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L'UOMO E LA NATURA

Negli ultimi secoli noi uomini abbiamo sempre guardato alla natura
come qualcosa da studiare e da comprendere attraverso l’uso della
scienza. Una realtà completamente distinta di cui noi non facciamo
parte, ne viviamo circondati ma senza capirla veramente.
L’allontanamento dell’uomo da essa ha fatto si che pensassimo di
poterla dominare e di poterne essere i padroni, sfruttandola per il nostro
benessere e per i nostri fini, sfociando alla fine nell’attuale problema
ecologico che è stato al centro di numerose discussioni negli ultimi anni.
Ma guardando al passato capiamo subito che non è stato sempre così, la
visione umana della natura è cambiata attraverso i secoli.
La comprensione di questa evoluzione dell’pensiero è facilitata dalle
numerose testimoniante scritte di altrettanti numerosi autori e filosofi
che hanno trattato il tema nel tempo. Infatti il rapporto tra uomo e
natura è sempre stato un argomento centrale in letteratura, più
precisamente a partire dalla tradizione classica greca e latina.
Analizzando solamente il rapporto tra l'ambiente naturale e i Romani
possiamo trovare innumerevoli differenze di pensiero dovute la maggior
parte delle volte all’ orientamento filosofico di chi lo proponeva.
Nonostante i Romani abbiano trasformato l’ambiente circostante per
raggiungere i propri obiettivi imperiali in generale essi ritenevano che
esistesse uno stretto rapporto tra uomo e natura.

Il primo poeta che possiamo prendere in considerazione è Lucrezio. Egli


scrisse la sua opera più famosa, il De rerum natura, per parlare anche di
questo rapporto, proponendo il punto di vista epicureo e offrendo
un’immagine negativa e “matrigna” della natura. “Non certo per noi dal
volere divino è stata formata la natura del mondo: di tanto male è
ingombra”.
La sua visione della natura si distacca da quella di molti altri poeti latini,
due dei quali verranno analizzati successivamente. Specialmente nel V
libro espone come il suo punto di vista sia più razionalista, scientifico e
sicuramente pessimistico. Per Lucrezio infatti la natura non fu creata
dagli dei per gli uomini, anzi, secondo lui gli essi erano completamente
assenti dalla vita degli esseri umani. La natura è invece ostile nei
confronti dell’umanità ed ogni suo fenomeno è un ostacolo. L’uomo
deve combattere contro di essa per ogni piccolo pezzi di terra buona
rimasto, e se non lo facesse la natura si prenderebbe tutto. La sua
imprevedibilità,inoltre, fa si che l’uomo non sia mai veramente pronto
per affrontarla, e anche i raccolti ottenuti con grande fatica possono
essere distrutti a causa di eventi inaspettati, il troppo calore la pioggia i
venti. Vanificando tutti gli sforzi compiuti.

Virgilio diversamente da Lucrezio prende una direzione diversa per


affrontare l’argomento. Il tema della natura è presente in molte delle
sue opere più famose, Bucoliche e Georgiche, dove in particolare il
paesaggio agreste viene descritto come un locus amoenus nel quale gli
uomini possono trovare la pace e la serenità. Virgilio si ispira alla
tradizione greca e in particolare all’Arcadia, regione greca del
Peloponneso, attribuendo alla vita pastorale la capacità di allontanare i
dolori e le tensioni tipiche della città. Nelle Bucoliche la natura viene
descritta in modo del tutto idilliaco da Virgilio. Anche lui, però, nelle
Georgiche, decide di affrontare, come Lucrezio, il tema delle avversità
naturali e dell’origine del lavoro.
Il poeta si rifà alla concezione greca e romana dell’ eta dell’oro. Virgilio
spiega, infatti, che agli albori della società gli esseri umani non dovevano
compiere alcuna fatica, la natura era benevola e produceva tutto il
necessario senza il bisogno di essere lavorata. Alla fine di questa età di
agiatezze per l’umanità non viene, però, attribuita una valenza negativa.
Fu infatti per volere di Giove che ciò accadde, affinché gli uomini
attraverso il lavoro e imparando a superare le avversità potessero
allenare il proprio intelletto.
Quindi, per Virgilio la natura non è essolutamente un ostacolo ma
un’essenza voluta dagli dei per aiutare il genere umano a migliorarsi,
anche se per farlo dovranno faticare.
Anche la visione di Orazio è positiva rispetto al rapporto tra uomo e
natura, molto simile a quella delle bucoliche di Virgilio. Il tema è trattato
sia negli Epodi che nelle satire. È infatti alla fine di una satira che Orazio
racconta la favola del topo di campagna e del topo di città, attraverso la
quale il poeta espone il suo ideale di vita. Con questo racconto entra in
gioco un altro rapporto molto importante nella letteratura latina, quello
tra città e campagna. Soprattutto in età augustea, infatti, la vita di città
era considerata stressante ed eccesiva, mentre la vita di campagna
serena e morigerata. Per questo motivo il poeta pensa che nonostante
tutte le comodità e le ricchezze che può offrire la città, non offrirà mai
l’unica cosa veramente necessaria all’uomo, ovvero una vita lontana dai
turbamenti che porti serenità e pace. Le giornate trascorrono lente e
piacevoli all’interno di paesaggi che ancora una volta hanno le
caratteristiche del locus amoenus.
Ma la visione positiva della natura di Virgilio e di Orazio non mai è quella
reale. I paesaggi descritti, infatti, sono sempre idealizzati rifacendosi ai
paesaggi mitologici dell’Arcadia e non a quelli da cui sono circondati. Il
loro rapporto con la natura esiste solo da un punto di vista letterario.
Quella descritta non è la natura vera nella quale vivono, ma quella
idilliaca in cui vorrebbero vivere.

Successivamente Plinio il Vecchio espone il suo pensiero nell'opera


Naturalis historia. È molto diverso da quelli precedentemente analizzati,
molto più moderno e affine al pensiero ecologico attuale, ma soprattutto
è molto meno poetico e più enciclopedico rispetto a quello dei poeti
anteriori.
Una parte della sua visione, però, si potrebbe ricollegare al pensiero di
Lucrezio e alla natura “matrigna”. L’uomo è l’unico essere vivente che
nasce completamente senza difese, debole e senza niente che lo
protegga. Ma allo stesso tempo è anche superbo e avido, tanto da
indurlo spesso a danneggiare i propri simili, cosa che non avviene mai tra
gli esemplari delle altre specie. A differenza di Lucrezio, però, la natura
non è intenzionalmente ostile all’uomo, e gli uomini non sono del tutto
innocenti nel conflitto con la essa. L’uomo infatti è propenso al male.
Nonostante non sia lui stesso a creare il veleno, è colui che lo usa.
Egli richiamò anche l’attenzione sulla deformazione ambientale causata
dall’attività umana. È il genere umano che avvelena i fiumi e gli elementi
naturali, e l’aria indispensabile per vivere,e danneggiando in questo
modo la natura finisce per danneggiare sé stesso.

L’ultima delle idee di Plinio il Vecchio si può direttamente ricollegare con


alcune discussioni assolutamente attuali per quanto riguarda lo
sfruttamento dell’ ambiente. L’ uomo infatti ha da sempre utilizzato le
risorse naturali a proprio beneficio, per procurarsi cibo, vestiti,
riscaldamento ecc. Purtroppo con il tempo la linea che separa l’uso
dall’abuso è diventata sempre più sottile, portando a gravi ripercussioni
e all’avvelenamento dell’ambiente circostante.
È soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale che l’ambiente
naturale ha cominciato a subire danni consistenti. Questo periodo viene
infatti definito ecologicamente pesante, in particolare a causa delle
migliorie apportate nel settore agricolo e la nascita della locomotiva a
vapore. Presi dalla foga dello sviluppo tecnologico e delle nuove
scoperte, l’uomo non si è mai chiesto se quello che stava facendo fosse
effettivamente da fare. Ignorando le gravi ripercussioni future non ci si è
chiesti se ci fosse un modo migliore per farlo senza danneggiare la
l'ambiente. Il genere umano ha trattato la terra come un pezzo di stoffa
dal quale poter tagliare e cucire quello che si vuole. Abbiamo preso
senza mai dare niente in cambio e presto questo pezzo di stoffa che è il
pianeta terra arriverà al limite, e le ripercussioni graveranno anche su di
noi. Come dice Plinio il Vecchio, finiremo con il volgere la natura a nostra
rovina.

Il ‘900 fu ancora peggio. Lo straordinario sviluppo nel settore industriale


condusse rapidamente al sorgere di problemi ambientali mai visti prima
e le città divennero sempre più estranee all’ambiente naturale.
Non mancano le testimonianze letterarie di autori che hanno deciso di
parlare di questo fenomeno nelle loro opere. L’allontanamento
dell’uomo dalla natura.
Però c’è un autore che decide di esprimere un altro concetto. Pirandello
narra nelle sue “Novelle per un anno”, ambientate soprattutto in Sicilia
in ambito verista, le vicende di personaggi umili, con una vita monotona
e intrappolati nel ruolo che la società gli impone. In una di queste
novelle, "Ciàula scopre la luna", Pirandello esprime il ruolo quasi salvifico
che la natura ha nei confronti dell’uomo. Ciàula, abbruttito dal lavoro e
dagli stenti, è impaurito dall’oscurità al di fuori della miniera nella quale
è obbligato a lavorare . Costretto ad uscire, però, rimarrà stupefatto e
profondamente commosso dalla presenza della luna.
“ Restò - appena sbucato all’aperto- sbalordito. Il carico gli cadde dalle
spalle. Sollevò un poco le braccia; aprì le mani nere in quella chiarità
d’argento. Grande, placida, come in un fresco luminoso oceano di
silenzio, gli stava di faccia la Luna...Estatico, cadde a sedere sul suo
carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la Luna...C’era la
Luna! La Luna!
E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran
conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là,
mentre ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei
monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei
non aveva più paura, nè si sentiva più stanco, nella notte ora piena del
suo stupore”.
La luna in questo caso ha la funzione di riscattare Ciàula dalla sua
posizione di inferiorità restituendogli la sua umanità.

Solo dagli anni sessanta del ‘900 si iniziò a rendersi conto del problema
della limitatezza delle risorse e dell’inquinamento causato dall’attività
umana. In quegli anni nacque il concetto di “sviluppo sostenibile”, uno
sviluppo capace di garantire il soddisfacimento dei bisogni della
generazione presente senza compromettere la possibilità delle
generazioni future di realizzare i propri.
Fortunatamente la presa di coscienza per quanto riguarda i problemi
ambientali è aumentata negli ultimi anni, e vari Paesi hanno preso
provvedimenti per la salvaguardia dell’ambiente. Ciò è anche dovuto ai
danni sempre maggiori causati dall’riscaldamento globale e dai necessari
tentativi di difesa dell’ambiente.
Nell’ 2015 tutti gli stati membri dell’ONU si impegnarono a raggiungere
diversi obbiettivi, tra cui assicurare la sostenibilità ambientale. I
rappresentanti di 190 Paesi si sono riuniti per tentare di arginare i
disastri naturali provocati dall’aumento delle temperature
nell’atmosfera e negli oceani. Entro il 2020 gli stati membri si impegnano
a integrare i principi dello sviluppo sostenibile all’interno delle politiche
e dei programmi nazionali, a fermare il degrado delle risorse ambientali,
dimezzare il numero di persone che non hanno accesso all’acqua
potabile, migliorare notevolmente le condizioni di vita delle cento
milioni di persone costrette a vivere in baraccopoli.
Anche Papa Francesco nel 2015 decise di parlare del grave problema
ambientale sempre più crescente, ricordando a tutti la forte connessione
tra uomo e natura. “ Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul
modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di
un confronto che ci unisca tutti, perchè la sfida ambientale che viviamo,
e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti”.
Ma solo recentemente è avvenuta la presa di coscienza più significativa
di tutte. Iniziò il 20 agosto 2018 quando Greta Thumberg , una sedicenne
svedese, decise di non andare a scuola per manifestare da sola fuori dal
parlamento di Stoccolma, rimanendo li seduta fino alle elezioni
legislative del 9 settembre. Il suo gesto aveva l’obbiettivo di far si che il
governo svedese riducesse le emissioni di anidride carbonica.
Successivamente lo sciopero di Greta ha generato una vera onda in tutto
il mondo. Fino ad arrivare ad organizzare il il primo sciopero mondiale
per il futuro, Friday for future, che si è tenuto il 15 marzo 2019, al quale
hanno partecipato studenti di 1700 città in oltre cento paesi.
Sicuramente il movimento di Greta Thumberg è stato uno dei passi
avanti più grandi per quanto riguarda la difesa della natura. Greta infatti
non solo è riuscita a sensibilizzare i governi di vari Paesi, intervenendo
anche con un discorso alle Nazioni Unite per quanta riguarda i
cambiamenti climatici, ma è riuscita a spargere consapevolezza tra i
giovani anche grazie ai social media.
Uno slancio in avanti per niente scontato dal momento che il tempo che
abbiamo a disposizione sta per scadere.

Abbiamo così analizzato alcune delle tappe che caratterizzano il rapporto


dell'uomo con la natura: alcune fasi del pensiero romano, così diverse da
un poeta all'altro, e il degrado dell'ambiente causato dall'uomo a partire
dalla rivoluzione industriale fino ad oggi.
Fermarsi a riflettere sul passato di questo rapporto ci può aiutare a
ragionare sulle dinamiche e sui comportamenti che dovremo tenere in
futuro, ricordandoci che anche noi facciamo parte della natura da cui ci
siamo tanto dissociati.

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