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Cartesio: Sintesi Unit 3 Capitolo 1

1. IL FONDATORE DEL RAZIONALISMO.

I nuovi Protagonisti e testi della Filosofia.

Cartesio considerato il fondatore del razionalismo, ovvero di quella corrente filosofica che vede nella ragione il principale organo di verit, nonch lo strumento per elaborare una nuova visione del mondo. Ren Descartes nasce nel 1596 a La Haye, in Touraine, e studia presso il collegio dei Gesuiti fino al 1612. Successivamente, poi, riterr che gli studi condotti siano stati insufficienti per i suoi scopi. Nel 1619, per merito di alcuni sogni, si reca presso il Santuario della Madonna di Loreto, dove ha la prima intuizione riguardo il suo metodo. Successivamente pubblica unopera in cui essa trova espressione, la Regulae ad directionem ingenui. Nel 1628 si sposta in Olanda e comincia a comporre un trattato di metafisica e nel frattempo riprende lo studio della Fisica, pensando di scrivere un trattato sul mondo; ma, a causa della condanna inflitta a Galilei, abbandona lidea. In seguito, tuttavia, decide di pubblicare alcuni dei suoi studi, articolati in tre saggi sulla Diottrica, sulle Meteore e sulla Geometria, premettendo a queste una prefazione: il Discorso sul metodo. Successivamente riprende il trattato di metafisica e lo pubblica con il nome Meditazioni sulla filosofia prima. Nel 1649, sotto merito della regina Cristina di Svezia, si stabilisce presso la sua corte, e, successivamente, ammalatosi di polmonite, muore nel febbraio del 1650. 2. IL METODO. Cartesio (come Montaigne) non vuole insegnare, ma descrivere se stesso. Perci, egli, parla in prima persona. 2.1 I termini del problema. Il metodo che Cartesio crea nello stesso tempo teoretico e pratica: egli deve saper distinguere il vero dal falso, in vista dei vantaggi e utilit che possono derivarne. Il metodo devessere un criterio di orientamento unico e semplice, che serva alluomo teoretico e pratico, e che abbia come ultimo fine il vantaggio delluomo sul mondo. Nel formulare le regole del metodo, Cartesio si avvale della matematica. Le scienze matematiche, per egli, sono gi in possesso del metodo. Tuttavia sapere le regole della matematica e applicarle non sufficiente. E necessario giustificarle. Cartesio deve dunque: Formulare le regole del metodo; Fondare il valore assoluto e universale del metodo individuato; Dimostrare la fecondit del metodo nel sapere. 2.2 Le regole. Per Cartesio, la regola fondamentale levidenza, ovvero accogliere come vero solo ci che risulta evidente, chiaro e distinto. La regola dellanalisi indica di procedere dal complesso al semplice. La regola della sintesi prescrive di risalire dal semplice al complesso. La quarta regola, dellenumerazione e revisione, indica di enumerare tutti gli elementi dellanalisi e rivedere i passaggi della sintesi. 3. IL DUBBIO E IL COGITO ERGO SUM. Le regole metodiche individuate da Cartesio non hanno in s la propria giustificazione. Egli quindi deve tentare di giustificarle risalendo alla radice: luomo come soggettivit o come ragione.

3.1 Dal dubbio metodico al dubbio iperbolico. Trovare il fondamento di un metodo, secondo Cartesio, possibile solo con una critica radicale di tutto il sapere dato. Bisogna dubitare di tutto, considerare provvisoriamente falso tutto ci su cui il dubbio possibile. Con questo atteggiamento , si giunger a un principio sul quale il dubbio non possibile. In questo principio si trover la giustificazione del metodo: da qui il nome dubbio metodico. Cartesio ritiene che qualsiasi forma di conoscenza si sottragga al dubbio, compresa la matematica. Con lipotesi del genio maligno, il dubbio si estende a tutto e diviene dubbio iperbolico o dubbio universale. Lunica verit che si sottrae al dubbio (in quanto il dubbio stesso la conferma) il cogito ergo sum. 3.2 La natura del Cogito. La frase io esisto contiene una prima indicazione su ci che sono io che esisto. Non posso dire di esistere come corpo, in quanto lesistenza dei corpi un dubbio. Pertanto io non esisto se non come cosa che dubita, cio che pensa. Ovvero, la certezza del mio esistere riguarda solo le determinazioni del mio pensiero. Quindi la frase io esisto equivale a io sono un soggetto pensante, cio spirito, intelletto o ragione. La mia esistenza certa come non lo lesistenza di nessuna delle cose che penso. Il principio cartesiano riprende il movimento di pensiero, gi sviluppatosi in Campanella e Agostino, nel trovare nellesistenza del soggetto pensante il principio che garantisce la validit della conoscenza umana e lefficacia dellazione umana sul mondo. 3.3 Le discussioni intorno al cogito. I contemporanei di Cartesio, colpiti dalla scoperta del cogito lo discussero ampiamente. Qualcuno disse che il ragionamento cartesiano era un circolo vizioso, affermando che, se il principio del cogito viene accettato perch evidente, la regola dellevidenza risulta anteriore al cogito, per cui, giustificarla attraverso il cogito pure illusione. Cartesio risponde, chiarendo che il cogito lautoevidenza esistenziale che il soggetto ha di se stesso. Altri lo accusano, affermando che il cogito sia un sillogismo abbreviato. Cartesio risponde che il cogito non un ragionamento ma un intuizione immediata della mente. Hobbes, critica Cartesio, in quanto questi avrebbe fatto confusione tra il soggetto agente e lintellezione che atto del soggetto agente. Cartesio risponde affermando che luomo pensa sempre, per cui il pensiero risulta essenziale, e che il pensiero indica, talvolta latto del pensiero, talvolta la facolt del pensiero, talvolta la cosa o sostanza con sui si identifica tale facolt. 4. DIO COME GIUSTIFICAZIONE METAFISICA DELLE CERTEZZE UMANE. Cartesio si pone il problema se le sue idee corrispondano anche esternamente. Quindi divide tutte le idee in tre categorie: Innate (concepite in me, es. pensare); Avventizie ( estranee, venute da fuori, es. idee cose naturali); Fattizie (formate o trovate in me stesso, es. idee cose inventate). Per scoprire se qualcuna di queste idee corrisponda una realt esterna, bisogna chiedersi la causa di esse. 4.1 Lidea di Dio e le prove dellesistenza di Dio. Lidea di Dio un idea di una sostanza infinita, eterna, onnisciente, onnipotente e creatrice, pertanto difficile supporla di averla creata io stesso. La causa dellidea di una sostanza infinita non posso essere io che sono una sostanza finita. Questa causa devessere una sostanza infinita, la quale devessere ammessa come esistente. Questa la prima prova dellesistenza di Dio. Il dubbio dimostra come io sono finito e imperfetto. Quindi se fossi la causa di me stesso, mi sarei dato le perfezioni che concepisco e che sono appunto contenute nellidea di Dio. Quindi non mi pu che aver creato Dio. A queste due prove Cartesio ne aggiunge una terza, la prova ontologica. Non possibile

concepire Dio come Essere perfetto senza ammettere la sua esistenza, perch lesistenza una delle sue perfezioni necessarie. 4.2 Dio come garante dellevidenza e la possibilit dellerrore. Una volta riconosciuta lesistenza di Dio, il criterio dellevidenza trova la sua ultima garanzia. Dio, essendo perfetto, non pu ingannarmi. Quindi la ragione vera mentre le verit sul mondo sono attendibili. Secondo Cartesio lerrore dipende dal concorso di due cause, lintelletto e la volont. Lerrore non ci sarebbe mai se io mi astenessi nel dare il mio giudizio intorno a ci che non abbastanza chiaro. Ma poich la mia volont pu indurmi a pronunciarmi su ci che non abbastanza chiaro, nasce la possibilit derrore. Io potr indovinare per puro caso, ma anche cos avrei usato male la mia libert. Ma potr affermare ci che non vero, cadendo, nuovamente in errore. Lerrore quindi dipende, unicamente, dal libero arbitrio che Dio ha dato alluomo e si pu evitare tramite le regole del metodo (levidenza). Levidenza permette di eliminare il dubbio che stato avanzato in principio sulla realt delle cose corporee. 5. IL DUALISMO CARTESIANO. Accanto alla sostanza pensante, si deve ammettere una sostanza corporea, divisibile in parti, quindi estesa. Tale sostanza non possiede tutte le qualit che noi percepiamo su di essa. Cartesio distingue le propriet oggettive da quelle soggettive. Quindi spezza la realt in due zone distinte ed eterogenee: La sostanza pensante (res cogitans), che inestesa, consapevole e libera; La sostanza estesa (res extensa) che spaziale, inconsapevole e determinata. Tuttavia, pur essendo eterogenee, le due sostanza comunicano tra loro per mezzo della ghiandola pineale, ovvero lodierna epfisi.

Parricelli Francesco IV A

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