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17-12-2012

Johny Guarín Aristizábal

CRITICA DELLA RAGIONE PURA. II DOCTRINA TRASCENDENTALE DEL METODO

Fin qui Kant ha parlato dei materiali o contenuti del Sistema Critico. Adesso, vuole parlare sul metodo o le
condizioni formali per construirlo (essempio della torre). Definisce la Dottrina Trascendentale del Metodo come “la
determinazione delle condizioni formali di un sistema completo della ragione pura”.Cerca di fare, dal punto di vista
trascendentale, ciò che la logica generale cercava di fare sotto il nome di logica pratica.

CAPITOLO I LA DISCIPLINA DELLA RAGIONE PURA

Ogni impresa richiede disciplina e deve garantire, non solo la correzione degli errori, ma il loro totale
sradicamento tramite “un codice negativo separato” che solo la ragione pura può offrire. La disciplina
della Ragione pura è, dunque, la costrizione mediante la quale la tendenza a deviare di certe regole
viene limitata e distrutta. È un sistema di legislazione negativa.

Sezione I Disciplina della Ragion pura nell’Uso Dogmatico

Kant insiste spesso nella dostinzione tra conoscenza matematica e filosofica (non solo nella KrV, ma in
altre opere anteriori). Dichiara la fondamentale opposizione negli elementi essenziali: p.e, la
conoscenza filosofica si acquisisce a traverso concetti, mentre la conscenza matematica si guadagna
a traverso la costruzione di concetti; la filosofia e discorsiva, la matermatica è intuitiva. I concetti
filosofici come sostanza o causalità sono soltanto applicabili con la sintesi trascendentale, con
ellementi dati dalla sensibilità. Dai concetti empirici, i giudizi universali e necessari richiesti per la
possibilità della metafisica come scienza, non possono mai essere ottenuti.

La matematica ha la sua esattezza nelle definizioni, assiomi e dimostrazioni. Esse non sono ottenibile
nella Filosofia.

I. Definizione: definire in matematica significa representare il concetto completo di una cosa.


Non è possibile far questo nei concetti empirici. Noi possiamo spiegargli, ma non definirgli,
giachè dipendono di nuovi osservazioni, e sono sempre legati a modifiche. La definizione
essatta è impossibile anche riguardo alle forme a priori come tempo e causalità, le quale
non sono inmarcati per la mente, ma solo date. La completezza delle nostre analisi mai può
essere garantita. Le definizioni non sono punto di partenza, ma le conseguenza di arrivo
della nostra ricerca. La definizione matematica si usa in più processi e mai è erronea

II. Assioma: è un principio sintetico a priori immediato e non derivato; il predicato è sintetizzato
con il soggetto senza tramite di un altro concetto o proposizione. È una afermazione valida
in se stessa. Le proposizione metamatiche sono ottenute tramite l’intuizione (sono principi
intuitivi). I conceti condizionano la possibilità della sperienza intuitiva e trovano in questo
potere condizionante la base della loro validità. La filosofia non ha assiomi, ma principi non
assiomatici, i quali sono discorsivi, non intuitivi.

III. Dimostrazioni: sono prove apodittiche (non possono essere altrimenti) e intuitivamente
conosciute. Le proposizione apodittiche sono dogmata o mathemata; e le prime sono al dilà
della capacità della mente umana. Le proposizioni apodittiche non possono essere stabilite
direttamente dai concetti, solo provate indirettamente per referenza a qualcosa puramente
contingente (esperienza possibile). Principio di causalità (non è dogma, è principio) deve
essere dimostrato.
La ragione pura, nell’uso especulativo non ne ha dommi, non si addice un metodo dommatico presso a
prestito dalla matematica. La ragione è un sistema di ricerca, secondo principi di unità, e il suo metodo
è sempre sistematico. La esperienza soltanto fornisce la materia.

Sezione II Disciplina della ragione pura nel suo uso polemico

In questa parte cerca difendere le proposizioni della ragione pura contro le negazione dommatiche
delle stesse: nessuno può affermare il contrario con certezza apoditica o maggiore probabilità. La
ragione è sempre aperta alla critica, all’esame: è una esigenza di libertà. È comune rimanere con
l’orizzonte di ricerca più eccittato che soddisfatto. Nessuno può dire che ha la ragione completa di tutto.
Qualcuno offre un’argomento, l’altro offre quelcosa che smentisce. La critica giudica determinando
l’ambito e le regole fondamentali della ragione e tocca la fonte delle controversie, offrendo uno stato di
calma che l’uso scettico non fa.

Non è possibile l’appagamento scettico della ragione in disaccordo con se stessa. La ignoranza del
limite della conoscenza spinge a indagare i limiti della conoscenza possibile. I principi a priori
determinano fino a dove la conoscenza è possibile. Secondo certo principio è impossibile fissare fino
che punto si stende il sistematico della sperienza. Ma non si può censurare la ragione e condurla ai
dubbi e alla diffidenza circa suo uso non empirico (scetticismo), non conoscendo quello che può fare,
ma soltanto i suoi errori. Non pretende mostrare i limiti (non si estende oltre), ma i confini (limiti fissati a
priori). Il metodo scettico è utile per svegliare la ragione e invitarla alla prudenza, conducendola alla
necessita critica.

Sezione III Disciplina della RagionePura rispetto alle ipotesi

L’ipotesi è una opinione della possibilità (o giudizio probabile) del oggetto messa in rapporto, come
principio di spiegazione, con ciò che realmente è dato e certo. Si deve costringere la ragione nella sua
tendenza a fare ipotesi trascendentali, cioè spiegare le cose naturali usando una semplice idea della
ragione. Sono soltanto ammissibili ipotesi per difendere le asserzioni sintetiche della ragione pura dove
l’uso pratico dà il diritto di ammetterle (esistenza di Dio, immortalità anima, beatitudine eterna). Però,
questi ipotesi sono giudizi problematici: non possono essere nè dimostrate ne contraddette.

Sezione IV Disciplina della ragione riguardo alle sue dimostrazioni

Le dimostrazioni delle proposizione trascendentali e sitentiche sono giustificazioni dei giudizi sintetici a
priori di oggetti in generale. Il filo conduttore, pero il quale si escce dai concetti puri dell’intelletto per
fare la sintesi è la esperienza possibile, quindi nos si può passare direttamente da un concetto all’altro,
ma tramite la relazione all’esperienza possibile. La dimostrazione per essere valida non può guardare
direttamente dal P al S, ma come un nostro concetto possa essere esteso all’incodizionato, all’idea, e
come l’idea sia realizzabile. Si devono evitare i pralogismi, l’antinomie, perchè nelle ricerche critiche si
rischia di confondere lo subjetivamente necessario con lo independentemente reale.

Fa una distinzione tra prova apogogica (reductio ad absurdum) e prova ostensiva. La prima può
produrre convinzione ma non può abbilitarci per comprendere la dimensione della verità di questa
convizione; è una prova indiretta, non sorge dalla proposizione stessa, ma delle sue consrguenze. La
prova ostensiva è diretta, sorge dalla fonte della sua verità, dalla condizione di possibilità della
proposizione trascendentale stessa. In questo campo d’investigazione non si permette giustificare una
proposizione sintetica rifiutando il suo opposto. Alla fine, la ragione pura sarà costretta per la critica a
deporre le sue pretese dell’uso speculativo e ritirarsi dentro i limiti del suo terreno proprio, cioè dei
principi pratici.

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