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2021
RIVOLUZIONE SCIENTIFICA
Programma: concezione
• Rivoluzione scientifica: Galileo (scienza), Bacone (tecnica), Bruno (filosofia), Descartes (filosofia)
• Filosofia politica: da Hobbes a Hegel, passando per Rousseau, dall’autoconservazione al
riconoscimento, dalla biologia all’onore per la volontà generale
• Basi della filosofia moderna e contemporanea: da Kant a Hegel→ teoria della conoscenza, metafisica,
dialettica, teoria dell’agire, etica, teoria della storia, estetica
• Filosofia moderna e contemporanea: Kierkegaard (esistenza), Nietzsche, Adorno, Canguilhem,
Foucault
• Programma di maturità: tecnologie, libertà e forme del controllo nelle società moderne
Filosofia e teologia:
Paradosso: ci si chiede se il momento in cui la filosofia tenta di emanciparsi da teologia e dal sapere
tradizionale sancisce anche l’inizio della sua fine.
In antichità si considerava la filosofia come subordinata alla teologia: la filosofia è serva della teologia,
regina delle scienze (Motto originariamente di Pietro Damiano (1006-1072), ripreso e modificato da San
Tommaso d’Aquino (1225-1274)). Nonostante ciò quando ha iniziato a scindersi dalla religione ha assunto
un significato differente, più vicino alla scienza. Questa transizione con il passare del tempo ha però mutato
il ruolo e l’importanza della disciplina:
→la filosofia è solo chiarificazione delle premesse e dei concetti delle scienze (delle pratiche sociali)
• La filosofia non costituisce un sapere specifico, ma imita il metodo della scienza
• la filosofia è sostituita dalle scienze umane: psicologia sperimentale, psicanalisi, sociologia,
neurologia sperimentale, cibernetica, teoria dell’informazione si ergono a meta-discorso, ossia a
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Giulia Bernasconi, 4E FILOSOFIA 06.09.2021
discorso (o in senso generale forma di razionalità) generale che può spiegare tutti i discorsi
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d’insieme, con l’associazione di diversi modi di pensare, dove si percepisce la realtà in forme e unità.
L’immagine dell’anatra-coniglio implica infatti che da un punto di vista matematico e geometrico c’è una
sola figura, mentre dal punto di vista soggettivo, che prende in considerazione la qualità, la forma, la
prospettiva, le associazioni di sensi e non, ci sono due forme diverse, essendoci una percezione qualitativa.
Con la scienza si arriva all’universalizzazione, all’oggettività, ma si perde un mondo di qualità, di
sensazioni, di soggettività. La scienza si rivela appunto cieca in quanto non va a comprendere il mondo che
riguarda l’uomo e le sue sensazioni/percezioni.
• Seconda parte: incommensurabilità fra la tradizione prerivoluzionaria e quella postrivoluzionaria della
scienza normale→ coesistenza tra discorsi precedenti e nuovi. Incommensurabilità significa che non è
riconducibile a una misura comune, e quindi non si può instaurare un dialogo. Infatti se due discorsi
opposti sarebbero riconducibili a una misura comune allora potrebbero cominciare un dialogo tra loro,
mentre se non c’è nemmeno una base comune non si può nemmeno instaurare un dialogo.
Contrasti: incommensurabilità dei criteri vecchi termini, concetti ed esperimenti entrano in nuove
relazioni tra loro (r. 23-27-28)→ vecchio vocabolario, vecchi concetti ed esperimenti vs nuove relazioni
tra loro, che danno un nuovo significato dei concetti
• Terza parte: i sostenitori di paradigmi opposti praticano i loro affari in mondi differenti→ ognuno è
chiuso in un mondo che non comunica con gli altri, e per giungere a una visione comune ci dovrebbe
essere un’esperienza di conversione che non può essere imposta con la forza → non c’è un aspetto
talmente forte che fa passare da una visione all’altra.
Contrasti: chi sostiene paradigmi opposti agisce e pensa in mondi differenti, anche se ogni paradigma
riguarda lo stesso mondo, che però viene visto in modo diverso e con relazioni differenti al suo interno.
Lo spostamento di paradigma, quindi un passaggio tra paradigmi incommensurabili e opposti deve
compiersi tutto in una volta oppure non si compirà affatto, transizione che però non può essere
imposta contro la volontà.
→coesistenza, non ci sono saperi obsoleti che sostituiscono un altro: non possono essere portati a un
concetto generale, che possa dire che uno sia giusto e uno sbagliato.
Galileo Galilei (Pisa 1564-Firenze 1642): fisico, astronomo e filosofo, uno dei massimi protagonisti della
rivoluzione intellettuale del secolo XVII. Le sue opere principali sono Nunzio sidero (1610), Il Saggiatore
(1623), Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632), Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno
a due nuove scienze (1638). Fu uno dei protagonisti della rivoluzione scientifica, dove l’affermarsi della
stampa favorì lo sviluppo di diverse idee. Infatti in questo periodo si affermò il metodo scientifico, il
linguaggio scientifico specifico e in particolare si passò da un sistema geocentrico (con una visione
antropocentrica, =geocentrico) che corrisponde al fatto che la terra fosse al centro e tutto il resto attorno,
a un sistema e a una visione eliocentrica, che poneva il sole al centro del sistema solare. Questa nuova
teoria è attribuita a Copernico. Dunque c’è un cambiamento nel concepimento del cosmo. Per esempio
Alexander Kopré esplicava questo concetto “dal mondo chiuso a un universo infinito”, cioè un universo
senza limiti. L’uomo non era infatti più al centro di un cosmo definito, come teorizzava Aristotele, ma si
trovava nel mezzo di un universo senza li miti.
Le conseguenze filosofiche della rivoluzione copernicana di cui Galileo si fa interprete
• Trattazione non più ontologica (legata alla natura, «essenza» o «sostanza» delle cose) ma puramente
matematica del problema del movimento e dunque della fisica
• Tra le quattro cause aristoteliche (materiale, formale, finale, efficiente), prevale la causa efficiente,
legata alla domanda di come usare la natura per ottenere degli effetti particolari, e non più alla
questione della natura (forma, fine) delle cose
• Sparisce così l’idea di una finalità e dunque di un’intenzione nell’universo a favore di quella di un gioco
cieco di cause ed effetti
Il merito di Galileo: sulla scorta di Copernico avere elaborato una nuova scienza fisica
Nel De revolutionibus orbium coelestium queste conseguenze della teoria copernicana rimangono implicite.
È merito di Galileo Galilei averle messe in luce, facendo entrare di pieno diritto le conclusioni
dell’astronomia copernicana all’interno della nuova scienza fisica.
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Giulia Bernasconi, 4E FILOSOFIA 06.09.2021
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far parte della costruzione del sapere, in modo da estendere il potere della mia sapienza, facendone un uso
scientifico. Galileo si basa dal sapere di Archimede, anche se ci sono delle influenze pitagoriche.
l’importanza dello strumento tecnico in Galileo-IL SAGGIATORE (1623):
• Bilancetta di Galileo→ il Saggiatore è una bilancia messa a punto di Galileo
• Operetta (sotto forma di lettera) nata da una disputa con il gesuita Orazio Grassi circa la natura delle
comete.
• Il titolo deriva dalla bilancia di precisione, il “saggiatore” appunto, con la quale gli orefici pesano l’oro,
in contrapposizione alla grossolana “libra” (stadera), con la quale il Grassi, secondo il parere di Galileo,
pesa le opinioni.
• L’ipotesi di Galileo che le comete fossero apparenze dovute ai raggi solari e non corpi celesti si è
rilevata sbagliata.
• L’opera di Galileo è invece fondamentale per la definizione della scienza moderna, in particolare per
quanto riguarda:
o La matematizzazione del mondo naturale
o La distinzione tra “qualità primarie” e “qualità secondarie”
Galileo-il linguaggio della natura e le qualità corporee-IL SAGGIATORE
nel Saggiatore si trovano due temi importanti del pensiero di Galilei. Il primo è che la natura è scritta in
lingua matematica (tesi di ascendenza platonica), giustificando così il netto privilegio conferito
all’approccio matematico nell’analisi dei fenomeni fisici. Il secondo è la distinzione tra le qualità “primarie”
e le qualità “secondarie dei corpi”. Solo le prime (solidità, estensione,..) sono di effettivo rilievo scientifico
dato che appartengono all’oggetto e obbediscono alle leggi fisiche della matematica, invece le seconde
sono di natura soggettiva, non interessando a Galileo.
→C’è una contrapposizione legata al sapere tramandato legato ai libri (un sapere dato) a un sapere sulla
conoscenza della matematica.
→la filosofia è scritta in linguaggio matematico, così come anche la natura.
l’alfabeto e il linguaggio della natura-Saggiatore: Galileo apre il testo con il principio di autorità, citando e
riconoscendo autori precedenti a lui, sui quali si basa. Dice che la filosofia è un libro o una fantasia,
contrapposta però a qualcosa di vero, in quanto ciò che viene scritto nei libri è appunto vero. La differenza
è che la filosofia è un libro scritto dall’universo in linguaggio matematica, mentre la natura è un libro
scritto da un’entità superiore, cioè da Dio (utilizzo della metafora del libro medievale). La filosofia è scritta
nell’universo, ma non la si può intendere se non si conosce il linguaggio in cui è scritta, cioè la lingua
matematica. Allo stesso modo, anche la natura stessa è scritta nel linguaggio matematico. Perciò la filosofia
è scritta in un libro, nel libro della natura e proprio per questo allora essa si esprime in modo matematico,
perché deve riflettere la realtà. C’è anche la volontà di distinguere un sapere dovuto dalla magia(alchimia) a
quello controllato, essendoci una rivendicazione del sapere vero.
Galileo distingue tra condizioni (o qualità):
• Che accompagnano necessariamente una sostanza o soggetto (=sostrato, l’oggetto che porta delle
qualità) che senza non potrebbero nemmeno essere concepite→ sono queste che interessano la
scienza, perché possono essere generalizzate, quindi è un sapere generale valido per tutti e ripetibile
ovunque, trattandosi di una legge, dato che è necessaria: figura, dimensioni relative, spazio, tempo,
movimento, contatto con altri corpi, unità, molteplicità.
• Che non l’accompagnano necessariamente, che anzi senza l’esperienza dei sensi non potrebbe
nemmeno immaginate o concepite→queste sono invece le qualità che sono più interessanti per la
persona da un punto di vista soggettivo: colore, sapore, odore.
→ il linguaggio della scienza riesce a descrivere le leggi del mondo oggettivo, mentre non riesce a
descrivere il mondo soggettivo. Tanto che l’ideale della scienza è quello di eliminare la parte animale e
soggettiva, quindi quella qualitativa.
→Le qualità sono intrinseche e non si può immaginare l’oggetto senza le sue qualità. Queste qualità sono
necessariamente legate l’una all’altra, perché possono appartenere allo stesso corpo, descrivendolo. In un
oggetto fisico ci sono condizioni necessarie e legate a quell’oggetto, senza le quali risulta impossibile
pensarle. Ci sono poi qualità non necessarie, che sono appunto qualitative e non quantitative, infatti senza
di esse si può benissimo percepire gli aspetti della fisica.
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Galileo descrive così questa differenza: una materia o una sostanza corporea, può essere piccola o grande
in relazione ad altre, può muoversi o stare ferma, può toccare o meno un altro corpo, può essere solo una o
molte e queste sono caratteristiche oggettive. Ci sono poi altre caratteristiche della sostanza, come il
colore, il gusto, l’odore, il suono, che appartengono ai sensi e quindi non sono di rilevanza, perché senza
essi noi non percepiremmo queste caratteristiche, mentre percepiremmo allo stesso modo le
caratteristiche primarie. Secondo Galileo ciò che il corpo sensitivo ci fa provare, al quale attribuiamo dei
nomi particolari differenti (es. solletico, tintillare) non è di rilevanza, cioè le qualità come i sapori, gli odori e
i colori, essendo qualità che vengono attribuite ai corpi naturali, ma che non sono dei corpi stessi (come ad
es. moto, toccamento) → la perdita del significato e del senso o il nominalismo della scienza moderna
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giorno. Galileo spiega come non sia la Scrittura sbagliata, dato che questa è di verità assoluta e inviolabile,
ma sono i suoi interpreti che spiegando il significato delle sacre parole espongono contraddizioni, eresie e
bestemmie. Dunque nelle Sacre Scritture si trovano proposizioni che hanno aspetto diverso dal vero, ma
solo perché il popolo è incapace di interpretarle e divulgarle nel modo giusto. Infatti la Scrittura, come la
Natura, è dettatura dello Spirito Santo, essendo osservante esecutrice degli ordini di Dio e avendo un
carattere universale. Perciò non ci si deve fermare al senso letterale delle parole, ma interpretarle
andando oltre. Inoltre non ogni concetto espresso dalla Scrittura è legato a obblighi così severo come quelli
che emergono dalla natura.
Secondo Galilei poiché non si può essere certi che tutti gli interpreti parlino inspirati divinamente, è meglio
che nessuno possa divulgare le Scritture, essendo obbligati a dover sostenere vere alcune conclusioni
naturali, anche se il senso e le ragioni dimostrative potrebbero manifestare il contrario. Si viene così ad
operare un rovesciamento del rapporto consacrato della tradizione, tra scienza e religione. Mentre per
tutto il Medioevo le esigenze della ricerca scientifica venivano adattate e adeguate alle più cogenti norme
della religione, cui tutto era sottomesso, Galilei propone l’autonomia della scienza dalla religione,
configurando tra queste una nuova relazione che da della scienza una forma di espressione del verbo
divino più rigorosa e più assoluta della norma religiosa che, dovendo parlare ai più, deve subire
adattamenti e fare concessioni. Perciò Galileo esige per la scienza il pieno rispetto della libertà, contro
tutti i tentativi di condizionarla e subordinarla ad autorità, politiche economiche filosofiche o religione, che
le sono estranee. Perciò la Scrittura non può essere accettata nel suo significato letterale, per non cadere in
erronee e contraddittorie interpretazioni. L’esempio di Giosuè ne è la prova, dato che se il moto apparente
annuo del Sole, che è da ponente a levante, s’arrestasse, il giorno solare diventerebbe uguale al giorno
sidereo, accorciandosi di circa quattro minuti. Perciò la frase della Scrittura non va presa nel suo
significato letterale, in quanto deve intendersi nel senso che Dio fermò il primo mobile, da cui il moto
diurno, deriva allo scopo di allungare la giornata.
Riprendendo l’episodio di Giosuè, Galilei afferma come questo testimoni la falsità e l’impossibilità del
sistema Aristotelico e Tolemaico, in contrapposizione con il corretto sistema Copernicano. Inoltre esprime
un ultimo concetto, cioè che la Scrittura si riferisce al moto rotatorio del sole intorno al proprio asse. Qui
Galileo introduce un suggestivo ma errato presupposto, ovvero che il Sole sia causa del movimento della
terra e di tutto il suo sistema di pianeti. Questa supposizione non è altro che un’inversione dell’ipotesi
tolemaica, secondo cui le sfere celesti sono messe in moto dal primo mobile.
• Dopo le diffidenze degli astrologi e dei peripatetici (aristotelici), Galileo deve rispondere a un attacco
dal fronte della teologia.
• La lettera della Bibbia sembrava contraria alla teoria della mobilità della Terra (Giosuè dice al Sole e
alla Luna di fermarsi, Giosuè X, 12-13)→ concezione di base che essi si muovono, in contrapposizione
alla visione copernicana. Domanda di base che indica il tema: che rilevanza dare alla Scrittura che è in
dispute con le conclusioni naturali
• Antefatto: discussione alla corte del Granducato di Toscana a Pisa; il filosofo aristotelico Cosimo
Boscaglia accusa: “la Sacra Scrittura era manifestamente contraria a quella sentenza”.
• La lettera fu diffusa in più copie; il Castelli non consegnò però mai l’originale; il 7 febbrai 1615 il frate
domenicano Nicolò Lorini denunciò formalmente Galileo al Sant’Uffizio→Galileo si scontra contro i
domenicani, coloro che hanno mandato avanti anche l’Inquisizione
• Chi legge la Bibbia in chiave letterale ha un testo contraddittorio, eretico e perciò Galilei dice ai suoi
avversari che essi leggendola così fanno bestemmiare la Bibbia.
• Galileo osserva e ammette il senso letterale della Bibbia, ma si usano queste affermazioni che
risultano incorrette perché da un lato c’è l’arte della retorica, che serve a convincere chi ci si trova
davanti (persone colte, popolo,…)→ bisogna distinguere vari livelli di senso.
• La Scrittura è adatta all’interpretazione simbolica-allegorica, ma allo stesso tempo questa
interpretazione è necessaria, perché altrimenti si cadrebbe nella blasfemia (leggendola in maniera
letterale). Si dicono delle cose che sono diverse dal significato assoluto ma perché sono vestite dai
vestiti allegorici, e dunque non bisogna prendere il significato letterale di esse. La natura segue sempre
le proprie leggi. Nel testo si continua a fare una contrapposizione tra i due libri, da un lato il linguaggio
della Sacra Scrittura che opera per immagini, non potendolo interpretare in base alla sua lettera, in
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quanto non corrisponde a ciò che pensiamo riguardo alla natura. Il linguaggio della scienza invece non
fa eccezioni rispetto alle sue leggi→Immagine dei due libri: la natura e la Scrittura derivano dalla
parola di Dio. Il libro della Sacra Scrittura è dettatura dello Spirito Santo, mentre il libro della
natura viene definita esecutrice degli ordini di Dio. Inoltre secondo Galileo la Bibbia non deve essere
utilizzata nelle questioni relative alla filosofia naturale.
• La scienza è vista in modo contemplativo, serve per avvicinare a Dio. L’appello della Bibbia si rivolge a
chiunque, sennò non sarebbe all’altezza delle aspettative cristiane. C’è un elemento retorico, perché è
legato a “come posso raggiungere, persuadere” un certo uditorio.
→ C’è un tentativo di Galileo di riconciliare le sue nuove scoperte con la filosofia precedente
RIASSUMENDO:
Rapporti tra scienza naturale e Sacra scrittura come due linguaggi di differente natura:
• La Scrittura non può mai né mentire né errare.
• Ma possono errare i suoi interpreti o espositori, in vari modi: in particolare fermandosi «al nudo senso
delle parole»
• Strategia di Galileo che introduce due distinzioni fondamentali:
o la Scrittura e i suoi interpreti;
o il «senso» del discorso: letterale, figurato o vero. La seconda distinzione si spiega con una
motivazione retorica (relativa alla forza di persuasione del discorso): distinguere tra i destinatari:
«vulgo», «plebe» vs. «pochi».Pertanto la Scrittura nelle dispute naturali dovrebbe esser riservata
nell’ultimo luogo
• La Scrittura sacra e la natura «procedono» (derivano, sono originate) entrambe dal Verbo divino
(metafora dei due libri)
o la Scrittura come dettatura dello Spirito Santo: la Scrittura deroga ai suoi dogmi, ossia gli «articoli
concernenti alla salute» (p. 527, ultima riga) per persuadere; a maggior ragione lo farà per i
fenomeni della natura che potrebbero confondere il volgo. Dettatura dello spirito santo: discorso
specifico della Sacra Scrittura. Questa intuizione poi nella Sacra Scrittura si esplica attraverso delle
immagini. I profeti sono persone che parlano per ispirazione.
o la natura come esecutrice ubbidiente degli ordini di Dio: La natura non trasgredisce mai i termini
delle leggi imposteli
I due linguaggi, sacro e naturale:
due tesi:
• dicono la stessa verità (naturale) in modo diverso;
• dicono due verità diverse (naturale, salvifica) in modo diverso. Il discorso naturale nella Bibbia è
subordinato a quello salvifico, non è fine a sé stesso.
→Il linguaggio sacro è frutto di ispirazione (divina). (: «parlino ispirati divinamente»; «parlino ispirate da
celeste virtù»; non è detto che lo sia però quello degli «interpreti» ed «espositori»)
→Il linguaggio naturale obbedisce a leggi precise. Analogamente è conosciuto dagli uomini («le acutissime
scienze» mediante il «senso manifesto» e i«dimostrazioni necessarie» (la scienza per Galileo rispecchia la
realtà naturale, non la costruisce).
Concludendo
Galileo distingue tra due tipi di linguaggio:
• un linguaggio che riguarda la salvezza degli uomini: superando ogni discorso o scienza umana può
essere espresso solo «per la bocca dell’istesso Spirito Santo» (ad es. la lingua mistica della
Pentecoste nella Bibbia), attraverso un’ispirazione (o «visione») o comunque un atto intuitivo
• un linguaggio elaborato attraverso i sensi, il discorso (facoltà del linguaggio) e l’intelletto: il
linguaggio discorsivo (razionalmente articolato) delle scienze naturali.
→Pentecoste: lingua mistica per diretta ispirazione dello Spirito santo. lo spirito nella tradizione filosofica è
relativo a tutto ciò che rientra nella sfera del conoscere avendo consapevolezza, della coscienza, momento
in cui la divinità si fa conoscere. Legittimità della scrittura sacra rispetto alla scrittura del libro della natura.
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Quarta lettera copernicana a Cristina di Lorena (1616): il fine della Scrittura e della rivelazione, è di
insegnare→ come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo. linguaggio che ha un altro scopo riguardo alla
scienza, che secondo Galileo ha una legittimità ma in un altro senso, infatti non si deve intromettere nelle
questioni scientifiche.
Dimensione del significato, dell’immaginazione, delle forme, delle qualità→tendenza a ridurre il linguaggio
della matematica. Altra dimensione del significato è stata persa. L’esperienza di Galileo si interessa solo ad
alcuni elementi, che permettono di ricostruire un sapere generalizzandolo.
La dialettica dell’illuminismo (1947): gli uomini rinunciano al senso→ sulla via della scienza moderna gli
uomini rinunciano al senso
Galileo Galilei “Un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto”: l’universo come libro della natura è scritto
in lingua matematica e i caratteri sono triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è
impossibili intendere umanamente parola, essendo un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto
(condanna dell’uomo).
GIORDANO BRUNO: frate domenicano condannato per eresia e arso vivo a Roma in Campo de’ Fiori il 17
febbraio 1600. Secondo la testimonianza dell’umanista tedesco Gaspar Schoppe, Bruno alla fine della
lettura della sentenza che lo condannava avrebbe pronunciato la famosa frase: forse tremate più voi nel
pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla.
La cosmologia di Bruno: dal mondo chiuso all’universo infinito
i processi e la condanna: le peregrinazioni compiute nei diversi paesi europei avevano convinto Bruno che
l’epoca di feroci guerre nate dalla contrapposizione tra le diverse religioni poteva finire solo con la
conquista dell’autonomia del potere politico rispetto a quello religioso. Bruno decise negli anni Novanta
di rientrare in Italia a Venezia, con l’intenzione di operare a sostegno della politica in novatrice perseguita
dal sovrano francese. Egli aveva anche la speranza di incontrare il Papa e di convincerlo a porre fino a
un’epoca di rigido controllo ecclesiastico sul dibattito intellettuale. Egli fu però denunciato
dall’Inquisizione, fu arrestato e sottoposto a giudizio. Si dichiarò disposto a ritirare le proprie conclusioni
teologiche, tenendo però fermi i capisaldi della propria filosofia, motivo per cui fu arso vivo. Per la fermezza
dimostrata, fu considerato un martire della libertà di pensiero.
copernicanesimo e critica delle religioni: egli criticò la religione cristiana, in quanto era stato influenzato
sia dalla filosofia presocratica, sia dall’atomismo, dall’ermetismo e neoplatonismo rinascimentali, dalla
filosofia telesiana, dalla critica religiosa del primo Cinquecento. Era arrivato a identificare la divinità con la
forza vitale che anima il mondo, distaccandosi dalla religione, in quanto aderiva anche all’astronomia
copernicana. Infatti per Bruno la sfera delle stelle fisse, fino allora concepita come il confine dell’universo,
non esiste. Le stelle sono esseri animati che vagano nello spazio infinito, il Sole non occupa il centro
dell’universo, che siccome è infinito non ha centro, ma solo quello del sistema solare, che è solo uno dei
numerosi mondi che popolano lo spazio etereo.
l’universo infinito: ci fu una rivoluzione intellettuale che scardina un complesso di credenze consolidate.
Viene distrutta l’antica idea del cosmo, inteso come un tutto ordinato, sferico, finito e perfetto. Secondo
Bruno l’universo non ha ordine e armonia, ma anzi è perennemente mutevole, mobile, imprevedibile,
brulicante di vita. L’idea classica di cosmo, con l’universo finito, viene demolita. Keplero criticò Bruno,
perché la sua teoria entrava in contrasto con la tradizionale convinzione secondo cui l’infinità si addice solo
a Dio, mentre il mondo, in quanto creatura, è finito, diminuendo così l’eccellenza di Dio. Bruno dice che il
mondo è un’esplicazione, realizzazione dell’infinita virtù divina, aggiungendo però che in quanto infinita,
non poteva dar luogo che a un effetto infinito.
ermetismo e magia: Bruno negava valore di verità alle religioni positive, riconoscendo solo un’utilità sociale
e politica. Anche se ne era indifferente secondo lui le varie religioni dovevano rispettarsi a vicenda, e
dovevano lasciare ampi margini di libertà alla ricerca intellettuale degli uomini eroici, capaci di elevarsi
fino alla contemplazione della verità. Aggiunge inoltre il concetto di tolleranza, importante nello sviluppo
della riformulazione del processo religioso e politico. Bruno riconosce un valore di verità: la ragione magica
ed ermetica degli antichi Egizi, in quanto propone l’adorazione non di una divinità astratta, ma delle forze
della natura, come espressione dell’animazione universale, puntando all’utilizzazione attraverso tecniche
magica, poste al servizio dell’uomo. L’obbiettivo della magia naturale era infatti utilizzare e conoscere nel
miglior modo le forze della natura.
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gli eroici furori: in quest’opera Bruno sviluppa il tema dell’ascesa conoscitiva, attraverso la quale l’uomo
giunge a cogliere tramite la conoscenza della natura, la verità profonda dell’essere (mito di Diana). Colui
che giunge a contemplare la natura ne riconosce l’intrinseca divinità, contemporaneamente si rende conto
di essere solo un suo elemento, attraversato dalla stessa vita divina che governa il tutto.
una logica fantastica: per Bruno la conoscenza è una ricerca faticosa e difficile. Infatti se l’universo ha un
suo ordine interno, questo ordine non è visibile immediatamente, anche per i margini di casualità nel
disporsi delle cose, dovuti all’agitarsi della materia infinita. Il compito della logica è la ricostruzione
mentale dell’ordine profondo del reale che sfugge all’esperienza immediata, colta dai sensi attraverso
l’ausilio della fantasia, dell’immaginazione, della memoria, trovando la verità ideale. Bruno riprende motivi
platonici e neoplatonici, concentrandosi sulle tecniche per l’educazione della memoria. Bruno delinea una
logica inventiva diversa dalla logica deduttiva della tradizione aristotelica.
→logica fantastica: l’immaginazione unisce le idee alle percezioni concrete, con un linguaggio naturale,
cioè con parole che usiamo normalmente e con immagine concrete
Bruno e il sapere moderno: è centrale l’esigenza di infrangere quel dominio dell’esperienza immediata. Lo
strumento che lo consente è la capacità immaginativa e fantastica, oltre che il sapere geometrico. La
matematica si configura come strumento di comprensione del rapporto tra finito e infinito, fra la mente e il
divino, ma non ancora come chiave di lettura dell’universo fisico. Importanti sono i temi della dignità della
ragione, dell’autonomia della ricerca, la morale rinnovata, un diverso rapporto tra l’uomo e il mondo.
• Dalla lettura di Copernico e riprendendo alcune idee di Nicola Cusano (1401-64), del neoplatonismo e
dell’atomismo antico (Democrito) ricavò le due tesi eterodosse:
o dell’infinità dell’universo: deriva dalla matematizzazione della realtà, in quanto non si vede il
finito
o della pluralità dei mondi
→ se il mondo è infinito allora c’è anche una pluralità di mondi, con altre forme di vita e un’infinità dei
mondi
• sul piano antropologico della conoscenza umana, la facoltà fantastica e immaginativa è del pari un
principio conoscitivo a valenza cosmica con cui l’uomo si avvia all’intellezione dell’infinito e si avvicina
al divino guidato da un “furore eroico”→ per Bruno, l’immaginazione, la facoltà di unire le idee alle
percezioni concrete, è innanzitutto un principio cosmico, è la modalità con cui l’unità infinita non
numerica di Dio si esplica (explicatio→ ripiegato) nelle forme concrete del creato→ il cosmo è
l’esplicazione di un uno non numerico inteso come unità assoluta, intrascendente (non ha differenze in
sé)→ concezione . C’è un’idea di explicatio→ il cosmo è il processo di esplicazione e implicazione non
numerico (neoplatonica), perché è il primo, senza differenziazione, uno in senso di unità assoluta.
l’immaginazione è dunque un principio conoscitivo in cui percepisco le idee nelle sue forme reali,
dall’altro lato è uno stesso principio cosmico, cioè un principio attraverso cui il mondo si esplica, in
quanto nella creazione delle forme concrete c’è sempre un principio di immaginazione.
→ piano cosmologico: genesi del mondo come principio infinito, più il principio cosmico (numero non
numerico) e un piano inesauribile mai rappresentato nella sua totalità.
→ piano antropologico: capacità fantastica. Per Bruno il processo dell’immaginazione è un processo
conoscitivo attraverso il quale l’uomo si avvicina ai principi divini.
→furore eroico: ogni elementi deformazione di una realtà profonda, per avvicinarsi al divino ci vuole
questo furore. Idee che ogni articolazione in elementi discreti sia già una forma di deformazione di una
realtà profonda.
Bruno viene prima di Galileo, ma lo poniamo dopo per una questione logica: si ritrovano delle idee anche
riprese da Galileo, per esempio quella della Bibbia scritta in modo semplice.
• Galileo scrive che il linguaggio matematico permette di uscire dal labirinto, mentre Bruno pensa che sia
necessario confrontarsi con questo labirinto e di affrontarlo, avendo però gli strumenti giusti→ visione
labirintica che fa parte dell’esperienza umana.
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perché ognuno di noi non vive di linguaggio matematico e scientifico. Quindi se ci si concentra sul
significato geometrico e matematico si perde l’altro senso delle cose.
LA NUOVA ATLANTIDE O OLTRE LE COLONNE D’ERCOLE: IL MITO DI UNA NUOVA ETÀ DELL’UMANITÀ
GRAZIE ALLO SVILUPO DI UNA TECNICA GUIDATA DALLA SCIENZA
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antropologizzazione del mondo in modo che questo sia abitabile per l’uomo, in quanto l’uomo ha a
disposizione la natura per i propri scopi.
Il Barocco e la crisi del senso: l’onda lunga di uno svuotamento del simbolico
- È come se le forme dell’esperienza umana venissero declassate a semplici illusioni dal progresso
scientifico.
- Teoria della signatura rerum: tutte le cose portano nella loro forma e nelle loro qualità come iscritto il
senso tangibile e percettibile della loro natura; sono segni del gran libro della natura dettato da Dio.
- «Tutte le cose, erbe, semi, radici dischiudono nelle loro qualità, forme e figure ciò che è in esse»,
Paracelso
- L’analogia è di conseguenza principio conoscitivo e creativo; non la misura.
- Paracelso (Einsiedeln 1494 – Salisburgo 1541), medico, alchimista (alchimia: arte della ‘pietra filosofale’
o della trasmutazione dei metalli) e astrologo svizzero. La sua opera si situa a metà strada tra magia e
scienza; importante per lo sviluppo della medicina e della chimica moderna.
Emanuele Tesauro, Il cannocchiale aristotelico (1654)
- Trattato fondamentale della retorica del Seicento, considerato fondamentale per la sistemazione
teorica dell’estetica barocca.
- La metafora è per Tesauro la figura retorica per eccellenza, in quanto riesce a collegare fenomeni
lontani attraverso l’analogia che le sta alla base.
- Il «cannocchiale» è l’immagine della capacità di costruire metafore sempre più ardite in virtù della
lontananza degli aspetti che vengono tra loro messi in correlazione.
- Ipotesi: può essere letto come un sintomo di una crisi nella normale capacità di stabilire rapporti di
analogia tra le cose; in altre parole: è come se la rivoluzione scientifica avesse creato una sorta di
vertigine che fa vacillare i nessi comunemente ammessi tra le cose dal linguaggio comune.
- Analogamente e guardando invece a ritroso, per l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, che viene però
molto prima (1516-1532), si è potuto parlare di un «riso che anticipa la scienza».
- Frontespizio del «Cannocchiale aristotelico»: l’eloquenza fa uso del cannocchiale; la retorica
(aristotelica) prova a riconciliarsi e a fare propria la rivoluzione scientifica di cui il cannocchiale di
Galileo è simbolo per antonomasia.
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Giulia Bernasconi, 4E FILOSOFIA 06.09.2021
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Bacone e la scienza moderna: egli non arrecò apporti originali al progresso delle scienze. Nemmeno il suo
metodo, fu fatto proprio dalla nuova scienza, perché non prevedeva in nessun momento l’intervento di una
elaborazione e interpretazione di tipo matematico. Dalla matematica Bacone non coglie la possibilità di
applicazione all’interno dell’indagine naturale, per il fatto che continua a identificare la fisica con la ricerca
delle forme, delle essenze qualitative che stanno al di sotto dei fenomeni. Il metodo di Bacone non punta a
una determinazione delle condizioni meccanico-quantitative che presiedono alla formazione dei fenomeni
della luce, del calore, del suono, ma la natura stessa della luce, del suono. Presuppone che l’esperienza
immediata debba essere rielaborata e ordinata, ma non contraddetta, perché sia possibile dar luogo
all’esperienza scientifica. Per Bacone si tratta di spiegare i fenomeni fisici assumendoli così come si
presentano nell’esperienza comune.
• Bacone è in conflitto costante con le istituzioni del suo paese, essendo oggetto di preoccupazione ma
anche di stima. Egli ricopriva il ruolo di cancelliere, per poi cadere in disgrazia, essendo comunque in
una posizione favorevole per la rivoluzione scientifica, anche perché l’Inghilterra è stata la nazione da
cui è partita la rivoluzione industriale, che richiede per forza una rivoluzione anche scientifica e
tecnologica. In questo paese c’erano infatti delle premesse tecniche e scientifiche che portarono alla
rivoluzione industriale.
• Il mito delle colonne d’Ercole è presente anche in Bacone, nella sua opera la Nuova Atlantide. Un'altra
opera importante di Bacone, Instauratio magna, di cui il Novum Organum fa parte, rappresenta il
veliero del nuovo sapere che varca le Colonne d’Ercole del mondo conosciuto, riprendendo sempre la
metafora della navigazione
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Critica di Bacone alla logica di Aristotele (in uso ai suoi tempi)-Nuovo Organo: secondo Bacone serve a
confermare e a fissare errori che si basano su basi fisse da tempo, invece che mirare alla ricerca della
verità. Per questo motivo la logica di Aristotele è più dannosa che utile. Inoltre dice che il sillogismo non
funziona per comprendere la natura e la scienza, essendo applicato solo a nozioni di media importanza,
costringendo all’assenso e quindi non a capire e trovare la verità. Un altro aspetto che critica è che il
sillogismo si basa su nozioni che sono confuse e astratte, essendo dunque prive di solidità. Perciò secondo
Bacone la sola speranza sta nell’induzione.
→conferma errori basati su nozioni volgari (=concetti del senso comune, della lingua di tutti i giorni, non
basati su un’osservazione metodica ed elaborata e non verificate: ad esempio Greci, mortali, uomini) non è
utile per la ricerca della verità. Secondo lui il metodo corretto per trovare la verità è l’induzione.
→i principi primi non sono oggetto di conoscenza argomentativa: il sillogismo si limita a sviluppare ciò che
è implicito nei termini medi (termine che collega due altri termini, es: uomini→ Greci, immortali, non c’è
una vera ricerca della verità ma solo un gioco logico); né si può applicare ai principi primi, gli assiomi
(premesse), da cui è desunta la conoscenza delle singole scienze secondo Aristotele (oggetto non di ricerca
per ragionamento, ma di intuizioni pure).
→il sillogismo è formato da proposizioni, che sono composte da parole, che a loro volta sono delle
etichette di nozioni, cioè di concetti, che si distinguono dalle parole perché sono generalizzazioni di tante
forme diverse che vengono ricondotte a una forma unica. Trae perciò la conclusione che il sillogismo non
considera la parte delle cose (parole→nozioni→cose, frecce a doppio senso), quindi è astratto, non
essendoci una verifica delle parole. Se le nozioni sono prese tra le parole che li designano e le cose cui essi
si riferiscono, il sillogismo sembra occuparsi solo del loro rapporto con le parole, trascurando quello che le
parole rappresentano, in quanto tale sembra costituire per Bacone un vuoto gioco verbale.
l’induzione:
l’induzione è il procedimento che dai particolari porta all’universale (Aristotele). Aristotele vede
nell’induzione una delle due vie attraverso le quali riusciamo a formare le nostre credenze; l’altra è la
deduzione (dall’universale al particolare) attraverso il sillogismo. L’induzione è tuttavia per Aristotele priva
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di valore necessario o dimostrativo (dato che si generalizza ci potrebbe essere qualcosa che deroga dalla
regola) e il suo ambito di validità rimane quello del fatto cioè della totalità dei casi in cui è stata
effettivamente riscontrata valida. Essa può perciò essere usata a fini di esercizio, nella dialettica, o a fine di
persuasione, nella retorica, ma non costituisce scienza, al contrario del sillogismo.
Bacone tentò di riformare l’induzione antica rendendola adatta alle necessità delle scienze. Sostituì alla
semplice enumerazione dei casi particolari un’induzione che, attraverso la selezione dei casi rilevanti e
gradi intermedie di generalizzazione, così da sceverare (distinguere) e ordinare l’esperienza, quindi dà un
valore diverso alla scienza antica innestandoci la scienza sperimentale.
L’obbiettivo cui tende l’induzione di Bacone non si discosta per il resto da quello che Aristotele persegue
con il sillogismo: si tratta di giungere a determinare la forma delle cose, il principio intrinseco e la ragione
di essere che ne spiega la natura. Bacone, in un certo senso, fonde metodo empirico e metafisica
aristotelica (prima conoscenza intuitiva dei principi, che poi viene ampliata dai discorsi).
Deduzione: processo di specificazione, dal generale si va al particolare.
Induzione: processo di generalizzazione, dal particolare si va al generale.
RENÉ DESCARTES – UNA FILOSOFIA PER LA NUOVA SCIENZA O COME RIMETTERE L’UOMO AL CENTRO DI UN
MODO ESPLOSO
René Descartes/Cartesio (1596-1650) :
René Descartes nacque a la Haye (Francia centrale), nel 1596. Studiò al collegio dei gesuiti di la Fièche e in
seguito all’Università di Poitiers. Arruolatesi come volontario al servizio del principe di Nassau per viaggiare e
“leggere così nel gran libro del mondo”, abbandonò la carriera militare per dedicarsi agli studi scientifici e
filosofici. Visse in Olanda e in Francia, mantenendosi in contatto con i più importanti filosofi e scienziati del suo
tempo. Inviato alla corte della regina Cristina di Svezia, morì di polmonite a Stoccolma nel 1650. La sua opera è
in parte anche autobiografica. Egli ha vissuto la guerra dei trent’anni e si ritira in una cittadina Ulm, decidendo
di filosofare ritirandosi nella sua casa.
Una nuova filosofia che rimetta l’uomo al centro del mondo, ovvero le radici metafisiche della scienza: nuova
ripartenza e ripartenza dal nulla. È una filosofia che mette al centro la tecnica e utilizza degli strumenti. Da un
lato c’è un movimento di decentramento, siccome l’uomo deve liberarsi dalle qualità, andando verso il
movimento della tecnica, che si differenzia dalla scienza, perché questa pone al centro la natura e non l’uomo,
eliminando ed estraendo l’interpretazione soggettiva dell’uomo, essendo un movimento centrifugo, ovvero che
butta fuori l’uomo. La tecnica (con l’utilizzo di strumenti) al contrario è fatta dall’uomo, infatti l’uomo utilizza la
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Giulia Bernasconi, 4E FILOSOFIA 06.09.2021
tecnica per fini propri, cioè in base ai propri bisogni. In questa filosofia c’è quindi il tentativo di riformare il
mondo mettendo al centro l’uomo e ad esempio con la tecnica si riesce a piegare la natura per metterla a
servizio dell’uomo. In Bacone l’uomo è interprete della natura, cioè la natura è qualcosa che non gli appartiene
totalmente e non c’è un dominio assoluto, motivo per cui si differenzia da Cartesio e dall’evoluzione della
società che con il progresso moderno intensifica il dominio della natura, modello indispensabile per lo sviluppo
della società industriale e modello che attraverso un pensiero strumentale tende a mettere da parte l’idea di
senso, cioè si mette da parte il perché si fa una cosa e ci si concentra su come la si fa. --> tentativo di dominio
sulla natura ma non assoluto, siccome l’uomo è ministro della natura
→La rivoluzione scientifica e tecnica necessita di una nuova filosofia che ne costituisca il fondamento
→Una filosofia non puramente speculativa ma anche pratica, per la quale l’uomo possa rendersi come
“padrone e possessore della natura” (Discorso del metodo, VI)→ nell’antropocene
Giovanni Pico della Mirandola, De dignitate hominis (1486): questa orazione pone un problema
dell’antropologia, in quanto vi è una posizione mediana dell’uomo tra gli enti, angeli e bestie e nel cosmo.
• Uomo come copula mundi: essere che unisce tutte le parti del mondo
• Uomo camaleonte: può essere sia celeste che terrestre
Blaise Pascal (1623-62): Dio sarebbe una sfera infinita il cui centro è ovunque e la circonferenza da nessuna
parte --> questa immagine, di origine neoplatonica, se applicata all’universo, è stata interpretata come il
tentativo di conciliare la nuova concezione scientifica che fa dell’universo un ambiente indefinito (senza limiti)
e indifferenziato e l’antica visione cosmologica che fa del mondo una totalità finita riferita al suo centro→
matematecizzazione del cosmo
Hegel, lezioni sulla filosofia della storia (1821-31): Una filosofia che mira alla sua autonomia, riaffermandola,
ma basandosi sulla struttura stessa del pensiero come consapevolezza di sé, riuscendo a derivare in modo
indipendente dalla ragione, proprio perché l’autocoscienza è momento essenziale del vero→ filosofia del
soggetto, autocoscienza di sé in autonomia
San Tommaso: la filosofia è serva della teologia, regina delle scienze→nella ragione dell’uomo non basta la
scienza ma serve anche la teologia cioè la fede rivelata, il sapere che sfugge alla razionalità. Il ruolo intermedio
tra teologia e scienza --> la filosofia torna ad essere autonoma, servendo a sviluppare razionalmente la verità
emanata da Dio e dalla storia sacra
Paradosso: il momento in cui la filosofia tenta di emanciparsi dalla teologia e dal sapere tradizionale sancisce
anche l’inizio della sua fine? La filosofia è solo chiarificazione delle premesse e dei concetti delle scienze (delle
pratiche sociali)? La filosofia non costituisce un sapere specifico, ma imita il metodo della scienza. La filosofia è
sostituita dalle scienze umane: psicologia sperimentale, psicanalisi, sociologia,…, teoria dell’informazione si
ergono a metà-discorso, ossia a discorso (o in senso generale forma di razionalità) generale che può spiegare
tutti i discorsi particolari
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Giulia Bernasconi, 4E FILOSOFIA 06.09.2021
La Mathesis universalis è una formula segreta di ogni forma di conoscere (mathesis=sapienza, conoscenza),
cercando di affermare un sapere solido sopra le scienze occulte (alchimia, magia bianca, emetismo --> tradizione
egizia). Perciò la mathesis universalis è la chiave universale per il sapere, idea da cui bisogna poi sviluppare un
metodo. Descartes cerca questo metodo a livello delle verità matematiche ma non dice che tutto deve essere
ricondotto alla matematica, siccome c’è un ambito dell’agire umano e un ambito del sapere teorico. Descartes
era appassionato di Copernico e Galileo e dunque fece un tentativo di generalizzare il metodo della matematica
ed estenderla a tutte le forme di sapere, trovando nel metodo analitico matematico questo sapere universale.
Descartes stava cercando di capire se per l’uomo è possibile raggiungere qualcosa di solido ed è più facile che lo
trovi un uomo solo. Non può fidarsi delle opinioni degli altri, dovendosi fidare solo di sé stesso, in cui cerca di
trovare dei principi che possano valere per tutti --> ripiegarsi in sé stessi e rivendicare il valore generale. La
conoscenza certa si fonda su un soggetto di conoscenza che ognuno ha in sé stesso, dovendo usare gli strumenti
della ragione per non procedere alla ceca e rischiare la follia. Questa forma di sapere passa attraverso il metodo
e non attraverso i sensi.
4 precetti del metodo:
• Primato dell’intuizione diretta: l’evidenza o quello che conosce in modo chiare e distinto si oppone a
una conoscenza discorsiva
• Analisi: dividere gli elementi
• Sintesi: comporre secondo il giusto ordine
• Completezza: enumerazione esaustiva
Regole del metodo cartesiano:
• Il rifiuto del principio di autorità: Cartesio affermò che dei principi già acquisiti faceva meglio a disfarsene o
a procurarsene di migliori, o ad accogliere se le avrebbe riconosciute fondate --> rifiuto dei principi di
autorità, ovvero nessuna opinione può essere accolta per il fatto di essere sostenuta da maestri autorevoli,
in quanto l’unico criterio è la ragione e il buon senso. Perciò la fonte della certezza non è più l’autorità ma è
l’evidenza intellettuale, accogliendo come vere solo le idee chiare e distinte, da cui si vede la mentalità
matematica del filosofo (--> evidenza matematica). Questo carattere innovativo viene ristretto dallo stesso
Cartesio al piano intellettuale (pensieri).
• Dividere ogni problema preso a studiare in tante parti minori, quante fosse possibile e necessario per
meglio risolverlo --> geometria analitica
• Partire da pensieri più semplici passando sempre a più difficili, anche se non sono in un ordine naturale
• Fare enumerazioni generali e semplici per essere sicuri di non aver omesso nulla
➔ Matematismo di Cartesio: a tutte le cose di cui è a conoscenza l’uomo si può applicare il pensiero
matematico, avvalendosi della ragione e potendo così scoprire verità nuove
Conoscenza e metafisica-dal cogito alla res cogitans: Nelle meditazioni metafisiche afferma che per creare
delle fondamenta ferme e costanti nelle scienze doveva sbarazzarsi di tutte le vecchie conoscenze, respingendo
tutto quello di cui era possibile dubitare anche solo in parte, trovando una verità indubitabile. Rovescia così il
significato di dubbio scettico, siccome il dubbio diventa un procedimento di ricerca che aiuta a stabilire senza
incertezze la verità, dopo aver eliminato le verità apparenti (dubbio metodico). Le prime certezze che vengono
messe in discussione sono quelle dei sensi, ingannevoli perché fanno scambiare per vero ciò che non lo è (es. ci
viene il dubbio che i sogni siano reali). Anche le verità matematiche e razionali possono essere messe in dubbio.
Cartesio suppose che ci fosse un Dio onnipotente ingannatore, che ci faceva vedere le cose come non erano. In
questo caso il dubbio è iperbolico, siccome si è allargato andando ad attaccare le radici stesse della credibilità
della ragione. Questa prima ipotesi è impossibile in quanto incompatibile con la bontà di Dio. Pone così una
seconda ipotesi, cioè la presenza di un genio cattivo, uno spirito maligno che inganna gli uomini.
Cogito, ergo, sum: se penso esisto senza dubbio, quindi dall’ipotesi dell’inganno più totale nasce la certezza del
pensare e con essa quella dell’esistenza --> io sono, io esisto e necessariamente vero tutte le volte che
pronuncio ciò o lo concepisco nel mio spirito. Questa è una verità intuitiva, siccome è inseparabile dal pensiero
e dal funzionamento stesso dell’intelligenza. Quindi è dall’attività intellettuale, concepita come spontanea e
creativa, che scaturiscono la certezza e la verità. Facendo del pensiero e dell’intelligenza il luogo dove si produce
la verità, la sua filosofia si presenta come una forma di idealismo, infatti la verità non si raggiunge attraverso
l’esperienza, ma attraverso la produzione delle idee --> idealismo matematico
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Giulia Bernasconi, 4E FILOSOFIA 06.09.2021
Cartesio riprende il vecchio concetto di sostanza per capire che cosa sia l’essere. Si è certi di esistere e di avere
un’attività intellettuale, ma per quanto tempo? Cartesio afferma che l’uomo è una cosa che pensa (res
cogitans), e dal cogito come luogo della verità intellettuale fa ritorno al concetto scolastico di cosa (res), intesa
come sostanza, della quale il pensiero costituisce un attributo. Perciò l’espressione res cogitans è un nuovo
modo per indicare la vecchia nozione di anima intesa come sostanza spirituale, separata dal corpo e
immortale, essendo un’entità completa e autonoma separata dalla realtà corporea. Per Cartesio l’anima si
esprime attraverso il pensiero, che è proprio dell’anima (non ne fanno parte funzioni del sentire e
dell’immaginare). Egli è convinto che tale definizione dell’anima (entità esclusiva pensante e immateriale), ne
dimostri l’immortalità.
L’esistenza di Dio: Cartesio propone di dimostrare l’esistenza di Dio, attraverso il procedimento del dubbio. Fa
parte del dubbio l’idea di una perfezione mancante. Inoltre l’idea di infinità è per l’intelligenza matematica
condizione del riferimento al finito, viene prima dell’idea del finito. Questa spontaneo riferirsi all’idea di
perfezione entra in conflitto con la constatazione dei limiti. La presenza, all’interno della mente, dell’idea di
perfezione, costituisce per Cartesio la prima prova dell’esistenza di Dio. Dal dubbio e dal cogito scaturiscono
l’intuizione dell’io pensante e quella di Dio, che sono due aspetti della natura intellettuale in generale. Perciò
anche l’esistenza di Dio è oggetto di una intuizione intellettuale. L’idea dell’essere perfetto comporta
necessariamente la sua esistenza e negare l’esistenza dell’essere perfetto equivarrebbe a negarne la perfezione,
comportando una contraddizione logica. La perfezione, per essere assoluta, non può essere non esistere.
Cartesio esamina diversi tipi di idee che si presentano alla mente, concludendo che alcune sono estranee e
venute da fuori (suoni, rumori, odori --> avventizie), altre sono fatte e inventate dalla mente stessa (idea
chimera, ippogriffo --> fittizie) e altre appaiono connaturate alla mente, nate in insieme a lei (innate --> Dio).
Conclude poi che è l’esercizio dell’intelligenza che conduce a comprender l’esistenza di Dio, che a sua volta
funge da sostegno della nostra certezza che il mondo esterno esiste. Solo l’esistenza di Dio garantisce che alle
nostre idee chiare e distinte, che riguardano il mondo esterno, corrisponde la realtà delle cose. L’esistenza del
mondo esterno è certa, per il fatto che la mente umana ha in sé l’idea chiara e distinta di una realtà materiale.
La fisica di Cartesio: le idee di Cartesio sulla costituzione dell’universo portano a delle dottrine fisiche nuove,
infatti la fisica di Cartesio si situa all’interno dell’astronomia copernicana e dalle ricerche di Galileo,
modificandole. L’unica forma di movimento che ammette è il movimento locale, cioè lo spostamento da una
parte all’altra dello spazio. Egli afferma che ogni parte della materia conserva lo stesso stato fino a quando le
altre, urtandola, non la costringono a cambiare. Ogni cambiamento di stato, dalla quiete al moto, o dal moto
alla quiete, richiede l’applicazione di una forza esterna alla materia. Per Cartesio la caratteristica essenziale della
materia è il fatto che essa occupa spazio, che è estesa, ovunque omogenea e uniforme, geometrizzandola.
Secondo lui come non si possono porre limiti allo spazio geometrico, così non si possono assegnare limiti al
mondo materiale. L’universo è perciò indefinito, ossia tale che non è possibile concepirne alcun limite; ma
Cartesio non ne afferma l’infinità, che è solo di Dio.
Il dualismo cartesiano e il problema delle passioni: l’intenzione cartesiana di ridurre tutti i fenomeni fisici alla
loro più semplice espressione meccanica e di escludere perciò ogni intervento di forze ed entità immateriali,
corrisponde alla spiegazione che Cartesio dà a dei fenomeni della vita (es circolazione sanguigna come effetto
del moto del cuore). Secondo lui il movimento animale è una risposta autonoma dell’organismo all’azione del
mondo esterno: tutti gli animali non sono così che macchine semoventi, cui è negata ogni autonomia. Da tale
automatismo è parzialmente escluso solo l’uomo, in forza delle sue capacità volontarie. Anche il corpo umano
ha una struttura fisiologica meccanica e automatica; ma esso può volere o non volere che gli spiriti vitali entrino
nei canali nervosi a indirizzare il movimento muscolare. Inoltre l’anima è propria solo dell’uomo. Cartesio pone
un dualismo di sostanze, con la res cogitans da una parte (realtà emersa attraverso il cogito) e dall’altra parte la
res extensa (garantita dall’idea chiara della materia e dalla veracità divina). Le due sostanze si collocano a due
livelli diversi, la prima è del tutto immateriale e inestesa, separata a indipendente dal corpo, mentre la seconda
coincide con l’estensione spaziale. Nell’uomo le due sostanze sono presenti e entrano in contatto,
influenzandosi.
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la più alta e perfetta morale, che, presupponendo un’intera conoscenza delle altre scienze, è l’ultimo grado della saggezza”
--> un albero che affonda le radici nei fondamenti. La morale è il coronamento di tutto il sapere, non come
insieme di precetti moralistici, ma come arte e teoria di vivere bene, di fare il massimo della vita umana.
SECONDA PARTE
Anche qui la riflessione si apre con un riferimento autobiografico: il filosofo racconta che per meditare si era
ritirato in una stanza ad Ulma, in Germania, nel 1619, dove aveva dato forma al suo metodo. Questo non si rifà a
nessuna delle discipline già conosciute: rifiuta infatti la logica, la geometria e l’algebra, cercando di costruire un
metodo che comprenda i vantaggi di queste tre scienze ma non i difetti.
Regole del metodo cartesiano
Il metodo di Cartesio si riassume in quattro regole fondamentali:
• Regola dell’evidenza: accetterà per vero solo ciò che apparirà in modo chiaro e distinto alla mente.
• Regola dell’analisi: dividerà un problema complesso in parti più semplici per potervi applicare la prima
regola (procedimento analitico).
• Regola della sintesi: ricomporrà il problema in modo ordinato procedendo in modo induttivo, dal problema
più semplice a quello più complesso.
• Regola dell’enumerazione: ricontrollerà le fasi precedenti per assicurarsi che non siano stati commessi
errori.
Anche se il metodo cartesiano parte da discipline come la geometria, una volta formulato può essere
esteso a diversi campi del sapere, abbracciando anche campi come quello politico o etico
SESTA PARTE All’inizio di quest’ultima parte Cartesio spiega i motivi che lo hanno portato a non pubblicare Il
mondo. Infine spiega quali siano le cose necessarie e le condizioni per progredire nella ricerca scientifica e
della natura, criticando ciò che era stato fatto fino a quel momento.
Afferma infine che solo dalla scienza e dalla filosofia l’uomo può trarre i mezzi per migliorare le proprie
condizioni di vita. Il testo si conclude con l'elogio di queste due discipline.
Meditazioni di filosofia prima (titolo latino, 1641)/ Meditazioni metafisiche (titolo francese, 1647)
in queste opere vengono dimostrate l’esistenza di Dio e la distinzione dell’anima del corpo, temi di cui parla
Decartes. Il termine meditazione rimanda a una pratica spirituale, per esercitare la ragione e fare un lavoro
su sé stessi, superando le precipitazioni. Invece il termine metafisica rimanda a qualcosa che va oltre alla
natura. Si può dire che la prima meditazione ha la forma di un “monologo dialogico (dialogo con sé stesso)”.
Le ragioni del buon senso si scontrano con quelle della metafisica, così come la ragione pratica si scontra con
la ragione teoretica (conoscenza certa). Parla di due temi:
1. Dimostrazione dell’esistenza di Dio: Dio qui è da comprendersi non nel senso di una religione rilevata,
ma di una religione naturale, ossia in quanto concetto che si può intendere razionalmente (siamo
nell’ambito di una teologia razionale), siccome si cerca di ricondurre tutto alla ragione. A noi interessa
non la dimostrazione in sé, ma il rapporto tra l’uomo e l’idea di un infinito attuale (vs colto nella sua
progressione). È inoltre importante il momento strutturale della conoscenza stessa, che fa riferimento a
un suo possibile perfezionamento e completamento --> è possibile o no? Dio è l’unico infinito che è
completo, siccome racchiude tutto in sé stesso. Ci si chiede in che misura c’è un rapporto necessario tra
l’uomo e questa idea di perfezione e infinità, cioè il rapporto tra la perfezione, la totalità infinita e
l’essere umano, poiché in tutto quello che facciamo presupponiamo già una forma di perfezione.
2. Distinzione tra l’anima e il corpo: a noi interessa non se esistono due cose determinate o sostanze una
separata dall’altra, “anima” e “corpo”, ma come si possono determinare i rapporti tra coscienza e
sistemi materiali--> tutto ciò che fa parte dell’anima può essere ridotto a osservazione materiale? Ad
esempio ci si chiede se il pensiero è osservabile oppure c’è un altro ambito che sfugge alla scienza
moderna. Descartes pone questa questione in maniera radicale, affermando un certo dualismo, poiché
una cosa non può essere ricondotta all’altra, con una frattura tra anima e corpo, che non si può
ricomporre con elementi umani. L’anima è una dimensione specifica della conoscenza e della
consapevolezza, e vi è da capire in che misura ci muoviamo in questa consapevolezza senza descriverla
in termini matematici.
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Nella prima pagina Descartes prova a definire un metodo in base a uno scopo, cioè rimettere in discussione
le opinioni necessarie per coltivare le discipline scientifiche →per farlo parte dalle fondamenta in quanto se
esse sono false crollano anche tutti i principi sui quali si sono basati le opinioni -> mettere in discussione i
principi di fondamento sul quale si costruisce tutto -> “ché ora mi applico non tanto all’azione quanto alla
conoscenza”
➔ Tentativo di ricostruire tutto il sapere dall’uomo -> ragione fondata dal soggetto stesso -> la ragione è
nel tentativo dell’uomo di orientarsi davanti al mondo
➔ Scopo: stabilire qualcosa di certo nelle conoscenze teoretiche -> verità scientifica
➔ Metodo: non può confutare ogni singola verità -> cerca un motivo per dubitare nelle fondamenta ->
sufficiente trovare un motivo di dubbio - > crolla tutto
Il dubbio:
Decartes si isola e cerca di ricostruire le verità, distruggendo tutte le opinioni e le conoscenze già acquisite,
siccome in seguito alla rivoluzione scientifica tutte le certezze e gli studi fatti in precedenza crollano.
• Dubbio metodico: uno strumento per raggiungere uno scopo; in questo caso lo scopo è teoretico. È
dunque mettere tutto in dubbio con uno scopo, siccome il dubbio è uno strumento per raggiungere
qualcosa d’altro, che nel suo caso è trovare delle verità scientifiche a livello teoretico, non
interessandosi però a verità pratiche--> “se miravo a stabilire una buona volta alcunché di saldo e
duraturo nelle scienze”.
• Dubbio iperbolico: il dubbio è uno strumento con finalità teoretiche, relativo alla conoscenza; come tale
risulta eccessivo (iperbole=eccesso) rispetto alle finalità di una vita pratica, legata all’agire e non al
conoscere
il dubbio ha un valore positivo a causa della sua finalità particolare, metafisica nel senso di trovare i primi
principi o fondamenti del sapere: basta dubitare di una cosa per essere sicuri che non si è di fronte a una
verità certa. Non comporta dunque “incertezza”, ma “certezza” come verità negativa (se dubito so che una
cosa non è certa) --> “rimuovendo naturalmente tutto ciò su cui potrebbe ammettersi il pur minimo dubbio,
come se sapessi con certezza che non è nient’altro che assoluta falsità.”
Espansione del dubbio: progressiva interiorizzazione
Dubita della testimonianza dei sensi (se ci hanno ingannato una volta possono ingannarci sempre) riguardo
all’esperienza della realtà esterna e riguardo all’esperienza interiore --> dubita dell’esperienza esteriore
➔ Devo dunque dubitare di tutta la realtà esteriore e anche dell’esperienza interiore del mio corpo;
(infatti anche i sogni ci possono ingannare sull’esistenza della realtà esteriore di principio non siamo
diversi dai pazzi che credono all’esistenza di quello che si rappresentano--> non riesce più a distinguere
tra l’immaginazione e la realtà, se un sogno sia reale o meno)
➔ Dialogo con sé stesso: esclude tutte le possibilità per trovare l’assoluta certezza.
Dubita per quanto riguarda l’esperienza interiore (e non il mondo esteriore) anche delle certezze di ragione
che non dipendono dalla realtà esteriore, in particolare delle qualità primarie e delle verità matematiche ad
esse legate: Dio potrebbe volerci ingannare; o (se l’idea di un dio che ci inganna è in contrasto con l’assunto
della bontà divina); potrebbe volerci ingannare un genio maligno onnipotente. Bisogna avere un atto di fede
verso l’adeguatezza del proprio pensiero, siccome andando a indagare nel profondo di esso non si riesce a
comprendere se queste appartengano alla sfera della ragione o della follia. Bisogna dunque suppore che non
esista un genio maligno che ci inganni e quindi la nostra ragione non viene più messa in discussione,
essendoci dunque un razionalismo su sfondo di irrazionalità (tesi di un Dio che ci inganna è troppo radicale,
siccome Dio dovrebbe essere perfetto)--> dubita dell’esperienza interiore
• Ludwing Wittgenstein: emblematico della pretesa della filosofia contemporanea di lasciarsi alle spalle
la metafisica -> non puoi dubitare l’esistenza di una mano -> assurdità porsi questa domanda ->
questioni che non ci interessano -> frattura fondamentale nella filosofia contemporanea ->
deliberatamente porsi domande che vanno contro al buonsenso
➔ Folli perdono il rapporto con la corporalità prima di quella con il mondo esterno
• Radicalizzazione del dubbio -> nel sogno mentre dorme subisce lo stesso processo dei pazzi -> non
riuscire a distinguere sonno e veglia -> essere convinti di essere svegli nel sogno -> dubbio iperbolico
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Giulia Bernasconi, 4E FILOSOFIA 06.09.2021
sufficiente -> anche nell’esperienze particolari non ci si può basare sui sensi -> non può escludere che
sia folle facendo affidamento sul suo cervello
• Non siamo più in grado di stabilire se quello che ci dice i sensi sia la di fuori di noi -> allora fermiamoci
alla dimensione del pensiero
• Ripresa dal saggiatore -> distinzione tra qualità primarie (oggettivabili) e secondarie -> qualità
scientifiche sono quelle che si possono oggettivizzare -> natura corporea generale e la sua
estensione (la sua spazialità) →si sposta nella dimensione dell’entità matematiche -> delle idee e
degli oggetti ideali -> cercare certezze
• Metafora pezzo di cera →capire il senso dell’esempio e cosa vuole dimostrare. In che misura questo
esempio ci serve a dimostrare che conosciamo meglio la mente umana rispetto alle funzioni corporali
o Cartesio uso l’esempio del pezzo di cera per dimostrare come conosciamo la mente umana meglio che i
corpi. Infatti inizia il suo discorso dicendo che non possiamo conoscere la cera attraverso i sensi in
quanto non danno nessuna informazione sulla cera ( le caratteristiche del pezzo mutano se messo
accanto al fuoco). In seguito si interroga se può conoscere la cera mediante l’immaginazione e nega
anche questa ipotesi in quanto la cera è soggetta a innumerevoli cambiamenti e l’immaginazione non
riesce a seguirne tanti. Cartesio conlude quindi che l’unico mezzo per conoscere la cera è l’analisi della
nostra mente in quanto è nella nostra mente che risiede la conoscenza delle cose esterne essendo che
li percepiamo e vediamo perché li concepiamo nella nostra mente.
o Concetto di infinito → la cera può avere infinite forme mentre la nostra immaginazione è finita e
quindi non possiamo esseri ricondotti →uomo disperso nell’infinito → infinità di sensazioni
Seconda meditazione
Il tema della seconda meditazione è la mente umana e come la si conosce meglio che i corpi.
Sintesi: “suppongo pertanto che tutto ciò che vedo sia falso; credo che tra le cose che la mendace memoria
rappresenta nulla sia mai esistito; non possiedo alcun senso; il corpo, la figura, l’estensione, il moto, il luogo
sono chimere. Che dunqe sarà vero? Forse solo questo, che non v’è nulla di certo.”
immagine del gorgo: ha talmente tanti dubbi che li paragona ad essere in un gorgo, senza riuscire a vedere
il fondo, a nuotare e risalire alla superficie, essendo in una forma di disorientamento, senza sapere dov’è
l’alto e dov’è il basso --> alla fine della prima meditazione ha negato le vecchie certezze pratiche,
scientifiche e razionali e ora deve riuscire a risalire verso la superificie nella seconda meditazione
immagine di Archimede: aveva creato la leva e il suo funzionamento--> quando troverà un punto fisso e
saldo riuscirà a trovare qualcosa di certo e indiscusso.
Penso dunque sono: Decartes afferma io sono, io esisto, ogniqualvolta la proferisco o la mente la conepsice
è necessariamente vera. Un livello zero di pensiero non è soggetto al dubbio (diversamente dal pensiero già
messo in dubbio), portando a una consapevolezza di sé è costituendo una certezza --> io penso non è
soggetto al dubbio perché è il dubbio che dipende dal pensare e non il contrario, in qualsiasi dubbio esiste
sempre una certa forma di consapevolezza .
L’unica certezza per Decartes è che l’uomo pensa e dunque è e perciò l’uomo ha un minimo di coscienza
che gli permette di dire che esiste. Questa coscienza viene prima del dubbio, infatti si può dubitare solo
pensando e quindi nel momento in cui dubito ammetto questa coscienza.
➔ Io penso non è soggetto al dubbio perché è presupposto al dubbio: mettere in dubbio presuppone
pensare
Conclusione intermedia: dunque cosa sono? Una cosa che pensa, che dubita, che intende, che afferma, che
nega, che vuole, che non vuole, che immagina e che sente. Vi è un dualismo tra res cogitans (anima) e res
extensa (corpo), che sono opposti. Infatti l’uomo è una natura pensante che si contrappone alle cose e alle
idee estese, cioè disperse nello spazio e nel tempo, oggetto di scienza perché rientrano nelle qualità primarie
riprese da Galileo e da tutta la filosofia successiva. Egli vuole ancora dimostrare che se fa astrazione di tutto
ciò che esterno da sé e su cui non ha controllo, la conoscenza che ha di sé è qualcosa di certo.
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Esempio della cera: cosa è rilevante nell’esempio, cosa vuole dimostrare, in che misura l’esempio serve a
dimostrare che conosciamo meglio la mente umana che i corpi? In questo celebre passo Cartesio mostra la
distinzione, presente nella sua filosofia, tra res extensa e res cogitans: una cosa infatti è la natura fisica degli
oggetti una cosa d’altro canto è la natura della mente. Quale rapporto vi è tra le due? Con l’esempio della
percezione della cera, il filosofo mostra in questo brano quale sia il limite tra le proprietà oggettive della
materia e l’interpretazione soggettiva della mente.
Un pezzo di cera emana dei sapori, ha un gusto, una forma e un colore preciso. Tutte queste caratteristiche
cambiano e svaniscono quando la cera viene sciolta da fuoco. Quindi si chiede, se comprende meglio le cose
la mente o il corpo? Le capisce meglio immaginandole o percependole con i sensi? Arriva alla conclusione
che i corpi non sono percepiti dai sensi o dall’immaginazione, ma solo dall’intelletto, non essendo percepiti
perché li tocchiamo o vediamo, ma solo perché li concepiamo. Non c’è nulla che possa conoscere meglio
della mente. La limitazione dell’immaginazione, ovvero la conoscenza degli oggetti tramite i propri sensi, è
limitata dalla variazione degli oggetti stessi (la cera cambia). L’esempio della cera è perfetto per mostrare
che un oggetto può cambiare completamente tutte le sue caratteristiche percepibili dai sensi e rimanere lo
stesso oggetto. L’immaginazione (sensi, legata al corpo) ci direbbe che si tratta di un’altra cera, ma il
pensiero (legato alla mente) ci dice che è la stessa cera --> la mente ci permette di conoscere meglio le cose
esterne. L’immaginazione non può fare quello che fa la mente perché le cose esterne possono cambiare in
infiniti modi, e l’immaginazione non può pensarle tutte, mentre la mente si --> concetto di infinito, qualcosa
di infinito non può essere ricondotto a un’unità finita, essendoci una distinzione di principio, questione di
principio. Queste infinite distinzioni si possono far ricongiungere assieme in qualcosa di finito solo con la
mente
immaginazione: si intende il senso comune, cioè la facoltà di unire tra di loro le sensazioni dei cinque sensi in
modo da produrre una visione o immagine d’insieme. Può essere produttiva (quando percepisce
direttamente la realtà) o riproduttiva, come strumento della memoria che permette di ricreare oggetti o
sensazioni già percepiti o di crearne di chimerici attraverso la combinazione di sensazioni precedenti.
Fenomenologia: descrizione di ciò che si mostra (fenomeno) alla nostra coscienza fatta astrazione della
realtà esteriore.
Espe: rivoluzione scientifica, applicazione tecnica, tentativo di ricentramento dell’uomo. Al centro Bacone
(tecnica-->mondo, natura viene piegata a scopi umani attraverso la tecnica, origine tecnica), tutto a partire
dell’ultimo espe, Bruno, Decartes (ridare un centro e delle certezze all’uomo), sviluppo di un sapere utile
all’uomo
Comandare libro: Leioniz Monadologia, Bompiani, Milano, 2017, a c. d S Carati 978-88-452-9090-9
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