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PARTE SPECIALE

Perelman è un importante filosofo belga allievo di Duprel di cui riprende la critica del positivismo
e la riflessione sui valori. La sua ricerca ha due punti fondamentali:
1) la nuova retorica;
2) ed il ragionamento giuridico
In entrambi Perelman analizza i problemi dei giudizi di valore giungendo alla conclusione che la
logica che li muove non possa essere compresa nella filosofia post-cartesiana a causa della sua
stretta concezione della razionalità.
La filosofia nata con Cartesio, considera razionale solo ciò che con il suo carattere necessario
s’impone a tutti con la forza dell’evidenza. In questo modo ciò che è soltanto probabile è posto fuori
dall’ambito della ragione.
Perelman però sostiene che è solo nel campo del preferibile che avviene il confronto etico sui
valori. L’effetto della limitazione cartesiana è che questo campo in cui si dispiega la libertà umana,
sprofonda nella violenza e nel fondamentalismo.
Perelman e Lucie Tyteca si oppongono, elaborando la nuova retorica (o teoria
dell’argomentazione), esponendola in forma compiuta ne il “ Trattato dell’argomentazione”.
Bobbio considera questa, una delle tesi più feconde degli ultimi anni e ha ad oggetto l’uso delle
tecniche discorsive atte a provocare o accrescere l’adesione delle menti alle tesi che vengono
presentate al loro assenso.
Finalità della nuova retorica: recuperare le argomentazioni usate nel discorso persuasivo nella
sfera della razionalità, attraverso l’estensione di quest’ultima, espressa dalla nozione di
ragionevolezza la quale comprende tutte le idee sostenute dagli uomini indipendentemente dal
grado di adesione dagli stessi manifestato. La ragionevolezza pertanto non riguarda solo le
conoscenze evidenti, ma tutte quelle semplicemente verosimili per le quali non esistendo certezza
oggettiva, l’adesione può essere ottenuta solo attraverso l’argomentazione. Questa teoria è debitrice
di quelle di Aristotele il quale pensava ad una “ logica in situazione “, capace di tener conto del
rapporto tra oratore e uditorio.
Ed è proprio in quest’ultimo aspetto, che per Perelman si basa il legame tra vecchia e nuova
retorica. Ogni argomentazione è predisposta e sviluppata dall’oratore tenendo conto ( consciamente
o inconsciamente ) dei mezzi migliori per persuadere l’uditorio ai quali si rivolge, e grazie a questo
è possibile affermare che è l’uditorio a determinare la qualità dell’argomentazione.
Il concetto di uditorio oltre ad essere centrale alla nuova retorica, implica che ogni argomentazione
abbia un carattere relativo. E tale relatività è alla base della distinzione proposta da Perelman tra le
filosofie prime che pongono principi assolutamente veri ( la loro messa in questione comporta la
validità di tutta la filosofia ), e le filosofie regressive le quali considerano i propri assiomi come
risultati di una situazione determinata.
Poiché il campo del preferibile è quello delle controversie sui valori, ne consegue che la nuova
retorica ha implicazioni pratiche. La nuova retorica investe i settori dell’etica, diritto, politica,
filosofia, e consente di portare questi settori ad una razionalità persuasiva che non si imponga in
modo assoluto ma lasci la libertà del dubbio, che è indispensabile per creare un clima di discussione

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aperto e democratico. Ovviamente è anche estraneo a mezzi persuasivi irrazionali come la violenza,
il fondamentalismo.
Sono importanti le implicazioni per la filosofia del diritto per la quale Perelman basa il principio “
la logica giuridica non è logica formale “ che gli ha fatto valere la definizione di anti conformalista.
Il ragionamento giuridico dovrà basarsi anch’esso sull’argomentazione di modo che il giudice
sempre nel rispetto della legge, tenga conto dei valori esistenti nella società, in modo da arrivare a
decisioni che sono condivise da tutti gli uditorii; decisioni che rappresentino una sintesi tra diritto
ed equità. Come dice il libro: solo l’esistenza di un processo argomentativo che non sia cogente o
arbitrario, dà un senso alla libertà umana, che è condizione per l’esercizio di una scelta ragionevole.

TRATTATO DELL’ARGOMENTAZIONE
“ La pubblicazione di un’opera dedicata all’argomentazione e la ripresa di un’antica tradizione
(della retorica e della dialettica greche) costituiscono una rottura rispetto ad una concezione della
ragione e del ragionamento nata con Cartesio “. Con queste parole viene introdotto il libro.
Queste parole mostrano il progetto della teoria dell’argomentazione: l’ampliamento del concetto di
ragione per includervi l’ambito del ragionevole. Perelman, critica la concezione di Cartesio che è
stata fatta propria dai positivisti, per i quali il probabile equivale al falso, e la conoscenza scientifica
può derivare solo da concetti chiari ed inoppugnabili. Per quest’ultimo il ragionamento more
geometrico, fu il modello proposto ai filosofi desiderosi di costruire un sistema di pensiero che
avesse una dignità di scienza; secondo questa concezione la scienza razionale deve configurarsi
come un sistema di proposizioni necessarie che s’imponga a tutti gli esseri ragionevoli e sulle quali
l’accordo risulta inevitabile. Quindi il disaccordo sarà segno di errore. Questa tendenza nata con
Cartesio, si è accentuata da quando grazie all’influenza dei logico-matematici, la logica è stata
limitata alla logica formale, ossia allo studio dei mezzi di prova utilizzati nelle scienze
matematiche. Ne risulta che i ragionamenti estranei al campo puramente formale, sfuggono alla
logica e alla ragione stessa. LA CONCEZIONE POST- CARTESIANA della ragione
obbliga a far intervenire degli elementi irrazionali ogni volta che l’oggetto della conoscenza non sia
evidente. Tale concezione si basa sulla visione dicotomica dell’uomo al quale vengono attribuiti “
passioni ed interessi capaci di opporsi alla ragione “. Ma tale distinzione è fondata su un errore e
conduce ad un vicolo cieco. L’errore sta nel concepire l’uomo come costituito di facoltà separate; il
vicolo cieco consiste nel togliere all’azione fondata sulla scelta, ogni giustificazione razionale.
Al contrario LA TEORIA DELL’ARGOMENTAZIONE, nasce dalla consapevolezza che accanto
alle disposizioni analitiche, esistono le prove dialettiche concernenti il verosimile, il quale si
caratterizza per l’assenza di prove certe. “ Il campo dell’argomentazione è quello del verosimile e
del probabile, nella misura in cui sfugge alle certezze del calcolo”. È questo il campo del discorso
retorico attraverso il quale l’oratore cerca di persuadere l’uditorio all’accettazione di una tesi.
Oggetto, teoria dell’argomentazione: studio delle tecniche discorsive atte a provocare o
accrescere l’adesione delle menti alle tesi che vengono presentate al loro assenso; è uno studio non
limitato come quello cartesiano ai casi in cui tale consenso è caratterizzato dall’evidenza, è un
campo comprendente argomentazioni di filosofi, politici, avvocati.

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A fronte di questa analogia con la retorica antica, ci sono delle differenze : mentre la prima era
l’arte di fare i discorsi pronunciati di fronte al pubblico, la seconda si occupa della struttura
dell’argomentazione, studiando i mezzi discorsivi per ottenere il consenso.
Il Trattato si divide in 3 parti:
 Quadri dell’argomentazione: specifica gli elementi della teoria dell’argomentazione.
 Base dell’argomentazione: si occupa delle formalità e degli elementi utilizzati per
predisporre ed argomentare il discorso.
 Tecniche argomentative: illustra alcuni argomenti che possono essere utilizzati nei discorsi
persuasivi sulla base di una ricca documentazione raccolta dagli autori.
La PRIMA PARTE va vedere la distinzione tra dimostrazione ed argomentazione. La prima si
caratterizza per il suo carattere necessario; la seconda lascia all’uditore la possibilità del dubbio.
( quando occorre dimostrare una proposizione è sufficiente indicare in base a quali procedimenti
essa possa essere ottenuta, i cui primi elementi sono forniti da chi ha costruito il sistema
assiomatico all’interno del quale la dimostrazione viene effettuata. Da dove provengano questi
elementi, è questione che il logico formalista considera estraneo alla sua disciplina. Quando si tratta
di argomentare, ossia di influire sull’intensità dell’adesione di un uditorio a determinate tesi, non è
più possibile trascurare considerandole irrilevanti, le condizioni psichiche e sociali in mancanza
delle quali l’argomentazione rimarrebbe senza oggetto. Ogni argomentazione mira infatti
all’adesione delle menti e presuppone perciò l’esistenza di un contatto intellettuale. Per questa
ragione nell’ambito dell’argomentazione gioca un ruolo fondamentale il rapporto con l’uditorio.)
Fase preliminare a qualsiasi argomentazione è la ricerca di una comunanza spirituale con l’uditorio
al quale ci si rivolge, che non è affatto spontaneo. L’uditorio è definito come l’insieme di coloro
sui quali l’oratore vuole influire per mezzo della sua argomentazione. L’oratore deve sempre
avere presente l’uditorio al quale si rivolge, anche nello svolgimento del discorso se vuole
raggiungere il suo scopo persuasivo. La conoscenza dell’uditorio che ci si propone di convincere è
condizione preliminare per ogni argomentazione efficace. Tale conoscenza implica per poter essere
efficace, il condizionamento, ossia quella dei mezzi più idonei a persuadere l’uditorio.
Le principali forme di condizionamento sono non linguistiche , anche se ve ne è una discorsiva che
consiste nel “ continuo adattamento dell’oratore al proprio uditorio “; ciò implica che è l’uditorio a
determinare la qualità dell’argomentazione. “ L’importante nell’argomentazione non è sapere che
cosa l’oratore consideri vero, ma quale sia l’opinione di coloro ai quali si rivolge. Spetta soprattutto
all’uditorio il compito di determinare la qualità dell’argomentazione ed il comportamento
dell’oratore “. Il convincimento ed il condizionamento potrà riuscire nei confronti di un uditorio
particolare od universale. In questa prospettiva si vede la distinzione tra persuasione e
convincimento, in quanto è persuasiva l’argomentazione che pretende di valere solo per un uditorio
in particolare; convincente quella che si ritiene possa ottenere l’adesione di qualunque essere
ragionevole.
(A differenza della concezione tradizionale che vuole basare questa distinzione su basi nette,
Perelman mostra come questa distinzione dipenda in realtà dall’uditorio, e pertanto deve rimanere
imprecisa.)
Si distinguono 3 diversi uditori:
 Uditorio universale costituito dall’umanità intera.
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 L’interlocutore nel caso di dialogo
 Lo stesso soggetto nel caso di monologo.

L’uditorio particolare:
- non ha esistenza oggettiva ma è una costituzione propria di ogni individuo; può essere
considerato tale quando chi non ne fa parte potrà non essere preso in considerazione.
- Fornisce all’oratore una soluzione nel caso in cui non riesca a suscitare un consenso
unanime. “ Quando l’argomentazione rivolta all’uditorio universale, è considerata atta a
convincere, ma non convince tutti, c’è la possibilità di squalificare il recalcitrante
considerandolo stupido “.
- Rimane tale solo per chi gli riconosce il ruolo di modello, per gli altri resterà un uditorio
particolare.
Nella seconda parte del trattato, gli autori analizzano le premesse del discorso affinchè esso riesca
a convincere l’uditorio. Le premesse vengono analizzate da tre punti di vista:
 Accordo
 Scelta
 Presentazione.
Le PREMESSE oggetto dell’accordo vengono raggruppate in due categorie:
 Il reale: comprendente -----> fatti / verità/ presunzioni.
 Il preferibile: -----> riguardante i valori/ le gerarchie di valori/ ed i luoghi comuni (ossia
i luoghi del preferibile).
Un evento può essere considerato FATTO solo se non è controverso. “ Dal punto di vista
argomentativo siamo in presenza di un fatto, soltanto se possiamo postulare per esso un accordo
universale non controverso “. Tuttavia “ non esiste enunciato che possa godere definitivamente di
tale condizione, perché l’accordo può essere sempre rimesso in questione , e una delle parti può
sempre rifiutare la qualità di fatto “.
Vi sono 2 modi per squalificare un fatto: quando vi sono dei dubbi nell’uditorio, / e quando si
dimostra che l’uditorio che ammette il fatto è un uditorio particolare.
Il ragionamento concernente i fatti può essere esteso anche alle VERITA’. Queste si differenziano
dai primi perché rispetto ad essi sono sistemi più complessi relativi a legami tra i fatti. Sia le verità
che i fatti possono sempre essere contestate ed in questo caso l’oratore non può più utilizzarli come
premesse.
Le PRESUNZIONI godono ugualmente dell’accordo universale, tuttavia l’adesione alle presunzioni
non è massima, ci si aspetta che l’adesione sia rafforzata da un dato momento da altri elementi.
…sono legate a ciò che è considerato dall’uditorio normale e verosimile, pertanto l’accordo fondato
su di esse ha per l’uditorio la stessa validità di quello fondato sui fatti e sulle verità.
I VALORI, costituiscono un oggetto d’accordo fondamentale, e valgono solo per un uditorio
particolare, giacchè non esistono valori universali ( e se anche esistessero sarebbero tali solo nella
forma, non appena si considera il contenuto, tornano le differenze ).

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“ l’accordo a proposito di un valore consiste nell’ammettere che un oggetto deve esercitare una
determinata influenza sull’azione e sulle sue disposizioni, della quale si può fare uso in
un’argomentazione senza per questo ritenere che il corrispondente punto di vista s’imponga a tutti”.
Come già affermato da Dupreel, i valori universali sono valori di persuasione, “ Il loro compito è
dunque quello di giustificare delle scelte sulle quali non esiste un accordo unanime”.
I VALORI si distinguono in astratti e concreti; i primi sono utilizzati soprattutto dai rivoluzionari,
i secondi che attribuiscono un valore ad un essere determinato, sono utilizzati dai conservatori.
Poiché i valori sono conflittuali, e poiché in un’argomentazione possono essere utilizzati più valori,
l’oratore deve sempre considerare la gerarchia di valori esistenti nell’uditorio. I LUOGHI
COMUNI costituiscono un arsenale indispensabile al quale chi vuole persuadere altri dovrà per
forza attingere. Chiameremo luoghi soltanto le premesse di ordine generale che permettono di dare
un fondamento ai valori e alle gerarchie e che Aristotele studia fra i luoghi dell’accidente. Questi
luoghi costituiscono le premesse più generali spesso sottintese che intervengono a giustificare le
nostre scelte. I luoghi sono classificabili in 6 categorie:
 Luoghi della quantità = attribuiscono ad una cosa un valore maggiore rispetto ad un’altra per
ragioni quantitative. Appartengono a questa categoria anche i luoghi comuni basati sul
probabile, sull’abituale. Ciò che si presenta più spesso è oggetto di uno dei luoghi più
frequentemente utilizzati a tal punto che il passaggio tra ciò che si fa, a ciò che si deve fare
sembra per molti spontaneo.
 Luoghi della qualità = costituiscono l’opposto rispetto ai precedenti giacchè valorizzano
l’unico in tutte le sue possibili forme, come ad esempio l’originale, il precario,
l’irrimediabile.
 Luoghi dell’ordine = affermano la superiorità dell’anteriore sul posteriore.
 Luoghi dell’esistente = affermano la superiorità del reale sull’eventuale.
 Luoghi dell’essente = valorizzano gli individui che meglio rappresentalo l’essenza.
 Luoghi della persona = legati alla sua dignità, al suo merito, e alla sua autonomia.
Sono OGGETTI D’ACCORDO VALEVOLI PER DETERMINATI UDITORI: il senso comune / il
linguaggio tecnico / le presunzioni legali / gli argomenti ad hominem / l’inerzia sociale.
FASE SUCCESSIVA DELL’ACCORDO: è la scelta. Poiché i potenziali oggetti d’accordo sono
molteplici, l’oratore deve pensare accuratamente a quali scegliere. Tale scelta è un momento
fondamentale giacchè riconosce agli elementi una presenza che è un fattore essenziale
dell’argomentazione. Così una delle preoccupazioni dell’oratore sarà quella di rendere presente
grazie alla magia delle sue parole, quello che è assente. Il fenomeno opposto ( occultamento della
presenza) è altrettanto degno di nota.
Oltre al riconoscimento della presenza ci sono altri importanti corollari:
- i DATI non vanno solo selezionati, ma anche interpretati. Poiché le interpretazioni possibili sono
molto numerose, l’interpretazione proposta, va sempre tenuto distinto dai dati e può essere loro
contrapposta. Sono molto rari i dati aventi senso univoco; di solito ogni fatto può avere vari
significati e necessita di interpretazione.
I dati non vanno solo interpretati ma l’oratore dovrà anche scegliere le qualità degli stessi da
mettere in rilievo, e questa funzione è svolta grazie all’epiteto. Un altro aspetto che consente di

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raggiungere lo stesso scopo è la classificazione dei dati , mediante la quale si attribuisce loro una
particolare qualifica con la quale li si designa.
Un altro mezzo fondamentale ed ancora più neutrale rispetto all’epiteto ed alla classificazione è la
scelta delle nozioni. “ L’utilizzo delle nozioni di una lingua viva si presenta molto spesso non più
come semplice scelta dei dati applicabili ad altri dati, ma come costruzione di teorie e
interpretazioni del reale. Il linguaggio non è solo mezzo di comunicazione: esso è anche strumento
di azione sugli spiriti di persuasione “.
Uno dei mezzi di persuasione utilizzato dagli oratori consiste nell’agire sulle nozioni, ad esempio
attribuendo una maggiore fluidità alle proprie e maggiore rigidità a quelle dell’avversario. Tutte
queste operazioni influenzano profondamente sul significato di nozione. La fase della selezione
comporta il riconoscimento della presenza, l’interpretazione, la scelta di alcuni aspetti dei dati
attraverso l’epiteto, la classificazione e l’utilizzo delle nozioni.
Dopo l’accordo e la selezione, la fase successiva nell’elaborazione delle premesse consiste nella
presentazione, che comprende tutti gli strumenti utilizzati per dare l’impressione della presenza (es.
la ripetizione e la descrizione dei particolari ). Presentazione  MOMENTO CENTRALE = è la
scelta dei termini e la loro posizione nel contesto. Tale scelta non è mai neutrale e anche quando si
sceglie uno stile neutrale lo si fa per un preciso fine argomentativo, ossia quello di suggerire una
trasposizione del generale consenso accordato al linguaggio, al consenso delle norme espresse.
( ricordare che il linguaggio è fra i primi elementi di un accordo ).
Anche la scelta dei tempi verbali ha dei precisi intenti persuasivi nell’ambito della presentazione.
Per esempio: - il passato da l’idea di un fatto avvenuto ed indiscutibile; - l’imperfetto di un fatto
transitorio; - il presente esprime l’universale la legge e la norma.
Stessa funzione ha la scelta dei pronomi: - il pronome impersonale “si” esprime la norma; - la
scelta della terza persona o del “si” al posto della prima riduce la responsabilità personale;
- l’operazione contraria da un sentimento di presenza; - la scelta di un nome singolare per
designare un plurale ( l’ebreo ), infine ha un duplice effetto: quello di dare un senso della presenza e
quello di unificazione.
La scelta della forma, è un momento importante perché può essere utilizzata per esprimere
comunione con l’uditorio.
Funzione argomentativa possono avere anche le figure retoriche: “ consideriamo argomentativa una
figura se, comportando un mutamento di prospettiva, il suo uso appare normale in rapporto alla
nuova situazione”; altrimenti si tratterà di una figura di stile. Se prendiamo la loro funzione
argomentativa, le figure retoriche possono essere classificate in 3 categorie:
 Figure di scelta: perifrasi, antonomasia
 Figure di presenza: le quali rendono attuale l’oggetto alla coscienza ( ripetizione,
amplificazione, sinonimia )
 Figure di comunione: allusione, citazione, apostrofe
Nella presentazione possono essere utilizzate altri modi per persuadere l’uditorio: i sentimenti
personali possono essere espressi come giudizi di valore; i giudizi di valore come giudizi di fatto; la
conclusione di un’argomentazione come un fatto di esperienza. “ Uno degli effetti più importanti
della presentazione dei dati è la modifica dello statuto degli elementi del discorso”.

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La TERZA PARTE DEL TRATTATO, gli autori offrono un ampio schema relativo all’uso pratico
dell’argomentazione. I diversi schemi che caratterizzano la struttura argomentativa, sono poi
ricondotti a due forme:
 Procedimenti per associazione: degli schemi che avvicinano degli elementi distinti e
permettono di stabilire tra loro una solidarietà mirante sia a strutturarli, che a valorizzarli
positivamente o negativamente l’uno per mezzo dell’altro.
 Procedimenti per dissociazione: delle tecniche di rottura aventi lo scopo di dissociare,
separare infrangere la solidarietà di elementi considerati come costituenti tutto, o una unità
solidale in seno ad uno stesso schema di pensiero ( la dissociazione avrà l’effetto di
modificare il sistema, modificando alcune delle nozioni che ne costituiscono i pilastri.
Queste tecniche sono complementari giacchè ogni associazione implica una dissociazione e
viceversa).
Alla categoria dei procedimenti associativi appartengono:
 le argomentazioni quasi logiche
 quelle basate sulla struttura del reale
 le prove tratte da esempi e analogie, tutte miranti a stabilire una connessione.
Alla categoria dei procedimenti dissociativi appartengono le argomentazioni basate su coppie
oppositive, le quali tendono a modificare i sistemi utilizzati per comprendere il reale.
Per la nuova retorica di Perelman assume rilevanza anche la sua critica del razionalismo
dogmatico, in favore della valorizzazione del ragionevole, del luogo dell’argomentazione, della
retorica e quindi del dialogo, che è l’unica base possibile su cui fondare una società libera e
tollerante. Se la libertà fosse solo necessaria ad un ordine neutrale dato in precedenza, esso
escluderebbe ogni possibilità di scelta: se l’esercizio della libertà non fosse fondato su delle ragioni,
ogni scelta sarebbe irrazionale e si ridurrebbe a una decisione arbitraria. Grazie alla possibilità di
un’argomentazione che fornisce delle ragioni, è possibile sfuggire al dilemma, ossia: aderire a una
verità obiettivamente valida, o ricorrere alla suggestione e alla violenza per far accettare le proprie
opinioni e decisioni.

IL RAGIONAMENTO GIURIDICO
La riflessione di Perelman sul diritto e sulla giustizia precede cronologicamente quella
sull’argomentazione. La prima sua opera è “la giustizia”: in essa si cerca di esplicitare la razionalità
dell’atto conforme alla giustizia. Quando un atto è giusto? Secondo Perelman tale conformità si
realizza solo quando l’atto corrisponde all’applicazione della norma. Tuttavia affinchè la norma
possa fondare la giustizia non basta che essa esista, ma non deve essere arbitraria. Ciò si verifica
quando essa può essere dedotta dai principi generali dell’apparato giuridico di cui fa parte, ossia i
valori. Un atto è giusto nella misura in cui si conforma ad una norma la quale a sua volta è giusta
nella misura in cui si conforma al valore. “ Siamo condotti a distinguere tre elementi nella giustizia:
il valore su cui è fondata, la norma che l’enuncia, l’atto che la realizza” ( Perelman, la giustizia).
Esiste una grande differenza tra le norme e gli atti da una parte, e il valore dall’altra. Giacchè ,
mentre le norme e gli atti possono essere fondati razionalmente proprio in relazione alla loro

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conformità al valore; quest’ultimo al contrario non lo si può sottoporre ad alcun criterio razionale in
quanto esso è perfettamente arbitrario e indeterminato. Il valore è totalmente arbitrario e quindi non
razionale; i principi di un ordinamento giuridico rinviano a valori non solo arbitrari ma anche
conflittuali.
La fondazione razionale di tale ordinamento deve arrestarsi di fronte ai valori che lo fondano, del
tutto sottratti alla logica formale (che è inadeguata a rendere la logica del valori). È da questa
riflessione che iniziano le perplessità di Perelman sulla concezione filosofica della razionalità che
troverà piena espressione nella teoria dell’argomentazione. Quest’ultima consente a Perelman di
fondare il suo ragionamento sul diritto, su basi diverse…il cui motto sarà: la logica giuridica non è
logica formale. Grazie a questa concezione, esso sarà definito antiformalista.
Giacchè la logica dei valori esula dalla razionalità pura, il ragionamento giuridico potrà trovare
attuazione solo nell’ambito dell’argomentazione nella quale si scontrano visioni diverse. Tale
conflitto attinente ai valori, mostra come la logica giuridica sia legata alla controversia. “ Di fatto
tale conflitto è al centro di tutti i problemi di metodo posti dall’interpretazione e dell’applicazione
del diritto. Per questo la logica giuridica è una logica della controversia” ( la logica giuridica ). Di
fronte a tale disaccordo spetterà al giudice scegliere. Poiché anche tale decisione deve essere
argomentata, il giudice dovrà giustificarla come in ogni buona argomentazione, adattandosi
all’uditorio. “ Il giudice deve conoscere i valori dominanti nella società, tradizioni, storia
metodologia giuridica, i meriti rispettivi della certezza del diritto e dell’equità in una data
situazione. Una grande sensibilità ai valori è condizione del buon funzionamento della giustizia, che
miri al consenso, condizione della pace giudiziaria. In tale adattamento il giudice dovrà rispettare
sempre i limiti posti dal suo sistema di diritto.
L’argomentazione del giudice dovrà conciliare le esigenze dell’equità e del diritto, prendendo
decisioni giuste. “ il diritto si sviluppa attraverso l’equilibrio di una duplice esigenza: l’una di
ordine sistematico, l’elaborazione di un ordine giuridico coerente; l’altra di ordine pragmatico, la
ricerca di soluzioni accettabili da parte dell’ambiente sociale in quanto conformi a ciò che appare
giusto e ragionevole”. Quest’attività che fa del giudice qualcosa in più del mero esecutore di leggi:
infatti oggi “ la legge non rappresenta più tutto il diritto, è solo il principale strumento di
orientamento per il giudice nell’adempimento del compito di risolvere i casi concreti”. Il giudice
diventa così complemento indispensabile del legislatore, non solo nei sistemi di common law ma
anche di civil law. Mediante l’argomentazione il giudice ottiene il consenso dei diversi uditorii
interessati alle sue decisioni che esprimono una sintesi di equità e diritto. Per creare la pace
giudiziaria il giudice dovrà persuadere i destinatari delle sue decisioni della conformità di queste ai
valori giuridici e sociali. Questa ricerca del consenso mediante l’argomentazione finalizzata alla
risoluzione delle controversie dialettiche che fornisce al ragionamento giuridico il suo carattere
precipuo. In questo modo in esso trova espressione la logica dei valori arbitrari inducibile alla
logica formale.

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