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INTRODUZIONE

Da quando fu formulata dal filosofo scozzese da cui prende nome, la Legge di


Hume ha suscitato innumerevoli discussioni: stata oggetto di rimaneggiamenti e
appropriazioni pi o meno indebite; ha fatto proseliti e suscitato forte opposizione, in
un fervente dibattito filosofico che giunge fino al pensiero contemporaneo, nel cui
panorama diventa uno dei nodi teorici principali.
Scopo del presente lavoro analizzare criticamente una delle pi discusse tra le
recenti posizioni contrarie alla Legge di Hume, quella di Hilary Putnam.
La prima parte dellarticolo contiene una presentazione della Legge nella sua
originaria formulazione nel Trattato sulla natura umana e una sintetica rassegna delle
successive interpretazioni di essa e della sua riformulazione in termini di dicotomia
Fatto/Valore nella storia della filosofia contemporanea, in particolare quella di
stampo analitico, e una breve analisi delle principali posizioni teoriche in merito alle
questioni da essa sollevate.
Nella seconda parte verr presa in esame la posizione di Putnam riguardo la
dicotomia Fatto/valore.
La terza parte si propone di evidenziare alcuni limiti e incongruenze della
argomentazione putnamiana e affermare la validit della teorica e logica della
distinzione stessa.

CAPITOLO PRIMO

LA LEGGE DI HUME:
DALLE ORIGINI ALLE INTERPRETAZIONI CONTEMPORANEE.
La prima formulazione della Grande divisione, Dicotomia Fatto/Valore o pi semplicemente
Legge di Hume ovvero la separazione del piano descrittivo da quello valutativo, dei fatti dai valori, la
troviamo nel terzo libro del Trattato sulla natura umana [1739-1740], quello dedicato alla morale:
In ogni sistema morale che ho finora incontrato, ho sempre trovato che lautore procede per un po nel
consueto modo di ragionare, e afferma lesistenza di Dio o si esprime riguardo alle questioni umane; e
poi improvvisamente trovo con una certa sorpresa che, invece delle abituali copule e non incontro
soltanto proposizioni connesse con un deve o non deve. Questo cambiamento impercettibile, ma
comunque molto importante. Infatti, dato che questo deve o non deve, esprime una certa nuova
relazione o affermazione, necessario che siano osservati e spiegati, e allo stesso tempo necessario
spiegare ci che sembra del tutto inconcepibile, ossia che questa nuova relazione possa costituire una
deduzione da altre relazioni completamente diverse. Ma siccome gli autori di solito non usano questa
precauzione, mi permetto di raccomandarla ai lettori, e sono persuaso che questa piccola attenzione
stravolger tutti i comuni sistemi morali, e scopriremo che la distinzione di vizio e virt non si fonda
sulla semplice relazione tra oggetti, e non viene percepita dalla ragione (Hume 1987, pp. 496-497).
Il passaggio dal piano dellessere a quello del dovere comporta, dunque, per Hume, un vero e proprio
salto logico indebito. Ma tale affermazione pone di fronte a molti quesiti e problemi teorici. Per
esempio: se si afferma che il piano descrittivo separato da quello valutativo e che questultimo non si
pu derivare dal primo, si nega la possibilit di fondare la morale su una radice comune, tale da
sfuggire al relativismo e porre le basi di un sistema etico condiviso? possibile conseguire un qualche
tipo di conoscenza degli oggetti morali differente da quella scientifica? E ancora pi a fondo: esistono
degli oggetti morali? Sono delle propriet del mondo o delle nostre idee?
utile, a questo punto, riassumere con chiarezza, per quanto possibile, alcune delle principali posizioni
concettuali riguardo alla possibilit di unetica razionale e della relazione fra fatto e valore.
Esse si possono ricondurre sotto le opposizioni teoriche: realismo - antirealismo e cognitivismo non cognitivismo1.
Secondo il realismo morale esistono fatti morali, esterni a noi caratterizzati da propriet morali che
sono propriet obiettive e, nella sua variante naturalista, derivanti da propriet naturali. Ne deriva,
quindi, una continuit fra conoscenza scientifica e conoscenza morale. Lantirealismo nega queste
posizioni e tenta di cercare loggetto della morale attraverso altre vie che variano poi da corrente a
corrente.
Se il realismo legato al problema ontologico (se esistano o meno fatti morali esterni a noi
identificabili con fatti naturali), che la Legge pone,il problema semantico, invece il nodo centrale
nella distinzione tra cognitivismo morale e non cognitivismo morale.
Il cognitivismo morale quella posizione teorica secondo la quale il significato delle proposizioni
valutative riconducibile ai suoi valori di verit e quindi alle condizioni che, se soddisfatte,
1

Per un quadro completo dei grandi filoni in cui si diviso il pensiero in filosofia morale analitica
riguardo a questi punti si veda Donatelli (1996).

determinano la verit dellenunciato. Secondo il non cognitivismo morale, al contrario, necessario


mantenere una forte distinzione fra enunciati descrittivi, il cui significato riconducibile ai suoi valori
di verit, e le proposizioni valutative, che invece non sono identificabili con i valori di verit.
Il quadro complessivo risulta arricchito (o complicato) dalle numerose varianti e sfumature di queste
posizioni, nonch dalla possibilit del verificarsi di intrecci teorici fra esse, la cui distinzione spesso
sottile e che, in molti casi, non si escludono a vicenda.
Nel pensiero contemporaneo, possibile parlare di una ripresa o riformulazione della Legge di Hume
a partire dalle riflessioni sulletica svolte nellambito della filosofia analitica. Considerato da molti il
padre di tutta la filosofia analitica e certamente una delle figure principali assieme a Russell e
Wittgenstein, George Edward Moore stato il capostipite delletica analitica.
La ripresa della Legge si ha nei Principia Ethica [1903] dove Moore si propone di considerare per la
prima volta lanalisi dei termini morali. qui che nasce la metaetica, quella parte delletica che si
occupa di comprendere e analizzare lo statuto delletica stessa attraverso lanalisi del suo linguaggio.
Moore parte dallanalisi del concetto che ritiene fondamentale per qualsiasi sistema etico: buono. La
sua analisi lo porta ad affermare lindefinibilit di tale concetto.
Mediante lOpen Question Argument (argomento della domanda aperta) Moore dimostra che per
qualunque definizione di buono possibile chiedersi se quella definizione sia essa stessa buona,
portando quindi al sorgere di unaltra domanda e lasciando cos il quesito intrinsecamente aperto.
Questo mostra che un termine morale non pu essere ridotto, men che meno identico, a una qualche
propriet naturale. Ne deriva quindi non solo che buono un concetto semplice e indefinibile ma
anche che un termine etico non si pu ridurre a un piano descrittivo.
La metaetica domina pressoch il campo della filosofia morale analitica per mezzo secolo. A partire
dalla seconda met del Novecento cominciano per a diffondersi sempre pi critiche negative e attacchi
alla metaetica. Protagonisti di questa fase critica sono, tra gli altri, figure di spicco della filosofia
contemporanea, specialmente di tradizione analitica, quali William Frankena, Peter Geech, Elizabeth
Anscombe, G. H. von Wright, Iris Murdoch e Alasdair MacIntyre (Fonnesu 2006, capp. 10 e 11).
In linea molto generale, ci che accomuna questi, e altri, pensatori, il tentativo di superare la
tradizionale divisione fatto/valore e, con essa, la avalutativit della riflessione metaetica, tramite,
anche, tentativi di ritorno al naturalismo, salvandolo proprio dalle critiche di Moore.
Il movimento critico verso la Legge di Hume poi ribattezzata Grande Divisione (volendo includere
oltre alla humeana divisione fra dovere e essere quella pi ampia fra fatto e valore) 2 fu
alimentato e invigorito anche dalle critiche alla corrispettiva divisione fra analitico e sintetico a
partire dal noto saggio di Quine sui Due dogmi dellempirismo del 1951, nel quale il filosofo fa
collassare la tradizionale divisione, cara ai positivisti logici.
In questo panorama, fra i tentativi di superare queste divisioni uniti ad un approccio propositivo si
inserisce una personalit di spicco del dibattito filosofico attuale: Hilary Putnam3.

Si veda a questo proposito lancora attuale numero monografico della Rivista di Filosofia dedicato alla
Grande Divisione curato nel 1976 da Uberto Scarpelli; in particolare si vedano i saggi di Carcaterra,
Lecaldano e dello stesso Scarpelli (Carcaterra 1976, Lecaldano 1976, Scarpelli 1976).
Della Legge di Hume si sono occupati sia Hilary Putnam che la moglie Ruth Anna Putnam. Nel
presente lavoro si considereranno esclusivamente le istanze di Hilary Putnam.

Figura poliedrica e controversa, Hilary Putnam una delle personalit di maggior spicco del panorama
filosofico contemporaneo. Dalla filosofia della mente allintelligenza artificiale alletica, Putnam ha
arricchito il dibattito contemporaneo con lintroduzione di elementi innovativi, che il pi delle volte ha
egli stesso abbandonato o criticato successivamente, ma che spesso continuano a costituire ancora oggi
punti di acceso interesse. Si pensi al funzionalismo, teoria in filosofia della mente di cui stato il primo
teorico e autore4.
Lattacco di Putnam alla Legge di Hume si pone sostanzialmente su due fronti: uno che chiameremo
internista e laltro particolarista.
Il primo fronte incentrato sulla teoria del cosiddetto realismo interno basato sulla concezione di verit
come idealizzazione dellaccettabilit razionale e il cui nucleo argomentativo potrebbe essere cos
sintetizzato: Putnam sostiene che la conoscenza dipenda dalle nostre teorie, che a loro volta
presuppongono dei valori. La scelta di tali valori presuppone a sua volta una particolare idea di fioritura
umana (human flourishing)5 e dunque lidea del bene. Fatti e valori risultano cos compenetrati.

La prima versione della sua teoria viene esposta in Ragione, verit e storia del 1981. Putnam qui critica
il presupposto che la scienza consista nella ricerca della verit oggettiva, lasciando di conseguenza
letica nel campo della soggettivit.
Parte quindi con lo smontare il criterio di verit cui egli ritiene che erroneamente si attribuisca la base
della conoscenza scientifica: la verit come copia, ovvero la convinzione che la verit oggettiva
debba essere la corrispondenza a fatti esterni, appunto a oggetti del mondo. Per far ci utilizza quello
che poi sarebbe divenuto il celebre esperimento mentale dei cervelli nella vasca. Riprendendo il tema
del genio maligno cartesiano, Putnam immagina che la totalit degli esseri senzienti sia in realt un
insieme di cervelli posti in una vasca di fluido nutriente collegati a un computer che invii impulsi
elettrici e decida quali stimoli inviare al cervello, tale da produrre percezioni totalmente equivalenti a
quelle di un cervello normale6.
4
5

Flourishing (fioritura) la traduzione dellaccezione aristotelica di eudaimonia proposta da Anscombe


nel saggio del 1958. La traduzione di eudaimonia con flourishing, anche se in parte criticata, ormai
adottata da molti studiosi di Aristotele. Su questo, ad esempio, si vedano Clay (1996) e Ricciardi (2001).

Questo esperimento mentale si inserisce in una lunga tradizione che inizia con il mito della caverna di
Platone e passa, ad esempio, per la experience machine di Nozick (Nozick 2000, pp.63-5). Si noti che
ruolo, validit e portata degli esperimenti mentali nella ricerca scientifica sono oggetto di discussione.
Lesperimento mentale pu essere sicuramente uno strumento efficace, come afferma Kuhn in A Function
for Thought Experiments del 1977, e pu servire a far vacillare alcuni elementi delle teorie dominanti e,
quindi, a favorire il cambio di paradigma scientifico. Di contro, Duhem ritiene che lesperimento mentale
non abbia valore scientifico e che pertanto debba essere vietato nella scienza, e Dancy che gli esperimenti
mentali in etica sono circolari (Brown 2007).
necessario anche notare che lesperimento mentale uno strumento di scelta. Getta nuova
luce su un problema o permette di riformularlo portandone in evidenza aspetti precedentemente in ombra.
A questo proposito si deve distinguere tra esperimenti mentali decidibili e indecidibili. I primi permettono
di poter risolvere per via teorica un problema astraendo dalle limitazioni fisiche, i secondi riguardano
problemi intrinsecamente aperti, ovvero non decidibili nemmeno in via puramente teorica (Sorensen

Data questa condizione iniziale, un essere umano sarebbe in grado di dire che non un cervello in una
vasca?
Si prenda la parola albero. Quando i cervelli nella vasca parlano di albero si stanno davvero
riferendo agli alberi? Le loro immagini mentali e il loro uso della parola sarebbero identici ai nostri, ma
solo la rassomiglianza qualitativa non basta, per Putnam, a costituire una rappresentazione. E dato che
il sistema di rappresentazione dei cervelli nella vasca si riferisce a dati sensoriali che non sono altro che
impulsi elettrici inviati dal computer e non si riferiscono agli alberi reali, come potrebbero i termini o le
immagini mentali dei cervelli riferirsi al mondo reale?
Questo argomento stato ed tuttora oggetto di numerose critiche e rivisitazioni. Ci che interessa in
questa sede vedere come Putnam vuole dimostrare il primo assunto della sua argomentazione, ovvero
che non vi sono connessioni necessarie fra le rappresentazioni e i loro riferimenti.
Si pu uscire da questa impasse, per P., solo adottando una prospettiva internista secondo la quale
chiedersi di quali oggetti consista il mondo ha senso solo allinterno di una data teoria e non vi alcun
Occhio di Dio col quale poter guardare il mondo noumenico (per dirla con Kant).
Come si definir allora la verit? La verit unidealizzazione dellaccettabilit razionale. dunque
nellambito di tale verit cos ridefinita che possibile e doverosa loggettivit.
La realt quindi, dipende in qualche modo dalle nostre teorie. Ma non solo.
In Fatto/valore: fine di una dicotomia (2004) dove P. affronta sia la coppia fatto/valore che quella
analitico/sintetico e ne analizza il retroterra empirista, criticando soprattutto il positivismo logico,
egli sostiene che le stesse teorie scientifiche vengano scelte o meno in base ad alcune caratteristiche
come plausibilit, ragionevolezza, chiarezza, semplicit. Tutti questi altro non sarebbero per
Putnam che valori epistemici: una volta che smettiamo di pensare a valori come a un sinonimo di
etica, del tutto chiaro che la scienza presuppone valori: essa presuppone valori epistemici (Putnam
2004, p.35).
Oltre ad asserire che la scienza presuppone dei valori, Putnam sostiene anche che almeno alcuni di
questi valori debbano essere oggettivi. Se, infatti, virt epistemiche quali la coerenza e la semplicit
fossero del tutto soggettive, allora non si potrebbe parlare di teorie giustificate o coerenti, ma sarebbe
un paradosso perch questi sono i parametri stessi dellaccettabilit razionale, che non pu essere
semplicemente soggettiva. Se si considera, per, che la scienza non cerca di scoprire la
corrispondenza con la realt oggettiva ma di costruire una rappresentazione del mondo che risponda
a determinati criteri di accettabilit razionale, si pu dedurne che il fatto che noi preferiamo tale
costruzione del mondo anzich, ipoteticamente, quella dei cervelli in una vasca o altre possibilit
parallele, dipende da una nostra idea di fioritura umana, e dunque di bene.
1992). Lutilizzo di un esperimento mentale indecidibile come passo decisivo allinterno di
unargomentazione viola il rasoio dOckam, dal momento che moltiplica gli enti al di l del necessario.
Ci non implica limpossibilit di una scelta pratica, ovviamente. Di fronte a un esperimento mentale
indecidibile in linea teorica la scelta pratica pu essere basata su un richiamo al senso comune la Reid.
Dal momento che lesperimento mentale dei cervelli nella vasca indecidibile, luso che ne
fa Putnam improprio.

Il secondo fronte, (Fatto/valore: fine di una dicotomia ,2004; Etica senza ontologia , 2005)
prevalentemente semantico ed quello che abbiamo chiamato particolarista. I particolaristi ritengono
che la moralit non si esplichi nellapplicazione di un sistema di regole ai singoli casi, ma che anzi
dipenda dai singoli casi e vari a seconda della situazione. A questo fanno corrispondere la distinzione
fra concetti etici spessi e sottili (thick and thin moral concepts).

I concetti spessi sono espressi da termini che possono avere sia un valore descrittivo che valutativo
(crudele, scortese ) quelli sottili sono espressi da termini puramente valutativi (bene, male).
Il termine crudele per esempio, afferma P, senzaltro un termine etico che determina un giudizio di
valore negativo; eppure lo stesso termine pu essere usato in maniera descrittiva, se ad esempio uno
storico afferma che la crudelt di un regime provoc una serie di ribellioni. Questamalgama del
piano valutativo con quello descrittivo nei concetti spessi, dimostrerebbe la fallacia della Grande
Divisione.
In merito alla critica dei Divisionisti, che ribattono che sempre possibile una divisione del termine
etico spesso fra il lato puramente descrittivo e quello puramente valutativo, Putnam considera
lanalisi di Hare del termine crudele. Questo termine, per Hare, si potrebbe dividere in un lato
descrittivo che potrebbe corrispondere a ci che causa grandi sofferenze e uno valutativo che
corrisponderebbe allidea che ci ingiusto. Per, nota Putnam, la distinzione non valida perch
non sempre ci che causa grandi sofferenze crudele e non sempre ci che crudele causa
necessariamente grandi sofferenze7.
In merito alla seconda critica pi comune che afferma che i concetti spessi in realt non sono altro che
concetti meramente fattuali, Putnam prende come esempio le critiche del prescrittivista R. M. Hare nel
caso del termine scortese. Hare sostiene che termini cosiddetti etici spessi come scortese, in realt
siano termini puramente fattuali che quindi un atto per rispondere allaggettivo scortese debba
possedere dei requisiti puramente descrittivi, senza necessariamente una valutazione negativa, anche se
questa la pi comune8. Un aggettivo valutativo genuino, sempre secondo Hare, devessere tale che
7

Prima che venisse introdotta lanestesia, alla fine del diciannovesimo secolo, qualsiasi operazione
causava un gran dolore, ma i chirurghi di norma non erano crudeli. Si immagini che una persona
corrompa un giovane o una giovane con lo scopo deliberato di trattenerla dallo sviluppare un grande
talento! Anche se la vittima non prova mai dolore in maniera evidente, ci pu essere estremamente
crudele (Putnam 2004, p. 44). Lesempio posto da Putnam volto a dimostrare limpossibilit di
separare nettamente la componente descrittiva da quella valutativa di un concetto morale spesso.
Putnam richiama direttamente il riferimento di Hare a un esempio di Lawrence Kohlberg in cui si pone la
situazione di due ragazzi in cui uno sputi in viso allaltro il quale risponde con un pugno. Quando il
ragazzo si giustifica allinsegnante dicendo di aver ricevuto uno sputo dal compagno linsegnante
commenta non stato un gesto educato, ma anzi scortese. E il ragazzo che aveva sputato risponde
sogghignando lo ammetto stato scortese. Lesempio volto a dimostrare che il concetto spesso
scortese soddisfa condizioni descrittive senza per questo essere associato necessariamente a una
valutazione negativa, che pure solitamente laccompagna (Putnam 2004, pp. 41-2).

il valore o il disvalore sia intrinseco nel contenuto semantico e che chiunque lo usi consapevolmente
devessere motivato ad approvarlo. Questa sovrapposizione di genuinit valutativa con la motivazione
irragionevole, per Putnam, perch vi possono essere degli stati motivazionali come depressione,
disperazione o altri tali da condurre un individuo a desiderare ed essere motivato al contrario di ci che
razionalmente pu giudicare positivo9.
Per Putnam, insomma, i divisionisti non riescono ancora a uscire dalla visione empirista del mondo e
dalla concezione rudimentale di fatto, tentando cos di imprigionare lidea di fatto morale come un
qualcosa di sensibile e oggettivo, e di conseguenza negandone lesistenza, al contrario letica non pu
essere un sistema monolitico: i problemi pratici hanno la caratteristica di essere multiformi, confusi e di
non rispettare certo la rigidit delle idealizzazioni filosofiche.

Ci si potrebbe chiedere per se, per esempio, una persona che, in uno stato depressivo o di disperazione
come quelli descritti sopra, tenti il suicidio o lautolesionismo, non consideri in quella particolare
circostanza come positivi quelli che in altre circostanze o stati motivazionali differenti considererebbe
come negativi e se , dunque, non si tratti solo di una separazione fra la motivazione e la cognizione
razionale del valore di un dato concetto quanto della mutazione della percezione stessa del valore.

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CAPITOLO TERZO

ALCUNI PROBLEMI NELLA PROPOSTA DI PUTNAM


Si tenter ora di trarre le fila del discorso che si presentato, considerando i punti su cui vertono le
critiche avanzate alla Legge di Hume da Putnam, cercando di stabilire in che misura esse si possano
considerare soddisfacenti e di conseguenza cercando di capire se e in base a quali argomenti la Legge
di Hume possa effettivamente essere considerata valida.
Prendendo in esame largomentazione putnamiana presentata nel capitolo precedente, si pu notare
come essa verta su due fronti fondamentali: il primo si basa sulla fusione di fatti e valori nellambito
scientifico, avvalorata dal concetto di valore epistemico; il secondo si rif al retroterra particolarista di
cui Putnam fa parte e consiste in una critica semantica basata sui cosiddetti thick moral concepts.
Considerando la prima delle due argomentazioni putnamiane, si nota che Putnam insiste
sullassunzione che la scienza sia permeata di valori, nello specifico quelli che egli chiama valori
epistemici, riferendosi a concetti quali verit, coerenza, semplicit, plausibilit ecc. Si tratta di un punto
fondamentale su cui appare evidente la confusione putnamiana. I valori epistemici non appartengono
al linguaggio scientifico, bens al metalinguaggio.
La distinzione fra linguaggio oggetto e metalinguaggio era gi presente nei logici medievali in termini
della distinzione tra suppositio formalis e suppositio materialis, ma viene formulata per come la
conosciamo oggi da Tarski nel 1969 e definisce come linguaggio oggetto quello che parla di entit
extralinguistiche e metalinguaggio quello che parla dei segni del linguaggio oggetto. Tale distinzione
fondamentale soprattutto in discorsi dove altrimenti si verificherebbero contraddizioni logiche 10. Nel
corso del loro sviluppo le teorie scientifiche fanno sempre pi uso di valori e condizioni quali la verit,
la coerenza, la semplicit e cos via. Questi sono per concetti che non appartengono propriamente al
discorso scientifico, semmai i termini che descrivono tali concetti sono termini propri di un discorso
che verte sul discorso scientifico. Dunque i valori epistemici ci sono, e sono fondamentali, ma non
possono essere considerati propriamente appartenenti al discorso scientifico. Essi appartengono alla
metodologia della scienza e allepistemologia, non alla scienza stessa, che invece , per dirla con una
formula resa celebre da Weber libera da valori (Wertfrei). Putnam va ancora oltre e afferma non solo
che la scienza permeata di valori, ma addirittura che i fatti presuppongono i valori.
Come sostiene Bergstrm (2002), pur volendo considerare i valori epistemici, non corretto affermare
che i fatti presuppongono valori. Prima di tutto ci sono molte asserzioni fattuali che sono indipendenti
dalla prassi scientifica. Banali asserzioni fattuali come Sta piovendo o Quello un cane. In
secondo luogo seppure la ricerca scientifica implicasse delle valutazioni, questo non minerebbe la
distinzione fatto/valore che, anzi, sussisterebbe comunque. Bergstrm pone lesempio dellasserzione
fattuale:
(F) Il fumo causa il cancro
seguita plausibilmente da quella valutativa:
(E) Il fumo dovrebbe diventare reato.
10

Per esempio, si consideri il caso di due libri di testo, uno di matematica e uno di grammatica italiana. Nel
libro di matematica la lingua italiana semplicemente metalinguaggio, usata per operare sui segni del
linguaggio oggetto (il linguaggio matematico appunto), mentre nel libro di grammatica italiana essa
costituir contemporaneamente sia il linguaggio oggetto, sia il metalinguaggio.

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Considerando queste asserzioni diviene facilmente comprensibile che si pu distinguere comunque il


fatto dal valore anche se gli scienziati facessero uso di giudizi di valore.
Ma soprattutto, in terzo luogo, Putnam ambiguo quando afferma che senza valori non avremmo
nemmeno fatti, n un mondo. Infatti avere un mondo pu voler dire sia abitare un mondo sia
avere una concezione di un mondo. Sicuramente le nostre credenze scientifiche sul mondo possono
dipendere dai criteri di accettabilit razionale di cui parla Putnam e presupporre valori epistemici, ma
ci non dimostra che il mondo empirico, quello in cui abitiamo, li presupponga. Tornando allesempio
del fumo: Credo che molti esperti affermerebbero che il fumo causa il cancro senza considerare il
fatto che la coerenza sia o meno un valore. Se fumare causa il cancro, allora causa il cancro per il modo
in cui sono fatti i nostri corpi e non perch noi dobbiamo ragionare in determinati modi (Bergstrm
2002, p. 13, trad. mia). Ecco che torna anche stavolta la distinzione fra linguaggio e metalinguaggio. Si
pu, quindi, affermare che pur volendo ammettere che la scienza sia permeata di valori (affermazione
che comunque si dimostrato essere logicamente scorretta) da ci non ne deriverebbe che i fatti
presuppongono valori o, peggio, che senza valori non esisterebbero nemmeno i fatti.
La seconda argomentazione putnamiana quella che si rif alla tesi semantica del particolarismo etico
incentrata sullesistenza dei thick moral concepts. I particolaristi morali sono cognitivisti non realisti
che rifiutano lesistenza di regole fisse generali cui il comportamento umano debba aderire e ritengono
invece che le regole morali debbano essere tratte o meglio scoperte nelle singole situazioni. Sono
cognitivisti dal momento in cui ritengono che le propriet morali siano proprie del mondo e non siano
solo dei nostri atteggiamenti, e non naturalisti perch non riducono tali propriet a quelle naturali
(Dancy 2009). Oltre a Putnam, che rispetto ad essi propone anche altre critiche alla Grande Divisione,
ne fanno parte filosofi come Murdoch, Dancy, McDowell, Platts e altri. La loro posizione, pur con
varie differenze, in linea di massima imperniata sulla distinzione fra thin moral concepts e thick
moral concepts11. I primi sono concetti puramente valutativi come buono, giusto, ingiusto e cos
via. I secondi, i cosiddetti concetti spessi, sono quelli che pur esprimendo una valutazione hanno un
contenuto descrittivo, come crudele, coraggioso, gentile e cos via.
I particolaristi ritengono che i concetti sottili in realt derivino da regole e norme astratte che
dovrebbero servire da guida ed essere messe in pratica poi nelle singole situazioni. Ed proprio tale
visione delletica, propria invece dei generalisti, che essi non approvano. Le norme e i principi sono s
qualcosa di esterno che noi possiamo scoprire (al contrario di quanto affermerebbero i non
cognitivisti), ma che scaturisce da ogni singola situazione che si presenta. Per questo in realt letica
deve essere basata solo sui concetti spessi. Il punto fondamentale che in tali concetti, per i
particolaristi, non possibile scindere lelemento valutativo da quello descrittivo. Motivo per il quale
essi auspicano il superamento della Legge di Hume. A ben vedere questo causa dei problemi logici.
Secondo la teoria del significato di Frege, il significato, che ci che viene veicolato dai segni
linguistici, si pu distinguere in cognitivo, connotativo, illocutorio. Al significato cognitivo di
unespressione appartiene solo ci che concorre a determinare i valori di verit degli enunciati in cui
ricorre. il significato cognitivo costituito dallintensione, che indica il contenuto concettuale di
unespressione, e dallestensione, che invece indica ci a cui lespressione si riferisce nel mondo. Il
significato connotativo, invece, non determina le condizioni di verit ma agisce sulle emozioni dei
parlanti12. Il significato illocutorio, infine, costituisce la forza illocutoria con cui viene espresso un
La distinzione tra thin moral concepts e thick moral concepts stata introdotta nel 1985 da Bernard
Williams nel volume Ethics and the Limits of Philosophy.
12
Si considerino, ad esempio, i termini zitella e nubile. Entrambi si riferiscono a una donna non
sposata, hanno, cio, lo stesso significato cognitivo, ma agiscono in maniera differente sulle emozioni dei
11

12

enunciato. Ai fini logici il significato che deve essere tenuto in maggior considerazione sicuramente
quello cognitivo in quanto si riferisce a ci che concorre a determinare le condizioni di verit
dellenunciato.
La tesi particolarista si basa sullassunto che nei concetti etici spessi anche la parte valutativa concorra
a determinarne lestensione. Il logico italiano Carlo Dalla Pozza ha formulato un test per verificare se e
quando effettivamente una propriet rientra nel significato cognitivo di unespressione e concorre a
determinarne i valori di verit (Corrao 2006). Se congiungendo lespressione con la negazione di tale
propriet ne risulta una contraddizione logica, allora ci indica che la propriet in questione fa parte del
senso proprio dellespressione. Si provi ora a formulare un enunciato contenente un thick moral
concepts come per esempio generoso e a congiungerlo con la negazione della sua corrispondente
componente valutativa. Ne potrebbe derivare unespressione del tipo la tua azione stata generosa,
ma non lapprovo. Ci che ne risulta potrebbe al massimo costituire una stranezza o unincongruenza
pragmatica ma non una contraddizione logica. Allo stesso modo si possono considerare espressioni
come quella scelta stata crudele, tuttavia non biasimevole o quello che hai fatto stato coraggioso
ma non lodevole e cos via. In tutti questi casi il test di Dalla Pozza mostra che la componente
valutativa dei cosiddetti concetti spessi, non fa parte del significato proprio o cognitivo e non concorre
alla determinazione delle condizioni di verit, quindi al massimo pu essere relativa al significato
connotativo.
Nel complesso largomentazione putnamiana risulta essere carente in pi punti e poco serrata. Si noti,
per esempio, come Putnam, soprattutto in Ragione, verit e storia, cominci ad argomentare riguardo
alla critica alla teoria del riferimento, della verit come copia, sui valori epistemici e cos via in
maniera dettagliata e successivamente lasci scivolare il passaggio da valori epistemici a quelli etici in
maniera implicita e poco trasparente, per non parlare del passaggio dalla presunta fusione fra valori
epistemici e fatti allidea di fioritura umana e di bene. Tali passaggi molto forti risultano azzardati e,
interpretandolo, si pu ipotizzare che nemmeno lo stesso autore ne sia totalmente inconsapevole:
esistono per lo meno alcuni valori oggettivi []. Si potrebbe ancora sostenere che i valori etici sono
soggettivi mentre quelli cognitivi sono oggettivi: ma largomento per cui non ci pu essere alcun valore
oggettivo stato rifiutato (Putnam 1985, p.155).
Agassi (2007) nota che in quasi ogni capitolo, noi troviamo una cosa annunciata e unaltra discussa,
collegata alla prima di sicuro, ma che suscita linquieta sensazione che la relazione della prima con la
seconda sia ovvia, ma senza dire esattamente come (Agassi 2007, p. 74, trad. mia). E ancora: io non
so come questo filosofo di spicco, esperto in matematica e affiliato alla scuola della filosofia analitica
che cos tanto d valore a chiarezza e precisione, possa pubblicare un testo la cui logica cos confusa
(Agassi 2007, p. 75, trad. mia).
Per Agassi le due tesi di Putnam (2004) sono ovvie. La prima che giudizi di fatto e giudizi di valore si
intersecano normalmente nel loro sviluppo e nella pratica, la seconda che i valori siamo molti di pi di
quelli relativi ai soli imperativi morali (there is more to values than moral imperatives, Agassi 2007,
p. 75). Ma il punto forte di queste tesi anche la loro debolezza: non possono riscontrare serie
opposizioni per il semplice fatto che sono ovvie: gran parte di ci che viene detto nel testo un luogo
comune (Agassi 2007, p.75, trad. mia).
Sempre sui valori epistemici, Angelides (2004) nota che lintuizione dellimportanza dei valori nella
scelta di una teoria scientifica buona, ma non nulla di nuovo. Negli anni '30 Neurath aveva gi
distinto fra ci che chiamava dominio di determinazione, il livello in cui levidenza empirica
contribuisce alla selezione della teoria, e dominio di sotto-determinazione, il livello in cui sono i
fattori sociali e politici a contribuire alla scelta della teoria. Quindi le tesi vincenti di Putnam sono
parlanti, dal momento che zitella ha una sfumatura negativa rispetto a nubile.

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anche quelle pi scontate: dalla pretesa che non possiamo districare i valori dai fatti, certamente non
segue che essi siano per questo interdipendenti fra loro (Angelides 2004, p. 410).
Inoltre Agassi accusa Putnam di aver travisato diverse fonti da lui citate nel testo, e di aver volutamente
usato nella sua argomentazione versioni incomplete o distorte del pensiero di tali autori. Per esempio,
riguardo ai concetti weberiani di libert dai valori e ideal-tipo. Weber ritiene che gli scienziati sociali
dovrebbero considerare irrilevanti ai fini delle loro ricerche tutti i propri valori, fatta eccezione per il
rispetto per la verit. Putnam, per, afferma che Weber non considera che gli stessi termini usati anche
nelle descrizioni in storia, sociologia e altre scienze sociali sono intrisi di valori e che questo ancora
pi vero nel caso dei termini usati da Weber per descrivere gli ideal-tipi. Agassi sostiene che, per
quanto la teoria degli ideal-tipi possa essere considerata obsoleta, la critica di Putnam non coglie il
bersaglio, in quanto usa proprio il concetto di descrizione libera da valori per denotare lassenza di
valori, imputando cos ai suoi sostenitori lidea che le loro descrizioni non contengano alcun valore13.
In sostanza Agassi imputa a Putnam un difetto fra i pi comunemente riconosciuti ai filosofi analitici:
la debole conoscenza storica. Della stessa opinione anche Angelides: Putnam tralascia un gran
numero di interessanti motivi sottostanti il movimento positivista, e ignora un enorme corpo letterario
nella filosofia della scienza sugli enunciati descrittivi e valutativi. Quindi il suo tentativo, nella fine del
volume, di costruire una filosofia del linguaggio praticabile che possa supportare il collasso della
dicotomia e una teoria etica che possa supportare la sua discussione sul collasso della dicotomia, risulta
in qualche modo debole (Angelides 2004, p. 410).
Tornando agli usi impropri fatti da Putnam, secondo Agassi, questi continuerebbero con Wittgenstein.
Se per il Wittgenstein del Tractatus le asserzioni che non possono essere decise una volta per tutte non
sono asserzioni proprie e ci che indecidibile ingrammaticale, e dato che i valori sono indecidibili,
le loro articolazioni e non essi stessi sono non significanti. Ma Putnam cita non Wittgenstein
direttamente ma la sua interpretazione fatta da Carnap in un saggio del 1934 (The Unity of Science) per
poi presentare unanalogia fra dispute riguardo ai fatti e dispute sui valori usando le Ricerche
dellultimo Wittgenstein, distorcendolo e facendo intuire che egli abbia rinunciato alla sua iniziale
posizione sul requisito di decidibilit, questione che tuttora in discussione. Inoltre nellultimo capitolo
Putnam dopo aver sostenuto la sua tesi che la ricerca scientifica presuppone valori, accusa i filosofi
della scienza di aver cercato di eluderli. Questo, per Agassi, davvero difficile dal momento che
essendo la ricerca della verit il presupposto generalmente riconosciuto per la ricerca scientifica,
altrettanto riconosciuto che la scienza abbia valori epistemici. Come si diceva in precedenza, le tesi in
realt sono ovvie (Agassi 2007, pp. 77-8).
Infine, anche volendo rifiutare con Putnam la dicotomia metafisica fra fatti e valori, in realt non si
nega la Legge di Hume. Essa sarebbe invalidata se e solo se fosse possibile una valida inferenza da
unespressione descrittiva a una prescrittiva. Cosa che rimane impossibile pur sgonfiando la
dicotomia metafisica in una semplice distinzione. Quindi, in realt, per Agassi, Putnam non produce un
valido rifiuto alla Legge di Hume. Se la preoccupazione di Putnam quella di non far poggiare un
discorso etico solo sul gusto o sulla metafisica, Agassi nota che un tentativo migliore di fondare un
discorso razionale nelletica stato fatto da Popper in La societ aperta e i suoi nemici, senza ricorrere
al superamento della dicotomia fatto/valore14.

13

Ugualmente Putnam esprime affermazioni anacronistiche, sempre secondo Agassi, su Ricardo,


lasciando intendere che questultimo avesse frainteso il messaggio di Adam Smith, quando introduce il
suo discorso sulla seconda fase delleconomia classica attraverso lamico economista Vivian Walsh ma
Ricardo sapeva di non essere un filosofo morale esperto e cos limit la sua attenzione a quei passi degli
scritti di Adam Smith dai quali egli vedeva ragioni per prendere le distanze (Putnam 2004, p. 54).

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Per quanto riguarda, invece, lattacco allo scetticismo morale in Etica senza Ontologia, del quale si
parlato nel precedente capitolo, Adams (2006) nota come il tentativo di Putnam si sviluppa su due
fronti: largomento della relativit concettuale e largomento delloggettivit senza oggetti. In sostanza
Putnam vuole dimostrare che la stessa domanda esistono i valori morali? infondata. In particolare,
con largomento della relativit concettuale pretende che chiedersi se qualcosa esiste senza senso
perch trattare una determinata cosa come realmente esistente o come una costruzione logica fittizia,
materia di convenzione. Ma questo argomento non mina lo scetticismo. Infatti Putnam ammette la
relativit concettuale solo in contesti in cui la questione dellesistenza riguardi un genere di cose poste
da un linguaggio per il quale ci sia un linguaggio cognitivamente equivalente che non pone quello
stesso genere di cose. Ma Putnam sostiene invece che il linguaggio delletica non cognitivamente
equivalente a nessun altro. Quindi paradossalmente se si accetta la visione putnamiana del linguaggio
14

La ragione dei grandi sforzi impiegati nel tentativo di superare la Legge di Hume va trovata anche nelle
sue conseguenze sulla vita pratica, ad esempio in economia, politica, bioetica. Nemmeno Putnam si
sottrae a ci.
Nel terzo capitolo di Fatto/valore: fine di una dicotomia, infatti, Putnam espone la possibile
conseguenza che il superamento della posizione divisionista avrebbe nella cosiddetta seconda fase della
teoria economica classica, avanzando una personale interpretazione di alcuni scritti, in particolare di
Etica ed economia, del premio Nobel Amartya Sen, proponendo il superamento della visione classica
delleconomia come una scienza puramente descrittiva. Putnam parla prima degli studi sullutilit relativi
agli economisti neo-classici, in particolare alla Legge dellUtilit Marginale Decrescente. Secondo tale
legge lutilit marginale, ovvero dellultimo quantitativo che viene consumato, decresce in corrispondenza
ai consumi ulteriori. Gli stessi mille dollari per un uomo sul punto di diventare un senza fissa dimora, non
avranno lo stesso valore che per Bill Gates. Ma leconomista Lionel Robbins, secondo Putnam, avrebbe
convinto gli economisti che i confronti interpersonali di utilit sono privi di senso e sempre secondo
Putnam, questi fu influenzato dal positivismo logico e dalla separazione fra etica e economia. Questa
distinzione, stata la causa teorica del soggettivismo economico che ha comportato gravissimi danni
nelleconomia del welfare e gravi diseguaglianze nella distribuzione delle ricchezze. Qui Putnam inserisce
Sen con il criterio delle capacitazioni. Le capacitazioni sarebbero capacit di acquisire funzionamenti
cui una persona ha motivo di attribuire valore, e possono variare dallessere ben nutriti allessere in grado
di prendere parte alla vita della comunit, quindi dai beni primari a quelli pi elevati. In questo modo si
tenta una strada per impostare un discorso razionale sulleguaglianza e sulla distribuzione dei beni. Ed
in questo senso che necessario, per Putnam, fondere le descrizioni con i valori.
Lintenzione di Putnam sicuramente positiva e il problema urgente e di scottante
attualit, tuttavia non basta una nobile preoccupazione pratica per distorcere strumenti teorici validi. Se lo
stesso strumento valido logicamente ed anche utile praticamente in pi applicazioni, non lecito
deleggittimarlo o addirittura elevarlo a causa scatenante di alcune circostanze che si ritengono
indesiderabili. Si tratta di affrontare gli stessi problemi sotto altri punti di vista o con strumenti differenti.
Tornando allesempio di Bill Gates e dellindigente, David Gordon nota che i giudizi comparativi
interpersonali sono rapidi e superficiali, come possono formare parte di una teoria scientifica economica?
Putnam ha ragione nel fatto che la gente comune quotidianamente faccia tali paragoni. Ma se un indigente
valuta mille dollari pi di Gates, come si fa derivare da ci che il denaro deve essere preso da Gates?
Sicuramente un qualche sistema di principii etici deve essere offerto in supporto alla redistribuzione, ma
Putnam non ne fornisce alcuno (Gordon 2002, trad. mia).

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etico, bisogna anche ritenere che largomento della relativit concettuale non rilevante ai fini
dellesistenza dei valori etici.

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CONCLUSIONE
Scopo del presente lavoro stato analizzare criticamente il tentativo di superamento di Putnam della
Legge di Hume. Come si visto, Putnam basa i suoi attacchi su vari fronti.
Tenta in primo luogo di dimostrare lamalgama di fatti e valori tramite lassunzione che la scienza
presuppone valori. Per argomentare tale assunzione parte dalla critica della teoria della verit come
copia e quella del riferimento diretto attraverso lesperimento mentale dei cervelli in una vasca. Da
questo passa alla formulazione della verit come criterio di accettabilit razionale fino a far ricondurre
la scelta di tale criterio alla fioritura umana e allidea di bene.
Successivamente Putnam attacca la Legge di Hume attraverso la tesi particolarista basata sui
concetti etici spessi, nei quali sarebbero indistinguibilmente fuse le parti descrittive e quelle valutative.
Nel percorso che si tracciato si invece dimostrato che la tesi che afferma che la scienza presuppone
valori erronea perch confonde il piano del linguaggio oggetto con quello del metalinguaggio. Che il
discorso sulla ricerca scientifica sia permeato di valori ovvio; che senza valori non avremmo scienza
falso.
Inoltre la critica basata sui concetti etici spessi anchessa fallace, in quanto si dimostrato che
sempre possibile distinguere allinterno di essi una parte descrittiva e una valutativa, e che la parte
valutativa non compresa nel significato cognitivo del concetto spesso.
Nel complesso, date le posizioni che si sono presentate in questo lavoro, si pu considerare che le
critiche di Putnam alla Legge di Hume non hanno raggiunto il loro obiettivo. La posta in gioco alta,
ma oltre al desiderio di Putnam, e come lui molti altri filosofi, di sollecitare cambiamenti nellordine
pratico attraverso i tentativi di minarne la base teorica, non vi sono ancora solide motivazioni per non
considerare la Legge di Hume come un valido strumento teorico e anche unindicazione auspicabile
qualora ci si addentri nel complesso mondo dei fatti e dei valori.

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