancora una marea di “Martin”, “Martina”, “Bettina”, “Tina” e
“Cristina” – la setta sembra preferire questi nomi per farsi riconoscere.
Sottoporremo all'attenzione del Lettore ogni “tin” che incontreremo quando il momento sarà
opportuno.

Mi ricordo ancora che il 24 di sera elencai ancora a Murat quali canzoni preferivo di Harthouse e che
quest'ultimo mi disse: “Spero che tu capisca che dopo la giornata di domani il rapporto personale tra noi
due rimarrà lo stesso.”
E mentre lo dice piange di nuovo e chiude gli occhi, in modo che non lo noti.
Aggiunge che debbo andare incontro alla giornata di domani senza aspettarmi nulla.
Nulla di personale, Murat.

Il 25 sarà una giornata di lavoro piuttosto normale.


Murat mi aveva pregato di creare le copertine per le sue cassette. Lo feci senza impegnarmi troppo.
In pratica avevo già deciso che, nel caso fossi stato respinto da lei, avrei rifiutato qualsiasi offerta ed in
assoluto era un interrogativo aperto anche se ci fosse stata una qualche condizione per la quale avrei
accettato una proposta di qualche tipo. Mi sarei separato da Murat.
Quello che nei piani dei mandanti non doveva però assolutamente accadere era che mi potessi ritirare
dignitosamente dalla vicenda, in altre parole: doveva venire creato un incidente di percorso per
motivare il fatto che non l'avrei incontrata, meglio ancora se grazie a questo fossi stato strappato
dall'ambiente di Basilea (per poi cadere del tutto nelle mani della setta) e fossi uscito lo stesso
moralmente sconfitto agli occhi del pubblico.
Perché: fin quando la cercavo ero incline a seguire le disposizioni della setta.

Bene, fu fatto così: chi tesseva le trame sapeva che mi ripugnava particolarmente che fosse stato un
show moralista ed ipocrita contro le droghe, nel quale i miei sentimenti erano stati ignorati e calpestati –
i sentimenti di Hollywood a confronto di quelli reali.
Avevo ordinato già da settimane dell'hascisc da Christian Bonacker.
Difatti telefona e ci propone di trovarci di prima serata o davanti alla videoteca di Bad Säckingen o
davanti ad una pompa di benzina di Lörrach. Scelsi il distributore di carburante: anche qui, di
fronte, c'era una videoteca.
Miracolo! Mi sta aspettando. Ora siamo nella mia macchina, lì dove mi ha consigliato di parcheggiare.
Di fronte al parabrezza della mia autovettura, perfettamente visibile: un poster di Nicole Kidman in
“Batman Forever”, che si distingue tra tutte le altre locandine, nella vetrina della videoteca.
Queste coincidenze...
Christian mi consegna otto grammi di hascisc come anticipo per 300 marchi che gli do.
Poi tira fuori dalla sua borsa una nuovissima bomba per la cottura della metilamina, perfetta e
magnificamente intarsiata, che mi vuole consegnare di fronte al poster.
Guarda: lì Hollywood, qui la via della perdizione. Cosa scegli?
Rispondo che non voglio la bomba, non perché sia diventato un astemio convinto, ma perché
naturalmente è da pazzi continuare in quella direzione quando tutto il mondo sa che vuoi produrre
droghe.
Ma Christian sembra essere molto deluso: “Ma come, non ci puoi piantare in asso proprio in questo
momento?”
Di fronte a questa ipocrisia salto per aria: “CHEEE?!? E ALLORA DAMMI QUELLA BOMBA!”
E me la da pure, seppure continui a provocarmi.
Col senno di poi vi debbo far notare che quella sera, al DJ-Newcomer-Contest al Bell, non sarebbero
certamente comparse né Sandra Blumöhr, né Natascha e né tanto meno Nicole Kidman. Forse mi
sarebbe stata presentata una relativa allucinazione post-ipnotica ma non l'avrei incontrata lì sul serio.
Per questo vorrei domandare al Lettore a che cosa serviva quel poster di Nicole Kidman di fronte a noi
e perché Christian mi pregò di parcheggiare proprio lì – la risposta non dovrebbe essere così difficile:
come disse Shiri, una strega che fu vittima di queste persone e che ora lavora per loro, “usano te contro
di te”.
Ma la mia esecuzione, che era già stata da lungo tempo pianificata e che adesso era divenuta una
certezza, avverrà solo due giorni e mezzo dopo.

Christian scende dalla macchina.


Ritorno a casa e mi chiedo che cosa voglia farne della bomba. Affiggerla al muro come trofeo?
Sicuramente ora gli otto grammi di hascisc che mi ha dato Christian (naturalmente non rivedrò mai più il
resto dei miei soldi) non possono essere nascosti dentro casa.
Da una parte è relativamente paradossale, se nell'appartamento si trovano per lo meno 4 valigie piene
di ogni tipo di armamentario da laboratorio chimico, nascondere al buio 8 grammi di hascisc sotto un
sasso nel mio giardino, ma si trattava delle uniche droghe illegali che credevo veramente di avere in
casa.

Mi sbagliavo.
Una pillola ce l'avevo ancora.
Quella letale.

Dopo aver posato l'hascisc, mi reco a Liestal da Murat.


Lì mi accolgono anche “la donna del fotografo” ed Erich.
Lei mi prende per il braccio e mi dice “Come va Alex, va bene?” come se in realtà mi volesse mollare un
cazzotto.
Poi porto Murat al Bell.
Saliamo al Bell, nella Doccia, al quinto piano.
Quando entriamo, Murat mi stringe forte la mano per farmi coraggio.
Per l'occasione è stato rimediato un rack con dentro due lettori CD pitchabili [significa “a velocità
regolabile”, nda] della Denon, quindi esattamente quello che alla fin fine è inservibile se si vuole
compiere una vera performance. Ma Murat, tanto, non ha veramente voglia di missare.
Quando vengono suonati, i miei CD saltano: quelli della SPV e non quelli di Harthouse o della Eye-Q.
Constaterò più tardi che sono stati rigati di proposito.
Il musicista di Resistance D suona miserabilmente.
Colui che fa gli onori di casa del Newcomer Contest sembra essere Piranha, che ha una birra in mano.
Mi dice che a lui non lo fanno suonare perché è un “alcolizzato”.
Murat viene presto allontanato dal palco del DJ e parte del buon house condito di 303. Fine dello
spettacolo.
Della Hash Ultra nemmeno l'ombra.
Deluso, riporto Murat a Liestal.
Cerca di fabbricare una scusa per la sua performance catastrofica al DJ-Contest.
A me del DJ-Contest, però, non me ne importa nulla.
Quando esce lo congedo: “avevi detto che oggi la donna sarebbe venuta. La donna oggi non
c'era. ADDIO.”

Il giorno dopo me ne andai da Olli, gli comunicai di aver chiuso con Murat. Non se lo lasciò dire due
volte: “Magnifico! Sono degli stronzi... e la prossima volta che andiamo al Bell ci andiamo in gruppo!”
“Certo”, risposi io, “ma prima vorrei che mi raccontassi un po' di quello che è stato - tu, Thilo e Sandra
eravate gli unici amici che avevo prima che tutto questo accadesse.”
La sua risposta fu un'espressione imbarazzata e quasi impaurita, nonché una scena muta.
Alla mia richiesta di non avere più a che fare con Patrick, Stephan e Tilman rispose picche, motivo per il
quale in vita mia vedrò Oliver Hollstein al massimo ancora un paio di volte.

Era successo qualcosa di strano: l'hascisc che stava sotto un sasso non lo si trovava più, qualcuno lo
doveva aver tolto – in realtà poteva essere solo il mio locatore, perché era buio profondo quando lo
nascosi.
Ma perché allora il mio locatore guarda proprio sotto una pietra così grande e pesante? E perché non si
fa vivo da me?
In azienda udii che nei giornali locali veniva annunciato, per il sabato sera, una manifestazione della
Eve & Rave in un locale di Basilea dal motto “XTC sì, ma con informazione”. Capii l'antifona.
Il 26 sera, venerdì, rimasi a casa invece di andare al concerto degli Earth Nation al Bell.
Sabato sera chiamò David Schmid per chiedermi se non volevo recarmi alla manifestazione della Eve &
Rave. No, grazie: rimasi a casa.
Passano le ore. Alle quattro di mattina sono ancora sveglissimo.
Improvvisamente, nascosta dietro uno scaffale, trovo una pillola.
È l'ultima di quelle che Thilo mi aveva venduto per capodanno, una produzione amatoriale, in
compenso molto potenti.
La ingoio. Mezz'ora dopo, avverto un impulso irresistibile che mi spinge a recarmi al Bell.
Lo sottolineo nuovamente: L'IMPULSO ERA IRRESISTIBILE e scommetto che sia il fatto che
abbia trovato in quel momento la pillola, come anche l'impulso di andare poi a ballare al Bell
siano stati imposti mediante suggestioni ipnotiche. Infatti altrimenti non avrei avuto voglia di far
visita al locale, per ovvi motivi.

Prima di recarmi per l'ultima volta in vita mia al quarto piano della Elsässerstr. 186, presi con me ancora
due CD, perché volevo dimostrare a Chantal ed al suo amico, che possedevo da sempre gli originali dei
volantini che loro avevano prodotto per il Bell, ci avevamo scommesso sopra una birra, come forse il
Lettore si ricorda. I dischi erano “Religion” dei Front 242 e “VIVISect VI” degli Skinny Puppy,
quest'ultimo fu per molti anni il mio disco preferito.

Salgo in macchina, parto. Quando arrivo a Basilea, l'alba è già inoltrata.


Il buttafuori, quando mi vede, mi chiede sorpreso: “TU?!? QUI?!?”
Sì, certo, io, qui. Perché no? Il perché no lo imparo subito.
Quando entro sta suonando Der Dritte Raum dal vivo, quindi il mio gruppo preferito di Harthouse.
Vado dalla Chantal dai capelli neri e le faccio vedere i miei CD ed i relativi volantini.
Non si ricorda di aver copiato da quelli, ma è dell'opinione che abbiamo lo stesso gusto – quindi vinco la
mia birra.
I CD nel frattempo li tiene lei. L'ultima frase che le rivolgo: “Voglio solo ballare qui, ma se vengono di
nuovo persone a disturbarmi mentre ballo...” Chantal la finisce: “...allora lo dici a me.” E se ne va.
Poco tempo dopo entra qualcuno che conosco da casa di Hassan che afferma di essere andato al party
serale della Eve & Rave.
Dichiarai che mi era troppo caro. Lui allora: “Certo, per 30 franchi sarebbe ancora stato possibile”.
Risposi: “Non li ho”. Era una bugia. Avevo esattamente ancora 30 franchi.
Entrano David Schmid e Hassan. A quest'ultimo non porgo neanche la mano.
David Schmid vuole che lo faccia. Non faccio un corno.

Compaiono Jürgen e Michaela.


E Jucy, con un seguito di perlomeno una cinquantina di persone, reclutate tra picchiatori, bodyguards,
semplici membri della setta ed i soliti avidi leccapiedi.
Jürgen e Michaela sono alla mia destra e tutti quanti siamo accanto al bar.
Jucy si avvicina e saluta la coppia: bacetto sulla guancia destra, bacetto su quella sinistra.
Mentre mi sta ancora davanti, parlo alla cornacchia nera con borsetta: “So chi è la tua ragazza, non
voglio nulla da lei, lasciami in pace.” Ghigna gelidamente, non dice nulla, non mi guarda nemmeno.
Poi si siede sulla finestra a sinistra del bar e si gode con gusto come vengo vessato dal suo seguito.
La tattica è simile a quella già usata al party di Sven Väth all'Omen, solo ancora più evidente.
Quando tento di ballare in un posto, qualcuno si mette immediatamente alla mia destra, qualcun altro
alla mia sinistra, poi presto un terzo, meglio se con una birra in mano, vuole passare fra i due,
interrompendomi quindi nel ballo.
Se mi metto di fronte ad una parete, in modo che non possa esserci nessuno davanti, arriva una coppia
da uno dei lati e mi pressa fin quando debbo abbandonare la posizione.
Se mi sposto da un'altra parte, passano forse 30 secondi prima che due si piazzino di nuovo di fronte a
me, uno a destra ed uno a sinistra, ed un terzo voglia nuovamente passare fra i due.
Quando voglio mostrare questo schema a Jürgen, però, i due provocatori si dileguano immediatamente
dopo essersi consultati col “coordinatore” del tutto.
Vorrei porre il problema anche agli occhi di Chantal, ma lei si è diplomaticamente assentata.
Quando cammino per il locale, si cerca di farmi cadere con spintoni e sgambetti.
Ordinare un bicchiere di qualcosa senza che mi venga rovesciato è impossibile, dopo il primo tentativo
ci rinuncio.
Nell'area c'è anche Nico, il DJ di Solaris, che ride di gusto sulla mia pelle.
Der Dritte Raum non suona più, in compenso quel DJ che assomiglia a Damien.
David Schmid sale in cattedra: “Dimmi Alex, che droghe hai scelto oggi?”
Rispondo senza il minimo senso dell'umorismo: “XTC”.
Nega però di avere nulla a che fare con quello che sta accadendo. Quando non gli credo, dice che
allora fumerà la sua canna di erba da solo. Ovviamente della sua canna di erba non me ne frega un
benemerito.
Mi assento mentalmente un attimo, penso a qualcosa che ha a che fare col passato, probabilmente a
lei, non so più esattamente cosa, ad ogni modo non a quello che sta succedendo di fronte a me e mi
scappa qualche lacrima involontaria.
Quando lo noto cerco di trattenermi e rivolgo lo sguardo un attimo verso Jucy, che si gode la scena in
silenzio. Poi distolgo di nuovo lo sguardo.
In quel momento uno sciacallo della setta mi scatta una foto.
Una foto di me, in lacrime, la mattina del 28 gennaio 1996, nel Bell.
Quella foto l'avrei volentieri, oggi, per ricordarmi di quant'era bello pesare 68 chilogrammi.

Mi faccio strada, trovo un piccolo podio, dove di per sé ha posto solo una persona, un paio di guastatori
tentano di salirci sopra, io li fermo e li rimando a disposizioni in merito dei gestori.
Poco dopo, però, la controfigura di Damien interrompe il suo set di techno per suonare “Children” di
Robert Miles.
Quello schifo non lo ballo. Mi siedo. Qualcuno salta immediatamente sul podio e allarga le braccia
rivolgendole verso l'alto in modo che nessun altro a parte lui possa ballare.
Scendo, sono di nuovo vicino a Jürgen e Michaela.
Jürgen, con un volto arrossito per la vergogna e la paura, mi dice: “GUARDA, SUONA DAMIEN”.
Beh, così si finisce quando ci si vende a certa gente.
Mi piacerebbe avere anche un video di Jürgen, oggi, mentre pronuncia questa frase.
La mia breve e concisa risposta al giuda di professione: “Stronzo”.
Lui, nuovamente ed ancora meno convinto: “Guarda, suona Damien”.
A grande richiesta: “Stronzo”.
Sorride e tra noi due subentra un momento di serenità, i problemi sono da ricercare altrove.

La plebe che Jucy ha scelto per la sua crociata è ben assortita.


Cittadini vigili, per così dire.
Imbecilli feticisti dei paraocchi ed ossequiosi del potere.
Spettatori televisivi.

Ci sono purtroppo anche un paio di volti familiari, persone che conosco dal Bell da quasi un anno,
anche se non molte.
Quando uno di questi mi disturba mentre tento disperatamente di ballare, decido che è venuto il
momento di andarmene.
Nel farlo dimenticai addirittura di riprendermi da Chantal i miei dischi dei Front 242 e (separazione
particolarmente dolorosa) quello degli Skinny Puppy.
Per molti anni non li ho ricomprati, sperando che un giorno li sarei andati a riprendere nella
Elsässerstraße 186. Non l'ho mai fatto e ormai so che non lo farò mai più.

Per quella domenica mattina, nei miei sogni più selvaggi, ho accoltellato, strangolato, impiccato,
bruciato, avvelenato, scuoiato e sciolto Jucy in soluzioni acide ed alcaline per centinaia di volte.
Oggi credo, che con questa azione mi si volesse spingere al suicidio e che anche l'11 di novembre
servisse allo scopo.
Se oggi torno indietro con i ricordi, mi sembra un atto della malvagità più tetra e soprattutto senza una
vera ragione.
Semplicemente per il gusto di distruggere una persona, a caso e senza motivo, grazie al proprio potere,
sapendo di farla franca.
Il potere dell'industria, del petrolio, della religione, dei soldi, della cocaina, dei falsi lustri del mondo dello
spettacolo.
Monika Beck-Eichinger, Bernd Eichinger, Jucy, Natascha, i Blumöhr ne sono capaci e sono anche
disposti a sborsare il necessario per permetterselo.
Forse l'unica cosa che mi impedì il suicidio fu lo shock.
Amavo quel locale più di ogni altra cosa.
Non avrei mai ritenuto possibile che qualcosa del genere potesse accadere al Bell.
Non mi ferì tanto il comportamento di Jürgen e Michaela, a quello ci ero abituato.
Erano le persone di F&P, quindi i gestori del Bell, dalle quali mi sentivo tradito.
Consideravo il locale veramente come casa mia, molto più del mio appartamento di Egg.
Per un anno mi sono sentito parte di quelle pareti, di quella sporcizia, di quell'impianto stereo mediocre
ed anche e soprattutto di quelle persone. Troppa estasi, forse.
Dal 28 di gennaio del 1996 e fino ad oggi non ho più una vera casa e non solo.
Direi che quel giorno in me si ruppe definitivamente qualcosa.
Non vi so descrivere cosa ma credo che riusciate ad comprenderlo.

Tornai a casa ad Egg.


Lì mi aspettava un altro compito emozionalmente stressante: dovevo raccontare a mio padre, nel giorno
del suo compleanno, che avevo perso il mio lavoro ed anche che stavo meditando di tornare in Italia,
perché per me, rimanere nei pressi della Svizzera, dopo quello di cui ero stato testimone quel giorno,
non era realisticamente più immaginabile.
Durante la telefonata con il mio vecchio mi sorpresi con la voce più cadaverica che avessi mai avuto in
vita mia.
Anche lui non sembrò proprio allegro, ma oggi ritengo che fosse perfettamente informato e
consenziente che quel giorno fossi stato giustiziato.
Il lunedì andai in ufficio e l'unica cosa che mi rimase impressa di quel giorno fu la soddisfazione per il
dolore afflittomi e la superbia che si leggeva sul volto della psicologa che condivideva lo studio medico
con Antonie Tritschler. Anche lei sapeva sicuramente benissimo che cosa era successo quel fine
settimana.

Per mesi caddi nella depressione più profonda e piansi quasi tutti giorni.
La sensazione di una vera depressione è orribile, la si avverte proprio in maniera fisica: si prende sia la
parte superiore del torace nella sua totalità così come anche la parte superiore della schiena fra le
spalle e ti schiaccia verso il basso.

Murat si fece sentire all'inizio della settimana per raccontarmi che la cassetta veniva venduta come il
pane tra i suoi amici, ora era quasi diventato DJ, oltretutto aveva ricevuto un credito di 20000
marchi (esatto, i debiti che avevo).
Non ci misi molto a mandarlo all'inferno.

Per quanto riguardava la techno, dopo l'ultima after al Bell la parola d'ordine fu: disassuefazione
radicale.
Ed è BRUTALE, per qualcuno che praticamente per un anno aveva frequentato i raves tutte le
settimane perlomeno una volta se non due e che amava quella vita: al Bell non ci vado, all'Utopia
suonano Patrick e quella controfigura di Damien, Murat significa Tarot, quindi il 90% dei raves svizzeri.
L'Oktan a Friburgo? Buona come battuta.
Restano gli Happy People. A quelli ci arriviamo.
Automutilai anche da subito il mio gusto musicale.
Misi figurativamente in soffitta tutti i miei dischi di Harthouse e di Eye-Q, nonché Dos or Die, più tardi
anche Recycle or Die, poi ancora Delirium, semplicemente qualsiasi cosa mi sembrasse in qualche
modo sospetta.
Cessai immediatamente di comprare o suonare qualsiasi disco della Warner Brothers o di una delle
molte etichette di copertura della major americana. Non suonerò mai più in vita mia uno di quei
dischi.
All'epoca non ero ancora informato del ruolo della Bertelsmann.

A febbraio feci ancora visita a Jürgen e Michaela, per capire che cosa fosse successo, senza però
ottenere risposte degne di questo nome. Michaela mi guardava come se fossi “un eletto”, scelto per
qualcosa che non comprendevo.
Le azioni terroristiche della setta proseguirono nei supermercati, perché avevo raccontato a Murat che
la mia donna l'avrei voluta cercare preferibilmente in un centro commerciale.
Improvvisamente il Famila di Bad Säckingen divenne molto interessante. Stupende modelle
cominciarono a filosofare mentalmente, accanto a me, su quale fosse il tipo di zucchero migliore, ogni
volta una nuova bellezza. Michaela disse a proposito che al Famila vi bazzicavano molte giovani “donne
in carriera” ancora nubili. Michaela non dice una cosa del genere senza un motivo.
Ovviamente, vidi poi in ogni ragazza un po' più carina una potenziale ammaliatrice della setta, con la
quale mi si voleva teoricamente accoppiare, che però avrei dovuto rifiutare per motivi etici.
Ma questo fu proprio voluto: dovevo rimanere isolato.
Quando notarono che avevo capito l'antifona, le provocazioni cominciarono a rasentare il ridicolo.
Mi ricordo di una mora laccata di nero, quindi in versione domina, lodare ad alta voce le qualità del
fernet branca che vendeva proprio quando passai di lì col mio carrello della spesa (due volte).
La lacca nera e luccicante mi piace (ma non quello che rappresenta sessualmente), il Fernet Branca mi
fa schifo (e la setta ovviamente conosceva i miei gusti) – mi guardai bene dal parlarle.
CAPITOLO 11

“Salvami Papa, mi sparano contro Bon Jovi”

(LARD – da “Pineapple Face”)

Anche con Pascal avevo discusso di quello che era accaduto.


Disse che a questo mondo vi erano anche altre persone, persone che non facevano uso di droghe.
Domandai retoricamente: “Nella scena techno?” Non rispose nulla.
Il signor Zeidler mi fa ascoltare un mix che aveva registrato E-Gor, il DJ con il quale avevo conversato
all'Utopia a fine dicembre. Spendido acid-trance, i movimenti durante il ballo sono fluidi ed automatici.
E-Gor suona quel sabato dagli Happy People in un posto a me sconosciuto vicino a Zurigo: ci andiamo!
Quando arrivo, la musica è ORRENDA. Indanzabile.
Il primo e l'unico che mi è familiare in quel posto a parte Pascal e Rainer: Roland Frei, quindi il tizio che
avevo conosciuto allo Stüssihofstatt a Zurigo con il quale eravamo andati al locale di Delirium.
Gli chiedo che cosa venga suonato quel giorno. La risposta:

“SOLO GOA”.

Ah già, c'era ancora un'altra persona che conoscevo: una ragazza che una o due settimane prima,
quando fui giustiziato al Bell, mi aveva preso in giro, ostentando dimostrativamente una vistosissima
collana di perle, per simboleggiare l'arroganza finanziaria con la quale mi si stava schiacciando.
Stavolta è molto più gentile e mentre morde in una mela mi sorride pure.
Cerco di ballare un paio d'ore la tarantella, poi mi arrendo e mi stendo da qualche parte dietro il palco a
dormire.
Verso l'alba mi sveglio di nuovo e decido di lasciare la festa.
Debbo ammettere che, in assoluto, preferisco altri stili musicali rispetto al Goa, anche se nel settore
della psychedelic trance c'è sempre stato qualche gioiello.
Ciò nonostante sono in grado di distinguere una produzione artistica da immondizia in grado solamente
di causare vene varicose e quella roba era IMMONDIZIA, scritto in maiuscolo, fatta di proposito per
esserla.
L'esatto contrario di quello che ci si poteva aspettare dal tape di E-Gor.
Quando esco mi viene chiesta due volte, in rapida successione, una sigaretta.
Una domanda che ormai mi era stata rivolta molte volte nelle settimane e nei mesi passati.
Quando entro in macchina noto che manca un terzo dei miei CD.
La porta anteriore destra non era chiusa a chiave, quindi pensai, allora, ad un furto.
Oggi sono più smaliziato: un comune ladro avrebbe rubato TUTTI i miei CD, non solo UN TERZO, in
modo che non mi accorgessi che mi veniva rubato qualcosa.
A questo tipo di punzecchiatura da zanzare Vi dovrete abituare.
Tornai a casa e fu l'ultimo party degli Happy People a cui presi parte in vita mia.

A mio padre, in quel periodo, fu impiantato un pace-maker - si aspettava che mostrassi interesse per la
sua operazione, invece non mi feci vivo per mesi, perché mi sentivo veramente più vicino alla morte io
di lui.
Oltretutto con i miei genitori cozzavo contro un muro di incomprensione ogni volta che raccontavo loro
di quello che mi era successo, per cui durante la depressione non ci fu nulla a cui il mio morale si
potesse aggrappare.
Però è anche vero che per la mia scioccante situazione mi dimenticai del tutto che avesse subito un tale
intervento, cosa che se possibile ci distanziò ancora di più.

Hans Eugen rimarcò durante un colloquio a quattr'occhi:


“Non avrei mai pensato che tu fossi così fanatico in materia di droghe”.
E TU SEI UN VERO VERDE, Hans-Eugen, posso solo affermare oggi, purtroppo.
Ma nel 1996 il verde era ancora il colore della speranza ed i Verdi, all'epoca, quando erano ancora
all'opposizione, sostenevano ufficialmente le mie opinioni.
Forse proprio la mia storia, però, può essere considerata un'amara premonizione dell'alto tradimento di
tutti gli ideali che sarà perpetrato dal partito dopo le elezioni del 1998.
Michael sembrò invece mostrare più comprensione.
Per la mia futura carriera mi consigliò di passare ad Apple (MacIntosh) e questo non a caso: Apple è
l'azienda preferita di computer della setta e dovreste guardare “Pirati di Silicon Valley” per essere
illuminati in merito.
Nel film, Steve Jobs esclama da un alto podio, durante una presentazione: “Siamo tutti una grande
famiglia”.
Il commento di uno dei presenti, più o meno: “Adesso [la Apple, nda] è diventata una religione”.
Mi rifiutai sempre con successo di passare allo strumento di lavoro per snob.
Per questo motivo, però, le parole chiavi “Apple”, “MacIntosh”, così come anche “MiniDisc” (della Sony,
un'altra tecnologia che rifiutavo) furono disseminate qua e là in discorsi o situazioni, per segnalare la
presenza della lunga mano della setta e preferibilmente anche per farmi dire “No”, quindi come
ancoraggio negativo.

I programmi che dovevo completare furono tutti terminati in un tempo relativamente breve.
Alla ricerca di un nuovo posto di lavoro, scorsi una inserzione dell'azienda “Profiler”, la cui sede era nei
sobborghi di Friburgo e che cercava collaboratori.
Quello che mi aveva più incuriosito era il testo dell'inserzione che diceva più o meno così: “I tempi
degli hippie sono finiti, il trip ora è sull'autostrada dei dati, il mouse è la vostra tavola da surf”
etc. etc.
Il fatto che mi sentissi collegato alla generazione del sessantotto era già noto dalla notte dei funghi falsi.
Telefono a Friburgo: un curriculum vitae non è necessario, nessuna domanda di lavoro scritta ufficiale:
“ci venga semplicemente a trovare”. L'azienda nella quale ogni ballerino di techno preferirebbe lavorare.
Quando arrivo nella nuova azienda, vengo dapprima diretto in segreteria, poi dal capo, che assomiglia a
Luciano Benetton: giovane, dinamico, di successo, forse anche brillante.
Il mio eventuale compito lavorativo: redarre una rivista in formato CD-ROM.
Per farlo mi viene messo in mano persino un libro sulla masterizzazione in CD-ROM che debbo studiare
a casa.
Il capo mi spiega che lì lavorano solo con MacIntosh, ma che gli avevano fatto capire che per redarre
una rivista del genere sarebbe stato “necessario” un programmatore.
Il fortunato caso della vita vuole che io lo sia.
“Lavora con il PC? Nessun problema: le bastano 10000 marchi [5000 euro, nda] per il computer?”.
Chiaro che bastano.
Fra poco in ufficio verrà installato un allacciamento ISDN.
Quanto voglio al mese? Beh, prendevo 3000 marchi netti, facciamo 3200. Il capo non riesce a
nascondere un sorriso.
Va bene, è andata: “Gioca a poker volentieri? È bravo? La prossima volta dobbiamo contrattare con
una banca per qualche centinaio di migliaia di euro.” Ammazza che aziendina...
Anche da un numero di indizi supplementari che ora non mi ricordo più, risulta chiaro che l'azienda è
“vicina” alla setta o è perlomeno informata su di me, ma questo in realtà si sarebbe già potuto capire
dall'inserzione.
Tornai a casa e meditai per un paio di giorni se fosse stato il caso o meno di dire di sì alla proposta, ma
la determinazione di non accettare alcun aiuto dalla setta e/o dalla Hash Ultra ebbe, alla fine, il
sopravvento.

Fui invitato da Michael a cena.


Mi fece vedere con orgoglio la sua collezione di dischi e mi pregò, di nuovo, di raccontare la mia storia.
Va aggiunto che per me, all'epoca, la storia cominciava con l'after di Sven Väth e da lì la cominciai a
ripetere.
Non vengo interrotto fin quando arrivo all'incontro al bagno delle donne.
In quel momento telefona improvvisamente un amico di Michael che non conoscevo, il colloquio dura
circa 10 minuti.
Quando la telefonata finisce, ho appena il tempo per aprire nuovamente la bocca e proseguire per 10
secondi il racconto prima che il telefono squilli di nuovo. Dall'altra parte della cornetta c'è un altro amico
di Michael.
Poi posso continuare la storia senza venire nuovamente disturbato.
Rimando qui all'identico schema del quale si è già stati testimoni da Erich e Murat a Liestal, che ho
chiesto al Lettore di tenere a mente.

Un giorno, passando per Rheinfelden, noto l'insegna di un ipnotista e mi ricordai di avere il problema di
non riuscire ad orinare sotto pressione psicologica.
Raccontai in azienda che cercavo un aiuto di quel tipo e che adesso l'avevo trovato.
Una vicina di Hans Eugen, che sapeva anche lei ipnotizzare, mi raccontò che si trattava di qualcosa che
non si poteva risolvere con l'ipnosi, doveva avere altre cause.
Ovviamente l'interrogativo che sorge è: come fa lei ad esserne così sicura?
La risposta più ovvia: sapeva che era già stato tentato di risolvere il problema mediante suggestioni
ipnotiche.
Così come tutti gli altri nei miei paraggi erano perfettamente al corrente della mia situazione o meglio:
sapevano più o meno così tanto quanto i mandanti della truffa volevano che sapessero e se intuirono di
più, vennero rabboniti per non intuirlo. L'unico che all'epoca non lo doveva sapere ero io.
Ad ogni modo l'ipnotista che visitai non fu poi nemmeno in grado di effettuare una induzione con
successo.

Murat, all'inizio di marzo, riesce ad indurmi ad andarlo a trovare a Liestal.


Racconta che nel frattempo, “il 29 di febbraio” aveva fondato una etichetta per DJ.
Per chiedere assistenza ed aiuto in merito, afferma di aver telefonato alla Strahlenbergerstraße ad
Offenbach, quindi alla sede di Logic Records (BERTELSMANN MUSIC GROUP/SONY/VIRGIN) o, se
volete, dell'ufficio di Sven Väth.
Quindi, ripeto: Bertelsmann, non Warner – ma in quel momento non ci farò caso.
Nell'appartamento di Liestal sono arrivati due piatti a velocità regolabile, un mixer e delle casse
acustiche voluminose, mentre non c'è più traccia di Erich e di tutto il suo mobilio.
Rifiutai nuovamente qualsiasi collaborazione e gli ricordai che in realtà gli avevo fatto solamente visita
per avere qualche informazione aggiuntiva sui retroscena riguardo alla donna.
Murat afferma di non conoscerla nemmeno e che era tutto stato uno scherzo, uno scherzo maligno,
per sua stessa ammissione. Non lo potevo capire e Murat non si impegnò nemmeno molto a spiegare
cosa intendesse dire.
Lo lasciai un'ora dopo.
Prima di andarmene mi rimproverò di acquistare il mio hascisc da Jürgen e Michaela.
Dai questi ultimi mi separai nuovamente molto presto, anche perché come al solito mi frodavano e tanto
da loro non ero riuscito a cavare fuori un ragno da un buco, ma prima di troncare definitivamente i
rapporti Michaela mi disse che Lumpi e Monique mi volevano rivedere.

Questi ultimi vivevano in un appartamento piuttosto disadorno vicino all'UPS e la loro attività principale
era quella di giocare alla Playstation di fronte alla tv. Quando feci loro visita per la prima volta, Lumpi
suonò un tape del presunto set di Tony e Guido del 24.2.1996 al Bell: Goa, esattamente così orribile
come quello che era stato suonato a Zurigo dagli Happy People, solo che stavolta fortunatamente non
lo dovetti ballare.
Anche Ronnie Walliser fece spesso visita a Lumpi.
Quando mi incontrò, si professò molto arrabbiato con Dirk, affermò che quest'ultimo ingurgitava dieci
pillole e di più ogni fine settimana e cercò di istigarmi (così come Lumpi) ad una azione punitiva nei suoi
confronti, ad esempio scrivendo “spacciatore” con una bomboletta sulla sua macchina e cose simili.
Risposi che Dirk era solo l'uomo di paglia che si accollava felicemente, come un idiota, le responsabilità
delle azioni malandrine altrui: tutta la cricca era responsabile, a cominciare da Patrick Lecerf fino a Thilo
e Sandra e soprattutto Tilman Reinhardt così come Stephan di Zug.
Ronnie mi vendette a prezzi stracciati hascisc e California Sunshine: il prezzo dei Sunshine fu
improvvisamente di 3 marchi e 50 invece dei soliti 20, dai quali non scendeva mai nel caso di clienti
normali.
Dovevo essergli diventato particolarmente simpatico, perché improvvisamente affermò di ascoltare
Klinik e Frontline Assembly (EBM/Industrial) invece del “tralala”, sul perché di questo cambiamento
posso fare solamente supposizioni.
Comprai in grande ed il California Sunshine mi dovette bastare fino ad autunno inoltrato.
Lumpi, dal canto suo, mi disse:

“Alex, lascia passare molto tempo,


la gente a Basilea ha cercato di fare qualcosa di molto malvagio con te,
Basilea è una specie di centro per le cospirazioni.
Ti ricordi di quella sera al Grodoonia quando parlammo con i DJ?”

Eccome se me lo ricordo.
Secondo i due questa “cospirazione” era stata architettata dagli illuminati e chi non sa chi siano gli
illuminati può eventualmente leggersi i relativi libri di Robert Anton Wilson, un nome che comparirà
ancora spesso in questa biografia.
La figlia di R.A. Wilson (che si accorcia RAW), si chiama Christina (Martin, Martina, Bettina, Tino,
Tina, ...)
A detta di Lumpi anche il proprietario di Gaia Media nonché fondatore della casa editrice Sphinx di
Basilea, Dieter A. Hagenbach, che in questa biografia abbiamo già incontrato, era un illuminato.
Ma vi sono anche altre persone che sono implicate nella vicenda, questo lo rivelo già adesso.
Monique disse che per come mi ero salvato dalla trappola dell'undici di novembre ero un “uomo alfa” e
qui debbo tornare indietro a Piech e Krystel e soprattutto al diario di Aldous Huxley, che Krystel
possedeva, perché chi sono gli uomini alfa lo potete leggere ne “Il mondo nuovo / Ritorno al mondo
nuovo” dello scrittore che è stato appena nominato.
In questo libro, viene presentata una visione di una società futura suddivisa in caste, dove
l'appartenenza ad una di esse viene determinata già dalla nascita e gli uomini vengono condizionati già
durante l'infanzia, mediante l'uso di suggestioni ipnotiche, per essere più propensi ad accettare il loro
rango ed i loro compiti di appartenenza.
Gli uomini alfa sono la casta più alta, quindi coloro che guidano la società.
Il Lettore dotato di senso critico può qui argomentare, che non c'è bisogno di utilizzare l'ipnosi, tanto
abbiamo già la televisione che si occupa di questo condizionamento.
È vero, ci si deve chiedere solo come si controllano le persone che fanno la tv.

Anche Lumpi e Monique mi pregano di raccontare loro la storia come avevo già fatto con Murat e
Michael.
Dappima non veniamo interrotti. Quando però durante il racconto arrivo al punto già descritto, quello
dove incontro la Hash Ultra nel corridoio del bagno delle donne, vengo interrotto dallo squillare del
telefono.
È Roger, qualcuno che già all'Utopia mi aveva messo sotto il naso una donna. Il colloquio dura solo
pochi istanti.
Quando voglio riprendere il racconto, il telefono squilla nuovamente.
È Mike, un habitué afroamericano dell'Oxa ed una conoscenza della coppia.
Rimando nuovamente allo schema riguardante il rewiring neurologico del quale vi ho già parlato.

Ottmar cominciò nuovamente a chiamare, con modi sempre molto gentili ed invitanti, voleva che venissi
assolutamente a Kassel, l'Aufschwung Ost era stato eletto come miglior club tedesco, aveva pure
battuto l'Omen di Francoforte in una apposita classifica. Paesaggi in fiore, vino da fontane pubbliche e
ninfomani ovunque.
Raccontai ad Ottmar che ero in rilevanti difficoltà economiche e per questo in quel momento un viaggio
a Kassel per partecipare a delle feste non era proponibile, d'altro canto, però, mi stavo guardando
attorno cercando un posto dove in prospettiva traslocare perché non volevo rimanere nelle vicinanze
della Svizzera.
Le altre città nelle quali stavo seriamente meditando di traslocare erano Berlino e Monaco.
Berlino perché è semplicemente enorme e la possibilità di piantare le proprie radici in una metropoli
diventata, nel mentre, così spaziosa, sembrava molto allettante, colla visione limitata della situazione
che avevo allora.
A Monaco studiava invece mia sorella, quindi avrei avuto la possibilità di viverci a costi relativamente
accessibili.
Il clima politico bavarese, però, mi fu sempre inviso, mentre la leadership di Monaco, a quell'epoca, non
la conoscevo ancora, “ufficialmente”.

Ottmar non mollò e telefonò per dirmi che Sven Väth aveva suonato all'Aufschwung; aveva un tono
paterno che lasciava intendere che era informato delle mie esperienze ed allo stesso tempo mi invitava
in modo così amichevole da lasciar supporre che a Kassel mi avrebbero finalmente spiegato tutto e ci
sarebbe stato un lieto fine, per così dire.
Telefonò poi un'altra volta per comunicarmi che Pascal F.E.O.S. aveva suonato all'Aufschwung.
All'epoca non pensavo di avere a che fare con Mike Diehl dei Resistance D, ma con l'altra parte del
duo, ovvero proprio con Pascal F.E.O.S,. perché QUALE dei due musicisti fosse Murat sul retro di
“Inexhaustability” lo potevo solamente immaginare.
Nonostante Ottmar sapesse che Murat non era Pascal F.E.O.S., utilizzò la mia errata percezione della
realtà per attirarmi amichevolmente ed a braccia aperte nel mattatoio spirituale.
Come vedremo, Ottmar utilizzerà ancora diverse volte la mia “mappa della realtà” soggettiva per
depistarmi.

Con Thilo e Sandra non avevo quasi più contatti, perché erano ormai completamente succubi della
cricca di Gustl, Katrin e Hassan; anche con loro non era stato possibile discutere dell'accaduto.
Lumpi e Monique, invece, mi presentarono nuove persone: Kasimir “Kai” Mertens (chiamato Kaiser),
che viveva alle porte di Lörrach e Norbert Labbow, al quale facemmo visita un paio di volte o a
Grenzach o a Wyhlen, non mi ricordo più dove. Di Kai ho ancora un buon ricordo (anche se mi deve
ancora un bel po' di soldi), di Norbert molto meno.
Di quest'ultimo aveva già parlato Ronnie mesi addietro: il cocainomane senza speranza di redenzione.
Fu scelto per primo come assistente del mio indottrinamento.
Una volta ci guardammo assieme VIVA [un canale tv tedesco che ha in programmazione solo videoclip
musicali, nda].
Nullità di largo consumo come Captain Hollywood o DJ Bobo assalirono impietosamente ed
ininterrottamente la mia ratio musicale, già messa a dura prova dalle cassette Goa di Lumpi & Monique.
Il commento di Norbert, dopo circa mezz'ora di sintetizzatori suonati senza arte né parte e mescolati a
soul in conserva da prima serata, rappresentava la nemesi dello statement dei Kraftwerk, nonostante
l'involontaria citazione: “E andrà sempre avanti così. La gente vuole che sia così” [Norbert: “Es wird
immer so weitergehen”; Kraftwerk: “Es wird immer weitergehen, Musik als Träger von Ideen” - “Andrà
sempre avanti, la musica come veicolo di idee”, nda].

SBAGLIATO, NORBERT.
La gente è condizionata a volerla COSÌ quella roba, non la conoscono più in altra maniera a causa del
logorio mediatico che si protrae ormai da decenni e chi impara a conoscerla diversamente, trasferisce
sulla totalità del piano sociale il dislivello qualitativo che riscontra tra le realtà artistiche
dell'establishment e quelle con le quali si confronta realmente, colla conseguenza che ad un certo punto
smette di guardare la tv o perlomeno non crede più a quello che gli viene messo sotto il naso. Questo è
vero in particolar modo e più che mai in Germania.
Anche per quello che riguarda i cosiddetti “artisti”, siamo ormai da perlomeno due decenni nell'epoca di
Warhol, in particolar modo se ci si ricorda della sua famosa profezia: “ogni persona, in futuro, sarà
famosa per 15 minuti”.
Mi sa spiegare qualcuno perché dopo il successo fenomenale di “Use Your Illusion” per oltre un
decennio non si è praticamente sentito più nulla dei Guns'n'Roses? Quanto ha resistito il cantante dei
Nirvana dopo “Nevermind” (a proposito, vi sono molti indizi che lasciano supporre che Kurt Cobain
abbia fatto la mia stessa fine in materia di magia sessuale, la sua Hash Ultra fu Courtney Love)? Che
cosa fanno oggi gli Stone Roses? La lista si può allungare all'infinito.
Ho l'impressione che ci sia stata una linea di demarcazione nel passato, situata da qualche parte tra il
1986 ed il 1989, quindi durante la fine della cosiddetta guerra fredda.
Gruppi e singoli artisti che sono arrivati alla notorietà dopo di questa, sono riusciti a mantenere il loro
successo per massimo tre dischi, la maggior parte delle volte però solamente per uno, se non sono stati
così furbi (o così puttane) da sposare immediatamente l'establishment. Naturalmente non stiamo
parlando di prodotti di basso profilo per il mercato di massa come Britney Spears, questi sono solo
brave lavoratrici e bravi lavoratori.
Osservate: ascoltiamo ancora i Metallica e gli U2 continuano a riscuotere successi; Madonna (la Britney
Spears dell'intelligenthia) è ancora lì, seppur col trucco e la crema antirughe; persino gli Stones
riempiono ancora gli stadi.
Ma quanti, oggi, ascoltano ancora i Faith No More?
Questo non ha nulla a che vedere con un peggioramento qualitativo dei gruppi di oggi.
Formazioni tecnicamente ed artisticamente all'altezza di quelli vecchi ce ne sono a sufficienza: di solito
non escono perché le case discografiche non nutrono alcun interesse per loro.
È risaputo da tempo che l'industria discografica (o quello che di essa è rimasta dopo l'avvento del
Peer2Peer) non ascolta più le registrazioni dimostrative: artisti “seri” non sono semplicemente
controllabili (e arbitrariamente intercambiabili in caso di “disubbidienza”) come lo sono Britney Spears e
compagnia.
Quest'ultima costituisce la più semplice e orripilante forma di ancoraggio musicale del ritratto della Fun
& Sex Generation: senza preoccupazioni, superficiale ed irrilevante.
Chi oggigiorno festeggia il suo debutto da “artista” battendo una delle bandiere dell'ormai decrepita
industria musicale (e non solo di quella), di solito, già da lungo tempo, è stato prima concepito in
provetta e poi castrato come un Bonsai.
ALTRIMENTI NON SI SFONDA.
La “vera” musica elettronica costituisce una eccezione: la techno è asessuale ed iconoclasta, detto in
altre parole oggi ognuno si può creare la propria (e migliore) MTV con i plugin giusti di Winamp; per
questo motivo essa scorre quasi interamente su binari separati, al di fuori dei media propaganti cultura
di regime, come ormai quasi tutte le forme di arte che pretendono di essere prese “sul serio”.
In quell'occasione Norbert mi domandò anche chi detiene “il potere”, per poi darsi da solo la risposta: le
banche.
Sicuramente ha ragione, il capo della Deutsche Bank conta politicamente forse di più del cancelliere
tedesco.
Ma ci sono persone che contano di più del capo della Deutsche Bank?
Certo. Il capo dell'Allianz, ad esempio...
...e dietro di loro, si vocifera, i Rothschilds.
La Deutsche Bank a sua volta controlla, ad esempio, la Bertelsmann e la DaimlerChrysler.
Ma il mondo, FORSE PURTROPPO, non è così semplice.
Ci sono, ad esempio, anche petrolieri, mercanti di armi e venditori di droga.
Di sicuro c'è che nessun singolo e nessuna associazione di persone di piccola o media grandezza che
sia, ha realmente una chance di prevalere contro una corporazione del genere, anche se ha
palesemente ragione.
Come dice un mio conoscente: “Tutti hanno un prezzo”. Quasi tutti, Costal.
Ma se qualcuno non si lascia corrompere, si possono comprare tutti quanti attorno a lei/lui.
Comunque sia, un tale potere induce a comportarsi da despota, ad assurgere a Dio o a Re Sole ed
esattamente questo è accaduto sulla mia pelle.

Kai invece viveva dall'altra parte della strada di un Kaiser's a Lörrach.


Sua moglie era molto brutta ed aveva una voce molto bassa e rauca, quella dell'ex-tossicomane per
antonomasia.
Con l'esperienza di oggi ritengo che l'aspetto di lei, messo a confronto con quello di lui, lasci supporre
che Kai sia stato sottoposto allo stesso “trattamento” mio, Lumpi menzionò molto più avanti anche
qualcosa che confermerà questo sospetto, ossia che lei credeva nella magia nera. Con lei, però, dovetti
avere solo contatti saltuari, anche se si comportò sempre in maniera amichevole e premurosa nei miei
confronti.
Una delle prime affermazioni della coppia fu che apprezzano persone come me, che si lasciano andare.
Mi domandai ovviamente come lo sapessero, perché ufficialmente ci eravamo conosciuti dieci minuti
prima, ma comunque lo fossero venuti a sapere accolsi molto volentieri queste parole anche perché
arrivarono in un momento nel quale ero veramente affranto.
Kai era un asso del bricolage, mi ricordo che nel breve periodo di tempo durante il quale facemmo visita
alla coppia installò un impianto di luci alogene complete di trasformatore.
Lumpi, Monique ed io fummo sempre accolti da una tazza di tè caldo e da della buona erba di
produzione propria.
Per sopravvivere, Kai lavorava un mese all'anno per la grande industria, preferibilmente per la
Volkswagen e la Siemens, i restanti 11 mesi si occupava di altro, è proprio il tipo di persona che non sa
stare con le mani in mano.
Era capace di programmare robot della Siemens che servivano nelle grandi catene di produzione.
I computer erano vecchi, i programmi rudimentali, ma bisognava saperlo fare e lui ne era capace.
Disse di adoperarsi per me; alla fine non mi farò aiutare, perché avevo già deciso da lungo tempo di
lasciare la regione, ma l'offerta era da prendere su serio, perché mi raccontò di voler costruire tavoli
elettronici (qualcosa come quello che oggi è Microsoft Surface) esattamente così come anni addietro,
nei miei sogni, avevo progettato di fare e discusso con Karl Heinz e Hans Eugen, per poi alla fine
cozzare contro il “niet” finanziario dei miei genitori.
Penso che all'epoca si fosse veramente offerto di contribuire a sviluppare il progetto, grazie Kai.
Per raccontarmi che in vita sua aveva già riscosso soldi per papponi, però, aspettò fin quando presi
un'abbondante porzione di funghi allucinogeni e questa diventerà una costante: la setta aspettava
sempre che io fossi sotto l'influsso di allucinogeni lisergici per parlare di temi scottanti, in modo
che l'imprinting sul mio comportamento in merito all'LSD e ad allucinogeni simili ottenesse la
desiderata caratterizzazione negativa.

Monique mi raccontò di una città che era stata costruita negli Stati Uniti in modo che non fosse a rischio
di alcun tipo di catastrofe naturale di carattere meteorologico. Gli architetti avevano tentato di conferirle
un'atmosfera da parco Disney - il nome Disney, in questo libro, comparirà ancora spesso.
Ma la città non era stata concepita per attirare turisti, al contrario, sia i confini della città che il suo
interno venivano strettamente monitorati ventiquattro ore su ventiquattro: doveva diventare una città per
una élite scelta, una specie di “arca di Noè” per nuovi ricchi e managers.
Questo, tra l'altro, è un leitmotiv di determinate sette: la fine del mondo è vicina, solo pochi si
salveranno, chi è con noi ci riuscirà sicuramente perché ci stiamo già preparando.
Le paure primordiali dell'individuo vengono utilizzate per eliminare gli ultimi residui di moralità.
Più avanti verrò appropriatamente educato in merito anche da Ottmar.
Una volta a Kassel, infatti, ci terrà ad informarmi che l'umanità sta sfruttando il suolo in maniera
talmente irresponsabile da renderlo inevitabilmente sterile nel giro di cinquanta o massimo cento anni:
per questo motivo la maggior parte delle persone morirà in un futuro relativamente prossimo a causa di
una carestia, l'aumento dei prezzi è strisciante ma distintamente registrabile. Lui, che studia costruzione
paesaggistica, dovrebbe essere un esperto in materia.
Non è un caso che proprio Al Gore se ne vada in giro a propagandare un film come “Una verità
scomoda” per reclutare sostenitori: come si scoprirà nel proseguo di questa biografia, l'ex vice
presidente degli Stati Uniti fa parte della setta ed è probabilmente ipnocontrollato.
Ci si ricordi anche delle aerografie che mi pose in mano il mio locatore.
Il problema è che si stanno veramente moltiplicando gli indizi che portano alla conclusione che ancora
in questo secolo vi sarà una catastrofe su scala globale; sicuramente, però, la setta non sarà la forza
che la impedirà, al contrario, sarà forse parte di essa o una delle sue cause principali.
Perché un catastrofismo di questo tipo sfocia facilmente in una filosofia “carpe diem”, quindi “cogli
l'attimo”, dalla quale si riesce a sua volta a derivare agevolmente un atteggiamento del tipo “dopo di noi
il diluvio”, che da una parte fa naturalmente molto comodo alla setta, ma che dall'altra è palesemente
deleterio per lo sviluppo a medio e a lungo termine del pianeta.
Al “Carpe Diem”, il bar che si trovava a Liestal un paio di strade più in là dell'appartamento di Murat ed
Erich, avevo già fatto caso a quel tempo, perché avevo riconosciuto accanto all'entrata un paio di
visitatori delle manifestazioni degli Happy People. Il motto “carpe diem” lo ritroverò scritto con la
bomboletta spray sulla parete della cucina di Ottmar, oltretutto la marca di bibite “Carpe Diem” non si
chiama così a caso: il proprietario, che è lo stesso che possiede la Red Bull, è di Salisburgo e
buddhista, il che significa a sua volta che conosce benissimo Natascha.

Nella mensa del supermercato di Laufenburg potei osservare una volta una donna, del tipo “sciattona”
del ristorante giapponese di Francoforte, comprare due inattendibili e quasi trasparenti fettine di vitello;
poi anche una controfigura di Peter Maffay [cantante tedesco, nda] che sembrava estremamente
interessato a vedere quanti soldi avevo esattamente ancora nel mio portafoglio; infine fui sorpassato da
un Boris Becker su una Mercedes in autostrada.
La setta possiede talvolta anche il senso dell'umorismo.
Pregai Hans Eugen di prolungare il lasso di tempo di preavviso di licenziamento da tre a sei mesi,
spostando quindi la mia dipartita dall'azienda da fine marzo alla fine di giugno, così come di redarre un
attestato di lavoro.
Tutte e due le richieste mi furono accordate.

Lumpi ci tenne a precisare che suo padre aveva a che fare solo con donne e non con droga (vedi il
“dove ci sono donne, c'è droga” che supposi con Hassan poco prima di San Silvestro) ed inoltre, a sua
detta, suo padre veniva chiacchierato solamente perché era abile nel risparmiare tasse.
Chiesi a Lumpi se fosse stato possibile arrivare ad uno scanner anti cimice attraverso il suo vecchio.
Dapprima disse che non avrebbe dovuto costituire un problema perché anche lui aveva avuto delle
grane del genere in passato; dopo essersi consultato, però, la richiesta diventò improvvisamente
impossibile da esaudire per motivi poco plausibili.
In compenso fu Norbert, quando gli facemmo nuovamente visita, a parlare di cimici ed altro.
L'unico ornamento cartaceo delle pareti del suo appartamento era un poster dell'Oxa di Zurigo.
Vicino al suo stereo: un mixer, al quale sono collegati due comuni lettori CD di basso costo come dal
cocainomane del vicolo delle banche dal quale mi portava sempre Hassan, in compenso questi non
sono pitchabili e Norbert non possedeva un giradischi.
Una cosa era sicura: se il tipo aveva mai missato, allora solo da poco.
Sul tavolo, accanto a delle strisce di ottima coca (la migliore che abbia provato in vita mia), un taser
rotto.
Norbert ci descrisse con imbarazzante precisione quanto questo apparecchio fosse pratico e quali
campi di applicazione si immaginasse per esso.
Sembrava particolarmente divertito dal fatto che la vittima di un taser di quel tipo non avesse nemmeno
il tempo di aprire bocca prima di cascare come una pera cotta tra le mani, per usi futuri.
Ad esempio per essere sciolto nell'acido muriatico.
Ma va, Norbert, vivi ancora nel secolo scorso, una cosa del genere non serve più se si è già arrivati al
potere.
Fantasie del genere lasciale meglio ad infime creature come il sottoscritto, occupati invece delle tue
piantine di erba.
Tutti quelli con cui avevo a che fare piantavano erba in quel momento; io, invece, mi rifiutavo di imitarli,
perché coltivare erba avrebbe significato rimanere nella regione dell'alto Reno fino all'estate ed avevo
deciso già da tempo, per l'appunto, di andarmene. La setta fece tutto il possibile per dissuadermi dal
consumo di hascisc in favore di quello di erba, soprattutto aumentando i prezzi delle tavolette e
diminuendo quelli dell'erba che mi procurava Lumpi; pensai all'inizio che fosse un caso, ma presto mi
accorgerò che si trattava di una tattica riconoscibile.
Mi opposi con testardaggine e preferii pagare il prezzo più alto e la qualità peggiore dei tocchi di fumo.
Per quanto riguardava le cimici, Norbert ci descrisse, stavolta solo figurativamente, il suo modello
preferito: una specie di babyfon, quindi una ricetrasmittente che si attiva solamente quando si parla
davvero oppure quando si odono forti rumori.

Torniamo a temi più leggeri: uscì un nuovo disco dei Front 242, che si dovette purtroppo dimostrare solo
una raccolta di vecchi brani, per di più missata male; per i giganti dell'EBM, però, sarà un anno
eccezionale.
La SPV si mise a produrre solo Goa, uscì una nuova raccolta sotto il nome di Brainticket e poi più nulla,
il resto fu solo immondizia o meglio: i negozi di dischi che conoscevo non distribuivano più alcuna
techno degno di questo nome.
Per comprare qualcosa di ascoltabile che non provenisse dalla Warner Brothers dovetti recarmi
perlomeno al WOM di Friburgo.
Uscirono un nuovo disco degli Skinny Puppy, “The Process”, l'ultimo con Dwayne Rudolph Goettel,
nonché un nuovo CD dei Download (un side-project degli Skinny Puppy con, tra gli altri, un cantante
diverso), “The Eyes Of Stanley Pain”, il primo dopo la morte del tastierista e compositore appena
nominato.
D.R. Goettel si era suicidato con una overdose nel 1995 dopo il completamento o del disco degli Skinny
Puppy o del lavoro precedente dei Download. Prima di commettere il gesto lo aveva anche annunciato.
L'ultima maxi dei Download con lui (quindi ancora PRIMA del suo suicidio), chiamata “Microscopic”
portava sulla copertina un ologramma di un ingrandimento al microscopio di acari – con queste bestiole
e simili forme di tortura mediante privazione del sonno dovrò combattere anch'io per anni, più
informazioni a riguardo quando ci arriveremo.
“The Process” è forse il peggiore disco degli Skinny Puppy fino a quel momento e non ha nulla a che
vedere con i capolavori del gruppo, quelli ancora caratterizzati dal gusto della sperimentazione.
Solo un paio di brani si salvano, tra gli altri quello dal quale prende il titolo l'album: chi comprende il
testo di quella canzone, crede di intuire il processo psicologico voluto dalla setta per piegare l'animo del
membro da reclutare.
Il resto sembra imposto dalla casa discografica ed è, per quello che erano una volta gli Skinny Puppy (e
che sono ancora idealmente per i loro ammiratori), un vero insulto. American Recordings è sicuramente
di altro avviso.
Più interessante dovette invece rivelarsi “The Eyes Of Stanley Pain”, per diversi motivi.
Innanzitutto, essendo di per sé il primo disco dei musicisti degli Skinny Puppy SENZA D.R. Goettel,
costituiva la prima occasione per misurare il peso artistico di quest'ultimo a confronto di quello dell'altro
elemento creativo del gruppo, Cevin Key. Ed in effetti al disco manca quel qualcosa che aveva reso
immortali gli Skinny Puppy, i Download, i Doubting Thomas, gli Hilt e tutti gli altri progetti di Key &
Goettel.
Qualcosa di inafferrabile, il colpo di genio, “the rosebud in the fire” come lo definirebbe Jello Biafra col
suo sarcasmo al vetriolo (anche se non ho alcuna intenzione di fare qui del sarcasmo), lo spirito nella
macchina, l'autocompiacimento nella melancolia del racconto musicale (che però non serviva mai per
inscenare sé stessi!), la profondità del buio, un certo tipo di plasticità emotiva.
“The Eyes Of Stanley Pain” sembra registrato in un ambiente industriale insonorizzato sotto influsso di
anfetamine.
Con questo non intendo affermare che il disco sia brutto.
Con gli Skinny Puppy, però, non aveva più nulla a che fare, cosa che non si poteva dire dei precedenti
“Microscopic” e “Furnace” (Download e Cevin Key miglioreranno qualitativamente molto dal 2000 in
poi).

Un brano che si distacca nettamente dal resto per il suo stile è “Separate”.
Su quel brano credetti per anni di ascoltare veramente D.R. Goettel:

“SIAMO LA TUA NUOVA FAMIGLIA


Dove sei ora?
Ti evolverai e maturerai?
Questo è il sogno che finisce
Questa è l'ultima chiamata
Che nessuno può cambiare
Quella che non poteva mai accadere”

Ci si può domandare, quale sogno finisca per chi canta questa canzone.
Forse il sogno della libertà, quello di non ricevere mai più una chiamata dalla “nuova famiglia”.
La voce si rivelerà poi quella di Genesis P. Orridge, qualcuno che conosceva molto bene Robert Anton
Wilson e che sembra anche lui avere un paio di ancoraggi di troppo in testa – questo, perlomeno, lo
intuisco da una intervista di Disinformation dove ho visto e ascoltato una discussione tra i due e dalla
quale, in questo libro, verrà ancora citato.
Al concerto dei Download del 1996 questo passaggio veniva suonato da un campionatore e non
cantato dal vivo, perché Genesis P. Orridge non c'era: ad ogni modo sicuramente non era la voce di
Mark Spybey!
Come penso possiate immaginarvi, per mesi non riuscii a scacciare dalla mente questa canzone – non
poteva certo essere di aiuto per minimizzare il mio “delirio paranoide”.

Ottmar si fece sentire ad inizio di aprile per invitarmi nuovamente a Kassel.


In realtà ero già stato convocato al Partykeller di Yves, Pascal mi aveva già comunicato la notizia e quel
fine settimana, a detta di Murat, sarebbe dovuta cominciare la primavera.
Stavolta mi decisi di andare a Kassel e di portare con me, per sicurezza, Lumpi e Monique.

E quindi ci mettiamo in viaggio colla mia gloriosa Fiesta: Monique, Lumpi, Shiva (il loro cane) ed io.
Quando arriviamo nella Wolfhagerstr.102 e saliamo le scale per raggiungere l'appartamento di Ottmar
al quarto piano, questi ci aspetta già davanti alla porta di ingresso con un sorriso ampio, amichevole ma
leggermente forzato e ci saluta con uno sportivo “benvenuti”.
Dava l'impressione di essere nei guai e penso che, per quello che si era riproposto, Lumpi e Monique
fossero un fattore di disturbo, ma proprio per quel motivo li volevo avere per sicurezza, perché che
Ottmar avesse qualcosa a che fare con la storia lo intuivo già e per questo mi potevo fidare solo in parte
di lui.
Ottmar fece buon viso a cattivo gioco (telefonato) e ci lasciò entrare tutti quanti.
Ospiti di Ottmar che ci lasciarono relativamente presto: un tale che si spacciava per pappone da quattro
soldi con una folta e lunga chioma e scarpe ottenute mediante l'uccisione di un rettile non meglio
identificato; inoltre una donna che doveva essere riciclata come dominatrice (per chi?!? per me
forse?!?).
Ospiti a me invisi che non se ne andarono così presto: Axel (esatto, quello di Tübingen) ed un tizio che
dava di proposito l'impressione di essere mutilato cerebralmente (dalla sua bocca uscirono meno di
cinquanta sillabe nel corso di tutto il fine settimana), che si spacciava per “hippie”, così “hippie” quanto
secondo la setta non dovevo essere più io; in verità, però, a parte il suo ruolo di cattivo esempio, questi
si scoprirà soprattutto essere proprietario (a detta di quelli di Kassel) di un non meglio specificato cane
“pericoloso”.
Axel parlò subito degli ottanta marchi che mi doveva ancora per le quattro pillole della Streetparade.
Lo fece soprattutto per portare le lamentele che avevo fatto con Thilo e Sandra sul suo comportamento
impossibile (ci si deve chiedere però, come LUI fosse venuto a sapere del fatto che mi ero lamentato
con loro) su un piano da me odiato, ovvero quello economico, e restringerlo a quello; quindi gli spiegai,
con diplomazia ma dettagliatamente, tutta la mia avversione per il suo atteggiamento (alla fine però i
soldi non me li restituì lo stesso).
Ottmar “simpatizzò” con il modo in cui trattai l'ospite di Tübingen, raccontandomi poco dopo, quando
Axel non fu presente, che ora, dopo le mie esposizioni, aveva sviluppato “un occhio di riguardo” per
Axel.
Durante il fine settimana dovetti conoscere altre tre persone: Silvana Popa, un incantevole acquisto
dalla Romania, così come Anja Brost, che viveva al piano sopra quello di Ottmar ed il suo amico, “Frank
Memmler” (il suo nome vero lo rivelo già qui: Frank Martin Strauß – Martina, Bettina, Cristina, Tina,
Tino, ...).
Quel fine settimana fu presente anche Tatjana, la ragazza di Ottmar.
Lumpi e Monique erano come elettrizzati, si comportavano come due ragazzini in una foresta incantata,
anche se dai riflessi indiano-gotici. Monique parlò con malcelato entusiasmo del fatto che gli intrighi
venissero ideati a bordo pista.
Lumpi a sua volta non poté trattenersi dal chiedere a Ottmar se la sua scrivania conteneva un “cassetto
segreto”, allorché chiesi a Lumpi nuovamente come arrivasse ad una tale idea. Rispose che la materia
lo affascinava. Beh allora...
Scusa solo se ho chiesto, Lumpi, ahem no, Bernhard, Lumpi adesso si chiama Bernhard, me lo debbo
assolutamente ricordare. Anche Ottmar lo pronuncia perfettamente: “Bernàrd”.
Axel litiga con la coppia che era venuta con me, mostra poca comprensione per la loro presenza mentre
cerco di arrivare ad un serio colloquio con Ottmar; mi interrompe un paio di volte con frasi che avevo già
detto come “ti sei cacciato in un gioco più grande di te” (vedi a casa di David Schmid nel novembre del
1995) per farmi capire, che sapeva benissimo che cos'era successo.
Penso che ancora nella prima notte, mentre tentavo disperatamente di cominciare un colloquio con lui
sotto estasi, osservò che adesso arrivava la primavera. Subito dopo questa frase entrò nella stanza
Miss Popa, come la chiamava Frank, che si mise a conversare per un po' con Ottmar, il quale mi era
seduto accanto, mostrando a noi (in particolar modo a me), fatti di estasi, tutta la bellezza del suo viso
asciutto.
Tempismo perfetto. Gesto inequivocabile. Quartiere appropriato di Kassel.
Ottmar mi raccontò anche che aveva fatto pace con il personale dell'Aufschwung Ost per la presunta
scazzottata, adesso conosceva persino il capo ed entrava gratis nel locale. Questo si dice fare
carriera...
Porto in giro in macchina il nostro anfitrione, cercando di arrivare nel mentre ad un colloquio degno di
questo nome, senza successo: Silvana Popa è sempre lì ed impedisce così, semplicemente colla sua
presenza, ogni possibilità di parlare seriamente ad Ottmar, anche se ci provo in tutte le maniere – pare
non dovesse accadere.
Ci corichiamo relativamente presto, la stanza nella quale ci mettiamo è piena; Silvana dice che nell'altra
stanza, dove si coricava lei, c'era ancora un posto libero. Io non ho udito nulla, sto già dormendo.

Il giorno dopo, con Frank e l'hippie, ci mettiamo alla ricerca di un locale dove poter festeggiare, perché
vogliamo FINALMENTE FESTEGGIARE! Anche Ottmar lo dice in continuazione.
Lumpi ha affogato i suoi demoni nella notte, Axel è sparito (nessuno lo rimpiange), anche Miss Popa se
l'è svignata.
L'Aufschwung Ost è chiuso, c'è un altro locale dove dovrebbe suonare Jens Lissat come DJ.
Quando entriamo nel locale, Jens Lissat suona male.
Niente Goa, ma comunque troppo monotono ed anche a quel ritmo monotono sembra non missare in
sincronia. Giusto tollerabile se strafatti, ma il piede si alza lo stesso a fatica.
Ma pensai “fanculo la musica”, è bello festeggiare di nuovo e l'importante è con chi si festeggia. Quanto
ero ingenuo...
Torniamo, è già molto tardi, in breve dobbiamo partire. Ottmar suona un tape di Goa; credo di ascoltarci
una differenza dalla solita cantilena e lo comunico anche alla truppa, per poi pentirmene.
Frank racconta qualcosa di sé stesso: quando l'EBM la faceva da padrone nella scena della musica
elettronica, aveva riscosso successo con un brano chiamato “Fahrenheit 451”, il brano ce l'avevo e
all'epoca mi piacque, l'etichetta che lo aveva pubblicato era quella di Talla 2XLC. Questa la chiamo
street credibility! Mi incoraggiò a cominciare a missare.
Questo è importante, perché presi sul serio questo incoraggiamento per come me lo disse: in maniera
gentile e serena.
In qualche modo prometteva bene, la fine riuscita di una escursione durata un weekend.
Poco prima della conclusione, Ottmar parlò di una maestra di reiki, chiesi allora che cos'era il reiki,
rispose: L'IMPOSIZIONE DELLA MANO. Tornai con le mie immagini nelle mie memorie, come si
voleva, alla after di Sven Väth.
Poi Ottmar continuò: “Si tratta di esoterica. Credi all'esoterica, Alex? No, Alex crede solo a quello che
vede, ascolta ed avverte” (vedi ancora a casa di David Schmid alla fine di ottobre del 1995).
Ottmar è appoggiato a Tatjana, Anja a Frank, tutti ci sorridono fraternamente.
Un mondo perfetto. Come una foto per la stampa. Say CHEESE!
Lasciammo l'appartamento e partimmo.

Il viaggio aveva prodotto in tutti noi una impressione positiva.


Sapevo che Ottmar aveva qualcosa a che fare con il tutto ma lo credevo un amico.
Mi aveva offerto di traslocare a Kassel ed il fatto che Frank volesse che missassi per lui solleticava la
mia fantasia: all'inferno la Svizzera, me ne vado a Kassel, trovo lì un lavoro da programmatore e forse
attraverso Ottmar e Frank riesco anche a suonare all'Aufschwung ogni tanto, nessuna gran carriera
come da Tarot ma chi se ne frega, l'importante è divertirsi. E la Warner Brothers non la suono. In effetti
potrei cominciare a missare... MA CON I CD!
Giradischi a velocità regolabile non me li compro, BECCATI QUESTA, MURAT!
Beh, se lo faccio debbo prendere un credito addizionale in banca.
Mi lascio confermare da Hans Eugen che sono ancora impiegato in azienda e vado in banca per
ottenere 10000 marchi aggiuntivi, che mi permetteranno anche di respirare per qualche tempo.
L'impiegata di banca non crea difficoltà. Comprerò l'attrezzatura a Francoforte.
E così accadde che per l'incoraggiamento di un vampiro, una esortazione che, come si vedrà, non era
da prendere sul serio, arrivai veramente a comprarmi due CD pitchabili. Oggi posso affermare, che si
trattò di soldi spesi bene: questi due Pioneers mi hanno permesso un paio di volte di prendermi una
rivincita.
Lumpi e Monique non sembrarono molto entusiasti del mio acquisto, al contrario, Lumpi in particolar
modo mi disse con tono piuttosto sdegnoso: “Ti serve solo la borsa da DJ”, come se si fosse aspettato
da me un comportamento diverso.
Il problema è che Lumpi, come il 70% della popolazione, è un visivo; io invece faccio parte di quella
minoranza di un 10% della popolazione che utilizza il canale auditivo come sistema di rappresentazione
principale.
Lui si guardava più volentieri dei film, io preferivo invece ascoltare musica.
Monique osservò, che alla mia storia avrebbe calzato, al meglio, un libro, ma con questo non aveva in
mente il libro che il Lettore in questo momento sta leggendo.
A quale libro si riferiva lo vedremo quando verrà il momento.

Frank mi spedì un cassetta, un tape molto erotico: Björk che canta una cover di Marvin Gaye (“Sexual
Healing”), Kinski con il suo “Erdbeermund” e materiale simile.
Sulla cassetta oppure sulla busta c'era un teschio molto particolare, disegnato da Frank: lo conoscevo.
Infatti avevo visto lo stesso teschio su una cover di una maxi dei Bigod 20, alias Jallokin (nota e stimata
grandezza dell'EBM tedesco, la metà dei Moskwa TV e collaboratore di Talla 2XLC) alla fine degli anni
80.
Il riapparire di questo simbolo incrementò ovviamente ancora di più la mia curiosità sul peso musicale di
Frank e costui fornirà durante i nostri incontri ancora più elementi che stimoleranno la mia fantasia.
Telefonai ad Ottmar durante la settimana e gli raccontai anche delle mie preoccupazioni: innanzitutto
Tatjana Murgia assomigliava molto a Jucy.
Inoltre gli raccontai che volenti o nolenti vi erano circoli israeliti coinvolti nella faccenda, David Schmid
era un nome giudaico, Jucy aveva un aspetto maledettamente giudaico ed anche il nome Kidman (!) lo
era.

La volta seguente che andai da Kai, dopo aver discusso di eventuali piani per la costruzione di tavoli
elettronici, ebbe qualcosa di speciale da mostrarmi. Era nella sua vetrina, illuminato da una apposita
lampada: un opale.
Disse che questo opale, che teneva in così alta considerazione, lo avevano tirato dietro a sua moglie.
Kai è la persona giusta per valorizzare quello che gli altri buttano via, ma questa volta non si trattava di
una radio rotta o di un altro oggetto di poco conto, no: si trattava di una vera pietra preziosa.
La domanda che ci si pone, naturalmente, è quale mano si può permettere di trattare in maniera così
sprezzante una pietra così preziosa. Ma nel mio caso ci si pone anche un'altra domanda: PERCHÈ KAI
LO MOSTRA PROPRIO A ME?
Ad ogni modo questo episodio incrinò il rapporto tra Kai e me: a chiunque la mano fosse pure
appartenuta, con essa non volevo avere a che fare. Purtroppo non è così semplice...
Era già metà aprile, l'ultimatum di Hans Eugen scadeva a giugno ed in qualche modo, beh in qualche
modo bisogna anche poter mangiare, tutto ha un costo. Ma DOVE cercare, ora, una nuova
occupazione?
Michael Tritschler mi propose Colonia, quindi la sede della RTL [la tv della Bertelsmann, nda].
Io invece ormai vedevo in realtà solo queste possibilità: Berlino, Hannover, Amburgo, Monaco e Kassel.
Murat mi aveva detto che Berlino la conosceva bene, ma questo non mi spaventava; Ottmar mi aveva
espressamente sconsigliato Hannover e questo era stato discusso con altri, perché mi portò alcuni
“esempi” tipici della setta riguardanti Hannover.

Fu assunto un nuovo collaboratore in azienda, in modo che l'avvicendamento nel reparto


programmazione filasse liscio come l'olio.
Hans Eugen, dal canto suo, rifiutò fermamente di concedermi il permesso di continuare i programmi da
solo e finalmente secondo i miei gusti, cosa che all'epoca non capii ma che oggi, visti quelli che
risultarono poi essere i veri rapporti, posso perfettamente comprendere: la relativa clausola nel contratto
di lavoro non fu invalidata, nonostante l'avessi pregato in merito.

Fu di nuovo weekend. Ottmar si era fatto sentire a metà settimana per comunicarmi che all'Aufschwung
ci sarebbe stato qualcosa di piccante e che ero volentieri invitato. Perché no, mi dissi, quindi partii o già
il venerdì o il sabato.
Il party si rivelerà poi come molto conservatore, ma gli allucinogeni che presi furono sufficientemente
buoni per sopperire alla mancanza delle annunciate conigliette.
All'appartamento di Ottmar, ancora sotto l'effetto degli allucinogeni, tornammo però con due volti nuovi:
Torsten da Peine e la sua amichetta dai capelli rossi e molto altezzosa (che si schifò visibilmente anche
solo nel darmi una mano).
Si noti che già qui i capelli rossi verranno utilizzati come condizionamento negativo.
A detta di Ottmar, Torsten è “un bravo ragazzo”, così come lo saranno tutti i membri della setta nelle sue
esposizioni.
Il sottofondo musicale: Earth Nation, un brano che già conoscevo ma che a causa dello sballo non
riuscii subito ad identificare. Fortunatamente mi assistette Tatjana e le mie memorie furono riattivate con
successo.
L'effetto degli allucinogeni comportò, come al solito, che ascoltassi più la musica che il colloquio di
Torsten, che si dovette poi rivelare come importante, perché il tizio non era arrivato per caso.
Gli spezzoni del discorso che Torsten fece con Ottmar che riuscii a decifrare furono: “C'è un tipo in
classe mia...” (Torsten già all'epoca non andava sicuramente più a scuola, a meno che non fosse stato
bocciato perlomeno una mezza dozzina di volte) “...che ha uno sguardo pazzesco...” (i suoi occhi
mimano la gesticolazione di un ipnotizzatore psicopatico) “...e lo sfrutta pure in tutto e per tutto...” - il
resto affogò nei suoni e dapprima non diedi la necessaria rilevanza al discorso, preferii invece ascoltare
la musica, visto il mio stato.
Vi prego di notare, come lo sballo da LSD venga utilizzato nuovamente per introdurre temi
scottanti o comunque estremamente rilevanti, come condizionamento negativo.
Quello di cui mi accorsi fu che Frank “Memmler”, che in effetti a Kassel era solo venuto a trovare Anja
Brost, dopo la “visita” di Torsten mi guardò con una faccia intristita per tutto il fine settimana.
Il signor Memmler rivelò altre cose di sé: disse di aver collaborato con Blixa Bargeld degli Einstürzende
Neubauten ad un progetto musicale chiamato Dekadenz, parlò di concerti dei Neubauten e sottolineò
più volte durante il nostro colloquio, che Blixa Bargeld possedeva una voce da giudizio universale.
Frank voleva così instillare in me il pensiero che potessi forse ricalcare le orme del cantante dei
Neubauten.
Fino ad oggi non ho trovato traccia di un Frank Memmler COME TALE nella storia della musica e
quando più avanti gli chiesi se era F.M. Einheit degli Einstürzende Neubauten mi rispose di no, ma
motivi per dubitare della veridicità di questa risposta ne ho eccome.
A detta di Ottmar era Frank quello che se ne intendeva di musica, lui stesso, in realtà, aveva imparato
ad apprezzare la techno solo attraverso Frank, o detto in altra maniera: Ottmar ci tenne a sottolineare
che con l'industria discografica non aveva nulla a che fare.
Con quale industria, allora? Non certo con quella del software.
Con quella però avevo intenzione di continuare a guadagnare il mio pane quotidiano.
Spiegai ad Ottmar le mie esperienze con l'azienda Profiler, adducendo che davano l'impressione di non
avere alcuna dimestichezza di quello che professavano di volere. Ottmar mi chiese quali giornali
leggevo per trovare delle inserzioni per annunci di lavoro. Risposi onestamente: la Berliner Morgenpost.
Si offrì più volte di affittarmi la stanza accanto alla sua per 200 marchi (circa 100 euro), aggiungendo
che “le persone perbene se ne vanno da Aschaffenburg”, perché lui prima viveva ad Aschaffenburg, io
invece vicino Laufenburg, il paese della mia azienda.
Frank raccontò quel fine settimana che i lavori dei Test Dept., un gruppo noto ed onorato nell'ambiente
dell'industrial elettronico, veniva sussidiato dagli Agnelli (ebbene sì, stiamo parlando della FIAT).
La setta sapeva che avevo meditato molto sul colloquio, avuto tra Natale e capodanno dell'anno prima,
con quel tipo del vicolo delle banche di Basilea.
Raccontò anche, quasi quale conferma ultima delle mie supposizioni, di essere un grossista per ricambi
di automobili.
Prima di tornare a casa, Ottmar e Tatjana mi raccontarono di frequentare un corso di yoga tutti i lunedì.
Io, però, quel corso non lo dovetti mai visitare.
Praticamente ormai ero dal lunedì al venerdì in azienda ed il fine settimana con la macchina in giro per
la Germania, prendendo Kassel solitamente come base d'appoggio.

Si ebbero nuove notizie dei Finitribe.


Il gruppo, che aveva iniziato la sua attività come formazione di Industrial/EBM puro alla One Little Indian
(l'etichetta discografica dei Sugarcubes, l'ex-gruppo di Björk), a metà degli anni ottanta, con ammirevoli
successi artistici e che fece poi persino sfoggio di missaggi di Andrew Weatherall, pubblicò un disco che
però risultò talmente irrisorio all'ascolto da farmi perdere definitivamente qualsiasi interesse per la band.
Parlai nuovamente con Lumpi e Monique di Ottmar e Frank.
Ero quasi sicuro che Ottmar e Frank avessero contatti con Murat ed altri.
Per questo dissi anche a Monique, parlando dell'accoglienza amichevole che avevamo avuto a Kassel:
“Se Murat ed Erich sono i cattivi, allora dove sono i buoni?”
Ottmar risponderà più tardi, a Kassel, a questa mia domanda, durante un fine settimana nel quale tutti,
persino la ragazza di Torsten, quella che ritenevo arrogante, si comportarono improvvisamente in
maniera gentilissima: “E noi chi siamo? I buoni? Se questa è la tua opinione...”
Che ci fossero vie di comunicazione tra quelli di Kassel e Lumpi e Monique fu confermato, col tempo,
mediante molte “coincidenze”.

Frank aveva un gusto musicale simile al mio, cosa che per me fu sempre un motivo per rifornire di
musica chi così si mostrava: fu subissato di scatoloni pieni di CD della mia collezione.
Utilizzai le mie puntate a Kassel per poi arrivare allo WOM di Hannover, dove fui finalmente di nuovo in
grado di approvvigionarmi con musica degna di questo nome; tra gli altri riuscii ad ottenere una copia
dell'edizione limitata in CD doppio dell'appena pubblicato “Subliminal Sandwich” dei Meat Beat
Manifesto, una delle formazioni più geniali appartenuta ancora all'età d'oro dell'EBM, che nel frattempo
si era rimpicciolita, diventando una one-man-band, ovvero il solo Jack Dangers.

Il disco è veramente un capolavoro, l'attestato di maturità artistica di Jack Dangers: uno spessore ed
una classe che mai prima e (fino al momento della stesura finale di questo documento) mai più sarà
raggiunta dall'artista, semplicemente l'evento musicale del 1996 per tutti gli appassionati di musica
elettronica.
Acid jazz per astronauti.
La riscoperta di un tipo di dissonanza della quale, dall'insenilimento degli XTC in poi, se ne sentiva
molto la mancanza (tra l'altro Jack Dangers è di Swindon come Andy Partridge e Colin Moulding).
Forse solo “Evil Off” dei Front 242 (pubblicato nel 1993) è comparabile a “Subliminal Sandwich” per, allo
stesso tempo, ispirazione, complessità e genio, altrimenti nessun altro lavoro della storia dell'EBM.
Gli affezionati che seguono i Meat Beat Manifesto da sempre (me compreso) preferiscono di solito
l'irriverenza ruspante di “Storm The Studio” (1989); anche il più nostalgico deve però ammettere che le
finiture del panino subliminale sono decisamente superiori e che tutto sommato esso rappresenta
ancora un buon compromesso tra lo spirito sperimentale della prima ora ed il manierismo dub & jazz dei
lavori che seguiranno.
Ma per la nostra storia sono soprattutto altri aspetti di questo disco dei Meat Beat Manifesto ad essere
importanti, non tanto quello prettamente artistico.
Si comincia dalla copertina: uno schizzo di un cervello aperto, al quale sono collegati due fili elettrici
mediante due viti.
Non per immettere energia dentro di esso, ma per misurarlo, per ascoltarlo, perché in uno dei brani si
ascolta: “Everybody's got a darkside, everybody's got something to hide, I'm qualified” [“Ognuno
ha un lato oscuro, ognuno ha qualcosa da nascondere, ne so qualcosa”, trad.].
Per il resto, i testi trattano temi come gli illuminati, la CIA, segni astrologici, il punto di vista di un
semplice spettatore (in “What's your name?”), dove risalta la distanza e quasi il disprezzo dell'artista nei
confronti di costui (“Can you see them – they all look the same, can you hear them – they cry loud your
name, can you feel them – they're dying in shame” {“Li vedi – sembrano tutti uguali, li senti – gridano ad
alta voce il tuo nome, li avverti – muoiono nella vergogna”, trad.]).
Nel processo di estraniamento dell'individuo dal mondo comune che viene messo in atto dalla setta,
soprattutto quando le vittime sono artisti, viene trasmessa la sensazione di essere “qualcosa di meglio”,
“un eletto” su un esercito di imbecilli, di nani ignari. In fondo, in questo brano si rispecchia esattamente
questa convinzione.
Il testo di un brano come “She's Unreal”, all'epoca, non lo potevo ancora comprendere.

Infine, in “Transmission”, Jack Dangers spiega: “In the daily mess of life we encounter people thorn
apart by inner hounds“ [“Nel caos quotidiano della vita, incontriamo persone che sembrano essere
dilaniate da demoni interni...”, trad.] - sogni devono essere monitorati e così via...
Tra l'altro: un side project di Jack Dangers, che inizierà poco dopo questo disco e che continuerà fino ad
oggi si chiama Tino Corp. (Tina, Bettina, Martina, Martin, Cristina, ...).

Cominciai a domandarmi, se il tutto fosse un caso.


Non tanto i testi, quanto qualcos'altro: che QUASI TUTTI i gruppi del movimento EBM che
consideravo veramente importanti avessero prodotto un disco nella prima metà del 1996, come
se qualcuno li avesse finanziati.
Le eccezioni confermano la regola (i Severed Heads avevano pubblicato un album nella seconda metà
del 1995).
Due di loro, i Front 242 ed i Finitribe, non ebbero più nuove idee (ma in compenso ottennero denaro) e
le loro opere lo avevano rispecchiato; gli altri invece, pubblicarono cose che valeva veramente la pena
di ascoltare.
Bisogna capire che in precedenza, per tre anni, non erano più comparsi lavori di formazioni della scena
EBM.
Questo strano accumularsi di opere in un periodo di tempo di circa mezzo anno lasciava supporre che
ci fosse una mente che guidasse il tutto: che questi fossero esattamente i gruppi che piacevano proprio
A ME (di formazioni storiche di EBM ce ne sono a iosa), rendeva questa coincidenza ancora più
curiosa.
Considerate le forze in campo e le somme spese nel mio caso, questo sospetto mi sembra, ancora
oggi, tutt'altro che campato per aria. Prima o poi certi pensieri li avrete forse pure Voi se continuate a
leggere.
Se non si considerano i miei acquisti di EBM, la setta fece il possibile per rovinarmi tutti i dischi di
techno che mi piacquero quell'anno.
Ad esempio trovai un bel brano su una raccolta dell'Underground Music Movement e lo suonai ad
Ottmar: una settimana dopo osservai che proprio quel disco era stato graffiato, proprio quel brano era
stato danneggiato. A Ottmar dispiacque così tanto...
La copertina della compilation di Blackhand Records, l'unica raccolta di brani che all'epoca considerai
politicamente corretta, si squagliò apparentemente nella mia macchina mentre questa era al sole -
stiamo parlando del calore di un sole tedesco di aprile, massimo maggio!
Tutti gli altri dischi di EBM e di Goa che erano in macchina quando accadde questo “incidente” si
salvarono senza neanche soffrire una leggera piegatura della copertina.
In compenso il mio Humble Souls sparirà per sempre dopo che fu suonato un'ultima volta a casa di Anja
& Frank.
“Kitchen” dei Sun Electric che, a causa della mancanza di novità, riascoltai nuovamente molto volentieri,
sparì per la seconda volta - me l'ero ricomprato dopo che era scomparso all'ultimo Goa-party degli
Happy People a febbraio.
Lo comprai una terza volta.
CAPITOLO 12

”Se comprendiamo che in effetti l'oroscopo di una persona non è altro che la descrizione
simbolica delle qualità offerte dall'anima, allora possiamo considerarlo, da un altro punto di
vista, in questa maniera: l'oroscopo in realtà è il piano di studi di un essere umano. […]
Dobbiamo prestare attenzione ad utilizzare l'astrologia nel verso giusto, come ampliamento
della coscienza e non persino impedire a qualcuno di imparare grazie ad essa. [...]
Se quindi vediamo che una persona per un periodo di tempo è sotto l'influsso di Saturno [...]
allora non dobbiamo esortarlo addirittura a chiudere gli occhi ed a nascondersi [...] ma
dobbiamo fargli capire, che si tratta di uno dei principi che dobbiamo integrare, né più né meno
di un altro e dobbiamo aiutarlo a comprendere questi principi, renderglieli più accessibili ed
esortarlo ad occuparsi di questi studiandoli fino a quando li avrà integrati in sé stesso. [...]
Questo può portare concretamente al fatto che ad un cliente, che è sotto l'influsso del suo
Saturno e che viene da noi, daremo consigli che ad un non iniziato potranno sembrare strani,
ovvero che gli diremo [...] che è giunto il momento, nella sua vita, di occuparsi proprio di questa
sfera e gli forniremo consigli su come, tra le altre cose, lo potrà fare. Gli diremo: 'nel prossimo
futuro, si distanzi dalla sua usanza di andare ogni giorno ad una nuova festa, di gustare
abbondantemente i cibi più prelibati – è un principio yogico! Ora si è sfogato, in questa maniera
se ne è anche liberato, adesso lei sa come si fa, ora ci si trova come se fosse a casa sua –
ma adesso impara un nuovo principio: la riduzione allo stretto necessario.
Perciò: rimanga lontano dai party e pranzi molto semplicemente e sobriamente, faccia una dieta,
mangi macrobiotico per un po' di tempo ed ha arredato un così bel palazzo, ha reso così
lussuosa la sua dimora: lì sicuramente si troverà uno stanzino che potrà sgomberare del tutto,
forse persino dipingere tutto di nero o semplicemente lasciarlo interamente bianco. In questa
stanza prenda con sé solo pochissimi oggetti: un paio di libri da leggere, il libro tibetano dei
morti o letteratura simile, frasi specifiche della bibbia e così via; prenda con sé, forse, se riesce
a procurarselo, un teschio da porre lì come oggetto della sua meditazione; la tredicesima carta
dei tarocchi – lo scheletro, il simbolo della morte; un orologio, una clessidra; forse un
mangianastri con musica di una certa pesantezza. In questa stanza si ritiri quando ha tempo ed
usi questo tempo per meditare, leggere e stare da solo'.
Naturalmente ha paura di essere solo, per questo andava ogni giorno ad un party, ma ora non
deve solo imparare la solitudine, bensì anche l'essere solo ed in questo modo prima o poi
comprendere che essere solo significa essere uno con il tutto. In questo periodo di tempo, nelle
settimane seguenti si deve vestire soprattutto di nero, passeggiare per i cimiteri, forse bere tè di
coda cavallina eccetera eccetera eccetera...
Ora si potrà dire: 'Siamo diventati matti? Che cosa significa?'
Ebbene: lo può fare. Se lo fa, dovrete ammettere, che dopo aver seguito tutti o una parte di
questi consigli, imparerà qualcosa: non si può vestire di nero per settimane, ritirarsi, meditare,
leggere sul libro tibetano dei morti, passeggiare per cimiteri, osservare un teschio e così via,
digiunare e non diventare un altro, non imparare, non capire. Non è possibile: impara
automaticamente. Non potete risolvere compiti di moltiplicazione per quattro settimane e non
imparare a moltiplicare!
Mediante esempi concreti si impara sempre il principio sottostante.
Ovviamente può anche rifiutarsi e dire: 'Non ci penso nemmeno, io vado alle mie feste'.
Allora, ovviamente, non si deve stupire se in un futuro prossimo sarà coinvolto in un incidente
d'auto, incespichi e si infortuni, vada all'ospedale: lì non è più nella sua villa lussuosa, ma in
una semplice stanza dipinta di bianco – tra l'altro glie l'avevamo consigliato anche noi; non
mangia più le sue leccornie che ricercava ogni sera, ma i pasti all'ospedale – anche noi gli
avevamo consigliato di ridurre i suoi pasti e di mantenerli semplici; adesso non va più alle feste
e fra le persone, ma ora è, per l'appunto, la maggior parte del giorno in solitudine; pensa a
quanto ha avuto fortuna ad essersela cavata così a buon mercato col suo incidente e che per
poco non stava già sottoterra; si occupa della morte, anche dopo che un vicino di letto viene
portato fuori e non ritornerà più – anche noi, tra l'altro, gli abbiamo consigliato di meditare sul
problema della morte.
Forse siete in grado di capire, che qui la questione è solo COME si impara: volontariamente o
forzatamente, consciamente o inconsciamente [...] come lo fa sono affari suoi; lo può fare
liberamente o aspettare fin quando sarà costretto ad imparare.”

(Thorwald Dethlefsen – tratto da “Astrologie und Schicksal” ovvero “Astrologia e Destino”)


La segretaria della direzione dell'azienda Tritschler aveva raccontato che in tv avevano trasmesso un
reportage che spiegava che l'estasi (quindi quella che viene qui chiamata MDMA o XTC) può provocare
paranoia e di peggio.
Questo reportage fu confermato anche da Lumpi e Monique: si noti la coerenza della schermatura
totale dalla realtà (anche se visto le persone coinvolte può benissimo darsi che abbiano trasmesso
veramente un tale documento in tv) e l'influenza mirata ed esercitata da più parti contemporaneamente
per tentare di crearne una nuova.
Ma allora si volle far fallire questo tentativo e già all'epoca mi era chiaro che sia Lumpi e Monique come
tutta l'azienda era d'accordo con la setta.
Il fine settimana successivo me ne andai a Kassel, ma non per festeggiare all'Aufschwung Ost, bensì al
“Kult” ad Arnsberg. Il nome è programma ed il locale fu ovviamente scelto di proposito.
Quando entro suonano Goa: il solito, orribile Goa.
Poco dopo essere entrato, un tizio dal volto familiare mi chiede una sigaretta: è un sosia di Dominik, il
tale che al Bell, l'anno prima, aveva raccontato che un amico di Sonja era stato beccato con cento
pillole sue e che mi disse che nel locale c'era qualcosa di marcio.
Porgo al sosia di Dominik una sigaretta dopo che me l'ha chiesta, ma invece di girarsi o di dire “grazie”,
ringrazia girando attorno alla parola con una espressione lunga 20 secondi e, durante il colloquio,
afferma che al Kult sono tutti “una grande famiglia”.
La musica non inspira al ballo, anche se ogni tanto ci provo.
In lassi di tempo irregolari vengo disturbato da gruppi di 4-5 persone secondo lo schema già descritto.
Questo tipo di disturbo, però, è molto meno appariscente rispetto al Bell ed all'Omen, come se si
volesse coltivare il sospetto per poi dissiparlo. Forse quel reportage televisivo aveva ragione?
Naturalmente no.
Dopo circa un paio di ore lascio perdere i miei tentativi di ballo e mi reco nell'area chillout, dove il
secondo DJ che ascolto allestisce un buon set con materiale a me sconosciuto.
Il “clou” della serata, per così dire, dura circa una mezz'oretta, poi l'encefalogramma del tizio dietro ai
giradischi si appiattisce di nuovo.
È venuto il momento di stendersi da qualche parte in un angolo del chillout.
Quando mi risveglio compare subito Ottmar da dietro l'angolo con la solita espressione radiosa: mi
chiede di svignarcela dal locale, non c'è più nulla per cui valga la pena restare.
Non me lo faccio dire due volte.

Andiamo alla vettura. Quando ci sono di fronte cerco la chiave che avevo messo nella tasca della parte
superiore del braccio sinistro, per constatare con orrore che la tasca è aperta e vuota.
Torno al chillout per cercare la chiave smarrita, ma senza successo.
Già allora mi chiesi come fosse possibile che la tasca si fosse aperta da sola, sebbene la relativa
chiusura lampo fosse ancora completamente chiusa la sera, mentre la mattina la trovai aperta fino in
fondo.
Inoltre la chiave non si trovava più dove mi ero coricato nel chillout e non era neanche stata consegnata
al guardaroba o da qualche altra parte nel locale.
Pensai che qualcosa del genere in casi estremi potesse succedere davvero involontariamente.
Oggi sono certo che non fu un caso, al contrario.
Fu il primo tentativo (stavolta probabilmente perpetrato azionando gli ancoraggi durante il sonno nella
stanza chill-out) di mettere fuori uso la mia Fiesta.
Torniamo quindi a piedi nuovamente alla macchina chiusa. Con il vecchio trucco già noto al Lettore,
apro la porta del guidatore e spingiamo la vettura fino ad una officina (per fortuna molto vicina), dove
verrà forzato il meccanismo di accensione (e così anche il bloccasterzo) per un totale in marchi a tre
cifre. Poi torniamo a Kassel, dove passeremo il resto del fine settimana.

In una edizione del sabato del Berliner Morgenpost, forse anche del fine settimana del quale stiamo
parlando e sicuramente dopo il colloquio con Ottmar riguardo all'azienda Profiler a Friburgo, sull'ultima
pagina, avevo visto un annuncio di una azienda di Colonia che cercava “giornalisti smaliziati” per una
“attività multimediale”, meglio se con “molta dimestichezza” di programmazione ad oggetti (si abbrevia
con OOP).
Che coincidenza, il fatto che Michael Tritschler mi avesse proposto proprio Colonia, mentre io preferivo
Berlino e che l'annuncio di una azienda di Colonia (che oltretutto offriva un posto di lavoro a Colonia)
fosse proprio sull'ultima pagina di un giornale di Berlino che leggevo per informarmi in merito ad
eventuali possibilità di lavoro nella capitale!
Un'altra singolare coincidenza: l'azienda cercava persone che avevano “molta dimestichezza” di OOP,
quando con Ottmar, appunto per caso, avevo rimarcato che la direzione dell'azienda di Friburgo non
avesse alcuna dimestichezza con quel settore, nel quale professava di volersi buttare a capofitto dopo
la mia assunzione.
Il fatto che io avessi molta dimestichezza di OOP e che come diceva già il capo di Profiler di
programmatori oggigiorno non si possa fare a meno, soprattutto nel settore del design multimediale,
capitava come il cacio sui maccheroni.
Erano già in due che lo dicevano, doveva essere vero, no?
Sicuramente un'azienda con un futuro, come creata per me da Dio!
Se anche l'azienda di Colonia volesse fare qualcosa con i CD-ROM non me lo ricordo più, purtroppo.
Che l'annuncio fosse stato pubblicato in mio onore era palese e questo lo comunicai anche ad Ottmar,
che quando glie lo raccontai tentò invano di reprimere del tutto un sorriso.

Il nuovo desiderio di Ottmar: mostrarmi il paesaggio intorno a Kassel.


Secondo lui a Kassel, a parte l'Aufschwung Ost, c'è da vedere solo la Documenta [una mostra d'arte
molto particolare, nda] una volta ogni 5 anni, così come un'attrazione della quale arriveremo a parlare;
per il resto, però, Ottmar sottolineò più volte e sicuramente non a caso, che Kassel era soprattutto
una città per automobili e che era stata costruita di conseguenza.
Attorno a Kassel non c'è vita, non vi è una città degna di questo nome nel giro di perlomeno 150 km,
solo fattorie e verde pianificato, tutto molto compassato e noioso.
Non che mi disturbi un paesaggio verde, ma quello che ammiravamo era sempre uguale: gli stessi tipi
di alberi, le stesse forme di prato, una specie di verde stile “grande industria”.
Ottmar, che affermava di studiare costruzione paesaggistica, era probabilmente già abbondantemente
nauseato dalla monotonia dei dintorni di Kassel e forse, proprio per quello, ci teneva a mostrarmeli.
Può anche essere che mi diresse di proposito per le lande attorno a Kassel che erano state
regolamentate senza fantasia, magari lì ci sono davvero dei luoghi ameni, ad ogni modo, assieme a
Ottmar, non mi fu possibile scoprirli.
Per il resto mi portò a far visita ad un paio di castelli della zona, dove fotografò tutto diligentemente, me
compreso.
Sembrò veramente avere una debolezza in merito: quando a Kassel ci soffermammo all'aperto, fu ai
giochi d'acqua dell'Herkules (vicino al relativo castello); lì ebbi la possibilità di parlare seriamente con lui
di alcuni dettagli di quello che era successo a Basilea.

È dell'opinione che a Basilea ci fossero state due storie: qualcuno che mi voleva imbrogliare e qualcuno
che aveva disperatamente tentato di accoppiarmi.
Io invece ero e sono dell'opinione che ci fosse solo UNA storia, perché se qualcuno aveva tentato
veramente di accoppiarmi, allora questa persona in realtà mi voleva così compromettere o screditare:
tutte le donne che mostravano di essere interessate a me (solitamente in maniera decisamente poco
credibile) utilizzavano tecniche di “seduzione” che a posteriori mi avrebbero posto in una posizione
eticamente e moralmente attaccabile e pensavo allora, così come penso oggi, che si trattasse solo del
sondaggio di un possibile lato debole allo scopo di ricattarmi in futuro.

Su qualcos'altro fummo invece completamente d'accordo: se non avessi cercato la mia Hash Ultra,
sarei stato già in galera e mi sarebbe stato imposto un destino ancora peggiore di quello che stavo
soffrendo.
Mi ricordo che anche durante questo colloquio sgorgarono lacrime, ma erano lacrime di amarezza e di
tristezza, non più di pene d'amore, perché per la donna provavo ormai solo odio, come potevo provare
qualcos'altro?

Come chiave di accensione della Fiesta utilizzavo un cacciavite lungo 25 cm perché la riparazione della
macchina sarebbe costata più del valore della macchina stessa.
La sera decisi di tornare finalmente ad Egg.
Mi accomiato da lui e parto - vado a fare rifornimento prima del viaggio.
Scendo dalla macchina, afferro la pompa, vado al tappo del serbatoio, prendo la chia...

Ehm. E ora?
L'officina alle dieci di sera non è aperta. Dovrò purtroppo rimanere anche questa notte da Ottmar.
Tornando a casa sua scorgo delle professioniste al lavoro e decido di entrare in affari con una che mi
piaceva.
Beh, dev'essere stato il sovraccarico dei mesi precedenti. Il tutto durò una ventina di minuti e non valse
i soldi spesi. Come al solito, in questi casi: l'ho fatto alcune volte in gioventù e alla fine sono sempre
arrivato alla conclusione che non ne avevo tratto alcun beneficio [in Germania la prostituzione è legale,
nda].
Svuotato asetticamente, tornai definitivamente da Ottmar e dormii lì la notte.
Il giorno dopo, prima di mettermi in moto per recarmi all'officina, raccontai ad Ottmar della mia
escursione e aggiunsi che così sapevo di aver già fatto l'amore con qualcuno, nel caso fossi capitato
poi a letto con una delle sue puttane.
Non era vero, era solo la noia mista alla curiosità, ma ebbe questo effetto collaterale positivo.

Tornato nella regione dell'Alto Reno, nei supermercati cominciarono a tagliarmi la strada donne con
carrozzina. Questo accadrà perlomeno quattro o cinque volte nelle due settimane seguenti.
Un chiaro messaggio che la mia scappatella, della quale avevo già riferito ad Ottmar, era stata
registrata con attenzione e sarà ancora esaminata al microscopio.
Il fine settimana seguente, infatti, Ottmar propose inaspettatamente una puntata ad Aschaffenburg, per
andare a trovare suoi vecchi “amici”, uno in particolar modo, Arne, che viveva in un enorme ed arioso
appartamento nelle vicinanze del municipio, probabilmente in una comune composta di diverse stanze
con pareti molto alte – di queste stanze ne vedemmo solo una: dal soffitto pendeva un enorme foulard
indiano, come ero già abituato da casa di Ottmar, nonché un letto a due piani.
Con Arne, in realtà, dovetti scambiare consciamente solo qualche parola, in compenso inconsciamente
un bel po'.
Presumo che durante il sonno fui esaurientemente interrogato sull'avvenuta emancipazione sessuale
del fine settimana, perché il giorno dopo Ottmar farà commenti a riguardo; disse tra le altre cose che
alcune eroine del marciapiede erano molto belle e che potevano facilmente indurre in tentazione; quindi
il giorno dopo il pernottamento da Arne era cosciente del fatto che non era stata per lo più una ripicca,
come avevo addotto.
Con Ottmar passerò anche il resto del fine settimana. Durante i nostri colloqui gli raccontai che
percepivo la mia cacciata dal Bell come una pura dimostrazione di potere.
Inoltre, in un altro momento, avevo comunicato ad Ottmar il mio stupore riguardo al fatto che quello che
mi era successo avesse qualcosa a che fare col fatto che ero dello Scorpione. Ottmar non disse nulla.
Lui funse soprattutto da “presentatore di esempi”, qualcuno che mi mostrava persone che
simboleggiavano qualcosa.
Ad esempio mi presentò una coppia dedita allo speed, arrogante, egocentrica e senza tatto, poi una
coppia sotto estasi, graziosità pura: XTC buono, speed cattivo. Un giorno, dopo un party, Ottmar fu
persino invitato “spontaneamente” ad entrare in una roulotte (ovviamente mi portò con sé) dove una
ragazza dal largo e forzato sorriso ci informò di quale città in Germania fosse interessante e quale da
evitare.
Monaco è buona, anche Colonia, Berlino, Bielefeld, Amburgo...
...e Hannover? Chiesi io. No, Hannover a detta della ragazza non è buona.
Ottmar sottolineò in seguito che era già la seconda volta che l'aveva sentito (ed io ovviamente assieme
a lui).
È vero, già il buon esempio dell'estasi (la coppia di cui sopra) aveva detto che la musica all'Hanomag
[discoteca techno di Hannover, nda] era buona ma le persone erano gelide, che la città non era per
nulla accogliente.

La settimana lavorativa passò in fretta.


Mi ero dato appuntamento con mia sorella quel fine settimana a Monaco, per discutere di quello che era
stato e del futuro. Non la vedevo più da diversi mesi, oltretutto non avevo mai parlato con lei della
faccenda; pensavo quindi di avere molto da discutere con lei, visto che tra le opzioni che stavo
prendendo in considerazione c'era quella di traslocare a Monaco.
Quando arrivai mi dovetti confrontare con una realtà inaspettata quanto deludente.
A quel tempo, mia sorella lavorava di sera al Tresznjewski, una Brasserie a Monaco; dietro l'angolo,
così venni a sapere più di un decennio più tardi, c'è un ristorante indiano consigliato da Prinz [una
rivista tedesca che si scoprirà in odore di setta, nda], nella cui toeletta dovetti scoprire, durante la mia
unica visita al locale, avvenuta nel 2008, un poster di un corso di Sivananda Yoga, così come
persone che discutevano a pranzo di teologia.
Solo continuando a leggere riuscirete a capire per quale motivo questo significa che mia sorella, già in
quel momento, era completamente succube della setta di Thorwald Dethlefsen.
Ma nel 1996 non sapevo ancora né chi era Dethlefsen, né cos'era Sivananda Yoga, né che qualche
metro più in là del suo posto di lavoro si trovasse un ristorante indiano molto sospetto.
Mia sorella si era appena separata dal suo nuovo ragazzo, di nome David, che non avevo mai
conosciuto.
Da lei venni a sapere che lui era un giocatore professionista di hockey, a Monaco svolgeva soprattutto
l'attività di broker, come un amico di David stesso, con il quale mia sorella parlò tutto il fine settimana
del suo ex-ragazzo.
Per discutere con questo signore mi portò in un presunto locale house, più locale che discoteca (il che
significa molti più tavoli che pista), dove mi rivolse le spalle e mi ignorò con dedizione per tutta la serata.
Con l'amico di David avevo scambiato solo un paio di parole, appresi che lavorava per la Bayerische
Vereinsbank.
Mi raccontò di frequentare anche lui ogni tanto la Svizzera.
Allora gli chiesi dove usciva lì la sera: “Al Delirium a Zurigo”.

Non è una coincidenza incredibile?


Ancora più incredibile fu che per coincidenza c'era un gruppo di skinheads seduti ad un tavolo accanto
a noi (a circa tre metri di distanza da me ed a sei da mia sorella, che continua a voltarmi le spalle e
l'amico di David, che è perfettamente in grado di vedermi). Dopo un po' uno degli skinheads comincia
ad apostrofarmi ad alta voce: “EHI BASTARDO! BASTARDO, VUOI DEI SOLDI?” Dopodiché si alza,
viene da me e mi mette diverse monetine da 10 Pfennig [i vecchi centesimi tedeschi, nda] nella tasca
della maglietta: “ECCOTI DEI SOLDI”. Poi si siede di nuovo e continua ad inveire e a gettare monetine
da lì.
Mia sorella ed il suo amico fanno finta di non essersi accorti di nulla, sebbene questa scena sia stata
notata da tutto il locale, continuano a chiacchierare e non prestano alcuna attenzione a quello che
succede loro intorno: siccome mia sorella mi volta le spalle, esiste una lontana e teoretica possibilità
che non si sia veramente resa conto dell'accaduto, ma l'amico di David deve per forza aver visto la
scena, tuttavia la ignora di proposito e continua a conversare senza pause con mia sorella, la situazione
appare quasi grottesca.
Prendo le monetine, vado al tavolo degli skinheads e le restituisco al moccioso, in compenso gli chiedo
se in cambio posso avere un po' della sua birra. La risposta fu logicamente: “Non provare a farlo” (a
prenderla).
Vediamo di ragionare: se prendo la sua birra si tratta della sua proprietà, se poi comincia una rissa di
fronte al giudice ha ragione lui, perché ho reagito alla sua provocazione con una da parte mia e stavolta
io non gli do qualcosa, io mi prendo qualcosa di suo e dal punto di vista legale ho torto. Lascio perdere
e torno a tre metri di distanza dove continuo a ballare.
Continua a buttarmi dietro le monetine e a provocarmi verbalmente.
Allora metto in anticipo al corrente il barista che mi sta accanto, che nel caso di un vera aggressione
sarei stato costretto a difendermi. Il barista si chiama fuori ghignando.
Ad ogni modo lo skinhead non è poi così stupido da mollare il primo colpo e dopo essersi accorto che
non ha successo, alla fine lascia perdere (anche se continuo praticamente a ballargli sotto il naso).

Mia sorella ed il suo amico finsero, fino alla fine, di essere gli unici in tutto il locale a non
accorgersi di nulla. Dopo un'ora lasciammo il locale e tornammo a casa, io menzionai brevemente
l'accaduto, lei non fu minimamente interessata a sapere che cosa fosse appena successo, preferì
continuare a conversare con l'amico di David.
La delusione delle aspettative che avevo nei confronti di mia sorella fu ovviamente duplice: da una parte
capii che lei non era interessata a discutere di quello che avevo vissuto nell'anno passato e di come
stavo (ero sempre profondamente depresso) e l'episodio nel locale dove mi avevano portato i due
gettava ombre su quello che poteva dimostrarsi il sostegno familiare in futuro.
Decisi di lasciare i due e di andarmene in giro per Monaco e soprattutto per i suoi dintorni.
L'ultima volta che avevo fatto visita ad Ottmar, infatti, costui mi aveva rivelato che proprio quel fine
settimana ci sarebbe stata una fiera techno a Riem [il vecchio aeroporto di Monaco di Baviera, nda].
Naturalmente non me la potevo lasciare sfuggire.
Me ne andai quindi nella discoteca di Riem, dove nella pista principale suonava DJ F.L.O., non in
maniera eccezionale, anzi, in maniera strana (un ritmo molto “sbilenco” in un certo senso) ma viste le
schifezze Goa che nel frattempo ero quasi esclusivamente costretto ad ascoltare fu una variazione
molto gradita.
A parte gli occhiali giganti di F.L.O., dell'area principale mi dovette rimanere impressa solo una coppia
che mi strusciò in modo che la sua metà femminile potesse poi apostrofarmi rudemente, perché dovevo
essere diretto in un'altra discoteca, “dove l'atmosfera non è così gelida e le persone sono più gentili”,
come si usa dire in determinati ambienti e come eventualmente lo si inscena anche con coerenza e fino
ad arrivare alla chiara provocazione.
Verso le sei di mattina lo spettacolo musicale nell'area principale, se non volge proprio alla fine,
attraversa perlomeno un momento artistico di stanca: “Fuori di qua, cosa c'è in zona?”
Sì, esatto subito a sinistra c'è l'after all'Ultraschall.
Poco prima dell'ingresso vengo fermato da un venditore di XTC che ha del buon materiale, compro una
pillola ed entro.
Qui debbo spiegare a chi non è pratico dell'ambiente in cosa consiste la battuta.
A Monaco, per strada, due metri di fronte all'entrata dell'Ultraschall, che è un locale conosciuto in tutto il
mondo, illuminato a luce diurna, venire interpellati da un venditore di pillole se volete dell'estasi o meno
non è affatto raro: SEMPLICEMENTE NON ACCADE, a meno che il venditore non sappia chi ha di
fronte, anche se nella zona non ci era mai stato, come nel mio caso. Difatti dovevo essere di “buon
umore” tra le “persone gentili” nel “locale giusto”.
Nel locale stesso qualcuno mi incoraggiò a ballare (disse che gli piaceva il mio stile di ballo) quindi si
mise a danzare con me in maniera simile, “gente amica” appunto, l'atmosfera giusta, “torna presto”: per
questo ci tennero anche a non essere così insistenti e penetranti come la setta fa di solito per provocare
una reazione.
Un paio di ore dopo ero di nuovo di fronte ad una tazza di tè caldo nell'appartamento di mia nonna
all'Ostbahnhof, con mia sorella ed il suo ex-ragazzo Stephan a parlare degli avvenimenti di rilievo dei
mesi precedenti, per quanto fosse possibile in mezz'ora: quasi per nulla.
Me ne tornai a Egg ovviamente del tutto deluso.

Giunto a casa mi vennero improvvisamente di nuovo in mente, da solo e nelle mie quattro mura, gli
spezzoni del discorso di Torsten a casa di Ottmar. Di conseguenza i pensieri tornarono alla domenica
mattina dopo la Streetparade a Zurigo, dove per la prima volta mi ero reso conto di un buco nero.
E se ci fosse stato sul serio un ipnotizzatore? Quale sarebbe stato il suo ruolo in tutta questa storia?
Siccome il primo inequivocabile ricordo di un salto di tempo nella mia memoria (e quindi il primo
sospetto che mi balenò) fu DOPO l'incontro nella toeletta delle donne, all'epoca la mia innocente
fantasia poteva solo avere il presentimento di un frammento della reale perversione delle forze in
campo, ma quello mi sarebbe già bastato per farmi diventare livido di rabbia: mi chiesi che cosa
sarebbe stato se fossero stati veramente scrutati i miei pensieri, se avessero realmente saputo che ero
innamorato di lei e mi avessero giustiziato pubblicamente lo stesso per questo, mettendomi alla gogna
come falso simulatore di emozioni. Dovevo saperne di più, questo sospetto mi assillava ormai
continuamente.
La mia idea fu dapprima di recarmi da Olli Hollstein per informarmi lì.
Il tentativo di cavare nuove informazioni da Olli fallì, al contrario, negò tutto, pensò anche di potermi
trattare come se venissi a Canossa, cosa che ovviamente non era nelle mie intenzioni.
Dirk, che comparse mezz'ora dopo di me, mi sfotté: “Siamo Scientology noi? O siamo la Warner
Brothers?”
Mi uscì solo un: “Sei un bastardo” di bocca, forse perché in mente avevo ancora le parole dello
skinhead di Monaco. Poi me ne andai.

Dovevo infatti anche occuparmi del mio trasloco. Cosa c'era di papabile, a parte Kassel?
Mi decido a pubblicare un annuncio per una richiesta di lavoro come programmatore in tre diversi
giornali del nord della Germania: ad Hannover, ad Amburgo ed a Berlino.
Il testo dell'annuncio lo detto a voce al telefono dal mio appartamento di Egg.
Subito dopo aver dettato il terzo annuncio telefona Murat, per raccontarmi, col suo solito fare ricchione,
che lui vuole “vivere”, così come avevo raccontato io nella notte dei funghi falsi a Christian Bonacker e
compagnia.
Afferma che ora lavora nella migliore boutique di moda di Basilea e vive in una nuova comune con
quattro persone (due coppie come Ottmar & Tatjana ed Anja & Frank).
Ha appena detto “a Peter, quello con lo speed” (Dirk) che è un bastardo.
Questa sarà l'ultima volta in vita mia che parlerò con Murat.

Hans Eugen farà ancora del suo meglio perché altri non mi assumessero, nell'unico modo che gli era
rimasto: l'attestato di lavoro.
Infatti si mostrerà ufficialmente cooperativo e mi pregherà di redarre una bozza dell'attestato.
Sarà la prima e (e fino ad oggi l'unica volta) che mi trovai nella situazione di redarre un attestato di
lavoro e per questo mi concentrai soprattutto sulle prestazioni da me fornite senza badare alla cosa più
importante, della quale all'epoca non ero a conoscenza, ma che ogni datore di lavoro cerca subito su
quel foglio: la frase chiave sulla soddisfazione riguardo alle prestazioni fornite.
Mi fidavo ciecamente di Hans Eugen Tritschler in proposito e sia costui che anche Robert Terbeck e
Karl-Heinz Thomann si guardarono bene, nonostante lo sapessero, di accennare anche solamente alla
mancanza della frase chiave, sbarrandomi così, perlomeno per quanto potevano fare loro, qualsiasi
possibilità futura: questo è importante perché questo significa che da quel momento in poi, ogni
azienda che dopo la visione dell'attestato di lavoro volle ancora assumermi, fece sicuramente
parte della setta o fu spinta dalla setta alla mia assunzione, perché un'azienda qualunque
scarterebbe subito la mia domanda di lavoro dopo aver letto l'attestato Tritschler.

Una delle sere seguenti feci visita a Lumpi e parlai con Monique dei miei sospetti: quando pronunciai la
parola “ipnotista” non riuscì a trattenere un sorriso, ma non volle dire di più.
Decisi quindi di far visita ad un vero ipnotizzatore per rovistare in trance nel mio passato.
Trovai quello più vicino a Singen e lo pagai circa 400 marchi perché ascoltasse la mia storia un paio di
ore e tentasse poi una induzione in vecchio stile (diretta, autoritaria e basata sul rilassamento
progressivo) che non ebbe successo.
Sostenne che ero troppo teso a causa del racconto, per questo propose di vederci di nuovo oppure di
far visita direttamente ad una struttura medica apposita: “Va bene. Dove?”
Rispose allora che vi erano due cliniche in Germania che possedevano l'abilitazione dell'AOK [la cassa
malattie statale tedesca nella quale ero iscritto, nda] per sottoporsi ad ipnoterapia a carico della mutua:
una era la Felsenlandklinik a Dahn, di proprietà del dott. Claus H. Bick, all'epoca presidente della
“European Society of Hypnosis” [”Società Europea di Ipnosi”, trad.]; l'altra era l'ex clinica ambulante del
Dr. Wilfried Dogs, la Burghof-Klinik a Rinteln, nella bassa Sassonia.
Mi consigliò quella a Rinteln, perché a sua detta era molto meglio di quella a Dahn.
Ma proprio con Rinteln avevo un problema: quando l'ipnotista di Singen nominò la città mi venne subito
in mente un invito che Ottmar aveva ricevuto dal Frank Natale Institute proveniente da Rinteln, per cui
pensai che sarebbe stato meglio evitarla. Quindi all'epoca decisi di recarmi a Dahn.
Telefonai e mi fu prontamente accordato un appuntamento alle 11 di un martedì.

Ricevetti posta da Hannover, da Amburgo e da Berlino: una trentina di aziende circa mostrarono
interesse per il mio annuncio e mi pregarono di inviare loro una domanda di lavoro scritta.
Certo è che è impossibile di calamitare una tale attenzione con quattro righe in tempi di recessione del
settore dell'information technology: la cosa puzzava. Di queste trenta aziende, alla fine, solo una si
mostrerà essere interessata sul serio: quella dove dovevo essere diretto secondo gli ordini della setta –
di tutte le altre, dopo aver spedito loro la documentazione riguardante la domanda di lavoro, non dovetti
avere più notizie.
Questo me lo annunciò in anticipo e nel solito modo anche la madre di Hans Eugen, Dorle Tritschler.
Venne nel mio ufficio e mi disse, indicando la montagna di lettere delle aziende che avevano risposto al
mio annuncio: “e adesso le batti tutte, una dopo l'altra”, utilizzando quindi lo stesso schema
linguistico che avevo utilizzato io la sera del 2 di gennaio con Hassan riguardo alle fonti di safrolo.
Si noti, tra l'altro, che il fatto che dovetti mandare a perlomeno una trentina di aziende (per la maggior
parte) sospette la mia documentazione scritta, non richiese soltanto uno sforzo di tempo e denaro che
sarebbe stato di per sé superfluo, ma soprattutto avrebbe reso più difficile l'intervista di un'azienda
seriamente interessata riguardo alle motivazioni che l'avevano spinta al rifiuto (vedi ancora l'attestato di
lavoro).
Ma, come detto, un'azienda che mostrerà interesse ci sarà: l'azienda EDM di Walter Müller ad
Engelskirchen, vicino Colonia, che telefonò subito un paio di volte in ufficio a Laufenburg, perché
avevano urgentemente bisogno di un collaboratore: presi immediatamente appuntamento, il lunedì della
stessa settimana della mia presentazione a Dahn.

Decisi di onorare questi due appuntamenti dopo aver passato il fine settimana a Kassel – partii.
Quando arrivai, fui sorpreso di trovare Arne con la sua ragazza, Wesna, nella tana di Ottmar.
In compenso non trovai più le chiavi del mio appartamento di Egg non appena entrai in quello di Kassel
e le cercherò invano per ore. Che coincidenza che la coppia di Aschaffenburg, dalla quale un paio di
settimane prima ero stato interrogato in trance di notte, sia anch'essa presente.
Ma questo il mio io conscio, quello “normale”, naturalmente, non lo sa.
Nel corso della serata partiamo dapprima per una puntata ad un insediamento di caravan situato
accanto all'Aufschwung Ost. In macchina siamo in tre, Wesna davanti e Arne dietro.
Improvvisamente lei chiede: “Sei dei pesci?”
Mi era chiaro che alludesse al mio segno zodiacale. Siccome però ho una avversione da quando sono
piccolo per l'astrologia, tentai di aggirare la domanda e risposi: “No, sono ateo”, perché i pesci, nei
circoli che frequentavo io, erano i cattolici fanatici che affiggevano il simbolo cristiano dei pesci sul retro
della loro vettura.
Ma Wesna non demorse perché mi doveva comunicare qualcosa: “No, io ad esempio sono dei pesci, di
che segno zodiacale sei?” Mi arresi: “Sono scorpione”.
Era arrivata lì dove voleva.
Ora era giunto il momento della sua saggezza: “GLI SCORPIONI VOGLIONO ESERCITARE
POTERE”.
Mi girai verso Arne e notai la sua espressione in volto, grondante odio.
Dapprima non dissi nulla, registrai solamente la frase.
Il giorno dopo, però, ne discussi con Ottmar, perché mi ricordavo della conversazione che un paio di
settimane prima avevo avuto con lui in merito dalla “dimostrazione di potere” di Jucy al Bell e del fatto
che ero dello scorpione.
Ottmar rispose col solito, becero, largo sorriso: “Gli scorpioni ed i pesci legano”.

Giungemmo all'assembramento di caravan.


Ottmar, che era arrivato più tardi con un'altra automobile, si scusò con me per avere “inavvertitamente”
urtato la mia Fiesta mentre parcheggiava, l'ammaccatura sotto l'ammortizzatore era distintamente
visibile.
Che dietro questo bozzo si nascondesse in verità un tentativo di omicidio (del quale Ottmar non era
l'esecutore ma solo colui che portava la notizia dell'attentato) lo si capirà solo il lunedì seguente e lo
identificherò come tale solo addirittura molti mesi più tardi, quando prenderò definitivamente coscienza
della malvagità delle persone che mi stavano attorno.
Ad ogni modo in quel momento pensai che l'ammaccatura non avrebbe penalizzato più di tanto, ormai,
l'aspetto della vettura e qui debbo menzionare un altro avvenimento, che accadde lo stesso fine
settimana oppure poco prima.
Ottmar, Frank ed io eravamo di nuovo in viaggio per andare al Kult, ad Arnsberg.
Eravamo partiti dalla nuova dimora di Frank ad Ahlen; durante il viaggio da Kassel fino a lì, Ottmar disse
di aver perso cinque pillole che aveva comprato per l'occasione.
Ad Ahlen comprai ancora un gran tocco di fumo di hascisc da Frank (20 grammi di marocchino di
primissima qualità), poi partimmo finalmente la sera alla volta di Arnsberg, Ottmar ed io nella mia
vettura, Frank su una vecchia moto.
Sull'autostrada, all'altezza di un parcheggio, Frank svolta inaspettatamente a destra, noi lo seguiamo.
Scendo dalla vettura e gli chiedo perché ci siamo fermati.
Frank risponde: “Bene, ora rulliamo la nostra rituale canna nel parcheggio dell'autostrada”.
Alla fine di questa frase, siccome non avevo mai partecipato ad un tale 'rituale' e non vi parteciperò mai
più ebbi il presentimento, che sarebbe comparsa presto la polizia.
Ma feci quello che Frank voleva e cominciai a rullare la canna: su di una rivista patinata sbriciolai due
sigarette, cominciai a squagliare ed a polverizzare l'hascisc... ed ecco che arriva già una macchina, sì
esatto!
“I bianco-verdi” [il colore delle volanti della polizia tedesca nonché i colori sociali del Werder Brema,
nda], come ce li annuncia Frank.

Spingo la rivista con lo sbriciolato sotto il sedile del guidatore mentre Frank aggiusta qualcosa della sua
moto con una chiave inglese ed Ottmar è già uscito da tempo dalla mia Fiesta.
Il poliziotto più giovane della volante scende dalla macchina e ci chiede i documenti.
Gli porgo i miei e quelli della vettura, Frank i suoi, anch'io debbo uscire dalla macchina, perché il
poliziotto la vuole perquisire; dopo essere sceso, riesco a gettare nell'erba, in un momento propizio, i 20
grammi di marocchino.
Ottmar non ha nemmeno i documenti con sé, segue una lunghissima discussione.
Nel frattempo il poliziotto che perquisisce la macchina ha trovato la miscela col fumo che si trovava
sotto il sedile del guidatore e l'ha posta sul tetto della Fiesta, ma continua a perquisire l'interno della
vettura, distraendo così quindi anche l'attenzione del poliziotto più anziano dal reperto.
Dopo un po' il poliziotto più giovane conclude la perquisizione e mi fa notare che una vettura in quelle
condizioni (diverse ammaccature ed un bloccasterzo forzato) richiama immediatamente e
necessariamente l'attenzione delle forze dell'ordine, aggiunge inoltre che quel giorno mi aveva
risparmiato molti soldi e decide poi di continuare la sua ricerca di malfattori altrove, senza neanche
procedere ad una (nostra) perquisizione corporea.
La miscela per la canna è ancora sul tettuccio dell'automobile.
Cerco invano il mio tocco di fumo di 20 grammi nell'erba.
Frank afferma cinicamente che è orgoglioso di noi, ci siamo comportati magnificamente, lui stesso per
distrarli si era messo dietro alla sua moto ed aveva fatto finta di aggiustare qualcosa.
Prima di arrivare al Kult arriva la prima morale della storia secondo Frank: “Non è bello quando le
nostre forze dell'ordine sono così gentili? Il tizio sembrava relativamente giovane.”
Ottmar: “Forse si fa le canne pure lui”; i due sono d'accordo sul fatto che stavolta abbiamo avuto
“fortuna” prima di recarci definitivamente ad un altro orrendo Goa-party al Kult.
Questo incontro avrà un piccolo ma egualmente “educativo” strascico la mattina dopo.
Siccome non avevamo pillole dietro, ne comprammo alcune lì, dietro consiglio di Ottmar, che si
riveleranno una fregatura. La mattina dopo, però, Ottmar trovò “per caso” le cinque pillole di estasi che
aveva perso sul tappeto dietro al sedile anteriore destro: non abbiamo avuto una fortuna maledetta che
il poliziotto non le abbia raccolte?
“Se ti capita qualcosa del genere”, dice Frank, “TUTTE le feste poi sono buone”. Infine, rivolgendosi a
me: “Aah, adesso la pillola la sento proprio beeene, che ne dici Alex, non senti come viene bene su di
nuovo la pillola?”

Torniamo di nuovo con il racconto a Kassel.


Arne e Wesna avevano svolto il loro compito, dopo il viaggio non li rividi mai più in vita mia.
Non che ne senta nostalgia.
Con Ottmar ci uniremo “per caso” a dei musicisti di Zion Train, se mi ricordo bene, perlomeno mi
sembrò di riconoscere il volto della cantante in una rivista un paio di mesi dopo.
Ottmar non perse occasione per spezzare una lancia in favore degli israeliti e dell'ebraismo anche
perché a seguito delle mie esperienze con gli ambienti giudaici avevo simpatizzato con gli arabi ed
avevo anche meditato brevemente di andarmene a lavorare nel Medio Oriente.
Vorrei qui sottolineare che non sono antisemita, perché l'antisemitismo è la reazione sbagliata ad un
problema riguardante una parte degli israeliti e che così si generalizza arbitrariamente (e perciò a torto).
È un problema che si ritrova in ogni altra popolazione e che in queste altre viaggia sotto il nome di
nazionalismo o, ancora peggio, xenofobia.
Che però nel mio caso si fossero gettate nella mischia e profilate delle losche forze ebraiche era già
palese in quel momento, ragion per cui mi sentivo (scherzosamente) “a casa mia” tra i mussulmani.
Per questo motivo Ottmar mi aveva già presentato un fuggiasco iraniano, il quale ovviamente non si
mostrò proprio entusiasta del regime integralista degli Ayatollah.
Un'altra volta, Ottmar discorse retoricamente di una scritta sopra un campo di concentramento che lo
aveva colpito: “AD OGNUNO IL SUO”, adducendo, che secondo lui si trattava di una scritta molto
cinica.
Ancora più cinica, bugiarda e piena di falsi pregiudizi fu però l'applicazione di questo motto da parte
della setta nei miei confronti e sicuramente nei confronti di molti altri: la proiezione delle frustrazioni e
delle paure ataviche, persino della propria anima nera su innocenti, sperando forse nella propria catarsi
o, perlomeno, per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dalle proprie atrocità commesse.

Raccontai prima ad Ottmar e poi a Frank che avevo intenzione di fare visita ad una clinica specializzata
in ipnoterapia il martedì seguente. Ottmar mi chiese se gli avrei mai più parlato. Certo, perché no?
La reazione di Frank fu diversa: “Hihi, sarà sicuramente molto divertente”, disse senza infondere
nell'ascoltatore la benché minima impressione di essere divertito.
La domenica mattina, poco dopo aver manifestato ad Ottmar la mia intenzione di farmi visitare, costui
mi raccontò che all'Aufschwung c'era ancora vita per un paio d'ore e mi augurò ancora “un buon film”
prima che mi recassi lì da solo.
Una volta arrivato dovetti constatare che suonavano ancora della trance abbastanza ballabile, molto
meglio di quello che avevo ascoltato durante tutto il fine settimana.
Quando ad un certo punto mi voletti sedere cozzai contro la testa contro un'altra, quella di un uomo di
colore, contro il suo piercing per la precisione. Il tizio non disse una parola, mi guardò solo male.
Poco tempo dopo, non riuscii a trattenere un membro del personale a prelevare il mio bicchiere, non
ancora bevuto del tutto; in compenso ne lasciò uno simile, con più o meno la stessa quantità di acqua
dentro.
Lo credetti il mio e lo presi su, perché avevo sete ed il bar era già chiuso: riuscii solo per un pelo a
sputare di nuovo la scheggia di vetro tagliente che c'era dentro (di forma rettangolare, dal diametro di
circa un centimetro e mezzo, altezza circa un millimetro).
Poco dopo la musica cessò di suonare.
Quando passai nella stanza dopo la pista, già praticamente in cammino per tornare a casa di Ottmar, un
tizio del diametro di circa un metro ed alto un metro e ottanta riuscì a calamitare la mia attenzione su di
sé e sul suo amico smilzo.
Poi, una volta arrivato nelle sue vicinanze, commentò la sua ben studiata saggezza: “Balli come un
paralitico”.
Invece di reagire alla provocazione rimasi calmo e risposi: “Sì ma è divertente”.
Poi uscii e me ne tornai senza essere disturbato a casa di Ottmar, che quando gli riferii dell'accaduto mi
disse, col solito largo sorriso, che secondo lui ballavo in maniera molto artistica.
Portai in giro Frank, che doveva consegnare del software a qualcuno nel vicinato.
Raccontai dell'accaduto, allorché commentò che avevo sbilanciato il tizio con la mia risposta, lui invece
avrebbe risposto: “Se non chiudi quella bocca paralitico ti faccio diventare io”.
Ma evitai SEMPRE di fare questo errore e non ha nulla a che vedere con il fare l'eroe o essere un
coniglio: è semplice razionalità, farsi furbi. Altre persone che conoscevo si lasciarono invece provocare
(vedremo ancora chi), reagiranno di conseguenza e verranno, come descriverebbe Stefano Benni in
maniera così appropriata (nel “Secondo racconto del viaggiatore” de “L'ultima Lacrima”), picchiate a
sangue da Kung-Fu Jack.
Il peggio: di fronte ad un giudice in questi casi (se si reagisce ad una provocazione con un'altra o
persino con una sua escalation) non si riceve nemmeno più ragione né tanto meno si ottiene un
risarcimento danni e questo è un dettaglio al quale la setta presta un'attenzione imbarazzante prima di
colpire, perché non si vuole fare alla fine persino un favore, con un'azione del genere, al nemico che si
vuole distruggere.
Frank osservò che la macchina ogni tanto faceva un rumore strano.
Era vero, quando si girava il volante ogni tanto l'impressione era che due parti di metallo si
strusciassero.
L'ammaccatura sotto l'ammortizzatore che aveva procurato Ottmar? O si trattava di un ulteriore cupo
segnale dopo quelli che avevo ricevuto all'Aufschwung Ost verso mezzogiorno di domenica?
Mi ripromisi di lasciar controllare da cima a fondo la Fiesta a Bad Säckingen, prima, però, il pomeriggio
del lunedì, avevo ancora un colloquio di presentazione nell'azienda EDM ad Engelskirchen e la mattina
del martedì poi avevo inoltre il noto ed egualmente importante colloquio di ricovero alla clinica
Felsenland a Dahn.

Ma le ruote della mia Fiesta non dovettero mai più riposare sull'asfalto di casa, perché lungo il tragitto
che portava ad Engelskirchen, quindi il lunedì pomeriggio, si ruppe definitivamente il semiasse anteriore
mentre ero su un tratto di autostrada senza corsia di emergenza, a circa 25 chilometri da
Gummersbach.
Improvvisamente la macchina non fu più dirigibile o meglio: la meccanica reagiva con un ritardo tra i tre
ed i dieci secondi dopo l'avvenuto sterzo.
Dovetti proseguire barcollando sull'autostrada in questa maniera per circa 15 chilometri, perché dietro di
me si era formata una paurosa colonna di TIR che viaggiava alla velocità costante di 80 chilometri orari.
Dopo 15 chilometri, finalmente, una uscita dell'autostrada - via dalla trappola mortale.
Dal primo meccanico disponibile, poi, l'infausta diagnosi: danno totale, la macchina è da rottamare.

Parcheggiai la macchina nel centro di Gummersbach, tolsi ancora l'antifurto del lettore CD della vettura
e presi con me tutti i miei bagagli, poi chiusi l'automobile per quanto fosse possibile e affogai la mia
frustrazione in un Kölsch [la birra tipica di Colonia, nda] che ordinai alla stazione.

In qualche maniera giunsi poi ad Engelskirchen, all'azienda EDM Müller & Partner.
Arrivato lì, nella sala d'attesa, ebbi la possibilità di sfogliare un depliant dell'azienda: uno dei suoi
partner più importanti era la Volkswagen.
Dopo un breve periodo di attesa, credo di ricordarmi di essere stato intervistato dal signor Müller stesso.
Guardò brevemente i miei documenti, compreso l'attestato di lavoro, senza fare commenti e mi spiegò
poi che all'azienda servivano in continuazione dei programmatori, soprattutto per l'industria
automobilistica.
Aveva in particolar modo un progetto in attuazione, per il quale gli serviva un programmatore in Visual
C++, il posto di lavoro sarebbe Monaco, lì sarei potuto arrivare con il treno; un laptop me lo avrebbe
fornito l'azienda che avrebbe pagato anche i costi di pernottamento e le diarie. Cinquemila marchi netti
al mese.
Sembra tutto molto allettante, bisogna solo rimediare un appartamento nelle vicinanze di Engelskirchen
per riposare i fine settimana, ma eventualmente potrei vivere a Kassel da Ottmar e frequentare
l'Aufschwung.
Poi gli domandai qualcosa che mi premeva molto.
Spiegai al capo dei miei problemi con Scientology e gli chiesi se l'azienda aveva qualcosa a che fare
con la setta, perché in quel caso avrei dovuto rifiutare.
“Noi no, però non possiamo garantire per i nostri clienti” fu l'onesta, corretta ed intelligente risposta.
Quello che all'epoca però non disse ma che oggi so dal fatto che lesse il mio attestato di lavoro senza
muovere neanche solo un muscolo facciale è che fu spinto a ingaggiarmi proprio da uno dei suoi clienti
sospetti.
Dichiarai che ero interessato al posto di lavoro, dovevo solo in qualche modo accasarmi, mi sarei fatto
sentire quanto prima possibile, poi lo salutai.
Avevo infatti un appuntamento ancora più importante nella clinica di ipnosi.
Presi un treno, verso sera, che mi portò fino alla città di una certa rilevanza che fosse più vicina a Dahn,
visto che quest'ultimo paese a quell'ora non era più raggiungibile con il treno, quindi avrei dovuto
aspettare fino alla mattina del giorno dopo.

Il giorno seguente mi misi definitivamente in cammino per Dahn, l'appuntamento è ancora di mattina.
CAPITOLO 13

“...e dopo la caduta seguono lezioni di umiltà”

Thomas D.

Dahn è un paesino, solo una stazione termale tra i vigneti della Pfalz.
L'età media della popolazione è sicuramente di oltre cinquant'anni, l'attrazione principale della città è un
caffè dove vengono serviti gelati e torte.
La clinica Felsenland appare relativamente brutta dall'esterno: l'edificio principale, quello dove risiedono
i pazienti e dov'è l'ufficio della reception (all'epoca era l'unica clinica di ipnoterapia in Germania
riconosciuta dalla mutua che offriva la degenza ai propri pazienti), assomiglia ad una semplice casa a
due piani, non proprio gettata in cemento come è solito per gli ospedali, ma non risulta accattivante lo
stesso.
L'entrata dell'edificio grande è sulla destra, se si prende come punto di riferimento la strada.
Nella casa stessa, al piano inferiore, l'oggetto più vistoso è un enorme gong.
Non mi sarà mai permesso di sapere se questo strumento venisse utilizzato anche per annunciare un
rituale giornaliero o se fosse invece esposto per semplice decorazione.
Piccoli foglietti, distribuiti dentro l'edificio, informano su alcune delle regole da rispettare nella clinica: già
all'epoca vigeva il più completo divieto di fumare; le cassette con le registrazioni delle conversazioni
svolte durante le ore di terapia in trance vengono poi fornite ai pazienti; come coadiuvanti
dell'ipnoterapia sono previsti anche esercizi di meditazione e di respirazione.
Nell'ospedale gironzolano, almeno in parte, rottami umani.
Dopo una piccola sosta nell'edificio principale vengo diretto al colloquio di ricovero che si terrà in una
casetta più piccola, una specie di enorme bungalow, anch'esso a due piani, situato a sinistra dello
stabile principale.
Al livello inferiore vi è la segretaria del direttore della clinica, al piano superiore, invece, avverrà il
colloquio stesso.
Con il proprietario della clinica, il Dr. Claus H. Bick, non dovetti però avere alcuna conversazione, anche
se per molto tempo lo credetti (vedremo anche chi utilizzerà questa mia errata assunzione per
depistarmi come è solito fare la setta).
Il lavoro sporco lo si delega ai propri negri, il dott. Arnd Bode, in questo caso.

Il dott. Bode assume, nei confronti del paziente, l'atteggiamento aggressivo ed arrogante dello
stereotipo del tedesco stilizzato come la personificazione della malvagità nei lungometraggi americani di
propaganda anti-nazista.
A questo scopo si prestano magnificamente, tra l'altro, il suo faccione dal ghigno arcigno e la sua vocina
stridula e sgraziata, simile a quella del giudice Morton in “Chi ha incastrato Roger Rabbit”.
Il problema è che il tipo sembra essere così per davvero: una persona che gode nell'essere in una
posizione di potere, sapendo che il difficile percorso da intraprendere per riacquistare la propria libertà
passa solitamente attraverso di lui, che è cosciente di questa sua posizione e che non teme di umiliare
a lungo e volentieri le persone che chiedono aiuto nella sua clinica, motivo per il quale l'espressione
impaurita di alcuni dei suoi pazienti sembra essere giustificata.
Alla sua sinistra ed alla sua destra due giovani assistenti: lui mi sembrò relativamente ragionevole e
comprensivo, lei invece molto meno, anche se con lei non ho mai scambiato alcuna parola, lo dedussi
dal suo comportamento non verbale.
Siccome sono stato pregato di raccontare nuovamente la mia storia, lo faccio come la mia visione delle
cose dell'epoca lo permetteva: escono i nomi di Nicole Kidman, Sven Väth e Scientology.

Dopo tre minuti il dottor Bode mi interrompe bruscamente e mi domanda:


“che cosa farebbe se fosse stato ipnotizzato per davvero?”
Non gli nascondo che se fosse vero sarei inferocito: “e se non la aiutassimo LO STESSO?”

In questo momento nella mia bonaria ingenuità non mi devo essere reso conto DELLA PORTATA E
DELLA GRAVITÀ di queste due frasi, non mi ricordo nemmeno più cosa risposi. Ma ora, messe per
iscritto, incutono terrore.
I medici non hanno fatto qualcosa come un giuramento di Ippocrate?

E ancora molto peggio:


È QUESTA L'UNICA CLINICA IN GERMANIA CONVENZIONATA CON LA MUTUA PER PRATICARE
IPNOTERAPIA?
CHI DECIDE IN GERMANIA CHI PUÒ PRATICARE IPNOTERAPIA PAGATA DALLA CASSA
MALATTIA E CHI NO?

Non credevo alle mie orecchie, pensai solo che fosse tutto un malinteso: oggi, osservando l'episodio a
freddo e da una certa distanza, si riscontra chiaramente, anzi inequivocabilmente, l'omissione di
soccorso da parte dei medici.

Un minuto più tardi, dopo che Bode (come già detto con i due assistenti accanto a lui che ascoltarono
tutto e che sarebbero quindi complici nel caso lo negassero di fronte ad un giudice) mi interpellò a
riguardo del mio consumo di droga ed utilizzò questo per bollarmi come psichicamente malato e per
respingermi adducendo come motivazione una regola vigente nella clinica secondo la quale si lavorava
solo con “l'energia naturale” di un individuo, mi consiglia, per precauzione, un soggiorno psichiatrico
stazionario di circa sei mesi ad Haar (vicino Monaco), dove sostiene di conoscere un “collega
qualificato”.
Per il resto mi consiglia di non intrattenere più rapporti con le suddette persone.
Più facile il dire che il fare, come vedremo.

Poi mi scarica.
Non ci credo, non è possibile.

Dieci minuti dopo chiedo, in aggiunta, se nel caso di una completa astinenza da droghe fosse disposto
ad accettarmi.
Si noti che nel caso mi fossi sottoposto ad ipnoterapia avrebbe significato non potergli mentire a
riguardo.
La risposta: NO. Quindi le droghe non possono essere state il vero motivo determinante.

Dopo questo incontro, sbalorditivo quanto deludente, torno con il treno ad Egg.
Come noto, non ho più le chiavi per entrare in casa, giacché erano sparite in maniera misteriosa
quando ero arrivato a Kassel, allorché incontrai Arne e Wesna.
Chiedo quindi al mio locatore, che mi presta le sue ed aggiunge che durante il fine settimana aveva
osservato dei “tipi loschi” che si erano avvicinati al mio appartamento.
Apro la porta di casa ed entro nell'atrio.
Sul soffitto, vicino alla lampada, vi è una copertura in PVC spostata obliquamente a metà dalla sua
posizione originale, con arrogante intenzionalità, in modo che me ne potessi rendere conto, da qualche
visitatore che era entrato durante la mia assenza; essa copriva originariamente un buco. La cimice che
era stata piazzata nel buco aveva ormai svolto il suo ruolo e c'era chi ci teneva a farmi sapere che lì ce
n'era una.
Sarebbe però stato ingenuo credere che fosse stato l'unico microfono, anche se Scientology mi
avrebbe volentieri lasciato questa ingenuità.
Ma forse le cimici che si trovavano nei miei capi di abbigliamento erano state già smontate per
precauzione prima della visita a Dahn.
Perché che già all'epoca ci fossero delle cimici nei vestiti lo supponevo dopo aver sentito alcuni
commenti fatti da Murat ad Erich su questo o quel capo di abbigliamento (in particolare la mia giacca).

Hans Eugen mi abbonò gli ultimi giorni di ufficio e fui mandato in vacanza in anticipo.
In effetti avevo già scelto Kassel come destinazione del trasloco, però alcuni segnali di avvertimento li
avevo percepiti come tali già all'epoca.
Si era annunciato mio padre, per cui pensavo di avere ancora una possibilità di scelta, dopo tutto
potevo anche andarmene da Kassel e da lì a Colonia o ad Engelskirchen non è poi così lontano.
Bene, così semplice non era e non è, ma all'epoca mi fu fatto credere di essere libero.
L'offerta di Ottmar per la stanza per 200 marchi era sempre attuale. Oggi non commetterei nuovamente
l'errore di accettare una simile offerta da certi ambienti, perché la setta non ti regala NULLA. MAI.
Si farebbe persino pagare l'aria per respirare da ciascuno, se solo potesse.
PERÒ: il mio processo di “clearing” doveva essere portato a termine.
Per questo motivo dovevo venire diretto a Kassel e per questo l'affitto era così allettante.
Invece avrei dovuto ascoltare di nuovo William S. Burroughs, quando in “Consigli per persone giovani”
disse:
“ Non ci sono affari onorevoli riguardanti lo scambio di merci di qualità come lo sono le anime per
merci quantitative come il tempo ed il denaro, quindi evita Satana e non prendermi per più stupido di
quanto sembri”

Tutta l'attrezzatura da laboratorio, ovvero tre o quattro valigie piene, era già da un amico mio nelle
vicinanze di Lörrach, i composti chimici non ancora utilizzati, invece, tra questi la dietilamina, l'acido
idrobromidrico e l'acido solforico, furono sotterrati nel buio della notte in un tratto di bosco tra
Laufenburg e Rickenbach: se non sono stati scoperti (a causa dell'oscurità il camuffamento fu
mediocre) sono ancora lì, solo che non so più bene neanche io dove.
Decisi di portare un carico di mobili e di altre suppellettili a Kassel e affittai allo scopo un camion da 7,5
t, il più grande camion che abbia mai guidato in vita mia. Per tre o quattro giorni smontai tutto quello che
riuscii a smontare, imballai tutto e lo spinsi durante il fine settimana, nel giro di un pomeriggio, nel
camion, con il quale mi recai quella sera stessa a Kassel. Il giorno dopo dovetti vedere nuovamente
anche Tatjana Murgia, la ragazza di Ottmar.
Stavolta sembrava molto più di buon umore rispetto alla settimana precedente, quando le avevo
raccontato che volevo far visita ad una clinica di ipnoterapia.
Osservò, con una espressione raggiante in volto: “Vi sono tendenze assolutistiche nel movimento
esoterico”.

In un discorso con Frank arrivò una indicazione su di un presunto ex-coaffittuario di Ottmar Straub, un
certo “Mario”.
Mi informai quindi da Ottmar, come sicuramente era stato previsto, in merito a costui, il quale, a detta
del signor Straub, era come me di origine italiana.
Ottmar raccontò che questo Mario aveva fumato troppo hascisc e per questo si era ammalato di
turbe psichiche: aveva sempre delle paranoie, pensava che tutti cospirassero contro di lui, che
tutti fossero d'accordo e gli volessero male, per cui veniva ricoverato ogni tanto in psichiatria, in
quel momento stava di nuovo dentro.
Neanche nei miei peggiori incubi avrei mai immaginato, che questo era il destino che mi attendeva,
che quindi questa fosse una metafora per il futuro che era stato pianificato per me: una cosa del genere
non la ritenevo possibile in un paese occidentale, pensavo che la tortura psichiatrica promossa dallo
stato fosse stata messa in pratica solo nei paesi dell'ex blocco sovietico e noi eravamo in una
democrazia, non in un regime dittatoriale. Era un male sociale che era stato anche additato e messo
alla gogna dal cosiddetto “mondo libero” occidentale durante la guerra fredda.
Quando negli ultimi anni avevo sentito affermare nei talk show televisivi tedeschi che di democrazia
oggigiorno ormai se ne parla solamente, pensavo si trattasse esclusivamente di un luogo comune.
Oggi sono informato molto meglio sulla nostra “democrazia” e sui suoi metodi, sono “illuminato”, per
così dire.
Ma Ottmar mi annunciò anche il processo di “clearing” nella solita maniera.
Il 31 maggio 1996 era infatti morto Timothy Leary e siccome la setta conosceva molto bene la mia
propensione per l'LSD e si era riproposta di togliermene il vizio per benino (sicuramente non per
migliorare la mia salute), Ottmar mi fece presente che Leary aveva auspicato, prima di morire, che il
suo cervello fosse registrato “su internet” nella sua totalità.
A Kassel incontrai una certa “Anna” che mi fece una buona impressione.
Questo avrà delle ripercussioni: sia detto già qui che mi furono spesso presentate delle presunte
possibilità di relazione con donne chiamate così.
Poco prima di tornare a casa con il camion, Frank raccontò, mentre eravamo seduti per un caffè nella
cucina di Ottmar, che Sven Väth era stato colui che aveva portato la techno e la vita da raves a Goa -
prima non c'era alcun tipo di techno nella mecca dei drop-outs dell'occidente.
Con queste parole me ne ritornai ad Egg, perché anche se a Laufenburg non mi aspettava più alcun
lavoro, avevo ancora abbastanza da impacchettare e da portare a Kassel.
Inoltre si era annunciato mio padre, che arrivò dapprima da solo, poco tempo dopo ci raggiungerà
anche mia madre.
Lui affermò di non credere a nulla di quello che gli avevo raccontato delle mie esperienze dei mesi
precedenti. Sostenne fossero semplici fantasticherie dovute al mio consumo di droghe.
Per molti anni credetti che i miei genitori fossero solo troppo limitati per riconoscere la verità.
Oggi sono certo che si trattava di un atteggiamento calcolato e previamente discusso nei minimi
dettagli: i miei genitori avevano già benedetto il mio futuro da marionetta senza droghe e venduto la
propria anima e me agli psicomacellai.
Cominciammo a cercarci attorno per trovare un'altra automobile, perché in effetti era già nei piani che io
vivessi il fine settimana a Kassel e durante la settimana lavorativa mi recassi con la mia vettura ad
Engelskirchen.
Siccome furono i miei genitori a comprarmi l'automobile questa sarà, secondo lunga tradizione
familiare, una Ford. Una Ford Sierra, per essere precisi, apparentemente ancora in buono stato.
Poi venne il momento di congedarci dai Tritschler, dai quali i miei genitori erano stati accolti
freddamente (si conoscevano benissimo, dopo tutto Hans Eugen aveva conosciuto mia madre prima di
me).
Hans Eugen si accomiatò mentre era presente mia madre e le sue ultime parole riguardarono le
persone con le quali ora avevo a che fare: “Altri ambienti”.

CON “ALTRI AMBIENTI” PERÒ, HANS EUGEN, FAI DEI BUONI AFFARI.

Prima di metterci in viaggio per l'ultima volta per Kassel, ricevetti visite dal mio locatore, che mi
consigliò di non essere sempre così triste, pensoso e volgere sempre lo sguardo a terra: in alto la testa,
petto in fuori, un portamento migliore avrebbe giovato alla mia immagine.
Lasciammo al vecchio signor Müller le chiavi dell'appartamento e partimmo quindi alla volta di Kassel
con due auto piene di roba.
Una volta arrivati, mio padre si affrettò a deporre i beni appena trasportati nella mia nuova stanza in
affitto, evitò l'invito di Ottmar per un caffè e se ne sbarazzò con un gesto tanto stupido quanto
arrogante, dicendomi che ora mi aveva portato in questa topaia, che non aveva nulla a che fare con
queste persone, per cui ora per lui posso pure crepare, di me non glie ne importa più nulla. Mia madre
si rifiutò persino di salire le scale per arrivare al mio appartamento, si tenne del tutto distante dalla
Wolfhagerstraße.
Infine i miei se ne andarono.

Il giorno dopo parlai con Ottmar di mio padre, perché anche io ero molto deluso dal suo
comportamento.
Consideravo un bene che anche il mio nuovo locatore si fosse reso conto in prima persona di com'era
fatto il mio vecchio, perché ritenevo così di venire capito meglio dal kasselense. Il commento di
quest'ultimo: “Un vero bastardo”. A detta di Ottmar, suo padre, invece, cercava di mantenere una buona
immagine in pubblico, ma dietro le quinte era anch'egli un bastardo in tutto e per tutto.
In qualche modo, mentre manifestava la sua opinione su mio padre, il suo volto aveva assunto delle
connotazioni che fino a quel momento non avevo mai scorto nel sempre così sereno viso del signor
Straub: per un attimo si poté scorgere in lui un misto di rabbia ed odio.
Mi spiegò che avrei visto i miei genitori una volta all'anno, per Natale.

Me ne andai nel centro di Kassel per ricevere subito la prima rigatura della vettura e la mia prima multa.
“Kassel è una città per automobili”, come disse per l'appunto Ottmar.
In realtà nel centro cittadino ero solamente entrato per guardare le finestre dei negozi ma non per
comprare qualcosa, perché soldi da spendere non ne avevo.
Di questo si accertò anche Ottmar in maniera molto invadente.
Mi accompagnò la volta seguente che andai a prelevare del danaro dal bancomat e guardò con
insistenza quando le richieste cifre del saldo del mio conto furono visibili. Non intrapresi alcun tentativo
di nascondergli la mia situazione finanziaria, anche se la maniera molto vistosa come mise di fronte a
me il suo volto nel momento giusto, in modo che potesse essere informato sul mio saldo corrente, mi
disgustò alquanto. 30000 marchi in negativo, quasi esatti.
Era proprio tempo di cercarsi un lavoro. La cosa migliore sarebbe stata trovare qualcosa a Kassel.
Per questo motivo mi recai presto all'ufficio di collocamento per informarmi se all'ordine del giorno vi
erano delle offerte.
Il colloquio con il consulente di competenza fu molto strano.
Mi propose un'azienda a Kassel che produceva software per ospedali e che era attiva nel settore
medico in generale. Il tizio dell'ufficio di collocamento mi disse che in realtà aveva dei veri eserciti di
programmatori disoccupati che desideravano ardentemente un impiego, ma con “le mie qualificazioni”
non avrei sicuramente avuto alcuna difficoltà a trovare “l'azienda giusta”.
Bene, io conoscevo soprattutto il C++, cosa che non era così rara fra i programmatori, quindi pensai
che alludesse soprattutto alle mie raccomandazioni.
Per questo il commento del consulente aveva un retrogusto leggermente amarognolo, perché mi ero
proprio messo in testa di evitare aziende di Scientology, ma la setta sembrava non volere dar tregua: mi
ripromisi però di non lasciare insondata alcuna possibilità e decisi di seguire le orme dell'annuncio.
Ma un posto come cameriere o come lavapiatti sarebbero eventualmente bastati, all'inizio.
Dopo tutto 200 marchi di affitto non erano poi una tragedia.

Subito si formarono però dei densi cumuli nembi all'orizzonte.


Così incontrai in un supermercato nei pressi della Wolfhagerstraße, come al solito “per caso”, uno dei
vicini che abitavano al piano di sotto. “Punks”, disse di loro Ottmar già la seconda volta che gli feci
visita.
Un gentile sorriso e poi una inaspettata quanto inequivocabile osservazione: “Ottmar ha detto che hai
affittato per breve tempo una stanza da noi”. Risposi con un sorriso, non so cosa gli avrei potuto
rispondere altrimenti. Meglio non replicare affatto, ma il “per breve tempo” resta naturalmente impresso.
Accompagnai Ottmar al suo posto di lavoro: il presidio governativo di Kassel.
Quando lo portai lì in macchina, dall'edificio entravano ed uscivano poliziotti di continuo.
Di fronte ad una tale visione una persona come me viene preso da panico da agorafobia e si vuole
subito nascondere dietro ad una pipa...
...perché di cose buone da fumare ne avevamo, almeno all'inizio.
Una delle fonti di hascisc di Ottmar vendeva anche roba chimica e sembrava essere vicino alla Eve &
Rave.
Siccome aveva dimestichezza con le pillole, questa fonte commentò a riguardo del DOC (esatto, i
presunti cartoncini dell'11.11.1995): “sono piuttosto anfetaminici”.
Io allora: “non sono mai stato così anfetaminico in vita mia”.
Ma allucinazioni non ne ho avute e se sì, sicuramente non dal DOC.
Notai qualcosa di curioso in questo venditore: sembrava avere paura di Ottmar.
Si mostrò veramente impaurito, con voce sottomessa ed insicura, come se avesse sperimentato da
poco sulla sua pelle quale potenza si celava dietro al signor Straub; il mio nuovo locatore si comportò
nei suoi confronti come se gli avesse appena mostrato quale fosse il suo posto ed esercitasse ora la
sua autorità in maniera calma ma inequivocabile.

Cominciai ad arredare un po' la stanza, la prima cosa che mi venne in mente fu ovviamente la mia
collezione di CD.
A questo scopo avevo ormai già da tempo ricorso a degli scaffali di legno, l'unica cosa che dovevo
ancora comprare erano le relative asticelle (dove andavano fissati gli scaffali) per circa 12 marchi
ciascuna.
Dopo l'acquisto cominciai a trapanare buchi nella parete. Tatjana, la ragazza di Ottmar, che “per caso”
quel giorno passava di lì, mi chiese quanto fossero costate le due asticelle, in una maniera che lasciava
supporre che sarebbero stati soldi sprecati perché sarei stato solo “per breve tempo” loro “ospite”.
Ottmar si era prodigato perché traslocassi ma ora tutto sembrava diverso, anche lui stesso era
radicalmente cambiato.
Il mio anfitrione ci tenne a farmi notare che manteneva la sua relazione con Tatjana piuttosto
superficiale ed addusse di essersi fatto succhiare dove si sentiva meglio da un'altra appena un paio di
mesi prima.
L'ultima volta che Tati lo aveva tradito, in compenso, era stato con uno dei Blues Brothers.
Blues Brothers? Pensai subito: “circoli di cocainomani”, tutti sanno come è morto Belushi.
Ma quello che mi aveva più infastidito di Ottmar era stato un suo commento mentre gli stavo
raccontando quale inferno spirituale avevo passato a Basilea. Infatti mi interruppe con un estremamente
arrogante “e ti sia di lezione”.
Fu forse la frase più amara che avevo sentito fino a quel momento, soprattutto perché usciva dalla
bocca di colui che si era spacciato come un ex-hippie idealista, che ora apparentemente osava
staccarsi dalla mimetizzazione della sua icona di Krishna, che campeggiava su di un poster di un bazar
nepalese affisso sulla porta del suo frigorifero, per assumere una forma ancora indefinita e più tetra.
Ma forse era proprio l'icona di Krishna che cominciava a parlare attraverso di lui.

Con Ottmar parlai anche di Sven Väth. Lo nominò come se fosse l'eroe dei miei sogni.
Corressi un po' l'immagine del DJ: “Sven Väth non è male, sa missare alla grande”.
Il mio locatore mi ascoltò, ma lui stesso non ribatté nulla in merito.
Più tardi mi ricordai che “non male” in tedesco aveva una connotazione decisamente più negativa che in
italiano, per cui mi sentii moralmente obbligato a spiegare ad Ottmar che per me “non male” in realtà
significava quasi “buono”.
Questi miei scrupoli furono poi utilizzati senza remore dalla setta, dapprima con una telefonata di
“Persona Service”, una agenzia di collocamento privata che aveva risposto alla mia inserzione e che
adesso affermava di cercare un programmatore in C++ per la creazione di una interfaccia utente ai
terminal dell'aeroporto.
Il rappresentante dell'azienda di collocamento dall'altra parte della cornetta ci tenne a farmi sapere che i
miei requisiti “non sono male”, pronunciando il “non sono male” in maniera tale che il messaggio della
frase arrivasse chiarissimo: se il livello qualitativo di Sven Väth è buono, le tue possibilità di avere un
lavoro sono buone; se Sven Väth è ottimo, hai ottime possibilità di trovare un lavoro.
Si noti che non è nemmeno necessario che Sven Väth sia stato informato del mio commento e di
questa ripicca, perché la setta con questa telefonata conseguiva degli obiettivi ben diversi.
Avessi infatti lodato Sven Väth per motivi economici (si ricordi che in quel momento avevo 30000
marchi di debito, circa 15000 euro), come la setta palesemente mi invitava a fare, il mio flusso di
pensieri in trance sarebbe stato intercettato e questo mi sarebbe sicuramente stato rinfacciato in
seguito.
Naturalmente in quel momento non immaginavo che fossero in grado di farlo. Fosse andata così, mi
sarei vergognato di questo fino alla fine dei miei giorni, sarei quindi stato perlomeno emozionalmente
ricattabile.
Questo tipo di trappole mi verranno presentate, da ora in poi, tutti i santi giorni.
L'altra tattica di Ottmar: cominciò a parlare in continuazione di Scientology, ma quando lo accusavo di
fare parte della setta lo negava per poi menzionare allo stesso tempo il fatto che il confessare
pubblicamente di farne parte comportava l'esclusione dall'amministrazione pubblica nonché
un'inevitabile immagine negativa, come lo era stato nel caso del presidente del Monaco 1860, l'altra
squadra di calcio del capoluogo bavarese (oltre al Bayern).
A seguire, però, si rimetteva a parlare delle pratiche di Scientology per poi comportarsi esattamente
così come aveva descritto. Mi mostrò alcuni articoli di giornale per confermare le sue affermazioni, ad
esempio che Scientology veniva considerata di estrema destra.

Decisi di far visita all'azienda di software nel settore medico.


Dopo una ricerca durata ore la individuo finalmente in un quartiere residenziale di Kassel.
L'azienda è completamente nuova (se esiste veramente, perché il nome è del tutto insignificante), non
ci sono quasi mobili, le pareti sono dipinte da poco.
Il capo, che sembra venire dall'est, chiama a sé un collaboratore di nome “Janosch” che mi deve istruire
su quello che l'azienda fa e con quali strumenti lavora, nonché quale sarebbe il mio compito lavorativo.
Bene, il mio compito lavorativo è la creazione di CD-ROM.
D'altro canto, a cosa serve altrimenti un programmatore in C++ oggigiorno?
Per coloro fra di Voi che non se ne intendono di computer: era una battuta.
Per rendermi più appetibile l'azienda, Janosch mi mostra una fotocopia di un presunto articolo che
informa per esteso su CD-ROM, Internet, linee ISDN e riduzione musicale in un contesto improprio, in
qualche modo si parla di riduzione ma per la natura della tecnologia da utilizzare essa è assolutamente
fuori luogo; l'articolo sembra un falso, si contraddice perlomeno in un punto cardine e per questo motivo
fornisce l'impressione di essere stato preparato appositamente per me, giusto per farmi capire che sono
tra “vecchie conoscenze”.

Il capo dell'azienda afferma che questa stipula solo “contratti a progetto” e menziona alcuni dettagli di
ciò per cui devo essere impiegato io: lo sviluppo di qualcosa come un “game-boy per dottori”, la
redazione di un programma mediante il quale utenti qualificati possono visionare istantanee mediche in
formato MPEG su un qualsiasi computer di un ospedale.
Gli algoritmi che sono stati sviluppati allo scopo provengono dalla Polonia e valgono oro, commenta il
capo.
Mi mostro fondamentalmente interessato, ma aggiungo che prima mi vorrei informare sulla tecnologia di
compressione MPEG per poter avere voce in capitolo. Poi me ne vado.
Sulla via del ritorno comincio a meditare su possibili e già considerate alternative: Bistro? Caffè?
Ristorante? Qualcuno a Kassel vuole forse un cameriere o un lavapiatti?
Per informarmi sulla tecnologia MPEG, Ottmar mi mandò alla biblioteca di Kassel, mi disse che lì avrei
trovato sicuramente qualcosa.
L'assistente della biblioteca mi diresse verso un angolo della stessa che lasciava un'impressione molto
strana a causa degli altri titoli che vi si trovavano: vicini l'uni cogli altri giacevano infatti libri su CD-ROM,
sugli Apple Macintosh, sui gatti (il fatto che mi identificassi con questi animali era già stato menzionato
da “E-Gor” durante il colloquio avuto poco prima di capodanno) e, molto vistoso a causa dei miei
sospetti, sull'ipnosi.
Per quanto riguardava l'ipnosi avevo già trovato per caso qualcosa da Ottmar.
Siccome ora vivevo nel suo appartamento, ebbi tempo a sufficienza per leggere i libri della sua parca
biblioteca e così mi capitò fra le mani un mattone enorme che era situato sullo scaffale più alto, intitolato
“Il mondo delle potenze segrete”.
Pensai subito che ora mi sarebbero finalmente state chiarite le idee sulla massoneria e sulle sette.
Con mio grande stupore dovetti invece constatare che il libro parlava soprattutto di medium ed anche di
ipnotizzatori. Sfogliai il libro per un paio di minuti e lo riposi poi sullo scaffale.

Durante una conversazione dei miei primi giorni a Kassel Ottmar menzionò Antje, la dolce maestra di
yoga.
Dapprima mi scordai questo nome e questa conversazione, solo mesi più tardi mi tornò in mente per
caso che Ottmar aveva nominato Antje molto prima che la venissi a conoscere.
Una mattina scese Anja con il suo cane per il caffè della colazione.
La sua bellezza era guastata da una cicatrice sulla parte sinistra del suo volto.
Mi lamentai con lei dei miei genitori, parlai delle loro manie, del loro atteggiamento impossibile,
raccontai di non essere mai stato visto e accettato come individuo, motivo per il quale in effetti ero
contento che fossero lontani, in qualche maniera me la sarei cavata.
Anja non disse nulla in merito a quello che le raccontavo, lei continuò solo ad ascoltarmi e se ne andò
circa un'ora dopo.
La mattina presto dello stesso giorno, Ottmar annunciò un “amico”, un certo “Tom”, un “freak di Goa”, o
anche un “bravo ragazzo” come chiamava di solito tali amici della setta.
Poco prima del suo arrivo, Ottmar lo andò a prendere con il catorcio da lui appena acquistato (una
Volkswagen Golf) in una delle due stazioni di Kassel, nella quale pensava erroneamente di trovarlo.
Tom era appunto arrivato all'altra stazione, dalla quale poi telefonò: “Ciao sono Tom, con chi parlo?”
Sono Alex: “Non conosco nessun Alex, conosco solo Ottmar”. Mister simpatia, dunque. I due tornarono
a casa assieme.
Tom era un cavernicolo con una barba tenuta molto lunga, forse per rendere più difficile il suo
riconoscimento.
Non appena arrivato chiese una birra e dalla conversazione risulterà che sapeva che ero stato
condizionato negativamente in proposito. Sapeva anche molto, molto di più.
Tom non tornava dall'India o dall'Australia (anche se aveva con sé la sua lunghissima Didgeridoo) ma
“dal Sudamerica” e raccontò dei suoi viaggi e delle usanze dei popoli della regione; parlò sempre con
Ottmar e mai direttamente con me, Ottmar era quello che gli chiedeva informazioni riguardo ai suoi
trascorsi.
Esordì dicendo che aveva trovato un tizio in Cile che gridava sempre “Mammaa! Mammaa!”, lui gli
aveva risposto (e per descrivere plasticamente quale ora era scoccata gridò la frase ad alta voce):
“Smetti di chiamare la mamma! Perché tua madre è lontana e QUI SIAMO IN CILEEE” [un paese
nel quale fino a pochi anni prima governava Pinochet, quindi un regime dittatoriale, nda].

“E poi ho incontrato un altro tizio [in un altro paese sudamericano, naturalmente, nda] che mi pestava
sempre i piedi e mi diceva: 'Tu mi vuoi fare qualcosa! Tu mi vuoi fare qualcosa!' Gli ho risposto: 'Non ti
voglio fare nulla!' Ma non scendeva dai piedi e continuava ad innervosirmi: 'Tu mi vuoi fare qualcosa! Tu
mi vuoi fare qualcosa!' Ed io: 'Te lo dico di nuovo, non ti voglio fare nulla!'
Ma lui non la piantava e gridava in continuazione: 'Tu mi vuoi fare qualcosa! Tu mi vuoi fare qualcosa!'
Allora gli ho dato una sberla e gli ho detto: 'Adesso basta! Mi stai sui piedi, smettila di frignare altrimenti
ti succede qualcosa sul serio!'”

Questo me lo racconta dopo che Ottmar mi aveva invitato ripetutamente e con insistenza a Kassel.
Ricordatevi di William Burroughs, gente, è un amico del quale ci si può fidare ciecamente.
Poi raccontò di un altro paese nel quale aveva incontrato qualcuno che voleva assolutamente provare
l''H'.
Tom lo aveva messo in guardia sul fatto che si trattava di una droga che rendeva dipendenti, ma questa
persona non ne voleva sapere, voleva assolutamente fare uso di quella droga.
Lo aveva rivisto sei mesi più tardi, dimagrito e dipendente, aveva scoperto sulla sua pelle che 'H'
significava 'Heroine', ovvero eroina, cosa che prima non sapeva. Beh, ha colpa lui, Tom lo aveva
avvertito.
Poi Tom volle attraversare un fiume e sapeva che allo scopo gli sarebbe servita una barca, ma il
barcaiolo al timone voleva cento (non specificò la valuta).
Sapeva che per andare dall'altra parte in realtà gli bastava pagare quattro, quindi disse al conducente:
“OK, mi sei così simpatico che ti do pure dieci anche se so che lo fai per quattro, ma tu vuoi cento!”
Se alla fine arrivò all'altra sponda e per quanto non fu concesso saperlo.
Poi descrisse, naturalmente sempre in forma metaforica, il mio imminente futuro.
Doveva recarsi per qualche mese in “Colombia”, dove alla fine, una volta svolto il suo lavoro, sarebbe
stato pagato e con i soldi si sarebbero anche trovate tutte le donne che avrebbe voluto.
Trovare hascisc lì non sarebbe stato un problema, arrivare a della cocaina sarebbe stato un po' più
complicato.
Ma la coca però è così – e mimò qualcuno nel farsi un tiro sul dorso della mano (come nel caso del
tabacco da fiuto): “CAZZO, quant'è buona questa roba”; poi però se ne vuole prendere un'altra striscia
(e mima di nuovo) e “CAZZO, quanto è buona questa roba” e ancora.
Ma di persone che lì non ne fanno uso, ne conosce poche.
Alla fine sarebbe però ritornato in India, dove l'India è una metafora per la Svizzera.
In un altro futuro sarebbe dovuto però andare anche a “Kaska” per sei o sette mesi e Ottmar mi fece
vedere anche una foto nella quale veniva ritratta “Kaska”: la foto era di un muro sul quale c'era
un'immagine di Paperino, quindi di un eroe della Disney.
Prima che “lui” andasse a “Kaska”, doveva però tornare in “India” (la Svizzera) per andare a riprendere
“l'anello” (e sorride: con “l'anello” intendeva l'attrezzatura per produrre droghe che avevo imbagagliato
in tre o quattro valigie e che avevo temporaneamente lasciato nel garage di un amico di Steinen, vicino
Lörrach [“L'anello” è anche l'oggetto con il quale viene allettato il senegalese prima di venire investito da
una automobile nella versione tedesca di “Caccia al fagiano” de “L'ultima lacrima” di Stefano Benni, in
quella originale invece si parla di un braccialetto; infine l'anello si dice “Ring” in tedesco, che è sinonimo
di “cerchia di malfattori”, nda]).
Ottmar subentrava ogni tanto nel discorso, ad esempio per raccontare che l'ultima volta, il ristorante
indiano con servizio a domicilio su ordinazione telefonica al quale commissionava le sue amate
specialità vegetariane, aveva tentato di portare un Malai Kofta al presidio governativo, ma lì non lo
riuscirono a trovare, in compenso avevano detto al fattorino che la cosa migliore sarebbe stato
portare il pasto allo Staatstheater [“Il teatro di stato”, trad.] di Kassel, lì si sarebbe potuta consegnare
la spedizione al destinatario.
Il primo colloquio si protrasse, grazie anche all'enorme quantità di canne fabbricate, per tutto il
pomeriggio ed anche per gran parte della serata.
Ogni tentativo da parte mia di obiettare qualcosa venne immediatamente respinto da Tom: non
conosceva alcun'altra storia, oltretutto parlava con Ottmar dei suoi viaggi e non con me.
Sinceramente non avevo neanche voglia di discutere con quel tizio.
Ascoltai tutto quello che aveva da dirmi, gli anticorpi necessari li creerò dopo che avrà finito la sua
esposizione.
Mi lasciai dapprima sopraffare dalla delusione per il mio fin allora sempre ragionevole ed affascinante
anfitrione e mi isolai nella mia depressione. Avrei voluto morire, se possibile.
Venivo adesso confrontato con l'immagine di Ottmar che non volevo credere vera e questo nel
momento in cui avevo seguito il suo invito a venire a Kassel ed ero pieno di debiti.
Come se non bastasse, avevo così parzialmente fatto anche terra bruciata con la mia famiglia.
Ed ora dovevo ascoltare una cosa del genere.
Per perifrasare i dettagli del colloquio in forma metaforica, Ottmar e Tom si recavano ogni tanto nella
stanza degli ospiti mentre io rimanevo solitamente in cucina con una canna in mano.
Tom raccontò quindi anche di aver preso parte ad un rituale ayahuasca nella foresta amazzonica.
Si sedette e bevve un bicchiere della mistura. Lo sciamano andò in estasi, ma Tom pensò: questa è
stricnina!
Ma lo sciamano non smise la sceneggiata, quindi voleva esserne assolutamente certo e prese un altro
bicchiere della bevanda senza che avesse provato alcunché di allucinogeno nel suo effetto.
Nel raccontarlo, mimò l'effetto fisico della “stricnina” e mimò esattamente la mia reazione nel momento
in cui, la mattina del 12 di novembre, ero diventato certo del fatto che si trattasse di una trappola e
quindi decisi di giocare sporco per difendere il mio onore.
Mi lasciai mostrare due volte questo effetto “fisico” della “stricnina”.
Ottmar: “Ho un amico, è un punk, solo che non lo sa. È molto adirato perché gli hanno rimesso gli
occhiali sul naso, che cosa mi consigli di raccontargli?” Tom: “Un Punk? In Cile (non) c'è un punk”.
Poco tempo dopo Ottmar mi portò il numero dello Spiegel che era appena uscito in cucina e lesse
dimostrativamente ad alta voce il titolo, preso dall'articolo sulle dichiarazioni di Jürgen Schneider [un
immobiliarista passato alla storia in Germania per essere fallito con bancarotta fraudolenta ed aver
lasciato un debito di 5 miliardi di marchi, quindi circa due miliardi e mezzo di euro, nda] che
campeggiava sulla copertina della rivista: “La confessione”. Quella di Ottmar, s'intende.
E questa ebbe conseguenze immediate, in particolar modo per quello che riguardava la visione
d'insieme degli avvenimenti: avevo conosciuto Ottmar prima della mia Hash Ultra.
Se fino a quel momento era stato eventualmente possibile non credere ad una simulazione di
sentimenti da parte sua, ora non lo era più e questo aumentò l'odio che già provavo nei suoi confronti.
La cancellai del tutto: la cosa peggiore che potesse accadere era che mi trovassi di fronte di nuovo
questo mostro che mi aveva ferito così profondamente senza il benché minimo motivo.
Mi abbandonai sempre di più ad una depressione profonda e cercai di annientare me ed i miei
sentimenti nell'oblio della canapa indiana.
Ottmar mi disse, con un sorriso più vuoto che mai, che raccontava sempre ogni cosa alla sua Tati,
alimentando così il sospetto che a lui fosse già stato fatto il lavaggio del cervello e fosse suo schiavo.
I due schernirono anche la “Goa-trance” che mi veniva propinata, Goa la conoscevano molto meglio
loro.
Alla fine i due mi lasceranno in pace per il resto della serata, mi avevano anche fornito materiale a
sufficienza sul quale riflettere.

La prima e più importante conseguenza riguardava il mio comportamento nei confronti dell'altro sesso:
tutte le donne che mi avevano provocato avevano qualcosa che mi irritava e questo era voluto, quindi si
trattava della simulazione di una possibilità che in realtà non esisteva oppure, ancora peggio, di una
trappola.
Se però avessi continuato ad evitare le trappole che mi venivano messe sotto il naso, avrei così
mostrato di aspettare la mia Hash Ultra, cosa che si stava delineando sempre più come la vera
intenzione della controparte.
Ma questa era una impressione che non volevo assolutamente più alimentare, ero stato umiliato, deluso
e tradito troppe volte, la negazione di questa impressione aveva ora la precedenza su tutto, anche sulla
mia dignità e naturalmente anche su una possibile carriera come musicista o addirittura come attore.
Perché Ottmar aveva fatto in proposito qualche commento durante la discussione con Tom, del tipo:
“Hildenbeutel? Ma non è quello che lavora assieme a Sven Väth?” Sì Ottmar, Hildenbeutel è il negro di
Sven Väth.
Sarebbe dovuto diventarlo grazie alla Warner Brothers anche il mio?

E chi avrei dovuto ringraziare per questo? LEI? MAI.

Se “Sven” mi voleva veramente allora doveva essere per la mia competenza nel settore della musica
elettronica e non perché ero strisciato sotto i piedi di lei. Questo era un motivo in più o, forse meglio,
motivo sufficiente per porre fine una volta per tutte all'apparenza di una ipocrita emozione positiva di un
qualsiasi tipo nei confronti della Hash Ultra.

Un'altra possibilità però ci sarebbe stata ancora, perlomeno teoricamente.


Sapevo che Ottmar viveva nel bel mezzo del quartiere a luci rosse, il padre di Lumpi era notoriamente il
più grande magnaccia del triangolo dei tre stati, su Silvana stendiamo un velo pietoso, ovunque arrivavo
c'era odore di bordello.
Magari, mi dissi, era previsto che andassi a letto con Yamina la mattina del 12 novembre, perché tutto
sommato che cosa vuoi da una donna che ti tende una trappola del genere?
E forse non potevano intuire che ci tenevo così tanto a lei, il 28 gennaio...
In ambienti di questo tipo poteva forse essere una consuetudine, pensai nella mia bonaria ingenuità di
allora, riconoscere ed onorare l'animale che è in tutti noi, ovvero che l'uomo alla fine non riesce a
resistere al peccato carnale.
“Bene, in un animale di questo tipo mi riconosco certamente volentieri”, pensai.
Poteva essere quello il motivo per il comportamento incoerente di chi avevo di fronte?
Le minacce di Tom ed Ottmar di uccidermi nel caso non mi fossi lasciato accoppiare non erano serie e
ritenevo Ottmar in grado di formularne di vere se lo avesse voluto, quindi non poteva volere quello che
professava ufficialmente.
Per questa ragione in quella notte presi una decisione irrevocabile: qualsiasi fosse l'intenzione dietro i
presunti tentativi di accoppiamento, qualsiasi fosse la perversione con la quale mi si sarebbe guastata
la prossima trappola, mi sarei fiondato a letto la prima volta che si sarebbe ripresentata un'occasione
dall'aspetto anche solo vagamente femminile o perlomeno mi sarei così atteggiato pubblicamente, in
modo di finirla una volta per tutte - costasse la mia reputazione, la mia carriera o anche la mia vita.

La mattina dopo fumammo se possibile ancora più canne.


Ci recammo ad una radura delle vicinanze nella quale eravamo già stati con lo pseudohippie sotto LSD.
Lungo il tragitto sgorgano nuovamente lacrime di delusione e per la visione ormai impietosa della realtà.
Ci dirigemmo verso una rupe situata nel mezzo del verde regolamentato.
Lì, lontano da ogni telecamera o microfono, Tom parlò in altro modo: “Perché pensi che ti accada una
cosa del genere?” L'unica risposta che mi fu possibile: “Non lo so”.
Disse che ero “lìggiù” e “ne parlavo” ed incontro per caso le persone che sanno come si fa, allora debbo
lasciarlo fare a chi ne capisce qualcosa.
Bene, cari Lettori, all'epoca non sapevo esattamente a che cosa si riferisse, pensavo più che altro che
intendesse le droghe. Oggi però gli potrei rispondere che se si lascia a queste persone, che
sicuramente di ipnoterapia sanno il fatto loro, il monopolio nel settore dell'ipnosi clinica, allora si può
subito clonare Hitler, che certamente di politica ne capiva (altrimenti non sarebbe arrivato al potere) e
farlo cancelliere tedesco.
Ma questo non è neanche più necessario, perché ormai abbiamo le persone giuste in politica ed alcune
di queste le scopriremo man mano che ci arriveremo nel proseguo di questa storia.
Questa “pausa” che mi veniva “concessa” l'avrei dovuta utilizzare, ad esempio, per giocare con i
bambini e per intraprendere altre attività, che altrimenti non avrei più avuto modo di apprezzare, una
volta che la mia carriera sarebbe poi cominciata.
Che fossi stato trattato così “dignitosamente” lo dovevo al fatto che ricordavo a qualcuno com'era lui
quand'era giovane.
A parte il fatto che vorrei molto sapere chi è questa persona, non voglio immaginarmi cosa succede ai
nemici della setta!
Alla fine Tom sputa fuori la sua morale della storia:
“Questa faccenda aveva solo una cosa di buono: le droghe non si pagano. O se sì, allora quella roba
deve essere più cara possibile. Perché ti ritieni in grado di prenderti la responsabilità se quella roba
arriva per strada?”
“Dopo tutto, in certi ambienti, i soldi della vendita illegale di droga li si ha già nel portafoglio per le
piccole spese”.
Con questo intende dire che nella grande industria ci sono molti più soldi da fare.

Questa è una verità un po' troppo semplice, caro Tom, è troppo facile.
Primo: so esattamente che cosa significa pagare dieci euro invece che cinque per un grammo di fumo e
so esattamente, anche se ormai non mi faccio più una canna da tempo immemore (ho smesso di
fumare del tutto) che buona parte dei problemi che avevo avuto nella mia gioventù erano derivati
dall'illegalità e dal costo della droga (isolamento, punizioni, perdite di tempo, paranoia, mancanza di
fondi per svilupparsi): la stessa cosa la potrei affermare per le altre droghe.
Sostanze come l'LSD ed l'estasi non mi hanno mai arrecato danno, chi lo ha fatto sono state solo le
persone che me le volevano proibire e le persone che me le hanno vendute, dove queste ultime sono
quelle che, anche se all'opposizione avevano fatto un gran baccano per promuovere la legalizzazione,
una volta arrivate al potere, hanno mantenuto tacitamente il proibizionismo in vita per difendere il
monopolio che già detenevano e la stabilità dei prezzi sul mercato.
Perché come abbiamo già potuto constatare in alcune circostanze e come continueremo a constatare,
per certa gente esiste sempre e comunque solo l'immunità.

A che serve allora legalizzare?

Secondo: nel 2011 ho letto in una Süddeutsche Zeitung un titolo in prima pagina che spiegava che il
volume d'affari mondiale relativo al mercato degli stupefacenti di un anno veniva stimato attorno ai 1000
miliardi di euro.
È interessante, come fondo per le piccole spese, che ne dite?
Mi chiedo che cosa si potrebbe comprare con una tale somma...

...la FIAT o la Volkswagen? Certamente, ma COMPRARE non è necessario.

Che cosa si riesce allora a CONTROLLARE con quella somma, visto che per influenzare in maniera
determinante un'azienda serve, nella maggior parte dei casi, solo il 2% delle azioni?
La risposta è: tutta l'economia di un paese della grandezza pari, perlomeno, a quella di una
potenza europea.
Il problema delle aziende dell'Unione Europea delle quali si presupponeva che servissero al riciclaggio
di denaro sporco, così come se ne parlava in maniera “allarmante” nei media negli anni '80 e '90, non è
più un problema: siccome l'economia controlla la politica, nel frattempo veniamo governati, tramite
uomini di paglia, dalle fonti del capitale fluito.
L'ipnosi è forse il metodo migliore per esercitare questo controllo “telecomandato” e negli interessi dei
mandanti è anche lo stile di governo effettivo nonché i suoi metodi. Avremo ancora abbondantemente
occasione di fornirne degli esempi.

Tom concluse il suo discorso sulla rupe con un amichevole “Prendi quello che ti viene dato e fanne del
tuo meglio”. Poi scendemmo nuovamente e passammo per un bosco per arrivare alla fine ad un albero
dove Ottmar aveva portato Tom in modo che le vibrazioni della sua Didgeridoo potessero infrangersi in
un degno elemento.
Quell'albero era molto largo e vecchio, noto per la sua età in tutta la zona.
Il commento teatrale di Ottmar: “Più antico del cristianesimo”.
Sì esatto, come l'ebraismo.
Dopo che Tom ebbe suonato abbastanza ce ne tornammo a casa.
Giunti alla Wolfhagerstraße Ottmar mi mostrò una lettera di una di quelle aziende alle quali avevo fatto
richiesta scritta per un posto di lavoro: un rifiuto. L'indirizzo del destinatario: Alessandro Manica, An der
Kapelle 4, Rickenbach – Egg.
Ma sulla cassetta delle lettere dell'appartamento di Ottmar, nel corridoio di casa, il mio nome non c'era
ancora.
Il mio locatore mi fece notare questa stranezza e mi chiese poi che cosa significasse secondo me.
L'unica interpretazione logica: “Che si sa dove vivo e che la mia posta viene controllata e filtrata”.
Il signor Straub lo confermò con un cenno di compiacimento del capo.
Tom ci lasciò, poi fui abbandonato anche da Ottmar e rimasi di nuovo da solo nel suo presunto
appartamento (che probabilmente era più che altro pensato per i suoi ospiti, visto che lui dormiva
sempre da Tatjana), a riflettere nel buio sulle due giornate appena trascorse.

Nei giorni successivi, parlando nuovamente con il mio locatore, dichiarai: “Non la voglio mai più
vedere”.
Ottmar sorrise scuotendo la testa: “Non è necessario che tu la debba mai più vedere”.
All'epoca non mi rendevo ancora conto del cinismo della sua affermazione: lo presi sul serio, sia per
quanto riguardava questo come anche per quanto riguardava la collaborazione con Hildenbeutel.
Ma avrei dovuto meglio ascoltare di nuovo William Burroughs, quando in “Consigli per persone giovani”
disse: “Se fai affari con il figlio di puttana religioso, METTILI PER ISCRITTO, perché la sua parola non
vale un fico secco non se ha il suo buon Dio che gli sussurra come fregarti meglio nell'affare”.

Per me era già una decisione presa: la prossima occasione di una relazione l'avrei afferrata al volo.
Mi venne infatti in mente anche qualcos'altro: Murat che parlava di Michael Jackson, il ritratto di Michael
Jackson da amici di Gustl & Katrin nella foresta nera e il “ballerino delle dita” che sarei dovuto diventare
secondo E-Gor.
Michael Jackson non andava a letto con nessuna donna.
Si parlava in continuazione di omosessuali e lesbiche.
Volevano farmi cambiare tendenze? Mai!
Amavo le donne e non me ne importava nulla che nello showbusiness fosse di moda fare il gay.
Avevo fissato a lungo le pareti di casa, maledetto la solitudine ed adesso per seguire una linea di
condotta che cominciava a puzzare mi sarei dovuto comportare diversamente da come mi sarei
comportato normalmente? Per chi? Per mostrare cosa? Che ero un surrogato gay di Michael Jackson?

A ME LA GNOCCA!

Nei giorni seguenti passò di nuovo Ottmar. Gli raccontai dei miei amori trascorsi.
Prima Lisa, poi Karin... quando volli cominciare a parlare di Karin, Ottmar mi interruppe con una strana
luce negli occhi ed un tono di voce inquietante: “Ho letto nei tuoi pensieri che la tua seconda ragazza si
chiama KATRIN”. Non è un errore di scrittura, Ottmar pronunciò una “t” in più.
Nel mentre facemmo visita all'intimidito pusher che aveva contatti con la Eve & Rave, comprai un paio
di pillole per la festa del fine settimana. Il venditore mi disse che erano molto potenti: avranno invece
contenuto al massimo caffeina.
Quel sabato pomeriggio Ottmar ed io fumammo assieme quantitativi industriali di Damiana (Turnera
Diffusa), qualcos'altro ufficialmente non era reperibile.
Ottmar aveva affisso sulla porta della cucina due maschere da carnevale, una da donna ed una per
uomo.
Forse il Lettore si ricorda che durante l'incontro nel bagno delle donne al Bell, andai verso la donna
SPOGLIO DI OGNI MASCHERA e che pensai altrettanto.
Bene, questo mio gesto sarebbe ora stato onorato, per così dire.
Ottmar lesse ad alta voce il testo di un foglietto attaccato alla porta della cucina:
“Il giorno tale del mese tal altro nell'anno fate voi Ottmar Straub ha ricevuto la cresima in questo luogo”.
Frank, che durante le conversazioni tra Ottmar e Tom non era mai stato presente (Anja si era dileguata
subito all'inizio della conversazione), disse con il suo solito tono di voce, quasi paterno, mentre Ottmar
ed io, a sera ancora giovane, sostammo dalla sua ragazza un piano più in alto, che adesso LUI
avrebbe preso il controllo della situazione e mi chiese se dopo i colloqui dei giorni appena trascorsi
fosse nel frattempo “tutto chiaro”.
Tutto chiaro, cumpà.
Prima di recarci all'Aufschwung soggiornammo per qualche ora ancora nella dimora di Ottmar.
Suonò il telefono. Il mio locatore rispose, disse qualcosa e riattaccò, poi si rivolse a me: “Era la
“Gewerkschaft der kritischen Polizisten e.V.” [“Il Sindacato dei Poliziotti Critici”, trad.], volevano
chiedere com'era andata a finire la storia col buttafuori dell'Aufschwung Ost dell'anno scorso”.
Si trattava dell'episodio nel quale Ottmar si era procurato la presunta frattura dello zigomo.
Il Sindacato dei Poliziotti Critici lo conoscevo già dalla De.Alt.Drogen (il forum tedesco sulle droghe di
internet, nel quale scrivevano anche Bert Marco Schuldes e Daniel Rödding) nonché da una
trasmissione televisiva che avevo visto.
La trasmissione era anche molto interessante perché all'epoca si fronteggiavano, al fianco di due
opposte frazioni di poliziotti, due presidenti di regione: Gerhard Schröder, all'epoca ancora presidente
della Bassa Sassonia, era il patrocinatore dei Poliziotti Critici; Edmund Stoiber, invece, impersonava
nel dibattito l'anima delle forze dell'ordine bavaresi lì presenti.
Con questa frase, ad ogni modo, Ottmar spiegò che lo spettacolo meschino che era stato inscenato a
Basilea era stato appoggiato da ambienti delle forze dell'ordine, cosa che a causa di alcune esperienze,
che sono già state messe per iscritto, era praticamente indispensabile. Nulla di nuovo, quindi, solo un
riferimento preciso con nomi ed indirizzi.
L'attore di teatro insistette perché ci recassimo all'Aufschwung col filobus: probabilmente era nei piani
che non dovessi più tornare alla Wolfhagerstraße, perlomeno non così velocemente.
All'inizio sembrò dapprima essere un normale happening di techno, eccezion fatta per un poster che
annunciava in un qualche futuro un party di Sven Väth che doveva tenersi all'Aufschwung – Sven Väth
non era sicuramente dietro al mixer durante l'evento del quale stiamo raccontando.
Ma quando volli recarmi la prima volta alla toeletta, un tizio con indosso una maglietta dei Front 242 mi
lasciò il passo: con la barba e la parrucca Sven Väth era diventato quasi irriconoscibile. Tuttavia non ci
scambiammo una parola.
Ma dov'era allora l'altra “maschera” nell'Aufschwung? Stiamo parlando di quella femminile, ovviamente.
Mi guardai attorno.
La credetti nascosta dietro a degli occhiali e ad una maglietta del “KitKat”-Club, ma non la interpellai.

La musica è appositamente “strana”. Sembra buona, ma quando poi mi reco in pista per tentare di
danzare un paio di minuti, viene suonato ad oltranza il loop che è attuale nel momento in cui sono
sceso “in campo”.
Nel momento in cui smetto di ballare per la noia e mi riporto ai bordi, il brano “continua”, vi è quindi della
novità nel suono: un giochetto molto semplice da realizzare con un paio di CD a velocità regolabile
dotati di una funzione loop.
Dopo che il giochetto è stato ripetuto per una decina di volte, decido di non farmi più prendere per i
fondelli e lascio perdere il ballo per diverse ore. Quando un disturbatore pagato mi esorta a danzare, mi
reco in altre stanze del locale.
Il tutto sembra quasi una prova, come se mi dovessi affermare nuotando controcorrente.
Ottmar mi invita nel suo vecchio Volkswagen Golf parcheggiato davanti all'Aufschwung, con noi c'è
anche una rave-girlie rimorchiata in maniera molto “plateale”.
Durante il colloquio in macchina, il mio locatore ripete all'inizio più o meno quello che disse quando ci
incontrammo per la prima volta alla Moltkebrücke a Berlino, cioè che è un miracolo che a questo genere
di manifestazioni fili tutto così liscio.
Ma stavolta aggiunge che qualcuno dovrà pur esserne incaricato, da qualche parte ci devono pure
essere poliziotti che vigilano. Dopo tutto anche lui lo è.
Con queste parole, senza che io replichi in alcuna maniera, terminiamo il discorso in macchina ed
entriamo nuovamente all'Aufschwung Ost.
Quando arriviamo, il personale mi passa davanti trasportando cassettoni da DJ pieni di dischi sui quali
campeggia, enorme, uno sticker autoadesivo di una etichetta discografica a me ben nota: Harthouse.
Ma Sven Väth non suona ancora ed il giochetto col loop continua ogni volta che voglio scendere in
pista.
Per questo motivo preferisco salire al chillout, che è situato all'ultimo piano, dove dapprima viene offerto
un sottofondo sonoro di grande qualità (per l'epoca).
Ballavo molto volentieri il chillout se vi era perlomeno accennato un ritmo.
Ma quando stavolta lo faccio, gli elementi del groove vengono sfumati, quindi mi siedo di nuovo.
Poi riappare il ritmo, mi alzo, voglio danzare, il ritmo viene nuovamente sfumato dopo mezzo minuto.
Rimango seduto.
La musica, stavolta, non migliora fin quando decido di chiudere gli occhi per riposarmi e allora...
...torna il ritmo. Non ci sono dubbi, anche qui sono un osservato speciale.
Quindi mi alzo ed esco di nuovo dalla stanza. Congedo, uno dopo l'altro, Tatjana, Anja e Frank.
Loro se ne vanno di già, Ottmar no. Lui rimane e mi invita a recarci nuovamente al chillout per farci
un'ultima canna.
Ci sediamo nell'angolo più lontano visto dall'entrata della stanza.
Comincio a preparare la miscela dietro relativo invito del mio locatore.
Di fronte a noi, due persone con in mano una lista, lunga diverse pagine, dei tipi di pillole che si trovano
sul mercato. È una lista redatta dalla società Eve & Rave.
Comincio lentamente a sfogliare la lista e la leggo pure, fino a quando arrivo all'ultima pagina, dove vi
sono solo un nome ed un indirizzo scritti a matita: “Katrin eccetera eccetera...”
Proprio nel momento nel quale leggo questo nome, la donna che sta sulla mia sinistra mi chiede se non
ho una cartina lunga da offrirle. Un timing perfetto...
Glie la porgo, poi mi volto verso di Ottmar, cercando una conferma di questo ennesimo tentativo di
accoppiamento.
Siccome dapprima sembra che io rifiuti nuovamente, Ottmar mi dice: “Allora mi dispiace”.
Voglio rivedere la lista delle pillole che nel frattempo si sono ripresi i due della Eve & Rave, ma questi
non me la vogliono più dare, dopo tutto si trattava di “un regalo della Eve & Rave”.
Ma il coraggio di oltrepassare il Rubicone pubblicamente, nel frattempo, lo avevo trovato e l'ultima cosa
che pensai prima di agire veramente fu: “Lo faccio perché credo nel libero amore”.
La ragazza sulla mia sinistra mi chiede un'altra cartina lunga.
Sfrutto l'occasione per mantenere in vita l'ultima speranza che riponevo in Ottmar e nella sua cricca (la
possibile intenzione di far riconoscere l'animale che è in me) e gli dico: “Lo faccio, ma guarda che è
veramente il colmo, Ottmar”.
Poi comincio a conversare con lei del più e del meno: “E allora, t'è piaciuta la festa?”
Non mi ricordo nemmeno se le ho chiesto anche se si chiamava Katrin per davvero.
Ad ogni modo riesco ancora a pronunciare una ineguagliabile saggezza come “la musica è stata buona
a tratti” prima che Anna, quindi la ragazza che trovavo in realtà la più simpatica di tutta la cricca di
Kassel si getti su di me già dalla distanza a braccia aperte e con un ampio sorriso, cosa alla quale
ovviamente non oppongo alcuna resistenza, al contrario: preferivo Anna a “Katrin”, che mentre ci
abbracciamo se la svigna alla chetichella, perché non è prevista per me, è comunque solo una trappola.
Anna puzza di aglio e di birra dalla bocca. Dopo un breve scambio di frasi si scopre che Anna non ha
alcuna intenzione di fare sesso né tanto meno voglia di una relazione, serve solo a dare la possibilità a
Katrin di sparire.
Ottmar mi invita ad uscire dall'Aufschwung Ost ed a tornare alla Wolfhagerstraße col filobus.
Durante il tragitto a piedi arriviamo alla stazione degli autobus, dove Sven Väth siede su una panca, in
piena e caldissima estate, vestito come il re sole fra i suoi sudditi meno apprezzati: occhiali da sole e
giacca imbottita di piume si sono aggiunte alla barba ed alla parrucca.
Chiedo a Ottmar chi è il tizio che ci guarda: “È lo superscientologo”.
Gli passiamo davanti senza dire una parola.

Ottmar entrò in casa prima di me: quando lo seguii lo trovai abbracciante Tatjana, i due avevano una
espressione del volto molto preoccupata. Ci sedemmo di fronte ad un caffè appena sfornato.
Ottmar disse a Tatjana, che adesso avevano due problemi. Tatjana rispose: “tre problemi”.
Commentò che non ci sarebbe mai stato più un così bel chillout ed ancora, con amarezza sarcastica:
“ma la musica è stata buona a tratti”.
Me ne andai ogni tanto nella stanza accanto a cercare di superare il mal di testa che seguì alle lacrime.
Quando Tatjana ci lasciò, furente ed amareggiato dissi ad Ottmar: “Hai un problema ad andare a letto
con una donna?”
La sprezzante (e tal'anche mimata) risposta del presunto buddista a questa mia domanda retorica, che
era anche una spiegazione per il mio comportamento, arrivò con un po' di ritardo: “il sentiero è la
meta”.

Questo fu troppo. Di per sé ogni frase che interpretai come un'accusa mi fece cadere ancora di più in
depressione.
Avevo fatto quello che dovevo fare, mi sentivo però malissimo per come era stato interpretato il mio
comportamento in pubblico, ancora peggio di prima.
Ma questo “il sentiero è la meta”, quindi la stessa frase che ritenevo essere il mio motto, stavolta
tuttavia formulato come rimprovero morale, lasciava affiorare, in ultima analisi, tutta la piattezza della
controparte e cambiò definitivamente il mio comportamento nei confronti di quei farabutti con i quali
avevo a che fare, a cominciare con chi mi stava di fronte.
Perché siccome ora non vi era più la benché minima possibilità di intravedere una qualche buona
intenzione dal comportamento della controparte dei mesi trascorsi, si era dimostrata vera l'altra e ben
più probabile possibilità che avevo preso in considerazione: le persone con le quali avevo a che fare
erano automaticamente diventate con certezza assoluta, irrevocabilmente, da sempre e per
sempre dei figli di puttana.
Qui debbo osservare qualcosa di importantissimo: come conosco la setta, può benissimo darsi, che se
mi fossi rifiutato di attaccare bottone con la donzella, le restrizioni e la pressione sarebbero state
addirittura aumentate per farmi cadere moralmente, prima o poi.
Si noti anche che Ottmar, col suo “è lo superscientologo”, implicitamente lascia intendere che non si
tratti della setta.
I mesi e gli anni seguenti testimonieranno però perlomeno un qualche coinvolgimento della setta nella
storia.
Anche Ottmar contraddirà sé stesso a questo proposito.
Ci lasciò perché doveva recarsi a Stoccarda apparentemente per “vendere ostriche” ad una qualche
fiera.
Io nel frattempo cercai di affogare la mia depressione colle canne.
Il giorno dopo venne giù Anja Brost per il caffè.
Alludendo al mio comportamento alla festa dell'Aufschwung cercò di farmi coraggio: “Ma tu sei bello!”.
Risposi (in dialetto bavarese): “Sì ma non sono Tom Cruise.”
Poi parlò del fatto che quel fine settimana sarebbe andata nel Meclemburgo-Pomerania Anteriore con i
bambini che accudiva ed aveva paura, perché lì c'erano già stati degli “assalti di bande di neonazisti”.
All'epoca presi questa affermazione alla lettera, oggi comprendo alla perfezione il linguaggio della setta
e la interpreterei in maniera completamente diversa: il “bambino” che “accudiva” (o meglio indottrinava)
ero io, io sarei andato il fine settimana dopo a Berlino per la Love Parade del 1996 e lì mi sarebbe
potuto succedere qualcosa di molto spiacevole, la squadra di picchiatori della setta si sarebbe
spacciata, come un paio di mesi prima a Monaco, per un gruppo di estrema destra.
Anche Silvana, che annunciò di volersi recare alla Love Parade con il suo ragazzo, passò da me e mi
raccontò che lei aveva avuto gli stessi problemi che avevo io, quello che mi consigliava era: “smettere
di pensare”. Se ci fossi riuscito, non sarebbe più accaduto quello che succedeva in continuazione,
questo lei l'aveva già capito.
Questa è una delle peggiori e più inumane forme di lavaggio del cervello in assoluto.

Prima di andare alla Love Parade, mi recai dapprima a Basilea a prendere “l'anello”, quindi
l'attrezzatura per le droghe che avevo nascosto da quest'amico mio.
Feci prima visita a Lumpi, Monique e Kai. Lumpi mi fece vedere un volantino di Patrick, uno dell'Irrlicht,
un locale punk.
Aveva accettato di suonare lì per 50 marchi, lasciando così intendere che forse sarebbe stato il mio
stesso destino se...
...beh, il se lo impareremo a Berlino.
Quello che significavano quei “50 marchi”: un nulla, niente che fosse apprezzabile.
Questa maniera di utilizzare il valore dei soldi è tipico per la setta: più soldi significa più successo, più
“aura”.
Lumpi annunciò anche a quale trattamento sarei stato sottoposto adesso.
Per questo mi porse un passaggio da leggere dal libro tibetano dei morti ed adesso so che cosa
intendeva dire: i miei pensieri sarebbero stati continuamente monitorati nel sonno e tutto quello che
temevo, tutto quello che supponevo sarebbe stato realizzato ed amplificato dalla setta nei giorni
seguenti ai relativi pensieri – una “self-fulfilling prophecy”, alla quale Ottmar farà spesso riferimento.
Alla fine andai a riprendere l'attrezzatura per il laboratorio da questo amico mio e ritornai a Kassel, dove
la lasciai nel garage di Ottmar, che era sempre a Stoccarda.

Era successo anche qualcos'altro di relativamente importante per la comprensione di tutta la storia.
Come forse il Lettore si ricorderà, dal cocainomane del vicolo delle banche di Basilea fu tirata in ballo la
dinastia degli Agnelli, i proprietari della FIAT.
Avevo meditato sul fatto che i contatti tra Agnelli come presidente della Juve e la squadra di calcio per
la quale tifavo, la Lazio, erano stati sempre più che cordiali (mi sbagliavo, come apprenderemo ancora).
Il presidente della Lazio di allora era Sergio Cragnotti, il capitano d'industria che era stato dapprima il
braccio destro di Gardini (ex-proprietario del gigante dello zucchero Eridania) fin quando quest'ultimo, a
causa delle magagne venute alla luce in relazione all'acquisto ed alla vendita di Montedison (l'unica
azienda chimica di rilievo in Italia) si suicidò lasciando un buco di qualcosa come 13 miliardi di euro.
In seguito Cragnotti aveva comprato la Cirio (oggi anch'essa in bancarotta) e la Lazio (che rischiò il
fallimento per la pessima gestione).
Siccome i miei pensieri venivano intercettati, le mie cogitazioni a proposito furono registrate ed in
seguito utilizzate.
Dapprima Tatjana Murgia mi chiese per quale squadra tifavo.
Poi adottò una mimica facciale come se si fosse parlato di “vecchie e gradite conoscenze”.
Alcuni mesi più tardi mi verranno presentati i nuovi amici dei miei genitori, che appartenevano proprio
alla cerchia più ristretta del clan di Cragnotti, Tronchetti Provera e Geronzi (quest'ultimo all'epoca era il
presidente della Banca di Roma, poi Capitalia, e diventerà poi presidente di Mediobanca, la banca
privata più potente d'Italia nonché banca di riferimento del Vaticano).
Come si scoprirà, queste nuove amicizie che i miei genitori strinsero all'epoca furono tutt'altro che
casuali.
CAPITOLO 14

“L'ego di un essere umano deve essere frantumato”

(Osho)

La Love Parade del 1996 si avvicinava, ma stavolta i sentimenti erano radicalmente diversi da quelli
dell'andata dell'anno prima: mi sembrò che non fosse passato un anno, bensì un intero e tetro
decennio.
Silvana Popa ed il suo ragazzo, il chitarrista, chiedono se possono venire. Va bene!
Per quel che riguarda il proseguo, tuttavia, la loro intenzione sarebbe di passare il fine settimana presso
un lago nei sobborghi di Berlino.
In quell'occasione lei mi racconta che adesso si occupa di un singolo bambino per un giorno alla
settimana, è qualcosa che le procura del bei soldi.
A Berlino è previsto che io pernotti a casa di Peter Sepp.
Peter è quell'amico di Ottmar dal quale avevo pernottato già l'anno prima dopo la after nella
Kulturbrauerei.
Ottmar mi aveva pregato di avere un po' di riguardo per Peter, perché non era ancora molto “fortificato”.

Sull'autostrada in viaggio verso Berlino, mentre le solite schiere di ravers si salutano dalle rispettive
vetture, l'amico di Silvana menziona, durante la conversazione, apparecchi che emanano, attraverso le
casse acustiche, frequenze in grado di provocare nel cervello dell'ascoltatore onde theta, mettendo chi
le ascolta in trance. Ci si ricordi che nel chillout della Kulturbraurerei furono trasmesse dalle casse
acustiche proprio queste frequenze con un segnale simile al Woodpecker.
Tatjana mi aveva prestato una cassetta dal nome „Terra – π” (quindi “Therapy”) da ascoltare.
L'ascolto della medesima durante il viaggio portò alla inequivocabile conclusione: Goa orrendo.
Quindi durante il viaggio per Berlino ascoltammo soprattutto le mie vecchie registrazioni dei The Orb ed
altre reliquie di un periodo relativamente sereno della mia vita.
Quando arrivammo feci scendere Silvana ed il suo ragazzo (che non rivedrò per tutto il fine settimana) e
mi misi a cercare la dimora di Peter Sepp. Quando Peter finalmente aprì saranno state le dieci o le
undici.
Notai che non era più assieme alla sua splendida ragazza dell'anno prima, l'appartamento era piuttosto
vuoto: mi coricai quasi subito e dormii un paio d'ore.
Fui svegliato da risate femminili. Aprii gli occhi, relativamente di cattivo umore perché avevo dormito
poco.
Di fronte a me, sorridendomi, non c'era nessuna modella stupenda ma neanche qualcosa per la notte di
Halloween.
A questo tipo di sorriso, tuttavia, ero già diventato allergico.
Il sorriso “piaci – alla - donna – della – setta – perché – lei – deve – fare – qualcosa – con – te”.
Come se le piacessi così tanto che ti debba assolutamente parlare. E lo fa pure: “Axel?”
Io di Tübingen? “Noo, Alex”.
Lei allora: “Ah, pensavo per l'automobile” (targa KS-AX666, l'idea del numero era stata originariamente
di Monique; quando poi però mi resi conto di quante targhe possedessero lo stesso me ne pentii).
La femmina si chiama Antje. Weichbrodt.
Segni particolari: un tatuaggio tribale sulla parte superiore del braccio (destro, se mi ricordo bene).
“La dolce Antje” che aveva menzionato Ottmar, ma in quel momento non me lo ricordo più.

È sabato pomeriggio quando fra uno sbadiglio e l'altro ci mettiamo a fare colazione.
La Love Parade è direttamente a seguire, hanno annunciato la loro presenza anche Wesna e Michael
Meinecker, Peter ci ha detto che li dovremmo incontrare sotto la porta di Brandenburgo dopo il
passaggio dei carri.
Ci mettiamo in moto ancora nel primo pomeriggio ed il signor Sepp ci farà da guida per tutta la
manifestazione, col risultato che se si esclude il carro di Eye - Q / Harthouse non riuscirò ad ascoltare
della buona musica. Il carro appena nominato, però, una volta identificato come tale, lo eviterò il più
rapidamente possibile.
Dopo la parata ci soffermiamo sotto la porta di Brandenburgo, aspettando Wesna e Michael, per più di
un'ora.
Siccome però costoro poi non arrivarono (apparentemente erano rimasti intrappolati nel traffico),
tornammo infine all'appartamento di Peter per rinfrescarci e per rifornirci di energia sotto forma di un
piatto di Gyros preparato da Tassos, il greco che gestiva un ristorantino di fronte a casa di Peter.
Mentre cenavamo approfondii il discorso con Antje: aveva cominciato a flirtare con me come da
copione.
Era relativamente incantata dalla magia delle allucinazioni dei California Sunshine che le avevo offerto
e osservava con occhi nuovi la coperta del tavolo sul quale mangiavamo.
Mentre lasciavamo fermentare il gyros nei nostri stomaci, mi fece notare che non avevo ancora quasi
bevuto nulla della mia birra (cosa che già nei mesi precedenti avevo sentito spesso, ci si ricordi qui del
condizionamento post-ipnotico).
Poco dopo partimmo nuovamente...
... alla volta di una festa notturna di Goa alla Insel [“Isola”, trad.], un bellissimo locale al centro di una
piccola isoletta situata nello Spree a Berlino.
Peter negozia il prezzo di un paio di pillole di estasi decenti.
Le pillole son trovate, a Berlino l'offerta di merce semi-legale è tale che per essa si contratta.
Mentre aspettiamo di fronte all'entrata del portone grande, sale l'estasi.
Peter è scomparso da qualche parte più avanti per pattuire qualcosa, chissà con chi.
Antje ed io ci teniamo per mano per non venire separati nella calca... ed ecco che comincia, accarezza
la mia mano, io accarezzo la sua, cominciano le effusioni di affetto.
Quando entriamo le effusioni continuano, grazie anche al fatto che la Insel ha un vasto giardino, che le
stelle in cielo brillano, che l'estasi picchia forte e che Peter si è quasi sicuramente di proposito
dileguato.
Antje mi accarezza sapientemente la schiena e le braccia, la mia pelle è come elettrizzata e oggi mi
chiedo se è stata solo l'estasi e l'esperienza di Antje oppure se è avvenuto un dopaggio mediante
suggestioni postipnotiche.
Dio come BACIA! Non conosco nessuno che sappia baciare come Antje (quando vuole).
Sa utilizzare la lingua in maniera estremamente delicata, fa automaticamente venire voglia di più... non
conosco veramente nessuna donna che sappia dare un bacio colla lingua così soffice ed allo stesso
tempo con una tale personalità. Dove l'ha imparato, ad una scuola di baci? O insegna lì?
Ad ogni modo si trattava di un nuovo e positivo passatempo al quale mi dedicai anima e corpo, il posto
era ideale e presupponevo che il mio incontro con Antje non fosse casuale (come praticamente tutti gli
incontri che avevo a quell'epoca), mi era anche chiaro che lo scambio di tenerezze corporee era stato
previamente pianificato, ma non supposi altrimenti nulla di male. Non mi ricordo più neanche se Peter
“ci trovò” oppure se Antje ed io dopo un po' ci mettemmo noi stessi in cammino per vedere com'era la
festa.

Il pubblico, come si suol dire in questi casi, “duro”: tatuaggi e piercing estremo erano quasi la norma.
La decorazione, come sempre alle feste Goa, molto colorata e con gusto, tuttavia un po' meno curata di
quella che ero abituato a vedere ad altre manifestazioni dello stesso tipo, sembrava che in quel luogo si
tenesse un Goa party solo quella sera, probabilmente il locale di solito veniva affittato per
manifestazioni di natura diversa (o per musica di altro genere).
L'edificio al centro della Insel ha per lo meno due piani se non addirittura tre, su quello più alto vi è un
balconcino, una mezza terrazza dalla quale si può osservare la parte più piccola del giardino dell'isola
stessa.
Lì Antje ed io sostammo forse per una ventina di minuti, ma giacché non si vedeva praticamente nulla
per l'ora tarda e dato che la musica era tenuta ad un livello qualitativo si e no mediocre, decidemmo di
recarci ad uno dei piani inferiori, forse il primo. Mi ricordo che sostammo lì consciamente forse cinque
minuti e che Antje mi chiese di aspettare un attimo appoggiato ad una delle pareti. Poi scendemmo ed
uscimmo.

Aveva già cominciato ad albeggiare da qualche tempo.

Il salto di tempo, il buco nero, stavolta, era stato ENORME.


Troppo marcato per non accorgermene: erano trascorse consciamente al massimo forse due ore,
sicuramente non di più, da quando il sabato sera stavamo di fronte al portone della Insel, il resto era
stato inghiottito completamente dalla amnesia post-ipnotica, come al solito, purtroppo.
Uscendo dall'edificio, entrando nel giardino, Antje mi dice: “riesci sempre a tirarti fuori dai guai –
libero amore”. Ci si ricordi qui di quello che pensai in ultimo prima di cominciare a conversare con la
“Katrin” all'Aufschwung Ost, mi era stato appunto tirato fuori e non solo quello ma molto, molto di più
come vedremo.
Nel giardino fra un po' comincia l'afterhour, completa di DJ che missa all'aperto e di una decorazione
più accattivante rispetto a quella che si poteva ammirare nell'edificio stesso.
Ma Antje mi porta più avanti, oltre lo spiazzo dove si teneva l'after, nella direzione opposta, dall'altra
parte dell'isola, in mezzo al verde, per pomiciare di nuovo. Noto che le sensazioni che Antje riesce a
provocare in me accarezzando la mia pelle sono solo una copia sbiadita di quello che erano state la
sera prima.
In effetti Antje ha in mente qualcosa di completamente diverso.
Dopo un po' ci stendiamo sul prato e lei si mette di nuovo a rispecchiarmi (il che significa che quello che
lei dice di sé in effetti riguarda me).
Tra le altre cose mi esorta a chiudere le palpebre: “Ho come un riflesso negli occhi”.
Ed il riflesso lo ebbi veramente con quello che in inglese si chiama l'”inner eye”, il “terzo occhio”,
chiudendo quindi gli occhi ed osservando.
Vidi un ben determinato disegno, come se qualcuno lo osservasse, come se una immaginaria torcia a
raggi x scorresse su di esso e ne illuminasse sempre esattamente una piccola parte.
Fissai costantemente il centro ad occhi chiusi, lì dove era situata la messa a fuoco dell'attenzione
visuale di colui che si era prima guardato quel disegno: l'altro me stesso, il mio inconscio.
Dopo alcuni secondi la sequenza di immagini sparì e non riapparve più.
In compenso ritornò l'unico ed inconfondibile Peter, che dopo una breve conversazione si sdraiò
accanto a noi e non proferì più parola.
Antje decise che era venuto il momento di tornare alla congrega radunata per l'after.
Mi fece subito vedere un drappo dipinto in tipico stile psichedelico che veniva illuminato da un apposito
proiettore e mi disse: “Il disegno assomigliava a quello su questo drappo”. Ed era vero.
Era perché queste persone avevano sviluppato una specie di “macchina telepatica”?
Nossignori, il tutto funziona in maniera diversa.
Si porta il soggetto in trance di fronte al drappo, gli si comanda di osservarlo, cosa che fa a quanto pare
incentrando il punto di focalizzazione in quella particolare maniera, poi gli vengono impartite appropriate
suggestioni post-ipnotiche in modo che dopo aver ascoltato una frase comando come ad esempio “Ho
come un riflesso negli occhi” veda di nuovo il drappo che aveva osservato e fissato nelle sue memorie
in precedenza.

Il party dell'after sembra ancora aspettare il suo protagonista.


Qualcuno, quasi fosse un segnale di partenza, si spoglia della sua felpa, mostrando così una maglietta
Harthouse. La presa per i fondelli può iniziare.
Il DJ fa partire un disco di Goa più schifoso dell'altro, non avevo mai ascoltato in vita mia della musica
peggiore né mai riascolterò in vita mia del Goa così scadente. La nenia fu prodotta appositamente per
me, perché non riesco ad immaginarmi che qualcuno ascolti seriamente, per non parlare che componga
(con l'intento di vendere) qualcosa del genere. Tra l'altro mancava del tutto il basso, solo un continuo
tamburellare.
Anche il DJ mi ghigna ogni volta che parte un nuovo disco e la nenia ricomincia daccapo.
Chi se ne frega, io ballo qualsiasi cosa: mi sono prefisso di portare Antje a letto prima della fine del
viaggio a Berlino.
Chi ha pianificato il tutto cerca di proposito l'escalation e di provocarmi come può: un tizio che mi sta di
fronte calamita l'attenzione su di sé proclamandosi un “gran figo”, allorché le “statiste” gli porgono
dimostrativamente la schiena.
Il tutto è inscenato in maniera veramente molto umiliante, ma me ne infischio, sopporto tutto pur di
rimanere alle costole di Antje, che mi fa notare che sembra quasi che sul balcone ci sia “un regista
invisibile” che dirige il tutto.
Poi, se si tratta di una allucinazione post-ipnotica non lo posso dire, vedo la donna che avevo già avuto
di fronte a me poco prima che il party di capodanno cominciasse, quindi colei che durante l'after di Sven
Väth si era profilata così negativamente per la sua ostentata opulenza, quella della stanza jungle che
odorava di coca al party di Delirium nella Stückfärberei. Lei ghigna.
Presunsi per una serie di circostanze che lei fosse la madre della mia “Hash Ultra” (oggi oserei dire la
madre di Natascha) ed in particolar modo per questo motivo può essere che si sia trattata di
un'allucinazione post-ipnotica per indurmi a mollare Antje. Non faccio un corno.
Antje sottolinea la presenza della donna: “Riesci sempre ad evitare d'un soffio le persone” e mi fa
notare, con la stessa frase che aveva utilizzato già “E-Gor” (“Hai gli occhi di un gatto”) che il nostro
incontro non era stato casuale e così, implicitamente, che prima mi si era appiccicata di proposito.
L'ho sempre saputo. Ma ormai non me ne importa nulla, ti riuscirò ancora ad avere.
Quando sparisco un attimo al bagno arriva un armadio dietro di me per continuare a provocarmi: “Bella
festa, o no?”
“Sì certo, bellissimo party” - che cosa si vuole rispondere ad una constatazione del genere?
Nel frattempo Antje ed io ci spostiamo un paio di volte dall'altra parte dell'isola, lì dove avevamo già
pomiciato e dove avevamo lasciato Peter a dormire. Che svegliamo. Ci chiede che cosa sia successo.
Antje gli racconta che aveva dormito più di tre ore. Il commento di Peter: “Non me ne sono affatto
accorto”.
Già, come si assomigliano i destini...
Quando torno con i due alla after, Peter mi prende in disparte, andiamo entrambi sui bordi dell'isola, lì
dove la Spree è così vicina che ci si può infilare dentro un braccio: “Berlino è la mia città” è il suo
esordio, una frase che ripeterà spesso.
Parla dei Pink Floyd: una volta vennero a Berlino, organizzarono un megaconcerto nella nuova capitale
e ripartirono. Il tutto era costato otto milioni di marchi [quattro milioni di euro, nda].
I Pink Floyd, soprattutto senza Syd Barrett ed ancor di più dopo la dipartita di Roger Waters, non mi
piacciono e Peter lo sa benissimo. I Pink Floyd ed in particolar modo l'LP “A Momentary Lapse Of
Reason” furono utilizzati da questo momento in poi dalla setta come ancoraggio negativo e come
simbolo di opulenza ostentata e sperpero di denaro e risorse a fronte di una vacuità artistica.

Ma Peter parla anche di droghe: l'hascisc, “a persone come noi” serve soprattutto a calmarsi, “a
scendere”.
Beh, è l'habitué delle anfetamine che parla, si tratta perlomeno di un atteggiamento e di un
comportamento che conosco molto bene per esperienza personale, che quindi comprendo appieno e
che per me non ha più alcuna connotazione negativa. Ma proprio quella si spera di imprimere
dentro di me. Perché Peter è un esempio negativo.
Ci raggiunge qualcuno che aveva contribuito ad allestire la festa e che descrive il suo lavoro per Hans
Söllner (il profeta tedesco della canapa indiana), soprattutto per quanto riguarda l'approvvigionamento
di hascisc dell'artista, che gli dice sempre in bavarese: “Du woast, I konn nimmer anders” [“Lo sai, non
riesco più farne a meno”, traduzione a senso].
Beh, gente, non c'è bisogno di essere in alcun modo aperti mentalmente o persino lungimiranti per
richiedere la legalizzazione dell'hascisc o della marijuana. La proibizione di queste droghe è
semplicemente una barzelletta, un anacronismo che perlomeno l'Olanda ed un paio di altri stati non si
vogliono più permettere.
Che Peter citi spesso e volentieri Konstantin Wecker, quindi colui che si è auto-nominato come il più
grande tossico da freebase (di cocaina) della Germania non significa in alcun modo che le persone che
sono dietro a Peter e che lo hanno previamente istruito di indottrinarmi, siano in qualche modo “liberali”
o addirittura “di sinistra” (ed in quel senso intendo “di sinistra” nel senso originario del termine e non
quello che sono oggi in Germania la SPD, i Verdi o persino la Linke ed in Italia la sinistra veltroniana o
rutelliana). Conosco una marea di conservatori incalliti e di cospiratori contro la democrazia che fumano
canne e tirano di coca.
Fra le due cose non vi è alcun nesso.
Sono altre, eventualmente, le droghe, nonché l'atteggiamento nei confronti di esse, che lasciano
intendere che siano presenti veramente una ben determinata apertura mentale ed una altrettanto
specifica visione a medio ed a lungo termine. Persone che cercano di accattivarsi le mie simpatie
mostrandomi loghi di foglie di canapa indiana pigiano sul tasto sbagliato, perché si auto-bollano
immediatamente come piccolo borghesi.
Non capiscono (e non possono capire) che per me vivono su un altro pianeta; si avvicina più Peter, con
il suo “farsi le canne” per “scendere” o “calmarsi”, agli schemi mentali ed alla visione smaliziata che
hanno coloro che sono perlomeno già stati dei chemiopolitossicomani.

Il party non migliora, ma siccome Antje non riesce a liberarsi di me, decide di lasciare la festa (con me a
ruota).
Annuncia che forse torneremo la sera alla Insel ed allo stesso party.
Vuole infatti recarsi allo Yaam, un altro locale che non conosco.
Lungo il tragitto passiamo di fronte ad una parete di una casa a più piani sul quale è disegnato un
enorme occhio di Horus (forse quattro metri di larghezza per due di altezza?).
Antje a riguardo: “Quest'occhio mi segue dappertutto”.
Lo “Yaam” o cosa lei così chiamava, non è altro che una specie di giardinetto, uno spiazzo nel quale un
paio di giocatori di basket si possono allenare al sole e dove si erge un palchetto, ma di musica, nel
momento in cui arrivammo, verso mezzogiorno, non ve n'era. Sembrava però che il locale si stesse
man mano riempiendo.
Pomiciai con Antje (che si lasciò limonare “attivamente”) e colsi l'occasione per riacquistare parte delle
mie energie, perché l'unico carburante che avevamo ancora in corpo era il resto dei California Sunshine
del giorno precedente (le pillole hanno un effetto della durata di sole quattro-sei ore) ed anche quelli
erano ormai storia.
Allo Yaam, non credendo di essere osservato da nessuno a parte lei, mollai nuovamente i freni delle
mie emozioni ed uscì anche qualche lacrima mentre le rivelai che ero stato “costretto” a comportarmi
così come avevo fatto con lei il giorno prima. Era anche vero, sebbene le basi di questa costrizione non
fossero paura o minacce ma semplicemente il tentativo di mantenere una mia morale ed in merito al
mio rapporto con l'altro sesso, di onorare le conclusioni delle lezioni di una vita e di non cedere ad una
creazione astratta forgiata da qualche addetto ai lavori del mondo del cinema.
Questo Antje lo sapeva, ma non glie ne importava alcunché.
Perché è una donna che non ha sentimenti, questo lo imparerò a poco a poco: tutto quello che fa, ogni
sorriso, ogni parola è completamente falsa e calcolata nei minimi dettagli. È uno strumento, una perfetta
macchina del sesso, nient'altro.
Tra un bacio (con lingua) e l'altro fa quello che deve fare: spiegare quello che succede di fronte a noi.
Fu portato un cagnone enorme, bellissimo e molto curato, probabilmente per incutermi terrore, perché
Antje mi disse “Quel cane mi fa paura”.
La setta sapeva, probabilmente, mediante già effettuate regressioni ipnotiche, che da piccolo avevo
temuto per qualche tempo i cani e pensò di potere utilizzare questa vecchia (e ormai inesistente) fobia.
Questo animale, però, non era solo completamente pacifico, era anche un animale veramente
bellissimo e fiero, uno dei più bei cani che abbia mai visto, non so di quale razza, sicuramente però di
una molto rara.
Ancora più impresse nella mia memoria rimarranno perciò le parole di Antje, che era sempre seduta
accanto a me mentre la bestia stava forse a 10 metri di distanza ed era occupata con altre cose.
Nello Yaam non vi era quasi alcuna musica, ma sia osservato già qui che quando frequentammo il
locale fu soprattutto in occasione di feste reggae. E anche per questo c'era un motivo.
Il vecchio reggae di Bob Marley è uno dei tipi di musica che trovo assolutamente noioso e che
preferibilmente evito: quella roba semplicemente non ha groove, oltretutto lo ritengo un relitto di una
generazione con la quale non mi identifico.
Sia qui specificato che non intendo in nessun caso il reggae alla Dub Syndicate / On U Sound o i vecchi
dischi dei The Orb, o le parti raggamuffin su “Rythm Killers” di Sly & Robbie, quelle, in parte, le adoro.
Intendo quello dove il ritmo si trascina, nonché il solito raggamuffin monotono e privo di idee.
Per questo motivo il reggae, così come il Goa ed il punk, fu utilizzato come ancoraggio musicale per
spiegarmi che ad una festa non ci dovevo andare o che avrei dovuto evitare un certo comportamento.
La setta conferì al reggae sempre la connotazione più negativa di tutti gli ancoraggi musicali.

Antje, tra l'altro, aveva già introdotto durante la festa un nuovo tipo di ancoraggio, una specie di “parola
chiave” che doveva riportarmi in mente la mia amatissima Hash Ultra: il suo subaffittuario.
Ogni volta che parlava del suo subaffittuario, che pensava di averlo visto da qualche parte o che lo
dovesse rivedere, intendeva in verità la Hash Ultra.
Dopo un paio di ore di ozio decidemmo di lasciare lo Yaam e ci recammo a comprare capi di vestiario in
un paio di boutique di moda che scelse sempre Antje (soprattutto H & M), in particolare una maglietta
con uno schema batik ben preciso. La mia nuova “ragazza” insistette perché acquistassimo questa
maglietta con uno sfondo giallo, a me invece piaceva di più uno sfondo bianco, per cui comprai
quest'ultima variante.
A che cosa mirasse Antje lo vedremo ancora.
Un'altra sua particolarità: la sua predilezione per il falafel, quindi quel tipo di bocconcini vegetariani che
si possono comprare dal turco oltre al kebab. Fino a quel momento non avevo mai sentito nominare il
falafel, ma dovetti presto, “per caso” come al solito, ascoltare qualcun altro ordinarne uno.

Mi invitò nel suo nuovo appartamento, situato nella Blücherstr. 56 a Berlino.


In effetti non era l'appartamento di Antje, era soprattutto la dimora del Dr. Michael Rennhack, chiamato
da tutti “Hukky”, della sua consorte Gitta Schleinecke, del loro figlioletto Dennis e di un amico di nome
“Frank” che proveniva da Höxter (un paese nella provincia di Kassel) e che sosteneva di studiare
costruzione paesaggistica, così come Ottmar – che coincidenza!
Su di un foglietto, affisso sulla porta d'ingresso all'esterno, vi è uno schizzo di Paperino, disegnato a
mano apparentemente per Hukky: ci si ricordi dell'immagine che doveva essere caratteristica di
“Kaska”.
Nel corridoio dell'appartamento: uno scialle bianco-verde, ovvero uno del Werder Brema.
Ci si rammenti qui del fatto che la “donna del fotografo” con il quale Murat Lucht faceva finta di volermi
accoppiare una settimana prima dell'epica cacciata dal Bell, aveva vinto una “borsa di studi a Brema”,
senza però specificare di che cosa si trattasse esattamente.
Bene, avrei forse dovuto prestare maggiore attenzione ad una sua domanda, ovvero: “Sei molto
intelligente, hanno mai misurato il tuo quoziente intellettivo? Bisognerebbe esaminare esaurientemente
la tua intelligenza.”
Si trattava di una borsa di studi alla quale avrei volentieri rinunciato, di che cosa Monika Beck-Eichinger
e Bernd Eichinger intendessero con questa ne parleremo ancora spesso e per esteso.

Al tavolo di cucina, quel pomeriggio, oltre alla congrega della comune, c'è anche una donna che
purtroppo non vedrò mai più nell'appartamento e che per i suoi enormi occhi blu aveva perlomeno il
“physique-du-role” di una ipnotista.
Quel giorno mi fu anche giocato uno scherzo con l'ipnosi.
Antje mi chiese infatti di telefonare a Peter per spiegargli che eravamo arrivati a casa di lei.
Telefonai, ma non trovai Peter, che a quanto pare non era ancora tornato, bensì la sua ragazza di
allora, che mi domandò da chi fossi. Non riuscii a ricordarmi il nome di Antje, per quanto mi sforzassi.
Imbarazzato, cercai di guadagnare tempo per ricordarmi del nome, per cui chiesi prima in cucina quale
fosse l'indirizzo.
La risposta fu, naturalmente, Blücherstraße 56.
Tornai al telefono e riferii l'indirizzo, ma la ragazza insistette impietosamente, voleva per forza sapere
DA CHI ero.
Allora notai accanto al telefono, posto probabilmente lì per aiutarmi da un membro della comune
durante la mia trance, un quaderno a quadretti A4, aperto su una pagina nella quale praticamente su
ogni riga c'era scritto il nome di Antje.
Nome che riferii sottovoce alla ragazza di Peter. Lei fu soddisfatta e terminammo la breve telefonata.
Quando tornai in cucina Hukky sostenne che non fosse edificante non riuscire a ricordarsi il nome della
propria ragazza. Si osservi che Hukky non poteva ascoltare la vera domanda della ragazza di Peter, in
altre parole Hukky semplicemente non avrebbe potuto sapere che non riuscivo a rammentarlo (difatti
chiedendo l'indirizzo volevo ovviamente evitare di domandare il nome di Antje) se non ci fosse stata
l'ipnosi in gioco e se il tutto non fosse stato previamente concordato con la ragazza di Peter.
Registrai questa discrepanza, trovai il tutto molto strano, ma lo spinsi di forza in un cantuccio della mia
memoria e mi concentrai sul tentativo di portare Antje a letto.
Fino al suo letto ci arrivai pure, ma per andare oltre lei addusse dapprima di voler sviluppare “fiducia”
nei miei confronti, quindi alla fine, quel weekend, mi dovetti arrendere.
La sorpresi a conversare in inglese: mentre parlava al telefono con qualcuno.
Non le domandai chi fosse dall'altra parte della cornetta.

Quella sera andammo a trovare un suo amico soprannominato “Primavera” e che, come si scoprirà
durante la serata, era buttafuori nonché esperto di una qualche arte marziale. Com'era il ritornello?
“Ora arriva la primavera...” Appunto.
Un tema di cui si discusse quella sera: la Love Parade e come essa fosse nata.
Buttai nella mischia il fatto che sapevo che era stata creata sette anni prima dal Dr. Motte.
Antje osservò che non era stata necessariamente l'influenza politica e mediatica del Dr. Motte a fare
della Love Parade quello che era diventata nel 1996 (le stime furono di circa mezzo milione di
partecipanti).
Questo certamente.
Quello che Antje lasciava ovviamente intendere era che coloro che stavano dietro di lei avevano voce in
capitolo nella manifestazione ed utilizzavano la loro influenza perché l'evento avesse proprio tale
successo.
Il nostro anfitrione di Berlino stava offrendo un ricevimento per due persone che erano appena tornate
dal Cile e che quella sera presentarono una serie di diapositive sulle pietre cilene.
Detto in altri termini, i due si erano arrampicati su di una montagna che non era altro che un ammasso
di più o meno sempre le stesse pietre ed avevano scattato qualcosa come duecento diapositive sempre
degli stessi, noiosissimi sassi, ogni tanto con accanto un metro per prenderne le misure esatte
(qualcosa come 10 cm di lunghezza di media).
Tutti guardavano con molto interesse la più noiosa conferenza a diapositive del mondo.
Dopo circa un'ora e mezzo o due di esaminazione di diapositive di pietre, tornammo finalmente a casa
di Antje per dormire.

Il giorno dopo, poi, il ritorno a Kassel.


Fui preso più o meno in consegna da Anja Brost, perché né Ottmar né Frank erano in città e Tatjana a
quanto pare era impegnata.
Ottmar aveva spedito una cartolina sulla quale vi era disegnato un poliziotto che chiedeva durante un
controllo stradale: “Avete bevuto dell'alcool?” Il guidatore, disegnato con un bel nasone rosso da
alcoolista, risponde: “No – Hicks!” [“Hicks!” è il tipico singhiozzo di chi ha bevuto troppo, nda].
Allora il poliziotto lo lascia proseguire e chiede al suo collega: “Ha detto che ha bevuto Hicks, è una
bevanda alcolica o no?”
Anja dichiarò, come aveva già fatto Silvana Popa, di accudire bimbi di professione.
Divenne sempre più intelligibile che questo “accudire bimbi” non significava in effetti null'altro che
l'occuparsi delle nuove reclute; quasi sempre, soprattutto quando si trattava di badare “singolarmente”
ad un bambino, il “bambino da accudire” ero io.
La mia vicina di casa comprò una bottiglia di spumante con l'intenzione di festeggiare con me.
Propose di andare in videoteca, lei avrebbe scelto un video, uno lo avrei scelto io e ci saremmo guardati
poi il tutto a casa sua.

Affittammo i nastri VHS e ci recammo nel suo appartamento.


Ci guardammo dapprima il film che aveva scelto lei: Forrest Gump.
Ora, per chi non conosce la pellicola o non se lo ricorda più, sia detto qui che il protagonista
(impersonato magistralmente da Tom Hanks) è un ingenuo idiota che possiede sì alcune doti (che
incrementano il suo carisma al massimo al livello di un autistico) ma che per il resto è veramente un
imbecille ed anche superficiale, seppure buono.
Mentre scorrevano le immagini del video, Anja riferì la saggezza della setta, il vero motivo per l'intima
festicciola: “Sei un piccolo Forrest, anche nel Vietnam ci ha trovato qualcosa di buono”.

Non è necessario possedere molto più acume di un Forrest Gump per prenderla come una
provocazione offensiva da parte di persone che a quanto pare non volevano comprendere il motivo per
il quale la mia durevole liberazione sessuale ed affettiva era ormai diventata necessaria – a prescindere
dal fatto che il Vietnam avesse qualcosa di buono o meno.
Perché che si riferisse ad essa, Anja lo lasciò intendere anche con un altro commento che fece mentre
guardavamo il film, quando l'eroe già citato, dopo aver corso non si sa quanto, aver stabilito dei record
in merito e nel frattempo aver indotto altri ad emularlo, smette di farlo: “improvvisamente non aveva più
voglia”, commentò Anja. Semplicemente così. Com'è divertente.

Il commento forse più appropriato che potevo fare in merito era il video scelto da me, che guardammo
subito dopo: “Essi Vivono” di John Carpenter, molto meno noto, ma in compenso molto più serio di
“Forrest Gump”. Per la tematica e per la precisione dei particolari nel racconto metaforico si tratta
sicuramente di uno dei migliori film di Carpenter.
Nel film, un semplice ma valente operaio, che ha difficoltà a trovare un lavoro perché ormai tutte le
aziende licenziano, scopre mediante degli occhiali da sole speciali, che ha rubato dalle rimanenze non
scovate di una organizzazione sgominata in maniera brutale dalla polizia, che con essi vede il mondo in
maniera completamente diversa rispetto a come l'aveva visto fino a quel giorno. Volge il suo sguardo
sulla pubblicità, su giornali e riviste, che senza occhiali leggerebbe ed osserverebbe come al solito e
scopre che sono pieni di comandi come “guarda la tv”, “continua a dormire”, “consuma”, “nessun
pensiero indipendente” oppure “sposati e riproduciti”, in verità c'è scritta sopra solo roba così.
Sulla carta moneta, della quale la gente è così avida, c'è scritto “questo è il tuo Dio”.
Inoltre scopre che vi sono persone comuni ed altri esseri, incredibilmente orrendi, che senza occhiali
non riesce a distinguere dagli umani, ma gli occhiali lo riportano impietosamente alla realtà: sono alieni,
che sono già da chissà quanto tra noi e che nel frattempo si sono intrufolati fin nelle posizioni più
importanti dell'industria, della politica, della chiesa e dei media a scapito dell'ignara umanità.
Gli esseri umani vengono trattati come bestiame, vengono incoraggiati a lavorare ancora più duramente
e più a lungo a fronte di una retribuzione sempre più misera, ma la carriera la fanno solo gli alieni o chi
coopera con loro, “l'élite umana”, perché la maggior parte delle persone che capiscono come stanno le
cose si vendono immediatamente, solo poche scelgono la clandestinità e combattono contro la
congiura.
La stragrande maggioranza dell'umanità, tuttavia, viene tenuta in una specie di sonno ipnotico dalle
antenne che sono piantate accanto agli studi televisivi dagli alieni affinché possano continuare a
controllarla.
Il protagonista del film riuscirà naturalmente ad associarsi al movimento clandestino ed infine a
spegnere il segnale che tiene le persone in trance, smascherando così gli extraterrestri ma allo stesso
tempo immolandosi, dopo aver ucciso a colpi di pistola la bellezza femminile del film, che si era rivelata
sì umana, ma comunque una fredda doppiogiochista senza scrupoli.
Interessante in questa pellicola anche il fatto che questi occhiali, che quando vengono indossati “hanno
l'effetto di una droga”, sono basati sulle cosiddette “lenti Hofmann” (Albert Hofmann è lo scopritore
dell'LSD).
Meditai molto su questo dettaglio dopo che quel giorno avemmo guardato il film, sul fatto che la setta mi
volesse proprio negare l'LSD e non l'estasi o un'altra droga: l'LSD è infatti, come già spiegato all'inizio di
questo libro, una droga prettamente anarchica e quindi, per una setta che aspira al dominio globale e
che anche e soprattutto pretende dai suoi affiliati l'estinzione di ogni pensiero e l'obbedienza cieca,
deve essere più di una spina nell'occhio.
Questo mi fu intercettato nel sonno ed adeguatamente amplificato.
Mentre guardammo il film, Anja non disse quasi nulla, dedicò solo tutta la sua attenzione a quello che
stavamo vedendo.
Quando arrivò alla conclusione, infine, commentò: “Sì era ottimo, solo la fine non mi è piaciuta”.
Ribattei che il finale lo ritenevo superbo!
Allora telefonò a Frank ad Ahlen ed esordì con un: “Ciao Frank, amore, sai ho visto oggi un film con
Alex nel quale c'erano degli alieni...” Come continuò il discorso non lo posso riportare perché in quel
momento uscii e sparii al piano di sotto, nell'appartamento di Ottmar. Ma il mio locatore chiamò con un
tono di voce isterico alle due di notte da Stoccarda.
Era probabilmente sull'orlo di un esaurimento nervoso per il mio comportamento (quindi per quel che
riguardava la mia “scelta” a proposito del film): “Devi fidarti dell'AMORE di queste persone”.
Beh signori, anche se Ottmar pensava di darmi il consiglio giusto: queste persone hanno fatto tutto
tranne che amarmi e tutto quanto quello che ho raccontato finora, nonché più o meno tutto quello che
racconterò a seguire, lo testimonia.
O se volete: con amici come questi i nemici non ti servono più.

In seguito a quel pomeriggio che avevo passato con Anja, Frank spiegò quale sarebbe stata la risposta
della setta alla mia scelta in videoteca: “La tua paranoia viene solamente dai cartoncini che prendi”.
Quindi proprio la mia preferenza per l'LSD e la sua associazione con l'anarchismo e/o la mancanza di
rispetto nei confronti dell'autorità verranno sfruttati per togliermi figurativamente quello che mi stava più
a cuore: la mia sensazione di libertà.
Non che fosse una novità: le intenzioni in merito erano già palesi perlomeno da quando David Schmid
mi aveva offerto la micropunta dopo la notte dei funghi falsi, solo che qui il tutto fu ancora confermato e
le intenzioni rinforzate.

Peter si fece sentire da Berlino per comunicarmi che era andato ad un concerto degli “In The Nursery” -
le allusioni ad un “bambino piccolo” o meglio ancora ad un “bambino ritardato” (così come Forrest
Gump) o “sordo”, da ora in poi, diventeranno frequenti. Anja mi comunicò qualche giorno più tardi che
“avevano deciso” che fumavo troppo.
Tutte le mie fonti di hascisc furono prosciugate, non vidi più un tocco di fumo.
Tatjana mi chiese nuovamente, stavolta con una espressione raggiante del volto, quanto fossero
costate le asticelle per il mio scaffale per i CD (la stessa domanda che mi aveva posto qualche
settimana prima).
La domanda, stavolta, aveva una connotazione completamente diversa, come se venissi chiamato “a
qualcosa di meglio”.

Ottmar tornò da Stoccarda un paio di giorni dopo.


Ci incontrammo dapprima in una caffetteria situata nelle vicinanze dell'università di Kassel.
Meglio si dovrebbe dire: mi fece venire lì e non senza motivo.
Sulla porta della caffetteria era affissa la pubblicità di un istituto o di un gruppo che offriva corsi di ipnosi
e PNL. Fu quella la prima volta in assoluto che vidi scritta la parola PNL, quindi Programmazione
Neuro-Linguistica. Tuttavia, né Ottmar né io facemmo alcun riferimento alla pubblicità, anche se Ottmar,
conformemente alle sue intenzioni, aveva disseminato altri indizi per me, cominciando dalla rivista
“Psychologie Heute” [“Psicologia oggi”, trad.] che leggeva nella caffetteria, fino ad un già ascoltato:
“Quest'occhio mi segue dappertutto”.
Questa volta lo spunto per la frase non fu un occhio di Horus dipinto su una parete, ma l'occhio del logo
del poster del tour dei Böhse Onkelz del 1996.
Gli Onkelz, tra l'altro, considerati come facenti parte della scena di estrema destra, erano già all'epoca
sotto contratto della Sony/Virgin/Bertelsmann Music Group e dovettero più tardi fondare la loro
propria etichetta discografica, la “Rule23”.
È già la terza volta che incontriamo il numero 23 in questa storia, la prima volta era stato Richard23 a
cantare “Say Heil Hitler!” sul palco, la seconda era stato David Schmid a voler discutere con Hassan se
esisteva l'LSD 23 o meno.
Con Ottmar andai poi, il giorno stesso del suo ritorno a Kassel, a pranzare in un ristorantino turco;
ordinai un kebab enorme con tutto il possibile dentro; il signor Straub invece, per la prima e l'unica volta
di tutte le occasioni in cui mangiammo assieme, ordinò un falafel. Che coincidenza.
Ah, a proposito, di coincidenza ve ne fu un'altra.
Entrò in un piccolo negozietto di moda per comprarsi (cito testualmente:) “le calze techno”.
Invece ne uscì fuori con la stessa maglietta che Antje mi voleva assolutamente rifilare a Berlino: quella
con il disegno uguale a quello della t-shirt che avevo comprato nella capitale, solo con lo sfondo giallo,
che anche Antje avrebbe scelto per me, se non avessi voluto io una collo sfondo bianco.
Ma la nostra escursione pomeridiana non era ancora giunta a termine: quando noi (su ordine di Ottmar)
svoltammo in un vicolo, potemmo osservare di fronte a noi un pappone (Ottmar lo aveva già identificato
come tale qualche settimana prima) che colla sua particolarissima fuoriserie di colore verde era andato
a sbattere contro una Mercedes.
Ottmar a quella vista: “Finalmente capita anche a chi se lo merita”. Evitai qualsiasi commento.

A casa, Ottmar annunciò che Sven Väth sarebbe apparso in uno speciale sulla techno su ZDF [il
secondo canale statale tedesco, d'impronta tipicamente conservatrice, nda].
Siccome però a casa di Ottmar non vi era alcun segnale d'antenna, visto che avevo con me il mio
vecchio televisore portatile in casa, decisi di costruire una specie di antenna rudimentale con la quale
fummo in grado perlomeno di seguire l'audio di una parte della trasmissione. Poco tempo dopo la
trasmissione Frank telefona per raccontarci che anche lui l'aveva visto; avevano mostrato anche dei
filmati dell'Aufschwung Ost, aveva riconosciuto Ottmar.
“Alex? No, non eri nei filmati che hanno mostrato dell'Aufschwung.”
Si potrebbe quasi dire (perlomeno lo pensava la controparte) che avessi avuto di nuovo “fortuna”.
Ottmar riassunse con una luce quasi diabolica negli occhi: “Che cosa abbiamo visto oggi? Un
pappone”.
Bene, sicuramente mi era già stato estorto dal mio flusso di pensieri che pensavo di trovarmi in un
ambiente dove bazzicavano magnaccia. Il gesto di riconoscere l'animale che è in sé può eventualmente
anche essere visto come una ammissione di peccato e quindi come tolleranza nei confronti
dell'ambiente.
Parimenti, Ottmar sondò il terreno in merito con sapiente perfidia, perché mi proporrà presto ancora un
paio di canzoni di Hans Söllner, in particolar modo “Der Charlie” [“Il Charlie”, trad.], che presentata
assieme a questa “ricapitolazione” previamente effettuata acquista un pessimo retrogusto.
Io ero già da tempo mentalmente sul sentiero di guerra e vedevo ormai sia Ottmar che tutti gli altri
solamente come manipolatori e quindi come nemici: non mi dovetti sbagliare, anche se mi venne
raccontato che si trattava solo di “self-fulfilling prophecies”, quindi di profezie che facevo, che tendevano
ad avverarsi e che scaturivano solamente dal continuare a pensare le mie “idiozie”.
Chiaramente la setta non vuole che si pensi in maniera critica, motivo per il quale fa di tutto per educare
in quella maniera; chi però abbandona un pensiero critico ha perso.
Il problema è che anche tale tipo di pensiero, una volta appurata l'ostilità della vittima nei propri
confronti, viene utilizzato infliggendo ulteriore dolore alla vittima stessa indirizzandolo contro il nemico
della setta.
Ma torniamo ad Ottmar ed ai suoi brani di Hans Söllner, cominciando col “Charlie”.
Prima di continuare, vorrei illuminare il Lettore su di un'altra tecnica che è perfettamente conosciuta
negli ambienti della programmazione neuro-linguistica (che da ora in poi abbrevieremo con PNL): quella
delle cosiddette “Weasel Phrases”, quindi delle frasi ambigue, che si può estendere alla costruzione di
frasi.
Facciamo un esempio da manuale, quello di Ross Jeffries per essere precisi.
Se chiedo ad una donna: “Che cosa mi risponderesti se ora ti confessassi che vorrei portarti a letto il
più velocemente possibile e fare con te l'amore così intensamente da perdere conoscenza?”
La donna può rispondere a quello che le propongo accettandolo oppure rifiutandolo.
Dunque: se volevo portarla a letto allora se acconsente va tutto benissimo, ma se mi respinge...
...se mi respinge lei ha perfettamente ragione ed io non l'ho mai detto. Davvero, sul serio, non è una
bugia.
Infatti le ho chiesto che cosa mi risponderebbe se, ma ovviamente io non glie lo racconterei mai, perché
merita ben altra considerazione da parte mia, questo ovviamente glie lo dirò.
Armati della conoscenza di questa tattica passiamo dunque al “Charlie”.
Ottmar sapeva che non conoscevo il brano ed aggiunse che era lieto di poter ascoltare “Il Charlie” con
me per la prima volta.
Fece partire la canzone, tornò al tavolo dove sedevamo e mi guardò per tutto il tempo dritto negli occhi,
senza neanche muovere un muscolo della sua faccia da poker da ebete sorridente ed ipno-controllato.
Nel brano, Söllner racconta del suo viaggio in Giamaica, se non mi sbaglio.
Ad un certo punto entra in gioco in maniera molto penetrante Charlie.
Cito uno scorcio del testo tradotto in italiano:

“E ve lo dico subito
Charlie era così gentile era Charlie, sapete
Charlie era piccolo, Charlie era color castano
Charlie aveva ancora qualche capello, sapete
Eravamo seduti in cinque
Quattro negri io e Charlie
E Charlie ha cominciato a supplicare
Eddai, fammi un bocchino... Eddai, fammi un bocchino...
Sì, gli ho detto, senti Charlie
Non mi va proprio di farti un bocchino
Oltretutto ho detto io, ho già fumato qualcosa
E non voglio sbagliare nulla la prima volta
Ah ah... Ma Charlie non smetteva
Fammi un bocchino... Fammi un bocchino, eddai...
Gridava, supplicava veramente
No, ho detto io, Charlie non te lo faccio il bocchino
Puoi pregarmi quanto vuoi ma non te lo faccio il bocchino
Ed eravamo già sbroccati
E stavamo lì seduti in cinque
I quattro negri io e Charlie
E si sentiva la risacca del mare
Le palme che venivano sbattute dal vento
E i grilli che facevano cri cri
E Charlie disse
Fammi un bocchino... fammi un bocchino dai...”

Mentre Söllner ripete più o meno questo in diverse salse per alcuni minuti e la suspense aumenta
sempre di più, Ottmar continua a guardarmi negli occhi.
Già penso che nel caso se ne uscisse con una simile richiesta lo avrei assaltato.
Libero amore sì, omosessuale no. Non dubitai un solo istante.
Alla fine della canzone si capisce che il “Charlie” era una pipa ad acqua, come Ottmar anche sottolineò
una volta che il brano sarà giunto al termine, quando Söllner gli farà un bocchino, ovvero un tiro e la
rimetterà poi a posto. Qualcuno di Voi aveva capito qualcos'altro?
Forse che io avessi dovuto fare ad Ottmar un bocchino perché avevamo visto un pappone nel
pomeriggio?
Naturalmente no!
Non abbiamo mica a che fare con una psicosetta nella quale gay e lesbiche la fanno da padrone,
nevvero?
È quindi solo una metafora per l'afterhour di Katrin e quello che la setta mi vuole segnalare è che non
era inteso come pensavo io... e che adesso debbo ritornare da chi? Naturalmente. Ma non voglio e loro
lo sanno benissimo.
La tattica assomiglia a quella della “Weasel Phrase”, con un ulteriore doppiofondo, del quale all'epoca,
ovviamente, non ero cosciente: i miei pensieri venivano intercettati durante la notte e ci scommetto
quanto vi pare che anche i pensieri che ebbi durante l'ascolto della canzone furono esaminati
scrupolosamente alla ricerca di un cenno di debolezza da parte mia, per poi potermi porre relativi
trabocchetti nei giorni a seguire.
Forse il Lettore comincia adesso a comprendere che cosa significa “clearing” per gli illuminati.

Ottmar però ha ancora un brano che mi vuole fare ascoltare.


Infatti io avevo già dichiarato che pretendevo delle scuse dalla Hash Ultra.
Ottmar mi rispose, come sempre accade nel caso della setta, in maniera indiretta.
Mi raccontò che Geißler [un politico dei cristiano-democratici tedeschi, nda] voleva da Söllner delle
scuse perché lo aveva chiamato “Wichser”, che equivale all'italiano “bastardo” ma letteralmente
significa “segaiolo”.
Ottmar suonò la risposta di Söllner.

“Ma tutti siamo dei segaioli


E ognuno sa come si fa
uno lo fa da seduto
l'altro si fa le seghe in piedi
ci facciamo seghe fin quando crepiamo
fa niente, è bello
ma lei si fa le SEGHE MENTALI
e con quelle si diventa imbecilli”

Questo lo statement della setta riguardo ad un qualsiasi rimorso per aver ripetutamente infranto la legge
mediante l'uso non etico di tecniche ipnotiche.
Sono, per l'appunto, dei criminali, dalla faccia fino al culo.
E non è che nel loro caso la distanza fra le due suddette parti del corpo sia molta.
La loro particolarità è soprattutto quella di volersi atteggiare ad apostoli della moralità.
Questo la setta se lo permette solo perché lo può fare: è già da tempo al di sopra del diritto comune e lo
ignora sistematicamente, perlomeno per quanto riguarda l'ipnosi, perché può contare sul fatto di aver
abbondantemente infiltrato la politica, l'economia, i media, la religione, la giustizia e l'apparato medico-
sanitario.
Non pensate quindi che questo sia un problema che concerne solo me: questo nuovo modo di
intendere il diritto, la legge e la dignità umana riguarda OGNUNO DI VOI, gentili Lettori, così come me.
Dovrebbe tuttavia essere già qui chiaro che non potevo tollerare questo modo di intendere, perché ero
io colui il cui orgoglio (e non solo quello) in questo caso era stato calpestato.

I colloqui con Ottmar al tavolo della colazione proseguiranno nei giorni seguenti.
Si “rivelò” anche un paio di volte, tra contestazioni e negazioni varie, ad esempio affermando, con una
espressione del volto messianica, che “la setta” era dell'opinione, che la sua dottrina guarirà il mondo.
Inoltre affermò che mi stupirò ancora di quante persone ci sono dentro, delle quali non lo avrei mai
pensato (questa tra l'altro è anch'essa una tipica affermazione di Scientology).
E dovette avere ragione, mi stupirò ancora amaramente.
Ma ancora molto più importante fu quello che disse durante un altro discorso al tavolo della colazione,
cito testualmente:

“Penso che se esiste una setta, che allora il capo sia molto furbo e che se arriverà al potere, che
allora ci rimarrà ancora per i prossimi cinquecento anni.”

Con questa frase Ottmar si era rivelato una volta per tutte.
Quello che diceva in quel momento lo intendeva sul serio e lo si leggeva sul suo volto.
Io invece barricai il mio conscio, anche se indossai una faccia da poker e in parte dichiarai persino
ancora di volerlo seguire. Ma il mio inconscio, purtroppo, non lo potevo più sbarrare e la setta
conosceva perfettamente i pensieri nerissimi che covavo, nonché il mio stato psichico.
Tatjana mi chiese in quei giorni se non poteva consigliarmi uno psicologo o uno psichiatra.
Evitai l'errore di seguire il suo consiglio.

Il mio locatore mi porse una lettera che Antje, la mia “ragazza”, mi aveva spedito da un paesino vicino
Norimberga.
In questa raccontava di frequentare una scuola che le insegnava come educare bambini difficili o
handicappati.
Un'altra volta, poco dopo il mio ritorno da Berlino, Ottmar mi mostrò un articolo dello Spiegel sulla Love
Parade appena conclusasi e volle dapprima sapere da me, se riuscivo ad identificare questo o
quell'articolo come prevalentemente positivo o negativo nei confronti del tema che trattavano.
Poi, tuttavia, arrivò al dettaglio che gli interessava veramente: lesse che quando Sven Väth aveva
suonato proprio di fronte alla porta di Brandenburgo, persino qualche poliziotto aveva fatto qualche
passo di danza.
Ma io Sven Väth sotto la porta di Brandenburgo non l'ho visto.
Strano soprattutto perché sostammo per un bel po' sotto l'arco aspettando Wesna e Michael, che
apparentemente erano rimasti intrappolati nel traffico del cerchio esterno di Berlino, motivo ufficiale per
il quale furono impossibilitati a prendere parte alla manifestazione.
Ottmar osservò che certa gente a determinati eventi non ci va in macchina, bensì in aereo.
Forse c'erano veramente e forse quella notte erano anche sulla Insel, solo che il mio sé conscio non li
doveva vedere.
Ottmar mi chiese che cosa ne pensavo di una Europa Unita.
Gli rivelai la mia opinione, cinica ma perlomeno onesta: l'Europa che abbiamo è soprattutto un regalo
all'economia, l'unione politica invece non si farà mai, perché i politici si guarderanno bene dal rinunciare
ad importanti fonti di guadagno razionalizzando gli incarichi governativi che diventerebbero superflui,
perché al momento ci sono molte più poltrone da assegnare di quanto non sia possibile assegnarne in
una Europa Unita.
Inoltre le grandi multinazionali saranno presto molto più potenti dei singoli stati.
Ottmar mi osservava con lo sguardo esaminatore di un secondino di un lager nazista. Gli chiesi che
cosa significasse quell'espressione sul volto. Mi rispose: “Ascolto molto attentamente quello che mi
dici”.
Poi si alza e si reca nella stanza degli ospiti per inserire nel suo lettore CD un album di ambient.
L'ambient fu utilizzato da questo momento in poi come l'ancoraggio musicale più positivo.
La comicità ed il grottesco sta in quello che in effetti la setta vuole sottolineare con questo sottofondo
ambient: circa 30 secondi dopo che Ottmar ha premuto il tasto play del lettore CD, telefona il
proprietario dell'azienda di software per ospedali di Kassel dove mi ero presentato qualche settimana
prima.
Sì, esatto quella coi CD-ROM.
Hanno un progetto per me e sarebbero lieti se potessi passare da loro nei giorni seguenti per discuterne
i particolari.
Ora vi chiederete: è possibile che per la setta i SOLDI siano la cosa più importante? Sì è possibile.
Non è solo possibile, viene anche presentato alle persone in una maniera tale che ogni comune essere
umano si chiede: “Mi stanno prendendo per i fondelli?”
La risposta è sì, ma già da molto prima che la vittima cominci a chiederselo.
Sia chiaro: dopo un certo periodo di tempo di appartenenza volontaria o meno alla setta, alle orecchie
della maggior parte delle persone il sottofondo ambient del guadagno di danaro suona come una
benedizione, perché questo significa che la setta a quel punto ha già spolpato finanziariamente
l'individuo a tal punto che ogni aiuto offerto per uscire dalla schiavitù materiale è accolto a braccia
aperte.
Ma la persona che pensa in modo razionale percepisce questo sottofondo, naturalmente, anche come
grottesco.
È possibile che sia ANCHE voluta l'istigazione all'odio contro tutto quello che è materiale?
CERTAMENTE.
Perché si prendono due piccioni con una fava: da una parte vengono onorate le tradizioni comuniste e
preparato lo spirito giusto per un eventuale futuro (ci si ricordi di E-Gor: “Siamo stati veramente
indottrinati [...] Sappiamo che sei un comunista, ma l'era degli [...] NON È ANCORA arrivata”), dall'altra
l'ego della persona deve essere spezzato e va benissimo che si senta così, perché deve sviluppare
odio nei confronti di chi detiene il capitale ed allo stesso tempo si deve vergognare quando, a causa
dell'abbraccio asfissiante e del lavoro ai fianchi della setta non sarà più in grado di fare altro che
accettare una tale “ricompensa”.
Ma io ero ben lontano dal voler accettare qualcosa del genere: temporeggerò ed alla fine rifiuterò
l'offerta.

Il fine settimana seguente feci visita ad Antje a Berlino.


La mia presunta ragazza non perse occasione per creare suspense, era come se dovesse sempre
succedere qualcosa: com'è tipico della setta, alla fine non accadde mai NULLA.
Mi portò ad esempio in un giardino pubblico situato nei pressi della Blücherstraße dove ascoltammo il
lavoro delle percussioni di lontani suonatori di bongo, cosa che lei sottolineò.
Lo stesso giorno, solo un po' più tardi, mi portò di fronte ad una chiesa nella quale dei rasta
suonavano le loro didgeridoo. Della “techno in chiesa” avevo già sentito parlare un paio di volte
ed anche Antje, come noto, lavorava in una scuola gestita dalla chiesa cattolica. Ricordatevi di
questi dettagli, magari tenendo a mente il pubblico già descritto come “particolare” del
ristorante indiano dietro al Tresznjewskij a Monaco di Baviera.

La prima sera facemmo visita alla Insel, stavolta però lì non c'era un Goa-party in programma, ma il
principio fu lo stesso: provocarmi fin quando avrei reagito fisicamente, perché non dovevo avere
successo nel portare a letto Antje.
Questo aveva anche un motivo: una parte dei pianificatori voleva portare a termine lo spettacolo, ovvero
avrei dovuto rivedere la mia “Hash Ultra”, cosa che ovviamente già in quel momento non volevo e dopo
che Antje ed io saremmo andati a letto sarebbe diventato per me qualcosa di ancora più impossibile.
Questo sarà uno dei temi che quella sera, per così dire, verranno “trattati” e precisamente quando Antje,
che naturalmente mi istruiva come setta comanda, improvvisamente “si spaventò” perché pensò di
avere di nuovo visto il suo “subaffittuario”: mentre Antje parlava, una modella dai capelli rossi era
apparsa al centro della pista ed il DJ aveva prontamente suonato delle note dolci e romantiche da chill-
out prefabbricato.
Come risposta più appropriata allo “spavento” del quale Antje parlava, la baciai di nuovo.
Quella sera, il DJ attirò l'attenzione su di sé anche in altra maniera.
Erano presenti appositamente un paio di bellissime modelle, che si muovevano con erotica eleganza ed
in sintonia col ritmo nelle mie vicinanze e soprattutto in modo che le potessi osservare.
Quando però guardavo una di loro, mi si avvicinava un armadio durante il ballo (del tipo buttafuori da
bordello – skinhead) e mi veniva così vicino da rendere impossibile qualsiasi movimento con le mani
oppure il DJ cominciava a suonare solo uno squallido beat pestato.
Nel momento in cui guardavo di nuovo Antje oppure chiudevo gli occhi, il DJ suonava nuovamente
qualcosa di buono. Anche questo ovviamente serviva a provocarmi a tal punto che avrei finalmente
reagito e lasciato Antje, cosa che mi guardai bene dal fare.
Antje cominciò a condizionarmi ad un'altra canzone: “Killing Me Softly”, il successo dell'epoca dei
Fugees. All'epoca pensai che il titolo fosse una riuscita descrizione per quello che lei cercava di fare in
quel momento con la mia umanità e con i miei sentimenti.

Una sera Peter ci diede una “dritta”, avremmo potuto rimediare dello “speed alle rose”. Antje ed io
accompagnammo a questo scopo, con la mia autovettura, una donna mai vista prima (e che non vedrò
mai più) al suo appartamento nelle vicinanze del Bahnhof Zoo.
Mentre ci recavamo lì, quando seppe il motivo del viaggio, Antje si “spaventò” di nuovo: “Speed? Non fa
male?”
La risposta della sconosciuta: “Non temere, sono condizionata bene”.
Quando registrai questa frase, decisi che qualsiasi fosse stata la celestiale droga che avrei potuto
provare una volta arrivato lì, per me col senno di poi avrebbe potuto significare solo guai e paranoie.
Ero infatti abbastanza “condizionato” io per non commettere quest'errore ed anche per capire che gli
spacciatori di cocaina vedono nell'anfetamina una meno costosa e odiata concorrenza.
Peter conosceva l'ambiente relativamente bene: raccontò, ad esempio, che la mafia vietnamita delle
sigarette in realtà veniva controllata dai russi. Inoltre riferì che il nuovo edificio della polizia era come un
bunker; questo lo disse come se credesse che le caratteristiche del bunker sarebbero presto servite.
Con lui visitai anche un paio di volte un complesso di edifici occupato dagli autonomi.

Al secondo o terzo fine settimana finii finalmente a letto con Antje, per così dire.
Andare a letto con un cadavere, infatti, sarebbe stato forse meno noioso.
Non si mosse durante tutto il tempo della scopata, la chiameremo la posizione dello stoccafisso.

Una volta tornato a Kassel Ottmar mi presentò un foglietto nel quale c'era scritto che lo stesso giorno
della Streetparade a Zurigo il gruppo di teatro del quale Ottmar sosteneva di fare parte dava una specie
di “udienza”, suggerendomi praticamente che lì mi sarebbero state fornite spiegazioni su quello che era
veramente accaduto: un gioco appunto, niente setta, solo un gioco.
Gli avevo raccontato che il padre di Lumpi possedeva una Ferrari.
Ottmar commentò di sfuggita che avrebbe voluto parlare anche un po' con “Bernàrd”.
Questo avrà ancora delle ripercussioni molto spiacevoli per Lumpi “Bernàrd” Weiler.
Un giorno chiesi al mio locatore, a colazione, che cosa ne pensasse di Kirch [ex magnate delle
telecomunicazioni che per diversi anni tenne le fila di canali televisivi tedeschi come Sat.1 e Pro 7, nda]
e di Bertelsmann: Kirch conservatore, Bertelsmann liberale.
Ottmar sottolineò la parola “liberale” come se per lui fosse una spina nel fianco.
Ma Ottmar sapeva esattamente che ormai rifiutavo qualsiasi cosa provenisse da lui, quindi non doveva
essere troppo distante, dai suoi schemi mentali, l'idea di dirigermi nella direzione voluta impersonando il
contrario di quello che in effetti era. Dopo tutto di notte aveva accesso al mio flusso di pensieri e poteva
sempre controllare quali fossero i miei convincimenti e dove fossero i miei dubbi sui quali fare leva.
Un giorno rivelai al mio locatore che in vita mia avevo fatto qualcosa senza un vero motivo, una cosa
che non tutte le persone necessariamente farebbero: una notte, nella stazione dei treni di Francoforte,
un tossico mi chiese se non avessi avuto degli spiccioli per lui, perché sosteneva di aver perso il suo
biglietto del treno per Berlino e voleva assolutamente tornare a casa.
Avevo qualcosa come 800 marchi in tasca (cosa che succedeva molto di rado) quindi decisi che il tizio
si sarebbe potuto fare a mie spese una serata abbastanza piacevole: gli diedi 50 marchi.
Questo, tuttavia, accadde solamente una volta in vita mia.
Lo dissi ad Ottmar semplicemente così, senza secondi fini.
In seguito, tuttavia, mi chiesi più volte se fosse stato anche giusto raccontarglielo ed arrivai infine alla
conclusione: sì, glie l'avevo riferito senza secondi fini in relazione a quello che mi sarei eventualmente
potuto aspettare da Ottmar o chicchessia, per questo era giusto averglielo raccontato. Questo avrà
delle conseguenze.
Ci si ricordi che il mio flusso di pensieri veniva intercettato regolarmente, quindi la controparte era già
informata sia della spontaneità del mio racconto nonché dei miei scrupoli che mi vennero di
conseguenza.
Un giorno, a colazione, Ottmar mi chiese, leggendo un giornale: “Sai qual'è il quarto in classifica tra i
paesi visitati dai tedeschi in ferie?” L'associazione che un italiano farebbe istintivamente in questi casi:
l'Italia.
Che io compia questa associazione lo vuole ottenere anche Ottmar, perché il paese è la Polonia.
Il motivo della domanda? Abbiate pazienza.

In quel periodo di tempo pensai spesso al fatto che Hassan mi aveva raccontato a capodanno che
grazie al suo “avvocato”, quindi quel Patrick che era stato alla Grube al fianco di Virginie, avrebbe
ricevuto solo “dieci mesi con la condizionale”. Se ci si ricorda che la trappola era avvenuta tra l'11 ed il
12 di novembre e prendendo questa data come inizio della pena, qual'è la data della fine? L'11/12
agosto.
Per il 12 di agosto del 1996 è annunciata la Streetparade a Zurigo.
Non ho intenzione di andarci, semplicemente non accetto una tale punizione.
Troppo ipocrita tutta la messa in scena, ho già deciso da lungo tempo di non recarmi più in Svizzera, in
effetti sto meditando di tornare in Italia!
A Kassel non resto di sicuro: Ottmar è uno stronzo pericoloso, questo nel frattempo è appurato.
Penso che qualcosa che debba già fare adesso è portare al sicuro, a Roma, una parte di quello che
avevo trasportato a Kassel. Se poi me ne andrò a Berlino potrò sempre deciderlo in seguito.
Una cosa è certa: traslocare a Roma avrebbe significato abbandonare quella che all'epoca era ancora
percepita come la mia libertà assoluta nonché ciò che mi stava più a cuore, ovvero la vita da raver.
Non necessariamente le droghe, perché in Italia all'epoca si trovava tutto, ma una after alle sei di
mattina, nella zona dove vivo in Italia, non parte mai, inoltre: in qualche maniera significava aver perso.
Ma avevo già perso, solo che non lo sapevo.

Ad ogni modo c'era una cosa che volevo fare prima di tornare definitivamente in Italia: un viaggio in
Olanda.
Non ero mai stato nel paradiso della canapa indiana e per questo motivo pensai che prima di venire
condannato controvoglia a fare una vita piccolo borghese dietro ad una scrivania volevo recarmi in
Olanda e festeggiare così come Dio comanda. Doveva divenire il viaggio più bello che avessi mai
intrapreso.
Ottmar e Frank vogliono accompagnarmi, acconsento, parto con Ottmar per andare a prendere Frank
ad Ahlen. Una volta arrivati lì, Frank vuole però andare ad Amburgo alla “Vuuv”.
Siccome insisto per l'Olanda, Frank alla fine cede.
Decido di lasciare tutte le mie droghe a casa: lì sicuramente troveremo qualcosa!
Il viaggio di andata fu senza complicazioni, parcheggiammo la macchina nei sobborghi di Amsterdam,
poi continuammo a piedi.
Tra i canaletti, passate le prostitute, a Frank tornarono in mente non meglio specificate “memorie”.
Deve essere trovato un locale techno.
Ottmar vuole che sia assolutamente uno che venga consigliato dalla sua “Raveline”, la rivista techno
che amava così tanto; il locale che ha scelto assomiglia ad un garage ed è chiuso.
Quel giorno faremo soprattutto visita ad un paio di coffeeshops.
La sera lasciammo Amsterdam per passare la notte sul mare del Nord.
Pessima idea: Frank dormì sui sedili posteriori della vettura, Ottmar si coricò sulla spiaggia davanti al
mare nella sua coperta, io invece non riuscii a riposare neanche un minuto.
Durante la notte i miei nervi diventarono sempre più tesi.
Maledizione: volevo trascorrere un bel fine settimana in Olanda.
Ed adesso sono lì, non ho dormito per una notte intera, però: per nulla.
Ritorniamo quindi ad Amsterdam la mattina, io abbandono i due per andare un po' a far spese per
vicoletti.
Dopo aver cercato negozi di dischi da solo, andammo assieme (Ottmar, Frank ed io) a visionare vestiti.
Fatti gli acquisti ce ne andammo in un coffeeshop vicino al Cafè Du Lait, dopo Ottmar vuole recarsi
nuovamente al locale che avevamo trovato chiuso il giorno prima.
Nel coffeeshop sostammo per circa un'ora e mezza.
Siccome mi rifiutavo di seguire il diktat della setta secondo il quale avrei dovuto comprare erba invece
che hascisc, Frank aveva sfruttato le sue conoscenze per indurre il proprietario del locale a buggerarmi
quando comprai il tipo migliore di hascisc (per 25 fiorini olandesi ottenni della paraffina colorata) e
perché sintonizzasse la radio del locale sulla stazione giusta.
Quando improvvisamente alla radio risuonano le note di “Killing Me Softly”, infatti, la nostra attenzione
viene calamitata da una donna che nel bel mezzo del coffeeshop si alza improvvisamente e comincia a
cantare ed a muoversi come se sia la cantante dei Fugees e sia in quel momento su un palco di fronte
a pubblico e telecamere. “Coincidenze”.
Sono abbastanza snervato e già non vedo l'ora di quando ci recheremo alla vettura per tornare
finalmente a casa a dormire. Ma Frank (che è sempre vestito in maniera molto elegante), Ottmar (il suo
guardaroba lo commentai già più di un centinaio di pagine addietro) ed io visitiamo ancora il Cafè Du
Lait.
Dapprima ci sediamo, Ottmar e Frank leggono di proposito come degli invasati nelle loro guide
turistiche, animandomi indirettamente ad alzarmi ed a perlustrare la zona.
L'arredamento, infatti, è molto speciale: nell'atrio del locale possono essere ammirate figure di legno
originali e di buon gusto, sagome ritagliate con la sega a mano, in parte anche dipinte.
Ci si deve chiedere chi le avesse fatte: questo non lo imparerò mai, ma lo vorrei sapere volentieri, forse
ha qualcosa a che vedere con tutta la storia.
Ci alziamo, usciamo e ci incamminiamo verso la macchina che, se vi ricordate, era parcheggiata
accanto a quel locale che era stato consigliato dalla Raveline di Ottmar e che il giorno prima era chiuso.

Stavolta, però, il locale è aperto. Entriamo. Si ode della techno.


Beautiful people, una marea di sorrisi e bellissime bionde.
Nel locale anche una controfigura di Katrin Fälscher, sensibilmente più grassa dell'originale.
I pensieri volarono alla rossa e cicciottella Antje ed alla sua sosia...
Il Chai è relativamente a buon prezzo, ne prendiamo uno a persona, ci sediamo di fronte ad un drappo,
quadrato ed alto quanto una parete, sul quale sono pitturati segni zodiacali e sorseggiamo le bevande
fumanti che abbiamo acquistato.
Alle pareti sono affisse qua e là sculture plastiche del tipo che era già stato esposto al Bell, nella stanza
chillout quando era stato aperto il terzo areale e Friedl si era seduto accanto a me.

Accanto a noi un percussionista con un bongo in mano. Come al solito cominciamo un colloquio.
Il tizio proviene, a sua detta, dalla Polonia, non l'avete sentito già da qualche parte?
Se non vi ricordate più tornate qualche pagina indietro.
Il tale tamburella per un po', poi racconta che ha perso il portafogli e che non ha più i soldi per tornare,
per cui ci chiede se non abbiamo qualche spicciolo da dargli. Allora, avete capito?
Sì, esatto la storia del tossico della stazione di Francoforte. Sono estremamente irritato: che proprio
questa storia mi venga riscaldata e risputata fuori adesso lo trovo nauseante e caratteristico della setta,
appunto.
Debbo dare al tizio veramente dei soldi per far vedere quanto sono buono? Non ci penso nemmeno.
Racconto ad Ottmar che se vuole può dare al tizio la sua elemosina, io sicuramente non lo faccio.
La risposta di Ottmar: “Mi rompe le scatole col suo tamburellare da strapazzo, perché gli dovrei
dare del danaro?”

Ora mi viene rimproverato esattamente quello per cui mi erano venuti degli scrupoli, inoltre vengo
distrutto dal punto di vista artistico, cosa che all'epoca per la mia tecnica di missaggio da principianti si
poteva anche fare (speriamo non parlasse del mio gusto musicale). Quello che implicitamente intende,
ma che non capisco subito, è che se avrò un impiego nel campo musicale sarà solamente grazie alla
mia Hash Ultra.
Nel corso della mia vita mi prenderò un paio di rivincite in merito.
Ma in questo momento è la situazione che mi nausea, voglio uscire dal locale, andarmene a casa.
Ottmar e Frank propendono invece per una festa “drum'n'bass” che si dovrebbe tenere immediatamente
a seguire.
“Drum'n'bass” fu utilizzato come ancoraggio per qualcosa del tipo né carne né pesce, meglio del Goa e
del reggae ma non ancora né techno né ambient. A me non interessa: si va a casa, via dall'Olanda, con
queste persone non riuscirò a gustare più neanche un minuto di questa “gita”, inoltre non ho dormito un
istante.
Esco dal locale, Ottmar e Frank mi seguono, ma Frank dice che vuole ancora tornare un attimo nel
locale.
Quando rientra in macchina racconta: “Il suonatore di bongo sta ancora lì”.
Ho ancora un po' di spiccioli olandesi che non posso più utilizzare, per cui gli rispondo snervato: “Se
vuoi, puoi dargli questi centesimi che non mi servono più, ma allora entri e lo fai tu, io non mi presto di
certo ad una scenata del genere.”
Frank: “Non ci penso nemmeno”. Vorrei sparare i due sulla luna all'istante.
Accendo il motore e parto alla ricerca della strada per la Germania, per prima cosa dobbiamo portare
Frank ad Ahlen, poi si va a Kassel e poi a Roma, ho già deciso. Grazie ancora ad entrambi per il
peggior viaggio della mia vita.

Durante il tragitto del ritorno Ottmar è dell'avviso: “stai facendo un errore”.


Ho fatto tanti errori in vita mia, Ottmar, ma questo, questo sicuramente non è stato un errore.
Frank borbotta qualcosa sulla musica, che sostiene di non gradire.
Anche di questo non me ne importa più nulla: voglio semplicemente tornare a casa il più velocemente
possibile.
CAPITOLO 15

“I miei clienti sono liberi di fare quello che pretendo da loro come preferiscono”

(Milton H. Erickson)

“Pensiero comune: questa è un'idea fascista


Pensiero quantistico: questa sembra a me un'idea fascista”

(da “Psicologia Quantistica” di Robert Anton Wilson)

Quando arriviamo da Frank ad Ahlen ci dormiamo dapprima una notte sopra.


Una volta svegliatici, il padrone di casa ci rifornisce generosamente di caffè.
Frank legge aneddoti su Casanova da un libro.
Cerca di instaurare un lusinghiero nesso tra il seduttore per eccellenza e me, per la mia decisione
riguardo ad Antje.
Tra l'altro sottolinea che Casanova “ebbe a che fare con case reali” e mi ricorda che voglio sedere alla
fonte.

Si trattava di un ragionamento dei giorni precedenti che non avevo mai palesato e che si riferiva
appunto alla “buona musica” che ascoltavo ogni tanto ma che praticamente non trovavo nei negozi.
Pensai una volta in inglese (io penso in diverse lingue, utilizzando solitamente quella grazie alla quale
riesco ad esprimere meglio un concetto): “go for the source”.
In quel momento non me ne accorsi, divenne solo in seguito dapprima un ulteriore indizio che poi
troverà conferma.
E che cosa fece Casanova, nella sua vecchiaia? Scrisse le sue memorie...
All'epoca, infatti, cominciavo a covare l'idea di mettere per iscritto quello che mi era successo.
Il monologo di Frank ha un obiettivo primario: sostiene che debbo rivedere la mia “Hash Ultra” e che
debbo esserle più o meno grato per il mio roseo futuro.
Per quello che riguarda il mio passato, esclama testualmente, alzando la mano destra e roteando il dito
indice accusatorio puntato verso l'alto, con tono di rimprovero: “non lo dimenticherai mai!”
Poi, con un leggero inchino del capo, un tono di voce da cortigiano e con un sorriso figurativamente
sottomesso: “ma la perdonerai...”

NON CI PENSO NEMMENO.

Non era nei patti, signori miei. Cosa diceva William Burroughs a proposito del figlio di una cagna
religioso?
Lo riferisco a Frank, che dapprima risponde che allora lui se ne lava le mani, per poi ancora aggiungere
ghignando e con l'arroganza tipica di chi si crede in una posizione di vantaggio: “ti si agevola il
compito”.
Poi Frank comincia con le minacce: “Il metodo più efficace per sferrare un pugno ad una persona è
quello più breve, senza deviazioni, così” (mima un pugno diretto).
Mento a Frank, per proteggermi, affermando di aver lasciato da un qualche notaio un testo riguardante
gli ultimi mesi.
Voglio andarmene da Ahlen, se Ottmar vuole venire adesso può farlo, altrimenti lo lascio lì. Vuole
venire, naturalmente.
Prima di andarcene, Frank mi comunica ancora, sapendo che voglio tornare in Italia, che ha perso un
piccolo pezzo di erba da qualche parte in macchina, implicitamente minacciando che poteva essere
ritrovato “per caso” alla dogana.

Via di qua.

Sulla via del ritorno, Ottmar vuole fare tappa ad una piccola rupe sulla quale ci fermavamo spesso per
discutere di questioni importanti. Io non voglio, preferisco tornare prima possibile a casa.
Mentre sono al volante vuole sensibilizzare il mio animo per l'amenità del paesaggio.
Si assomiglia tutto, maledetto piano regolatore. C-A-S-A.
Ma non ho più una casa, solo che questo non lo so ancora.
Sull'autostrada, durante il viaggio, una moto mi sorpassa giusto per mettermisi davanti e poi rallentare
progressivamente, fino ad arrivare ad una velocità finale di 60 km/h.
Il commento di Ottmar, seduto in macchina, fatto ad un normale volume di conversazione: “Idiota”.
Mezzo secondo dopo il motociclista alza un braccio come se si volesse scusare ed accelera di nuovo
abbondantemente per poi sparire definitivamente all'orizzonte.
Quando arriviamo a Kassel prendiamo ancora un caffè.
Ottmar mi mostrò una lettera che a quanto pare mi era stata spedita, era di Antje, sulla busta il mio
nome era stato quasi cancellato dalla pioggia cadutaci sopra. Il commento del mio locatore: “Il nome è
sbiadito”.
In quel periodo di tempo, però, Ottmar aveva declamato spesso il mio nome con un tono di scherno.
Alessandro Manica, da Rickenbach-Egg: un nulla, un nessuno.
Quel giorno, inoltre, Ottmar lesse con interesse quasi innaturale un giornale che titolava che Kirch si era
assicurato quasi tutta la TV digitale, facendo così appello al mio feticismo tecnologico, rendendomi già
appetibile un possibile impiego nel caso fossi tornato.
Ma queste erano tutte tecniche che non funzionavano, per cui la setta ricorse ad altri metodi durante la
notte, impartendomi tra l'altro molto probabilmente la suggestione che quando sarei stato a Roma avrei
telefonato ad Antje.
L'idea di partire lo stesso giorno svanisce per la stanchezza che comincio presto ad avvertire.
Pensieri paranoidi – e non verbalizzati – si fanno strada: questa stanchezza, è possibile che Ottmar mi
abbia versato qualcosa nella bevanda? No, non fu così: anche da Frank avevo potuto riposarmi solo
poco e male e nel frattempo si era accumulato un debito di sonno impressionante.
La paranoia di allora, però, fu una fantasia che dovette avere delle conseguenze, perché più di un anno
dopo, durante una telefonata con Ottmar, quest'ultimo mi invitò a Kassel adducendo: “non ti verso
neanche alcun sonnifero nel caffè”.
Di nuovo: il pensiero non fu mai esternato consciamente.
Oggi so benissimo quando Ottmar o chi per lui mi tirò fuori proprio questo nonché altri pensieri: nella
stessa notte, mentre giacevo già sul suo letto (lui era a sua detta da Tatjana), sentii come la porta di
casa venne aperta colle chiavi e come neanche mezzo minuto conscio più tardi fu richiusa.
Il suono dell'apertura, però, si differenziava dal suono di chiusura della serratura della porta principale in
un particolare importantissimo: l'apertura aveva un suono più cupo e distante della chiusura, perché
durante l'apertura la porta della stanza nella quale giacevo era chiusa, mentre quando la serratura
venne rigirata per chiudere l'uscio d'ingresso la porta della mia stanza era completamente aperta.
E da quest'ultima non ero più distante che di mezzo metro!
Come poteva essere successo che la porta della stanza fosse stata aperta così tanto in quel breve
periodo di tempo ed in quel silenzio senza che io, ancora del tutto sveglio e lucido, mi fossi accorto
anche solo di un minimo rumore di apertura? Strano.
Oggi è chiaro: fu un'amnesia post-ipnotica, in combinazione col dimenticare di richiudere la porta della
stanza da parte di chi l'aveva dapprima aperta per eseguire il lavoro di trance. Dev'essere stata una
cosa lunga...

Ad ogni modo la mattina dopo metto in macchina una marea di dischi e di libri, per il resto tutte le cose
di valore che volevo portare via da Kassel e parto poi alla volta della città dove vivevano i miei genitori.
Il monito di Frank in merito all'erba che dice di aver perso sul sedile posteriore mi è ancora ben
presente.
Arrivato alla dogana tra la Germania e l'Austria, vengo fermato dalla parte austriaca.
Il doganiere chiede, ridacchiante: “Debbo portare qui il cane?”
La risposta fu molto aggressiva: “E allora lo porti il suo cane!”
E preghi per tutti i doganieri corrotti di questo mondo che non trovi nulla.
Mi lascia proseguire, sempre ridacchiante, ma senza aver chiamato in aiuto la bestia.

Arrivato a Roma, la situazione è diversa da quella che mi aspettavo.


Ogni tentativo di parlare con mio padre delle mie vicissitudini dei mesi passati fallisce miseramente; non
ne vuole sapere, blocca ogni tentativo di comunicazione sul nascere.
Perché, a mia insaputa, lui è già passato al nemico e quello che debbo qui constatare è semplicemente
la solita tattica della setta, che lui utilizza in questo frangente.
Afferma anche ripetutamente che secondo lui ho bisogno dell'aiuto di un qualche psichiatra che
sicuramente mi può aiutare. O per citare nuovamente Burroughs:

“Non mostrare simpatia per il malato mentale:


E' un pozzo senza fondo.
Rispondi loro con fermezza:
'Non sono pagato per ascoltare queste sciocchezze!
Sei un pazzo all'ultimo stadio.'
Altrimenti ti rendono pazzo quanto lo sono loro.”

A proposito, il pozzo senza fondo deve essere inteso alla lettera: durante tutto il periodo di Kassel ed
anche a Berlino, a parte i manifestati danneggiamenti economici dei quali la setta voleva mettermi al
corrente, fu un continuo perdere e ritrovare carte di credito, d'identità e bancomat. Soprattutto: le
ritrovai, in parte, in posti nei quali non mi sarei mai sognato di metterle, ad esempio una volta nella mia
voluminosa agenda.

La maggior parte del tempo di quel soggiorno romano la passai con mio padre a casa, mia madre non
c'era e frequentai amici solo di rado.
Alcuni giorni dopo avvertii l'impulso quasi innaturale di telefonare Antje a Berlino per chiederle se non
voleva venire a Roma a passare un paio di giorni. In effetti non vi era un motivo per telefonarle a Berlino
e per questo penso anche che mi sia stato impartito un comando post-ipnotico apposito, forse la sera
prima della mia partenza a Kassel.
Dopo la telefonata mi rimproverai per il fatto di non essere stato sufficientemente coerente con me
stesso.
Antje rispose di voler venire; a Kassel ci dovevo comunque tornare per caricare dell'altra roba, perché
di cose ne dovevano ancora essere trasportate a tonnellate. Quindi partii nuovamente alla volta della
“città per automobili”.

Arrivato a Kassel, Ottmar mi annunciò subito una festa all'Aufschwung Ost, organizzata da Torsten di
Norimberga e/o Peine, alla quale mi invitò - accettai.
Venne nuovamente creato un clima emotivo che lasciava di per sé supporre che finalmente,
FINALMENTE, sarebbe successo qualche cosa che avrebbe spiegato che si trattava solo di un brutto
sogno, di un malinteso.
Ancora nell'appartamento della Wolfhager Straße, mi fu presentato un articoletto su Nicole Kidman che
sembrava ritagliato da un giornale. L'articolo non era importante, importante era solo la foto, pubblicata
accanto all'articolo, di una donna relativamente attraente che però non aveva nulla a che vedere con
l'allora signora Cruise.
Ottmar mi chiese se quella era Nicole Kidman. Naturalmente no.

Antje si annunciò da Berlino, tuttavia arriverà solo dopo la festa di Kassel.


Anche Peter lo fece, ma arriverà per tempo.
Ha portato dei nuovi occhiali che montano delle lenti del tipo “Mickey” in Natural Born Killers o, se si
vuole, del tipo “Download – The Eyes Of Stanley Pain”, solo colorate di GIALLO e non di rosso.
Questi occhiali, durante tutto il periodo di Berlino, verranno utilizzati come condizionamento in
abbinamento a dosi leggere di ALD 52 (quindi di California Sunshine) per portarmi nelle situazioni più
problematiche e per chiarire una volta per tutte che come punizione per “Essi vivono” non avrei più
dovuto toccare l'LSD.
Peter, difatti, mi chiede del Sunshine anche quella sera in macchina, ne consumiamo entrambi, poi
entriamo all'Aufschwung. Sulla porta d'ingresso è affisso un poster di Harthouse.
La musica è abbastanza gradevole, la solita mezza dozzina di comparse viene utilizzata per creare un
clima piacevole sventolandomi di fronte i loro posteriori in segno di incoraggiamento; tutti sorridono,
naturalmente anche Ottmar, che mi offre di salire con lui sul podio e di appoggiarmi a lui schiena contro
schiena, cosa alla quale acconsento un attimo prima di chiedere a me stesso a che cosa questo
servisse, allorché mi sganciai nuovamente da lui.
Mentre sedevamo assieme dietro l'impenetrabile cortina del palco mi disse: “guarda, abbiamo tutta la
pista per noi”.
Si riferiva ad una domanda che ricorreva nei miei pensieri di quei giorni, ovvero quale fosse il motivo
per cui durante tutti quei mesi era stata pagata della gente per ostacolarmi nel ballo gironzolandomi
sempre intorno; una risposta sarebbe potuta essere che, perlomeno nei piani di queste persone, forse,
un giorno, avrei avuto una pista tutta per me.
Era un'idea della quale non ero affatto entusiasta, anche se questo non lo verbalizzai nei miei pensieri,
seppur lo avvertissi emozionalmente.
Peter mi incoraggiò prima a recarmi alla Streetparade a Zurigo e poi da lui a Berlino, la sua città;
tuttavia sarei dovuto diventare consapevole di che cosa volessi combinare nella capitale, perché
altrimenti, cito testualmente, “il fondo non esiste”.
Dopo la festa all'Aufschwung il tutto prosegue in un piccolo locale notturno al centro di Kassel, che non
avevamo mai visitato prima né visiteremo mai più dopo.
A quanto pare Torsten si è già premurato di farci trovare il personale giusto, perché quando ci sediamo
ad un tavolo di fronte al bar, sugli sgabelli alti di quest'ultimo si siedono due donne, una è quella che
avevo visto sulla foto del ritaglio di giornale (quindi quella della quale Ottmar mi aveva chiesto se si
trattava di Nicole Kidman), così come un'altra donna, una controfigura della donna che Häsi mi aveva
mostrato all'Utopia da una distanza tra i tre ed i cinque metri circa, alla festa del venerdì 10 novembre
1995.
La falsa Nicole Kidman fa la preziosa, esita a mostrare il suo volto per attirare ancora di più la mia
attenzione su di lei.
L'imbroglio mi è chiaro – e così doveva anche essere.
Poi entra in scena un ulteriore imbroglione, un tizio dagli occhi enormi che indossa un mantello
purpureo e che tenta vistosamente di calamitare il mio sguardo con il suo.
Ottmar mi chiede chi possa essere: “Il dottor Dogs!” fu la risposta del mago imbroglione.
Non è vero: il dottor Wilfried Dogs, l'ex capo della clinica di ipnosi per psicosomatica di Rinteln (quindi
l'unica, a parte la Felsenlandklinik, nella quale all'epoca ci si poteva sottoporre ad ipnoterapia pagata
dalla cassa malattia in Germania) è già morto da alcuni anni, ed ha sì un figlio, ma questi con la clinica
non ha nulla a che fare.
È importante, in questo contesto, sottolineare che all'epoca non ero informato dell'avvenuto decesso del
dottor Dogs ed inoltre, che non esternai mai con nessuno i sospetti che covai a causa della lettera del
Frank Natale Institute nell'appartamento di Ottmar, in altre parole: questi sospetti mi potevano solo
essere stati estorti in trance dal mio flusso di pensieri.
Siccome all'epoca questo costituiva uno scenario per me soggettivamente credibile, la setta riuscì a
depistarmi – questa tecnica la si usò continuamente e, se la si applica con rigore, alla fine la vittima può
distinguere solo con molta difficoltà quello che è reale da quello che in ultima analisi sono le sue stesse
fantasie.
Siccome il tutto avvenne più o meno in pubblico, fu condito con volti lieti e generali gentilezze
egualmente truffaldini/e.
Nel locale notturno, tra l'altro, era presente anche Axel, che era arrivato da Tübingen (o da Bielefeld,
dove studiava, non ricordo più bene) solamente per la messa in scena.
Torniamo alla Wolfhager Straße. Dopo qualche ora arriva “la mia donna”, come Frank sottolinea.
Con lei poi finisco a letto, ma solo per dormire, perché l'appena conclusosi viaggio d'andata e quello di
ritorno ancora da intraprendere non lasciavano alcun margine di tempo.

Il giorno dopo partiamo dunque alla volta di Roma, dove arriviamo di mattina presto e ci addormentiamo
subito. Ci svegliamo verso mezzogiorno, poi andiamo a mangiare.
Mio padre non si mostra affatto entusiasta dell'ospite.
Antje non viene accolta molto bene neanche dalla mia cerchia di amici di allora, glie la presentai
quando ci recammo assieme da Riccardo Marinelli.
Antje, invece, si interessa moltissimo per il mio ambiente “di casa”, vuole sapere come si chiamano i
miei amici, cosa che ovviamente mi guardai bene dal riferire; mi sarà estorto in tutta tranquillità durante
la trance notturna a Berlino.
Quando mi accorgo che i miei amici snobbano Antje, decido di dedicarmi soprattutto a lei durante quei
giorni, perché lei era mia ospite ed aveva anche dichiarato di voler essere di ritorno a Berlino per
l'undici di agosto (ci si rammenti: il 12 di agosto c'è la Streetparade a Zurigo); io sarei poi tornato
definitivamente a casa a Roma.
I miei pensieri vengono continuamente monitorati da lei, questo lo so adesso, allora non lo intuivo, mi
stupivo solo di come cambiasse il proprio comportamento con tale tempismo a seconda di quello che
pensavo di lei e di tutto il resto.
A questo scopo mi chiese spesso di aspettare un attimo: in macchina, prima di andare a fare visita a
qualcuno e così via.

Quella sera dimenticai di informare mio padre che avremmo cenato fuori, cosa che di per sé sarebbe
un'inezia, ma che avrà enormi ripercussioni, perché lui sbarrò per ripicca tutte le porte e le finestre di
casa, suonare ripetutamente al campanello non produsse alcun risultato.
Da mia madre, quando le telefonai verso mezzanotte e mezza a Monaco di Baviera, venni a sapere che
si trattava di una “punizione” che mio padre mi aveva inflitto per la dimenticanza di cui sopra.
Non riuscimmo a dormire in macchina, in altre parole fummo costretti a vagare senza meta fino alle
prime ore del mattino nella prateria (la casa è in una zona di campagna), fin quando la porta di casa fu
di nuovo sbloccata.
Questo episodio, ovviamente, mise in moto diversi ragionamenti in me.
A parte il fatto che Antje era mia ospite – di una “ragazza” non si poteva veramente parlare – il gesto di
mio padre era stato inaccettabile come tale, perché significava trattarmi come un bambino di quattro
anni di fronte ad una donna, quindi volerle mostrare che si ha e si vuole esercitare potere, in modo che
fosse chiaro che l'autorità principale era ancora in mano sua e che qualsiasi donna avrebbe dovuto
piegarsi alle leggi della “famiglia”.
Questo tipo di comportamento da parte dei miei genitori (in particolar modo da parte di mia madre, in
effetti) è uno dei motivi principali, se non addirittura semplicemente “IL” motivo, per il quale durante la
mia adolescenza non ebbi quasi contatto con ragazze: le donne odiano a morte un comportamento del
genere e mi chiesi, quando fui nuovamente testimone di questo tipo di gesto, se fosse stato opportuno
tornare a casa per essere nuovamente trattato in questa maniera (all'epoca avevo ventotto anni).
Antje, da parte sua, fece tutto quello che era in suo potere per bollare il comportamento di mio padre
per quello che era stato. Ma l'atteggiamento di Antje era, in effetti, proprio un motivo per restare a casa,
perché faceva sospettare seriamente che servisse solo allo scopo di riportarmi di nuovo nelle grinfie
della setta.
Solo: ci fosse stata una mia “vera” ragazza al posto di Antje, qualcuno a cui avessi tenuto più che ad
ogni altro, allora il comportamento di mio padre sarebbe stato imperdonabile.
Quindi valeva perlomeno la pena di tentare di andarsene nuovamente da casa per ricostruirsi da
qualche parte una nuova esistenza; nella mia ingenuità (nonché ottusità) di allora, pensai di traslocare
dapprima per prova a Berlino.
Ottmar telefona per chiedermi se avevo intenzione di prendere parte alla Streetparade o meno.
Rispondo di no: riporto Antje a Berlino ma Zurigo è fuori discussione.
Prima, però, rimaniamo ancora un paio di giorni a Roma: una breve puntata al lago, una piccola
ricognizione della zona ed una visita ai monumenti più importanti della capitale, così come è prassi
solita in questi casi.
Quando Antje guarda la sua cartina di Roma, però, non è interessata a cercare monumenti, bensì
solamente a trovare un negozio di vestiti indiano, che alla fine riesce ad individuare.
Mentre siamo dentro il negozio ad esaminare i vestiti risuona “Killing Me Softly”, così come ad ogni
angolo di strada in quel periodo di tempo, ma uscendo dal locale Antje mi indica una pagina di un
giornale tipo “Gente”, “Oggi” o “Novella 2000” che era dimostrativamente affisso di fronte all'entrata del
locale.
Nella pagina in questione vi era un articolo riguardante l'ormai defunto Gino Bramieri, il quale affermava
di essere stato curato in maniera miracolosa da Sai Baba.
Sulla setta di Sathya Sai Baba trapelano solo raramente delle informazioni che raggiungono l'opinione
pubblica, solitamente è avvolta in un alone di mistero. Di essa si sa che la divinità personificata della
setta, ovvero Sai Baba stesso, è omosessuale e che in passato ha già preteso prestazioni sessuali da
questo o quel discepolo, allorché perlomeno una parte di questi ultimi aveva reagito alquanto stupefatta.
Inoltre si sa che Antonio Craxi, fratello di uno dei più importanti politici della prima repubblica Italiana,
l'ex presidente del consiglio Bettino Craxi (morto nell'esilio tunisino nella metà degli anni novanta dopo
lo scandalo di Mani Pulite), è un seguace convinto e pubblicamente attivo di Sai Baba stesso.
Sai Baba sa come si risveglia Kundalini, questa è l'unica cosa per il quale è degno di nota (alla fine di
questa lettura anche il Lettore saprà come si fa): per il resto, i suoi trucchi sono banali e prevedibili.
La setta ritornò alla ribalta dei giornali perché a Monaco, ad un concerto di beneficenza per bambini da
essa organizzato, riuscì apparentemente a truffare Uwe Ochsenknecht [famoso attore tedesco, nda].
Così fu perlomeno riportato dalla Abendzeitung [giornale di Monaco di Baviera, nda].
Quello che risulta perlomeno discutibile di questa vicenda è il fatto che Ochsenknecht sia veramente
stato all'oscuro della truffa, dopo tutto lavora preferibilmente assieme a Doris Dörrie, meglio ancora se
prodotto da Bernd Eichinger.
A causa delle mie esperienze risulta evidente come gli ultimi due nominati conoscano benissimo
l'ambiente di Sai Baba, questo può essere anche dedotto dai rapporti dichiarati apertamente della
Chiesa del Nuovo Eone e quindi di Kawwana di Thorwald Dethlefsen con Sai Baba stesso.
Nel bazar, tra le altre cose, Antje comprò dell'incenso indiano che accese la notte stessa mentre
guardavamo le stelle dal tetto di casa mia; me le indicò, alludendo al mio futuro in preparazione.

La sera del mio ritorno a Berlino, mio padre mi fece capire che per lui potevo anche andare all'inferno –
cosa che successe letteralmente, come probabilmente il Lettore può già intuire in questo momento.
Presi con me solo lo stretto necessario in fatto di musica, Antje invece portò con sé un numero di Geo
che avevo comprato perché sulla copertina vi era un articolo sull'ipnosi (che si rivelò poi modesto) –
questo aveva attirato la sua attenzione.
Il ritorno avvenne una o due notti prima della Streetparade 96, con un deficit di sonno enorme sul
groppone.
Nonostante la pericolosa stanchezza riuscii ad arrivare a Berlino nel tardo pomeriggio.
Dopo aver dormito brevemente assieme (stoccafisso as always) potemmo finalmente riposarci sul serio
un paio d'ore.
La sera, nell'appartamento di Michael Rennhack e Gitta Schleinecke nella Blücherstr. 56, Antje aveva
già un programma: prima fare visita a Karen, che dovette fungere da ora in poi da cattivo esempio, per
poi andarci a prendere qualcosa proprio lì accanto qualche metro più in là sulla sinistra, all'Anfall
(Gneisenaustraße 64).
Karen possedeva un appartamento arredato in maniera a dir poco stravagante, mi ricordo in particolar
modo che il suo letto poteva essere raggiunto solo salendo una scala di legno molto elegante.
Sembrava far parte di quel ceto medio al quale appartenevamo i miei amici ed io, come Antje aveva
potuto constatare.
Il rispecchiamento continuerà anche nei giorni a seguire, ad esempio Antje mi mostrò che Hukky e Gitta
ora si erano comprati una monovolume Volkswagen, quindi non più il vecchio bus arrugginito della
stessa casa costruttrice.
Questo tipo di rispecchiamento viene utilizzato nella PNL per instaurare empatia, per suggerire di
essere simili al soggetto da ipnotizzare o perlomeno da “persuadere”, perché ci apriamo nei confronti di
persone che riteniamo essere somiglianti a noi. Questo rispecchiamento può essere verbale,
intellettuale o di altra natura.
In questo caso si trattava di rispecchiare l'appartenenza sociale: il vecchio bus della Volkswagen
portava con sé automaticamente un'atmosfera da hippie della fine degli anni sessanta che si pensava
mi appartenesse (e non è che alla fine avessero poi tanto torto) dopo aver visto la mia vecchia Fiesta,
che era sporca ed arrugginita.
Il modello berlina, ora, rispecchiava quel solido ceto medio nel quale nel frattempo mi si catalogava.

Ma torniamo alla visita di quella sera a Karen o, ancora meglio, a poco prima.
Lungo il tragitto per arrivarci a piedi, di fronte all'Anfall per essere più precisi, quindi il locale che era
subito accanto all'appartamento di Karen, vediamo da fuori, visibile al bancone mentre serviva, una
vistosissima bellezza dai capelli rossi.
Siccome però passammo molto velocemente oltre al locale, quest'ultima non fu istruita per tempo a
nascondere il suo volto (come farà più tardi con sapienza e di proposito); così fui in grado constatare
che si trattava sì di una bellezza dai capelli rossi, ma che sicuramente non si trattava di Nicole Kidman.
La conversazione a casa di Karen fu relativamente priva di spunti di interesse.
Antje annunciò di aver ricevuto due biglietti in omaggio per un concerto a Berlino dei Toten Hosen.
Come già scritto all'inizio di questo libro, durante i miei primi anni in Germania, alla fine degli anni
ottanta, avevo ascoltato volentieri anche il gruppo appena citato.
Nel frattempo, però, li avevo già da lungo tempo marchiati mentalmente come puttane
dell'establishment ed in particolar modo dei socialdemocratici, un giudizio che l'invito di Antje non fece
che confermare.
A proposito: i Toten Hosen sono sempre stati sotto contratto della Sony / Virgin / Bertelsmann Music
Group.
Avevo qualcos'altro in mente per la sera dopo, quindi la sera nella quale secondo la setta sarei dovuto
essere stato a Zurigo: volevo recarmi ad Hannover, all'Hanomag, il locale che Ottmar mi aveva
sconsigliato vivamente di frequentare.
Molto meglio che recarsi ad un concerto pseudo-punk per politici!
A quanto pare, l'unico gruppo per il quale Antje si interessava veramente altrimenti erano i Circus,
soprattutto perché affermava di conoscere uno dei componenti della band.

Di nuovo in strada dopo esserci fatto un cannone da Karen, approdiamo dunque alla piuttosto
frequentata zona esterna dell'Anfall e ci sediamo all'unico tavolino all'aperto ancora libero - Karen, Antje
ed io.
La rossa è ancora dietro al bancone, solo che stavolta non mostra il volto.
Per sfortuna sua e degli altri, sono già informato.
Antje proclama che è venuto il momento di stabilire chi andrà al bancone ad ordinare le bibite ed
accompagna l'annuncio di questo onere con un sospiro magistralmente inscenato. Mi debbo
sacrificare? Nessun problema.
Quando arrivo al bancone, la rossa continua a girarsi vistosamente in modo che non possa né scorgere
il suo volto, né venire servito da lei – in compenso da qualcun altro che la sostituisce per l'occasione.
Poco dopo aver portato le bibite fuori dal locale ed essermi seduto di nuovo accanto alle due donne
senza avere fatto alcun commento, il gruppo che era seduto al tavolo di fronte a me si alza ed infine se
ne va.
Poi arriva subito qualcuno ad occupare il tavolo sopra descritto ed infine la rossa di cui sopra si siede
ad una distanza di forse cinque metri dal nostro tavolo in modo che io possa vedere più o meno il suo
volto da lontano, ma non esattamente i suoi lineamenti, per l'appunto.
Commentai con la mia “ragazza”: “Non è Nicole Kidman”.
Lei risponde: “Certo, fa solo finta di essere una bellezza”.
Allora, di nuovo: “No, è una bellezza ma non è Nicole Kidman”.
Torniamo a casa ed alla fine ci riposiamo abbondantemente.

Il giorno dopo la parola d'ordine è Hannover, ad ogni costo.


Penso che questo debba rimanere anche un segreto per gli altri per non rovinare il party, non sapendo
ancora dello screening del flusso di pensieri.
Va sottolineato che non fui né costretto a recarmi a Zurigo mediante un comando ipnotico (questo era
successo in diverse occasioni delle quali il Lettore è già a conoscenza), né fui ostacolato nel recarmi ad
Hannover, perlomeno per quanto ne sappia io, se non si considera il fatto che poco prima di Hannover
dovemmo scendere dall'autostrada perché la strada era chiusa.

L'Hanomag è un edificio enorme, un'ex officina che viene utilizzata per grandi rave, anonimi ma anche e
soprattutto SERI, quindi esattamente quello che stavo cercando.
La setta aveva intrufolato i soliti guastafeste, ma di quelli se ne occuperà preferibilmente Antje – io
invece non dovetti riportare molestie degne di questo nome.

Il pubblico: duro, non esattamente il meglio di quello che ci si può aspettare, ma a causa delle mie
esperienze collezionate fino a quel momento (e fino ad oggi) andava benissimo così.
Gli unici bellissimi furono quelli che parlarono ad Antje, apparentemente per raccontarle di presunti
ventri sbudellati, perlomeno questo fu quello che mi riferì dopo la festa.
Poco dopo l'entrata nella discoteca salì l'ALD-52.
Antje sembrò palesemente e non proprio gradevolmente sorpresa (a quanto pare non era molto
“esperta”); dopo aver sostato per circa 10 minuti appoggiati ad una rete di separazione tra l'area
principale e la seconda pista si riprese e non dovemmo più far fronte ad alcun inconveniente fino alla
fine dell'evento.
Fu il miglior party al quale avevo preso parte da molti mesi e sicuramente anche il migliore al quale
prenderò parte per lungo tempo, soprattutto perché nessuno dei DJ o dei musicisti presenti suonò
appositamente male per me, la musica non era neanche fantastica perché c'eravamo noi, nessuno
voleva qualcosa da me: finalmente fui in grado di essere di nuovo un raver normale, una sensazione
della quale sentivo la mancanza da lungo tempo.
L'avversione di Ottmar per l'Hanomag sembrava quindi avere un motivo: la setta, perlomeno in quella
manifestazione, non aveva alcuna voce in capitolo, per cui non sarebbe riuscita facilmente a rovinare il
mio umore.
Non è un caso, quindi, che ad Hannover ogni anno si tenesse una contro-Love-Parade, in concorrenza
con quella di Berlino.
Partimmo infine a mattinata inoltrata nuovamente alla volta della capitale.
Io, soprattutto, ero felice ed avevo veramente goduto della notte.
L'autostrada era deserta, quindi potemmo tornare comodamente e con il sole alle spalle nel giro di
poche ore alla dimora di Antje.

Arrivati lì, dopo esserci riposati, descrivemmo agli altri componenti della comune quello che avevamo
vissuto.
Quando Gitta venne a sapere del viaggio ad Hannover commentò: “Beh allora saresti potuto rimanere a
Berlino”, lasciando così intendere, che per lei in realtà era come giocare in casa.

Può darsi, ma perlomeno all'Hanomag, quella sera ad Hannover, Gerhard Schröder non comandava ed
a Berlino non ci era ancora ufficialmente arrivato.
CAPITOLO 16

“Berlino è la mia città”

(Peter Sepp)

“C'è un sogno di Marx e Lenin


che affoga in un mare di profumo lavato dalla cocaina”

(Beats International – da “Echo Chamber”)

“Perdendo con ogni passo che faccio


perdendo con ogni mossa che compio
trasformandomi in tutto quello che odio
perdendo con ogni mossa che compio”

(Ulrich Schnauss - “Stars”)

La Blücherstraße, nel quartiere di Kreuzberg a Berlino, è situata in una zona relativamente curata.
L'appartamento di Gitta e Hukky era nell'edificio di un cortile interno, dalla strada bisognava quindi
ancora fare qualche metro a piedi.
La macchina di “Frank da Höxter”, lo studente di “costruzione paesaggistica”, non era una Volkswagen,
bensì uno spazioso (e piuttosto sporco) fuoristrada, forse addirittura un modello statunitense, sul cui
retro campeggiava una scritta enorme: “Hot Buttered Australia”.
I riferimenti all'Australia, la nazione della quale è originaria Nicole Kidman, da ora in poi si
moltiplicarono: diventarono parte del terrore psicologico.
Una strada più avanti, nella Gneisenaustraße 85, forse il miglior Döner della città che sfornava anche il
miglior caffè che abbia mai bevuto in vita mia (ed ho provato molti tipi di caffè in molti paesi): uno snack
– bar libanese.

Nella comune della Blücherstraße non mancava nulla, così come Antje sottolineò più volte e di
proposito.
Quello che si scordò di specificare: nulla di materiale.
La mia cosiddetta “ragazza” ci tenne a mostrarmi che lavava e stirava per me, solo che si tratta di una
delle attività alle quali tengo di meno in una relazione con una donna e lei naturalmente lo sapeva.
Perché per il resto non mi diede nulla e questo a sua volta di proposito: non mostrò alcun tratto
caratteriale “umano” che non fosse dettato dalla logica ipocrita della setta e nonostante le parole
altisonanti non fornì soprattutto mai l'impressione di essere dalla mia parte.
Antje raccontò anche che da ora in poi accudiva privatamente un infante, aveva preso in consegna un
bambino con problemi di udito e mi fece vedere, come al solito in questi casi, una relazione sulle sue
prime esperienze con questo pargolo.
Peter Sepp, invece, oltre alla scuola che frequentava, aveva preso un altro impegno, quello di occuparsi
privatamente di un bambino sordo.

Michael Rennhack ricevette piuttosto all'inizio del mio periodo visite “di parenti” da Bonn.
Sulla porta dell'appartamento era anche affisso un poster che all'epoca era caratteristico per gli
ambienti politici che preferivano Bonn a Berlino come capitale, quello con il bacio stilizzato dalle labbra
al posto della “O” di Bonn.
I collegamenti con la casta politica tedesca, quindi, furono evidenti dall'inizio, i parenti non erano
necessari.

Una mattina, piuttosto agli inizi del mio soggiorno di Berlino, mi svegliai con dei dolori molto forti ed una
infiammazione gengivale, della quale all'epoca ignoravo la causa: si trattava di dolori e di una
infiammazione provocatemi di proposito mediante suggestioni post-ipnotiche negative.
Questo con l'ipnosi è facilmente realizzabile: se ad una persona in trance viene raccontato che su una
sua zona dell'epidermide è adagiata (per un determinato periodo di tempo) una moneta incandescente,
quando il soggetto viene svegliato, dopo un'ora le bruciature sulla pelle sono visibili come se lì ci fosse
veramente stato un ferro rovente.
A proposito: il dolore caratteristico di questo tipo di lesioni è egualmente avvertibile.
Il dolore rimarrà costante per tre settimane ed anche se, ignaro delle cause, mi recai dal dentista per
alleviarlo in qualche modo, non sarà possibile diminuirlo con nessun tipo di medicamento, neanche
coll'olio di chiodi di garofano che Antje, con fare spudoratamente ipocrita ed allo stesso tempo così
tipico della setta, mi offrì.

Beh, è ora di cercarsi un lavoro.


Uno come programmatore per un privato lo trovo subito, ma “in qualche modo” mi dimentico dapprima
di scrivere una lettera e poi mi perdo anche il foglietto dove mi ero annotato l'indirizzo.
In quel periodo meditai spesso di rendermi indipendente, pensai in particolar modo di creare uno
standard di compressione per file .wav secondo il modello dell'attuale FLAC (all'epoca non esisteva né il
FLAC, né l'MP3 ed un disco rigido Seagate Barracuda con 2 Gigabyte di capienza era il massimo a cui
si potesse aspirare) – metto un annuncio su un giornale per poter presentare il mio progetto
direttamente a diverse aziende.
Una società di software rifiuta per iscritto, da un'altra mi viene dapprima concesso un appuntamento,
ma quando arrivo lì un dipendente della ditta visibilmente intimidito mi respinge.
L'espressione del volto del collaboratore dell'impresa lasciava presagire brutte cose e non mi dovetti
sbagliare né in questa né in occasioni future, sul fatto che la setta esercitasse un'influenza massiccia
nei confronti del nuovo potenziale datore di lavoro.
Un'altra azienda ascolta con molta attenzione i miei piani in merito al programma di compressione
audio, dichiarerà però, più tardi, di non essere interessata.
All'inserzione rispondono due signori. Il primo telefona, tuttavia afferma più o meno di aver sbagliato
numero perché credeva che volessi redigere software per banche.
Nell'inserzione, però, c'era esplicitamente scritto che si trattava di compressione audio, quindi la
telefonata di questo signore non era casuale: già Hukky, un paio di giorni prima, mi aveva offerto un
lavoro per una banca, cosa che per le mie aspirazioni di indipendenza avevo appunto rifiutato.
Notate che cominciano ad infittirsi gli indizi che lasciano presumere che ci siano istituti finanziari
pesantemente coinvolti in tutta la vicenda: si parte dal presunto gay che lavorava alla Deutsche Bank al
quale impartivo lezioni di italiano alla scuola di lingue Ileana (che aveva come logotipo un occhio di
Horus), passando per il “chi detiene il potere? le banche” di Norbert Labbow, poi c'erano l'ex-ragazzo di
mia sorella, David, che di mestiere faceva il broker, nonché il suo amico, quello che andava al Delirium
quando passava per Zurigo, che lavorava alla Bayerische Vereinsbank.
Il secondo che risponde all'inserzione è un tizio che lavora nel settore dei media (non meglio
specificato) che mi telefona e mi chiede se il mio progetto aveva qualcosa a che fare con i piani della
banda larga omni-info-multimediale che tutti i grandi gruppi mediatici stavano progettando assieme e
che mi descrisse come il non plus ultra fantascientifico, intendendo, fra le righe, qualcosa come:

“Tu, nulla assoluto, vuoi intraprendere un tentativo amatoriale di sviluppare qualcosa mentre io,
incontrastata potenza dominatrice del mondo dei media nonché di tutti gli altri mondi e che decido
sempre tutto, ho già in cantiere per l'anno prossimo il futuro multimediale interattivo totale che
surclasserà al cubo il tuo sistema per tecnologia e possibilità?”

Ci si ricordi che eravamo nell'agosto del 1996, che all'epoca una linea ISDN era ancora il massimo delle
possibili aspirazioni per un privato e garantisco anche al Lettore che il sistema, così come me lo aveva
descritto, non esiste nemmeno oggi al momento della stesura finale.
L'obiettivo era solo, come sempre a questo punto del lavaggio del cervello, di dissuadermi dal progetto,
secondo la ben nota linea di principio: “Siamo più grandi di te, abbiamo già calcolato tutto, non hai
scampo”.
Che invece all'epoca avessi avuto una buona idea, lo dimostreranno i successi dei formati MP3 e del
più recente e non riduttivo standard FLAC che saranno sviluppati in seguito.
Giacché in effetti volevo realizzare il progetto solamente per sferrare un attacco all'industria musicale,
posso oggi considerarmi soddisfatto che il Fraunhofer Institut abbia raccolto la sfida per me e portato a
termine l'impresa con successo.

Per me i piani erano ben altri, per realizzarli bisognava mettermi finanziariamente con le spalle al muro
per poi ricattarmi, motivo per il quale non dovevo riuscire nel mio intento di ottenere un lavoro.
Quello che all'epoca veniva fatto dietro di me, o forse dovrei dire “dietro il mio conscio” dapprima non lo
intuii, poi divenne solo un sospetto che infine verrà confermato.
Perché a parte i già descritti danneggiamenti e sabotaggi, la setta a Berlino aveva cominciato non solo
ad analizzare il mio flusso di pensieri, ma anche e soprattutto a setacciare tutto il mio passato per
trovare eventuali appigli con i quali eventualmente ricattarmi in futuro: gli angoli più oscuri della
mia infanzia, della mia gioventù, semplicemente di tutta la mia vita furono perlustrati con
accuratezza e precisione.

Tentai di vendere una parte dei miei mobili al mercatino per battere cassa e liberarmi di un po' di
zavorra.
Parcheggiando rimediai subito la prima di una lunga serie di multe per sosta vietata del mio soggiorno a
Berlino.
Per quanto sia in grado di giudicare soggettivamente si trattava in questo caso di una multa affibbiatami
giustamente per una mia sbadataggine, cosa che non si potrà affermare di altre multe che riceverò in
seguito.

E venne di nuovo il weekend, esattamente una settimana dopo la puntata ad Hannover.


Frank aveva già annunciato con un tono di voce molto promettente che quel sabato sera ci sarebbe
stato un “party nel giardino”.
Siccome nella Blücherstr. 56 un giardino non c'è, le mie fantasie su quel che potesse essere questo
“giardino”, nelle settimane precedenti, erano diventate sempre più avventurose e megalomani.
Alla fine il giardino si dovette rivelare uno “Schrebergarten”, quindi un piccolo terreno in affitto in un altro
quartiere di Berlino, dove quella sera finimmo di fronte ad una grigliata.
Frank ci fornì durante la serata una dimostrazione delle sue doti di mangia fuoco.
A tavola anche una novità bionda discretamente guardabile ed altre persone mai viste prima, in parte
“ballerini” come me, quindi, per l'appunto: di nuovo il rispecchiamento.
Tra le altre cose si parla di politica.
La “studentessa” è dell'opinione che le persone non siano abbastanza mature per una democrazia.
Questo, secondo lei, lo si vede per come viene gestito ad esempio il tema delle centrali nucleari e cose
simili.
Ci si ricordi qui, che si sapeva che provenivo da un ambiente verde, anche se, a causa delle mie stesse
esperienze con le aziende che lavorano nel settore dell'energia, ho sempre sostenuto idee perlomeno
singolari per gli ambientalisti.
Per imprimere una maggiore capacità persuasiva alle sue tesi, poco dopo aver proferito questa frase, la
studentessa abbassò la sua testa fino a baciare con le labbra il collo della bottiglia, continuando
ininterrottamente a guardarmi, come se la bottiglia fosse il mio fallo e lei si stesse per prodigare in una
performance di amore orale.
Ignoro l'avance sessuale e rispondo quindi che, nel campo della politica energetica, le decisioni non
vengono mai prese secondo criteri razionali ma sempre a seconda della forza corruttrice delle aziende
che fanno parte delle singole branche del settore. Ovvero: chi vende filtri per le centrali a carbone sarà
naturalmente contro l'energia nucleare anche se dovesse risultare che in realtà i filtri per il carbone
fossero la roba più pericolosa di questo mondo (la stessa morale, quando si parla di lobby, la si
riscontra sicuramente fra i petrolieri e così in gran parte anche nell'industria automobilistica).
Per questo motivo ed anche in generale, consideravo quindi la sua opinione sulla democrazia piuttosto
ingenua.
Gitta critica aspramente la biondina per il tipo di argomentazione da lei fornito (e non in merito alla
tesi da dimostrare): la rimprovera di aver trattato il tema al livello di una studentessa universitaria.
Il tentativo della donna è fallito ed accade qualcosa che spiega in maniera esemplare quale sia la
situazione reale: la “studentessa” non riesce a trattenere le lacrime.

Piange, quindi, perché non è stata in grado di convincermi che una dittatura è la salvezza
dell'umanità.

Non so quale storia la donna abbia avuto dietro le spalle e neanche che cosa si ripromettesse dal
riuscire nel suo lavoro di persuasione; quello che però le lacrime testimoniavano inequivocabilmente era
quanto fosse serio il tentativo.
Le lacrime negli occhi di questa ragazza, questa onesta disperazione per non essere riuscita ad
entusiasmare qualcuno per il male, a fronte delle conseguenze che questo fallimento avrebbe avuto poi
per lei è un segnale che dovrebbe far riflettere tutti gli esseri umani che si ritengono ancora tali.
Verso mezzanotte Antje ed io lasciammo la congrega.

Furono forniti anche segnali apparentemente contrastanti l'impressione ricavata da quella serata allo
Schrebergarten, segnali che però non erano credibili.
Avevo detto ad Antje (pur pensando in maniera diametralmente opposta, cosa che la setta naturalmente
sapeva benissimo a causa dello screening del flusso di pensieri) che avevo deciso di “collaborare”,
quando avevo compreso il ruolo di Ottmar.
In quel momento Antje si stupì con una ipocrisia ed una falsità solo difficilmente comunicabili a parole:
“Collaborare?!?”
Come si dice Frank? Quando succede una cosa del genere, tutti i party sono buoni...
Antje raccontò che era stato fatto un esperimento in una scuola (Antje lavorava anche in una scuola,
quando non accudiva privatamente il suo bambino), entusiasmando i fanciulli per un certo tipo di
comportamento fascistoide; alla fine fu mostrato loro il loro vero capo, il Führer, Adolf Hitler.
Si presti attenzione per favore qui anche al fatto che Antje non aggiunge assolutamente che sia stato
solo un esperimento, anche se sembra sottinteso: alla fine viene mostrato il loro capo, Adolf Hitler.
Ma il Führer, poi, i bambini in questo caso se lo tengono.
Come diceva Tom? Dopo sei mesi il tizio venne a sapere che “H” significava eroina.
Beh, troppo tardi glie l'aveva già detto.

Mi recai un paio di volte a Kassel per andare a prendere qualche vestito.


La prima volta Ottmar a casa non c'era, in compenso incontrai Anja.
Mi chiese come ero arrivato a sospettare che dietro a tutto ci fosse Scientology.
Le raccontai della conversazione con Christian nella notte dei funghi falsi (la sua domanda se non
formavo “una specie di setta” con i miei amici), del nome Nicole Kidman, quello che mi scordai di
menzionare fu il nome di Scientology sulla bocca di “Erich Leimlehner” mentre ammiravo la sua
collezione di dischi.
Anja mi spiegò indirettamente che il motivo della mia esecuzione pubblica al Bell era stato il fatto che
nella notte del party di Noom non ero andato dalla mia Hash Ultra al bancone.
Questo non giustificò né legalmente né moralmente il suo comportamento, ma non glie ne importò
nulla.
Mi chiese il motivo per il quale non ero andato lì.
Le risposi come avevo cominciato con David Schmid: “La gente...”
Le mi interruppe e ripeté questo “la gente” come se me lo rimproverasse, come se il motivo fosse in
verità un altro.
Anche “Tom” aveva detto che la trappola mi fu tesa perché glie lo avevo “spiegato male”.
È vero, ma nel momento in cui lo dissi a David non me ne importava, perché l'obiettivo era quello di
parlarle a quattrocchi ed accantonai per questo la polemica con lei, dopo tutto era stata lei che aveva
cominciato a mandarmi gente.
Ma quando il due di gennaio, esattamente per lo stesso motivo (quindi per riuscire a parlare con
lei) mentii di nuovo raccontando ad Hassan che volevo continuare a produrre droghe, la mia
versione ufficiale (e non quello che pensavo) fu buona abbastanza per giustiziarmi, o sbaglio?
E ancora: anche se per questo motivo fui licenziato dall'azienda, continuai lo stesso a sostenere per
lunghissimo tempo, in effetti fin quando non misi per iscritto la biografia, che ero andato da Hassan con
l'intenzione di continuare a produrre droghe e questa era stata ancora nel 2001, secondo Thomas D., la
“superbia”.
Quindi continuai a mentire, anche se era per me estremamente sconveniente, perché volevo
rimanere coerente con quello che avevo detto (e perlomeno per circa nove mesi non dovetti sapere
che potevo dimostrare il contrario), ma stavolta la coerenza nella bugia tornò comoda alla setta,
perché con questa mi si poteva giustiziare.

Avevo raccontato a Murat che mi ero sempre chiesto da dove venisse tutta questa isteria nei confronti
dei delfini nella scena techno. Anja mi raccontò al tavolo della colazione, quella stessa mattina, che i
delfini avevano un feeling particolare con i bambini handicappati e che giocavano molto volentieri con
loro, questo glie lo avrebbe raccontato Nicole.
Di quale Nicole si parla qui? Di una conoscente delle zone limitrofe di Kassel, suppongo?!?
Che Anja Brost, da sempre vicina di casa di Ottmar, avesse conosciuto Nicole Kidman prima che il
nome dell'attrice fosse stato tirato fuori dal mio subconscio, con la visione d'insieme che possiedo oggi,
sarebbe tuttavia una coincidenza veramente fenomenale, perché Ottmar era stato colui che mi aveva
portato dall'ipnotista.
Molto più probabile, invece, è che l'attrice sia stata messa al corrente sul mio conto direttamente dagli
organizzatori dopo l'interrogazione del mio subconscio.
Anja asserisce che qualsiasi cosa dovesse ora accadere, lei non aveva nulla di personale contro di me.
Ci si ricordi che l'ultima volta che una frase del genere era stata pronunciata, proveniva da “Murat” poco
prima che venissi cacciato dal Bell.
Dopo il ritorno, nell'appartamento di Antje, dovetti constatare che la linguetta di una delle due scarpe si
era staccata, la domanda era solo dove e quando!
Le scarpe erano quasi nuove e, nonostante il prezzo, di evidente buona fattura.
Una telefonata chiarì la permanenza: a quanto pare la linguetta si era staccata nella mia stanza di
Kassel.
Forse si trattava di un contrattempo, perché non era previsto che me ne andassi di nuovo così
velocemente da non potermi ricucire il pezzo al suo posto. Non capite che cosa intendo dire? Ci
arriveremo...

Cercavo anche un appartamento, perlomeno una stanza solo per me, spendendo il meno possibile.
Primavera e Viola ci invitarono ad un sopralluogo di una enorme stanza dalle alte pareti (se ne
sarebbero potuti ricavare senza problemi due piani) per soli 360 marchi nel bel mezzo di Berlino o,
come spiegarono loro ancora meglio, “tra VOX ed N-TV”, quindi tra due stazioni televisive di proprietà
del gruppo Bertelsmann.
Dell'arredamento faceva parte un gay di colore, che alla fine del sopralluogo, dopo che ebbi espresso
interesse per la stanza e stavo ormai per andarmene, si rivelò sibillinamente come “il protettore degli
uomini”, cosa che fece affiorare pensieri paranoici.

Anche se dapprima era stato giusto andare a letto con Antje, meditavo su molte cose.
Ad esempio sul fatto che mi sentivo lo stesso come una prostituta ed il fatto che ora fossi venuto a
Berlino affidandomi alla buona sorte non migliorava certo la mia situazione psichica.
Già mi vedevo mentalmente su di un palco a rimproverare a me stesso di essere una puttana.
Riflettevo anche su Nicole Kidman, che identificavo più o meno coll'establishment.
La maggior parte delle volte finivo per recitare internamente quello che ormai era diventato un mantra:
“la odio la odio la odio”.

Inoltre mi imbattei in un paio di videoteche d'essai e questo mise in moto pensieri sulla mia scelta del
video da Anja.
Perché c'è un vecchio film americano che mi ricorda particolarmente le mie esperienze, uno però, che
di solito non si trova in una videoteca.
Si chiama “Piccoli Omicidi”, del 1971, la regia è di Alan Arkin con Elliot Gould nel ruolo del protagonista
maschile.
È la perversione di una commedia di Doris Day, una specie di “Natural Born Killers” visto dalla bocca di
un fucile invece che dal mirino. Elliott Gould recita la parte di un fotografo apatico, scapolo e avaro di
parole; forse nella sua apatia non è felice e si comporta anche in maniera incomprensibile per gli altri,
ma è soddisfatto di sé ed in pace col mondo.
Un giorno, mentre si lascia picchiare da alcuni giocatori di pallacanestro di colore (per potersi
immaginare di fotografarsi in tale scena) lo scopre Patsy, una donna molto energica, vitale e piena di
gioia di vivere, che ha osservato la lite per caso dal suo appartamento. Accorre in aiuto e se ne occupa.
Lui è molto difficile all'inizio ma lei, che sprizza vivacità ed ottimismo da tutti i pori, riesce molto
lentamente, scocciandolo in continuazione, a strapparlo alla sua apatia ed a conquistarlo.
Lo punzecchia costantemente perché qualcosa si muova nella sua vita, gli presenta la sua famiglia,
infine si pianifica assieme il matrimonio. Lui non vuole sposarsi in chiesa, la famiglia di lei invece è
molto bigotta, alla fine si sposano di fronte ad un prete hippie ed il tutto sembra avviarsi ad un lieto fine
dopo che lui è andato dai suoi genitori sotto consiglio di lei per imparare a provare finalmente emozioni.
Il film dura fino a questo momento forse un'ora.
Poi arriva l'inattesa mazzata. Lui le ha appena confessato di adorarla.
Lei pensa di aver finalmente compiuto l'opera e di aver dato un senso alla vita di entrambi.
Avevo la scena in mente in questa maniera: lei gli chiede “Sei felice?”, lui risponde di sì. Si
abbracciano.
È notte e la telecamera inquadra la finestra dell'appartamento da alcuni metri di distanza, con la coppia
visibile nel mezzo della stanza, lei volta le spalle alla finestra, lui le sta di fronte seduto.
Mentre la coppia è ancora abbracciata, parte un colpo da un fucile appena comparso nell'inquadratura.
La finestra si rompe per lo sparo, lei viene colpita al centro della schiena e muore sul colpo.
Lui non può fare altro che liberarsi dall'abbraccio e separarsi dal suo corpo senza vita.

Il dialogo della scena in verità è diverso, ma la sostanza resta: da un momento all'altro, per lui, tutto
quanto quello che, praticamente senza il suo intervento ma alla fine con il suo assenso, era diventato il
centro della sua esistenza e la sua forza motrice, scompare irrevocabilmente. Semplicemente non
esiste più.
Sfortuna. Destino.
Quando vidi questo film per la prima volta, all'inizio degli anni 90 in tv, mi chiesi realmente che senso
avesse un lungometraggio del genere e non riuscii a darmi una risposta.
Dall'11.11.1995, questo film fa parte della mia vita più dei miei primi dischi dei Front 242, del mio primo
party al Bell, della mia prima volta a letto, del mio primo computer, della mia prima esperienza con
l'LSD, più di ogni altra cosa.
Credetti per più di un quinquennio che fosse il film della mia vita.

Paragono la storia fino alla scena topica con il periodo di tempo che va dall'after di Sven Väth fino all'11
di novembre.
Erano stati loro a strapparmi dalla mia forse felice apatia eteroemozionale e avevano fatto di tutto per
farmi cadere in trappola, continuando ad alludere a questa donna nonostante cercassi di reprimere il
ricordo dell'incontro fino a quando fui finalmente portato a pensare di aver trovato sul serio qualcuno
che mi fosse vicino, anche se non speravo in una relazione - questo non era l'importante.
E poi l'11 di novembre: lo sparo, la trappola, la presa di coscienza che il tutto non era altro che un
gigantesco complotto per distruggermi moralmente e psichicamente.
Il giorno dopo, la domenica, a casa mia, l'abbino al vuoto interiore di Elliot Gould quando, subito dopo lo
sparo, vaga nella metropolitana ancora insanguinato e sotto shock, muto, sebbene alcuni degli altri
viaggiatori del metrò lo osservino per come è conciato.
Secondo la polizia, l'assassino è un serial killer psicopatico.
Non viene arrestato, non si viene neanche a sapere di chi si tratti.
Ma l'arresto del colpevole gli ridarebbe sua moglie?
Durante la scena nella metropolitana, al più tardi, allo spettatore diventa chiaro che la storia non può più
avere un lieto fine. Non è semplicemente più possibile, non si può, qualsiasi cosa accada ancora - ed il
film continua ancora perlomeno per mezz'ora.

Sull'album “Reflektor Falke – Lektionen In Demut” (Lezioni di umiltà) dell'artista Thomas D. dei
Fantastischen Vier, che racconta la mia storia senza naturalmente fare alcun nome, l'ultimo brano si
chiama “Bist Du Glücklich?”, ovvero “Sei Felice?” Nel sottofondo si ascolta una voce che ripete questa
frase. È LA MIA VOCE.
Cercai infatti invano “Piccoli Omicidi” nelle videoteche perché volevo farlo vedere agli altri membri della
comune.
Volevo semplicemente sapere se fossero stati in grado di capire in questo film, quello che volevo loro
comunicare.
La setta, che altrimenti si è preoccupata di fornirmi ogni tipo di materiale audio e video quando lo scopo
era quello di indottrinarmi o di affibbiarmi qualche etichetta, in questo caso ha sempre accuratamente
evitato di farmi entrare in possesso di una copia del video.
All'epoca, nei miei pensieri, ripetevo spesso la scena chiave di “Piccoli Omicidi” durante il giorno, così
come l'avevo a mente ed in quella pensavo che Patsy avesse appunto domandato “Bist Du Glücklich?”
(“sei felice?”) prima di essere uccisa. Non ho mai ripetuto coscientemente questa frase prima dell'uscita
di Reflektor Falke, doveva rimanere un segreto.

Questa frase, da me ripetuta sul disco di Thomas D., che non ho mai conosciuto di persona, fu per
lungo tempo l'unica ma inconfutabile prova che fui ipnotizzato e che mi venne impiantata un'ancora con
la quale potevo essere messo in trance in qualsiasi momento, questo ancoraggio ed i relativi trigger, tra
l'altro, li ho ancora oggi, al momento della stesura del testo finale. Infatti i miei pensieri furono scrutati
ad intervalli regolari di tempo in trance, per ritorcermeli per quanto possibile contro.

Cominciai a tradurre racconti da “Il Bar Sotto Il Mare” di Stefano Benni in tedesco, perché ve ne erano
un paio che si prestavano a descrivere la situazione che vivevo.
Quale nota particolare dovette avere questo lavoro di traduzione lo si può già anticipare qui con le
parole di Ottmar: “ti stupirai di quante persone ci sono dentro delle quali non lo avresti mai pensato”.
Una storiella del libro sopracitato descrive la corruzione morale di una famiglia dell'alta società – pensai
di essere capitato anch'io in un tale ambiente. Il mio conciso e pregnante giudizio sulle persone che mi
stavano attorno: “Cocainomani” (anche questo mai esternato ma solo pensato).
La denominazione “cocainomane” venne utilizzata negli anni a seguire da altre persone (ad esempio da
Costal Paschotta) per stabilire empatia e screditare possibili nemici.
In una storia del libro soprannominato credetti di aver riscoperto il mio sentimento d'amore, solo che
non volevo tradurre questa storiella, avevo infatti deciso di non raccontare più a nessuno dei miei
sentimenti, tanto meno di uno d'amore.
La fantasia volò alta: poteva, questa donna, della quale mi ero innamorato così subitamente, essere un
alieno, come se fosse uscita veramente da “Essi Vivono”?
Tutto fu protocollato meticolosamente durante la notte.

Antje mi chiese spesso se l'amassi, allorché ricevette sempre scientemente un “no” come risposta, le
dissi che la parola “amore” era un parolone che si usa solo molto raramente.
Lei però cercava in continuazione di tirarmi fuori un sì.
La mia ragazza mi fece venire qualche sospetto che la mia vita fosse stata setacciata di notte a mia
insaputa.
Come il Lettore può leggere nel primo capitolo, il motivo che avevo addotto per il mio nome di battesimo
da hacker era una storiella inventata della mia gioventù che ruotava attorno al mio gatto, della quale
non avevo mai confessato a nessuno che fosse appunto una bugia.
Un giorno cominciai a raccontarla ad Antje, perché toccammo il tema per caso.
Bene, dalla sua espressione del volto irato si poteva leggere che sapeva esattamente che si trattava di
una frottola – mi fermai prima di concludere il racconto. Sapeva che stavo mentendo e l'unica
spiegazione logica era che mi fosse stato chiesto di proposito in trance quando in vita mia avevo mai
mentito.
Questi timori furono alimentati ancora con intenzionalità in seguito.
Antje, che di notte giaceva accanto a me, la mattina si svegliava sempre prima.
Quando poi si recava ufficialmente a scuola, spesso mi assaliva una stanchezza come se di notte
avessi dormito diverse ore in meno. Il più delle volte dormivo poi tutta la mattina per riposarmi sul serio.
Anche di notte succedevano cose strane. Mi svegliai un paio di volte senza un motivo ben preciso e
dopo circa venti secondi Antje cominciava a russare, prima a basso volume e poi sempre più
sonoramente.
Ripeté questo giochetto una o due volte fin quando mi vedevo costretto, a causa del vistoso e poco
plausibile volume del suo russare, a chiamarla a bassa voce, allorché apriva immediatamente gli occhi,
con una prontezza di riflessi che indicava che non stava affatto dormendo.
Di giorno Antje non la vedevo, tornava a sua detta solo la sera “da scuola”.
Quello che oggi suppongo è che durante il giorno Antje andasse anche a dormire da qualche parte per
riposarsi dal lavoro notturno effettuato (letteralmente) alle mie spalle.
Raccontò che nella sua vita vi era stata una svolta quando per sei mesi era stata in Florida.
Lì c'è il quartier generale di Scientology e mi chiesi se fosse stata più o meno vittima di quello che mi
stava accadendo.
Più restammo “assieme”, più mi accorsi però che non serbava realmente alcun sentimento per me,
nonostante i miei tentativi, cosa che a sua volta mi fece molto arrabbiare.
In compenso mi portò incontro a sempre nuove situazioni problematiche.

Ad esempio ad una visita allo Yorck, un cinema del quartiere: fu un avvenimento che si presta anche
come nessun altro a comprendere come la setta torturi le sue persone con il terrore psicologico.
Il film che andiamo a vedere è “Trainspotting”, la storia di un gruppo di tossicomani britannici, nel quale
il protagonista principale alla fine si converte ad una vita piccolo borghese.
La musica, tra gli altri, é di Iggy Pop, ci si ricordi di Murat che aveva presentato Iggy Pop e gli Stooges
come un esemplare successo di carriera di tossicomani nel campo dell'industria musicale.
Prima del film: pubblicità per la Foster, birra australiana, così come Antje sottolineò durante lo spot.
Dietro di noi, durante tutta la proiezione, due tizi che commentarono tutto il film in italiano.
Ci si ricordi qui del presunto coinvolgimento degli Agnelli.
Quello che mi si vuole suggerire è che nel cinema sia presente Nicole Kidman in carne ed ossa.
All'entrata nella sala di proiezione, ancora prima dello spettacolo principale, si è seduta una rossa un
paio di file più avanti a noi, della quale avevo potuto scorgere il volto mentre si sedeva (e questo
stavolta di proposito, perché l'episodio all'Anfall era stato naturalmente analizzato fin nei minimi
particolari durante una notte in trance) e constatare, che non si trattava di Nicole Kidman.
Durante lo spettacolo, quindi più tardi, entra un'altra donna dai capelli rossi in sala e siccome stanno già
proiettando il film non posso naturalmente vedere il suo volto, ma Antje, in quel momento, prende la mia
mano e comincia a premere ed a massaggiare le mie dita in una maniera che significava non-
verbalmente “adesso devi farti coraggio”.
E stavolta ci casco. Le ultime parole del film sono quelle del convertito, del narratore che decide di
vivere libero dalle droghe: “La verità è che sono cattivo, ma questo cambierà. Io cambierò, è l'ultima
volta che faccio cose come questa. Metto la testa a posto, vado avanti, rigo dritto, scelgo la vita. Già
adesso non vedo l'ora, diventerò esattamente come voi. Il lavoro, la famiglia, il maxi-televisore del
cazzo, la lavatrice, la macchina, il CD e l'apriscatole elettrico, buona salute, colesterolo basso, polizza
vita, mutuo, prima casa, moda casual, valigie, salotto di tre pezzi, fai da te, telequiz, schifezze della
gola, figli, a spasso nel parco, orario di ufficio, bravo a golf, l'auto lavata, tanti maglioni, natale in
famiglia, pensione privata, esenzione fiscale, tirando avanti, lontano dai guai, in attesa del giorno in cui
morirai.”
E così, sulle note di “Born Slippy” degli Underworld (altro gruppo che fa parte della setta, guarda caso),
le luci della sala si accendono di nuovo. Antje ed io usciamo dalla stanza della platea, ma lei si ferma di
proposito nell'atrio, lì dove necessariamente deve passare tutto il pubblico che aveva visto prima il film.
Questo significa: osserva tutto il pubblico che ci passa di fronte ed in un posto, dove sono
praticamente costretto a fare la stessa cosa, che naturalmente non voglio.
Mi giro quindi dall'altra parte verso il muro, facendo finta di leggere l'unico, noiosissimo poster affisso,
quello di una manifestazione di reggae e di nativi americani, facendo così qualcosa che altrimenti
non avrei mai fatto.
Ad ogni Lettore illuminato dovrebbe essere chiaro che quella sera Nicole Kidman NON era allo Yorck,
ma questo non era importante: l'importante era solo trovare una scusa per giustificare la messa in
moto della caratteristica spirale di dipendenza, basata sulla punizione nel caso di
comportamento non conforme alla setta.
Ma non solo, perché voltando le spalle a quel destino, implicitamente, per loro, sceglievo l'alternativa,
quella dell'inizio di Trainspotting, con sottofondo di musica punk: “Scegliete la vita, scegliete un lavoro,
scegliete una carriera, scegliete una famiglia, scegliete un maxi-televisore del cazzo, scegliete lavatrici,
macchine, lettori CD ed apriscatole elettrici [...] alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in un
ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi.
Scegliete un futuro, scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così. Io ho scelto di non scegliere
la vita. Ho scelto qualcos'altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha
l'eroina?”
E l'eroina è di nuovo l'H, quella della quale Tom aveva avvisato il tizio che rendeva dipendente.
Quando arriviamo a casa, Hukky rispecchia l'avvenimento che era stato costruito artificialmente: “È
possibile che la serata allo Yorck sia stato piuttosto breve?” No, il film l'abbiamo visto tutto, caro Hukky.
Le conseguenze della serata le riassumerà brevemente “Primavera”, che telefonerà alla Blücherstraße
circa mezz'ora dopo. Dopo aver parlato brevemente ad Antje, mi comunicò al telefono che la stanza tra
Vox ed N-TV per 360 marchi, purtroppo, era già stata affittata, ma se volevo, si era liberato un
appartamento di 17 metri quadrati, per 540 marchi più le utenze, sul locale punk più conosciuto della
città.
Sia qui chiarita al Lettore sia la vera morale che l'energia criminale della setta: il fondo non esiste e
nemmeno una via di uscita, perché si lavora contro di Voi ventiquattr'ore al giorno, e SOLO
CONTRO di Voi.
Si tenga a mente anche che l'affitto che mi è stato proposto è stato utilizzato per mostrarmi che ero un
“punk”, quindi qualcuno che si oppone alla volontà ufficiale della setta. La morale, quindi, qui è: “Se non
righi dritto perdi soldi”.

Cominciai a cercare un ipnotista per fare chiarezza nel mio passato.


Una delle scene più ricorrenti nei miei ricordi di quel periodo era l'alzarsi di Axel dal divano in simil-pelle
rosso (che tra l'altro avevo portato a Berlino), quel “ti posso presentare...” e poi il salto nella memoria, il
risvegliarmi nella posizione post-ipnotica di riposo.
I pensieri cominciavano ad essere inquietanti: e se ci fosse stata veramente in gioco l'ipnosi?
Poteva essere vero che si sapesse che avevo veramente amato la Hash Ultra e che fossi stato lo
stesso accusato, in seguito, di avere solo simulato amore per procurarmi un vantaggio finanziario?
Che mi dovessi sentire così da cane nonostante si sapesse come stavano le cose?
Che mi si fosse stata cancellata di proposito l'immagine della donna dalla mia memoria pur sapendo
che l'amavo?
La perversione ancora più grande, che il sentimento d'amore fosse stato esso stesso imposto, la mia
fantasia di allora non la poteva ancora intuire, anche perché all'epoca non tornai ancora coi pensieri a
quello che avevo vissuto al chillout della Kulturbrauerei, ovvero credevo che NEL CASO allora il divano
rosso avesse contrassegnato la prima induzione.
Ma già questa parte della perversione sarebbe bastata per incrementare fino all'inverosimile la mia
rabbia.
Che cosa avrei dovuto fare? Perché non pubblicare? Spedire il tutto allo Spiegel, ad esempio.
Il settimanale Der Spiegel poteva essere interessato ad una tale storia, anche se era successo
qualcosa che aveva sbiadito l'immagine dell'incorruttibile rivista di politica.
La babysitter del figlio di Gitta e di Hukky sembrava uguale alla moglie di Rudi Dutschke così come era
stata pubblicata in una foto dello Spiegel di una o due settimane prima. Anch'essa una allucinazione
postipnotica? È possibile.

Antje proclamò che era giunta l'ora di constatare che guardando la mia Hash Ultra non avrei più provato
amore per lei.
All'epoca non capivo che cosa intendesse dire, ad ogni modo non avevo intenzione in quel momento di
rivedere quella donna, soprattutto in pubblico, faccia a faccia.
Una domenica sera mi conduce allo Yaam, quindi quel locale reggae a cielo aperto, affermando di voler
incontrare lì delle persone, tra gli altri un nordafricano che le aveva promesso di rimediarle delle foglie di
Khat.
L'evento in programmazione allo Yaam sembra molto importante, qualcosa di esoterico, il locale è
strapieno di gente anche se su entrambi i piani suonano musica scadente.
All'aperto suona un DJ di reggae in giornata nera, mentre nella sala più piccola, al chiuso, viene
suonato del raggamuffin dall'encefalogramma assolutamente piatto.
Le bancarelle all'aperto vendono pietre e cristalli ed il tutto viene sponsorizzato dalla WEST, lo
dimostrano le pubblicità sugli ombrelloni che in altre occasioni, allo Yaam, non c'erano.
Per più di un'ora e mezzo Antje sostò di fronte al palco reggae all'aperto, apparentemente senza una
ragione, a parte il fatto che non ci si poteva poggiare da nessuna parte perché abbastanza gente aveva
occupato il podio in maniera tale da non lasciare alcun posto libero a sedere.
Di fronte a noi, unico usufruente di un paraluna West (parasole non lo si può chiamare, visto che era più
o meno mezzanotte) un mister muscoli rapato a zero e tatuato, del tipo bodyguard da VIP, che
guardava (sempre me) in modo estremamente minaccioso. Ad un certo punto gli si accosta una
biondina piuttosto insignificante che mi guarda divertita, probabilmente Natascha, anche se in quel
momento non ne sono cosciente. Questa scena dura circa 20 minuti.
Dopodiché rimaniamo ancora non più di un'ora prima di tornare definitivamente a casa.
Una volta arrivati, mentre sfoglio il giornale al tavolo da pranzo alla ricerca di un nuovo lavoro, mi balza
all'occhio l'inserzione di una azienda di tabacco che cerca nuovi collaboratori.
Per la pubblicità della West dello spettacolo che avevamo appena visitato nonché per la continua
richiesta di sigarette dei mesi precedenti, lo riferisco ad Antje, che come risposta mi massaggia il collo,
come se avesse capito la battuta.
Ma la vera battuta arriva il giorno dopo, quando vado all'ufficio di collocamento per iscrivermi.
Quando infatti ho terminato di farlo, un giovane “dal cuore d'oro” mi offre spontaneamente una copia
dello Spiegel appena uscito (era un lunedì!), il quale per una singolare, enorme “coincidenza”
annunciava sulla copertina un reportage su Scientology. Nello Spiegel: una foto di Nicole Kidman e Tom
Cruise.
Mi viene un colpo: questa insignificante biondina che avevo visto nello Yaam la sera prima è
ritratta nello Spiegel accanto a Tom Cruise. Osservo attentamente la foto e constato che più o meno
all'altezza delle braccia percepisco una differenza qualitativa dei colori (allucinazione post-ipnotica?).
Dapprima penso che sia uno Spiegel ritoccato appositamente per me.
Questo lo riferisco anche a Gitta: “Oggi ho visto un esemplare un