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PASCOLI DECADENTE E D’ANNUNZIO DECADENTE

I due più grandi esponenti della nostra stagione decadente si conobbero, furono amici, si apprezzarono come
poeti. Entrambi sono punti di riferimento insuperabili per la poesia novecentesca: Pascoli operò, come già visto,
la “rivoluzione inconsapevole”; D’Annunzio da una parte fu rifiutato da molti suoi contemporanei (fino a
dileggiare gli aspetti più trasgressivi della sua vita e del suo personaggio), dall’altro tutti sono debitori di molte
delle sue innovazioni formali, come ci mostra la ricerca filologica; questo vale tanto per le prime Avanguardie
novecentesche, quanto per Montale e Ungaretti. Non va poi dimenticato che la “strofa lunga” dannunziana è di
fatto il prima esempio di “versi liberi”, così come la scrittura frammentaria e epifanica dei Notturni segna una
rivoluzione nella prosa novecentesca, che predilige la scrittura breve (la novella, piuttosto che il grande
romanzo ottocentesco).
Vediamo ora, in modo sinottico, come entrambi hanno sviluppato i principali temi decadenti.
PASCOLI D’ANNUNZIO
Rapporto con il Visse ai margini del dibattito europeo; il Lettore vorace, conobbe tutte le
contesto europeo suo modello di riferimento fu avanguardie europee, che rielaborò in
precipuamente il classicismo del Carducci modo creativo (NB: viaggiò molto) >>>
(NB: non si spostò mai dall’Italia) >>> fu portò in Italia le novità della letteratura
un decadente “inconsapevole” europea
Realtà Mistero noto, nel suo senso più profondo, Mistero che solo il poeta vate può
solo al fanciullino penetrare
Corrispondenze Struttura misterica del reale decifrabile Struttura misterica del reale che viene
grazie alla pluralità dei livelli linguistici decodificata nel rapporto panico
(pregrammaticale, grammaticale,
postgrammaticale)
Ragione Strumento inadatto a cogliere il senso della Strumento trascurato, a tutto vantaggio
morte dell’affermazione vitalistica del sè
Inconscio Il fanciullino L’io “polimorfo” che vive una molteplicità
di esperienze e sensazioni
Panismo Rapporto con la realtà, la quale, grazie ad L’io si perde e si identifica nel tutto
una pluralità di linguaggi, diventa (natura), così come il tutto si perde e si
comprensibile identifica nell’io
Epifania La realtà che, penetrata dal fanciullino, La realtà che si umanizza e diventa
parla al poeta comprensibile al poeta nel rapporto panico
Scienza Mero strumento linguistico utile per Espressione del mondo borghese, per cui
“chiamare le cose” (livello irrilevante per il dandy/esteta che vive una
postgrammaticale) vita eccezionale
Estasi Lo stupore del fanciullino davanti al La penetrazione vitalistica che il
mistero del mondo superuomo attua nel reale
Uomo Soggetto marginale e ferito (orfano) L’esteta e il superuomo
Spleen Angoscia per la presenza continua della La sfinimento in cui precipita l’esteta nella
morte vecchia
Eroe Colui che sopporta l’angosciante presenza L’uomo ulisside, che vive sotto una spinta
della morte vitalistica
Poeta L’Adamo che dà il nome alle cose Il vate
Arte Opera del fanciullino Valore supremo, non giudicabile con altri
valori che non siano l’arte stessa
Religione Vago senso spirituale Elemento spirituale percepito dalla
coscienza per la sua vague estetica
Poesia Suprema forma di conoscenza e Suprema forma di affermazione dell’io
consolazione poiché dà sfogo alle lacrime
Estetismo Continuo scambio tra arte e vita
Morale Somma di alcuni valori (affetti; famiglia; Da un lato è una pura convenzione che
patria) l’esteta /superuomo travalica; dall’altro è
l’anelito (in senso estetico) ad una vita
innocente e buona

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