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“Al di là di ciò che la natura sopporta”: il legame tra malinconia, vis imaginativa ed

intentiones in Marsilio Ficino. Circolazione e rielaborazioni di un nesso teoretico tra storia


delle idee, storia della letteratura e storia dell’arte: fonti e trasmissioni in prospettiva
interculturale

In questo momento non so, per così dire,


ciò che voglio; a meno forse che io non
voglia ciò che so e voglia ciò che non so.

Marsilio Ficino, lettera a Giovanni Cavalcanti

Malinconia, arte e morte di sé nel tardo Medioevo e nel primo Rinascimento

Il rapporto tra malinconia, immaginazione e creazione artistica è stato variamente


affrontato dagli studiosi. Già il teologo Henri de Gand (1217?-1293) connetteva la
malinconia ai limiti di un intelletto solo “immaginativo” presso i matematici (Quodlibeta
theologica II, Parigi 1518, quest. 9). L’emergenza, nell’Occidente tardomedievale, del senso
caduco dell’individualità (testimoniato in arte dalla introduzione della prospettiva) ha
determinato un dissidio tra volontà di “essere” e timore di non essere “abbastanza”, talora
mutando l’acedia medievale in inquietudine, anticipatrice di alcune ambivalenze moderne.
In certa misura, “la quantità di resistenza che la vita oppone alla sete di vivere determina la
qualità del respiro poetico” (E. Cioran, in M. Carloni, Cioran e la poesia del fallimento,
Antarès 7 [2014], 16): ciò che non si è vissuto, ossia ciò che si è immaginato, sarebbe
divenuto in Occidente arte, oltre che speculazione e malinconia.
La connessione tra approfondimento della “coscienza di sé” – una delle cause della
malinconia -- e drammatizzazione della morte, fin dall’XI secolo, è stata individuata da P.
Ariès (Storia della morte in Occidente [1975], tr. it. Milano 1978, 48-49). La
consapevolezza di un io “separato” rispetto al corpo (prefigurazione, in certo senso, della
morte) si legherebbe alla proliferazione della produzione artistica rinascimentale: temi che
ineriscono ad una anatomia del moderno, in continuità storica con l’”autunno del medioevo”
(J. Huizinga, L’autunno del medioevo [1919], tr. it. Milano 1998). Si potrebbe ipotizzare una
relazione tra il volontarismo tardomedievale (e il suo accento sul libero arbitrio) e
l’emergere della malinconia quale topos della cultura occidentale (nel “secolo della
malinconia”: fine XV-inizio XVII secolo) (G. Minois, Storia del male di vivere [2002], tr. it.
Bari 2005). L’esercizio del libero arbitrio implica molte rinunce (oltre che ad una
paradossale posizione di dominio e di smarrimento dell’uomo rispetto alla irriducibile
complessità del reale): in ultima analisi, a una “morte” costantemente vissuta.

La malinconia in Marsilio Ficino: dalla filosofia alla letteratura


La malinconia, in Marsilio Ficino (1433-1499) investe il piano gnoseologico ed
antropologico (rapporto tra microcosmo e macrocosmo). Essa è considerata cifra radicale
della condizione del contemplativo:

Ma tra tutti gli uomini di lettere sono infestati dall’umor nero specialmente quelli che, dediti
allo studio assiduo della filosofia, astraggono la mente dal corpo e dalle cose corporee e la
fissano sulle realtà senza corpo: […] perché fintanto che tengono la mente a contatto con la
verità incorporea, per tutto quel tempo sono costretti a tenerla disgiunta dal corpo; sicché il
loro corpo si fa non di rado semivivo e quasi soffocato dalla malinconia. E il nostro Platone
descrive questa situazione nel Timeo, quando dice che l’animo, per frequente e intensa
contemplazione delle cose divine, a tal punto si fa vigoroso e potente, che si distacca dal
proprio corpo al di là di ciò che la natura sopporta; e nei suoi movimenti più intensi talvolta
o l’abbandona, in qualche modo, o non di rado dà l’impressione di scompaginarlo (De Vita
I, 4, 21).

La riabilitazione di Saturno -- il pianeta della “mente che contempla” le cose divine,


cui la concezione neoplatonica attribuiva le più elevate facoltà dell’anima – costituisce uno
dei tratti funzionali al progetto ficiniano, fondato su di una rivisitazione della teoria
aristotelica della malinconia (eccesso di bile nera: Problemi XXX), oltre che sul rimando ai
testi del Corpus Hermeticum, che Ficino tradusse (Mercurio Trismegisto, Pimander sive de
Potestate et Sapientia Dei, Torino 2011):

Nelle versioni latine dei testi arabi del IX-X secolo, in particolare l’Introductorium maius di
Alcabizio – con edizioni a stampa dal 1485 –, strettissimo erede delle teorie di Abu Masar,
gli scritti di Al Razi (Almansoris liber), nella monografia di Costantino Africano, che si rifà
direttamente a Ishaq ibn Amran e alla Scuola Salernitana, e nelle opere di Arnaldo da
Villanova (De morbis curandis) e di Pietro d’Abano (Conciliator liber), Ficino poté
rintracciare quella stretta relazione tra teoria degli umori, melanconia e influenza astrale
saturnina, che gli consentì, nel De vita, di confermare su basi fisiologiche la natura ambigua
del melanconico – a volte geniale a volte completamente ottuso – in ragione degli eccessi di
caldo e di freddo prodotti dalla bile nera (S. Benassi,
http://www.unife.it/letterefilosofia/filosofia/rivista-i-castelli-di-yale/i-castelli-di-yale-ii-
anno/marsilio-ficino-e-il potere-dell-immaginazione.pdf/view, p. 10).
Cornelio Agrippa (1486-1535) concepì la malinconia come “invasamento” di
“demoni inferiori”, operante nella imaginatio, nella ratio o nella mens, generando a seconda
dei casi diverse abilità (De occulta philosophia libri tres, Würzburg 1510, cit. in M.
Bertozzi, Mensula Jovis. Considerazioni sulle fonti filosofiche della Melencolia I di
Albrecht Durer, 19-21 = www.unife.it/letterefilosofia/...i...di.../mensula-jovis.../file); egli
influenzò, tramite il manoscritto del suo lavoro, la “Melencolia I” di Durer (1514) (ibidem
[Bertozzi cita Panofsky a p. 21 ss.]). Dalla fine del XVI secolo, la malinconia diverrà
“letteraria” e tragicamente connotata in ambito anglosassone: il lavoro di R. Burton, The
Anatomy of Melancholy (1621), opera fondamentale sulla malinconia quale “malattia
mentale” (“esca del diavolo” [cfr. Cornelio Agrippa]: J. Hankins, Monstrous Melancholy:
Ficino and the Physiological Causes of Atheism, in S. Clucas-P. Forshaw-V. Rees [eds],
Laus Platonici Philosophi: Marsilio Ficino and His Influence, Leiden 2011, 43), è
influenzato da Ficino nella descrizione delle manifestazioni fisiche e mentali dell’”umor
nero”; l’immaginazione sarebbe infatti “a faculty sufficiently flexible to stretch from the
lower reaches of the intellect down to the regions of the vegetative life of the body” (G.
Giglioni, Coping with Inner and Outer Demons: Marsilio Ficino’s Theory of the
Imagination, in Y. Haskell [ed.], Diseases of the Imagination and Imaginary Disease in the
Early Modern Period, Turnhout 2011, 22).

Phantasia, intentio, noema e creazione artistica. Fonti e comparazioni per una storia delle
idee

Sul piano gnoseologico, in Ficino, la mente differisce da imaginatio e phantasia,


facoltà “esterne” in quanto si avvalgono dei cinque sensi (ossia del corpo); solo la mente è
consapevole di sé:

Queste virtù [sc. la immaginazione e la fantasia] ignorano se stesse mentre la mente conosce
se stessa, dato che si accorge del suo stesso essere, della specie cui appartiene e della
potenza di cui è dotata. […] (Theologia Platonica IX, 5).

In Ficino la imaginatio è analoga al sensus communis aristotelico, e sintetizza in


un’unica rappresentazione le impressioni dei cinque sensi, mentre la phantasia giudica le
immagini ricevute dalla sensazione e riunite dalla immaginazione (B. Lotti, Mente,
riflessione e consapevolezza di sé in Marsilio Ficino, Esercizi filosofici 2 [2007], 147 n.
35). Le rappresentazioni della phantasia “che hanno già una specie di determinatezza
concettuale si chiamano secondo la tradizione scolastica intenzioni” (P.O. Kristeller, Il
pensiero filosofico di Marsilio Ficino [1953], tr. it. Firenze 1988, 251).
Sinonimo del latino intentio (“concetto”) è il greco noema, già presente in Parmenide
ed Aristotele; intentio traduce l’arabo ma’qul (con cui Al-Farabi traduce noema) e ma’na
(Avicenna: “significato” e ”forma intelligibile universale” [ma’qul]). Se in contesto artistico
l’iconografo bizantino si rappresenta la “visione spirituale” come “proiezione” di un
“archetipo”, in ambito ascetico, Gregorio Sinaita (1255-1346) afferma che

l’intelletto, una volta purificato e ristabilito nel suo stato originario, percepisce Dio e deriva
da Lui immagini divine. […] Immergendo dunque la mente nella luce, l’intelletto, guidato
dallo Spirito, in-scrive il significato interiore delle cose nei cuori puri di coloro che
ascoltano (G.E.H. Palmer- P. Sherrard- K. Ware [eds], The Philokalia, IV vol., Engl. trans.
London 1995, 216-217 [corsivi nostri]).

Qui Gregorio, oltre a utilizzare significativamente il termine noémata (che si può


estendere al piano iconografico) e non logismoí (“pensieri”), recepisce l’insegnamento di
Dionigi Areopagita (Gerarchia celeste 1,2).
Ciò si riproduce in contesto occidentale, con un approfondimento della problematica
più “esistenziale” che “religioso” (sempre però, significativamente, concernente l’arte e
l’immaginazione):
E dunque è una particolare inclinazione che lega il poeta, il filosofo e l’artista figurativo; e
qui, forse, oltre all’influsso di Avicenna circa le modalità con cui le intentiones formano,
grazie alla phantasia, quelle prime determinazioni preconcettuali che consentono
successivamente la formulazione di un giudizio o di un progetto coerente, e che pertanto
collega questa alla vis imaginativa, occorre tentare di individuare anche altre fonti di questo
tema in Ficino. Muovendo da Avicenna, e, come si è visto, anche da Alberto Magno, per
Ficino le intentiones, pur essendo in qualche modo collegate alle percezioni sensibili,
predispongono i processi di astrazione successivi; da un punto di vista strettamente
fisiologico allora, riprendendo alcune considerazioni di Averroé e della medicina
medioevale, lo stato melanconico sembra derivare anche per Ficino da una qualche
affezione che colpisce la vis imaginativa e che riguarda in particolare le intentiones (S.
Benassi, cit., 11).

Ficino dà alle intentiones il valore di una inclinazione, ove la volontà è attenuata


nell’ambito della relazione tra anima individuale e macrocosmo; qui si pone il problema
della libertà, che si traduce, sul piano estetico, nel problema della creatività dell’artista:
ossia in che modo la vis imaginativa si fa intenzione cosciente di un processo di creazione
(ibidem, 12).

Bibliografia (selezionata)

Fonti:

Aristotele, Problemi, tr. it. Milano 2002.


R. Burton, The Anatomy of Melancholy (1621), tr. it. Venezia 20012.
Cornelio Agrippa, De occulta philosophia (1510).
Henri de Gand, Quodlibeta theologica, Parigi 1518.
Marsilio Ficino, De Vita libri tres (1489), a cura di A. Biondi-G. Pisani, Pordenone 1991.
Marsilio Ficino, Platonic Theology, 6 vols, edited by J. Hankins with an English translation
by M.B. Allen, Cambridge (Ma) 2001-2006.
Mercurio Trismegisto, Pimander sive de Potestate et Sapientia Dei, a cura di M.
Campanelli, Torino 2011.
G.E.H. Palmer-P. Sherrard-K. Ware (eds), The Philokalia, IV vol., Engl. trans. London
1995.

Letteratura:

M.B. Allen, The Platonism of Marsilio Ficino (1984).


Marsilio Ficino, On Dionysius the Areopagite. Vol. 1: On Mystical Theology & The Divine
Names, Part I; Vol. 2: On The Divine Names, Part II, Cambridge (Ma) 2015, edited and
translated by M.B. Allen.
M.B. Allen-V. Rees (eds), Marsilio Ficino: His Theology, His Philosophy, His Legacy,
Leiden 2002.
P. Aries, Storia della morte in Occidente. Dal medioevo ai giorni nostri (in francese, 1975),
tr. it. Milano 1978.
S. Benassi, Marsilio Ficino e il potere dell’immaginazione =
http://www.unife.it/letterefilosofia/filosofia/rivista-i-castelli-di-yale/i-castelli-di-yale-ii-
anno/marsilio-ficino-e-il potere-dell-immaginazione.pdf/view.
M. Bertozzi, Mensula Jovis. Considerazioni sulle fonti filosofiche della Melencolia I di
Albrecht Dürer = http://www.unife.it/letterefilosofia/filosofia/rivista-i-castelli-di-yale/i-
castelli-di-yale-ii-anno/mensula-jovis-considerazioni-sulle-fonti-filosofiche-della-
melencolia-i-di-albrecht-durer.pdf/view
G. Giglioni, Coping with Inner and Outer Demons: Marsilio Ficino’s Theory of the
Imagination, in Y. Haskell (ed.), Diseases of the Imagination and Imaginary Disease in the
Early Modern Period, Turnhout 2011, pp. 19-51.
J. Hankins, Monstrous Melancholy: Ficino and the Physiological Causes of Atheism, in S.
Clucas-P. Forshaw-V. Rees (eds), Laus Platonici Philosophi. Marsilio Ficino and His
Influence, Leiden 2011, pp. 25-43.
J. Hankins-F. Meroi (eds), The Rebirth of Platonic Theology, Florence 2013.
J. Huizinga, L’autunno del medioevo (in olandese, 1919), tr. it. Milano 1998.
R. Klibansky-E. Panofsky-F. Saxl, Saturno e la melanconia (in inglese, 1964), tr. it. Torino
1983 (20022).
P.O. Kristeller, Il pensiero filosofico di Marsilio Ficino (in tedesco, 1972), tr. it. Firenze
1988.
G. Minois, Storia del male di vivere: dalla malinconia alla depressione (in francese), tr. it.
Bari 2005.
E. Panofsky-F. Saxl, Dürers “Melencolia I”. Eine quellen- und typen-geschichtliche
Untersuchung, Leipzig 1923.

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