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Lermontov

La vita

Michail Jur’evic Lermontov nacque a Tarchany, nel governatorato di Penza, il 15 giugno 1814. Il
padre si vantava di discendere da aristocratici spagnoli emigrati in Scozia e quindi in Russia; nei
fatti era un povero capitano a riposo; la madre apparteneva a un’agiata e in uente famiglia
nobiliare. Nel 1817 la madre morì e la nonna ottenne dal genero che le fosse a dato suo nipote in
modo che potesse ricevere un’educazione adeguata. Comincia da allora una penosa vicenda,
quale l’ostilità che caratterizzava da sempre il rapporto fra il padre e la nonna, che nisce per
ripercuotersi sul bambino, conteso fra due a etti diversi. Questo è una delle cause del carattere
chiuso e solitario di Michail. Nel 1827 si trasferisce a Mosca per preparasi all’ammissione
all’università. Viene accettato alla Pensione universitaria nobiliare dove, ha fra i suoi insegnati
Rajc. Legge molto e comincia a poetare con una copiosità e una maturità strabilianti per la sua
età. Nell’estate 1830 a 16 anni ha la sua prima esperienza sentimentale: si innamora di A.
Suskova, più grande di lui di 2 anni. La ragazza ha verso di lui un atteggiamento su ciente e
canzonatorio di cui più tardi egli si vendicherà. Nell’autunno dello stesso anno Lermontov si
iscrive all’università, al corrodi studi politico-morale. Il suo curriculum risulta più che mediocre e
così nell’estate 1832 decide di trasferirsi all’ateneo di Pietroburgo e, successivamente, di
abbandonare l’università per la Scuola di cavalleria della Guardia. L’anno prima, nel 1831 era
morto il padre. Tra il 1830 e il 1832 si consumano anche le vicende sentimentali di Lermontov con
N. F. Ivanova e V. A. Lopuchina, di cui si sa poco, ma che si conclusero male. Nel 1834 Lermontov
termina l’accademia militare e viene promosso u ciale. La sua produzione letteraria è cospicua,
anche se inedita. La sua esistenza sembra non avere scosse. Nel febbraio 1837 riceve uno
scossone: la morte di Puskin per mano di D’Anthes provoca in Lermontov sentimenti di
indignazione verso l’establishement che non ha fatto nulla per impedire la ne del grande poeta.
Sentimenti ben espressi nei versi di Smert’ poeta (La morte del poeta). Ma la lirica arriva nelle
mani di Nicola I, che vi scorge intenzioni sediziose e per punizione fa trasferire il suo autore nel
Caucaso, dove a quel temo divampava la rivolta di Samil. Il primo soggiorno fu di breve durata,
già alla ne dell’anno ebbe il permesso di tornare in Russia dove grazie agli u ci della zia, fu
reintegrato appieno nel suo reggimento. A Pietroburgo riprese un’intensa attività mondana .
All’inizio del 1839 iniziò un’intensa collaborazione con Kraevskij e i rinnovati “Otecestvennye
Zapiski”. Ma un secondo episodio di “turbolenza” nel febbraio 1840, un duello col glio
dell’ambasciatore francese, provoca le ire della corte. Nicola questa volta è più duro e manda
Lermontov al Caucaso in prima linea. Mentre a Pietroburgo escono i romanzi Un eroe del nostro
tempo e la prima raccolta dei suoi versi, egli partecipa a sanguinosi combattimenti contro i ribelli
ceceni, battendosi valorosamente e meritando una proposta di decorazione al valore. All’inizio del
1841 il poeta ottenne una licenza. Trascorse qualche settimana a Pietroburgo n quando all’inizio
di aprile gli venne imposto di tornare al proprio reparto. Lungo il cammino Lermontov si fermò a
Pjatigorsk dove prese a frequentare la società che d’estate vi si radunava per le cure termali. Di
essa faceva parte anche un suo vecchio compagno d’accademia, il maggiore N. S. Martino, uomo
tanto limitato intellettualmente quanto vanitoso e suscettibile. Il 25 luglio i casa di comuni amici,
questo compagno, esasperato dai motteggi e dalle punzecchiature con cui a suo avviso,
Lermontov lo tormentava, lo s dò a duello. Lo scontro si concluse con la morte del poeta.

Il teatro

Evel Gasparini ha scritto che Lermontov è stato una meteora per la letteratura russa. Egli si
posiziona in isolamento dal panorama letterario degli anni 30 e soprattutto il fatto che la sua
produzione migliore è concentrata in 5 anni. La maggioranza degli scritti furono stampati dopo la
morte, perché li considerava immeritevoli di pubblicazione. Lermontov è stato drammaturgo,
prosatore e poeta. La sua opera più importante è Un eroe del nostro temo, la parte meno
considerata è la sua produzione teatrale.

Il primo tentativo scenico e il dramma incompiuto Ispancy (gli spagnoli). Composto in pentapodie
giambiche non rimate, è ambientato in una Spagna del XVI secolo e sceneggia una storia d’amore
e di morte. Un giovane passionale, Fernando, pugnala la creatura amata, Emilia, per salvarla dalla
lasciva del gesuita italiano Sorrini e per questo viene condannato al patibolo dall’Inquisizione. Il
tutto complicato dalla presenza di un ebreo che si scoprirà essere il padre di Fernando, e sua
glia. Non si sa come si sarebbe concluso il dramma, ma sembra ci sia una con uenza di un po’
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di tutto, dalla scena dello Sturm und Drang alle suggestioni della letteratura banditesca, sia
teatrale che in prosa. È de nito un curiosum giovanile. E questo su uno sfondo, la Spagna
seicentesca, divenuto ormai topico.

Più sobria è la trama di Menschen und Leidenschaften (Uomini e Passioni). Il dramma, in 5 atti in
prosa, ruota attorno alla gura di Jurij Volin, diviso fra l’a etto dell’ottantenne nonna e quello del
padre (buona parte autobiogra ca). Di diverso rispetto a ciò che ha vissuto l’autore c’è solo
l’amore dei Jurij per la cugina e la presenza di personaggi secondari quali lo zio e una cameriera
per da. Grazie agli intrighi dello zio e della cameriera Jurij viene maledetto dal padre, si convince
di essere tradito dalla cugina e si uccide. Oltre a una trama meno sovraccarica c’è anche una
realistica caratterizzazione dei personaggi. Ma Jurij appare logorroico, stereotipato e in qualche
caso, improbabile. Il terzo dramma di Lermontov, Stranij celovek (uno stravagante), del 1831, è
diviso in scene. Il protagonista, Vladimir Arbenin, è un giovane poeta, inso erente dell’ipocrisia e
dell’egoismo nel mondo che lo circonda e proprio per questo condannato alla catastrofe. Deve
assistere al comportamento disumano del padre, uomo calcolatore, nei confronti della moglie, sua
madre. Quindi, dopo la ne della donna e dopo che il padre lo ha maledetto, vive il tradimento del
suo migliore amico che gli sottrae l’amata. Vladimir impazzisce e poi muore. Uno stravagante
rappresenta un salto di qualità rispetto alle opere precedenti. L’azione è si lenta e appesantita
dall’oratoria, ma i personaggi sono credibile e credibile è l crescendo di traumi psicologici che si
abbattono sul protagonista. Esso Sto arrivando! Comunicare l’immobilità di una società come
quella della Russia di Nicola I, senza borghesia dei commerci e delle professioni, con una netta
divisione fra la massa di servi e una minoranza che paga i propri privilegi con la privazione di ogni
libertà di pensiero, con la vuota ripetitività dei suoi riti mondani.

Maskarad (Un ballo in maschera), composto in giambi di di erente lunghezza, il cosiddetto verso
bianco, è considerato l’Otello russo. Il protagonista, Evgenij Aleksandrovic Arbein è un uomo dal
passato tempestoso che ha sposato la graziosa dite Nina. Durante un ballo mascherato Nina
perde un braccialetto, che racconto dalla baronessa Strahl viene da lei donato come ricordo di
un colloquio d’amore con il principe Zvjozdic, un giovane che poco prima Arbein ha salvato dalla
rovina del gioco. La Strahl ricorre a questo stratagemma per proteggere la sua rispettabilità, ma
esso si dimostra rovinoso: Zvjozdic è indotto a credere che chi gli ha fatto o erte sentimentali sia
Nina, così crede anche Arbein. Questo decide di vendicarsi prima compromettendo l’onore di
Zvjodic uccidendolo, poi avvelenando Nina. Nel quarto e ultimo atto, un misterioso nemico del
protagonista, Lo Sconosciuto, racconta al protagonista come sono andate veramente le cose e
Arbein sbigottito impazzisce.

Un ballo in maschera è considerata l’opera migliore di Lermontov drammaturgo. Grazie alla sua
agilità dei dialoghi è anche la più semplice da rappresentare. Tutti i personaggi appaiono ben
delineati. Ma lo Sconosciuto sa di Deus ex machina.

L’ultima opera teatrale di Lermontov è Dva Brata (due fratelli). In prosa, 5 atti, ruota intorno alla
rivalità di due fratelli, Aleksandr e Jurij Radio, per una donna, Vera. Vera un tempo ha amato Jurij,
ma quando questi ha lasciato Mosca, ha sposato per convenienza il principe Ligovskij, salvo poi
intrecciare un legame sentimentale con Aleksandr. Allorché Jurij torna a Mosca e Aleksandr, uomo
solo in apparenza schivo e freddo, si rende conto che il fratello sta per riconquistare il cuore di
Vera, provoca la rovina della donna e il suo allontanamento dalla città purché questo non accada.
È un dramma ben costruito ed e cace nello sviluppare il tema, così caro ai romantici della rivalità
di due fratelli, opposti per carattere ed inclinazione. Lermontov è attento e sensibile alla realtà del
suo tempo.

La narrativa

Il primo esperimento narrativo di Lermontov risale al 1833-1834, intitolato Vadim. È un romanzo


incompiuto, come sfondo ha la regione Tarchany nel 1775 inizia la rivolta di Pugacev. Un essere
sicamente deforme, il gobbo Vadim medita di vendicarsi di un pomescik, Boris Palicyn che è
stato la causa della rovina e della morte di suo padre. Lo farà con l’aiuto di un’orfana, Olga che
ignora di essere la sorella di Vadim. Tutto andrebbe secondo i piani del gobbo se, Jurij, glio di
Palicyn non si innamorasse di Olga proprio mentre scoppia la jacquerie contadina. Pazzo di
rabbia, nel suo morboso amore per la sorella, Vadim le giura che avrebbe ammazzato Boris e
Jurij, e aggregatosi alla turba dei rivoltosi ci riesce quasi. Qui la narrazione si interrompe. Vadim
so re di squilibri radicali. Nella prima parte protagonista della narrazione è realmente il demoniaco
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gobbo, ma quando inizia l’idillio di Olga e Jurij l’attenzione e la simpatia si spostano sui due
giovani. Forse è per questo che il romanzo è stato arrestato.

Opera più matura è La principessa Ligovskaja, scritta nel 1836, anch’essa incompiuta. La sua
trama ricalca quella dei Due fratelli: il suo protagonista vive il dramma di rivedere la donna che un
tempo gli ha giurato amore e poi ha sposato un principe. Pur nella sua brevità questo romanzo
rappresenta una tappa signi cativa nell’evoluzione della prosa di Lermontov. I personaggi hanno
spessore psicologico. La sua prosa è un dettato uido e piano che in un certo modo ricorda I
racconti di Pietroburgo di Gogol’. Altre opere sono: Asik-Kerib pubblicata nel 1841 e il racconto
Stoss.

Un eroe del nostro tempo

Quasi certamente Lermontov cominciò a lavorare a Un eroe del nostro tempo nel 1838 perché tre
delle 5 storie compreso in “Otecestvennye Zapiski” l’anno successivo. L’intero romanzo fu
stampato nel 1840 seguito da una seconda edizione nel 1841. L’opera è composta da 5 racconti
in ordine: Bela, Maksim Makisimyc, Taman, Knjazna Meri ( la principessina Mary) e Fatalist (il
fatalista). Sono tutti uniti dallo sfondo caucasico e dal fatto che il protagonista è sempre Grigorij
Aleksandrovic Pecorin. I primi racconti si suppongono scritti da un viaggiatore che ha raccolto il
primo, sulle erte del Caucaso, dalla bocca del capitano Maksim Makisimyc; gli altri tre
costituiscono il diario di Pecorin, consegnato al viaggiatore Maksim Makisimyc e da questi
pubblicato dopo la morte del suo autore.

In Bela Pecorin, tenente di guarnigione nel forte comandato Maksim Makisimyc, in cambio di un
cavallo di eccezionale bellezza, fa rapire dal fratello la glia di un principe circasso, di cui si è
invaghito, Bela. A prezzo di lunghi sforzi, riesce a conquistarne l’amore e quando già comincia a
stancarsene, vede la donna pugnalata a morte dal tartaro proprietario del cavallo.

Maksim Makisimyc descrive il fortuito incontro, alla presenza del viaggiatore, fra il capitano e
Pecorin, in cammino verso la Persia. L’emozione del buon u ciale di fronte all’amico compagno
d’armi e la sconcertante freddezza nei suoi confronti di quest’ultimo.

In Taman in cui la voce narrante è Pecorin, costui racconta come a causa della sua imprudente
curiosità, stesse per essere a ogato da una ragazza amante di un contrabbandiere.

In Il fatalista , un gruppo di u ciali dibatte il problema se nella vita umana esiste la


predestinazione, no a quando uno di essi, Vulic (che Pecorin, per convinzione irrazionale, è certo
di essere destinato fra breve alla morte) compie un esperimento: si punta la pistola in fronte e
preme il grilletto, la pistola fa cilecca ma mezz’ora dopo Vulic viene ucciso da un cosacco
ubriaco. Il colpevole sarà catturato da Pecorin.

La principessina Mary è il fulcro narrativo dell’opera. Sul pittoresco sfondo delle cittadine termali
caucasiche, Pjatigorsk e Kislovodsk, Pecorin riesce a sottrarre a un commilitone, Grusnickij,
l’amore di una ragazza per cui in realtà non prova alcun sentimento, la principessina Mary
Ligovskaja; e quando l’esasperato Grusnkickij reagisce, sia pure nel peggiore dei modi, lo uccide
in duello. Parallelo all’intreccio originale, si svolge quello di Pecorin e Vera, una donna che un
tempo l’ha amato appassionatamente ed ora, rincontratolo, è incapace di resistergli.

Un eroe del nostro tempo è primo romanzo psicologico russo. La struttura è di tipo ciclico.
L’espediente ciclico nelle mani di Lermontov diventa uno dei punti di forza dell’opera perché
permette di vedere Pecorin da tre visuali: quello di Maksim Makisimyc, del viaggiatore che
casualmente lo incontra, e dello stesso protagonista. Ciò elimina l’unilateralità prospettica
immanente in una qualsiasi narrazione in prima persona. Si può aggiungere anche che la stessa
sfasatura che si riscontra fra l’ordine con cui nel romanzo sono disposte le 5 storie e la loro reale
successione cronologica, si dimostra funzionale a questa moltiplicazione dei punti di vista.

Il testo di Lermontov si regge su un fatto di opposizioni fra momenti narrativi lenti, quelli in cui la
psicologia del protagonista trapela gradualmente (Bela, La principessina Mary) e momenti rapidi là
dove Pecorin è illuminato come da un ash, nel suo agire in un arco cronologico ristretto. A
questa opposizione lento/rapida c’è l’opposizione fra chiuso e aperto: il microcosmo di
Pjatigorsk-Kislovodsk e del forte in cui Pecorin presta servizio determina lo svolgersi degli
avvenimenti ne La principessina Mary e Bela; mentre l’ambiente aperto di Maksim Makisimyc e il
Fatalista si dimostra inin uente. A mezzo fra i due tipi di narrazione c’è Taman. Anche il paesaggio
caucasico che caratterizza Bela non è solo un bellissimo elemento esterno: allontana il
protagonista nello spazio e nel tempo, inducendo il lettore ad accettarne con più facilità il
comportamento. Tanto più viva sarà dunque la sua impressione quando vedrà Pecorin come si
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muove dentro la società civilizzata di Pjatigorsk. Lermontov vuole creare una gallerie di ritratti. A
parte quello di Pecorin essi sono 5: il dottor Werner, Grusnickij, Maksim Makisimyc, Vera e la
principessa Mary. Il dottor Werner è l’alter ego di Pecorin, Grusnickij è la sua brutta copia. La
funzione di questa gura è attirare l’antipatia del lettore, che altrimenti si riverserebbe su Pecorin.
Vera è quella donna che sposa un uomo solo per convenienza. La principessina Mary è solo in
apparenza la più esangue fra le gure, è vero invece che il suo “Io vi odio!” Rivolto a Pecorin
quando lui le confessa di non averla mai amata le dà una dimensione umana più calda. Pecorin è
un individuo posseduto da un’ossessiva volontà di dominio, esercitata sulle donne che incontra.
Per lui non è un piacere sico ma celebrale che in quanto tale, non manca di qualche risvolto
sadico. Pecorin è anche molto narcisista, interessato solo a se stesso. È anche istrionico, La
principessina Mary sembra una farsa recitata da Pecorin con fredda determinazione. Coraggioso
no all’incoscienza come si vede nel Fatalista. Per quanto riguarda il fatto che Pecorin
rappresenta “i vizi dell’intera generazione nel loro pieno sviluppo” è di cile trovare una risposta. È
certo invece che la lettura di Abramovic per cui esso sarà un eroe del secolo (secolo di
Lermontov) è non credibile. L’eroe del secolo sarebbe dovuto assomigliare a un decabrista, cosa
che Pecorin non sembra.

Per lo stile, è indubbio che nella sua fusione di tesa energia ed essenziale nitidezza, il linguaggio
di Un eroe del nostro tempo è irripetibile e rappresenta una tappa fondamentale nell’evoluzione
della moderna prosa russa.

I poemi

Per la maggior parte la produzione di Lermontov è composta da poemi. È stato anche la prima
cosa che ha pubblicato, nel 1835 (Hadij-Abrek)

La maggioranza di questi testi, sono giovanili. Appaiono di impostazione byroniana; loro


protagonisti, di norma, sono individui passionali che il destino obbliga al delitto, all’esilio o al
tragico amore, e pone in rotta di collisione con la società che li circonda. È in uenzato, oltre che
da Byron, dalla letteratura banditesca e dal romanticismo occidentale.

Le opere si possono classi care geogra camente.

I. Opere nel Caucaso: i circassi, il prigioniero del Caucaso, Kally, Ismail-bej, Aul Bastundzi,
Hadij-Abrek. Nel Caucaso saranno anche ambientati Il novizio e Il demone. A spiegare la sua
predilezione per questi luoghi sono sia la sua biogra a e il fatto che la nonna lo portò a
Pjatigorsk, e il suo stupore fu enorme.

II. Russia antica: Oleg, Due fratelli, L’ultimo glio della libertà, la lituana, il boiaro Orsa.

III. Luogo non de nito: il corsaro, il criminale, Azrail, l’angelo della morte, il marinaio. Ovvero si
collocano in contrade ancora più stilizzate e convenzionali di quanto lo sia in questi versi la
Russia perpetrino: l’Oriente di Due schiave, l’Italia di Dzulio, la Spagna di Ispoved.

Percorrendo questa produzione si è colpiti dal contrasto tra la ripetitività dei motivi tematici, la
sommarietà dell’analisi psicologica e la bellezza dei versi. Anche in opere più deboli ci si trova di
fronte a squarci poetici di alta qualità, sopratutto nella descrizione di una natura che si rivela nelle
sue caratteristiche fondamentali: ora astratta e ciclopica, ora plastica e cromatica. La de nizione
opere giovanili non signi ca che devono essere messe tutte allo stesso piano. Un poemetto come
Kelly, anche se breve è perfettamente riuscito. Lermontov raggiunge la piena maturità poetica,
fatta del perfetto controllo dei propri mezzi espressivi, dall’armonica fusione fra nucleo tematico e
resa formale, attraverso vari cammini. Un gioiello è la tesoriera di Tambov. Qui Lermontov narra
del capitano dei dragoni Garin, del tesoriere di governatorato Bobkovskij, posseduto dal demone
del gioco, e di sua mogie. Di come Garin organizzi una corte spietata alla bella donna, rischi di
incassare una scon tta, in ne trion grazie a una partita in cui Bobkovskij si gioca, perdendola,
sua moglie. Ne la tesoriera di Tambov non c’è un tratto di troppo, ma la sua eleganza, la sua ironia
non sono ne a se stesse: disegnano un quadro della provincia russa dove, accanto al sarcasmo,
c’è spazio per una reale caratterizzazione dei personaggi.

Un altro poema importante è Canto dello zar Ivan Vasil’evič, della giovane fedele guardia e del
prode mercante Kalašnikov. L’azione del poemetto si svolge nella Russia di Ivan IV. Una giovane
guardia si innamora della moglie del mercante Kalasnikov e rischia di comprometter l’onore sulla
pubblica via. Kalasnikov deve punire lo sfrontato: alla presenza dello zar lo s da a un incontro di
pugilato durante il quale con un terribile pugno, ammazza il malcapitato. Lo zar chiede a
Kalasnikov se l’uccisione della guardia sia stata casuale e appurato che è stata intenzionale lo
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condanna alla decapitazione. Ma, su sua preghiera, promette al mercante che provvederà al
sostentamento della vedova e degli orfani. Del Canto è da ammirare la perfetta caratterizzazione
psicologica dei personaggi. È da ammirare anche la corte dello zar, la maestria con cui Lemrontov
riprende le cadenze della poesia folclorica.

Il novizio è un’altra opera degna di nota. Composto in tetralogie giambiche nel 1839. Ha una
trama semplice: un bambino di una delle popolazioni locali ribelli, fatto prigioniero, viene a dato
da un generale russo a un convento georgiano. Dopo un’iniziale resistenza psicologica, il bambino
si ambienta e cresciuto, quando sta per pronunciare i voti scompare dal convento. Viene ritrovato
tre giorni dopo in n di vita, e prima di morire racconta a un monaco ciò che gli è accaduto
durante quei tre giorni. Ciò che caratterizza il racconto del novizio è la dicotomia fra un tempo
reale limitatissimi, 72 ore, e un temo psicologico che di prolunga all’in nito, perché ciò che il
giovane cerca di ritrovare è nient’altro che la vita che non ha vissuto a causa del convento. Il suo
era un peregrinare nella speranza di raggiungere la patria, ma dopo tre giorni, insanguinato e
spossato si ritrova a poca distanza dal convento. È il fallimento del suo progetto, il non ritrovare le
proprie radici, la sua vera identità, coincide con la perdita della vita. poeticamente, lo schema
concettuale si realizza attraverso un racconto vibrante e serrato. Apparentemente gli unici
avvenimenti che lo scandiscono sono la visione di una ragazza georgiana che scende al torrente
per prendere dell’acqua e un combattimento all’ultimo sangue con una pantera. In realtà è tutta la
natura che all’improvviso dialoga col giovane: le nubi, le cime innevate dei monti, lo scroscio delle
acque, le macchie cupe degli alberi, un serpente. È una natura che sembra spalancarsi
amichevole, poi gli si fa ostile. La tecnica iconica del poemetto, che allontana o avvicina le
immagini, accompagna e sottolinea l’evoluzione psicologica del protagonista

Uno dei più importanti poemi di Lermontov: il Demone. L’autore iniziò a lavorarvi nel 1838.
L’azione ha luogo in Georgia. Le tetrapodie giambiche dell’opera narrano dell’amore di un essere
soprannaturale, il demone, per una creatura terrena, Tamara, glia di un principe georgiano.
Cacciato dall’Eden per la sua ribellione a dio, il demone è destinato a girare in eterno per il
mondo, producendo il male. Anche il male nisce per stancarlo, l’eternità gli appare vuota.
Volando sulle cime del Caucaso vede Tamara. Se ne innamora e sogna di essere rendento dalla
fanciulla, di poter tornare ciò che era: un essere al servizio del bene. Dopo aver provocato la
morte del promesso sposo di Tamara, si insinua nei suoi pensieri, le compre davanti, le dichiara il
proprio amore, la bacia, ma questo contatto la uccide. Il poema termina con il demone che cerca
di strappare l’anima di Tamara dalle braccia dell’angelo che la sta portando verso il cielo. Il
demone ha profonde radici psicologiche e perciò nella poetica di Lermontov. È molto interessato
alla gura del demone. Per la realizzazione poetica, il demone ha cose splendide: dal paesaggio
caucasico, all’alta retorica di frammenti come quello del giuramento di rinunciare al male che il
demone fa a Tamara. Ma l’angelo custode e la sua funzione salvi ca, più che super ui appaiono
nocivi. Vi è anche una contraddizione nella gura del demone: è sia un essere meta sico che un
eroe romantico innamorato. Queste due gure convivono senza fondersi.

La lirica

Per tre quarti la lirica di Lermontov si situa nel periodo 1828-1832. È una produzione cospicua.
Alla sua base sta una condizione umana chiaramente delineata: la so erenza di un adolescente di
non comune intelligenza e sensibilità di fronte a un mondo che non lo comprende, sia perché ha
scale di valori diversi, sia perché è portato a collegare la sua angoscia a siologiche turbe di
giovinezza. Da ciò il rinchiudersi del giovane in una solitudine orgogliosa e amara che a momenti
s ora la disperazione. La coscienza dell’eccezionalità della propria vocazione accresce il senso di
ostilità verso gli adulti che lo trattano come un ragazzo bizzoso. Oltre che le liriche, l’intero teatro
lermontoviano di questi anni evidenzia simili traumi psicologici. Si possono circoscrivere
facilmente i nuclei tematici fondamentali della lirica giovanile di Lermontov. La solitudine, il vuoto
dell’esistenza, la so erenza spirituale che lascia tracce anche siche, la morte, come destino a cui
aspira un’anima stanca di lottare. Sul versante opposto sta qualche raro accento di speranza.
Non poche di queste liriche sono sentimentali. Scarse sono le poesie che esulano da una
tematica personale. Ci sono ballate, componimenti dedicati al Caucaso, a Napoleone, versi
politici. Il primo Lermontov è per la maggior parte autobiogra co. Nel. 1837 riprende la
produzione lirica. Si vede la maturità umana e letteraria del suo autore. I toni laceranti delle opere
precedenti sono scomparsi. Nei versi della maturità ci sono motivi ricorrenti. Uni di essi è il
Caucaso, vi convergono sia il ri esso egli avvenimenti bellici sia quei motivi folclorici a cui
Lermontov ora presta più attenzione. La perfetta lirica è Ninna nanna cosacca. Il canto di una
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madre cosacca sulla culla del suo neonato. Un altro tema che attira ora l’attenzione di Lermontov
è quello del destino della poesia, e in genere, della letteratura del proprio tempo.

L’uomo e l’opera

Lermontov è stato un coerente byroniano solo nella prima giovinezza; dopo di allora l’in eza del
poeta inglese è minima. I suoi personaggi (Kalasnikov, il demone, Saska, , il novizio) sono lontani
dall’essere ribelli. Coerente nel suo egotismo distruttivo è solo Pecorin. È impossibile negare che
tra lui e il suo creatore ci sia qualche rapporto spirituale, ma sarebbe incongruo andare oltre
questa constatazione. Il trascorrere del tempo, l’ovvia maturazione intellettuale dell’uomo hanno
potuto modi carne profondamente e la psiche e la poetica, ma non hanno rimosso no in fondo
l’acerbo sentimento di organizza, la sete di a etto, che non trova sbocchi e ripiega cupamente su
se stessa, che a orano nella sua poesia e nel suo teatro giovanili. La conseguenza di tutto ciò è
l’abbandono di una maschera letteraria n troppo facile da indossare, quella di byronismo
fervoroso e acritico, senza che nulla venga talmente a sostituirla.
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