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CARTESIO

VITA
- René Descartes segna il passaggio decisivo dal Rinascimento all’età
moderna, i termini di un nuovo problema dove sono coinvolto l’uomo come
soggetto e il mondo oggettivo
- È il fondatore del razionalismo: vede nella ragione il principale organo di
verità
- Nasce il 31 marzo 1596 a La Haye
- Viene educato nel collegio dei gesuiti di La Flèche
- Nel “Discorso sul metodo” fa una critica agli studi condotti in questo periodo,
gli giudica insufficienti per fornire un orientamento sicuro all’indagine
- Trova la propria via in modo miracoloso,racconta di aver fatto in una notte 3
sogni rivelatori, capaci di suscitare in lui la prima intuizione del suo metodo
- ‘regole per dirigere l’ingegno”: prima opera in cui lui esprime tale intuizione
- In questo periodo partecipa alla guerra dei trent’anni, il costume militare lascia
ai nobili ampia libertà
- Cartesio potè quindi viaggiare per tutta l’Europa, dedicandosi agli studi di
matematica e fisica e continuando a elaborare la dottrina del suo metodo
- Si stabilisce in Olanda per godere della libertà filosofica e religiosa del paese
e per poter lavorare a proprio agio
- Riprende lo studio della fisica e ha l’idea di scrivere un trattato sul mondo
- La condanna di Galilei lo induce ad abbandonare l’idea di pubblicare l’opera
- Sceglie di divulgare almeno alcuni dei risultati raggiunti: “Diottrica”, “Meteore”
e “Geometria”; a queste 3 opere premette una prefazione intitolate “Discorso
sul metodo”
- Cede agli inviti della regina Cristini di Svezia e va a stabilirsi presso la sua
corte, giunge a Stoccolma ma nel rigido inverno nordico si ammala di
polmonite
- Muore l’11 febbraio 1650

IL METODO
- Cartesio parla in prima persona perché vuole descrivere sé stesso, non
insegnare quanto ha imparato
- Il suo problema nasce dopo gli studi presso la scuola dei gesuiti dove ritiene
di non aver acquisito alcun criterio sicuro per distinguere il vero dal falso

- Cartesio cerca un metodo teoretico e pratico allo stesso tempo, esso deve
condurre a saper distinguere il vero dal falso in vista dell’utilità e dei vantaggi
che possono derivarne alla vita umana
- La filosofia che risulterà dovrà <<non essere puramente speculativa ma
anche pratica per la quale l’uomo possa rendersi padrone e possessore della
natura>>; credendo così che potrebbe liberare gli uomini da un’infinità di
malattie (del corpo e dello spirito) e anche della vecchiaia
- Il metodo dev’essere un criterio di orientamento unico e semplice, che serva
in ogni campo teoretico e pratico e che abbia come fine ultime il vantaggio
dell’uomo nel mondo
- Per definire il proprio metodo Cartesio si rivolge innanzitutto alla matematica
- Per Cartesio le scienze matematiche sono già in possesso del metodo, che
applicano normalmente
- Giustificare il metodo e la possibilità della sua applicazione universale,
riportandolo al suo fondamento ultimo cioè all’uomo come soggetto pensante
o ragione
- Il compito filosofico che Cartesio fa è:
➢ formulare le regole del metodo
➢ fondare con una ricerca metafisica il valore assoluto e universale del
metodo individuato
➢ dimostrare la fecondità del metodo nei vari rami del sapere

- Le regole del metodo sono 4:


➢ Evidenza (la regola fondamentale): accettare come vero solo ciò che si
presenta alla mente in modo chiaro e distinto
➢ Analisi: un problema deve essere suddiviso in sottoproblemi più
semplici
➢ Sintesi: si passa dalle conoscenze più semplici alle più complesse
gradatamente
➢ Enumerazione e revisione: enumerare tutti gli elementi individuati
medianti l'analisi e rivedere tutti i passaggi della sintesi
- Il metodo non ha in se stesso la propria giustificazione ma esige di essere
filosoficamente legittimato

IL DUBBIO E IL COGITO
- Cartesio decise di tentare di giustificare le regole del metodo partendo dalla
radice, ossia l’uomo come soggettività o come ragione

dal dubbio metodico al dubbio iperbolico


- Secondo Cartesio si può trovare il fondamento di un metodo solo operando
una critica radicale di tutto il sapere già dato; bisogna sospendere l’assenso a
ogni conoscenza comunemente accettata e dubitare di tutto e considerare
almeno come provvisoriamente falso tutto ciò su cui il dubbio è possibile.
Persistendo in questo modo si giungerà a un principio che resiste al dubbio e
questo principio dovrà servire come fondamento per tutte le altre
conoscenze. In questo principio si troverà la giustificazione del metodo, da qui
il nome dubbio metodico.
- Nessun grado o forma di conoscenza si sottrae al dubbio, si può e deve
dubitare delle:
➢ Conoscenze sensibili: perché i sensi a volte ci ingannano e quindi
possono ingannarci sempre; come nei sogni dove si provano
impressioni o sensazioni simili a quelli che si hanno svegli
➢ Conoscenze matematiche: perché dal momento che sono create o
stabilite da Dio, il quale non avendo alcun limite avrebbe potuto far sí
che 2+3 non facesse 5

- L’idea che anche le certezze matematiche possono essere illusorie deriva


dalla considerazione che finché non si sappia qualcosa di certo sulla nostra
origine, si può supporre che siamo stati creati da un “genio maligno” cioè una
potenza malvagia che ci inganna, facendo apparire chiaro ed evidente ciò che
è falso e assurdo. In tal modo il dubbio si estende a ogni cosa e diventa
universale, giungendo così al dubbio iperbolico. Ma in questo dubbio si
intravede una prima certezza cioè posso ammettere di ingannarmi o di essere
ingannato in tutti i modi possibili, ma per che questo accada devo esistere. La
proposizione “io esisto” è dunque la sola assolutamente vera perché il dubbio
stesso lo conferma; infatti può dubitare solo chi esiste: cogito ergo sum

la natura del cogito


- “Io esisto”:io non esisto se non come cosa che dubita cioè come cosa che
pensa. Questa proposizione equivale dunque alla proposizione “io sono un
oggetto pensante” cioè spirito, intelletto o ragione; la mia esistenza di
soggetto pensante è certa come non lo è l’esistenza di nessuna delle cose
che penso.Esempio, può succedere che io percepisca un pezzo di cera, ma
esso non esistere, ma è impossibile che non esista io, che penso di percepire
quell’oggetto
- Cartesio tratta di trovare nell’esistenza del soggetto pensante il principio che
garantisce la validità della conoscenza umana e l’efficacia dell’azione umana
sul mondo

discussioni intorno al cogito


- Alcuni contemporanei di Cartesio hanno discusso a rispetto della scoperta del
cogito di Cartesio
➢ Antoine Arnauld
➔ Accusa: accusa il ragionamento cartesiano di essere un circolo
vizioso perché se esso viene accettato perché evidente, allora la
regole dell’evidenza risulta anteriore allo stesso cogito e di
conseguenza diventava tutto un illusione
➔ Risposta: Cartesio afferma che è il cogito che giustifica la regola
dell’evidenza, in quanto essa è la certezza che l'io ha della
propria esistenza nel momento che dubita/pensa
➢ Pierre Gassendi
➔ Accusa: secondo lui il cogito è in realtà la conclusione di un
sillogismo abbreviato (“Tutto ciò che pensa esiste. Io penso.
Dunque esisto”)
➔ Risposta: Cartesio risponde che il cogito non è un
ragionamento, cioè l’esito di una deduzione, ma un’intuizione
immediata della mente
➢ Thomas Hobbes
➔ Accusa: Hobbes è d’accordo nel fatto che qualcosa che pensa
esiste, ma non è d’accordo sul fatto che questo qualcosa sia il
pensiero, in quanto ciò che ci permette di pensare può essere
anche materia, come il cervello. Di conseguenza l’affermazione
“io sto passeggiando" non posso desumere che “io sono una
passeggiata”, così anche l’affermazione “io penso” non posso
desumere che “io sono una sostanza pensante”
➔ Risposta: Cartesio replica affermando che 1) l’uomo non
passeggia costantemente ma pensa sempre, per cui il pensiero
per lui risulta essenziale. 2) che il pensiero in quanto atto del
pensare, esige un sostegno: se c’è il pensiero, deve esserci una
<<cosa>> (res) che sta sotto questa attività e che da essa`è
definita in modo essenziale
Res cogitans: sostanza o anima pensante, che è immateriale

DIO COME GIUSTIFICAZIONE METAFISICA DELLE CERTEZZE UMANE


- Per superare l’ostacolo dell’ipotesi del genio maligno Cartesio dovrà
dimostrare l’esistenza di Dio, e di un Dio buono, che, in quanto tale, non
inganna l’uomo
- L’esistenza di un Dio buono e perfetto ha per Cartesio valore teologico e
gnoseologico

le prove dell’esistenza di Dio


- Cartesio esamina le idee (idee=contenuti mentali che rappresentano
qualcosa), distinguendole a seconda della loro origine:
➢ Innate: quelle presenti in me da sempre, non derivate dall’esterno (es:
il concetto di “cosa” o”sostanza”)
➢ Avventizie: quelle estranee a me, derivate dal di fuori (es le idee delle
cose naturali, idea di albero o pietra)
➢ Fattizie: quelle formate trovate da me stesso (es le idee di cose
chimiche o inventate, albero di pietra)
- L’idea di Dio (infinito, eterno, indipendente, onnipotente, onnisciente),
secondo Cartesio, non può risiedere nell’uomo, cioè in una sostanza finita,
ma soltanto in una sostanza infinita, la quale ha creato l’uomo dandogli
appunto l’idea dell’infinito
- Dalla constatazione del fatto che dubito, ossia che compio un atto meno
perfetto rispetto al conoscere in modo certo; se sono in grado di riconoscermi
come un essere finito e imperfetto è perché esiste un essere più perfetto del
mio, dal quale io dipendo e da cui acquisto le mie imperfezioni. Se io fossi la
causa de mi stesso, mi sarei dato tutte le perfezioni che concepisco
- Non è possibile concepire Dio come essere sovranamente perfetto senza
ammettere la sua esistenza, perché l’esistenza è una delle sua perfezioni
necessarie

le critiche alle prove dell’esistenza di Dio


➢ Arnauld
➔ Osservò come l’argomentazione cartesiana su Dio finisse su un circolo
vizioso, pretendendo di dimostrare l’esistenza di Dio sulla base del
criterio dell’evidenza ma al tempo stesso garantendo l’evidenza
ricorrendo all'esistenza di un Dio che non inganna l’uomo
➢ Gassendi
➔ Critica in particolare all’argomento ontologico, per lui l’esistenza non è
un concetto presente nella definizione di qualcosa
➔ Contestò che l’idea di Dio quale ente infinito fosse innata cioè da
sempre nella mente umana; contestò che tale idea non derivasse da
altri concetti o dall’esperienza
➔ Per Gassendi l’idea di Dio come ente infinito è frutto dell’educazione,
della trasmissione di una certa cultura e della comunicazione tra gli
uomini

dio come garante l’evidenza


- Con la dimostrazione dell’esistenza di Dio, il criterio dell’evidenza trova la sua
ultima garanzia. Dio, essendo perfetto, non può ingannarmi

la possibilitá dell’errore
- L’errore secondo Cartesio deriva dal concorso di due cause: l'intelletto e la
volontà
➢ L'intelletto umano è limitato, tanto che non possiamo pensare un
intelletto più esteso e infinito di quello di Dio
➢ La volontà umana invece è libera e quindi più estesa dell’intelletto,
essa consiste nella possibilità di fare o non fare, di affermare o negare
- In questa possibilità di affermare o di negare ciò che l’intelletto non riesce a
percepire chiaramente risiede la possibilità dell’errore
- L’errore dipende dal libero arbitrio che Dio ha dato all’uomo e si può evitare
soltanto attenendosi alle regole del metodo

IL DUALISMO CARTESIANO
- Cartesio ammettendo l’esistenza dei corpi, ammette dunque accanto alla
sostanza pensante (io) una sostanza corporea o estesa
- Secondo un dualismo ontologico egli divide la realtà in due zone distinte ed
eterogenee
➢ res cogitans (sostanza pensante): incorporea, inestesa, consapevole e
libera
➢ res extensa (sostanza estesa): corporea, spaziale, inconsapevole e
meccanicamente determinata
- Cartesio avendo fatto questa divisione si trova il problema di riunire le due
sostanze e spiegare il rapporto tra anima e corpo, Egli pensa di risolvere tale
problema attraverso la teoria della ghiandola pineale, concepita come la sola
parte del cervello che non essendo doppia può unificare le sensazioni
provenienti dagli organi di senso (che sono tutti doppi)

IL MONDO FISICO E LA GEOMETRIA

LA FILOSOFIA PRATICA
la morale “provvisoria”
- Nella terza parte del Discorso sul metodo, Cartesio aveva stabilito alcune
regole di morale provvisoria
➢ prima regola
➔ obbedire alle leggi e ai costumi del paese, osservando la
religione tradizionale e regolandosi in tutto secondo le opinioni
più moderate e più lontane dagli eccessi
➢ seconda regola
➔ essere il più fermi e risoluti possibile l'azione e di seguire con
costanza anche l’opinione più dubbiosa, una volta che fosse
stata accettata
➢ terza regola
➔ cercare di vincere piuttosto se stessi che la fortuna e di
cambiare i propri desideri più che l’ordine del mondo

lo studio delle passioni


- Cartesio attraverso lo scritto “Le passioni dell’anima”, fa la distinzione tra
azioni e affezioni
➢ Le azioni dipendono dalla volontà
➢ Le affezioni sono involontarie e sono costituite da percezioni,
sentimenti o emozioni
- La forza dell’anima consiste nel vincere le emozioni, mentre la sua debolezza
consiste nel lasciarsi dominare dalle emozioni
- Le emozioni fondamentali sono due: tristezza e gioia
➢ provando odio per ciò che provoca la tristezza, l’anima scopre quali
sono le cose che nuocciono il corpo e desidera di liberarsene
➢ provando amore per ciò che le procura gioia, essa scopre quali sono le
cose utili al corpo e le cerca
- La saggezza, per Cartesio, consiste nella capacità di dominare le emozioni,
capacità che si ottiene estendendo il potere del pensiero chiaro e distinto

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