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I libri di Luciano De Crescenzo

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Dello stesso autore

nella collezione I libri di Luciano De Crescenzo


Così parlò Bellavista
Raffaele
Zio Cardellino
Oi Dialogoi
Storia della filosofia greca - I
Storia della filosofia greca - II
Vita di Luciano De Crescenzo scritta da lui medesimo
Elena, Elena, amore mio
I miti dell’amore
I miti degli eroi
I miti della guerra di Troia
Usciti in fantasia
Panta rei
Ordine e disordine
Nessuno
Il tempo e la felicità
Le donne sono diverse
La distrazione
Tale e quale
Storia della filosofia medioevale
Storia della filosofia moderna - Da Cusano a Galilei
Storia della filosofia moderna - Da Cartesio a Kant
I pensieri di Bellavista
Il pressappoco
Il caffè sospeso
Socrate e compagnia bella
Ulisse era un fico
Tutti santi me compreso
Fosse ’a Madonna

nella collezione Passepartout


Il dubbio
Socrate
Sembra ieri

nella collezione Illustrati


La Napoli di Bellavista

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Luciano De Crescenzo

Garibaldi
era comunista
E altre cose che non sapevate dei grandi della Storia

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Garibaldi era comunista
di Luciano De Crescenzo
I libri di Luciano De Crescenzo

ISBN 978-88-04-62978-8

© 2013 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano


Published by arrangement with DELIA AGENZIA LETTERARIA
I edizione maggio 2013

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Indice

9 Prefazione

15 Adamo ed Eva
22 Due chiacchiere con Adamo
27 La Torre di Babele
35 Due chiacchiere con la Torre di Babele

39 Romolo
47 Due chiacchiere con Romolo
51 Nerone
58 Due chiacchiere con Nerone
63 Adriano
71 Due chiacchiere con Adriano
76 Lorenzo il Magnifico
83 Due chiacchiere con Lorenzo il Magnifico

87 Masaniello
98 Due chiacchiere con Masaniello

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104 Napoleone
112 Due chiacchiere con Napoleone
116 Camillo Benso, conte di Cavour
125 Due chiacchiere con Cavour

130 Giuseppe Garibaldi


141 Due chiacchiere con Garibaldi

146 Benito Mussolini


157 Due chiacchiere con Mussolini

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Garibaldi era comunista

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Prefazione

Era notte, una delle poche in cui riuscivo a prendere son-


no. Improvvisamente ho sentito qualcuno che mi chiama-
va: «Lucia’... svegliati».
«Ma chi è?» ho chiesto. Ed è stato così che mi sono accor-
to che davanti a me c’era uno strano individuo tutto vesti-
to di bianco che mi guardava storto.
«Eccolo qua» mi sono detto «questo è l’Arcangelo Ga-
briele che mi è venuto a prendere.»
«Ma quale Arcangelo Gabriele, sono Tacito.»
«Tacito?» gli ho detto, «cioè lo storico latino Publio Cor-
nelio Tacito?»
«Sì, proprio io.»
«Scusa se te lo chiedo, ci conosciamo?»
«Non ancora, ma ho bisogno di parlarti.»
«Tacito, mi dici solo chi ti ha dato le chiavi per entrare?»
«De Cresce’, io sono il grande Tacito, sono nato e morto
duemila anni fa e mi presento in piena notte nella tua stan-
za da letto. In tutto questo, qual è la prima domanda che
mi fai: chi ti ha dato le chiavi?»
Eh sì, ammetto che aveva ragione, dovevo fargli altre
domande, domande migliori. E comunque, la storia delle
chiavi poi non si è più chiarita.
«Che vuoi da me?» gli ho chiesto.
«Ho saputo che stai scrivendo un libro di storia.»
«E allora? Sono cose tra me e la Mondadori. Tu non
c’entri.»

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«Che è ’sta Mondadori?»


«Non puoi capire. Poi è tardi per fermarmi, già mi han-
no versato un anticipo.»
«Non capirò, ma sono pur sempre il più grande sto-
rico di tutti i tempi, non te lo dimenticare. Mi devi delle
spiegazioni.»
«A te? E perché?»
«Perché fino a quando ti sei occupato di filosofia, a me
non davi fastidio, anche se ho sentito in giro che qualcuno
si lamentava. Però se ora passi alla storia, abbi pazienza, io
devo guardare i fatti miei.»
«Io passo alla storia?»
«Lucia’, intendevo dire “se scrivi di storia”.»
«Tacito mio, ma che ti devo spiegare?»
«Perché proprio la storia, voglio sapere perché.»
Insomma, Tacito non se n’è andato fino a quando non gli
ho spiegato tutto. Gli ho dovuto dire che a un certo pun-
to scrivere un libro sulla storia è stato un bisogno al quale
non potevo più sottrarmi, gli ho spiegato che mi era sem-
pre piaciuto viaggiare nel tempo...
Sissignore, gli ho detto proprio così, viaggiare nel tem-
po, cioè conoscere persone del passato come, per esempio,
Adriano, Lorenzo il Magnifico, Garibaldi.»

Ebbene, mi dovete credere, nella storia ci sono stati degli


uomini e a volte delle donne alle quali ho sempre voluto
bene. Un giorno però ho scoperto che sognare è quasi sem-
pre più bello che vivere. E così dicendo mi riferisco a tutti
i miei desideri insoddisfatti e in particolare alle donne che
non mi hanno mai dato quel pochino che, invece, avrei vo-
luto. A me, infatti, fin da piccolo, era sempre piaciuto viag-
giare e chissà cosa avrei dato per vedere un po’ più da vi-
cino... che so io? Parigi... New York... se non addirittura
l’Africa. Purtroppo ero povero e il massimo che mi pote-
vo permettere era un’andata e ritorno a Capri col vaporet-
to. In questo caso, però, mi leggevo anche un buon libro,
in modo da poter vedere il mondo con gli occhi di un’altra

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Prefazione 11

persona e, chissà, magari per aver letto tanti libri scritti da


altri, ho fatto anch’io lo scrittore.
A occhio, direi che se n’è andato convinto. Ma mi ha det-
to che altri storici, tra cui soprattutto Hieronymus Wolf, era-
no abbastanza seccati per questa faccenda.
«Io lo so quello lì com’è fatto» aggiunse Tacito mentre se ne
andava «stai sicuro che prima o poi si fa vivo, buonanotte.»
«Aspetta un momento» gli ho detto «non gli puoi dire
che ho già spiegato tutto a te?»
«Sì, ma sarebbe inutile. Siamo di epoche del tutto diverse,
e quindi non ci capiremmo. Tu piuttosto, torna a dormire.»
Ora io, però, nelle due notti successive ero piuttosto in-
quieto. Avevo paura che potesse venire Hieronymus. In-
vece non è successo. Poi, però, grazie a dio, sono riuscito
a dormire, ma non per molto. La sua voce mi ha svegliato.
«Mi aspettavi?»
«Sapevo che dovevi venire, ma veramente mi aspettavo
che ti saresti fatto vedere ieri.»
«Sì, lo so, ma non ho potuto. Ho avuto degli impegni. Tu
però non tremare. A proposito, ma ti faccio paura?»
«Proprio paura no. Però già il tuo nome mi mette un po’
di soggezione.»
«Non dipende da me. E comunque non perdiamoci in
chiacchiere, veniamo a noi.»
«Va bene, veniamo a noi. Ma non so che ti devo dire, ho
già spiegato tutto a Tacito.»
«Lo so, me l’ha detto.»
«Pure tu mi vuoi interrogare sulla storia? Sembrate la
professoressa De Martino, che avevo in seconda B. Che dio
l’abbia in gloria, interrogava sempre, tutti i santi giorni!»
«No, io non ti voglio interrogare.»
«E allora che sei venuto a fare?»
«Io non interrogo, De Crescenzo, io spiego. Sono venu-
to a parlarti del modo in cui va affrontata la storia, sempre
che tu voglia scrivere un libro come si deve.»
Che gli potevo rispondere? L’ho ringraziato del pen-
siero, mi sono seduto sul letto e mi sono messo ad ascol-
tarlo. In fondo mica era un fesso qualsiasi. Quello era pur

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12 Garibaldi era comunista

sempre Hieronymus Wolf, uno vissuto nel sedicesimo se-


colo che ha analizzato minuziosamente il mondo greco
e latino. Insomma, stiamo parlando di uno degli storici
più rigorosi e autorevoli che ci siano mai stati. Per inci-
so, aggiungo che nemmeno lui mi ha spiegato come ha
fatto con le chiavi.
Ha cominciato dicendo che la storiografia non è uno scher-
zo, che bisogna studiare a lungo, a volte anche per ricavare
un solo dettaglio, un dettaglio che ai profani potrebbe sem-
brare del tutto insignificante. Mi ha detto che lo studio del-
la storia è fatica, è inseguimento e che a volte si è costretti a
rincorrere qualcosa che non si raggiungerà mai. Poi mi ha
spiegato che delle testimonianze bisogna diffidare, perché
quasi sempre i testimoni raccontano un sacco di fesserie:
«I documenti, De Crescenzo, ricorda che solo i documen-
ti sono il materiale con cui si scrive la storia.»
È stato utile, non lo nego. Ma poi ho riflettuto. Io questo
Hieronymus Wolf me lo ricordavo, del resto un nome così
non si dimentica. Mi è tornato in mente che avevo sentito
parlare di lui non solo come di un grande storico, ma an-
che come di un astrologo, e perciò sono andato a controlla-
re. Non mi sbagliavo, si vede che nel Cinquecento era nor-
male essere storici e contemporaneamente pure astrologi,
un fatto che oggi sarebbe impossibile. Sapete che ho scoper-
to? Che Hieronymus Wolf una mattina annunciò che era in
grado di prevedere il giorno della sua morte. E non si fer-
mò a questo. Se ne era convinto al punto che regalò tutte le
sue proprietà ventiquattr’ore prima della morte prevista.
Dopodiché, si mise tranquillo ad aspettare il trapasso. Ma
non successe niente, il giorno passò e Hieronymus era an-
cora nel mondo dei vivi. Dovete sapere che, all’epoca, nes-
suno gli rise dietro, perché l’astrologia era ritenuta una ma-
teria serissima. Lui stesso, con una gran faccia tosta, chiarì
a tutti la questione:
«Ho capito dove ho sbagliato, non avevo calcolato bene
la posizione di Marte.»
A ogni modo, l’errore lo pagò a caro prezzo, perché nessu-
no dei beneficiati gli ha mai più restituito i beni che Hiero-

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Prefazione 13

nymus aveva regalato. Un po’ se l’è meritata, perché se uno


parla di documenti, poi che fa? Legge le stelle e i pianeti
come fossero documenti?
Ho il vantaggio di vivere tra XX e XXI secolo, in un’epo-
ca in cui la storiografia non scherza. E come a suo tempo
avevo fatto per la filosofia, ho cercato quei personaggi che
più di tutti mi avevano incuriosito. Li ho studiati e affron-
tati. Questo è tutto quanto avevo da dire agli storiografi di
professione, perciò loro possono stare tranquilli. E soprat-
tutto, possono lasciarmi dormire la notte

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Adamo ed Eva

Qualcuno adesso certamente dirà: “Scusate, mi spiegate che


ci azzeccano Adamo ed Eva? Mi avete fatto comprare un
libro di storia o un libro di religione?”. Poi può darsi che a
questo qualcuno venga pure un altro dubbio: “Vuoi vede-
re che a De Crescenzo dopo che ha scritto sui santi e sulla
Madonna gli è venuta una crisi mistica?”.
Per l’amor del cielo, mi sento di poter tranquillizzare tut-
ti. Direi che non mi sento vittima di nessuna crisi mistica,
perché “sperante nell’aldilà” ero e “sperante nell’aldilà” ri-
mango. Purtroppo, ormai, sono rassegnato al fatto che al
partito dei credenti, intendo dire i credenti quelli veri, non
ce la faccio in nessuna maniera ad associarmi. Pur renden-
domi conto che Adamo ed Eva in un libro sulla storia sem-
brano fuori luogo, mi sono chiesto: ma senza un personag-
gio come Adamo la nostra storia sarebbe proprio la stessa?
Io non so se è esistito, anzi posso dire che sulla questione
sono molto, molto scettico, però non possiamo negare che
viviamo in un mondo che è andato avanti immaginando
ogni giorno l’esistenza del Paradiso e dell’Inferno. Anzi,
da sant’Agostino in avanti ci abbiamo aggiunto anche il
Purgatorio, una specie di sala d’aspetto dell’altro mondo.
E allora, povero Adamo e povera Eva, ho pensato che non
potevo ignorarli, trattandoli come se fossero soltanto del-
le leggende. In fondo nelle loro brevi esistenze si sono an-
che dati da fare, hanno avuto i loro problemi. Certo, hanno

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fatto degli errori e li hanno anche pagati. Questo bisogna


riconoscerlo.
Pensatela come volete, io un’idea su Adamo ce l’ho da
tempo. Per me, lui ed Eva non erano un uomo e una donna,
più o meno come siamo noi, ma due bestie, anzi due scim-
mie. Magari di animo buono, non dico di no, però comun-
que due scimmie e quindi con la coda, i peli, le unghie, gli
artigli e – chissà – forse anche con l’abitudine di dormire
sugli alberi. Ora, riflettete bene, questa mia teoria non deve
scandalizzare nessuno, al contrario può fare un vero mi-
racolo, può mettere pace dopo secoli di guerre che si sono
scatenate tra cristiani e atei, e poi tra religione e scienza.
Seguitemi. Se Adamo, come io sostengo, era davvero una
scimmia (di quale razza precisamente non ve lo so dire, ma
importa poco) vuol dire che è esistito. E se è esistito, ag-
giungiamo pure che ha vissuto in un luogo primordiale nel
quale mai prima alcun uomo né donna, e nemmeno alcu-
na scimmia, avevano mai messo piede. Insomma, ci basta
ammettere che queste due scimmie di nome Adamo ed Eva
siano stati i primi esseri che sapevano camminare stando in
posizione eretta e che ogni tanto un pensierino intelligen-
te, ma non troppo, riuscivano pure a farlo. In fondo, non è
quello che dicono e vogliono i cristiani? Cioè che il primo
uomo in assoluto è stato Adamo, che la prima donna è sta-
ta Eva e che tutto discende da loro due? Ora, per i credenti
si tratta solo di accettare l’idea che questo Adamo e questa
Eva avessero la schiena e il petto più villosi di come li ab-
biamo immaginati noi. Non mi sembra un dramma.
Adesso andiamo avanti. Se accettiamo che la scimmia
sia progenitore dell’uomo come lo intendiamo oggi, cioè
senza peli e col cellulare in mano, io credo che una teoria
del genere convincerebbe lo stesso Darwin. Per lui l’impor-
tante è la nostra lontana parentela con le scimmie, e credo
che possa soprassedere sul fatto che queste scimmie siano
state in una giungla o in un Paradiso. Dovrebbero fare un
passettino indietro anche i darwinisti e così riusciremmo a
cancellare questo conflitto tra evoluzionisti e creazionisti.
Intendiamoci, io non sto dando ragione agli uni o agli al-

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Adamo ed Eva 17

tri. Abbiate pazienza, io ragiono come un ingegnere e devo


ammettere che ciò mi porta a essere più schierato da una
parte. La mia teoria, però, vuole soprattutto essere utile a
chiudere i secoli di battaglie dottrinarie e la lunga separa-
zione tra scienza e fede.

Quando ho deciso di scrivere questo capitolo su Adamo ed


Eva, subito mi è venuto in mente un film di tanti anni fa,
ne sono passati trentatré per essere precisi. Il film si intitola
Il pap’occhio, e fu diretto dal mio amico Renzo Arbore. Del-
la sceneggiatura ci occupammo io e lui, e a quel testo lavo-
rammo intensamente, ma dovete credermi, scriverlo fu uno
dei momenti più divertenti della mia carriera. Purtroppo,
il film ebbe un destino per noi un po’ amaro, perché dopo
l’intervento di un procuratore della Repubblica (se non ri-
cordo male della procura dell’Aquila) l’opera fu sequestra-
ta e tolta dalle sale per vilipendio alla religione cattolica e al
papa. La vicenda scatenò molte polemiche, alla fine il dis-
sequestro arrivò grazie a un’amnistia introdotta all’incirca
un paio di anni dopo. Meno male che non era stata messa
al rogo come prevedeva il codice medievale.
Il punto di cui voglio parlarvi però non è questo, ma ri-
guarda una delle scene che la commissione censura impo-
se alla produzione di tagliare. La scena ha per protagonista
Roberto Benigni che sale su un pulpito del Vaticano e spiega
alla folla di fedeli cos’è il Peccato Originale. Forse è impor-
tante che prima vi fornisca un piccolo chiarimento sul sog-
getto del film: il papa appena insediatosi, di vedute moder-
ne, decide di impiantare un canale televisivo al Vaticano e
affida l’incarico a Renzo Arbore, in maniera da conquistare
nuovi fedeli. Ma torniamo a Benigni e alla sua spiegazione:
Adamo ogni mattina, quando si svegliava, aveva l’abitudine
di contarsi le costole. Un giorno, però, se ne trovò una in meno.
“Ma dove sarà andata a finire?” si chiese e guardò per terra, nel
caso gli fosse caduta durante la notte, ma non riuscì a trovarla.
Poi, all’improvviso, vide un altro uomo. Anzi, una donna. «Come

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ti chiami?» le chiese e quella rispose: «Eva.» Ad Adamo questa


Eva piaceva moltissimo e avrebbe voluto fare qualcosa, ma non
sapeva come: «Ti ha detto niente la mamma?» le chiese e lei ri-
spose: «Mamma chi?». Allora cominciarono a provare tutte le
posizioni possibili: si misero in piedi, sdraiati per terra e perfino
spalla contro spalla. «Ti piace?» chiese Adamo. «Non tanto» ri-
spose Eva. Finché un bel giorno riuscirono finalmente a trovare
una posizione “originale”. Avevano appena cominciato, quando
arrivò un angelo apposta per farli smettere. «Peccato!» disse Eva.
E da lì nacque il “Peccato Originale”.
Gli uomini ci tengono a vivere eppure trascorrono una
buona parte della vita pensando alla morte. Tra questi ci
sono anch’io e devo dire che, tutto sommato, non è che la
prospettiva mi faccia più molta paura. Se sono veri i miei
dubbi, e quindi nell’aldilà non troverò niente, mi basta ras-
segnarmi all’idea di un ritorno al nulla, come facevano già
i greci. Se invece mi sono sbagliato e nell’aldilà c’è il Para-
diso, sono sicuro al cento per cento di ritrovare là mia ma-
dre. Sappiate che questo è per me un pensiero di una bel-
lezza immensa, una bellezza che non ha paragoni. Perciò,
capirete bene che spero tanto di essermi sbagliato.
Scimmie o no, Adamo ed Eva sono stati importantissi-
mi anche per un’altra questione che mette insieme scienza
e religione. Tanti anni fa, al Circolo Napoli ero in compa-
gnia del mio amico Bebè Maglione e del comandante Ba-
gnulo. Andammo tutti e tre a salutare il professor Riganti,
che come sempre era seduto sulla sua poltrona. Ormai da
dieci anni, da quando era andato in pensione, tutti i giorni
il professore era là. Potevi andare al Circolo a qualsiasi ora,
anche di mattina, e lo trovavi già seduto su quella poltro-
na e accanto aveva Ciro, il cameriere da cui si faceva leg-
gere i giornali. Io il professor Riganti lo incontravo sempre
volentieri, una chiacchierata con lui era un momento di re-
lax intellettuale.
«Professore» gli dissi quella mattina «che ne dite? Pren-
diamo un caffè?»

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Adamo ed Eva 19

«Per me è un piacere, ingegnere, sedetevi tutti e tre, ce lo


facciamo portare subito.»
Poco dopo che erano arrivati i caffè, ognuno di noi si stava
preparando a sorseggiare il suo.
«Scusate, ingegne’» mi disse a un tratto il professor Ri-
ganti «vi posso fare una domanda?»
«Ma certo, professo’, dite pure.»
«Mi spiegate perché state girando da un’ora il cucchiai-
no nella tazzina e ancora non vi decidete a bere?»
«È per far sciogliere bene lo zucchero» gli risposi.
«Allora sentite a me, vi do un consiglio. Fate col cucchiai-
no solo un’andata e un ritorno, in linea retta, senza girare
tante volte lungo la parete della tazzina. Anzi, se proprio
volete fare una cosa buona, non vi muovete affatto: aspet-
tate al massimo un paio di minuti e vi accorgerete che lo
zucchero si scioglie da solo.
«Professore, ma poi perché mai non devo muovermi? È
un consiglio per farmi fare meno fatica?»
«No, no. Ve lo dico soltanto per fare in modo che l’uni-
verso duri più a lungo.»
«Scusate, professo’, non ho capito.»
«Vi spiego subito» disse e lanciò un’occhiata verso le pol-
trone occupate da me, da Bebè e dal comandante Bagnu-
lo «voi vi ricordate cosa disse il Signore ad Adamo ed Eva
mentre li cacciava dal Paradiso?»
«Che disse?» sussurrai io. Bebè e il comandante si erano
già un poco distratti.
«“Uomo” disse Dio, “tu lavorerai col sudore della tua
fronte. E tu, donna, partorirai col dolore del tuo ventre.”
Ma poi...»
«Poi?»
«“Poi” aggiunse un attimo prima che Adamo ed Eva
uscissero dal cancello, “tutti e due sarete perseguitati dal
secondo principio della termodinamica”.»
«Siete sicuro che disse proprio così, professo’?» azzardai.
«Certo che sono sicuro. Voi siete ingegnere, quindi il se-
condo principio della termodinamica l’avete studiato bene.
Ve lo ricordate?»

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20 Garibaldi era comunista

«E ci mancherebbe. Lo ricordo benissimo» mentii.


«Allora col vostro permesso vorrei rinfrescarlo per i no-
stri due amici.»
«Quando la materia» iniziò a declamare «si trasforma
in energia, una parte di questa diventa energia che non è
più utilizzabile e che va ad accrescere il disordine dell’am-
biente. La misura di questo disordine è ciò che chiamiamo
entropia.»
A questo punto il comandante Bagnulo trattenne a stento
uno sbadiglio, mentre Bebè guardò il biliardo. Glielo si leg-
geva negli occhi che lui stava pensando alle boccette e che
dell’entropia non gli importava un fico secco.
«L’homo» proseguiva intanto il professor Riganti «che
troppo frettolosamente è stato definito sapiens dagli antro-
pologi, estrae il petrolio e lo trasforma prima in benzina e
poi in energia cinetica. In questa maniera, si illude di aver
messo ordine nel suo piccolo mondo, senza capire invece
che ha solo accresciuto il disordine dell’universo; e sì, per-
ché una parte dell’energia prodotta dal petrolio si disper-
de nell’aria sotto forma di anidride carbonica e quindi non
è più utilizzabile. Adesso state attenti a ciò che sto per dire:
“In ogni trasformazione il disordine che si crea è sempre
maggiore dell’ordine che si è creato”.»
«Disordine?» sbottò il comandante Bagnulo. «E dove sta
questo disordine?»
«Dappertutto, caro Bagnulo, è veramente dappertutto.
Dietro di noi, avanti a noi, intorno a noi. Solo che poi lo
nascondiamo.»
«Non so voi» disse sorpreso Bagnulo «ma io non ho mai
nascosto nessun disordine.»
«Lo facciamo tutti, ma non ce ne accorgiamo. Sapete come
fanno certe domestiche durante le pulizie di casa, no? Met-
tono sotto i tappeti.»
Bebè e Bagnulo diedero un’occhiata ai tappeti del Cir-
colo. Ci capivano sempre meno, più il professore andava
avanti, più loro erano distanti.
«Volete sapere» riprese il professor Riganti «quali sono
i nostri tappeti? L’atmosfera, dove scarichiamo una gran

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Adamo ed Eva 21

parte del nostro disordine, oppure il mare, o anche le cavi-


tà della terra. Nel nostro piccolo, ognuno di noi ha portato
una quota del suo disordine privato in soffitta o in cantina.»
«Professo’» aggiunsi io «e voi credete che si può rime-
diare, si può ancora fare qualcosa?»
«Niente, ingegne’, proprio niente. Quella è una condan-
na antica. Ve l’ho detto, il Padreterno aveva già avvisato
Adamo ed Eva. Ora è tardi, ora possiamo solo rallentare il
processo. Perciò dovete stare attento e mi raccomando, gi-
rate il meno possibile il cucchiaino nel caffè. È il solo siste-
ma per non fare troppo disordine.»

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Due chiacchiere con Adamo

«Dimmi la verità, vi vedete ancora?»


«Con Eva, dici?»
«Ma perché, hai conosciuto pure altre donne?»
«No, per carità, solo lei. E anzi, mi pare già troppo.»
«Allora non cambiare discorso, vi vedete ancora?»
«È successo solo due o tre volte. Ma ormai non ci sentiamo
più. Però devo ammettere che ogni tanto un po’ mi manca.»
«Fammi il piacere, ti ha creato tutti quei problemi. E li
avesse creati solo a te... Le fesserie che ha fatto dobbiamo
portarcele dietro tutti quanti. Ma ti rendi conto? L’umani-
tà intera sta ancora pagando.»
«Non dimenticare che non è stata solo colpa sua.»
«Fammi capire. Vuoi cavartela ancora con la storia del
diavolo tentatore?»
«Mica l’ho inventata io.»
«È una scusa, lo sai benissimo.»
«De Cresce’, ti assicuro che non è una scusa. E poi, abbi
pazienza, io c’ero, tu no.»
«Qui devo darti ragione.»
«Fu un attimo. Lo so, ora tutti dicono che quello era un
serpente, un animale viscido, e che perciò bisognava dif-
fidare. Ma io vorrei chiedere: chi l’aveva mai visto un ser-
pente? Quando Dio creava una nuova razza, mica veniva
da noi due a dirci: Adamo, Eva, venite qua, voglio presen-
tarvi la mia ultima invenzione. E poi c’è dell’altro.»

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Due chiacchiere con Adamo 23

«Cioè?»
«Secondo me bisogna aggiungere un ulteriore fatto, che
pure è importante. Non è che Dio ci avesse fatti particolar-
mente svegli. Ti dico la verità, io quando passeggiavo tra
le querce e i papaveri, con le farfalle variopinte che mi on-
deggiavano intorno, mica mi godevo quel ben di Dio. Non
lo capivo, mi pareva tutto normale.»
«Eh già, non potevi fare confronti.»
«Esatto. Non conoscevo niente, solo il Paradiso. Per la
precisione, solo quel Paradiso là. Me l’hanno spiegato dopo
che quello era il Bene. Ma se allora non avevo mai visto il
Male, come facevo a distinguerlo?»
«Insomma, ti mancava l’esperienza.»
«Hai detto niente.»
«Per carità, è tantissimo, lo devo ammettere. Noi tutti ci
serviamo dell’esperienza di chi ci ha preceduti. Se non ci
fossero stati gli egiziani, io oggi non sarei un ingegnere.»
«Ma perché, ti sei laureato al Cairo?»
«Che c’entra! Io parlo dell’antica civiltà egizia. È lì che la
matematica e le grandi opere di ingegneria ebbero il loro
primo grande sviluppo. E dovremmo ringraziare ogni gior-
no pure i greci, per come sono stati capaci di osservare e
riflettere.»
«Grandi filosofi!»
«Mica solo quelli. Ti faccio solo un esempio, amico mio.
Non molti sanno che il primo uomo a teorizzare che è la
Terra a girare attorno al Sole, e non viceversa, fu proprio un
astronomo greco, Aristarco di Samo. Non ci crederai, ma
sto parlando di quasi tre secoli prima di Cristo.»
«Ci credo, figurati. Però, De Crescenzo, lo vedi che qua
il peccatore non sono solo io?»
«In che senso?»
«Immagina se fossi stato io a parlare di quest’astrono-
mo. Apriti cielo! Non fare finta di niente, sai benissimo
che l’argomento è delicato e che a Lui non piace, diven-
ta permaloso.»
«Però, vedi, c’è un fatto strano.»
«Ce ne sono tanti. Tu a quale stai pensando?»

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24 Garibaldi era comunista

«Se Dio esiste, se è Lui che ci ha creati, è sempre Lui che


ha creato anche la capacità di ragionare e l’abilità di esplo-
rare che hanno le nostre menti. Perciò, se un uomo ha una
grande intuizione il merito va comunque al Padreterno.»
«Sì, è un ragionamento che fila, ma anche così non lo fai
fesso, non lo convinci. Tu prendi la storia dell’universo, so
che per secoli non è riuscito a smuoverlo nessuno.»
«Mi dispiace, Adamo, ma non sei aggiornato. Mi risulta
che alla fine si sia convinto.»
«Mi stai prendendo in giro? A me avevano detto che su
questo fatto era irremovibile, che sulle questioni astronomi-
che del Sole e della Terra era pronto a fare il pazzo.»
«In effetti ci sono voluti secoli, ma poi la Chiesa ha capi-
to. Anzi ha addirittura riabilitato Galileo. Certo, in ritardo,
ma gli hanno pure chiesto scusa.»
«La Chiesa? E sei sicuro che prima hanno chiesto a Lui?»
«No, questo veramente non te lo so dire.»
«E allora vedi che ci rimane il dubbio? E se la Chiesa aves-
se preso un’iniziativa senza consultarlo?»
«Sarà sempre che sono un ingegnere, ma io guardo la
questione da un altro lato.»
«Quale lato?»
«Il lato iniziale. Ma scusa, se dubiti che la Chiesa non ab-
bia chiesto il permesso a Lui, perché non avere il dubbio
che non l’avesse chiesto nemmeno prima, quando ha per-
seguitato Galileo? Non può essere che alla fine fosse tut-
ta una questione fra uomini, e che Lui in realtà non c’en-
trasse niente?»
«Messa così, mi convince. Del resto, io direttamente non
l’ho mai visto arrabbiato per questa storia. Io parlavo così,
per sentito dire.»
«Succede a tanti, non devi preoccuparti.»
«Però, caro De Crescenzo, questo dimostrerebbe ancora
una volta la mia tesi iniziale.»
«E quale sarebbe?»
«Non voglio fare la vittima. Ma spiegami allora perché
l’unico col quale se l’è presa veramente sono io.»

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Due chiacchiere con Adamo 25

«Perché ti sei mostrato debole. È chiaro che quella mela lui


l’aveva messa apposta per controllare se eri in grado di ubbidire.»
«E ti sembra giusto?»
«In effetti uno che conosce gli uomini, sa che le tentazioni...»
«Uno che conosce gli uomini? Ma Lui li ha creati. De Cre-
sce’, li ha creati! Vuoi che non li conosca?»
«Su questo hai ragione.»
«A parte il fatto che io quella mela l’ho solo accettata.
Però non insisto su questo punto, se no dici che cerco scu-
se e che sono ripetitivo. Abbi pazienza, prendere un bel
frutto tondo e colorato da un albero non indica la capaci-
tà dell’uomo di intuire che può essere saporoso, e maga-
ri che fa anche bene? È vero che non ho problemi di diabe-
te, però ho saputo che la mela tiene pure bassa la glicemia.
Non è capacità razionale anche questa?»
«In effetti lo è.»
«E allora, vedi? La mia versione dei fatti è praticamen-
te dimostrata.»
«Fammi capire bene quale sarebbe questa versione.»
«Per quanto uno è Dio, ti pare che si prende il fastidio
di controllare tutto quello che fanno gli uomini ogni santo
giorno, in ogni angolo della Terra? È troppo faticoso. Io dico
che non vedeva l’ora di realizzare la sua ultima creazione:
la libertà. Diciamo la verità, io ed Eva siamo stati i primi e
gli ultimi che lui ha controllato in quel modo asfissiante.
Dopodiché ha detto: dal prossimo in poi, fate come vi pare.
Poi vi giudico alla fine, tutti in una volta. Ed ecco che pen-
sò di inventare il Giudizio Universale.»
«Da una parte mi hai convinto. Però pensa, se tu quel-
la mela l’avessi lasciata perdere, non sarebbe esistito il la-
voro. Capisci quanto sudore della fronte mi sarei rispar-
miato? E quante volte avrei potuto svegliarmi la mattina
anche dopo mezzogiorno?»
«Devo ammetterlo, se non c’ero io non inventavano la
sveglia.»
«Resta solo una difficoltà.»
«Dimmi, Luciano. Posso chiamarti così, vero? Non sei
mica offeso con me?»

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26 Garibaldi era comunista

«Ci mancherebbe, non sono tipo che porta rancori.»


«Dicevi della difficoltà.»
«Non capisco il gallo. Senza te, senza la mela, senza il
lavoro e la necessità della fatica umana, il gallo la mattina
presto che cantava a fare?»

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