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UNIVERSIT DEGLI STUDI DI SALERNO

FACOLT DI LETTERE E FILOSOFIA


Corso di laurea in Filosofia

DIALECTICA E SAPIENTIA NEL METALOGICON


DI GIOVANNI DI SALISBURY
(Abstract)
Tesi in Storia della Filosofia Medievale

Relatore: Prof. Giulio dOnofrio


Correlatore: Prof. Armando Bisogno

Laureando: Giovanni Luigi Finaldi


matricola n. 032/001754

A.A. 2010/2011

Tutto racchiuso nel XII secolo, il secolo della cosiddetta rinascita, il percorso umano e di
pensiero di Giovanni di Salisbury si segnala per la straordinaria intensit di vita e di relazioni
personali con le principali personalit politiche ed intellettuali del suo tempo. Gli anni giovanili,
spesi in Francia presso i migliori ingegni dellepoca: ad apprendere la logica stando seduto ai piedi
di Abelardo, la grammatica da Guglielmo di Conches, la retorica da Teodorico di Chartres, la
teologia da Gilberto Porreta, per nominare solo i pi grandi. Gli anni della maturit, trascorsi in
compiti amministrativi presso la curia papale e come segretario del primate dInghilterra Teobaldo
e del suo successore Tommaso Becket. Anni, questi, di frequenti viaggi per svolgere missioni
diplomatiche; ma anche di esilio, pi o meno volontario, a causa dei contrasti persistenti fra
larcivescovado ed Enrico II Plantageneto. Fino allesito drammatico del brutale assassinio nella
cattedrale. Gli ultimi anni, i meno conosciuti nella biografia di Giovanni, spesi nellattivit
pastorale di vescovo di Chartres, nella Chartres in cui aveva studiato e che ancora conservava
intatto il ricordo dellinsegnamento di Bernardo. Durante unesistenza intensamente, e
drammaticamente vissuta, Giovanni ebbe modo di riflettere sulle vicende, intellettuali e politiche,
di scuola e di curia dense di contrasti e spesso tempestose che lo videro testimone. Ne trasse
certamente materia per edificare ed accrescere una personale saggezza di vita; ma anche per
elaborare una propria visione filosofica sulluomo e sul suo destino. la visione che emerge dalle
sue opere principali: il Policraticus, il Metalogicon e lEntheticus.
Nella storiografia filosofica del passato, Giovanni, oltre che lautorevole fonte di informazione
sulla questione degli universali, soprattutto lautore del Policraticus, il teorico elaboratore della
dottrina sui fondamenti ed i limiti del potere politico e difensore dei diritti ecclesiastici. Per il resto,
si voluto vedere in lui lumanista ante litteram, il fine letterato educato alla scuola di Chartres
che, volendo privilegiare in filosofia il punto di vista retorico, si professa seguace del probabilismo
della Nuova Accademia. Studi successivi hanno iniziato a far giustizia di tale impostazione
rilevando invece il carattere eminentemente filosofico del discorso che Giovanni svolge nel
Metalogicon. Anche grazie a nuove edizioni critiche delle opere, si andata progressivamente
estendendo la conoscenza di una personalit che si rivela s complessa e poliedrica, ma che,
seppure in modo non sistematico, persegue una linea di pensiero coerente.
Nel corso del XII sec., alla luce della grande esperienza teologica di Anselmo dAosta, si va
imponendo con sempre maggior forza lesigenza di una definizione rigorosa del metodo di
acquisizione della sapienza ed uno degli aspetti in cui si concretizza tale consapevolezza
metodologica il difficile dialogo tra chi ritiene di poter indagare la tradizione con gli strumenti
della ragione e chi, invece, ritiene tale tentativo solo fomite di errori. Giovanni mostra di aver ben
presenti questi due orientamenti. Si era nutrito di sapere teologico, e dei pi arditi e profondi,
presso un pensatore forte come Gilberto Porreta; e unaffettuosa amicizia lo legava a Bernando di
Chiaravalle, campione delle pi intransigenti istanze dellambiente monastico, tradizionalmente
ostile a qualsiasi tentativo di sondare con la ragione i misteri della fede.
In tale contesto, Giovanni esprime, con sobriet ed aplomb tutto anglosassone, una posizione
originale che ha il suo punto focale nel ruolo da assegnare alla logica nellindagine che concerne il
metodo, il fine ed i limiti della filosofia. E filosofia per Giovanni studium sapientiae, ricerca di
sapere eticamente orientato alla massima realizzazione di una natura autenticamente umana, che si
rivela finita ed imperfetta, ma che porta naturaliter impresso lanelito verso linfinito.
Il Metalogicon appunto una difesa della logica e del ruolo che le compete quale strumento
indispensabile della filosofia contro gli attacchi di un personaggio non altrimenti identificato, cui
Giovanni d il nome fittizio di Cornificio. Nemico giurato degli studi classici, strenuo sostenitore
di una semplificazione degli studi e denigratore di ogni valore culturale e formativo delle arti
liberali, questi ritiene in particolare lo studio delle arti del trivio o superfluo o inefficace, dal
momento che leloquenza o fornita o negata dalla natura: per essere eloquenti basta la normale
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competenza linguistica. Inoltre, grammatica, dialettica e retorica - occupandosi solo di parole, poco
o nulla hanno a che fare con la filosofia, che invece indaga la realt delle cose.
Giovanni, con gli antichi, ritiene invece leloquentia - che per lui frutto di uno studio della
grammatica e della retorica costantemente sorvegliato dal rispetto delle regole dettate dalla logica parte integrante di tutta la cultura umana ed essenziale alla formazione del vero filosofo. Essa la
chiave di volta di ogni serio apprendimento: il linguaggio essenzialmente connaturato
allesercizio della ragione, di cui costituisce l'espressione, e non vi pu essere completo esercizio
della ragione senza un corretto uso del linguaggio; pertanto, chi ha acquisito perfetta conoscenza
dellarte della parola in grado di padroneggiare qualsiasi dottrina. Il complesso di regole
elaborate dalle arti del trivio garantiscono una corretta correlazione tra parole e cose designate; una
corretta concatenazione delle parole stesse in un discorso che anche solo aspiri ad una
comunicazione dotata di significato; ed infine una corretta articolazione logica delleloquium
affinch questo abbia forza argomentativa e capacit di persuadere, convincere.
In particolare, la logica, rendendo disponibili tecniche per esplorare la corrispondenza del
linguaggio con le res e valutare la correttezza delle argomentazioni, lo specifico strumento
utilizzato dalla ragione nella ricerca della verit. Essa si articola in tre branche: una logica
demonstrativa o apodictica ovvero scienza della dimostrazione necessaria, che dai principi delle
scienze trae con ferrea necessit tutte le conseguenze logiche; una logica probabilis o scienza della
dimostrazione dialettica, che, in modo altrettanto stringente, trae per conseguenze da proposizioni
non indubitabili, ma accettate come verosimili da tutti, dai pi o dai pi sapienti ed esperti; una
logica sophistica o scienza della dimostrazione fallace, che attraverso unimitazione capziosa della
verosimiglianza dialettica o della necessit dimostrativa, incurante affatto della verit, ha il solo
scopo di prevalere sullinterlocutore. Gi nel proporre la definizione delle parti della logica,
Giovanni d subito un rilievo particolare alla dialettica, che egli considera lespressione pi
autentica della ragione umana nel suo sforzo di ricercare la verit restando consapevole dei propri
limiti. Il principio di ragione, caratteristica unica, costante ed universale della natura umana, ci
che unifica le tre branche della logica sotto i medesimi principi formali di unargomentazione
condotta con metodo, pur nella diversit dei punti di partenza e delle finalit. E la logica la
scienza razionale per definizione e strumento della filosofia e della ragione - nellindagine sulla
verit. Per cui vi un intimo legame fra ragione e verit: la ragione lo strumento con cui la mente
tiene in esercizio le sue capacit cognitive attraverso la ricerca e lapprendimento della verit. Il
processo della conoscenza, se la facolt razionale stata validamente esercitata, pu condurre
comunque soltanto a stabilire unopinione (opinio), un convincimento, pi o meno fondato,
sullargomento oggetto dellesame; tale convincimento sar accompagnato da un pi o meno
intenso grado di certezza, ma quasi mai del tutto esente dal dubbio. Certamente, dato osservare sia nel campo dei fenomeni naturali che in quello delle relazioni umane - alcune regolarit che si
verificano in maniera tanto costante da stabilire nellanimo umano unopinione che sembra non
trovare mai smentita e assomigliare molto ad una certezza assoluta, come quando, ad esempio, si
certi del ritorno del sole dopo la notte. Giovanni attribuisce il nome di fede (fides) ad un opinione
di tal genere e, riprendendo la definizione data da Aristotele nei Topica, la definisce come
unopinione violenta (vehemens opinio), ritenendola indispensabile sia nelle cose umane che in
quelle divine. Eppure, neanche con la fede la ragione raggiunge mai la piena evidenza conoscitiva
e la certezza assoluta, che Giovanni assegna invece ad una terza posizione in cui luomo pu
trovarsi nei confronti della conoscenza: quella della scienza (scientia), in cui la ragione raggiunge
la vetta delle sue possibilit di astrazione riconoscendo alcune verit come evidenti e per s note e
utilizzandole come premesse di procedimenti dimostrativi governati da assoluta necessit per
approdare deduttivamente a nuove verit dotate di altrettanta certezza ed evidenza. Ma questo
particolare potere viene esercitato dalla ragione solo in alcuni specifici campi fra cui,
principalmente, quello delle dimostrazioni matematiche.
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Il valore preminente assegnato alla probabilit nella conoscenza umana ed alla dialettica quale
strumento razionale per cercarla e stabilirla - trova il suo fulcro in una opzione filosofica di fondo
del pensiero di Giovanni: alla ragione umana precluso laccesso ad una conoscenza certa,
evidente ed immediata di verit che rivelino in modo definitivo la struttura della totalit
dellessere, per quanto essa trovi anche, e forse soprattutto, in s stessa elementi che ne
indicano lesistenza e la stimolano a proseguirne la ricerca, accontentandosi nel frattempo di
riuscire a dare relativa stabilit e certezza a risultati conoscitivi che la riconosciuta validit dello
strumento di indagine possono far ritenere almeno simili al vero. Pertanto, allambito della
probabilit ed alla sua ricerca va dato il massimo rilievo, avendo cura di delimitare la trattazione
della necessit entro i confini delle materie che la ragione riconosce essere oggetto della logica
apodittica.
La dialettica si presenta quindi come un valido esercizio preliminare alla prassi filosofica: il
filosofo che aspiri a gettare uno sguardo su verit pi profonde trover in essa una base sicura ed
affidabile per unattivit di indagine consapevole dei rischi che inevitabilmente si corrono quando
si abbandona il terreno della probabilit. Il compito della verit infinito, mentre ogni scienza e
conoscenza umana finita e pu solo rendersi consapevole del confine che ancora la separa da un
ambito di verit senza fine: solo Dio, nella sua natura infinita, possiede la scienza e la sapienza
infinite necessarie per cogliere la perfezione del vero, a cui la debole ragione umana - confinata a
definire, a delimitare loggetto di indagine per aspirare a coglierne una corretta ma inevitabilmente
parziale cognizione - pu solo guardare come ideale a cui incessantemente tendere. Il filosofo pu
ben aspirare alla verit assoluta attraverso la ricerca dei principi primi di tutte le cose, ma occorre
che egli sia consapevole che la forza della ragione si dilegua quando affronta argomenti cos
elevati, e che una ricerca ostinatamente ignara dei limiti imposti alla razionalit umana non potr
che generare vano orgoglio della ragione, fomite soltanto di errori. Ma se ritiene, come dovrebbe,
che la filosofia studium sapientiae, egli dovr innanzitutto prendere coscienza di ci che
umanamente possibile conoscere in modo affidabile e, pertanto, non potr che preliminarmente
giovarsi dello strumento dialettico per ricercare ed attenersi alla conoscenza probabile, i cui
argomenti sono i soli che la debole umanit capace di comprendere. La conoscenza probabile,
oggetto peculiare della logica dialettica, quindi la sola che si rivela immune dagli inevitabili
errori a cui conduce la vana pretesa di superare i limiti imposti dalla natura alle capacit
dellumano sapere.
Questa la soluzione al problema di fondo del sapere proposta da Giovanni e che egli, fedele
all'atteggiamento accademico, presenta come un suo punto di vista - anch'esso elaborato con un
criterio di probabilit ed offerto consapevolmente come tale alla discussione ed alla ricerca
filosofica. Ma con lo stesso spirito, egli ritiene di poter svolgere alcuni ulteriori probabili
argomenti che non concernono pi la fondazione del criterio di ricerca ma l'orientamento, la
direzione concreta che tale ricerca verosimilmente pu assumere se sono tenute presenti alcune
caratteristiche gi emerse nel corso della esposizione genetica della conoscenza probabile. E questi
argomenti suggeriscono che la ragione umana, riconoscendo gi in se stessa l'esistenza progressiva
della verit, percepisce che l'esito favorevole dei suoi sforzi conoscitivi rinvia idealmente ad un
ordinamento governato da una ratio che si lascia intuire come vera, perfetta ed immutabile: il
complesso delle eterne verit che costituiscono la perfetta sapienza, che essa - debole ed imperfetta
- potr sperare di cogliere solo se accetta di farsi illuminare dalla fede.
Per Giovanni, l'esito dell'attivit filosofica, se esercitata con la consapevolezza dei limiti imposti
alla ragione, non pu pertanto che dispiegarsi in una prospettiva apertamente teologica in cui la
Grazia svolge il compito di perfezionare la Natura. La filosofia la ricerca umana della sapienza
attraverso il prudente esercizio della ragione naturale e dei suoi strumenti logici; la sapienza
invece la scienza maestra di tutte le cose divine ed umane che dimora in modo perfetto soltanto
nella mente infinita di Dio. Pertanto, se il vero Dio la vera sapienza degli uomini, allora la
filosofia non altro che amore e ricerca del vero Dio.
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