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La meditazione

La pittura romantica italiana risentì dei moti risorgimentali che infiammarono la penisola, per
questo si concentrò sulla rappresentazione di episodi storici che potessero rafforzare l'impegno e
l'amor per la patria negli uomini. Essi condividono con il resto dell'Europa ideali stilistici e princìpi
quali la preferenza di una decisa componente sentimentale e una concezione dell'opera d'arte
finalizzata alla comunicazione di contenuti civili e morali.

FRANCESCO HAYEZ
(1791-1882)
Francesco Hayez nasce a
Venezia il 10 febbraio 1791,
ultimo dei cinque figli di una
famiglia molto
povera (il padre, di origine
francese, fa il pescatore) viene
ben presto affidato allo zio
Giovanni
Binasco, amatore e mercante
d’arte di origine genovese. In
questo ambiente Hayez si
accosta alla
pittura, divenendo allievo dei
pittori Francesco Magiotto e
Teodoro Matteini.
A sei anni mostra già una
spiccata disposizione per il
disegno, per cui lo zio lo avvia
alla carriera
artistica; a Venezia frequenta
spesso la collezione Farsetti (così
come aveva fatto il Canova
diversi
anni prima) e qui si esercita a
studiare e copiare i calchi in
gesso di statue antiche.
Nel 1806 viene ammesso ai corsi
di pittura dell’Accademia di
Belle Arti di Venezia e nel 1809
vince
il concorso, indetto
dall’Accademia stessa, per un
“alunnato” (borsa di studio) a
Roma, della durata
di tre anni. Hayez era stato
notato e apprezzato da Leopoldo
Cicognara, teorico dell’arte
neoclassica
e amico del Canova.
Stabilitosi a Roma, viene
affidato da Leopoldo Cicognara
(presidente dell’Accademia
veneziana) ad
Antonio Canova. Grazie alla
protezione dell’influente
scultore, nel 1812 Hayez vince il
concorso
pittura dell’Accademia di
Brera sul soggetto del
Laocoonte e comincia a farsi
conoscere
nell’ambiente artistico romano,
accostandosi, in particolare, a
quello classicista e purista
come
dimostrano le sue prime opere
importanti: Rinaldo e Armida
(1813) inviato all’Accademia di
Venezia
come ultimo saggio del
triennio romano, e Ulisse alla
corte di Alcinoo (1814-1816),
commissionatogli da Gioacchino
Murat e inviato alla corte
napoletana.

LA MEDITAZIONE, 1851,
92,3 x 71,5, Verona, Civica
galleria d’arte moderna. Il
dipinto,
insieme a una precedente
versione del 1850, segna un
momento di svolta nella pittura
di Hayez,
orientata e condizionata
ideologicamente dai tragici
eventi politici del 1848 che il
pittore, a Milano,
aveva vissuto in prima persona.
Messo da parte il vero e proprio
genere storico, Hayez aveva già,
negli anni Quaranta, elaborato un
suo personalissimo repertorio
romantico trasferendo una
valenza
politica e civile a una serie
iconografica definita
genericamente Malinconia e
strettamente collegata
con le pensierose eroine
bibliche (Rebecca e Tamar) e
con le seducenti Bagnanti o
Odalische,
emblema già di un malessere
esistenziale. Dieci anni dopo,
circa, in seguito alla delusione
risorgimentale del 1848, la
“malinconia” della coscienza
contemporanea si trasforma in
Meditazione.
Nella prima versione, esposta
a Brera con il titolo di
Meditazione sopra l’Antico e
il Nuovo
Testamento, il motivo patriottico
del dolore dell’Italia sconfitta
veniva celato da un
travestimento
religioso. In questa seconda
Meditazione, del 1851, eseguita
per il conte veronese Giacomo
Franco,
collezionista di arte
contemporanea dai sentimenti
liberali, il messaggio politico si
interpreta più chiaramente
attraverso gli oggetti tenuti in
mano dalla sensuale figura
femminile: la
finta Bibbia con la scritta “Storia
d’Italia” (presente anche nella
versione del 1850) e una
luttuosa
croce del martirio risorgimentale
sulla quale compare la scritta in
rosso: “18.19.20.21.22 marzo
/1848”, la data delle Cinque
giornate di Milano. La figura,
particolarmente intensa ed
espressiva,
è raffreddata nella sua carica
emozionale dal cromatismo
perlaceo e lunare, che crea un
suggestivo
gioco di chiaroscuri

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