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Hymnen an die Nacht di Novalis

(Gruppo di lavoro composto da Emily Brown, Virginia Brozzi, Emma Musi, Martina Pecci, Vanessa Pelle-
grini, Ginevra Rosadoni)

Biografia Novalis
Novalis è lo pseudonimo poetico di Friedrich Leopold Freiherr von Hardenberg (Schloss Oberwiederstedt, 2
maggio 1772 – Weißenfels, 25 marzo 1801). Il nome d'arte è eloquente e indica la volontà del poeta di essere
un innovatore nel campo della poesia, che egli intendeva arricchire con nuove forme, nuovi temi e rendere
capace di esprimere anche nuove sensazioni.

Novalis proveniva da una famiglia nobile impoverita e ricevette un'educazione rigorosamente pietista frequen-
tando il ginnasio luterano di Eisleben. Nel 1970 iniziò a studiare giurisprudenza all'Università di Jena, ma già
nel 1791 interruppe gli studi giuridici per intraprendere, sempre a Lipsia, quelli di matematica e filosofia.
Tuttavia, visti gli scarsi risultati accademici, il padre lo costrinse a riprendere gli studi di diritto all'Università
di Wittenberg nel 1794. Si fidanzò con la tredicenne Sophie von Kühn, la cui morte prematura a quindici anni,
insieme a quella del fratello Erasmus nel 1797, lo scosse profondamente.
Novalis morì di tubercolosi all'età di 28 anni nel 1801, ma nonostante la sua prematura scomparsa divenne il
poeta più importante del primo periodo romantico.

Le sue opere principali sono Inni alla notte (Hymnen an die Nacht) scritti tra il 1800 e il 1797, ispirati alla
morte della sua amata, I Canti spirituali (Geistliche Lieder) del 1799 e il romanzo Heinrich von Ofterdingen,
pubblicato postumo nel 1802 da Ludwig Tieck; un romanzo rimasto incompiuto, che conteneva anche poesie
e canzoni e che può essere definito come l’opera romantica per eccellenza. Il romanzo ruota sull’essenza stessa
della poesia, simboleggiata dal fiore blu, la blaue Blume, anche chiamato "nontiscordardime", di cui Heinrich
sente parlare in riferimento a terre lontane e che gli appare in sogno. Proprio la visione del fiore blu, che nel
sogno si trasforma nel volto di una fanciulla, gli fa maturare l’idea di mettersi in viaggio verso luoghi mitici.
Rappresentando il desiderio, l'amore e la tensione verso l'infinito e l'irraggiungibile, il fiore blu è assurto a
simbolo per eccellenza della Sehnsucht romantica.

Idealismo magico e immaginazione produttiva


“La poesia è il reale , è la realtà assoluta. Questo è il nocciolo della mia filosofia “.
“Quando conferiamo al comune un senso più elevato, all’ordinario un aspetto misterioso, al noto la dignità
dell’ignoto, al finito un’apparenza infinita, allora io romanticizzo”
“Il mondo deve essere romanticizzato”
Questi sono i capisaldi della filosofia di Novalis e i perni su cui ruota anche la sua scrittura.

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Sappiamo che Novalis, oltre ad essere uno dei maggiori esponenti del primo romanticismo, prende molto
spunto dalla filosofia dell’amico Fichte. Per capire meglio il suo pensiero è dunque necessario qualche riferi-
mento al concetto fichtiano dell’io, elevato dal filosofo a soggetto “creatore” e infinito, ossia l’io è il soggetto
che crea ogni cosa e non è più condizionato da alcun tipo di vincolo. Questo riconoscimento del ruolo assoluto
del soggetto, detto anche spirito, sancisce la nascita della nuova corrente filosofica dell’idealismo, concepito
da Fichte in opposizione al dogmatismo, che poneva invece il primato della natura sul pensiero. Fichte capo-
volge questo rapporto e fa derivare la realtà dallo spirito.
Novalis subisce il fascino dell’idealismo fichtiano, che egli avverte come sollecitatore di congetture e come
stimolante di ulteriori riflessioni, tanto che afferma: “è probabile che esistono ed esisteranno uomini capaci di
fichteggiare , molto meglio di Fichte“. Rifacendosi ad una delle opere maggiori di quest’ultimo, Dottrina della
scienza, Novalis conia il concetto di “idealismo magico “. Nell’idealismo magico il soggetto individuale è
appunto considerato onnipotente, essendo in grado di trasformare il mondo con la volontà e con la fantasia. A
colpire particolarmente il poeta è la nozione di “immaginazione produttiva”, già nota in Kant: Novalis vede il
mondo come il risultato di un incantesimo, di una magia, che ci porta a scambiare per reale quello che è una
nostra creazione inconscia. Egli pone al centro della sua riflessione l’“immaginazione creatrice”, in cui la
poesia si intende nel suo vero significato (dal greco “poiéin”, fare, creare). L’allargamento dei poteri del sog-
getto all’intera realtà comporta che vi sia un’unità di fondo tra individuo e natura; Novalis, infatti, condivide
con molti altri romantici un sostanziale panteismo, per cui all’unità tra la natura e l’uomo è connessa quella tra
la natura e Dio. Coerentemente con questa concezione di natura, le opere di Novalis si caratterizzano anche
per la ricorrenza di scenari onirici e fiabeschi.

MISTICISMO E NOTTE
Il senso del misticismo di Novalis è molto alto. La poesia è per lui realizzazione dell’infinito o infinitizzazione
del “reale“. Date tale premesse, il poeta assurge a vero creatore. Per poter “romanticizzare” la realtà occorre
guardarla con gli occhi della fantasia e della poeisa, non con quelli della ragione (istanza invece fondamentale
nell’illuminismo). L’assoluto può essere colto tramite il raccoglimento in sé ed è per questo che la notte diviene
la dimensione prediletta di Novalis. Essendo essa l’esperienza più prossima alla morte, è nel suo grembo che
il poeta si ricongiunge agli impulsi primari, distanziandosi dall’ambiente illuministico che non permette di
cogliere “LA VERITÀ“.
Nonostante il soggetto lirico di Hymnen an die Nacht affermi nel primo inno che qualsiasi essere vivente ama
e necessita la luce (“quale vivente, dotato di senso, non ama , tra tutte le meravigliose parvenze dello spa-
zio…la luce “), con l’incombere della notte sonno e realtà vengono a coincidere e la realtà stessa si carica di
tensione. Rivalutare l’infinito significa infatti per Novalis rivalutare tutti gli aspetti del reale, ‘redimerli’ tutti
(come aveva voluto Cristo); la morte, il male, l’esperienza negativa, il passaggio attraverso la Notte diventano
momenti essenziali di questo percorso redentivo, in quanto passaggi verso l’esperienza dell’infinito.

RELIGIOSITÀ

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Dalla biografia dell’autore sappiamo che la sua educazione religiosa ha subìto una forte impronta pietistica.
Il pietismo è una forma concreta di cristianesimo protestante che si rapportò in modo critico con i dogmi
imposti da gerarchie ecclesiastiche, predicando piuttosto una religiosità interiore strettamente individuale.
Questa religione è altamente “mistica“, in quanto dà un senso cristiano ad una vita ispirata a rigore e ascesi.
Secondo il pietismo, come del resto per il luteranesimo, il credente può ricevere il perdono delle sue colpe solo
per l’intervento della grazia divina. Questa dimensione religiosa permea tutto il testo di Novalis, ne caratterizza
anche il linguaggio. La fine del giorno ha un termine, il mondo cesserà di esistere, ma già adesso si può speri-
mentare la fine dell’affaccendarsi diurno e delle differenziazioni sentendo dentro di sé la libertà celeste e la
sua unità. Questa esposizione è fondata sulla concezione cristiana: prima del cristianesimo – così si legge
negli Inni – gli uomini erano schiacciati da un destino ineludibile e la loro esperienza era circoscritta alla terra,
alla luce, alla differenziazione. È utile ricordare quanto sappiamo della biografia di Novalis nel quale, nella
consapevolezza della sua imminente morte e nel ricordo della morte dell’amata, prende il sopravvento una
concezione che permette l’attaccamento e l’interesse alla vita. Si tratta di una concezione cristiano-romantico,
per cui l’anima che aspira all’unione mistica deve passare attraverso la morte, che è motivo di celebrazione e
di festa perché introduce alla luce celeste.

ROMANTICISMO
Chi è romantico, chi non lo è? Storicamente si è parlato di “romantico” o di “romanticismo” senza che alle
parole corrispondesse un concetto definito, come ci si può del resto aspettare quando un’etichetta viene appli-
cata a un movimento artistico e culturale in fieri. Le classificazioni storiche aiutano scarsamente a fare chia-
rezza, poiché si concentrano sugli oggetti o sui sentimenti romantici (realtà selvaggia, malinconica o entusia-
smante; esperienze ineffabili; spontaneità sentimentale e individualistica), o cercano di formulare concetti che
spesso ricalcano tentativi dei romantici di autodefinirsi.
Tre sono le strade battute dai critici nel tentativo di approdare ad un concetto dai contorni più chiari.
Una prima strada consiste nel considerare le autodefinizioni, di chi, di volta in volta, si è definito “romantico”.
Una seconda strada consiste nell’elencare alcuni caratteri fondamentali del romanticismo più o meno come
“media”, minimo comune denominatore, delle definizioni correnti, e porre questi caratteri a discrimine .
Una terza strada consiste nell’indagare se dalla letteratura tedesca tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ot-
tocento emerge un’esperienza intellettuale comune, mettendo tra parentesi le etichette e ricercando invece se
gli autori e le opere considerate di volta in volta “romantiche” non concettualizzino, nella loro diversità,
un’esperienza storica comune. In quest’ottica, il collegamento tra i temi di coloro che sono stati di volta in
volta definiti romantici sarà cercato nel riflettersi di un’esperienza sociale nella loro esperienza letteraria e
teorica.

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L’esperienza storico-sociale che emerge è la nascita della società individualistica, alla quale si accompagna la
coscienza dell’artificiosità della società, ovvero la sua storicità, l’idea che essa sia il prodotto delle azioni e
delle convinzioni umane, e che possa essere perciò oggetto di scelta e di azione intenzionale.

L’individualismo è la coscienza che la vita individuale sia affidata alla scelta di ognuno, sia sul piano intel-
lettuale (riguardo ai valori, alle opinioni, ai principi) che sul piano dell’esistenza materiale (la posizione so-
ciale, le scelte professionali). La letteratura è dominata da tale aspetto esemplificato da figure paradigmatiche,
quali l’artista, il giovane che intraprende la conoscenza del mondo e della società, l’intellettuale pubblicista,
lo scrittore politico. L’individualismo è una questione universale, poiché il problema della scelta prescinde
dall’uso che si fa della possibilità effettiva di scegliere. Dal momento in cui si comprende che l’identità perso-
nale è un compito che si pone all’individuo, si è dentro l’individualismo.

Il secondo aspetto, cioè l’artificiosità della società, è invece la coscienza che i legami sociali, le identificazioni
collettive, le istituzioni quali lo Stato, la religione, e i confini della società stessa, sono prodotti della storia,
dell’azione collettiva, dell’attività umana, non di Dio o della natura. (Si pensi al Contratto sociale di Rousseau).
Tale concezione viene portata alla coscienza degli intellettuali tedeschi dalla Rivoluzione francese; gli ideali
dell’illuminismo sono il suo presupposto storico, ma le espressioni romantiche radicalizzano questi ideali
nell’idea di una ricostituzione della società all’insegna di un principio ordinatore, che può essere la democrazia,
il cosmopolitismo, un nuovo cristianesimo, la Nazione, lo Stato nazionale.

Con Novalis, il termine “Romantik” inizia a ad assumere una connotazione positiva: esprime le esigenze spi-
rituali ed estetiche della conoscenza moderna e il contenuto ideale della nuova scuola letteraria che se ne faceva
interprete.

L’inizio ufficiale del movimento romantico in Germania si fa risalire all’anno 1798, con la pubblicazione della
rivista Athäneum, ad opera dei fratelli August e Friedrich Schlegel.

Nel primo gruppo romantico, che si raccolse intorno alla rivista, troviamo già alcuni nomi destinati ad avere
una grande importanza nel Romanticismo tedesco, tra cui Novalis – pseudonimo, come detto, di Georg Frie-
drich Philipp Freiherr von Hardenberg, Tieck e Schelling. Tale gruppo si riunì prima a Jena, poi a Berlino,
instaurando un’intensa e proficua collaborazione intellettuale, rafforzata dal fatto che i membri di tale gruppo
condividevano le stesse idee e gli stessi scopi. Nella rivista furono pubblicati alcuni articoli di grandissima
importanza per la formulazione e la divulgazione delle idee romantiche.

All’interno del movimento romantico si distinguono due periodi, che presentano caratteristiche ben distinte. Il
primo periodo, detto Frühromantik, prettamente teorico-filosofico, dura solo pochi anni, dal 1797 al 1801; è
legato alla filosofia e rappresenta la base teorica di tutto il movimento; il periodo successivo, invece, denomi-
nato Spätromantik, è meno idealista e più interessato a motivi popolari legati alle origini della propria cultura.

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I rappresentanti del primo periodo romantico, dapprima entusiasti seguaci della Rivoluzione francese, poi ama-
ramente delusi dalla sua degenerazione, trasferirono gli ideali della rivoluzione politica in ambito filosofico-
letterario, affermando una “permanente Revolution”. La peculiarità di questa prima fase romantica è, infatti,
l’affermazione e l’esaltazione di concetti quali l’universalità, il cosmopolitismo, il pietismo e il senso dell’in-
finito.

Gli autori del periodo successivo, influenzati dagli avvenimenti storici che seguirono la Rivoluzione, soprat-
tutto dalla sconfitta prussiana per opera di Napoleone e dall’occupazione della Germania da parte delle truppe
francesi, abbandonarono le idee di universalismo e cosmopolitismo e riscoprirono l’importanza della propria
patria, nelle cui origini ricercarono le precipue caratteristiche nazionali. I romantici combattevano l’idea dif-
fusa tra alcuni esponenti dell’Illuminismo secondo cui natura e società, intelletto e storia, ragione e sentimento,
filosofia e arte fossero in contrasto, così come la divisione dei generi letterari secondo una vecchia mentalità
classicista.

Novalis è il principale teorico del romanticismo tedesco, infatti in lui nascono, e con la sua morte tramontano,
i motivi teoretici della Romantik (i cui presupposti derivano sia dalla revisione dei presupposti del primo idea-
lismo, sia dalle riflessioni sulla critica come metodo universale).
Si è detto e ripetuto che Novalis è il Romanticismo, poiché incarna l’essenziale nelle sue concezioni filosofico-
estetiche e nella sua stessa opera poetica, dove s’intrecciano religiosità pietistica e filosofia della natura, utopia
antifeudale e anticapitalistica e regressione spiritualistica.
Più precisamente, Novalis rappresenta l’intatta potenzialità creativa del Romanticismo prima che si inneschi
il processo delle sue interne lacerazioni e dei suoi tortuosi sfaldamenti.
In Novalis c’è dunque il Romanticismo in “status nascendi”, nel momento, cioè, in cui la sua ricchezza di
analogie, alchimie… non si è ancora sviluppata, ma è ancora raccolta in sé stessa, nella saturazione estrema
delle sue possibilità, che sono soprattutto trasgressive e orientate al rifiuto del presente.
Il romanticismo è un esplodere di sonorità opposte, la cui coappartenenza originaria può essere intuita solo
nell’esperienza nuova della totalità, ovvero nella trasfigurazione delle antinomie.
Infatti, per Novalis, solo una volontaria rinuncia all’assoluto, apre la strada all’unico assoluto possibile, cioè
all’attività infinita e libera.

È abbastanza consueto ritenere che i romantici ripudino la ragione in nome del sentimento. Questa afferma-
zione non corrisponde pienamente a verità. In effetti, la ragione che i romantici rifiutano non è la ragione
umana, in generale, ma, più specificatamente, la ragione illuminista, vale a dire quel modo di intendere l’atti-
vità conoscitiva e razionale dell’uomo che l’Illuminismo aveva elaborato.
I romantici si contrappongono al modello precedente e kantiano di un Assoluto limitato, finito, sembrano pro-
prio rovesciare l’assunto kantiano. Prima il principio del limite era l’elemento dominante dell’Illuminismo, nel
Romanticismo diventa invece centrale il principio del superamento del limite. Dunque, possiamo dire che è
l’Assoluto o l’Infinito il protagonista principale dell’universo culturale romantico.

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Altro mezzo al quale i romantici fanno ricorso per appagare la loro sete di infinito e di assoluta libertà spirituale
è l’Arte.
Questo perché nel mondo dell’Arte l’uomo è perfettamente libero, immune da ogni costrizione e da ogni limite.
Egli crea una realtà nuova, fuori dal tempo e dallo spazio, indipendente dalle leggi che regolano il mondo delle
cose, infinita e immortale. In essa l’uomo ha la coscienza immediata della sua infinita creatività e della sua
capacità di superare tutte le contraddizioni. E in effetti, l’Einbildungskraft, l’immaginazione, è considerata
quell’attività assoluta, cui pertiene lo scambio fra finito e infinito. Solo tramite l’immaginazione è possibile
comprendere la realtà e lo spirito umano. Questa concezione rimanda inoltre allo scambio fra sapere e creare,
cioè alla possibilità di creare conoscendo, e di conoscere creando.
L’effetto di scambio fra finito e infinito è detto “Romantizzazione” che “non è altro che potenziamento qua-
litativo, conferendo all’ordinario un senso elevato”. Condizione di questo potenziamento è il principio di con-
traddizione.
Romantizzare il mondo significa che solo nella poesia consiste il vero creare in sé, e che solo il poeta è il vero
creatore. Poetare=creare.
Alla base dell’opera novalisiana c’è dunque la concezione della centralità dell’immaginazione e la priorità del
creare poetico.

Il Romanticismo e l'amore
Come possiamo immaginare, l'amore è uno dei temi prediletti dei romantici. Per loro l'amore è un'esperienza
fondamentale che permette, a chi ama, di uscire da ogni costrizione del quotidiano, del reale e del terreno, e di
poter vivere una vita divina. Quindi l'amore aveva per i romantici un carattere spirituale.
Non si deve comunque credere che l'amore per i romantici sia solo sublimazione di spiriti senza corpo. Nono-
stante la carica idealizzante, esso tende a una pienezza di sentimenti che non esclude la dimensione sensuale
ed erotica.
Tra le caratteristiche che contraddistinguono l’amore romantico si trova la globalità, ovvero la ricerca di una
sintesi fra anima e corpo, spirito e istinto, sentimento e sensualità. A ciò si accompagna anche una rivalutazione
della figura femminile che sappia personificare una donna nuova e superiore a cui è riconosciuta parità di diritti
con l’uomo, nella vita come nella cultura.
In questo senso il Romanticismo si configura come una tappa ulteriore della rivendicazione della moderna
dignità femminile.

Un' altra caratteristica dell’amore nel Romanticismo è l’unità assoluta degli amanti, ossia la completa fusione
delle anime e dei corpi, in modo tale che ciò che è due possa diventare uno.
Il nucleo dell’amore è nel reciproco sviluppo della personalità degli amanti. Il loro rapporto coinvolge l’Io, il
Tu e il mondo. Attraverso la persona amata e con un processo comune, gli amanti si rivolgono al mondo e
condividono un unico punto prospettico; rappresentando l’uno all’altra il mondo, conquistano nell’agire

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reciproco la propria individualità. L’amante non ricerca semplicemente la metà dell’Io già formata nella per-
sona amata, come espone la dottrina platonica, nel mito del Simposio, ancora accettata dalle concezioni pre-
cedenti il romanticismo e secondo la quale la perfezione dell’incontro amoroso con la propria metà comple-
mentare ripristina l’unità originaria dell’essere umano. Il processo che unisce gli amanti romantici non si con-
figura come la ricerca di una completezza già data e solo da ritrovare, né prevede una conclusione; è bensì
creazione reciproca.

Novalis ritiene che ciascuno cerchi di conquistare il proprio Sé trascendentale ed essere l’Io del proprio Io: nel
processo del nostro divenire tendiamo all’unità trascendentale dell’Io, al di là della dimensione empirica della
nostra individualità e decidiamo di costruire il sistema centrale dell’Io. Per dire Io, per conquistare questa
fondazione, è però necessario il confronto con il Tu e comprendere nel Tu l’Io, il Tu e il
mondo.

Nell’epoca che precede il Romanticismo l’individuo è definibile come il riassunto della sua storia, delle sue
esperienze, dei suoi gusti, interessi e qualità; le variazioni e trasformazioni che subisce nel corso della vita
sono previste entro un quadro generale che non viene messo in crisi, fino allo sconvolgimento provocato
dall’irruzione dell’amore romantico.
Il concetto di passione è tradotto dai romantici in sconvolgimento, non deciso dal soggetto e al di fuori del suo
controllo e delle sue capacità; non è più dunque concepito come un patimento subito passivamente ma neppure
intende la libera scelta che è alla base dell’istituzione, del matrimonio, secondo un concetto moderno
dell’amore romantico.
Attraversata la fase di caos, di sconvolgimento l'uomo romantico tende a costruire attivamente per raggiungere
un probabile assestamento, il centro del proprio Io, mediante un costante confronto e riferimento col Tu, entro
il quale vede sé e il mondo.
La comune elaborazione del proprio Io è però una ricerca che mai si realizza completamente perché il processo
dell’amore romantico è caratterizzato dall’anelito all’infinito.

Un’ulteriore peculiarità del Romanticismo è il rapporto tra finito ed infinito.


L’amore conferisce al finito un'apparenza infinita ponendo il sentimento come principio e fine ultimo. Da ciò
deriva l'importante concetto di Sehnsucht, la "malattia dell’anelare", è una parola tedesca, non traducibile in
italiano, che esprime un concetto della cultura romantica ad indicare l’anelito verso qualcosa di irraggiungibile.
Indica lo stato d’animo struggente e nostalgico dell’uomo romantico che nonostante sia consapevole di non
raggiungere l’oggetto desiderato comunque non si ferma, continua ad amare il suo desiderio e a desiderare il
suo amore irraggiungibile tentando di superare i limiti della realtà terrena. Spesso il soggetto, a causa del dolore
sperimentato, si rifugia in sé stesso talvolta desiderando anche la morte.

Amore Romantico in Novalis


Novalis è il poeta che più di ogni altro incarna la sensibilità e la Sehnsucht romantiche.

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Il sentimento che prova verso Sophie viene sublimato poeticamente come una vera e propria sorta di “reli-
gione”; si tratta infatti di un amore assoluto, indipendente dal cuore, fondato sulla fede. Sarà proprio la visione
dell'amata, nel III Inno alla Notte, quasi fosse un’intermediaria di Dio, a spezzare il legame dell’io lirico con
la vita terrena così da permettere allo spirito del poeta di elevarsi al regno della notte, di aprirgli le porte del
mondo soprasensibile.
Da un punto di vista prettamente biografico e stando alle sue dichiarazioni, sappiamo che la morte di Sophie
ebbe per Novalis un effetto devastante.
«Senza di lei per me non c’è niente al mondo», scriverà nel suo diario, «il mondo è sempre più estraneo – le
cose intorno a me indifferenti»: Novalis si sente distaccato da un mondo che gli appare sempre più insulso. La
morte della ragazza desta nel poeta una volontà di non-essere, un desiderio di morte, di totale annullamento;
questo desiderio è alla base della genesi degli Inni alla notte.

Il concetto di morte connesso al sentimento amoroso era stato anticipato circa 25 anni prima nel 1774 da
Goethe ne "I dolori del giovane Werther".
In questo romanzo il protagonista Werther si innamora di Lotte, già promessa sposa ad Albert. Insoddisfatto
sul piano esistenziale e lavorativo Werther cerca rifugio ed empatia nella natura, altro tema che ritornerà anche
nel Romanticismo. Alla fine del romanzo Werther, conscio che le sue aspirazioni non si potranno mai realiz-
zare e dell’amore impossibile per l’amata, si suicida sparandosi un colpo in testa. Quindi vi si ritrova il tema
dell'amore irraggiungibile insieme anche a quello per la natura che ritorneranno nel movimento romantico.

Il sentimento amoroso non è più quello platonico e razionale del Rinascimento ma carnale e passionale appar-
tenente all’uomo romantico, capace di provare emozioni al limite ed estremamente profonde grazie a quella
sua parte fortemente spirituale che l’Illuminismo aveva lasciato in secondo piano. Il canto dell’amore è un
mezzo per appagare la sete di infinito. Tuttavia l’amore romantico appare maledetto, irrealizzabile. Ma la morte
non è qualcosa che distrugge la vita, bensì è qualcosa che conferisce alla vita maggior valore. Se la morte
allontanerà uno dei due amanti, essa produrrà un arricchimento e la nobilitazione morale di chi sopravvive.

«Quando si fugge il dolore - afferma Novalis - è segno che non si vuole più amare. Chi ama dovrà eternamente
sentire il vuoto che lo circonda e serbare la sua ferita aperta».

Dirà ancora «la vita è l'inizio della morte. La vita esiste per amore della morte».

Novalis sembra divenire testimone dal legame che unisce la vita alla morte, il giorno alla notte, che non devono
essere visti come opposti e contrari, ma come complementari, come due facce della stessa medaglia.
Tutto ciò che all’essere umano è sempre apparso come in opposizione, la vita e la morte, adesso appare in
armonia nella rivelazione di Novalis, che riesce a superare il dualismo fra le due realtà grazie all’esperienza
dell’amore e della fede.

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Proprio negli Inni alla notte il grande poeta tedesco ritrova nella fuga dalla luce e nella pace delle tenebre
l'immagine confortatrice di Dio e dell’amata.
La notte, misteriosa e sublime, permette l'abolizione dello spazio e del tempo, aprendo in noi gli «occhi infiniti»
che ci consentono di percepire l'unità del tutto, dell'amore e della morte stessa.

La notte
Negli Inni alla notte (1800) Novalis inaugura il concetto di notte romantica.
Volendo procedere con ordine, occorre innanzitutto specificare che essa si contrappone al giorno inteso come
momento di attività e di lavoro nonché di ordine.
Al contrario, la notte è in grado di portare all’annullamento di queste distinzioni facendo trasparire in partico-
lare la superiorità della poesia rispetto alla filosofia (che è l’ambito del concetto, quindi della differenziazione).
Lo fa attraverso un mantello, di sonno e di oblio, che ci porta ad una commozione.
In questo stato appare evidente la superiorità della poesia contrapposta alla filosofia. Quest’ultima, secondo
Novalis che pure ha un pensiero filosofico, non è in grado di comprendere al suo interno l’Assoluto in quanto
espressione totale di vita tanto intellettuale quanto fattuale.
Bisogna altresì considerare che il regno della notte racchiude anche la fusione tra amore e morte, che porterà
a una futura redenzione dalla morte stessa.
Procediamo però a prendere in analisi l’andamento di questi temi negli Inni.
Al principio la notte viene presentata come momento di fusione tra innamorati e d’inizio dell’oscurità. Se ne
desidera l’eternità, ma nel secondo inno sopraggiunge nuovamente il giorno. Tuttavia, nell’inno successivo
emerge il sonno, emblema di morte, che porta il poeta a rivivere l’unione con l’amata.
Il punto maggiormente concitato risulta essere il quarto inno, nel quale la superiorità della notte prevale sul
giorno: l’esperienza permette agli amanti di proseguire il sentimento al di là del giorno e della notte.
Si tratta di un passaggio irreversibile, tanto che negli Inni non si torna più all’affacendamento diurno.
Nonostante il tumulo antico in cui è sepolta l’amata, il valore positivo della morte è dato dal cristianesimo.
Ci si sposta poi ai piedi della collina dove si manifesta il contrasto con la sorgente da cui sgorga una nuova
concezione della vita, ora assimilitata ad un fiume. Questa immagine esprime un sentimento di vita: cercare
un senso all’esistenza nell’amore infinito degli amanti, attraverso il quale ci si spiega anche il tumulto diurno
pur non vivendoci continuamente.
Solo coloro che hanno sperimentato la morte rimangono superiori a ciò che di terreno esiste e l’esperienza
amorosa è oltretutto anche opportunità di esplorazione del legame notte e giorno. Tutto inizia nell’oscurità e
ritorna in essa dopo il giorno, le cui distinzioni sono legate indissolubilmente al corpo della madre.
Il giorno giungerà al termine, ma l’uomo sentirà, comunque, l’unità.
Il sopracitato passaggio è fondamentale perché basato sulla dottrina cristiana.

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Prima del Cristianesimo, l’uomo nel fare esperienza era legato alla luce e alla differenziazione e vedeva quindi
la morte cone fine (pensiero orrendo). L’unica consolazione era rappresentata dai monumenti che non chiari-
vano il significato della morte. Gli uomini dunque, sperimentando la morte, si sentivano soli e abbandonati; la
nascita di Gesù segna invece l’inizio di una nuova vita all’insegna della poesia.
Dall’avvento del Cristianesimo in poi, dunque, le manifestazioni della morte acquisiscono un senso ed esso
viene esplicitato da Novalis attraverso il cantore che si spinge fino in India.
Egli rappresenta da un lato il modo in cui l’Occidente si è appropriato del messaggio cristiano, dall’altro il
valore universale della civiltà cristiana. Da qui deriva anche l’ultimo inno carico di rappresentazioni cristiane
(eucarestia). In definitiva, morire per il Cristiano significa partecipare del corpo di Cristo ed è un richiamo alle
nozze con questo Sposo. Quest’ultimo invito dovrà ricevere risposta secondo l’esempio evangelico delle ver-
gini sagge che invocano impazienti l’arrivo della morte. La morte quindi non deve essere motivo di struggi-
mento perché con essa l’amore non ci viene rubato; al contrario, essa fa assumere alla vita una dimensione
eterna. In tal senso, la morte diverrà una notte colma di delizie.
Tutto ciò è rafforzato maggiormente nel più estremo degli Inni: nell’Elogio alla notte confluiscono infatti tutte
le esperienze precedenti.
I simboli mitologici antichi, in primis il traghetto di Caronte, deve essere salutato come benvenuto perché ci
prepara all’Aldilà. Ora notte e morte hanno un valore positivo: la morte è infatti il momento del ricongiungi-
mento di tutti i tempi e noi speriamo di ritornare alla luna, la nostra patria.
Gli uomini hanno pertanto dimenticato il periodo degli eroi, nel periodo in cui Dio si sacrificò per loro, espe-
rienza che possono ripetere a loro volta riattingendo alla patria celeste.
Alla fine si cita il nome di Dio e l’ultimo è un inno alla morte cristiana.
In definitiva il concetto di notte romantica è un’esaltazione dell’unità acquisita attraverso il sentimento poetico.

Introduzione agli Inni alla notte


Gli Inni alla notte (Hymnen an die Nacht) costituiscono un ciclo di poesie con le quali Novalis ha raggiunto
l'apice espressivo del suo sentimento romantico. La stesura si colloca fra il 1797 e il 1800, anno della loro
prima pubblicazione sull'ultimo numero della rivista "Athenäum". L'ispirazione trovò principio con la morte
dell'amata fidanzata Sophie (19 marzo 1797), alla quale Novalis reagì incupendosi ancora di più ed staccandosi
da un mondo che, adesso, era per lui estraneo e insensato. Così, nella sua malinconia, viveva in un'"eterna
notte", una perenne alienazione, tanto da sentirsi un tutt’uno con l'oscurità e da non sentir più dolore alcuno,
nemmeno la morte.
Tuttavia, un fatto sconvolse l'animo del romantico: ad una visita della tomba, nel maggio del suddetto anno,
venne colto da un'astratta benedizione, una consacrazione che gli fece attraversare una dimensione di lietezza
all'interno della quale tempo, spazio e ogni aspetto della vita materiale vennero soffiati via da un intenso sen-
timento che lo fece ricongiungere con la dimensione terrena, stavolta libero dal precedente senso di angoscia
opprimente. Adesso Novalis intraprende un percorso di riconciliazione col suo animo, vivendo con la promessa
sposa un rapporto non di semplice amore, ma di vera e propria religione. Sophie ora è l'unica luce eterna nella

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perenne notte del ragazzo, interessato nuovamente alla vita. La figura femminile assume così il ruolo di inter-
mediaria fra Novalis e Cristo, aprendo quindi la strada verso l'eterna pace.
L’espressione dei sentimenti subirà un crescendo d'intensità quando, tre settimane dopo il decesso della ra-
gazza, avverrà anche quella del fratello Erasmus, principale confidente dell'autore.
La narrazione parte dunque dalla dolorosa esperienza della morte di Sophie, e si snoda attraverso un percorso
etico e filosofico che ha come destino ultimo un rinnovamento spirituale. Ognuno dei sei inni segna infatti uno
scalino verso questa nuova ed immateriale consapevolezza; ma è soprattutto il terzo a segnare una svolta de-
cisiva perché successivo alla visita della tomba, ossia al momento di presa di coscienza e riconciliazione spi-
rituale.
Il ciclo comprende sei inni singoli in prosa ritmica, che potrebbero esser visti come un unico poemetto con
strutture diseguali e versi sciolti. Mentre i primi tre inni sono scritti in prosa, il quarto ed il quinto presentano
un alternarsi di prosa e poesia. Solo il sesto inno ha una struttura interamente in versi, con strofe sestine legate
dalla rima ABABCC.

Hymnen an die Nacht


Gli inni alla notte sono un poema in prosa ritmica e in versi, suddiviso in sei parti diseguali. I primi 3 potrebbero
essere in stretta relazione con la morte dell’amata (nella biografia dell’autore: Sophie) e rappresentano l’es-
senza più pura del fenomeno romantico. Sarebbe tuttavia limitativo spiegare l’intera opera con l’elemento
biografico, che risulta infatti sublimato grazie alla poesia che trascende l’elemento individuale e aspira a una
dimensione universale.

I inno
Il primo inno inizia con una lode alla luce, che viene definita gioiosa e radiosa. La luce è una forza che suscita
vita, e tutti gli esseri viventi ne sono pervasi, dai minerali all’uomo, che viene chiamato Fremdling, straniero,
forestiero. Nel primo inno lo stacco che rompe la continuità musicale è indicato dall’avverbio abwärts (VERSO
IL BASSO),con il quale si introduce il mondo notturno. Si ha infatti un rovesciamento tematico dove è molto
evidente il passaggio dalla lode alla luce a quella della notte. Questo momento rappresenta l’interiorità
dell’anima. Ad un certo punto la notte si umanizza e, ormai personificata, si rivolge direttamente al poeta. La
notte prende le sembianze di una giovane madre che simboleggia l’origine della vita ed è proprio a questo
punto che il giorno non può più essere celebrato. Il volto materno che appare a Novalis è la visione dell’unione
con l’amata che appare sotto l’aspetto della notte. Nell’amata come sole notturno è forse presente un eco di
Shakespeare (Romeo e Giulietta). La contrapposizione fra mondo notturno e mondo diurno è solo apparente
in quanto quest’ultimo appartiene al mondo delle cose vane, in cui il travaglio, l’agitazione e l’ansia rappre-
sentano la sfera della quotidianità, mentre la quiete è raggiunta da un abbandono amoroso la notte.

II inno

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Come si legge all'inizio del secondo inno, saranno la irdische Gewalt (potenza terrestre) e la unselige Ge-
schäftigkeit (vano affaccendarsi [così la traduzione nell’edizione italiana, unselig è però più precisamente la
negazione di selig – beato, felice –, quindi da rendere più correttamente come l’affaccendarsi infelice, infau-
sto]) a consumare il volo celeste della notte. Quell’agitarsi appartiene alla spazialità e alla temporalità che
caratterizza il mondo terreno, mentre la notte è elevata a dimensione fuori dal tempo e dallo spazio. Il dominio
senza tempo e senza spazio viene spezzato dal sorgere del giorno. Per penetrare in questa dimensione occorre
conoscere la vera virtù del sonno, che è il tema centrale del secondo inno. Il sonno è detto heilig (santo, sacro)
e ad esso, inteso quale rottura della vuota ripetizione del giorno, sono destinati i consacrati della notte. Questo
sonno è dunque il tramite magico-estatico che avvicina all’essenza ultima del reale, alla profondità del sogno.
Novalis differenzierà il sonno in 2 tipi: 1) il sonno terreno che è conosciuto dalle persone comuni 2) lo Heiliger
schlaf che è il sonno santo (o sacro).

III inno
In questo inno avviene la metamorfosi del tumulo dove è sepolta l’amata dell’io lirico in una nube attraverso
la quale l’io vede le fattezze di lei trasfigurate.
Qui non si parla più della condizione dell’uomo in generale, la storia si contrae in un’esperienza (auto)biogra-
fica. La rivelazione nasce dalla disperazione di colui che dall’essere amato, si trova, a causa della morte
dell’amata, a essere solo al mondo come mai nessuno lo era stato. Per un attimo il poeta viene sollevato nel
regno della notte e la luce che gli appare non è più quella terrestre, bensì quella dell’amata. L’esperienza vissuta
dell’entusiasmo donato dalla notte diventa una seconda nascita, l’iniziazione di una nuova vita ed è qui che si
compie un passaggio ad un grado superiore rispetto al I inno dove la donna amata era rappresentata sotto le
sembianze di una madre. La notte nuziale con cui si chiudeva il primo inno non lasciava ancora intravedere il
volto dell’amata. Si trattava piuttosto di una promessa offerta dalla notte, anche detta regina del mondo.

IV inno
Nel IV inno si manifesta la venatura cristiana e più precisamente cristocentrica; essa fa evidentemente riferi-
mento al cristocentrismo pietista e al concetto di redenzione. Il termine Geliebter che appare alla fine del IV
inno (“aspirami in te, o amato con forza perché mi addormenti ed imapari ad amare” non è riferibile già alla
morte bensì a Cristo (Ritter).
Il quarto inno mostra come il poeta sia ormai diventato l’annunciatore del legame che esiste fra il mondo della
luce e il mondo della notte e senta la nostalgia di quest’ultimo. Se ben si comprende l'annuncio che fa l’io
lirico, i due mondi non devono essere concepiti come contrari bensì devono integrarsi e completarsi recipro-
camente. La parola "morte " non compare, compare invece la croce chiamata "vessillo trionfale della nostra
stirpe" perché è simbolo di morte e insieme di redenzione, è la chiave per entrare nel regno della notte. L'inno
si conclude con versi in rima alternata, che esprimono la nostalgia della morte, della croce e, anche se non
viene nominato, di Cristo. La stessa ambiguità con cui viene designato lo heiliges Grab (la tomba santa) po-
trebbe alludere al tumulo dell’amata come al simbolo della morte o allo stesso sepolcro di Cristo. In questo

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ultimo caso questo sepolcro acquisisce il significato di una meta finale del pellegrinaggio interiore. Cristo
costituisce lo sfondo centrale dell’intero poema. In questo cammino interiore il tramutarsi magico avviene
grazie all'amore, poiché l'amore agisce magicamente e la magia crea un’unione con Dio. Per Novalis lo scopo
dell’amore è il congiungimento con Dio, inteso non in senso religioso ma come l’Assoluto.

V e VI inno
Gli inni quinto e sesto sono ispirati al culto della morte e della notte: morte e infinitudine sono collegate e
vengono poste in relazione poiché morte è nascita alla infinitudine. La morte è dunque la stazione di passaggio
di quella metamorfosi del terrestre nel celeste prefigurata in Cristo, vincitore sulla morte stessa. La corrispon-
denza di notte e morte fa sì che Cristo sembri figlio della notte. La notte infatti non è semplicemente polo
opposto alla luce, è proprio la densità molecolare di una notte trasfigurata interiormente che non esclude l'eb-
brezza della luce liberata dall’ansia della quotidiana fatica. Lo stesso vale per la morte che è un aldilà, un
ritorno allo stato totalmente trasfigurato.
Nel V inno, l’io lirico canta il cammino attraverso il quale l'umanità arriva a comprendere il significato della
vita e della morte e a vincerne il terrore. Nella prima parte dell’inno viene descritto il mondo degli Dei domi-
nato dal destino: il gigante che regge il mondo è Atlante, i figli primordiali della terra sono i titani, l’abisso del
mare era la dea Teti, il dio nei grappoli Dioniso, la dea nei covoni di grano Demetra e la bella dea dell’ amore
Afrodite. La credenza negli dei e il seguente scetticismo nei loro confronti sono gradi attraverso cui l'umanità
doveva passare prima di arrivare ad una superiore conoscenza, quella che le sarebbe stata aperta da Cristo. Il
poeta è annunciatore di un tempo nuovo dove avverrà la riconciliazione fra il mondo antico e pagano e quello
cristiano, quindi fra gli Dei e confine religioso unendo cosi mondo antico e mondo della religiosità.

Il VI inno porta il titolo Desiderio di morte in quanto esprime la gioia per essa. Il raggiungimento del regno
dei cieli è presentato come il culmine della storia dell'umanità e anche il fine di ogni individuo. Sono le persone
care che hanno già fatto l'esperienza della morte a infonderci il sospiro, il desiderio, la "Sehnsucht" per essa,
per l'immersione nell'eternità. Numerose citazioni classiche e cristiane si intrecciano in questo inno, che inizia
con la barca di Caronte, che porta nell’ aldilà: dentro l’angusta barca è veloce l’approdo alla riva del cielo. Là
il poeta arriverà accompagnato e guidato dalla sposa e dal Cristo. Il poeta sarà portato istintivamente ad amare
la notte, ma in un attimo si ritrova nel mondo della luce terrestre alla quale ritorna portando però nel cuore la
nostalgia. Cosa importante su cui riflettere è che gli ultimi due inni sono paralleli ai primi 4: nei primi l’io è
stato consacrato attraverso l’amata ai misteri della notte e dell’infinito, mentre negli ultimi non sarà più il
singolo individuo bensì l’umanità che troverà la sua autentica patria in Dio attraverso la mediazione di Cristo.

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