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TEMPO, MEMORIA E STORIA

La dimensione del tempo è da sempre oggetto di studio e di indagine da parte dell’uomo. Scienziati,
filosofi, psicoanalisti, scrittori si sono occupati, ciascuno con gli strumenti della propria disciplina o
arte, di scoprire e di definire la natura di qualcosa di sfuggente e misterioso come il tempo. Già
nell’antichità la concezione del tempo non era univoca.

 La lingua greca utilizzava due parole per indicare il tempo. Kronos era il tempo lineare,
immaginato come una linea retta che procede in avanti, sulla quale si distinguono un prima
e un dopo; kairos era invece l’attimo fuggente, una situazione particolare e irripetibile in
cui avviene un certo fatto, che in italiano indichiamo a volte con la parola occasione.
 Anche la lingua latina aveva più parole per indicare il tempo, corrispondenti a significati
diversi. Il termine latino tempus deriva etimologicamente da temno, cioè tagliare: il tempus
era una dimensione che può essere tagliata, misurata, mentre la parola aetas indicava il
tempo della vita umana contrapposto a sua volta all’aevum, il tempo ciclico dell’universo

L’uomo ha sempre saputo, prima in modo intuitivo e poi con l’appoggio della scienza, che accanto al
tempo materiale della sua giornata scorre quello infinito dell’Universo, rispetto al quale il suo breve
tempo è quasi insignificante. Nel corso del Novecento all’idea di un tempo lineare, uguale per tutti
gli uomini, si è affiancata quella di un tempo personale, legato alle emozioni e alla coscienza
dell’individuo. La concezione del tempo come coscienza riguarda ogni singolo uomo, il suo rapporto
con la realtà. Nel tempo della coscienza passato e presente si confondono e si intrecciano, e il
tempo dell’uomo si dilata e si restringe in relazione ai suoi stati d’animo, alla sua percezione della
realtà.

MEMORIA E POESIA

Nella mente umana nulla viene cancellato, nessun momento della vita è perduto: il meccanismo
della memoria immagazzina e conserva. Dimenticare non significa eliminare, ma solo mettere da
parte. A volte la memoria rievoca consapevolmente il passato, a volte invece i ricordi riemergono
inaspettatamente. Può bastare un suono, un odore, un sapore, un’immagine per riportare alla luce
fatti o persone che erano svaniti, che non ricordavamo in alcun modo, ma che sono stati parte
della nostra vita. La memoria è parte integrante dell’identità dell’uomo, costituita sia da un passato
comune a tutti gli uomini sia da un passato individuale, di nessuno dei quali egli può fare a meno. La
perdita traumatica della memoria comporta infatti un totale disorientamento, non solo della
personalità ma dell’identità stessa della persona, che deve ricostruire tutto il proprio percorso di
vita. La memoria è inoltre un’arma contro il passare del tempo, tiene vivo il proprio mondo affettivo
anche quando le persone che ne hanno fatto parte non ci sono più. Per gli esseri umani il timore di
essere dimenticati è molto forte e vivere nella memoria degli altri viene considerato un modo di
sopravvivere alla propria morte. La memoria a volte deforma nel tempo le immagini del passato e
non sempre ciò che si ricorda corrisponde esattamente alla realtà: le immagini spesso si
conformano all’idea di passato che si adatta meglio ai nostri desideri.

Idealizzare il passato è un rischio della memoria, ma essa è anche uno strumento per riviverlo
criticamente, per scoprirne, alla luce delle esperienze successive e del presente, significati del tutto
nuovi o che all’epoca dei fatti non si era stati in grado di cogliere.

Nella poesia lirica la memoria è rievocazione del passato del poeta, che rivive momenti e incontri
della propria vita e spesso li riconsidera alla luce del presente. Nelle prime raccolte di Montale la
memoria ha una dimensione tutta personale: è il tempo delle «occasioni», momenti in cui i ricordi
del passato affiorano inaspettatamente e dai quali il poeta si aspetta una chiave di lettura per la
propria esistenza. Nella raccolta Le Occasioni il ricordo di una persona o di una situazione scatta
improvvisamente e dà la possibilità a Montale, non solo di rivivere, ma soprattutto di comprendere
momenti del passato. In questa lirica, scritta nel 1937, il poeta parla di una figura femminile, Clizia,
che emerge nella sua memoria. Il tema è lo smarrimento e il dolore di fronte allo sfumare del ricordo
della donna. La memoria soccombe davanti alle forbici del tempo, e non lascia al poeta la possibilità
di recuperare e comprendere il proprio passato. La sensazione della perdita è netta e dolorosa.
STORIA= BEPPE FENOGLIO E IL RACCONTO DELLA RESISTENZA COME RIELABORAZIONE DI UN
RICORDO.

LETTERATURA= ISABELLE ALLANDE ‘LUNGO PETALO DI MARE’ RACCONTO ASCOLTATO 50 ANNI FA


DA VICTOR PEY

CINEMA= LA VERA STORIA DI LOUIS ZAMPERINI ATLETA OLIMPICO DURANTE LA SECONDA GUERRA
MONDIALE + NADIA COMMANECI E LA MEMORIA DI UNA GINNASTA CONTRO IL COMUNISMO

MEMORIA E ARTE= Il pittore Edvard Munch è il più importante pittore norvegese e uno dei principali
precursori dell’espressionismo. La sua vita fu segnata da eventi tragici. La madre, la sorella sono
morte di tubercolosi. È proprio quest’ultimo avvenimento ad ispirare il dipinto “La bambina malata”
che apre la fase matura dell’arte di Munch. La gestazione di questa opera è dettagliatamente
descritta nel diario personale dello stesso Munch, ove è spiegato il legame che vincola le sue vicende
esistenziali al suo modo di fare arte. Munch intendeva restituire l'«impressione» psicologica,
interiore dell'agonia della sorella quindicenne. Il dipinto raffigura Sophie vista di profilo, stesa su un
letto. Accanto a lei, inginocchiata, vi è una figura femminile che congiunge le proprie mani con quelle
della bambina, in un gesto di saluto estremo. Al centro geometrico del quadro c'è l'intreccio delle
mani, solo abbozzato da macchie di colore informi, non c'è descrizione, è un'evocazione. Eppure
queste macchie informi comunicano tutta l'intensità di un legame affettivo e della disperazione di
due persone che non vogliono lasciarsi. Munch vuole farci sentire l’odore della malattia, il senso di
chiuso. Anche la pittura sembra malata: è tutta corrosa, graffiata, la materia del colore è tutta
disfatta, sembra avere il cancro, sembra rovinarsi sotto i nostri occhi. I colori scuri sembrano sporchi.
I colori chiari sono freddi, bianchi e verdastri ed emanano fosforescenze inquietanti. La critica
accoglie l’opera del pittore, poco più che ventenne, in modo impietoso. Il messaggio di Munch non
viene compreso.
La tecnica nervosa ed essenziale in cui era stato dipinto creò sconcerto e disprezzo nella critica,
tanto che le mani delle due donne, congiunte e quasi fuse, in un saluto estremo, vennero
paragonate a "purea di aragosta".
Munch sceglie di andare oltre alla tradizionale descrizione naturalistica dei corpi. Ma queste scelte,
consapevoli e coraggiose vengono invece fraintesa come un’offensiva trascuratezza pittorica. Gli
intenti espressivi di Munch sono nuovi e diversi. Si rende conto che il colore suscita più direttamente
l’emozione.

RAPPORTO UOMO-TEMPO:

(Affrontato nelle epistole a Lucilio scritte dopo il ritiro dalla vita pubblica e nel de brevitate vitae
scritte dopo l’esilio) Seneca scrisse sul tempo pagine che ben si adattano al mondo moderno. Il
tempo ha un aspetto morale-etico, come coefficiente del fattore di felicità nell’uomo, per cui è
importante il valore qualitativo del tempo, l’uso che se ne fa. Vi è in Seneca una vera dicotomia tra il
giusto impiego del tempo, l’esserne padroni nel vivere e il semplice esse = esistere: chi mostra i
segni esteriori della vecchiaia, ma non le tracce di un percorso qualitativo verso la virtù è esistito a
lungo ma non ha vissuto a lungo, secondo il filosofo. “Per imparare a vivere ci vuole tutta la vita e –
cosa che sorprenderà ancora di più- ci vuole tutta la vita per imparare a morire” (De brevitate
vitae) Perciò è necessario vivere il presente “vivi senza indugio”, in una condizione “atemporale e
assoluta, slegata dall’attesa del futuro e non dipendente dal passato”: il presente è un punto, un
istante, nello spazio e nell’eternità, quello che noi viviamo è un punto, e ancor meno di un punto: "la
vita, se la sai usare, è lunga” (vita longa est, si uti scias)”. La vita dell’uomo non è in sé breve, ma
diviene tale in quanto gli uomini la sprecano in occupazioni e impegni superflui. Quello di Seneca è
un invito a vivere, che non ha niente a che vedere con il carpe diem oraziano. Egli vuole soltanto
spingere l’uomo a fare un’autoanalisi. Egli non vuole cogliere l’attimo fuggente, ma vuole vivere
pienamente tutto il proprio tempo che è poco se gli altri ne usano e ne abusano, mentre è
abbondante se lo si sa utilizzare bene, attraverso lo studio, la conoscenza e la lettura degli autori
del passato. Quello che conta è il presente, perché il tempo “scorre come un fiume in piena che se
non siamo in grado di seguire intensamente ci travolge.”. La vita è divisa in tre momenti: passato,
presente e futuro. Il passato è certo, costituisce un’acquisizione definitiva, quindi è sicuro, il
presente è breve, il futuro è incerto. Il tempo è l’unico vero possesso dell’uomo, ma non ce ne
rendiamo conto e lo sciupiamo in mille occupazioni e passioni. L’errore che compie l’uomo è di
non vivere per sé, ma per le ambizioni, gli avversari e il patrimonio, tutte cose che non gli
appartengono, cadendo così nel colossale paradosso: quello di una persona avara di tutto ciò che
non gli appartiene e invece prodiga del suo vero e unico possesso. Si vive come se si dovesse vivere
sempre: “temete tutti di essere mortali, e desiderate tutto come se foste immortali”. Non conta
quanto si vive, ma come si vive. L’unico modo per misurare la “quantità” della vita è quello che ne
misura la “qualità”.

GRECO= Il tempo pur non essendo un movimento costituisce la misurazione del movimento stesso. Il
tempo Per Aristotele può essere paragonato a una retta divisa da un punto in due semirette: il
passato, che per sua natura è ciò che non è più, e il futuro che invece non è ancora. Essi sono
separati dall’istante. Per svolgere la sua funzione di limite l’istante deve essere un punto privo di
estensione, cioè non essere tempo.

 Il tempo è un numero e in quanto tale implica 3 elementi


 Un qualcosa da misurare cioè il movimento
 Un numerante, un soggetto che la misuri, cioè l’anima
 Un'unità di misura che è data dal movimento circolare, uniforme dei corpi celesti

IL TEMPO ESISTE COME DATO OGGETTIVO FUORI DAL SOGGETTO MA TROVA LA SUA
MISURAZIONE NELLA COSCIENZA UMANA.

Secondo Aristotele il tempo non è riducibile al movimento ma è strettamente in relazione con esso:
esiste infatti un rapporto inscindibile tra il movimento di un corpo, lo spazio che esso percorre e il
tempo che impiega a percorrerlo.

L’ETERNO RITORNO PER NIETZCHE

L’eterno ritorno all’uguale è espresso nell’aforisma 341della Gaia Scienza. rappresenta lo spartiacque
sostanziale tra uomo e il superuomo: infatti ogni uomo alla consapevolezza di rivivere in eterno
sempre gli stessi eventi, come un circolo, gli produrrebbe terrore e un senso di oppressione, mentre
nel superuomo rappresenta la maggior forma di della vita, in quanto vive il presente intensamente,
tanto da desiderare di riviverlo nuovamente. Su cosa effettivamente sia l’eterno ritorno vi sono varie
interpretazioni:

Una CERTEZZA COSMOLOGICA Nietzsche in questo senso sembra dare una valenza scientifica alla
propria opera, affermando che poiché nel mondo la materia è finita ed il tempo infinito, di
conseguenza tutto si ripete (universo ciclico)

IPOTESI ETICA secondo cui, si deve amare completamente la vita ed agire come se tutto dovesse
ritornare

ESPRESSIONE METAFORICA la quale annuncia un nuovo modo di essere dell’uomo.

Tutto ciò viene spiegato nel discorso intitolato "la visione e l’enigma. Zarathustra racconta di un
difficoltoso sentiero di montagna (= difficoltà dell’innalzarsi del pensiero), il quale lo percorreva
assieme ad un nano, giungendo in una porta dove vi era scritto la parola “attimo” = (presente) e
dinanzi alla quale si univano due sentieri che proseguivano all’infinito. Il primo portava all’indietro (=
passato) e il secondo portava in avanti (= futuro). Cosi Zarathustra si rivolse al nano domandandogli
se le vie saranno in continua contrapposizione, ma il nano rispondendo alla domanda velocemente
alludendo alla circolarità del tempo, Zarathustra rimprovera il nano e espone in breve la teoria
dell’eterno ritorno.

Improvvisamente cambia la scena, Zarathustra ha una visione e assiste a una scena


raccapricciante. Vide un pastore che si arrotolava in terra e dalla bocca penzolava un serpente nero.
Zarathustra cercò di aiutarlo tirando inutilmente il serpente verso l’esterno, che durante la notte gli
era strisciato all’interno della bocca mordendogliela, fino a quando consigliò al pastore di mordere e
cosi fece. Poco più lontano, il pastore sputo la testa del serpente trasformandosi.

In questo racconto il filosofo ci fa capire come l’uomo (= il pastore) possa trasformarsi in una
creatura splendida e ridente (= il superuomo) solo a patto di superare la paura del pensiero
dell’eterno ritorno (= serpente), attraverso un’azione decisiva e coraggiosa (= morso alla testa del
serpente).
La dottrina dell’eterno ritorno dell’uguale pone a capo una nuova concezione del mondo e dell’agire
umano. Per Nietzsche, ogni momento del tempo, cioè l’attimo presente, va vissuto in modo
spontaneo, senza continuità con passato e futuro, perché passato e futuro sono illusori: infatti ogni
momento si ripete uguale nel passato e nel futuro. La concezione ciclica del tempo è ripresa dalla
Grecia presocratica e da antiche civiltà indiane

(MATE E FISICA VEDI FOGLIO)

JOYCE= Joyce was a Modernist writer. In his stories the facts become confused,they are explorated
from different point of view simultaneously and are presented as clues and not through the voice of
an omniscent narrator. He collect and analyse the impressions and thoughts that an outer event, at a
given moment has caused in the inner world of the character. Joyce’s stories and novels open in
medias res with the analysis of a particular moment, is more important the introspection rather than
the description. Time is subjective, leading to psychological changes. The accurate description of
Dublin is not scritly from external reality but from characters mind. Open work= opera aperta.
Stream of consciousness is a narrative style that tries to capture a character’s thought process in a
realistic way. It’s an interior monologue, but it’s also more than that. intended to render the flow of
myriad impression before the realaboration of the character mind. Eveline sits at a window in her
home and looks out onto the street while fondly recalling her childhood, her aggressive father her
hard life as a shop worker. Eveline faces a difficult dilemma: remain at home like a dutiful daughter,
or leave Dublin with her lover, Frank, who is a sailor. He wants her to marry him and live with him in
Buenos Aires. However she rembered what her mother said to her before she died, she did promise
her mother to dedicate herself to maintaining the home. She is struck by the paralysis both physical
and morale, she accept her condition because she hasn’t the courage to change, the center is not
paralysis itself but the revelation to its victims

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