Sei sulla pagina 1di 10

CARTESIO

Il più grande esponente del razionalismo del ‘600 è Renato Cartesio, considerato come il fondatore di una
nuova indagine filosofica. Massimo esponente della filosofia moderna un po’ come Aristotele per la filosofia
classica.

Nasce nel 1594 in Francia e viene avviato agli studi classici, nel collegio francese di La Flèche, considerato
prestigioso perché aveva una tradizione storica importante e perché la sua impostazione educativa era
ancora legata alla filosofia classica. Terminato il percorso di studi Cartesio realizza che quanto appreso non
era al passo con i tempi (educazione non coerente con il tempo). Perciò riconosce una necessità di
individuare un percorso conoscitivo diverso in grado di permettergli di vivere bene in quel contesto storico.

Passa dunque in rassegna tutta la rivoluzione scientifica. In particolare decide di individuare un metodo che
gli consenta di distinguere il vero dal falso 

→ è la ragione umana che indica la giusta strada da seguire

Raggiunge questa conclusione attraverso un metodo ideato da lui stesso:

 Evidenzadimostra la certezza di qualcosa, quando un avvenimento è evidente vuol dire che è


certo e che non può essere diverso da com’è. Si ha nel momento in cui l’uomo osserva la realtà
esterna. Le altre 3 seguono.

 Analisidall’evidenza è poi necessario analizzare un determinato avvenimento

 Sintesiriunificare le parti analizzate

 Enumerazionecontrollo delle fasi precedenti.

Cartesio scrive nel testo di maggiore riferimento discorso sul metodo che per considerare l’evidenza come
certa è necessario dubitare di tutte le conoscenze che l’uomo aveva appreso fino a quel momento, perché
mettendo in crisi la conoscenza precedente attraverso il dubbio si giunge necessariamente a una verità.
Tant’è che Cartesio dubita persino delle conoscenze matematiche.

Il dubbio di Cartesio è dunque radicale, siccome mette in crisi anche conoscenze che sono effettivamente
certe. 

Perciò il dubbio applicato alle conoscenze matematiche è definito iperbolico (estremo). Si comporta un po’
come gli scettici, che ritenevano che non si potesse raggiungere una verità ultima perché ogni corrente
filosofica aveva dato una sua visione del mondo. Ma Cartesio crede nell’esistenza di una verità oggettiva e
ultima, e che sia necessario trovarla.

Per arrivarvi parte dalle conoscenze matematiche e scrive:

l’uomo è certo che 2+2 faccia 4, tuttavia non può essere l’uomo ingannato da un genio malefico ed
ingannatore che induce l’uomo a dire che 2+2 faccia 4 ma in realtà non è così?

Elabora una riflessione particolare perché individua l’esistenza di un genio malefico ingannatore che induce
l’uomo a credere che 2+2 faccia 4. Questo genio gli era utile per poter dubitare delle conoscenze
matematiche siccome esse sono evidenti.

Il genio malefico ed ingannatore può ingannare l’uomo ma se l’uomo comprende questo vuol dire che
utilizza la ragione.

Questa è la prima verità che Cartesio desume dal dubbio: l’esistenza dell’uomo come res cogitans cioè
sostanza/soggetto pensante, cioè come attività razionale, che pensa.
Cogito ergo sum → penso quindi sono/esisto. siccome sono in grado di pensare esisto.

La sostanza pensante ragiona, riflette, critica, distingue ciò che è giusto da ciò che è sbagliato → è in grado
di usare la propria ragione. Allora tutto quello che l’uomo crea e propone deve derivare dall’intelletto
perché è quello che conferisce evidenza all’uomo. Adoperando l’intelletto quindi l'uomo non sbaglia mai
perché l’intelletto e la ragione sono la vera fonte di conoscenza.

Cartesio ha dimostrato l’esistenza dell’uomo come attività pensante, lo ha considerato solo come mente,
entità astratta caratterizzata dalla mente deve ora attribuirgli un corpo.

Essendo l’uomo un soggetto pensante ha nella sua mente dei contenuti mentali, le idee. Queste vengono
distinte in 3 grandi gruppi:

 idee innate → che ci appartengono dalla nascita.

 idee avventizie → quelle che provengono dall’esterno, cioè quelle che l’uomo ha dall’osservazione
della realtà esterna (casa fiume montagna...).

 idee fattizie → quelle completamente inventate (es: cavallo alato).

Egli parte dalle idee per dimostrare l'esistenza dell’uomo come corpo perché Cartesio ritiene che il corpo
sia un’idea avventizia quindi bisogna dimostrarne la validità. Bisogna capire se le idee che provengono dal
mondo esterno sono vere o no (quelle fattizie non devono essere dimostrate perché diverse per ognuno di
noi quindi false).

Per dimostrare le idee avventizie Cartesio utilizza quelle innate e tra queste va a individuare l’idea di Dio
perché Cartesio aveva bisogno di un ente che conferisse validità all'esistenza del mondo esterno; il dio di
Cartesio non è il dio cristiano. Non è da intendersi come dio che secondo un’idea di provvidenza governa il
mondo. È inteso come un marchio di fabbricazione.

Riprende le prove per la dimostrazione dell’esistenza di dio dell’età medievale perciò relative alla scolastica
in particolare quella a priori di Sant’Anselmo. Argomenta sostenendo che l’idea di Dio è innata perché
appartiene da sempre all’uomo, di conseguenza non è stato l’uomo a creare l’idea di dio e soprattutto l'idea
di dio come essere perfetto sommo e buono ma è stato dio stesso a essere creatore di sé stesso → dio si è
auto creato come essere perfetto.

Quindi non è stato l’uomo perché l’uomo è un essere imperfetto e questa sua imperfezione è dimostrata
dal fatto che l’uomo dubita. Se dubita allora è imperfetto e in quanto tale non ha potuto creare qualcosa di
perfetto come Dio. Di conseguenza è l’uomo che dipende da Dio perché se l’uomo si fosse auto creato
allora si sarebbe creato con quelle perfezioni di Dio quindi non sbaglierebbe.

Visto che l’uomo dipende da dio, le facoltà conoscitive che l’uomo possiede dipendono da Dio, il quale non
può ingannare le sue creature → allora tutto ciò che l’uomo vede nella realtà esterna è necessariamente
vero.

Di conseguenza l’uomo è dotato di corpo perché dipende da Dio, che ha conferito la materialità al corpo →
così dimostra l’esistenza della res extensa (il corpo dell’uomo) e necessariamente cade l’ipotesi del genio
malefico ed ingannatore che induce l’uomo ad avere conoscenze false. Le facoltà conoscitive con gli organi
di senso e quelle razionali sono necessariamente vere perché prodotte da Dio e permettono all’uomo di
conoscere con esattezza e precisione la realtà esterna. 

Grazie alla dimostrazione dell’esistenza di Dio, Cartesio convalida la conoscenza razionale perché è come
se Dio imprimesse un marchio di fabbricazione nella conoscenza dell’uomo, e dunque in questo modo la
prima fase del metodo, l’evidenza (cioè il momento fondamentale), è dimostrata perché tutto quello che
l’uomo considera come evidente è vero, non sbagliato.
CONSIDERAZIONI

I suoi collaboratori si sono chiesti come mai, dopo tutti i passi avanti fatti, Cartesio sia andato a riprendere
da capo le tesi della scolastica per dimostrare la ragione umana, dopo che umanesimo e rinascimento si
erano tanto impegnati per svincolare l’uomo dall’idea di Dio, dalla dipendenza da Dio.

Cartesio ha risposto sostenendo che l’idea di Dio sulla quale ha argomentato non è il Dio cristiano ma è
considerato quasi come un artigiano che crea un prodotto e sul quel prodotto imprime il suo marchio di
fabbricazione.

 → Perciò è un’entità che ha creato il mondo ma che non ha quello scopo salvifico che presenta il Dio
cristiano, cioè lui produce senza poi curarsi dei momenti di sconforto degli uomini. Manca quell’idea di
provvidenza presente nella religione cattolica.

Perché ha considerato Dio così? Perché coerentemente con lo sviluppo scientifico del ‘600 è chiaro che
Cartesio considera la realtà esterna come regolata da leggi matematiche chimiche e fisiche. Per questo non
poteva considerare Dio come entità cristiana. L’idea dell’artigiano fa pensare al tecnico (fabbro,
carpentiere, falegname, che analizzava la realtà e capiva com’era strutturata la natura). Dunque era un Dio
che aveva organizzato matematicamente la natura. Questa era considerata come un organismo in cui ogni
evento è collegato ad un altro in un rapporto di causa-effetto.

RES COGITANS e RES EXTENSA sono espressioni che hanno un peso anche adesso nella riflessione. 

Cartesio riprende queste due espressioni per spiegarle in un rapporto di causa ed effetto alla luce di quella
che era l’idea secondo la quale la natura è un insieme di rapporti causa-effetto. 

La rivoluzione scientifica non si sofferma sull’attività che la mente ha sul corpo, non aveva spiegato il
rapporto cervello-corpo, mentre Cartesio sì.

Cartesio sostiene questo perché se l’uomo è costituito da due “parti” queste due non possono essere
distinte, non sono scollegate tra loro, ci deve essere un legame tra le due; così come in natura ogni
fenomeno è legato all’altro in un rapporto di causa ed effetto

→ la res extensa (corpo) viene influenzata e mossa dalla res cogitans (sostanza pensante)

Es: tipo emozioni e stati d’animo → se siamo tristi piangiamo, se siamo felici sorridiamo, ridiamo, euforia…

Anche l’uomo si inserisce nel rapporto di causa-effetto che caratterizza la rivoluzione scientifica  Anche
l’uomo fa parte di quel nuovo modo di vedere la natura.

MECCANICISMO (ci si riferisce a quella linea di pensiero per cui la natura è un ordine meccanico cioè
regolata da causa ed effetto) → il dualismo (res cogitans ed extensa) presente in Cartesio regola il mondo,
così come l’uomo è, secondo Cartesio, un essere regolato da un’attività meccanica in quanto il corpo è
un’espressione meccanica della mente, allo stesso modo la natura e la realtà sono considerate come
macchine. Il mondo è come un grande orologio, le parti interne sono legate tra loro, e in natura tutto è un
insieme di legami che si autoregola. 

Così come la natura è un insieme di relazioni causa-effetto, allo stesso modo anche l’uomo secondo
Cartesio rientra in questo ordine perché la vita di esso è regolata da causa (res cogitans) ed effetto (res
extensa).

È una posizione ripresa anche da altri filosofi perché ad esempio Locke e Hobbes analizzeranno la
formazione dello stato alla luce del meccanicismo
HOBBESÈ a favore dell’assolutismo
Nasce nel 1588, nel momento in cui vi era la contrapposizione fra la regina Elisabetta e Filippo II, il quale era
voluto intervenire a seguito della condanna a morte di Maria Stuarda. Colta dallo spavento dato dalla
notizia dell’arrivo dell’Invincibile Armata sua madre ha partorito → Hobbes si considererà sempre figlio
della paura (in modo negativo) in quanto la sua nascita era avvenuta in un momento di difficoltà profonda.
Perciò ha sempre cercato di avere dei saldi punti di riferimento e nello stesso tempo ha prodotto una
filosofia politica consequenziale per cui lo stato doveva trovarsi sotto un monarca assoluto:

I cittadini dovevano essere guidati da un sovrano forte che conferisse sicurezza ed ordine. Hobbes
costruisce la sua filosofia politica incentrata su questo aspetto.

Egli ritiene necessario applicare quel meccanicismo esposto da Cartesio: lo stato era paragonabile ad un
orologio, in virtù di questo, tutte le parti che lo componevano (politica, sudditi, sovrano, leggi) erano parte
di questo ingranaggio. Perciò era necessario che tutti gli elementi che formano uno stato siano tra loro
consequenziali e legati in maniera tale che lo stato agisca per il meglio.

Hobbes espone la sua teoria in diversi testi:

De Homine

De Cive (il cittadino) Qui Hobbes spiega chi è e cos’è l’uomo (inteso anche come cittadino).

De Corpore (corpo umano)

Quando Hobbes spiega l’uomo egli riprende molto dalla rivoluzione scientifica, tanto che arriva a dire che
la mente dell'uomo è una forma di calcolo cioè essendo l’uomo una macchina la mente assumeva quella
funzione di calcolo perché il ragionamento non era altro che una somma o una sottrazione di concetti o di
termini. Se l’uomo viene considerato come un essere meccanico anche la sua mente deve avere un
qualcosa di meccanico, quindi arriva a sostenere che la sua mente è un calcolo

es: L’uomo è considerato come animale razionale. Sommiamo i concetti di animale e razionale per definire
l’uomo 

animale + razionale = uomo

animale - razionale = animale 

 → tutto è una forma di calcolo 

Il suo testo più conosciuto è il Leviatano in cui egli spiega l’origine e lo scopo dello stato.

Lo stato viene creato dagli uomini. Prima della sua creazione è esistito uno stato di natura cioè una
condizione nella quale l’uomo viveva in assenza di un potere forte che lo guidasse. Lo stato di natura è
un’ipotesi concettuale, non una realtà concreta. Una condizione mentale nella quale l’uomo ha vissuto
senza la presenza di un potere forte che lo guidasse.

L’uomo era portato ad agire come meglio credeva siccome non era limitato da un potere forte, perciò nello
stato di natura egli aveva il diritto su tutto e su tutti. Agendo in tale modo però, si crea confusione e
dunque, anarchia, tant’è che Hobbes definisce lo stato di natura come uno stato di guerra di tutti contro
tutti (in latino: bellum omnium contra omnes). La formazione dello stato serve a porre fine a questo genere
di situazione.
Per evidenziare come si forma lo stato si deve analizzare la condizione dell’uomo nello stato di natura in cui
l’uomo aveva il diritto su tutto: l’uomo non faceva altro che recare danno all’altro uomo.

Però l’uomo è dotato di ragione e per questo individua inizialmente alcune leggi di natura (Hobbes ne
individua 19 in tutto ma le più importanti sono le prime tre). Attraverso queste leggi cerca di realizzare una
convivenza il più pacifica possibile.

Prima legge → ricercare la pace.

Seconda legge → rinunciare al diritto su tutto (non chiedere più di ciò che gli è dovuto → dipende da come
ogni persona risponde alle leggi, tutti sono obbligati a seguire le leggi del sovrano in modo che tutti abbiano
ciò di cui hanno bisogno)

Terza legge → rispettare i patti.

Dalla prima derivano le altre due poiché per cercare la pace ovviamente occorre rinunciare al diritto su
tutto. Così facendo lo stato di natura cessa di esistere perché se l’uomo rinuncia al diritto su tutto vuol dire
che forma una società civile: lo stato in cui ogni persona deve rispettare l’altra. → termina quello stato
perenne di guerra. L’uomo non è più un lupo per gli altri uomini, non perché cambia indole ma per avere
salva la vita vivendo in pace con gli altri (autoconservazione).

Pessimismo→ per Hobbes l’uomo di natura, in quanto uomo, possiede indole cattiva: tende ad imporsi
sugli altri. Anche nello stato l’uomo mantiene un'indole aggressiva nei confronti degli altri però la mitiga e
la nasconde perché ha bisogno di vivere in pace e in società.

La società nasce da un patto: tutti gli uomini nello stato di natura, una volta capito che quella esistenza non
poteva funzionare, firmano un patto e trasferiscono i loro diritti nella figura di un'altra persona che è quella
del sovrano. Quindi in questo modo quest’ultimo viene ad avere la possibilità e quindi capacità di decidere
della vita degli uomini.

il sovrano è quindi assoluto cioè legifera sia in ambito politico che religioso e ha diritto di vita e di morte sui
sudditi (che Hobbes però chiama come cittadini). Questo però non porta a una politica dispotica, significa
soltanto che ha un potere vastissimo perché l’aggressività di natura dell’uomo deve essere arginata e
affinché questo succeda il sovrano deve essere forte. Questo suo modo di pensare deriva sia dalle sue
origini che dal periodo in cui viveva. Le rivoluzioni avevano provocato disordine e secondo Hobbes l’unico
modo per riportare ordine era un sovrano di questo tipo. Questo comporta un patto di soggezione (pactum
subiectionis) → patto firmato dagli uomini attraverso il quale gli uomini si sottomettono alla figura del
sovrano.

IL LEVIATANO → testo di riferimento inerente a questi argomenti

Il nome Leviatano era il nome dato a un mostro marino che incuteva terrore a chi lo guardava. Perciò
Hobbes definisce il sovrano come Leviatano proprio in funzione del fatto che il rispetto nei confronti del
sovrano era un rispetto importantissimo e fortissimo perché la convivenza civile pacifica degli uomini e dei
cittadini dipendeva proprio dal sovrano.

Nel frontespizio del testo Hobbes rappresenta il Leviatano, lo disegna come un uomo a mezzo busto il cui
corpo dal collo in giù è formato da tanti piccoli uomini con il viso rivolto verso la testa. (Ha la corona quindi
è il sovrano). Questo significa che la comunità, l’insieme di uomini è data dalla figura del sovrano. È
rappresentato con spada e scettro, che indicano il potere temporale, e col bastone pastorale, potere
religioso

È giusto che il sovrano incuta timore perché l’uomo è di natura aggressivo e cattivo quindi serve una figura
forte che sopprima questo difetto.
→ Secondo Hobbes la religione è una sorta di instrumentum regni e quindi aiuta il sovrano a governare
meglio, funge da collagene (la pensa come machiavelli): è più facile controllare un popolo che ha una sola
fede piuttosto che un popolo con fedi diverse anche perché sennò ci sarebbe anarchia anche sotto l’aspetto
religioso.

Il potere del sovrano è quindi unico (non condiviso), illimitato (non ha ostacoli e unisce fede e politica),
eterno (è eterno perché i cittadini non possono opporsi al potere del sovrano perché anche qualora il
sovrano non garantisse le libertà ai sudditi questi non potrebbero neanche opporsi alla sua figura, siccome
non c’è diritto di resistenza, i sudditi non possono rovesciare il suo potere quindi tanto vale che seguano le
sue indicazioni. Altrimenti tornerebbero allo stato di natura).

Hobbes utilizza un po’ il termine suddito e un po’ il termine cittadino→ il monarca fonda uno stato e tutti
coloro che fanno parte di uno stato sono cittadini e sudditi perché rispondono alla figura del sovrano.

Il Leviatano non crea una monarchia ma uno stato.

È per questo che Hobbes fu molto vicino a quel periodo in cui non vi era un proprio sovrano. Secondo
Hobbes nel momento di passaggio fra Cromwell e la monarchia degli Stuart si può parlare di stato di
natura. In seguito si dichiara molto vicino alla linea politica degli Stuart perché era una monarchia
assoluta.  

JOHN LOCKE sostiene la monarchia costituzionale


È contemporaneo a Hobbes e hanno vissuto tra la fine del ‘500 e la fine del ‘600.

Locke fu molto più tollerante di Hobbes. Egli propone la sua tesi nel testo due trattati sul governo → il testo
è costituito da due parti:

 nella prima spiega le motivazioni per le quali aveva scritto il testo

 nella seconda evidenzia l’origine e la struttura dello stato

Locke andava ad opporsi ad una posizione dell’intellettuale inglese Robert Filmer, che aveva pubblicato il
testo Potere naturale dei re. Qui egli aveva scritto che il potere dei sovrani era un potere assoluto per
natura perché discendeva da Dio (il papa si faceva da tramite tra il potere del sovrano e il potere di Dio
nella cerimonia di incoronazione: era il papa a porre la corona sul capo del futuro sovrano proprio a fare da
tramite). Discendendo da Dio il potere del sovrano doveva essere forte perché era simile al “potere del
padre che ha sui figli”: così come il padre ha il dovere di educare in un certo modo i propri figli (deve anche
essere severo se serve), allo stesso modo il re deve comportarsi con i sudditi. 

I sovrani secondo Filmer discendevano anche dai patriarchi, cioè coloro che secondo la tradizione
discendono da Adamo ed Eva quindi i discendenti di Dio. Secondo Locke questa posizione era del tutto
errata perché secondo questo i genitori non devono avere un potere assoluto sui figli e anche perché il
sovrano non deve essere un sovrano assoluto ma deve essere un sovrano che deve tutelare i diritti che
l’uomo possiede sin da quando l’uomo viveva nello stato di natura 

→Anche per Locke prima della formazione dello stato civile è esistito uno stato di natura che però non era
uno stato di guerra, ma già qui l’uomo possedeva già alcuni importanti diritti:

 diritto alla vita


 diritto alla libertà

 diritto alla felicità

Andando a dire questo Locke sostiene quindi che l’uomo non è l’essere cattivo che Hobbes aveva dipinto,
ma era caratterizzato da diritti estremamente positivi. Tutti diritti che secondo Hobbes l’uomo acquisiva
solo nella società.

Quindi lo stato di natura non è uno stato di guerra perché l’uomo non ha il diritto su tutto; tuttavia anche
secondo Locke occorre orientarsi verso lo stato civile perché secondo Locke l’uomo ha la necessità di
vedersi riconosciuto: il diritto alla proprietà. Questo diritto poteva essere garantito solo da un potere
statale e quindi secondo Locke gli uomini realizzano un patto ma questo non doveva essere di
sottomissione ma un patto di associazione nei confronti del sovrano → gli uomini insieme al sovrano
mantengono i tre diritti che già avevano nello stato di natura, più il diritto alla proprietà.

Chi ha una proprietà non deve manifestare questa sua forza economica rispetto a chi non ce l’ha, ma a
mantenere la proprietà significa essere anche morigerati. Fare in modo che le ricchezze non siano
ostentate e che tutti possano averle. Affinché questo succeda occorre che si collabori.

Ecco perché Locke fu un forte sostenitore della monarchia costituzionale inglese (formazione a seguito
della seconda rivoluzione inglese). Poiché deve esserci collaborazione fra il sovrano e i sudditi, questa
collaborazione deve avvenire tramite la presenza di un organo parlamentare. Locke ritiene che qualora il
sovrano non rispettasse quei diritti allora i sudditi avrebbero il diritto di resistenza, cioè il diritto di
rovesciare quel sistema politico vigente per impostarne un altro che mantenga i diritti naturali.

Ogni filosofo è figlio del suo tempo, può avere delle posizioni personali ma la sua dottrina filosofica è
sempre legata al suo contesto storico

FILOSOFIA DEL ‘700


Prima rivoluzione industriale, età delle rivoluzioni, nascita dell’Illuminismo.

→Ha permesso di realizzare una riflessione sul progresso (perché sono avvenuti grandissimi cambiamenti la
prima rivoluzione industriale aveva infatti evidenziato il concetto di progresso). I filosofi che sviluppano
questa riflessione sono quelli dell’Illuminismo.

L’Illuminismo nato in Francia aveva prodotto la stesura di un testo importantissimo: l’enciclopedia, scritta
dai grandi filosofi illuministi francesi (Rousseau, Montesquieu, Diderot, Voltaire, D'Alembert, Condorcet).

→ Termine di origine greca che fa riferimento ad un’educazione di tipo circolare, continuo, quindi andava
ad esprimere il concetto per il quale la cultura e la sapienza dovevano essere continuamente riviste e
aggiornate, perché il progresso non deve avere mai fine (deve essere continuo).

Questi filosofi hanno elaborato una struttura di testi (in tutto 25), l’enciclopedia è stata pubblicata in 25
volumi. Il sottotitolo del testo era “dizionario ragionato delle scienze delle arti e dei mestieri”.

L’enciclopedia andava ad uniformare tutta la conoscenza che l’uomo aveva realizzato fino a quel momento
in tutti i campi. Era un testo organizzato per voci che riguardavano diversi ambiti (li comprendevano tutti). 

Nei primi tempi questa pubblicazione ha anche risentito di problemi da parte dell’opposizione della Chiesa
(strumenti che andavano a sostituire ciò che dio ci ha dato alla nascita quindi strumenti considerati come
diabolici). Nonostante la sua opposizione la pubblicazione continua.

POSIZIONE DI VOLTAIRE, MONTESQUIEU, ROUSSEAU


Tutti e tre hanno utilizzato la ragione per poter spiegare la realtà e la società umana giungendo a
conclusioni particolari. Lo fecero anche con una certa ironia e leggerezza, in particolare Voltaire. Secondo
alcuni aveva il dono di presentare delle questioni fondamentali usando l’ironia. Ciò ha fatto sì che i suoi
testi venissero accettati e letti facilmente.

VOLTAIRE
La sua riflessione più importante si concentra sull’idea di progresso.

L’esercizio della ragione aveva il compito di migliorare la vita dell’uomo quindi di generare progresso.
Voltaire ritiene che tale progresso deve essere una caratteristica costante della vita dell’uomo. Quindi deve
essere indefinito cioè non deve avere mai fine. Questa concezione viene sviluppata da Voltaire a seguito di
una querelle, una disputa tra gli antichi e i moderni, in quanto secondo alcuni intellettuali anche illuministi
la cultura classica era considerata come superiore a quella moderna, più importante efficace produttiva,
soprattutto quella della Grecia classica, che era stata la culla di tutta la cultura occidentale. Altri
sostenevano la modernità come importante alla luce del fatto che da un certo momento in poi l’uomo
aveva trasformato la propria esistenza/vita. L’uomo era progredito, era migliorato:

 la rivoluzione astronomica e scientifica

Alla base dell'idea per la quale l’umanità doveva prevalere troviamo queste due sotto l’aspetto concettuale
mentre la rivoluzione industriale sotto quello economico.

Per Voltaire, dalla rivoluzione scientifica in poi l’idea di progresso si è fatta più forte perciò deve continuare
su questa strada. L’idea di progresso va anche associata alla politica: secondo Voltaire e Montesquieu il
progresso è tale anche quando prevede la fine del potere assoluto del sovrano.

→ sono anche queste le basi che vanno a sostenere la rivoluzione in Francia perché il potere assoluto del
sovrano tende a limitare il progresso.

Nel testo “Candido o l’ottimismo” Voltaire critica la filosofia tradizionale, troppo legata a quella aristotelica,
e attraverso le vicende di Candido arriva a sostenere che il mondo deve volgersi sempre verso il
miglioramento, non esiste un mondo perfetto in senso assoluto o imperfetto in senso assoluto: esiste un
mondo che presenta dei problemi però l’azione che l’uomo realizza sul mondo deve far sì che il progresso ci
sia sempre, che sia continuo. 

MONTESQUIEU
Considerata questa posizione risulta essere legata a questa quella di Montesquieu perché egli va a
delineare quella che doveva essere la nuova struttura della politica. 

Sono legate perché dato che Voltaire aveva argomentato sul progresso e questo riguarda anche la politica
allora la posizione di Montesquieu si collega.

Nel 1748 infatti Montesquieu pubblica lo spirito delle leggi (l’esprit des lois). Qui Montesquieu si fa
portavoce della fine del potere assoluto del sovrano e della teoria della separazione dei poteri:

il potere deve essere distinto nelle sue tre forme che sono

legislativo

esecutivo

giudiziario
→ ciascuna di queste tre tipologie deve essere autonoma rispetto alle altre in modo che nessun potere
interferisca sull’altro e che ci sia libertà. 

Questo concetto è considerato alla base della stesura della costituzione americana e della dichiarazione dei
diritti dell’uomo e del cittadino (1789). La struttura di una politica liberale e democratica si basa su questo,
che è un concetto di derivazione illuminista.

ROUSSEAU
La madre muore di parto e ciò lo segna profondamente ma in maniera diversa rispetto a Hobbes:
quest’ultimo fu più combattivo, mentre Rousseau fu sconfitto emotivamente tant’è che scrisse “costai la
vita a mia madre e questa fu la mia prima sventura”. Rousseau cresce con questa consapevolezza emotiva
di essere stato la causa della morte della madre e questo avvenimento ha rappresentato la prima di una
serie di sventure dalle quali non si solleverà mai emotivamente tant’è che comincia a soffrire di manie di
persecuzione. La sua filosofia deriva da questa sua emotività, da questo suo atteggiamento.

Venne affidato alle cure del padre alla cui morte, quando era ancora ragazzino, fu costretto ad
abbandonare gli studi perché aveva necessità di lavorare. Trova lavoro presso un incisore, ma vessato dal
suo datore di lavoro allora lascia l’attività e comincia a viaggiare per l’Europa. Abbandona la Francia per un
periodo ritenendo che niente e nessuno lo legasse ad essa.

Trascorre alcuni periodi in Svizzera, in Italia, Inghilterra, poi dopo avere realizzato un percorso conclusivo di
studi ritorna in Francia e stringe amicizia con gli illuministi e da illuminista Rousseau ha fatto della ragione
quello strumento in grado di evidenziare quella che era stata la storia dell’umanità e quindi della civiltà
umana.

Un giorno, mentre Rousseau si recava in visita a Diderot, che era stato incarcerato perché aveva scritto dei
testi considerati come sovversivi perché non coerenti con la struttura politica, legge un articolo su un
quotidiano articolo francese in cui c’era scritto che l’accademia di Digione aveva bandito un concorso con
l’argomento seguente: le scienze e le arti hanno migliorato o corrotto la vita degli uomini?

Il suo percorso filosofico si concretizza nei suoi testi:

-Discorso sule scienze e le arti

-Discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza tra gli uomini


I primi 3 testi sono di
-Contratto sociale
carattere sociale e politico
-L’Emilio
L’ultimo è di carattere
pedagogico siccome il
filosofo si è occupato anche
dell’educazione

Discorso sule scienze e sulle arti lega Rousseau all’illuminismo ma allo stesso tempo lo allontana. Poiché
coerentemente ai principi dell’illuminismo riteneva indispensabile sottoporre all’analisi critica della ragione
il progresso, si allontana dall’illuminismo per le sue idee riguardo quest’ultimo.

Gli illuministi esaltavano il progresso, Rousseau ha un’opinione completamente diversa perché ha


sostenuto che il progresso ha corrotto l’uomo. L’occasione per pubblicare il testo gli si presentò a seguito
della pubblicazione di un bando di concorso da parte dell’accademia di Digione il cui titolo era “se le scienze
e le arti avessero contribuito a migliorare l’uomo e a purificarlo?”

Scienze e arti sono cose prodotte dall’uomo dunque rappresentano il progresso, nel 1755 pubblica il testo
ed ebbe un impatto estremamente significativo sul piano culturale.

Perché le scienze e le arti avevano corrotto l’uomo? Secondo il filosofo sono nate dai vizi, per esempio: la
fisica sarebbe nata dalla curiosità, l’eloquenza dalla voglia di prevalere che un uomo ha sull’altro,
l’astronomia dalla superstizione.

È completamente contro corrente, secondo Rousseau l’uomo non aveva bisogno di costruire il progresso,
l‘uomo bastava a sé stesso, non aveva necessità di creare, perché farlo? È diventato succube dei propri
prodotti, che portano ad altri bisogni, che in realtà non ha e non trova pace fin quando non li soddisfa.

Discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza tra gli uomini Sempre dalla stessa accademia, un
altro bando di concorso dal titolo “origine e fondamenti della disuguaglianza tra gli uomini” il contenuto di
questo testo è strettamente legato al precedente, il progresso ha creato la società, e la società è fonte di
disuguaglianza per gli uomini. Perché come avevano già sostenuto Locke e Hobbes, l’uomo viveva in uno
stato di natura nel quale era presente una condizione sociale idilliaca, l’uomo bastava a sé stesso, si
accontentava di poco, la natura gli offriva tutto ciò di cui aveva bisogno, non aveva una progettualità, ma a
un certo punto, questa condizione si rompe. E cambia quando la natura ha cominciato a non essere più
quella di sempre, quando si è trasformata (gli alberi sono diventati più alti quindi l’uomo incontrava
difficoltà a raccogliere frutti, le estati sempre più torride, gli inverni troppo rigidi…), allora spinto dal
bisogno ha scoperto la caccia, la pesca, è diventato allevatore, ha iniziato a usare il linguaggio.

La prima trasformazione ne ha generata un’altra: l’uomo non bastava più a se stesso, quindi ha iniziato a
creare i primi nuclei famigliari, le famiglie si sono estese, e poi all’interno della società si è sviluppata la
proprietà privata, scrive R: “il primo che citato un terreno disse questo è mio e trovò persone abbastanza
ingenue da credergli fu il vero fondatore della società civile” la diversificazione delle attività lavorative a
reso necessario l’aiuto di altri uomini ma alo stesso tempo sono emerse differenze tra gli uomini (quello che
sapeva meglio, che lavorava di più), e c’è stato chi ha considerato per la prima volta il prodotto del proprio
lavoro come suo e questo ha determinato l’atto di nascita di una società iniqua, coloro che riuscivano a
produrre di più sono riusciti a legare a loro coloro che producevano meno.

Progresso=disuguaglianza=corruzione

Hobbes e Locke hanno commentato sullo stato di natura che l’uomo aveva diritto su tutto perché ne aveva
bisogno e nella società civile è diventato un lupo per l’altro uomo, nello stato di natura un uomo lede
l’altro, per Hobbes questo è il punto di inizio della sua riflessione ma per Rousseau è il punto d’arrivo di un
ragionamento. Seguendo il ragionamento d R si dovrebbe tornare allo stato di natura, tuttavia, ciò che
propone come soluzione è la costruzione di una nuova società di basi egualitarie, perché le trasformazioni
ci saranno sempre, quindi l’uomo deve imparare ad adattarsi al meglio.

Contratto sociale criteri sulla base dei quali occorre costruire una società giusta e fonte di uguaglianza.
Per evitare le disuguaglianze è necessario che tutti gli uomini individuino una forma politica nuova
(democratica) che permetta a tutti di partecipare attivamente alle scelte politiche sociali ed economiche.
Egli infatti ritiene che questa nuova forma di potere debba basarsi sulla volontà generale, comune (gli
uomini comprendono cosa è meglio per il bene comune e devono considerarla la base della democrazia
diretta) che nasce dal riconoscimento di ciò che è giusto per tutti. Fu promotore della democrazia diretta,
siccome l’intero popolo (non c’era distinzione di genere) vota.

Potrebbero piacerti anche