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Fabrizio Turoldo VERIT DEL METODO

Indagini su Paul Ricoeur

Presentazione di Carmelo Vigna con un saggio inedito di Paul Ricoeur

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53 Copyright maggio 2000 Il Poligrafo casa editrice s.r.l. Padova - via Turazza, 19 tel. 049 776986 - fax 049 8070910 e-mail: poligrafo@tin.it ISBN 88-7115-191-7 53 57 58 61 64

INDICE

Presentazione Carmelo Vigna Promenade au fil dun chemin Paul Ricoeur


LA VERIT DEL METODO

Introduzione Liter speculativo di Paul Ricoeur


1 2. 3. 4. 5. 7. 8. 9.

6.

. 11.
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I primi maestri Gli scritti su Jaspers, Marcel e Husserl Il volontario e linvolontario Finitudine e colpa Il confronto con lo strutturalismo Il saggio su Freud Il conflitto delle interpretazioni La metafora viva Lermeneutica testuale, la dialettica tra comprensione e spiegazione, la filosofia Lintersezione tra linsegnamento di Husserl e quello di Gadamer Tempo e racconto S come un altro

Parte Prima
TEORIA DELLA VERIT

La teoria della verit nel pensiero di Ricoeur


Introduzione 1 Il concetto di verit nel pensiero di Ricoeur 2. La plurivocit del vero 3. Verit e azione 4. Verit filosofica e verit scientifica: il dibattito con Canguilhem

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5. Il vero come rivelazione e disvelamento 5.1 La verit delle singole filosofie intesa come scoperta e rivelazione 5.2 La verit-scoperta come ci che rivela e che trasforma 6. Primo bilancio provvisorio

Parte Seconda
EPISTEMOLOGIA 81 83 93 93 94 97 99 102 105 105 106 107 110 113 113 113

Introduzione 1 Alcuni esempi d mediazioni dialettiche

2. Il conflitto tra interpretazione archeologica

e interpretazione teleologica del simbolismo religioso


Premessa 1. Interpretazione archeologica e interpretazione teleologica del simbolismo religioso 2. I maestri del sospetto 3. Composizione del conflitto ermeneutico e ruolo arbitrale del discorso filosofico 4. Fenomenologia dello spirito e fenomenologia della religione 3. Spiegare e comprendere nei tre campi

della teoria del testo, detrazione e della storia


Premessa 1. La teoria del testo 2. La teoria dellazione 3. La teoria della storia 4. Secondo bilancio provvisorio 1. Bilancio storiografico 1.1 La filosofia come discorso sui limiti e sullo spazio di validit delle varie interpretazioni ingaggiate nel conflitto: kantismo ed ermeneutica 1.2 La dialettica di Ricoeur e quella di Hegel 1.2.1 II pensiero di fronte allenigma del male 1.2.2 II pensiero di fronte allinscrutabilit del tempo 1.2.3 Ricoeur, Gadamer, Hegel 2. Bilancio critico 2.1 II conflitto tra ermeneutica archeologica ed ermeneutica teleologica

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2.1.1 Condizioni di possibilit della mediazione di un conflitto tra teorie opposte 2.1.2 Sullo statuto epistemologico del discorso che opera la mediazione allinterno del conflitto ermeneutico 2.2 II conflitto tra spiegazione e comprensione

Parte Terza
ONTOLOGIA

1. Lontologia nel pensiero di Ricoeur


1. Dalla fenomenologia allontologia 1.2 Poetica della volont e ontologia 2. Gli scritti di ontologia 2.1 Laffermazione originaria 2.2 Metafora e discorso filosofico 2.3 Verso quale ontologia? 2.3.1 Ipseit e ontologia 2.3.2 Ipseit e alterit 2.4 Dalla metafisica alla morale 2.5 Esodo 3.14 Premessa 2.5.1 Gli enigmi del testo 2.5.2 Dio e lessere: la coppia Agostino-Pseudo Dionigi 2.5.3 I medioevali 2.5.4 II processo dellontoteologia 2.5.5 La proposta di Ricoeur

2. Terzo bilancio provvisorio


1. Premessa 2. La ricerca di un senso privilegiato dellessere 3. La semantizzazione dellessere 4. Ontologia ed ermeneutica biblica 4.1 II rapporto tra ontologia ed ermeneutica biblica 4.2 Sullipotesi di un arretramento teoretico in Soi-mme comme un autre 4.3 Le domande della teologia filosofica 5. Il rapporto tra atto e potenza in Ricoeur 5.1 I concetti di atto e potenza in Ricoeur 5.2 La posizione di Heidegger 5.3 Analogie tra le posizioni di Heidegger e Ricoeur 6. Il rapporto tra metafisica e morale 7. Sul fondamento

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Appendice A COLLOQUIO CON RICOEUR Primo entretien Premessa Questions Secondo entretien Premessa La thorie de la vrit Lontologie Bibliografia Indice dei nomi

PRESENTAZIONE

Il pensiero di Paul Ricoeur diventato negli ultimi anni un punto di riferimento obbligato non solo per i continentali, ma anche per gli analitici. E con buone ragioni. Ricoeur un pensatore fluido, che non ha preoccupazioni astrattamente si stematiche e che pu, dunque, restare in una sorta di permanente auscultazione delle volute teoriche e pratiche del tempo. In que sto egli un sapiente ermeneuta. M a egli anche un infaticabile ragionatore. Perci piace agli analitici dellarea anglosassone. Ma Ricoeur soprattutto uno che vuol comprendere. Nel sen so in cui comprendere indica la prima operazione dellintelli genza, ma anche lultima, perch tutte le forme del ragionare partono dal comprendere, servono la forma del comprendere, e al comprendere si volgono come al loro fine. Comprendere come vedere. Comprendere per un compito non di rado impossibile; altre volte un compito che pu essere solo svolto in parte. Co munque, comprendere importa per lo pi, in un essere umano, una dolorosa incertezza, se non si riesce a dimostrare che loppo sto di ci che si fatto manifesto nel comprendere, impossibile. Comprendere, e nulla pi, eccetto lavere a che fare col semplice o coi primi principi, espone perci a fraintendimenti, a illusioni e ad errori. Bisogna, in altri termini, non solo comprendere, ma anche far vedere che quel che si capito un contenuto stabile, cio non pi controvertibile. Almeno nelle questioni di fondo. Purtroppo, Ricoeur non apprezza, o non apprezza a sufficienza, anche per motivi di genealogia teorica, questa essenziale integra zione del comprendere. La fenomenologia, da cui egli prese le

CARMELO VIGNA

mosse ancor giovane, ignorava tematicamente la dimostrazione speculativa. Appunto, voleva, in generale, comprendere, ma ri fuggiva dal dimostrare alcunch. Heidegger poi consacr questa tendenza, polemizzando esplicitamente e duramente e a pi ripre se con il sapere apofantico e apodittico, di aristotelica (e platoni ca) memoria. Il libro di Fabrizio Turoldo alle prese con questa singolare sordit ricoeuriana, che peraltro una sordit diffusissima; tanto da aver fatto epoca, come si suol dire, e da aver ridotto buona parte della filosofia europea del secondo Novecento al semplice lavoro ermeneutico, cio ad un comprendere che un interpreta re niente affatto garantito quanto alla sua verit. M a Turoldo non architetta, giustamente, uno scontro frontale col suo Autore. Lo scontro frontale spesso irrigidisce lanalisi e rende povero il risul tato scientifico. Piuttosto, egli insegue Ricoeur con la duttilit, la precisione e la pazienza che Ricoeur stesso deve aver insegnato al suo giovane studioso. Lo fa, comunque, arroccandosi saldamente sulle questioni epistemologiche di fondo, che poi tutte riconducono alla questione della verit; e avendo bene in mente che la questio ne della verit nel contempo la questione dellessere. Ricoeur arrivato, dopo lungo cammino, a questa acuta consapevolezza; Turoldo da questa consapevolezza prende subito le mosse, per via della sua formazione di studioso (lo si indovina dal tenore delle preziose due interviste che stanno in appendice al volume). Ed forse per questo che egli d al lettore limpressione di chi sa bene quali sono i punti forti della posta in gioco. D anche, diciamolo pure, limpressione di chi governa il gioco, avendo a disposizione il potente apparato categoriale della tradizione classica, cos come venuto perfezionandosi nella Scuola e dopo. Questa salda impostazione che prende a capo lontologia, evi ta a Turoldo di cadere in considerazioni presupposizionistiche in torno alla verit. Turoldo sa bene che lessere e la verit fanno circolo, ma la circolazione ha un ordine e lordine quello del lessere, sicch la verit la verit dellessere in un senso pi originario di quellaltro, anche esso immediato, secondo cui les sere lessere della verit. Ci nonostante, Turoldo, per restare

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PRESENTAZIONE

fedele al suo Autore, ha ordinato lesposizione con andamento induttivo. Una prima parte egli ha riservato allermeneutica come modo di intendere il lavoro filosofico, cio poi come modo di intendere la verit; una seconda ha dedicato alle questioni epistemologiche generali, in cui la filosofia si confronta con le altre forme di sapere; una terza ed ultima parte ha fatto confluire nella grande questione dellessere, cui la questione della verit deve necessariamente ispirarsi. Con ci, senza forzature, la diacronia genealogica della riflessione di Ricoeur si dispone do cilmente, nel lavoro di Turoldo, secondo una certa sincronia sem plicemente teorica. La filosofia come ermeneutica, infatti, viene a sapere della propria portata trascendentale per via della sua funzione critica inoltrepassabile nei confronti delle varie declina zioni del sapere; ma proprio il peso della sua funzione trascenden tale la spinge alla ricerca di una legittimazione, in ultima istanza, ontologica. Turoldo compie a questo riguardo lo sforzo critico pi rischioso e pi delicato (anche attraverso le interviste). Ricoeur viene messo innanzi ai principali problemi aperti dalla sua ontologia esitante, saggiatrice, riluttante ad assumere una fisionomia suffi cientemente definita. E proprio qui appare fin troppo evidente che le resistenze ricoeuriane sono da imputare soprattutto ad una certa inclinazione dellAutore verso il privilegiamento delletica. In altri termini, tutto fa pensare che Ricoeur lasci lontologia relativamente indeterminata per proteggere letica. Eppure, dellontologia sembra egli avere quasi nostalgia; e in effetti ai discorsi di ontologia egli si dichiara sempre pi disponibile. Turoldo sa bene tutto questo. E volentieri asseconda Ricoeur nella sua diffidenza per certe versioni irricevibili dellontologia, mentre lo stimola rispettosamente a considerare alcuni nuclei della tradizione ontologica classica, perch contengono veri tesori spe culativi e possono dare un aiuto rilevante ad una riflessione dei tempi nuovi, dove lessere, la verit e il bene si sappiano recipro camente solidali. E questo il punto discriminante, cui il libro di Turoldo alla fine indirizza il lettore attento, ma come ci che dovrebbe essere perseguito da Ricoeur stesso, per un assestamento conveniente

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CARMELO VIGNA

della sua ricchissima produzione filosofica: il desiderio, cio, del la protezione originaria del bene non dovrebbe per nulla diffidare della presenza del senso della verit stabile. La verit stabile essa stessa, infatti, un bene inestimabile, anzi il bene supremo del lintelligenza, mentre il bene, a sua volta, nulla potrebbe vantare, se non apparisse nella sua verit. Ricoeur, purtroppo, ancora non vede questa circolarit virtuosa. M a sempre pi si muove in que sto senso. O almeno, cos pare. Io mi auguro che il saggio critico di Turoldo valga a testim niare concretamente la possibilit di una amicizia rinnovata tra chi, come Ricoeur, magistralmente propone in molti modi la decisivit dellorientazione confidente nella nostra destinazione alle cose buone della vita e chi fermamente propone (anche) la decisivit della nostra destinazione alla verit della vita. Perch, alla fine, le due destinazioni sono la stessa destinazione. E inclina re da una parte o dallaltra una legittima rivendicazione di dif ferenza antropologica, ma non pu a nessun patto valere come una differenza di determinazione radicale del senso dellessere. Del resto, non forse Ricoeur studiato e ammirato da molti metafisici? Ne d conferma eccellente e persuasiva il libro di que sto giovane studioso. Carmelo Vigna
Universit Ca Foscari di Venezia

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PROMENADE AU FIL DUN CHEMIN


Paul Ricoeur

J ai aim louvrage de Fabrizio Turoldo parce quil allie de faon rigoureuse et harmonieuse un respect de mes textes, de leurs intentions, de leur organisation, de leur criture, une gran de indpendance de questionnement et une remarquable libert dinterprtation. Il a trouv avec ces textes la juste distance. Une question revient plusieurs reprises au cours de son texte, dans les conclusions provisoires, dans les pauses et dans la con clusion: il mest demand de dire quelle conception je me fais de lacte philosophique. C est cette question que je veux rpondre ici de faon succincte. Je ne dfinis pas lacte de philosophie par sa mthode ou sa structure doctrinale, mais par ltablissement dune problmatique propre la fois englobante et articule. Cette manire daborder lacte philosophique est pour moi dautant plus exigeante qu premire vue mon oeuvre est trs disperse; et elle parat telle parce que chaque livre sorganise autour dune question limite: le volontaire et linvolontaire, la finitude et le mal, les implications philosophiques de la psychanalyse, linnova tion smantique loeuvre dans la mtaphore vive, la structure langagire du rcit, la rflexivit et ses stades. Ce nest que dans les dernires annes que jai pens pouvoir placer la varit de ces approches sous le titre dune problmatique dominante; je lui ai donn pour titre lhomme agissant ou lhomme capable. Je voudrais dire dabord sous quels aspects cette problmatique est la fois articule et englobante; je dirai ensuite de quelle faon elle donne accs des problmes de mthode et de doctrine. Cest donc dabord la puissance de rcapitulation du thme de

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PAUL RICOJR

lhomme capable qui mest apparu, par contraste avec lapparence de dispersion de mon oeuvre, comme un fil conducteur apparent celui que jai tant admir chez Merleau-Ponty durant ces annes dapprentissage le thme du je peux. Dj, dans Le Volontaire et linvolontaire, ctait la capacit du projet qui tait affronte ses conditions dexercice, telles lhabitude et lmotion, et ses limites indpassables, le caractre, linconscient, la vie. C est ce thme qui revient au premier plan prs dun de mi-sicle plus tard, avec la quadruple articulation de Soi-Mme comme un Autre. On peut en effet lire ce livre partir de quatre verbes que modalise le je peux: je peux parler, je peux agir, je peux raconter, je peux me tenir pour moralement imputable de mes actes. Sous ces quatre titres je pouvais reprendre successive ment mes contributions la philosophie du langage et son orga nisation sur la base des trois units, du mot, de la phrase et du texte, - ensuite mes contributions la philosophie de laction, avec ses causes et ses motifs, son insertion dans le monde, - puis encore ma conception du rcit avec sa puissance structurante dans la vie quotidienne, la littrature, lhistoriographie et la spculation sur le temps, - enfin mes vues sur la philosophie mo rale. Je dois dire que cest ce dernier propos que la puissance dorganisation du thme de lhomme capable mest le plus tardi vement apparue. Le concept dimputation est le dernier venu dans mon oeuvre, larticulation entre le plan narratif et le plan thique. C est le mme je peux qui, dirai-je aujourdhui, circule du je peux parler, au je peux agir, raconter, mimputer mes propres actions. Je peux rendre compte de mon agir sous le signe des catgories du bien, du permis et du dfendu, de lobligation et du devoir. A son tour, ce thme de limputabilit a donn lieu une nouvelle articulation interne entre lthique fondamentale rgis sant le voeu dune vie accomplie, la morale de lobligation avec ses rgles et sa vise universelle et les thiques qui redistribuent lobligation morale et son horizon de bonheur dans les sphres pratiques distinctes, la sphre de lart mdical, celle de la justice institutionnelle, celle de lhistoriographie ( travers ses phases documentaires, explicatives et narratives) enfin la sphre du
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PROMENADE AU FIL DUN CHEMIN

jugement politique confront aux univers opposs de lconomie et de la culture, de la souverainet et de la mondialisation. J ai pu ainsi voir aprs coup mon oeuvre comme un tissu travers par un fil tnu mais continu, partant du je peux parler et aboutissant au je suis capable dimputation dans les domaines o mon jugement moral est soumis lpreuve de situations singulires. Je suis tout fait conscient que cette relecture est une interprtation personnelle dnue de toute autorit, plus forte raison dnue de toute prtention imposer une lecture unique des chercheurs dont la question initiale ne concide pas avec la mienne. Je veux dire maintenant comment cette structure problma tique, cette matrice questionnante, induit un style philosophique distinct. Passant ainsi de la problmatique la mthode et la doctrine, je me rapproche du centre de loeuvre de Fabrizio Tu roldo et de son souci majeur. D abord la m thode. Selon moi, celle-ci drive de la problmatique et non linverse. C est ainsi qu mes dbuts jai cru pouvoir me tenir dans les bornes de la mthode descriptive et plus prcisment de la description essentielle, idtique que Husserl avait applique principalement au phnomne de la perception, de la reprsentation et du jugement; il mavait paru suffisant dappliquer la mme mthode la sphre pratique et affective. Une fois termine et publie ma phnomnologie de lacte volontaire confront linvolontaire, jai compris que pour parler de la finitude et de son rapport la culpabilit il fallait enrichir la description phnomnologique de tous les emprunts possibles la tradition hermneutique, laquelle procdait de proccupations toutes diffrentes de celles de la phnomnologie husserlienne, savoir la tradition de lexgse biblique, de la jurisprudence, de la philologie. Ce dplacement mthodologique tait requis par les grandes structures mythiques, potiques, spculatives, la grande culture tant assigne la volont mauvaise, au mal moral et au dsir de rdemption. Mais cest une autre extension de lhermneutique que je me suis senti contraint de procder au moment de rendre compte des rsistances de lexp rience psychanalystique concernant la mme problmatique de la
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PAUL RICOEUff

culpabilit, lgard de toute philosophie de la conscience. J ai tent alors dlaborer une sorte de dialectique du dsir et du sens, en vue douvrir un accs proprement philosophique au vaste corpus freudien. Mais, entre-temps, mes lectures et mon ensei gnement aux Etats-Unis mavaient ouvert la philosophie analy tique et ses exigences logiques sans concession. De cette confron tation est n le souci darticuler lapproche rflexive - au sens large du terme: ouvrant aussi bien la tradition de la philosophie franaise rflexive illustre de faon exemplaire par Jean Nabert que la tradition phnomnologique illustre en France par Sartre et Merleau-Ponty - avec lapproche objectivante du structuralisme linguistique, o je retrouvais un certain cho de la philosophie analytique anglo-saxonne. C est cette dialectique de la rflexion et de lobjectivation que ressortit la formule en forme de slogan que jai longtemps rpt: expliquer plus pour comprendre mieux. C est ce souci darticuler rflexivit et objectivit qui commande toute la suite de mes analyses de Soi-Mme comme un Autre dont jai rappel plus haut lorganisation en quatre phases. En fait, chacun de ces grands ensembles sont subdiviss entre un point de vue extrieur et objectivant, et un point de vue intrieur stricte ment rflexif. La cohrence de lentreprise repose sur la capacit dintriorisation dploye par chacune des formes objectives du je peux. Le modle, mes yeux, est fourni par lopration lingui stique: lunit de sens que structure la phrase peut en effet se laisser apprhender du dehors sous sa forme propositionnelle {sta tement), mais se laisse rflchir comme acte de langage (speechact), la faveur duquel lnonciation (utterance) renvoie rflexi vement lnonciateur (utterer) savoir moi qui parle, toi qui je parle, lui ou elle dont nous parlons. Toutes les autres sections de Soi-Mme comme un Autre prsentent le mme ddoublement et la mme reprise rflexive. C est ainsi que jai pens pouvoir intgrer dans une structure englobante les formes dobservation du comportement de lagir, les structures de narrativit chres au structuralisme enveloppes par lintention narrative, et enfin les formes objectives de la norme, de lobligation morale, du devoir, impliques par lintention thique et la vise daccomplissement personnel et de bonheur.
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Ces grands rythmes o se composent ensemble la description phnomnologique, linterprtation hermneutique, lanalyse objectivante et la rflexivit, constituent la structure mlodique de lensemble tel que je le reconstruit rtrospectivement mes risques et prils. Une vise philosophique se dgage-t-elle au terme de ce parcours dans la problmatique et dans la mthodologie? C est ce stade que je reste le plus perplexe. Les chapitres qui explorent les confins de lontologie - quil sagisse de la Mtaphore Vive ou de Temps et Rcit - sont noncs chacun sur le mode interrogatif: vers quelle ontologie? J ai risqu trois excursus en direction de lontologie. La premire accde dans la droite ligne du je peux; reconduit la problmatique ontologique dAristote dans Mtaphysique E 2: Ltre se dit de multiples faons. Et parmi les acceptions multiples de ltre, je lis: Ltre selon lactualit (energeia) est la potentialit (dunamis). J ai pris le risque de placer ma phno mnologie, mon hermneutique, mon dialogue entre rflexivit et objectivation, sous la figure tutlaire de ltre comme acte et comme potentialit. La problmatique de lhomme capable se donne alors comme une expression privilgie au plan de lanthropologie philosophique de cette ontologie de lacte et de la puissance, sous le rgne de la polysmie du verbe tre. Je voyais ainsi sordonner hirarchiquement, de haut en bas, une ontologie polysmique, privilgiant lacte comme tre et comme poten tialit, - une anthropologie philosophique centre sur le thme de lhomme agissant et souffrant, - enfin une phnomnologie hermneutique, disperse dans les registres multiples de lactivit cognitive, pratique et affective. La mme hirarchisation peut tre parcourue de haut en bas, comme je le fais de prfrence dans SoiMme comme un Autre. Le second excursus, plus habile, ramne au dernier Dialogue platonicien, le Thtte, le Sophiste, Philbe, Parmnide et leur exploration des plus grands genres: Un et Multiple, Mme et Autre, Etre non Etre, Mouvement et Repose, etc... Ces plus grands genres structurent ce quon peut appeler la fonction mta-, qui est illustre la fois par le grand noplatonisme et par les
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PAUL RICOEUR

philosophies transcendantales issues de Kant. Je ne cache pas que la conjonction de la fonction mta- - la faon noplatonicienne et postkantienne - qui allie la polysmie de ltre la faon dAristote, continue de me faire problme. Mais la grande philosophie occidentale nest-elle pas ne de ce croisement entre Aristote et Platon au plus haut niveau? Le dernier excursus est du ct de ce que, dans mon enseignement Chicago, on appelait philosophie thologique: il sagissait es sentiellement dune rflexion philosophique sur les textes canoni ques juifs et chrtiens. J ai tent, loin de toute confusion entre les domaines et les discours, une corrlation entre ce que jappelle pense biblique et pense occidentale dorigine grecque. C est ainsi que le fameux Je suis qui je suis dExode III, 14 est une occasion de poser la question de savoir si lusage hbraque du verbe que nous traduisons par tre augmente la polysmie encore trop limite du verbe grec ou si la composante dhistoricit et de fidlit thique que le je suis hbraque, puis chrtien, comporte est laccs une toute autre modalit de pense que lontologie, comme le pense Lvinas? Je suis qui je suis me donne-t-il loccasion de faire exploser le verbe tre sans le dtruire, comme je le suggre? Cette dernire suggestion nest pas sans lien avec lide que je me fais du religieux en gnral par rapport la problmatique de lhomme capable et plus prcisment par rapport sa capacit dimputation; selon une interprtation que jadopte de La Religion dans les limites de la simple raison de Kant, la fonction du religieux nest-elle pas de librer le fond de bont originaire de lhomme du joug du penchant au mal, aussi radical soit-il? Et le symbole christique de lhomme agrable Dieu qui donne sa vie pour ses amis ne constitue-t-il pas un schme majeur de limaginaire reli gieux, charge des communauts ecclsiales de le faire fructifier dans la libert et la fraternit des enfants de Dieu? Je marrte au moment de mgarer sur les voies dune m ditation abyssale mais cest lami Turoldo qui ma courtoisement contraint assumer les risques dune vue rtrospective sur une oeuvre frappe du sceau de linachvement.

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VERIT DEL METODO

INTRODUZIONE

Con quali obiettivi e per mezzo di quali strumenti pos sibile, oggi, analizzare criticamente unopera tanto vasta e tanto attuale qual quella di Paul Ricoeur? Un pensatore come Ricoeur, infatti, non pu non creare imbarazzo e difficolt allo studioso che si appresta ad indagarne criticamente le pro poste speculative: Ricoeur ci mette in difficolt, innanzitutto, per la mole dei suoi scritti e per la vastit dei suoi campi di indaginel. Non a caso una buona parte dei critici si impe-

1 Molti studiosi del pensiero ricoeuriano hanno rilevato la grande capacit di ascolto e di confronto che ha da sempre caratterizzato lopera di questo filosofo. Osserva infatti J.W van Den Hengel, in un suo libro dedicato allo studio del pensiero di Ricoeur: Veramente la sua filosofia prende la forma di una storia della filosofia. [...] Trattenere lattenzione sulla filosofia di Paul Ricoeur significa inserirsi nella complessa storia del pensiero occidentale ed essere sol lecitati ad una lettura di quella storia da una prospettiva fenomenologicoermenutica (J.W. V a n D en H e n g e l , The Home o f Meaning, The Hermeneutics o f Subject o f Paul Ricoeur, Washington, 1982, p. ix). K.J. Vanhoozer, a sua volta, scrive: Ricoeur un pensatore che media. Che cosa media? Per cominciare Ricoeur media i filosofi nella storia della filosofia. Per esempio, egli legge Kant attraverso Hegel ed Hegel attraverso Kant. Questa inabitazione reciproca riflette la speranza di Ricoeur che tutti i pensatori siano in qualche misura nel vero (Ricoeur fa eloquentemente questa affermazione in Lhistoire de la philosophie et l unit du vrai, in Histoire et Vrit, Paris, 1955, pp. 45-60). Ricoeur cerca anche di mediare la filosofia anglosassone e quella continentale, due tradizioni che spesso non comunicano La sua carriera personale riflette questa ambizione mediatrice: egli ha tenuto simultaneamente delle cattedre a Parigi e a Chicago per un certo numero di anni. Forse di maggiore importanza per la teologia, comunque, la media zione messa in atto da Ricoeur dei metodi e degli obiettivi di diverse discipline. La sua teoria narrativa, ad esempio, fornisce un contributo originale alla media-

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VERIT DEL METODO

gnata nella ricerca del filo conduttore del suo iter di ricerca, o di una problematica fondamentale che permettesse di indi viduare lunit della sua opera. Questo tipo di lavoro stato utilissimo, perch, spesso, il lettore che affronta per la prima volta lopera veramente monumentale del filosofo francese, rischia di trovarsi un po smarrito nellinseguire un itinerario di ricerca che si dispiegato in pressoch tutte le direzioni,: to ccan d o tem atich e che vanno d alla fen o m en o lo gia allermeneutica, dalla filosofia analitica alla psicoanalisi, dallas teoria del racconto e della storia alla problematica della me-? tafora, del sapere simbolico, sino agli interessi pi recenti per la filosofia del diritto e per alcune tematiche legate alla me moria. Lesito, per certi aspetti paradossale, di queste ricerche! consiste, per, nellaver individuato non una, ma tante chiavi? di lettura dellopera di Ricoeur. Ogni studio critico, infatti, h ai avanzato una diversa ipotesi di lettura2. ! Un secondo fattore che contribuisce ad accrescere la dif-J ficolt dello studioso consiste nel fatto che lopera di Ricoeur I

zione delle diverse esigenze veritative della storia e della fiction, le due maggiori i forme della narrativa. K.W . V a n h o o z er , Biblical Narrative in the Philosophy o f j Paul Ricoeur. A Study in Hermeneutics and Theology, Cambridge, 1990, p. 5. | 2 Cito alcuni scritti critici, a mo desempio: M a u r iz io C h io d i ha scritto pensiero di Ricoeur un libro dal titolo II cammino della libert, Brescia 1990, j dove intende dimostrare che il tema della libert costituisce il cuore stesso del pensiero ricoeuriano (ivi, p. 15). D o m en ic o J ervo lin o , in II cogito e l ermeneutica , Genova 1993 (V ed. { Napoli 1984), trova il principio di coerenza dellintera opera di Ricoeur nella permanenza di uno stesso problema e di uno stesso metodo: il problema quello del cogito, della soggettivit, il metodo quello dellinterpretazione e, in ; particolare, dellinterpretazione testuale. Dunque, lunit dellopera di Ricoeur ; consisterebbe nella convergenza tra riflessione ed interpretazione e, quindi, nellermeneutica della pratica umana. Ricoeur, nella prefazione al testo di Jervolino, osserva invece di essere piuttosto colpito dalla discontinuit tra le sue opere, ciascuna delle quali si rivolge ad una problematica determinata (vedi ivi, p. ix), ma conclude dicendo di apprezzare il lavoro di Jervolino, che riconduce tutti i suoi scritti ad ununica opera, che egli al tempo stesso riconosce - in ogni senso della parola - e che si sente incapace di aver scritto (ibid.). T. N kera m ih ig o ha, a sua volta, scritto un libro (Lhomme et la transcen dance, Paris 1984) in cui individua nella poetica della volont il tema fondamentale del pensiero ricoeuriano. Scrive infatti Nkeramihigo: Attraverso tutta la sua opera, Ricoeur persegue il disegno di determinare la vera relazione tra ; la libert umana e la Trascendenza (ivi, p. 9).

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INTRODUZIONE

ancora troppo recente e, dunque, troppo legata a dibattiti ancora in corso, per poter essere analizzata con il sufficiente distacco critico. Inoltre, Ricoeur tuttora vivente ed intellet tualmente attivo e, dunque, la sua opera, pur lasciando ormai ampiamente intravedere le linee di sviluppo fondamentali, rimane, per certi versi, unopera ancora passibile di ulteriori integrazioni. Queste difficolt sono gravi, a mio parere, per ch tarpano le ali in partenza a qualsiasi tentativo di indagine di tipo storiografico. M a allora, si chieder, vale la pena di affrontare un tale tipo di ricerca? A mio parere s e per due motivi, essenzialmente. Il primo consiste nel fatto che nel lopera di Ricoeur sono in gioco, a mio modo di vedere, questioni decisive, su cui occorre suscitare ed alimentare il dibattito. Il secondo motivo, invece, dato dal fatto che non poter fare una ricerca di tipo storiografico non significa affat to non poter fare alcun tipo di ricerca. Il mio studio, infatti, avr un carattere prevalentemente teoretico: cercher di di scutere con Ricoeur su alcune tematiche centrali della sua opera, ponendo delle domande ai testi. Lambizione che ha mosso questa mia ricerca quella di far luce, per quanto possibile, su di un problema che non mai stato affrontato dalla critica ricoeuriana ma che, a mio avviso, riveste unimportanza decisiva. Ci che mi propongo, infatti, di capire quale idea di filosofia sia sottesa allopera di Ricoeur. Vorrei, cio, portarne alla luce limplicito fondamentale. Il problema dello statuto del sapere filosofico divenuto oggi argomento di numerosi dibattiti. Si tratta, infatti, di capi re se la filosofia possa ancora essere considerata un sapere in certa misura autonomo, capace di mettere in atto delle stra tegie teoriche diverse e complementari a quelle delle altre discipline. Jrgen Habermas ha svolto delle considerazioni molto interessanti su questo tema nel saggio Sull'annullamen to della differenza tra filosofia e letteratura3 e nello scritto dal
3 Contenuto nel volume dal titolo II discorso filosofico della modernit,
Roma-Bari 1987.

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titolo La ridefinizione del ruolo della filosofia 4. In questultimo saggio in particolare Habermas riflette sul discredito in cui oggi caduto latteggiamento fondazionale, che ha sempre caratte rizzato il pensiero filosofico sin dalle sue origini. Non solo oggi si rifiuta il modello classico di fondazione, basato, secondo Habermas, sulla deduzione a partire da certi principi, ma non si accetta pi nemmeno il modello fondativo kantiano, basato, invece, sullinvestigazione relativa alle possibilit stesse della conoscenza in generale. Oggi la definizione kantiana della vo cazione del filosofo considerata sospetta: si pensa che la filosofia esorbiti dalle proprie possibilit ogniqualvolta pretenda di chiarificare, una volta per tutte, i fondamenti delle scienze e di determinare il posto di ciascuna scienza definendone i limiti. Kant, inoltre, fornendo i fondamenti delle tre facolt della ragione teorica, della ragione pratica e del giudizio, ha preteso fare della filosofia una sorta di giudice supremo, non solo in rapporto alle scienze, ma alla cultura nel suo complesso. Secondo Habermas la filosofia deve passare, riguardo alle scien ze, dal ruolo insostenibile di disciplina che designa i posti a quello di disciplina che li scopre e li preserva. essenziale inoltre, secondo Habermas, che la filosofia conservi una refe renza tematica alla totalit, nella sua opera di elucidazione dei fondamenti razionali del conoscere, dellagire e del parlare; senza tale referenza essa non sarebbe in grado di assolvere al suo ruolo di guardiana della razionalit. Per esempio, costituisce oggi un problema capire come sia possibile che la ragione, divisa nei suoi diversi momenti, conservi la sua unit allinterno del dominio culturale preso nel suo complesso, e, daltro canto, come possano le forme culturali specializzate, che si sono rifu giate sulle altezze dellesoterismo, conservare un contatto con la pratica comunicazionale quotidiana. Il modo di intendere la filosofia da parte di Habermas dunque in stretta relazione con il concetto moderno ed in particolare kantiano della filosofia, intesa come sapere che in
4 Contenuto nel volume dal titolo Moralbewusstsein und kommunikatives

Hanndeln, Frankfurt am Main, 1983.

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INTRODUZIONE

grado di conoscere, al tempo stesso, i limiti e lo spazio di validit di un certo tipo di discorso. Questa eredit kantiana sicuramente presente anche in Ricoeur, perch anche in Ricoeur presente il concetto habermasiano di filosofia intesa come sapere relativo ai limiti ed allo spazio di validit di un certo tipo di discorso. In Ricoeur linfluenza della filosofia riflessiva di Jean Nabert e della filosofia ermeneutica di Hans Georg Gadamer si intersecano, dando origine ad una sorta di neokantismo. La filosofia riflessiva , infatti, anche quella fi losofia che riflette sui limiti di validit di un certo discorso, mentre la filosofia ermeneutica, a partire da Schleiermacher, si data il ruolo di mettere in luce la finitezza della compren sione. Alla fine, dunque, queste due correnti del pensiero contemporaneo si intersecano, poich la finitezza della com prensione, nel senso in cui la intende lermeneutica, ed i limiti della conoscenza, in senso riflessivo, sono la stessa cosa: dire infatti che la comprensione sempre finita, come dire che la conoscenza sempre limitata. Lopera di Ricoeur, per, riveste unimportanza particola re anche per un altro motivo. Accanto a questa nozione di filosofia, infatti, che trova il suo paradigma nel pensiero kantiano, convivono, nellopera di Ricoeur, alcuni modelli fondazionali di matrice classica, come dimostrano gli ultimi scritti del filosofo. In un recente articolo, volto ad illustrare i rapporti che intercorrono, nel suo pensiero, tra metafisica e morale, Ricoeur, infatti, ha introdotto il concetto di funzio ne meta-, nel quale egli individua uno dei tratti caratterizzan ti della metafisica e che egli definisce attraverso due strategie distinte e complementari, luna di gerarchizzazione, laltra di pluralizzazione dei principi presunti od assunti da pensatori di diversa appartenenza5. Relativamente alla prima strategia, quella di gerarchizzazione, Ricoeur osserva:
Dal momento che qualsiasi discorso filosofico mira alla coerenza mi pare che esso comporti la presenza di principi tra cui gli uni
5 R R ico eu r ,

De la mtaphysique la morale, Revue de Mtaphysique et de

M orale, iv, 1993, p. 457.

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VERIT DEL METODO

sono considerati derivati e gli altri primitivi o fondatori. [...] Il modello di questa strategia va cercato nel Platone dei dialoghi detti metafisici, che sono anche i dialoghi dialettici. 6

Relativamente alla seconda strategia afferente alla funzione meta-, quella che presiede alla differenziazione delle accezioni dellessere, Ricoeur afferma che essa stata anticipata da Aristotele nel libro Gamma della Metafisica, dove lo Stagirita enuncia la sua concezione delle accezioni multiple dellessere in quanto essere. Negli ultimi scritti di Ricoeur il modello fondazionale basato sulle due strategie di gerarchizzazione e di pluralizzazione, afferenti alla funzione meta-, viene messo in atto in pi occasioni. In Soi-mme comme un autre Ricoeur tenta di unificare i vari livelli della sua ermeneutica del s (linguistico, prassico, narrativo, etico) alla luce di ununica do manda, che si ripete a tutti i suddetti livelli, la domanda relativa al chi: chi il soggetto del linguaggio, dellazione, del raccon to, dellimputazione morale? La domanda relativa al soggetto costituisce infatti il momento unificatore dei vari livelli deller meneutica del s e, in questo senso, essa, insieme alla corrispettiva risposta, che indica nel s il soggetto, rappresenta una prima realizzazione della funzione meta-. Ad un livello superiore i diversi momenti dellagire umano, presi in esame in Soi-mme comme un autre, trovano unulteriore unificazione nella nozione di essere come atto e potenza, che, dunque, costituisce unaltra individuazione della funzione meta-. A sua volta, la funzione meta-, in quanto strategia di pluralizzazione, trova una sua realizzazione nellenucleazione dei vari momenti di alterit pre senti allinterno stesso dellipseit: Palterit inerente alla corporeit, Palterit propria al rapporto intersoggettivo e Palterit presente nella relazione di s a se stessi allinterno della propria coscienza. La presente ricerca divisa in tre parti. Esse fanno seguito allintroduzione, nella quale viene sinteticamente esposta la
6 Ibid.

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INTRODUZIONE

problematica in gioco in questo studio e ad una delineazione delliter di ricerca complessivo di Ricoeur, che vuole aiutare il lettore a collocare la problematica qui presa in esame allinter no del quadro generale del pensiero ricoeuriano. Le tre parti in cui si suddivide il lavoro hanno come oggetto, rispettivamen te, la teoria della verit, lepistemologia e lontologia. Nella prima parte, dedicata alla teoria della verit, ho svolto unindagine dettagliata sui vari sensi del vero presenti nel pensiero di Ricoeur e, visto che, nel sottolineare il carat tere plurivoco del vero, Ricoeur si richiama esplicitamente ad Aristotele, ho istituito un confronto tra la teoria della verit aristotelica e quella ricoeuriana, confronto che mi parso estremamente fecondo sul piano teoretico. Nella seconda parte, dedicata allepistemologia, ho preso in esame la dialettica che si instaura, nellopera di Ricoeur, tra la filosofia e gli altri campi del sapere, con il correlato problema del doppio ruolo che la filosofia riveste, in quanto essa costituisce sia uno dei due termini in gioco nella relazione dialettica, sia larbitro della relazione dialettica stessa. La prima e la seconda parte sono legate da una stretta relazione, perch esse giungono a conclusioni simili. Appare infatti, dallanalisi dei testi di Ricoeur, una maggiore attenzione dedicata dal nostro autore ad alcuni significati del vero tra cui la verit come attestazio ne, oppure la verit come scoperta ecc., piuttosto che a quello che secondo noi il senso pi radicalmente critico del vero, ossia la verit intesa come riconduzione alloriginario logico e/o fenomenologico. Nelloperare la riconduzione allorigina rio gioca un ruolo strategico il quadrato logico delle opposi zioni, reso celebre da Aristotele e dai logici medievali. Su questa e su altre problematiche epistemologiche Ricoeur non ha esercitato quella riflessione approfondita ed organica che ha dedicato ad altre questioni, forse a causa del suo tempera mento, maggiormente incline a questioni pi pregnanti sul piano esistenziale. Lintegrazione della riflessione ricoeuriana attraverso alcuni approfondimenti di carattere epistemologico costituir allora uno dei principali obiettivi di questo mio stu

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dio. Verr infatti dedicata particolare attenzione al modo in cui Ricoeur istituisce la dialettica tra filosofia e non filosofia (dia lettica che costituir loggetto della seconda parte del presente studio). In questo modo ci sar possibile dare alcune risposte al nostro problema di fondo, riguardante la crisi contempora nea della filosofia e dei suoi modelli fondazionali. La terza parte, infine, costituisce la naturale prosecuzione delle prime due: in essa vengono alla luce quelle che sono le conseguenze ontologiche delle considerazioni svolte in sede epistemologica.

LITER SPECULATIVO DI PAUL R IC O EU R 1

1. I primi maestri Paul Ricoeur fu introdotto agli studi filosofici da Roland Dalbiez, suo insegnante di filosofia al liceo. Dalbiez era un neotomista di cui Ricoeur ricorda le frequenti polemiche antiidealistiche e linteresse per Freud. Dalbiez affiancava Freud, per via del suo realismo naturalista, ad Aristotele e opponeva questi due autori, a lui cari, a Cartesio e Kant. Ricoeur riconosce un debito nei confronti di Dalbiez, in particolare per quanto riguarda il rifiuto dellimmediatezza e dellapoditticit del Cogito cartesiano e dellIo penso kantiano, oltre che linteresse ad integrare il punto di vista psicoanalitico con la tradizione della filosofia riflessiva francese. La filosofia riflessiva francese ha costituito uno dei primi interessi di Ricoeur, come dimostra la tesi sul problema di Dio nel pensiero di Lachelier e di Lagneau, che Ricoeur scris se durante lanno accademico 1933-34. Attraverso lo studio di questi due autori Ricoeur fu introdotto alla tradizione della filosofia riflessiva francese, tradizione che rinvia, attraverso E. Boutroux e F. Ravaisson, sino a Maine de Biran e che sar ripresa e rilanciata in seguito da Jean Nabert, un filosofo che

1 Per la ricostruzione del percorso intellettuale di Ricoeur mi sono basato sullopera L.E. H a h n (a cura di), The philosophy o f Paul Ricoeur, Chicago, 1995 (febbraio). Lautobiografia intellettuale di Ricoeur, con cui inizia questopera, comparsa in edizione francese nel testo P. R ic o eu r , Rflexion faite. Autobiographie intellectuelle, Paris, 1995 (ottobre).

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avr uninfluenza decisiva sul cammino di ricerca del nostro autore. Giunto a Parigi nel 1934 Ricoeur inizi da subito a fre quentare i seminari tenuti il venerd da Gabriel Marcel. Attra verso questi incontri Ricoeur fu iniziato al metodo socratico marceliano, che consisteva nel far trattare a ciascuno dei par tecipanti al seminario un soggetto scelto in comune, senza lausilio dellautorit di qualche filosofo riconosciuto dalla tradizione, ma facendo riferimento solo allanalisi di esperien ze o di concetti e categorie appartenenti alla tradizione. Marcel faceva spesso appello, durante questi incontri, alla riflessione di secondo grado, che avrebbe dovuto consentire di riafferrare delle esperienze che la riflessione prim aria, considerata riduttiva ed oggettivante, obliterava e privava del loro origi nale potere affermativo. La nozione marceliana di riflessione di secondo grado andava cos a legarsi con la lezione della filosofia riflessiva. Durante questo periodo Ricoeur inizi a far propria anche la lezione della fenomenologia husserliana. Ci che pi colpi va il giovane filosofo nella riflessione husserliana era il tema dellintenzionalit; attraverso di essa, infatti, egli vedeva la possibilit di poter mettere in discussione lidentificazione cartesiana tra coscienza ed autocoscienza. La nozione di inten zionalit, infatti, ci pone dinnanzi ad una coscienza pensata innanzitutto come rivolta verso le cose, che, in quanto tale, meglio definita dallessere verso cui rivolta piuttosto che dalla coscienza di essere rivolta allessere. Lintenzionalit inoltre caratterizzata da una molteplicit di orientamenti og gettivi: la percezione, limmaginazione, la volont, laffettivit, lapprensione dei valori, la coscienza religiosa. 2. G li scritti su Jaspers, M arcel e Husserl Ricoeur durante quegli anni andava elaborando una con cezione teorica che coniugava originalmente la filosofia rifles siva francese, la filosofia dellesistenza di Gabriel Marcel, la

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fenomenologia descrittiva di Husserl, oltre al pensiero di Karl Jaspers, che Ricoeur avrebbe lungamente meditato durante i cinque anni trascorsi in Germania come prigioniero di guerra. Jaspers, a sua volta, si coniugava molto bene con Marcel. Ricoeur infatti era stato introdotto al pensiero del filosofo svizzero dallarticolo che Marcel gli aveva dedicato sotto il titolo di Situazione fondamentale e situazioni limite in K. Jaspers. Tutte queste suggestioni teoriche confluivano in unattivi t filosofica militante, alla quale Ricoeur cercava di spingersi sullesempio di Mounier, altro suo grande maestro. Mounier insegn a Ricoeur a tradurre quanto pi possibile le convin zioni spirituali in posizioni politiche, mentre gli altri grandi maestri di Ricoeur, che abbiamo menzionato sopra, gli forni rono i mezzi per dare un solido fondamento teorico alla nozione di persona, nozione costantemente presente in tutta lopera di Mounier. Gli anni della prigionia (1940-1945) furono molto fruttuosi per Ricoeur, che studi Jaspers assieme a Mikel Dufrenne, anche lui prigioniero dei tedeschi. Da questa esperienza nac que il libro, firmato da entrambi i filosofi, dal titolo Karl Jaspers et la philosophie de lexistence 2. A quel periodo risale anche il lavoro comparativo in cui Ricoeur cercava di mettere ordine tra le varie suggestioni teoriche a cui era stato sogget to, che stato pubblicato con il titolo di Gabriel Marcel et K arl Jaspers. Philosophie du mystre et philosophie du paradoxe3. Oltre che da Jaspers il periodo di prigionia fu intellettualmente occupato dalla lettura di Heidegger e dalla traduzione delle Ideen I di Husserl4.

2 P R ic o eu r - M. D u fr en n e , Karl Jaspers et la philosophie de l existence, . Paris, 1947. 3 P. R ic o eu r , Gabriel Marcel et Karl Jaspers. Philosophie du mystre et philosophie du paradoxe, Paris, 1948. 4 E. H u sser l , Ides directrices pour une phnomnologie pure, Paris, 1950. Traduzione, introduzione e note di P. Ricoeur.

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Alla traduzione dellopera di Husserl Ricoeur alleg unin teressante introduzione, che gli permise di precisare la sua posizione teorica rispetto al pensiero del grande filosofo tede sco. In questa introduzione Ricoeur cerc di dissociare il nocciolo descrittivo della fenomenologia husserliana dallin terpretazione idealistica in cui questo nocciolo gli sembrava essere avvolto. Ricoeur, incoraggiato dagli studi di M ax Scheler, riteneva che la riduzione fenomenologica avesse il ruolo di porre in evidenza in maniera pi netta i fenomeni; mentre, secondo Eugen Fink e lo stesso Husserl, la riduzione fenome nologica rendeva possibile una sorta di produzione della feno menalit da parte della coscienza pura, che sarebbe essa stessa la sorgente di tutto lapparire, pi originale di qualsiasi este riorit ricevuta. 3. Il volontario e linvolontario Finita la guerra Ricoeur inizi a lavorare sulla tesi di dottorato, per la quale aveva scelto il titolo di Le Volontaire et linvolontaire5, lavoro che avrebbe assorbito tutte le sue energie durante il triennio 1945-1948. Il proposito di Ricoeur era quello di operare un ampliamento dellanalisi eidetica husserliana della coscienza, estendendola alla sfera della volizione. Il limite delle analisi husserliane era infatti determi nato, secondo Ricoeur, dal fatto che esse si restringevano al lanalisi della percezione e degli atti rappresentativi. Gli elementi principali che divengono oggetto di analisi in questo libro sono il progetto ed il suo correlato oggettivo, ossia la cosa che deve essere fatta; il motivo, ossia la ragione che inclina lazione, ma senza necessitarla; la mozione volon taria, a cui fanno da contrappunto e da trampolino impulsi, emozioni ed abitudini e, infine, Pinvolontario assoluto, nel cui contesto si situano il carattere, ossia la forma stabile e non 5
R R ic o e u r ,

Philosophie de la volont. I. L e volontaire et linvolontaire,

Paris, 1950.

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scelta che caratterizza ogni esistenza, la vita, dono anchesso non scelto o voluto e linconscio, ovvero quel residuo per sempre inaccessibile alla coscienza. Lopera Le Volontaire et linvolontaire deve molto anche alla riflessione di Gabriel Marcel, oltre che a quella di Husserl. Se Ricoeur debitore del metodo dellanalisi eidetica a Husserl, invece debitore della concezione etica che fa da sfondo dellopera al pensiero di Gabriel Marcel. Ne Le Volontaire et linvolontaire si dipana una dialettica di attivit e passivit a cui corrisponde unetica dominata dalla tensione tra padro nanza di s e consenso alla necessit. Il soggetto, inevitabil mente individuato in una dimensione corporea, viene pensato come capace di porre i suoi desideri ed i suoi poteri ad una certa distanza; ossia viene pensato come al tempo stesso pa drone di s e servitore della necessit, nelle sue tre figure del carattere, della vita e dellinconscio. Nella prefazione al volume che stiamo esaminando Ricoeur aveva presentato il lavoro come la prima parte di una trilogia. Le Volontaire et linvolontaire lascia infatti fuori dalle sue analisi lambito concreto, storico ed empirico della volont e quello che rappresenta il suo caso paradigmatico, ossia la volont cattiva. Il regno della volont cattiva infatti domi nato dalle passioni, che Ricoeur distingue dalla sfera neutra dei desideri e delle emozioni. Le passioni, infatti, implicano una cattivit del desiderio che investito in un oggetto inte grale quale il Possesso, il Potere e il Valore, e richiedono unanalisi di tipo empirico. La terza parte, a cui Ricoeur avrebbe voluto dare il titolo di Poetica della Volont, avrebbe dovuto prendere in esame la tensione del volere umano verso la Trascendenza. Questa ter za parte si sarebbe legata molto bene con la seconda: se infatti alla seconda parte spettava di fornire unempirica delle pas sioni, la terza parte avrebbe avuto come oggetto la tensione verso una seconda innocenza. La seconda parte stata in certa misura realizzata in La symbolique du mal, ma non stato cos per la terza. Ricoeur

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non ha mai pubblicato un volume specifico avente come og getto la poetica della volont. Egli ha comunque compiuto qualche passo in questa direzione attraverso i suoi studi di esegesi biblica e attraverso i tre volumi su La Symbolique du mal, La Mtaphore vive e Temps et rcit: lidea di una crea zione ordinata alla Trascendenza pu essere infatti illustrata non solo dai grandi miti sulPorigine del male, ma anche attra verso le metafore poetiche e gli intrecci narrativi. La metafora ed il racconto permettono di aprire nuovi mondi, nuove pro spettive e, dunque, anche di rifigurare il reale secondo una prospettiva orientata alla trascendenza. 4. Finitudine e colpa Ricoeur pubblica Finitude et coulpabilit nel 1960, il vo lume composto da due tomi: LHomme faillible 6 e La Sym bolique du mal 7. Nel primo tomo Ricoeur dimostra che il male rappresenta qualcosa di contingente e non un tratto inscritto nella finitudine umana. Per spiegare ci egli elabora il concetto di fallibilit: luomo costituzionalmente debole e fragile e, di conseguenza, esposto al male, il cui accadere pertanto assolutamente contingente. La fragilit umana, o la vulnerabilit al male morale, non sarebbe nientaltro che una disproporzione costitutiva tra un polo del finito ed un polo dell'infinito 8. Ricoeur, nel suo lavoro, distingue tre zone della fragilit umana, situate rispettivamente a livello teoretico, etico ed affettivo. La prima sarebbe quella relativa allimmaginazione, situata tra la prospettiva finita della percezione e lintenzione infinita del verbo; la seconda sarebbe invece quella relativa al rispetto, mediatore pratico tra la finitudine del carattere e 6 Id., Philosophie de la volont, Finitude et culpabilit. I. L'Homme faillible, Paris, 1960. 7 Id., Philosophie de la volont, Finitude et culpabilit. IL La symbolique du mal, Paris, I960. 8 A A .v v ., The philosophy o f Paul Ricoeur, cit., p. 15.
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linfinit della felicit e, infine, la terza sarebbe quella relativa al sentimento, diviso tra lintimit dellessere affetto qui ed ora e lapertura alla totalit delle cose, delle idee e delle persone. LHomme faillible, con la sua analisi della fallibilit uma na, costituisce il punto di passaggio tra lanalisi fenomenologica del volere, neutrale rispetto al problema del male, e lempirica del male, condotta ne La Symbolique du mal. il concetto di fallibilit infatti che rende ragione della possibilit del male. Con La Symbolique du mal Ricoeur compie il cosiddetto innesto dellermeneutica sulla fenomenologia. Al fine di inda gare sulla forma concreta della volont cattiva era infatti ne cessario compiere un lungo detour attraverso linterpretazione dei simboli e dei miti trasmessi dalle grandi culture. Lentrata in campo dellermeneutica segna anche la presa di distanza da Husserl, accusato, assieme a Cartesio, di non fare i conti con lintrinseca opacit del cogito. Husserl e Cartesio presuppongono limmediatezza, la trasparenza e lapoditticit del cogito, mentre Ricoeur si fa sempre pi con vinto dellimpossibilit per il soggetto di conoscersi direttamente e della necessit di passare attraverso i segni depositati nella memoria dalle grandi tradizioni letterarie. Ricoeur inizia La Symbolique du mal attraverso unanalisi dei simboli della macchia, del peccato e della colpa, per poi passare all analisi dei grandi miti della caduta: quello cosmologico, quello orfico, quello tragico e quello adamitico. sempre nella Symbolique du mal che troviamo la prima definizione dellermeneutica, concepita come lavoro di decifrazione ed interpretazione dei simboli, a loro volta intesi come espressioni a doppio senso, in cui il senso letterale guida allo svelamento del senso recondito. 5. Il confronto con lo strutturalism o Dopo la pubblicazione della Symbolique du mal inizi per Ricoeur un periodo di dure polemiche, com attestato dalla prefazione e da alcuni saggi in seguito raccolti in Essais

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d Ermeneutique II. Du Texte lAction 9, polemiche che vide ro la loro conclusione solo alla fine degli anni settanta. Gli attacchi provenivano principalmente da tutto quel variopinto insieme di scuole e movimenti di pensiero a cui era stata attribuita letichetta collettiva di strutturalismo. Sotto questa comune denominazione venivano raggruppati gli heideggeriani francesi, che avevano messo fine allinterpretazione esisten zialista di Heidegger e che vedevano profilarsi nei lavori del secondo Heidegger un modello poetico di pensiero, dal quale era ormai stato eliminato ogni residuo soggettivistico; lopera di Claude Lvi-Strauss, che concepiva tutte le strutture lingui stiche e sociali come realt sistematicamente organizzate, pas sibili di essere descritte senza alcun riferimento al soggetto; il criticismo letterario che si richiamava alla linguistica struttu ralista e che, facendo appello alla distinzione saussuriana tra langue e parole, proponeva di dissociare lorganizzazione siste matica degli insiemi linguistici dalle intenzioni soggettive ascrit te al soggetto parlante; quella corrente del marxismo a cui Althusser aveva impresso una curvatura strutturalista, distin guendo il nocciolo scientifico dellopera marxiana da ogni resi duo di carattere umanistico; la psicoanalisi, nella lettura che ne aveva fatto Lacan, il quale aveva messo in luce le strutture linguistiche dellinconscio, andando cos contro lortodossia freudiana e le sue spiegazioni biologiste ed economiche. Tutte queste correnti, cos eterogene tra loro, erano co munque accomunate da uno stesso obiettivo polemico, costi tuito dallesistenzialismo e, pi in generale, da tutte le filoso fie del soggetto. Ricoeur, da parte sua, aveva cercato di includere la fase dellanalisi strutturale allinterno delloperazione riflessiva; linserimento era stato in qualche modo preparato dalla criti ca che egli aveva condotto nei confronti del concetto husser liano di unautocoscienza immediata, diretta e perfettamente trasparente a se stessa e dallindicazione, che egli aveva for
9 P. R ic o e u r, D u texte laction. Essais d hermneutique, II, Paris, 1 9 8 6 .

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mulato sin dallapparizione de La Symbolique du mal, della necessit di percorrere un lungo detour attraverso i segni e le opere che vengono alPapparire nel mondo culturale. 6. Il saggio su Freud Nel 1965 Ricoeur pubblic De linterprtation. Essai sur Freud10. Linteresse filosofico dellopera del maestro viennese era determinato dal fatto che in essa viene alla luce unerme neutica il cui procedimento perfettamente antitetico a quel lo dellermeneutica praticata da Ricoeur ne L a Symbolique du mal. Se lo stile interpretativo adottato fino a quel momento da Ricoeur era uno stile interpretativo di tipo amplificatore, ossia uno stile interpretativo mirato allo svelamento del sur plus di significato che si presupponeva essere contenuto nel simbolo, lermeneutica freudiana, al contrario, si presentava con i caratteri di unermeneutica riduttrice, animata da un movimento regressivo orientato verso linfantile e larcaico e, dunque, mirata a fare unarcheologia o una genealogia dei simboli, che ne rivelasse le mistificazioni. Questi elementi hanno permesso a Ricoeur di accostare lo stile ermeneutico di Freud, definito, appunto, riduttore od archeologico, a quello di Feuerbach, M arx e Nietzsche, per i quali autori Ricoeur ha coniato la felice espressione di Mae stri del sospetto. Lo stile interpretativo di tipo restauratore, definito anche teleologico, ha invece i suoi modelli nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel e nella fenomenologia della religione di Mircea Eliade. Lincontro con lopera di Freud di particolare importan za perch attraverso la riflessione sugli uguali diritti delle interpretazioni rivali che Ricoeur ha acquisito consapevolezza delle problematiche di carattere epistemologico sollevate dal conflitto delle interpretazioni. Lanalisi di queste problematiche costituir uno dei punti focali della nostra ricerca. 1 Id ., 0
De l interprtation. Essai sur Freud, Paris, 1965.

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7. Il conflitto delle interpretazioni Nel 1969 Ricoeur pubblic una raccolta di saggi dal titolo Le Conflit des Interprtations. Essais d Ermeneutique i 11 in cui, oltre a riprendere i temi de la Symbolique du mal e di De l'Interprtation, cercava di fare i conti con la sfida lanciata dallo strutturalismo. La semiologia di Roland Barthes, la semiotica di A.J. Greimas, il criticismo letterario di G. Genette concentravano i loro interessi sulla sola struttura del testo, senza alcun riferimento alla presunta intenzione dellautore. A Ricoeur questa operazione sembrava consistere in unastra zione oggettivante, attraverso la quale il linguaggio veniva ridotto al funzionamento di un sistema di segni senza alcun ancoraggio in un soggetto u . Se lo strutturalismo concepiva il sistema linguistico come un sistema di segni costituito esclusivamente da relazioni inter ne tra unit differenziali, Ricoeur, al contrario, mostra come lunit primaria di significato in un linguaggio attuale sia co stituita dalla frase e non dal segno lessicale, frase che contiene almeno latto sintetico della predicazione. Ricoeur propone la seguente definizione del discorso: qualcuno dice qualcosa a qualcunaltro, relativamente a qualcosa, in accordo a delle re gole (fonetiche, lessicali, sintattiche, stilistiche)13. Questa for mula permette di mettere in evidenza limplicazione, nellatto discorsivo, di un parlante e di un ascoltatore, oltre che di una relazione tra senso e referenza. Essa apre tre fronti di battaglia contro lo strutturalismo: innanzitutto viene introdotto un soggetto del discorso, inoltre il riconoscimento di una relazio ne intersoggettiva, implicata nellatto di discorso, solleva tutta la problematica dellintersoggettivit e della comunicazione, completamente ignorata dallo strutturalismo; infine, la distin zione tra senso e referenza introduce un elemento di natura

12 A A .v v .,

11 Id., Le conflit des interprtations. Essais d hermneutique, I, Paris, 1969. The philosophy o f Paul Ricoeur, cit., p. 22. 13 Ibid.

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extralinguistica e va dunque contro lassioma strutturalista se condo cui ogni relazione rimane interna al sistema linguistico. Il confronto con lo strutturalismo ha comunque sempre pi persuaso Ricoeur della necessit di un passaggio attraver so una lunga serie di mediazioni al fine di accedere allautocomprensione. 8. L a metafora viva Nel 1975 Ricoeur pubblica La Mtaphore vive14, il cui centro di gravit costituito dallo studio del fenomeno del linnovazione semantica, ossia della produzione di un nuovo senso attraverso il processo linguistico. La teoria aristotelica concepisce la metafora come risultan te dal trasferimento del significato abituale di una parola da una cosa ad un altra, la quale priva di denominazione pro pria ed vicina alla prima per la sua somiglianza ad essa. Ricoeur, al contrario, individua il segreto della creazione di un nuovo significato non tanto nel fenomeno della denominazio ne, ma in quello della predicazione, passando cos dal livello della parola a quello della frase. Se la metafora consiste in una predicazione strana ed impertinente, essa cessa di apparire un ornamento retorico o una curiosit linguistica e risulta uno dei pi brillanti rivelatori del potere che il linguaggio ha di creare nuovi significati. In questa prospettiva diventa particolarmente importante il settimo studio, avente per oggetto il valore referenziale della metafora. Il linguaggio poetico permette, se condo Ricoeur, di operare una ridescrizione della realt, di rivelare aspetti del reale inaccessibili al linguaggio ordinario. Ne\VAutobiografia intellettuale1S, recentemente pubblica ta, Ricoeur confessa di essere ancora convinto delle afferma zioni fatte nel suo vecchio libro sulla metafora, ma di essersi nel frattempo accorto di aver precedentemente trascurato un

14 P. R ic o eu r , La mtaphore vive, Paris, 1975.


15 A A .vv., The philosophy o f Paul Ricoeur, cit., pp. 3-53.

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passaggio tra la referenza o lintenzionalit del linguaggio metaforico e la dimensione del reale rivelata da questa forma linguistica. Lanello mancante costituito dallatto di lettura: infatti il lettore, in quanto interlocutore dellatto di linguag gio presente nel poema, che si riferisce-a. Una sentenza si riferisce a qualcosa solo nella misura in cui qualcuno si rife risce a qualcosa. Se, inoltre, latto attraverso cui il poeta si riferisce ad una qualche realt viene abolito nel poema che, una volta scritto, acquista una sua autonomia; allora ci che solo risulta rilevante latto intenzionale del lettore che, in un certo senso, fa la metafora. Dunque il mondo che viene ridescritto non una realt qualsiasi, ma quella appartenente al mondo del lettore. Nel 1983 Ricoeur pubblica Temps et Rcit, opera da con siderarsi per molti versi gemella de La Mtaphore vive, soprat tutto perch il fenomeno dellinnovazione semantica, che ne La Mtaphore vive era studiato a livello di proposizioni, ora viene studiato a livello dellintreccio narrativo presente nei testi narrativi. 9. Lermeneutica testuale, la dialettica tra comprensione e spiegazione, la filosofia pratica Gli anni che separano la pubblicazione di Temps et Rcit (1983) dalla pubblicazione della Mtaphore vive (1975) vedono la riflessione ricoeuriana espandersi in diverse direzioni, pre parando il terreno allelaborazione di Soi-mme comme un autre (1990). Vi innanzitutto la riflessione sulle dinamiche dellerme neutica testuale, che inizia con il saggio dedicato a Gadamer e pubblicato nel 1970, dal titolo Q uest-ce quun texte? Expli cation et comprhension16. In esso vengono messe a tema
16 P. R ic o e u r , Q uest-ce qu un tex tef Expliquer et com prendre, in Hermeneutik und Dialektik. Aufstze II. Sprke und Logik. Theorie der Auslegung und Probleme der Einzelwissenschaften. Hans Georg Gadamer zum 70. Geburtstag. Tubingen 1970, pp. 181-200.

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regole di comprensione pi complesse di quelle messe in atto nellelaborazione di una proposizione. In secondo luogo Ricoeur riflette sulla dialettica tra com prensione e spiegazione, come gi il titolo del saggio del 1970 dimostra. Dilthey, com noto, ha posto i due termini in contrapposizione in base ad un triplice criterio: 1) La spiegazione, metodo proprio alle scienze naturali, si fonda sullosservazione dei fatti; mentre la comprensione, con cui hanno piuttosto a che fare le scienze umane, si basa sullappropriazione di segni esterni o della vita mentale di un altro individuo. 2) Lattitudine esplicativa ha un carattere oggettivo e distac cato, mentre lo sforzo di comprensione implica un trasferimen to in una vita estranea per mezzo di un atteggiamento empatico. 3) Allesame analitico delle catene causali nella spiegazio ne corrisponde lapprensione della coesione di connessioni significanti. Il dualismo epistemologico inoltre rinforzato dal dualismo ontologico che oppone natura e spirito. Ricoeur ha cercato di superare questa dicotomia mostran do come le scienze del testo impongano il passaggio della comprensione attraverso una fase esplicativa, quale la spiega zione genetica o quella strutturale. Il terzo centro di interesse ricoeuriano, durante questa fase intermedia, si costituito attorno alla filosofia della pra tica. Nel 1971 egli aveva tenuto, a Lovanio, un corso sulla semantica dellazione, seguito da una serie di seminari tenuti negli anni successivi a Nanterre sullo stesso argomento. I ri sultati di questi seminari sono stati raccolti nel volume La Smantique de laction17, pubblicato nel 1977. Linteresse per il mondo della pratica ha diverse motiva zioni: vi , innanzitutto, la risorgenza dellantico tema della volont, vi poi, senza dubbio, linfluenza della filosofia analitica, con cui Ricoeur era entrato in contatto durante gli anni di insegnamento in Canada e a Chicago. La filosofia
17 Id., La smantique de l action. I. Le discours de l action, Paris, 1977.

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analitica ha infatti sviluppato molto la riflessione sulla semantica e la pragmatica delle azioni-sentenze. Infine, il primato dato al concetto di azione, determinato anche da un crescente inte resse per la filosofia morale e politica. Nel 1974 infatti Ricoeur ha tenuto una conferenza a Lovanio dal titolo II posto della nozione di legge in etica18, dove afferma che Pobbligazione morale si situa ad un livello inferiore rispetto al desiderio personale di felicit e pienezza. 10. Lintersezione tra linsegnamento di Husserl e quello di Gadamer Durante questo periodo Ricoeur si continuamente sfor zato di porre in relazione leredit della fenom enologia husserliana e quella dellermeneutica post-heideggeriana di Gadamer, come dim ostrano lo scritto Fenomenologia ed Ermeneutica19, pubblicato da E.W Orth in Phaenomenologische Forschungen (1974), e larticolo dal titolo On Interpre tation20, pubblicato in Philosophy in France Today (1983). Secondo Ricoeur ci che lermeneutica ha distrutto non la fenomenologia in s, ma linterpretazione idealistica ad essa data da Husserl nel primo volume delle Idee per una fenome nologia pura e per una filosofia fenomenologica e nelle Medi tazioni cartesiane. Secondo Ricoeur, nonostante lapparente opposizione tra ermeneutica e fenomenologia, la fenomenologia rimane line vitabile presupposto dellermeneutica. Lideale di scientificit della fenomenologia si oppone allesperienza primaria, messa in luce dallermeneutica, di appartenere ad un mondo speri mentato innanzitutto nella modalit della passivit e della 1 Id., 8
1974.

Place de la notion de loi en tique, Maison Saint Jean, Louvain

1 Id., Phnomnologie et hermneutique, Man and World, 7, 1974, n. 3, 9 agosto, pp. 223-253. 20 Id., On Interpretation, in Philosophy in France today, a cura di A. Montefiore, Cambridge 1983.
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recettivit. La ricerca husserliana di un ritorno allintuizione si oppone alla necessit imposta alla comprensione di passare attraverso linterpretazione, inevitabilmente plurivoca. Cio nonostante, la fenomenologia rimane linsuperabile presupposto dellermeneutica, perch entrambe hanno optato per il senso: lesperienza in tutta la sua ricchezza per principio esprimibile e la domanda posta su qualsiasi ente innanzitutto una do manda posta sul senso di quellente. Lopera di Husserl in cui la fenomenologia non appare, secondo Ricoeur, ancora affetta dalla curvatura idealistica sono Le Ricerche Logiche, dove la tesi dellintenzionalit rivela una coscienza diretta fuori di s. Attraverso questa riflessione sullo statuto dellermeneutica e sul suo rapporto con la fenomenologia Ricoeur giunto a superare la sua iniziale concezione dellermeneutica come in terpretazione restauratrice delle espressioni simboliche, per formulare lidea di un autocomprensione mediata dai segni, dai simboli e dai testi. Egli inoltre giunto a superare la fascinazione precedentemente subita ad opera del testo scritto per essere condotto verso la sfera dellazione umana, Poltre testo per eccellenza. Secondo Ricoeur la stessa dinamica interna alla teoria del testo che ci conduce inevitabilmente dal testo allazione: la referenza testuale e la relazione intersog gettiva implicata dal discorso riorientano lanalisi verso il mondo pratico del lettore, che il testo ridescrive o rifigura. 11 .Tempo e racconto Questo scivolamento dallermeneutica del simbolo verso lermeneutica del testo e dallermeneutica del testo verso lermeneutica dellazione, intercorso nel periodo che si situa tra la pubblicazione de La Mtaphore vive e quella di Temps et rcit, trover la sua conferma in Temps et rcit21. 2 1 Id., Temps et rcit, I, Lintrigue et le rcit historique, Paris, 1983; Id., Temps et rcit, II, La configuration dans le rcit de fiction, Paris, 1984; Id., Temps et rcit, III, Le temps racont, Paris, 1985.
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Ricoeur, nella sua autobiografia intellettuale, dice che solo De l Interprtation e L a Mtaphore vive costituiscono delle vere e proprie pietre miliari situate nelPitinerario che conduce dalla prima grande opera, L a Philosophie de la Volont, sino a Temps et rcit, opera monumentale in tre volumi. Va co munque osservato che le due opere summenzionate avevano costretto la riflessione filosofica ad un passaggio attraverso la psicoanalisi e la retorica, ossia attraverso due discipline for matesi allesterno del suo campo, mentre in Temps et Rcit, cos come nellultimo lavoro di grande impegno, Soi-mme comme un autre, la riflessione si nutre direttamente alle fonti della grande tradizione filosofica, sia che si tratti di affrontare il problema del tempo, come nel primo caso, o del s, visto nellottica della relazione dialettica dello stesso e dellaltro, come avviene invece nel secondo caso. I tre volumi di Temps et Rcit sviluppano ununica idea guida, ossia che il processo narrativo abbia termine solo nel lesperienza del lettore, la cui esperienza temporale viene rifigurata dal racconto. Da questo punto di vista il tempo costituisce il referente della narrativa, dal momento che la funzione della narrativa quella di articolare il tempo in modo tale da poter dare ad esso la forma dellesperienza umana. La nozione del tempo contiene, secondo Ricoeur, un vero e proprio groviglio di aporie, la maggiore delle quali consiste nellirriducibilit dellapproccio fisico-cosmologico allapproc cio psicologico-fenomenologico del problema del tempo. In altre parole, impossibile derivare il tempo dellanima dal tempo del mondo e viceversa. Le riflessioni ricoeuriane sul tempo e sulla narrativa ave vano seguito opposti cammini sino alla scoperta o allinven zione di un punto di intersezione che Ricoeur ha individuato allincrocio tra il concetto di distensio animi, tratto dal Libro xi delle agostiniane Confessioni, e la teoria del mito tragico, presa a prestito dalla Poetica di Aristotele. Allaporia del tem po dellanima, che si distende tra un passato ricordato, un presente intuito e un futuro atteso, corrisponde lintreccio narrativo dellazione rappresentata.
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Lintreccio narrativo offre un notevole esempio di innova zione semantica, paragonabile a quella di cui Ricoeur aveva parlato ne La Mtaphore vive, anche se i percorsi dellimma ginazione creativa sono diversi nei due casi: nella metafora linnovazione semantica ottenuta attraverso unattribuzione abusiva, mentre nel caso del racconto essa viene prodotta dalla combinazione originale, allinterno di un intreccio nar rativo, di intenzioni, cause e sorte. Nellopera che stiamo esaminando viene svolta inoltre una riflessione sul rapporto tra storia e fiction, riguardo al quale Ricoeur avanza alcune opinioni interessanti. Secondo il no stro autore lintelligenza narrativa, ossia la capacit di com prendere gli intrecci narrativi, sta alla base della spiegazione storica; ma, dicendo questo, egli non ha la minima intenzione di ridurre la storia alla fiction. Tuttaltro; egli infatti riconosce lesistenza di una rottura epistemologica tra i due domini culturali, determinata dal fatto che la storia, al contrario della fiction, ha la pretesa di raccontare dei fatti realmente accaduti e che quindi lo storico ha il dovere di dimostrare la veridi cit del suo dire attraverso il ricorso a documenti, testimo nianze ecc. La configurazione narrativa, dunque, viene presa in esa me, sia a livello della fiction che a livello del sapere storico, nella misura in cui essa costituisce un modo attraverso il quale il tempo viene ordinato. Un ultimo problema che Ricoeur esamina a lungo in Temps et rcit quello della referenza del discorso. Ricoeur, gi a partire da L a Mtaphore vive, aveva parlato, seguendo R. Jakobson ed in opposizione a Frege, di una re ferenza al reale degli enunciati metaforici. La metafora, se condo Ricoeur, contribuisce alla ridescrizione del reale e del nostro essere al mondo, per mezzo di una corrispondenza tra un vedere-come, sul piano del linguaggio, ed un essere-come, sul piano ontologico. Successivamente alla pubblicazione de La Mtaphore vive venuta sempre pi in chiaro a Ricoeur limportanza della mediazione della lettura in tutto questo processo.
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, per, solo in Temps et Rcit in che vengono tirate tutte le conseguenze di questo ripensamento del concetto di refe renza metaforica, attraverso la sua estensione agli enunciati narrativi. Il retroterra di queste riflessioni costituito dalla lezione heideggeriana sul concetto di verit e dalla polemica condotta da Heidegger contro le teorie corrispondenzialiste della verit. La verit degli enunciati metaforici e narrativi consiste infatti in una manifestazione piuttosto che in una corrispondenza esatta tra enunciato e realt. Gli enunciati metaforici sono veri nella misura in cui permettono di scopri re dimensioni nascoste delPesperienza umana e di trasformare la nostra visione del mondo. La fiction e la storia rimodellano, in maniera diversa, lespe rienza del lettore: luna lo fa attraverso la sua irrealt, laltra, invece, lo fa sulla base di una ricostruzione del passato, fon data sulle tracce che luomo ha lasciato. M a questa non lunica forma attraverso cui la fiction e la storia si interseca no; esse, infatti, attraverso le loro molteplici intersezioni, contribuiscono a dare forma a quella che Ricoeur chiama lidentit narrativa degli individui e delle comunit storiche. 12. S come un altro Nel 1986 lUniversit di Edimburgo chiam Ricoeur a tenere una serie di conferenze nel quadro delle G ifford Lectures, invito al quale egli rispose proponendo come ogget to di riflessione una serie di investigazioni, che egli andava in quel tempo conducendo, sulla nozione di soggetto. Da questa serie di conferenze prese in seguito forma lultima grande opera della vasta produzione ricoeuriana: Soi-mme comme un autre22. In essa Ricoeur sviluppa un tema pi volte accen nato nelle opere precedenti, ovverosia la polemica contro lim mediatezza della posizione del cogito in tutta quella tradizio ne di pensiero che da Cartesio conduce fino ad Husserl. La
22 Id., Soi-mme comme un autre, Paris, 1990.

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critica di Cartesio alla certezza, con cui il senso comune investe lesistenza ed il senso della realt esterna, doveva essere rivolta contro il cogito stesso, unico baluardo che ancora si sottraeva, in Cartesio, al dubbio iperbolico. Lultima grande opera di Ricoeur attraversata, da cima a fondo, dalla ferma convinzio ne che il cogito non pu essere oggetto di unintuizione imme diata e che esso deve essere riconquistato a partire da un lungo lavoro di interpretazione dei segni che esso ha lasciato nelle culture dei popoli. Da queste premesse, prende senso e forma la distinzione ricoeuriana tra lio, ipotetico oggetto di una presunta intuizione immediata, e il s, conquista faticosa, frutto di un lungo detour ermeneutico. Ricoeur, in questa sua opera, si impegnato in un lavoro di ricostruzione dellidentit del s che si avvale delle risorse del metodo riflessivo. Questa ricerca si snoda secondo almeno tre passaggi fondamentali: 1) Innanzitutto Ricoeur cerca di integrare le varie proce dure oggettive concernenti il discorso e lazione nelloperazio ne riflessiva, di modo che il detour attraverso loggettivazione possa garantire lirriducibile distinzione tra limmediatezza delFego e la riflessivit del s. 2) In secondo luogo opera una distinzione tra lidentit propria alla medesimezza e lidentit propria allipseit, essen do la prim a pi adatta alle caratteristiche oggettive od oggettivizzate del soggetto e la seconda invece propria della soggettivit in quanto capace di essere responsabile del pro prio dire o fare. 3) In terzo luogo elucida la componente di passivit e di alterit inerente alla soggettivit. Questa riflessione si riallaccia alle precedenti investigazioni relative alla dimensione dellin volontario condotte nellopera del 1950, oltre che a quelle dei suoi maestri Jaspers e Marcel, relative alle situazioni limite e allessere corporale. Ricoeur individua tre livelli dellalterit: lalterit del cor po proprio, lalterit relativa allintersoggettivit e, infine, lalterit propria alla coscienza, in quanto voce che parla al

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VERIT DEL M E T O D I

linterno di noi, ma che, al tempo stesso, viene percepita come appello, come voce rivolta a noi e come ingiunzione. Le Gifford Lectures vennero tenute nel febbraio 1986, ma, rispetto alla strutturazione definitiva di Soi-mme comme un autre, in esse mancava la parte relativa alletica, parte che verr sviluppata da Ricoeur nel corso di una serie di conferen ze tenute allUniversit La Sapienza di Roma. Nella parte etica della sua riflessione sul s Ricoeur affer ma che la dimensione etica pi fondamentale di ogni norma ed definibile come desiderio di vivere bene con gli altri e per gli altri allinterno di istituzioni giuste. Il passaggio dal letica alla moralit richiesto, secondo Ricoeur, dalletica stessa, nella misura in cui il desiderio della vita buona si trova a far fronte alla violenza in tutte le sue forme. Infine, la moralit rinvia alla saggezza pratica, a causa dei continui conflitti che si instaurano tra i doveri e che la saggezza pratica chiamata ad arbitrare. Il capitolo finale, lunico a portare un punto di domanda nel titolo, ha come proprio oggetto lontologia. Nella prima parte di questo capitolo problematico Ricoeur prende in esa me il fenomeno dellattestazione o della credenza non dossica, intesa come un modo aletico dellermeneutica del s. Nella seconda parte istituisce un legame tra lagire, inteso in senso fenomenologico, e latto dessere sul piano ontologico e, in fine, nella terza parte, porta la sua analisi sulla polisemia dellalterit, che si articola nelle tre summenzionate dimensio ni del corpo proprio, dellaltro e della coscienza morale.

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Parte prima TEO RIA D ELLA VERIT

LA TEORIA DELLA VERIT NEL PENSIERO DI RICOEUR

Introduzione Entriamo dunque nel vivo delle nostre riflessioni con unanalisi critica della teoria della verit nel pensiero di Ricoeur. La problematica che andremo ad analizzare riveste un carattere decisivo, perch, come cercheremo di dimostra re, data una certa idea del vero, ne conseguono un certo tipo di epistemologia e di ontologia. Inoltre, capire in che cosa consista il discorso filosofico in quanto tale e che cosa ne costituisca la peculiarit, significa anche, e soprattutto, com prendere quale sia la specificit della verit filosofica, che cosa distingua la verit filosofica dalla verit scientifica, este tica, teologica e dalle altre forme della verit. Aristotele e Platone distinguevano, infatti, la filosofia dal mito in virt del diverso valore aletico del discorso mitico e di quello filosofico. Cos, oggi, si inclini a distinguere il concetto scientifico di verit, basato sulla verificabilit empirica di determinate ipotesi, dai vari significati che il concetto di verit riveste in filosofia. Il concetto di filosofia che un filosofo professa intima mente legato alla nozione di verit filosofica che egli possie de: vi , infatti, addirittura chi ha pensato di poter distingue re, allinterno della storia della filosofia, tre grandi fasi, in base alle concezioni della verit che hanno dominato ciascun periodo. Sarebbe infatti riscontrabile una predominanza del concetto di verit intesa come adeguazione del pensiero al reale nella filosofia antica e medievale, un concetto di verit
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VERIT DEL METODO

intesa come coerenza1 o adeguazione rispetto ad un sistema complessivo nel pensiero moderno (si pensi, in particolare, a Spinoza e a Hegel) e, infine, nel pensiero contemporaneo, una complessificazione del concetto di verit attraverso le nozioni di verit come scoperta, come veracit capace di resistere al sospetto e alla demistificazione o, ancora, come coerenza ri spetto ad un determinato gioco di linguaggio2.
' Il termine coerenza non va qui inteso in senso formalistico. Ci che vogJio dire che, per Hegel, non possiede verit lastratto, ossia ci che viene pensato indipendentemente dalla sua relazione con il tutto, mentre vero il concreto, cio la parte in quanto pensata nella sua relazione al tutto. 2 Uno studio interessante, che ripercorre alcuni momenti della storia del pensiero occidentale alla luce del problema della verit, approdando infine ad unanalisi dettagliata delle posizioni d Heidegger, Gadamer e Ricoeur, relativa mente alla teoria della verit, contenuto nel volume dello studioso americano James Di Censo dal titolo Hermeneutics and the Disclosure o f Truth. A Study in the Work o f Heidegger, Gadamer and Ricoeur, University of Virginia ( usa ), 1990. Dopo aver dedicato alcune riflessioni al pensiero di Platone, Aristotele e Tommaso dAquino, che incarnerebbero, secondo Di Censo, una concezione corrispondenzialista della verit, e a Spinoza ed Hegel, nei cui scritti sarebbe rinvenibile un concetto di verit intesa come coerenza allinterno di un sistema organico, lo studioso americano mette in luce le novit emerse con Heidegger, Gadamer e Ricoeur. Con questi tre autori emerge un nuovo modo di intendere la verit, la verit viene pensata come rivelazione, come scoperta, come illumi nazione di dimensioni del reale insopettate ed inattese. Scrive Di Censo: Lap proccio dinamico e rivelativo alla verit sviluppato da Heidegger, Gadamer e Ricoeur rimuove la chiusura degli schemi interpretativi e apre la nostra com prensione verso dimensioni represse ed impensate dellesistenza (ivi, p. 143). Per gli esseri umani lesperienza non accade in modo immediato senza lin fluenza di fattori interpretativi. La percezione ed il giudizio sono formati da una variet di forze culturali e personali che delimitano ed interpretano i fenomeni. Inoltre, luso linguistico contribuisce alla formazione di mondi culturali, e la sua forza mimetica irriducibilmente creativa e trasformativa (ivi, pp. 144145). Lermeneutica fa riferimento al problema del relativismo inerente alla natura finita, interpretativa e prospettica dellesistenza umana. Essa non fa ci ponendo una verit apodittica che si situi al di l della contingenza, ma vedendo la verit nella consapevolezza crescente generata dallinterscambio critico di istanze finite. [...] Essa provvede una base storica e linguistica piuttosto che ideale alla verit, e nel fare ci articola la dimensione critico-trascendentale dellesperienza della verit (ivi, p. 146). Di Censo, nel rilevare la grande novit presente nel concetto rivelativo della verit, si spinge addirittura ad uneziologia dellesigenza di una verit apodittica (esigenza che ha caratterizzato una gran parte della tradizione filoso fica occidentale), esercitando in maniera egregia quella che Ricoeur definirebbe unarte del sospetto. Scrive infatti Di Censo: Ci che limita e distorce lespe rienza umana della verit non sono la pluralit e la finitudine in quanto tali, ma,

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TEORIA DELLA VERIT

Il pensiero contemporaneo ha fornito alcuni notevoli con tributi alla determinazione del senso e dellessenza della veri t. Un grosso dibattito si ad esempio sollevato, almeno per ci che concerne la filosofia continentale, attorno alle tesi sostenute da Heidegger su questo tema in scritti quali Essere e Tempo3, Sullessenza della verit 4 e Domande fondamentali della filosofia5. Le teorie heideggeriane hanno fortemente scosso la concezione tradizionale, propria anche al senso co mune, secondo cui la verit consisterebbe in unadeguazione del pensiero al reale. Per Heidegger, infatti, la realt non pi un dato oggettivo e stabile a cui ci si debba adeguare, ma qualcosa che pu essere interpretativamente trasformato. Anche laltro grande filone della filosofia contemporanea, quella di matrice anglosassone, ha contribuito alla messa in discussione della concezione tradizionale della verit. Wittgen stein, infatti, nello scritto dal titolo On Certainty 6, considera la nozione tradizionale di verit, intesa come adeguazione del pensiero ai fatti, come non informativa e sviarne. Questo perch ci sono molti modi in cui unespressione pu essere
piuttosto, la fissazione su prospettive chiuse da parte della mente finita. Una tale fissazione deriva dalla fusione di bisogni e prospettive soggettivi con un ideale oggettivo. Inoltre, la fissazione su verit statiche sembra essere associata con orientamenti mirati al dominio e al controllo. Solo se posso essere sicuro che ci che ho afferrato da ora in avanti immutabile ed immune alle contin genze del fato, la mia conoscenza pu darmi la sensazione di un vero dominio sulloggetto. Un tale dominio, comunque, costituisce unillusione di fronte alla natura radicalmente temporale ed interpretativa della nostra esistenza. La fissa zione su forme apodittiche della conoscenza crea una chiusura della compren sione, che diminuisce le capacit di crescita e di trasformazione di un individuo e di una cultura {ivi, pp. 149-150). 3 M. H eid eg g er , Essere e Tempo , Milano, 1976, trad. it. di Pietro Chiodi dalloriginale tedesco Sein und Zeit, Tbingen, 1927, sezione prima, capitolo sesto. 4 Id., Sullessenza della verit, Brescia 1973, trad. it. di Umberto Galimberti dalloriginale tedesco Vom Wesen der Wahrheit, Frankfurt a.M., 1954.
5 Id ., Domande fondamentali della filosofia. Selezione di problemi della logica , Milano, 1988, trad. it. di Ugo Maria Ugazio dalloriginale tedesco Grundfragen der Philosophie. Ausgewhlte Probleme der Logik , Frankfurt

a.M., 1984.

6 L. W itt g e n st ein , On Certainty, a cura di E. Anscombe e G.H. von Wright,


Oxford, 1974.

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VERIT DEL METODO

impiegata e, dunque, ci sono molte ragioni, diverse tra loro, a partire dalle quali si pu decidere in favore di una propo sizione. Detto in altri termini, poich una proposizione pu essere usata solo allinterno di un determinato gioco di lin guaggio, possibile fornire delle ragioni a supporto di quella determinata proposizione solo rimanendo allinterno di un particolare sistema di credenze. Da ci segue che io non posso provare che il punto di vista di qualcuno, che si muove allin terno di un gioco di linguaggio diverso dal mio, sia falso, perch tutte le ragioni che io posso addurre non verranno riconosciute come ragioni dal mio interlocutore. Lunica cosa che potrei fare, in questo caso, sarebbe convertire il mio interlocutore al mio punto di vista, perch al termine di tutte le ragioni vi solo la persuasione7. Vedremo nei prossimi paragrafi come anche in Ricoeur sia allopera una profonda revisione del concetto tradizionale di verit, consapevole dei pi recenti contributi della ricerca fi losofica. Vedremo inoltre come il modo di intendere la verit da parte di Ricoeur abbia delle dirette implicanze sul tipo di epistemologia e di ontologia che viene elaborata dal nostro autore. Questo ultimo punto, infatti, ci introdurr nella problematica delle prossime due sezioni, dedicate, rispettiva mente, allepistemologia e allontologia. 7 J o h n B. T h o m p so n , uno studioso inglese formatosi alla scuola della filo sofia del linguaggio ordinario, ha scritto un volume dal titolo C riticai
Hermeneutics. A study in the thought o f Paul Ricoeur and Jrgen Habermas
(Cambridge, 1981), in cui prende in esame, tra le altre cose, la teoria della verit nel pensiero di Ricoeur e di Habermas, ponendo a confronto questi autori con la filosofia del linguaggio ordinario. I risultati della riflessione di Thompson sono molto interessanti. Innanzitutto egli ammette una certa insod disfazione nei confronti della teoria della verit elaborata dai filosofi del lin guaggio ordinario che sfocerebbe, secondo Thompson, in un inaccettabile relativismo. Di qui la necessit di interrogare su questo tema due figure di punta della filosofia continentale. Dopo aver preso in considerazione le proposte teoriche di Wittgenstein, Strawson e Hare, a proposito del problema della verit, Thompson conclude: Cos, proprio come lattacco di Strawson alla teoria corrispondenzialista della verit assomiglia alla critica wittgenstainiana del punto di vista tradizionale, cos anche lanalisi di Hare del linguaggio valutativo riproduce la paralisi wittgenstainiana dellargomentazione razionale (ivi, p. 27).

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TEORIA DELIA VERIT

1. Il concetto di verit nel pensiero di Ricoeur Sono rarissimi i testi in cui Ricoeur prende esplicitamente in esame, dal punto di vista dellanalisi formale, la problematica della verit nei suoi diversi aspetti. Il pensiero di Ricoeur si costituisce, infatti, attraverso limpiego in acto exercitu di una serie molteplice di strategie teoriche e di metodi diversi che guidano landamento della riflessione, piuttosto che caratte rizzarsi per unampia riflessione preliminare di carattere metodologico. Tra i pochi documenti attestanti la riflessione ricoeuriana sul concetto e sulla teoria della verit ho trovato particolar mente interessanti la registrazione in videocassetta di un di battito su Filosofia e verit, tenutosi nel 1965, presso la sede dellEcole Normale Suprieure di Parigi, a cui erano presenti, oltre a Ricoeur, Georges Canguilhem, Michel Fou cault, Jean Hyppolite, Alain Badiou e Dina Dreyfus8; alcuni saggi raccolti nel volume Histoire et Vrit9, alcuni capitoli de L a mtaphore vve10 e di Temps et rcit11, dedicati al proble ma del tipo di referenza proprio alla metafora e al discorso narrativo e, infine, due testi recenti dedicati alla nozione di attestazione, la quale gioca un ruolo decisivo relativamente al concetto di verit nel campo dellagire12. Ci che viene subito in chiaro, a chiunque affronti i testi in cui Ricoeur riflette sulla tematica del vero, che Ricoeur possiede una nozione polisemica della verit. Il vero si dice in molti modi, come lessere. Da questa nozione plurivoca del vero converr, allora, iniziare la nostra analisi, facendo per,
8 La trascrizione completa e fedele del dibattito ora disponibile in M. Dits et crits, vol. i, pp. 448- 464, a cura di D. Defert e F. Ewald, Paris, 1994. 9 P. R ic o eu r , Histoire et vrit, Paris, 1955. 1 Id., La mtaphore vive, Paris, 1975. 0 1 Id., Temps et Rcit, voll, i/ii/iii, Paris, 1983/1984/1985. 1 12 Mi riferisco a Lattestation: entre phnomnologie et hermneutique, contenuto in P aul R ic o eu r , Les mtamorphoses de la raison hermneutique, a cura di J. Greisch e R . Kerney, Paris, 1991, e a Vers quelle ontologie?, contenuto in Soi-mme comme un autre, Paris, 1990.

F o ucault ,

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prima di affrontare direttamente lopera di Ricoeur, un passo indietro, sino ad Aristotele. 2. L a plurivocit del vero Lidea della plurivocit del vero, che Ricoeur ha sostenuto in numerose occasioni, risale ad Aristotele, il quale, per pri mo, ha tentato una qualche sitemazione dei vari sensi in cui qualcosa pu dirsi vero. NellErica Nicomachea Aristotele distingue due parti del lanima razionale: una con la quale conosciamo quel genere di enti i cui principi non possono essere diversamente da quelli che sono, laltra con la quale conosciamo gli enti che lo p o sso n o 13. La prima di queste due parti definita da Aristotele scientifica e laltra calcolatrice o deliberatrice, poich il calcolo e la deliberazione avvengono solo a propo sito delle cose che possono essere diversamente da quelle che sono. Il campo morale, ad esempio, ha a che fare con le realt mutevoli. Esso il luogo della scelta, che viene definita come un desiderio deliberato e viene detta buona se originata da un desiderio retto e da un calcolo vero. Retto e vero, in questo caso, hanno una valenza pratica. Osserva infatti Aristotele: Del pensiero teoretico, che non n pratico n poietico, il buono e il cattivo stato sono il vero e il falso (questo infatti il compito di tutta la parte razionale); ma il buono stato della parte pratica e razionale la verit corri spondente alla rettitudine del desiderio14. Secondo Aristotele, dunque, sarebbe un grave errore identificare la verit con quello che, invece, solo il suo aspetto teorico. Su questo punto, infatti, il nostro autore non potrebbe essere pi peren torio: la funzione di ambedue le parti razionali la verit;

1 A r is to te le , 3

Etica Nicomachea, vi 2, 1139 a 7-10, trad, di Marcello

Zanatta, Milano, 1986. 14 Ivi, vi 2, 1139 a 28-32.

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pertanto le disposizioni secondo cui ciascuna di esse coglier il vero al massimo grado saranno, per luna e per laltra parte, le loro virt15. Entrando nel dettaglio della sua analisi Aristotele precisa che le disposizioni con le quali lanima dice il vero, affer mando o negando, sono in numero di cinque. Queste sono larte, la scienza, la saggezza, la sapienza e lintelletto16. La scienza, lintelletto e la sapienza riguardano le realt immuta bili, mentre larte e la saggezza quelle mutevoli. La scienza, osserva Aristotele, una disposizione che di rige la dimostrazione in maniera certa ed evidente verso una conclusione, a partire da principi primi, veri ed immediati. Lintelletto, invece, coglie quei principi primi che stanno alla base delle dimostrazioni della scienza. La sapienza, a sua vol ta, linsieme di intelletto e scienza, scienza delle realt che sono pi degne di pregio coronata dallintelligenza dei supre mi principi17. Larte e la saggezza hanno a che fare con le realt mutevoli e, in particolare, con la produzione e lazione. Quindi, dal momento che lazione e la produzione sono cose differenti, anche i modi in cui la verit si dice a proposito del produrre e dellagire saranno diversi. Larte , infatti, quella disposizio ne accompagnata da ragionamento vero che dirige il produrre (e la mancanza di arte una disposizione che dirige il produr re accompagnata da ragionamento falso); mentre la saggezza una disposizione vera, accompagnata da ragionamento, che dirige lagire, concernente le cose che per luomo sono buone o cattive18. La saggezza non n scienza n arte: non scienza perch loggetto dazione pu essere diversamente da quello che , non arte perch il genere dellazione diverso da quello della produzione. La condotta virtuosa, infatti, fine a s, mentre il fine del produrre diverso dalla produ15 16 17 18

Ivi, VI 2, 1139 Ivi, vi 3, 1139 Ivi, vi 7, 1141 Ivi, vi 5, 1140

b b a b

11-14. 15-18. 18-20. 4-6.

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0e

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zione stessa. La saggezza, inoltre, diversa dalla scienza e dallarte anche per il fatto che i suoi principi hanno bisogno di essere salvaguardati dalla temperanza. Alluomo corrotto per il piacere o per il dolore, osserva infatti Aristotele, il principio non appare subito, n gli appare che in vista di questo fine, n che in forza di questi motivi, deve operare tutte le sue scelte e compiere tutti i suoi atti. Infatti il vizio distruttivo del principio19. Al contrario, un uomo corrotto pu conoscere i principi della sapienza e dellarte allo stesso modo in cui li conosce un uomo moralmente virtuoso. Secondo Aristotele, comunque, lanima non dice il vero solo affermando o negando. In Metafisica ix 10, egli, infatti, porta alla luce un altro aspetto del vero, quello che ha come suo opposto non il falso, ma lignoranza. Scrive infatti Aristotele:
Per quanto concerne gli oggetti, il vero e il falso sono connessi col fatto che gli oggetti stessi sono uniti o divisi - di guisa che nel vero chi crede che sia diviso ci che diviso e che sia unito ci che unito, ed nel falso chi formula pensieri diversi dalla realt delle cose. [...] M a, per quanto concerne le cose non composte, in che consiste il loro essere o il loro non essere, la loro verit o la loro falsit? [...] In realt, il vero che presente nelle cose non composte non lo stesso, proprio come non lo stesso neppure lessere, ma il vero e il falso sono presenti in esse nel senso che il vero sta nellaver contatto diretto con una cosa e nellenunciarla (non sono, infatti, la stessa cosa afferma zione ed enunciazione), mentre lignoranza sta nel non aver contatto diretto con essa. [...] E la verit sta nel pensare siffatti oggetti, e non c, in merito a questi, n falsit n errore, ma soltanto unignoranza che, per, non affatto simile alla cecit, giacch la cecit somiglia piuttosto alla mancanza totale della capacit di pensare.20

Q uesto passo aristotelico ha suscitato l interesse di Heidegger il quale, pur lamentando la perdita dellesperienza
19 Ivi, VI 5, 1140 b 17-20. Metafisica, ix 10, 1051 b 1052 a, in I d., Opere, Roma-Bari 1988, voi. vi, pp. 273-274, trad, di Antonio Russo.

20 A r i s t o t e l e ,

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dellaletheia, originatasi nel pensiero greco e causata dalla sostituzione dellaletheia con Yomoiosis (la correttezza del lenunciazione), riconosce che tuttavia, unultima risonanza della verit era rimasta, senza essere in grado di passare nella futura storia della filosofia (cfr. Aristotele, Metafisica, ix 10) 21. Altrove Heidegger aveva osservato che non si pu lasciar passare inosservato che presso i greci, [...], era non meno viva loriginaria se pur preontologica comprensione della verit che fu fatta valere, almeno in Aristotele (Metafisica, ix 10), anche contro il coprimento che di essa faceva la loro ontologia 22. Enucleato questo quadro, che ci risulter utilissimo come punto di riferimento e termine di paragone, possiamo chie derci quali integrazioni porti, rispetto ad esso, la riflessione di Ricoeur sul tema della verit e quali lacune, invece, esso ci consenta di mettere in evidenza. 3. Verit e azione Aristotele, nellEtica Nicomachea, aveva caratterizzato la saggezza come la verit dellazione, spiegando che la saggezza una disposizione vera, accompagnata da ragionamento, che dirige lagire, la quale concerne le cose che per luomo sono buone o cattive. Se le cose stanno cos, allora noi possiamo rilevare che la saggezza ha s a che fare con la verit dellazio ne, ma solo per ci che riguarda laspetto morale dellazione. Aristotele non aveva infatti riflettuto approfonditamente sul laspetto premorale dellazione e sul tipo di verit che la ca ratterizza, aspetto a cui, invece, si rivolta lattenzione dei contemporanei. A queste analisi anche Ricoeur ha fornito un importante contributo23.
21 M. H e id eg g er , Domande fondamentali della filosofia, cit., p. 145. 11 Id ., Essere e Tempo, c it., p. 2 7 7 . 23 Si vedano, in particolare, La smantique de laction. 1re partie: Le discours de l action, Paris 1977 (trad. it. di Antonio Pieretti, La semantica dellazione , Milano, 1986) e Soi-mme com me un autre (terzo e quatto studio), Paris, 1990 (trad. it. di Daniella Iannotta, S com e un altro, Milano 1993).

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Ricoeur, sulla scorta delle riflessioni di Henrick von Wright e di Elisabeth Anscombe, ha messo in evidenza il carattere specifico del rapporto intenzionale che ciascuno di noi ha con la produzione delle proprie azioni. Laffermazione semplice e diretta del proprio poter fare, che ognuno di noi pronuncia nelle pi svariate occasioni, non pu essere provata o dimo strata, ma pu trovare conferma solo nel proprio esercizio e nellapprovazione che gli altri le accordano. Ci troviamo di fronte, in tutte queste situazioni, ad eventi che ci sono noti senza osservazione24. Per caratterizzare questo dominio epi stemologico Ricoeur ha coniato la nozione di attestazione25, definendola come una sorta di fiducia nelle nostre capacit di agire, la quale si caratterizza per il fatto di essere un crederein, piuttosto che un credere-che. Lattestazione molto vicina alla testimonianza: si potrebbe infatti dire che essa costituisce una sorta di testimonianza interiore. In questo senso, allora, lessere vero secondo lattestazione, che ha come proprio contrario il sospetto, assume un carattere del tutto specifico. Nella Metafisica aristotelica, infatti, il vero veniva caratteriz zato o come opposto al falso (il senso pi noto e pi ovvio del vero) oppure come opposto allignoranza (il significato del vero che verr pi tardi ripreso e reso celebre da Heidegger). Un secondo significato della verit propria allordine premorale dellazione riguarda, secondo Ricoeur, ladeguazione del progetto e dellintenzione alla loro effettuazione. Noi possiamo infatti riconoscerci nella produzione delle nostre azioni e, dunque, risalire dalleffettuazione dellazione allin tenzione di agire e possiamo, di conseguenza, valutare la convenienza delleffettuazione allintenzione. In questo senso unazione pu dirsi vera quando si adegua allintenzione e al progetto che lhanno prodotta.
24 P. R ic o eu r , Soi-mme com me un autre, cit., terzo studio. 25 Vedi P. R ic o eu r , Soi-mme comme un autre, cit., decimo studio, primo paragrafo; Id., Lattestation: entre phnomnologie et hermneutique, in J. G reisc h - R . K ea r n e y (a cura di), Paul Ricoeur. Les m tamorphoses de la raison hermneutique, Paris, 1991, pp. 381-403.

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Lesigenza di elaborare un criterio di verit proprio al mondo dellagire e distinto dallambito della verit scientifica, si inserisce in una linea di ricerche teoriche volte alla defini zione dello statuto specifico della prassi e avviate da tempo, nellambito della filosofia analitica, da autori come Henrick von Wright ed Elisabeth Anscombe, che Ricoeur dimostra, in pi occasioni, di apprezzare molto. In Explanation and Understanding26 von Wright distingue la situazione propria a chi osserva dei fenomeni naturali e quella propria, invece, al soggetto agente. Secondo von Wright, se il soggetto dellazione si ponesse, rispetto alla sua azione, come osservatore, egli si troverebbe nella situazione contrad dittoria di chi sente di essere libero di agire, ma che, allo stesso tempo, percepisce la propria azione come necessaria. Von Wright immagina, infatti, un soggetto che segue su di uno schermo i cambiamenti sopravvenuti nel suo cervello quando egli muove volontariamente la mano e che percepisce il suo movimento come causato da certi eventi materiali. Questo soggetto, secondo von Wright, continuerebbe a sentirsi libero nel momento in cui valutasse il suo movimento in termini di impressioni, desideri, motivazioni e ragioni dagire; anche se non si sente libero quando valuta lo stesso movimento come osservatore dei mutamenti fisico-chimici sopravvenuti nel suo cervello. Il vizio logico che determina questa paradossale si tuazione in cui si trova chi crede di potersi porre come osser vatore delle sue azioni, sta nel fatto che losservazione interna viene costruita sul modello dellosservazione esterna, mentre le due andrebbero nettamente distinte. La ricerca di un even to interiore si fonderebbe, infatti, su di un pregiudizio contemplativo, che non tiene conto del fatto che si sa ci che si fa solo facendolo. Secondo Ricoeur questa affermazione semplice, diretta, del poter fare, a cui fa allusione von Wright, non pu essere provata o dimostrata, ma solo attestata. In questo modo entra
26 G.H. V o n W r ig h t , Explanation and Understanding, New York 1971; trad. it. a cura di G. Di Bernardo, Spiegazione e comprensione, Bologna 1977.

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in gioco una forma di credenza diversa dalla doxa platonica, che rimaneva una forma di sapere inferiore e pi simile, in vece, al Glauben kantiano. Questa forma di credenza non pu essere dimostrata, ma pu ricevere conferma solo nel proprio esercizio e nellapprovazione che gli altri accordano ad essa. Similmente a von Wright Elisabeth Anscombe riprende, nel libro Intention27, la teoria dei giochi di linguaggio, per mostrare come, il discorso che parla di eventi accadenti nella natura e quello che parla di azioni intraprese dagli uomini, non facciano parte dello stesso gioco di linguaggio. Quando si parla di eventi entrano in gioco nozioni quali quelle di causa, legge, fatto, spiegazione ecc.; mentre, quando si parla di azioni, si ha a che fare con concetti quali quelli di progetto, dintenzione, di motivo, di ragione dagire, ecc. Elisabeth Anscombe distingue tra sapere-come e sapere-che, dove il sapere-come tratta di quegli eventi (ad es. le azioni) che sono noti senza osservazione. 4. Verit filosofica e verit scientifica: il dibattito con Canguilhem Un dominio del vero che non poteva essere noto ad Aristotele, ma che riveste unimportanza del tutto particolare, quello proprio alla scienza moderna. La scienza, osserva Ricoeur, costituisce uno di quei domi ni in cui la verit diventa un vero e proprio prodotto dello spirito, dal momento che nella scienza i fatti vengono elabo rati dallo spirito secondo certi criteri28. La caratteristica della scienza sperimentale , infatti, quella di porre come oggettivo il solo aspetto matematizzabile della realt, considerando come soggettive tutte le qualit percepite. La verit sperimentale dipende strettamente dal metodo che regola il processo di verificazione e dalla decisione di definire oggettivo solo laspet

27 G.E.M. A n sc o m b e , Intention, Oxford, 1979. 28 Vedi P. R ic o eu r , Histoire et vrit, Paris, 1955, p. 167.

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to matematizzabile del reale. La verit scientifica si distingue dalla verit dellagire, di cui abbiamo trattato sopra, perch noi non siamo gli autori della natura e, dunque, non abbiamo accesso alle sue modalit di produzione, come abbiamo acces so alle modalit di produzione delle nostre azioni. La verit concernente le leggi della natura , dunque, da un lato, una verit intesa come prodotto dello spirito (il quale decide di porre come oggettivi alcuni aspetti della realt piuttosto che altri) e, dallaltro, una verit intesa come accordo del pensiero con la realt (poich della realt e non dei fantasmi dello spirito che si vuole rendere ragione). La scienza ha dato spesso origine allo scientismo, che quellatteggiamento filosofico che consiste nellassolutizzazione della scienza e nella considerazione della verit scientifica come lunica forma di verit possibile. Ricoeur ha combattuto que sto atteggiamento, sottolineando con forza lautonomia della verit filosofica e la distinzione tra verit filosofica e verit scientifica. Relativamente alla necessit di questa distinzione Ricoeur entrato in polemica, nel 1965, con lo scientista Canguilhem. La videocassetta dal titolo Philosophie et vrit, in cui contenuto il dibattito tra Ricoeur e Canguilhem, fa parte di una serie di audiovisivi realizzati nel quadro di un programma sperimentale di trasmissioni, aventi come oggetto il pensiero filosofico contemporaneo, realizzati da Jean Flchet e prodot ti dalla Radio-Tlvision scolaire tra il 1965e il 1 9 6 929. Nella prima parte del dibattito ciascuno dei filosofi pre senti (oltre a Ricoeur e Canguilhem troviamo, come gi avevo anticipato sopra, anche Hyppolite, Foucault, Badiou e Dina Dreyfus) precisa sinteticamente la sua posizione relativamente al problema della verit in filosofia. Secondo Canguilhem la verit solo verit scientifica, eppure, ciononostante, la filosofia avrebbe, a suo parere, come

29 Vedi nota 8.

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proprio compito specifico la ricerca relativa alla natura, al senso ed allessenza della verit. M a, proprio a causa del lequazione da lui posta tra verit scientifica e verit toutcourt, la ricerca filosofica relativa al senso del vero sembre rebbe non poter mai giungere a dei risultati che possano es sere giudicati veri o falsi, in rapporto a risultati diversi acqui siti da altre ricerche. Il ruolo del filosofo consisterebbe, dunque, nel valutare le diverse scienze in rapporto allesistenza umana e allidea di totalit, senza che a questa valutazione possa convenire il valore di verit. Hyppolite sostiene, da parte sua, la tesi, complementare per certi versi a quella di Canguilhem, secondo cui non esi stono errori in filosofia, dal momento che la filosofia ha per compito la riflessione sullessenza della verit. Dunque, come la riflessione sullessenza della tecnica non a sua volta una tecnica, cos la riflessione sullessenza della verit non pu essere a sua volta una verit. Ricoeur, invece, propone una concezione della filosofia intesa come lotta per la chiarezza, per la chiarificazione e per la coerenza, che, in quanto tale, risulta essere unopera del linguaggio particolare e privilegiata. E, infatti, allinterno del la speculazione filosofica che tutti i problemi di segno e di senso delle altre discipline vengono a riflettersi. Alla proposta di Ricoeur Foucault ribatte chiedendo se non ci sia una contraddizione tra il porre come fine della filosofia listituzione di una certa coerenza nel discorso ed il riconoscimento, altre volte fatto da Ricoeur, di una fondamentale polisemia del linguaggio. Alla quale obiezione Ricoeur risponde dicendo che questa opposizione deve essere intro dotta e mantenuta alPinterno del lavoro filosofico. La coeren za, infatti, non costituisce per la filosofia un fine, ma il mezzo necessario, il cammino obbligato, che permette di distinguere questo sapere dalla poesia e dalla letteratura. Questa coeren za, tuttavia, non pu rappresentare che un ideale formale per la filosofia, poich la filosofia costituisce un campo chiuso,

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dove si affrontano tra loro la ricchezza linguistica (la quale porta con s il pericolo delFequivocit) e la legge di coerenza, che costituisce la regola della comunicazione. La filosofia, infatti, non pu essere definita solamente attraverso il suo aspetto formale, dal momento che sua caratteristica essen ziale quella di ricondurci alla questione ontologica primordia le: Che cosa ?. Ne corso delle battute seguenti il dibattito si sviluppa at torno alla concezione, pi volte difesa da Canguilhem, secon do cui la norma di verit non conviene al sapere filosofico. Ricoeur prende decisamente posizione contro questo modo di intendere la filosofia, dicendo che Canguilhem pu giunge re ad una conseguenza di questo tipo perch pensa al proble ma della verit in termini di norma e di criterio. Secondo Ricoeur, al contrario, la questione della verit la questione ultima; la questione che si pone originariamente al filosofo quella ontologica: Che cosa ?. La teoria della conoscenza seconda in rapporto alla teoria dellessere, e la scienza stessa seconda in rapporto alla teoria della conoscenza. Ci che Canguilhem chiama valore Ricoeur lo chiama verit, de finendo la verit come il ricoprimento il pi ampio possibile del discorso e di ci che 30. Canguilhem, da parte sua, rifiuta con fermezza la defini zione ricoeuriana di verit perch, per la scienza, ci che , precisamente, ci che essa definisce progressivamente come vero, indipendentemente da qualsiasi rapporto ad un essere presupposto come termine di riferimento. Secondo Ricoeur, invece, il rapporto alla totalit e alles sere costituisce la questione della verit. Noi siamo in ci che , dice Ricoeur, siamo consapevoli di questo nostro essere situati, ci troviamo ad avere dei progetti e, in questo rapporto di una situazione a dei progetti, noi cerchiamo di fare una qualche luce e di rendere possibile lo spiegarsi di un discorso.
30 Le recouvrement le plus entier qui soit possible du discours et de ce qui est, F oucault , Dits et crits, cit., vol. i, p. 453.

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Ora, se non definiamo ci verit, ma valore, allora il rapporto tra i diversi valori in gioco nella nostra esistenza viene a tro varsi completamente tagliato fuori dalla questione della tota lit. Attraverso lidea di totalit noi infatti recuperiamo razio nalmente il nostro rapporto allessere. Ci che invece impedisce alla filosofia, secondo Canguilhem, di aver a che fare con quel modo del giudizio a cui convengono i valori di vero e di falso , precisamente, il fatto che la totalit, allinterno della quale i diversi valori devono essere confrontati, viene ad essere semplicemente presupposta. Ricoeur ritiene, dal canto suo, che occorra ritrovare la domanda propria alla filosofia e che il rapporto che noi ab biamo con questa domanda sia propriamente un rapporto di tipo veritativo. Se cos non fosse, infatti, il lavoro proprio del filosofo, che consiste nel confrontare tra loro i diversi valori alla luce dellidea di totalit, costituirebbe semplicemente un fenomeno culturale tra gli altri. Ora, quando Cartesio dice: Io penso, dunque sono non ci pone semplicemente di fronte ad un problema legato alla storia di una cultura, ma a qualcosa che, inevitabilmente, attinge ad unaltra dimensione. Canguilhem ribatte dicendo che, a rigore, pu essere de finita verace una risposta, non una domanda. Certo, la do manda attorno al senso della verit pu essere definita una domanda di tipo filosofico, ma, nella misura in cui una filo sofia risponde a questa domanda, essa non pu essere classi ficata in rapporto ad altre filosofie, che rispondono in manie ra diversa alla stessa domanda, secondo un criterio di vero/ falso. Da ci consegue che, per Canguilhem, le filosofie si di stinguono le une dalle altre non perch le une siano pi vere delle altre, ma perch ve ne sono di pi o meno grandi. Se il compito proprio di una filosofia quello di totalizzare lespe rienza di unepoca, trasmettendo poi il risultato di questa totalizzazione allesterno della filosofia stessa, allora potrem mo dire che vi sono delle grandi filosofie che, rispetto ad

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altre, hanno avuto il merito di riuscire in questo compito: esse sono tutte quelle filosofie che hanno lasciato un aggettivo nel linguaggio popolare (stoico, platonico, kantiano, ecc.), riuscen do ad avere un impatto diretto sulla nostra esistenza quotidiana. Su questo punto Ricoeur interviene dicendo che una grande filosofia, secondo lui, quella di fronte a cui abbiamo unim pressione di verit. Lindizio sociale un segno che mostra il vero, ma che, allo stesso tempo, pu anche nasconderlo. Canguilhem concorda su questo, ma precisa che, relativa mente al problema della rivelativit dellindizio sociale, si pu porre laccento sul fatto che esso mostri o sul fatto che esso nasconda la verit, e lui sarebbe senza dubbio portato a porre laccento sul carattere rivelativo di tale indizio. Ricoeur conclude su questo punto dicendo di rifiutare la riduzione ad un criterio di semplice influenza sociale il pro blema della valutazione di un sistema filosofico. Probabilmen te, nota Ricoeur, questa presunzione di verit ci che il sentimento popolare percepisce quando definisce grande una filosofia. 5. Il vero come rivelazione e dsvelamento Un dominio del vero rispetto a cui Ricoeur ha fornito notevoli contributi quello a cui Aristotele aveva fatto cenno in Metafisica ix 10, dominio che, sino a Heidegger, non era pi stato oggetto di accurate riflessioni. In Aristotele la nozione di vero come disvelamento, come dissimulazione, conviveva con altri aspetti del vero altrettanto importanti. Questidea aristotelica della plurivocit e della legittimit dei vari ordini del vero venuta del tutto a cadere in Heidegger, il quale vedeva nellidea di verit come concor danza tra il giudizio e la realt una sorta di derivato o di sostituto della verit-disvelamento. Ricoeur, in questo caso, molto pi vicino ad Aristotele che a Heidegger, perch tiene ben presente il concetto heideggeriano di verit, ma senza farne il senso dominante od esclusivo. Secondo Ricoeur vi sono di

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versi domini in cui la verit possiede sensi diversi, mentre secondo Heidegger vi un senso principale della verit da cui tutti gli altri derivano. 5.1 L a verit delle singole filosofie intesa come scoperta e rivelazione Lidea della verit come disvelamento viene pi volte im plicitamente ripresa da Ricoeur. Un esempio molto interessan te ci dato dallarticolo Lhistoire de la philosophie et l unit du vrai31. In questo saggio Ricoeur riflette sul senso filo sofico della verit: che cosa significa, si chiede Ricoeur, dire che una certa filosofia vera ed una certaltra filosofia invece falsa? La ricerca storico-filosofica, osserva Ricoeur, stata spesso concepita come un lavoro teso ad illuminare i rapporti tra una determinata filosofia ed il suo contesto storico, oppure come ricerca delle fonti di un determinato pensiero. Nel perseguire questi scopi occorre per, secondo Ricoeur, fare attenzione ad evitare alcuni pericoli sempre in agguato. Se lo storico della filosofia concepisce il suo oggetto di studio come un effetto sociale o psicologico tra i tanti, il legame tra una filosofia ed un filosofo viene affievolito a vantaggio del contesto storico. Se, invece, egli si pone come obiettivo quello di compiere una ricerca delle fonti di un determinato pensiero, lunit dellin tenzione rischia di essere smarrita, in quanto ridotta alla plu ralit delle sue fonti. Ci di cui questa storia critica non in grado di rendere conto lunit organica, il principio organiz zatore che dona coerenza ad una filosofia. Ecco, allora, che si profila un terzo atteggiamento possibile per lo storico della filosofia: fare pieno credito allautore studiato, scommettere a favore della coerenza del suo iter speculativo, compiere un movimento centripeto verso lintuizione centrale di un certo pensiero, che sia complementare al movimento centrifugo di

31 R ic o eu r ,

Histoire et vrit, cit., pp. 45-60.

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ricerca delle fonti. Questo atteggiamento, caro a K. Jaspers e al Bergson de LIntuition philosophique, ci permette di situarci su di un terreno ove la concezione della storia della filosofia come serie di risposte variabili a dei problemi immutabili perde completamente di significato. Vediamo perch. 1) Comprendere una filosofia attraverso la sua intuizione centrale significa concepire ciascuna filosofia come unessenza singolare, piuttosto che come facente parte di un genere co mune (realismo, idealismo, materialismo, spiritualismo ecc.). Una filosofia si presta alla classificazione nella misura in cui essa trascina con s un aspetto anonimo, che essa trae dalla coscienza dellepoca e che non fa che ripetere, senza conver tirlo integralmente nella sua singolarit. Questa singolarit, inoltre, occorre precisarlo bene, non va confusa con la singo larit del filosofo stesso: la singolarit in questione non affatto quella del vissuto dellautore, ma quella costituita dal senso dellopera. Afferma infatti Ricoeur: Ci che importa alla storia della filosofia che la soggettivit di Platone o di Spinoza si sia superata in unopera, in un insieme di signifi cati, dove la biografia dellautore si espressa o mascherata, ma dove essa viene abolita in un senso 32. 2) Anche la concezione secondo la quale esistono proble mi eterni ed imutabili, a cui la filosofia dovrebbe rispondere, discutibile. I problemi che una filosofia si pone, anche nel caso in cui fossero ripresi da unantica tradizione, partecipano della sua singolarit. Un grande filosofo colui che, per la prima volta, si meraviglia di una certa modalit dellessere al mondo e che, in virt di ci, sconvolge una problematica anteriormente posta. In questo senso i filosofi sono tra loro incommensurabili, si sarebbe addirittura tentati di dire che ogni filosofia vera, nella misura in cui essa risponde inte gralmente a quella costellazione di problemi che essa stessa ha aperto. Se la verit stata classicamente definita come adeguazione del pensiero al reale, ora noi siamo in grado di
32 Ivi, p. 51.

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fornire una nuova definizione della verit come adeguazio ne delle risposte alle domande, delle soluzioni ai problemi, passando, in questo modo, da una concezione della verit come adeguazione ad una concezione della verit come sco perta. Arrivati a questo punto sembrerebbe che il concetto stesso di storia della filosofia sia stato gravemente compromesso: se le cose stanno come dice Ricoeur, non ci troviamo di fronte ad una storia della filosofia, ma ad una serie discontinua di totalit singolari. Le filosofie non sono pi n vere n false, ma altre. Ciascun autore inconfutabile, essendo Palterit di ogni filo sofia al di l del vero e del falso. Larticolo di Ricoeur prosegue allora verso un aggiustamento dellidea di verit-scoperta e una sua integrazione attraverso la nozione di verit intersoggettiva 33. Ciononostante, lidea di verit-scoperta rimane basilare, perch la comunicazione intersoggettiva, e dunque la ricerca di un senso valido per tutti, possibile solo sulla base del senso che la realt ha per ciascuno. 5.2 L a verit-scoperta come ci che rivela e che trasforma Un altro luogo in cui, a mio parere, compare il tema heideggeriano della verit come disvelamento, ma sempre con le opportune integrazioni, costituito dalla riflessione di Ricoeur sulla m etafora e sul racconto. Nel settimo studio de La mtaphore vive34 Ricoeur elabora infatti il concetto di verit metaforica. Il problema della verit della metafora, osserva Ricoeur, emerge nel momento in cui ci si interroga sulla refe renza del metaforico e non pi solo sulla forma della metafora, in quanto figura del discorso focalizzato sulla parola, oppure sul senso della metafora in quanto instaurazione di una nuova

33 Osserva Ricoeur: La ricerca della verit - per parlare molto semplicemente - essa stessa tesa entro due poli: da un lato una situazione personale, dallaltro lato unintenzionalit rivolta allessere, ivi, p. 54. 34 P. R ic o eu r , Mtaphore et rfrence, in La mtaphore vive, Paris, 1975, p p . 273-321.

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pertinenza semantica. Interrogarsi sulla referenza della metafo ra, sulla sua verit, significa indagare il potere che la metafora ha di ridescrivere la realt e, dunque, di svelarne gli aspetti nascosti ed inimmaginati. La metafora, osserva infatti Ricoeur, nella misura in cui si rivela in grado di portare alla luce nuove ed insospettate modalit dellessere al mondo, ha il potere di ridescrivere la realt e di svelarne gli aspetti nascosti ed inimmaginati. Essa, dunque, ci introduce nella dimensione della verit intesa come scoperta e non come adeguazione ad un reale gi dato. La metafora contribuisce a ridescrivere la realt, senza per voler dimostrare o provare nulla. Questo Ricoeur lo spiega molto bene attraverso un paragone, preso a prestito da M ax Black, tra ruolo del modello nel linguaggio scientifico e ruolo della metafora nel linguaggio poetico. Scrive infatti Ricoeur:
La metafora per il linguaggio poetico ci che il modello per il linguaggio scientifico quanto alla relazione al reale. Ora, nel linguaggio scientifico, il modello essenzialmente uno strumento euristico che mira, attraverso la fiction, a infrangere una interpre tazione inadeguata e ad aprire la strada ad una nuova interpreta zione pi adeguata. Nel linguaggio di un altro autore, vicino a M ax Black, Mary Hesse, il modello uno strumento di ri-descrizione.35

Conclude allora Ricoeur: Il modello non appartiene alla logica della prova, ma alla logica della scoperta36. La verit della metafora rivelazione e scoperta nella misura in cui apre un nuovo mondo di fronte a s. Parlare di un mondo dellopera, o del mondo che lopera dischiude davanti a s significa, innanzitutto, secondo Ricoeur, aver abbandonato la prospettiva psicologistica propria ad autori come Schleiermacher e Dilthey, per i quali linterpretazione aveva innanzitutto come scopo quello di svelare lintenzione dellautore, ossia il dietro dellopera. Al contrario, per Ricoeur, scopo dellermeneutica di

35 Ivi, p. 302. 36 Ibid.

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un testo deve essere quello di portare alla luce il davanti del testo, ovvero quella particolare modalit dellessere al mondo che lopera squaderna davanti a s. In secondo luogo, parlare di un mondo dellopera e della referenza metaforica significa combattere il pregiudizio scientista secondo cui solo agli enun ciati scientifici sarebbe attribuibile una referenza alla realt. Questo pregiudizio ha influenzato la stessa critica letteraria, secondo cui il mondo poetico avrebbe a che fare solo con linteriorit, con lemozione. Il linguaggio poetico, secondo questa prospettiva, sarebbe un linguaggio non referenziale e centrato su se stesso. Vi sono infatti alcuni autori che tendono a concepire il linguaggio poetico come un linguaggio che si limita a forgiare favole o finzioni, che non avrebbero alcun potere di descrizione del reale. La tesi di Ricoeur, al contrario, consiste nel ritenere che la sospensione della referenza laterale la condizione per ch sia liberato un potere di referenza di secondo grado, che propriamente la referenza poetica37. Leclissi della referenza ordinaria non costituisce lannullamento di qualsiasi potere referenziale della m etafora, ma la condizione stessa del dispiegamento di una potenza referenziale propria al discorso metaforico. In questo senso Ricoeur parla di una referenza sdop piata e di una verit metaforica che deve essere intesa in maniera tensionale. La verit metaforica ha un carattere tensionale per il fatto di essere costituita da una tensione tra verit metaforica e verit letterale. Il senso in cui si pu parlare di verit metaforica viene in chiaro, secondo Ricoeur, se consideriamo il doppio senso della copula che, al tempo stesso, significa non e come. Il non esprime laspetto critico presente nella verit metaforica, mentre l ne esprime piuttosto la veemenza ontologica. Per questi motivi il concetto di verit metaforica molto vicino al concetto heideggeriano di verit come disvelamento. Anche se non vanno sottovalutate le importanti differenze tra le due nozioni.
37 Ivi, p. 11.

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Innanzitutto Ricoeur ha il merito di svincolare il concetto di verit-rivelazione da quel carattere unilaterale che gli aveva impresso Heidegger. Ricoeur valorizza lidea di verit come disvelamento liberandola dalla portata escludente in cui laveva avvolta Heidegger: in Heidegger, infatti, la verit come concor danza veniva pensata come una sorta di sostituito o di derivato rispetto alla verit-scoperta. Ricoeur, al contrario, concepisce il rapporto tra i due sensi della verit come un rapporto tra sensi diversi, ma allo stesso modo legittimi. In secondo luogo, e questo mi sembra particolarmente importante, la verit-sco perta di Heidegger , essenzialmente, una verit che rivela, mentre la verit metaforica di Ricoeur una verit che rivela e trasforma al tempo stesso. In Ricoeur lopera letteraria non solo rivela ci che dissimulato, ma trasforma il mondo del lettore attraverso un discorso che apre nuove possibilit. In questo consiste, infatti, la sua verit. In Heidegger, al contrario, c un primato dellidea di rivelazione, per cui la verit viene pensata innanzitutto come un uscire dal nascondimento e dalla dissimulazione. Lidea di verit-scoperta, intesa come verit che rivela e trasforma, entra in gioco anche a proposito della composizione narrativa, come ci spiega Ricoeur in Temps et rcit, dove il mondo che il testo dispiega di fronte a s viene ad interagire con il mondo del lettore, trasformandolo ed arricchendolo. Racconto e metafora, dunque, non servono a dimostrare nulla, ma solo a rivelare e a scoprire. Temps et rcit prosegue linda gine de L a mtaphore vive mostrando che se la poesia ha il potere di ridescrivere il mondo, cos la narrazione lo re-significa nella sua dimensione temporale. Anche la narrativa pu essere considerata unattivit pro duttrice di verit se vero, come Ricoeur afferma in Temps et rcit, che i racconti hanno la virt di porci di fronte a nuove possibilit esistenziali, aumentando cos la nostra libert. Il testo letterario dispiega un mondo di fronte a s e il mondo che il testo dispiega interagisce con il mondo del lettore, trasforman

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dolo e arricchendolo. In questo senso si pu dire che la lettura ricerca, scoperta e, dunque, fonte di verit. 6. Primo bilancio provvisorio In Ricoeur, dunque, compaiono tutti i sensi in cui Aristotele definisce il vero, eccetto uno: quello proprio alla sapienza (ossia alla scienza e allintelletto). Questa mancanza com prensibile in Heidegger, che considera quel certo modo di concepire il vero come una sorta di deviazione rispetto al senso autentico della verit, ma non lo pi in Ricoeur, che rifiuta Punilateralismo heideggeriano, facendosi convinto assertore della plurivocit dellidea di verit. Secondo Ricoeur vi sono molti sensi in cui qualcosa si dice vero e questi molti sensi si situano su piani diversi. Se le cose stanno cos, ci si pu allora chiedere perch Ricoeur non inserisca, tra i vari sensi del vero, quello proprio alla sapienza, ossia il vero inteso come sapere necessario del necessario. La risposta a questo quesito abbastanza semplice e relativamente banale: in realt Ricoeur non esclude assolu tamente il vero inteso come sapere necessario del necessario, ma, evidentemente, questo aspetto del vero non lo interessa in maniera diretta. La ricerca di Ricoeur infatti si sempre indi rizzata di preferenza verso tematiche aventi una certa pregnanza esistenziale o un certo rilievo morale. Minor interesse suscita no in lui le tematiche di carattere squisitamente metafisico. Detto questo, per, occorre anche aggiungere che Ricoeur non esclude per nulla la metafisica. Per questi motivi quando Ricoeur ha affrontato tematiche relative allontologia lo ha fatto da antropologo e da moralista e, non, da metafisico. Questo non preclude allora che il suo discorso possa essere adeguatamente integrato sul piano metafisico, anzi, lo richie de. Lo richiede perch Ricoeur esordisce nel dibattito con Canguilhem, Hyppolite e Foucault, che abbiamo sintetizzato, affermando di concepire la filosofia come lotta per la chiarez za, la chiarificazione e la coerenza. Egli aggiunge anche, ri spondendo a Foucault, che la coerenza costituisce per la filo
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TEORIA DELLA VERIT

sofia il mezzo necessario, il cammino obbligato, che permette di distinguere questo sapere dalla poesia e dalla letteratura. Questa presa di posizione di Ricoeur in favore della coerenza come ideale regolativo della filosofia, nasce da unesigenza legittima, che, per, richiederebbe unadeguata fondazione. Si potrebbe infatti chiedere: perch preferire la coerenza allincoerenza? O ancora, pi radicalmente: perch preferire la non contraddizione alla contraddizione? Perch il discorso filosofico deve essere coerente e non si deve contraddire? Che cos che impedisce la possibilit stessa della contraddizione? Rispondere a queste domande significa prolungare il discorso di Ricoeur attraverso unintegrazione di tipo metafisico, integrazione il cui contenuto ci offerto dal quarto libro della Metafisica aristotelica. Vedremo, nelle prossime sezioni, quali siano le implicazioni epistemologiche ed ontologiche di questo giro di discorsi. Abbiamo pi sopra osservato che la teoria della verit in Ricoeur si caratterizza come una teoria che esclude i tentativi di escludenza: la verit ha molti sensi, secondo il nostro auto re, e nessuno di essi va escluso in modo apriorico. Se le cose stanno cos, si pu certo concordare con tutti quegli studiosi del pensiero ricoeuriano38 che hanno sottolineato la necessit di integrare il suo discorso attraverso la metafisica e lontologia speculativa (attraverso, cio, quella dimensione veritativa a cui allude Aristotele quando parla di scienza, intelletto e sapienza). Come risulta ormai chiaro dalla nostra analisi, infatti, il pen38 Penso, tra gli altri, a Maurizio Chiodi, Peter Joseph Albano, David Tracy e Rosaire Bergeron. Chiodi ha osservato che la progressione etica-ontologiateologia manca in Ricoeur dellanello intermedio che radicalmente, a livello ontologico, fondi la struttura del rapporto tra luomo e Dio, sul cui compimen to evenemenziale la teologia si incarica di riflettere criticamente (M. C h io d i ,

Il cammino della libert. Fenomenologia, ermeneutica, ontologia della libert nella ricerca filosofica di Paul Ricoeur, Brescia, 1990, p. 555, nota 82). Albano,
che ha tentato di integrare tra loro la prospettiva di Ricoeur e quella di Joseph Marchal, scrive che si deve fare della metafisica trascendentale per fondare lermeneutica. Lapproccio di Ricoeur allEssere attraverso una riflessione sui simboli pu, mi sembra, e deve ricevere il complemento e la conferma di una m etafisica trascendentale (P.J. A l b a n o , Freedom , Truth and H ope. The Relationship o f Philosophy and Religion in the Thought o f Paul Ricoeur, Boston, 77

VERIT DEL METODO

siero di Ricoeur un pensiero che, per il suo carattere aperto e non escludente, si presta a questo tipo di integrazione. Un problema si per aperto in questi ultimi anni: Ricoeur ha avanzato una sua proposta ontologica, con la quale, dun que, non erano riusciti a fare i conti tutti quegli autori che hanno tentato di integrare il pensiero ricoeuriano a partire dalla sua effettiva lacuna ontologica. Ora questa lacuna non si d pi, perch, in alcuni scritti recenti39, Ricoeur ha tentato di colmarla. Il compito che si pone, allora, oggi, allo studioso dellopera di Ricoeur, quello di riflettere sui risultati di questo tentativo che Ricoeur ha messo in atto. Compito che noi tenteremo di eseguire, almeno in parte, nellultima sezio ne del presente lavoro, dedicata, appunto, allontologia e alla metafisica. Prima di affrontare questi temi, per, vedremo quali conseguenze abbia, a livello epistemologico, la mancata riflessione di Ricoeur sulle implicanze teoriche del principio di non contraddizione.

1987, p. 234). Tracy, a sua volta, sotiene che lapproccio di Ricoeur allessere attraverso una riflessione sui simboli pu e deve essere sostenuta da una meta fisica trascendentale quale giustificazione formale dei suoi fondamenti. Vicever sa, lapproccio della metafisica tradizionale allessere necessariamente comple tato da una fenomenologia dellesperienza e da unermeneutica del linguaggio nella quale lessere viene predicato in molti modi ma in relazione ad un Pri mo... (D. T racy, Blessed Rage for Order, New York, 1975, p. xvi). Bergeron che, come Albano, ha tentato di operare una sintesi tra il pensiero di Ricoeur e quello di Marchal, nota che Ricoeur vuole assicurare lautonomia del pen siero razionale, ma non essendo ancora riuscito ad elaborare una metafisica che colga lunit del reale nelle sue diverse sfere, costretto, malgrado le sue intenzioni, a legare la filosofia alla scienza sacra in modo tale che la rivelazione appaia come una condizione di possibilit della filosofia quanto al suo punto di partenza e al suo termine. [...] Noi abbiamo gi segnalato delle vie daccesso alla Trascendenza; qui rimarchiamo una dipendenza ambigua della verit razionale rispetto alla verit rivelata (R. B e r g e r o n , La vocation de la libert dans la philosophie de Paul Ricoeur, Montral-Fribourg, 1974, p. 249). 39 Vedi P. R ic o e u r, Vers quelle ontologie?, in Soi- mme comme un autre, Paris, 1990, pp. 345-410; Id., De la mtaphysique la morale, Revue de mtaphysique et de morale, n. 4, 1993, pp. 455-477; Id., De linterprtation la traduction, in P. R ic o e u r - A. L a c o c q u e , Penser la Bible, Paris, 1998, pp. 335-371.

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Parte seconda EPISTEM O LO G IA

INTRODUZIONE

Una delle opere maggiori di Ricoeur porta, significativa mente, come titolo Le conflit des interprtations. Dico signi ficativamente, perch lintera speculazione ricoeuriana proce de attraverso continue mediazioni di conflitti ermeneutici. Si potrebbe dire che Ricoeur possiede una naturale vocazione alla mediazione e alla sintesi e, in questo, egli lascia trasparire una evidente tendenza allhegelismo, anche se di Hegel Ricoeur rifiuta lidea della sintesi definitiva e del sapere assoluto. Ogni sintesi, secondo Ricoeur, infatti provvisoria e sempre pronta ad essere a sua volta mediata. Come esempi particolarmente significativi della strategia teorica ricoeuriana si possono considerare alcune opere quali Le volontaire et linvolontaire, Le conflit des interprtations, Lectures on Ideology and Utopia, De linterprtation e Du texte laction. Sar molto succinto nel riassumere le prime tre opere che ho elencato, perch non risulta molto interes sante ai fini della presente ricerca descriverne dettagliatamente il contenuto. M i soffermer invece su De linterprtation e su Du texte laction, per i motivi che verranno in chiaro in seguito. Nellesposizione di Le volontaire et linvolontaire, Le conflit des interprtations e Lectures on Ideology and Utopia, prender in considerazione soprattutto il metodo e la forma, ossia il modo in cui Ricoeur istituisce il confronto dialettico tra tesi opposte, senza entrare nel merito dei contenuti delle singole tesi.

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1. ALCUNI ESEMPI DI M EDIAZIONI DIALETTICHE

1. Le volontaire et linvolontaire la prima opera di ampio respiro della vastissima produzione ricoeuriana. In essa vedia mo gi annunciarsi quella che costituir una delle cifre della speculazione di Ricoeur: la mediazione dialettica di un con flitto tra opposte interpretazioni, mediazione nella quale la filosofia chiamata a svolgere un ruolo cardine. In questo testo Ricoeur si propone di operare un prolun gamento del metodo eidetico husserliano, al fine di uscire dalla dimensione ristretta della coscienza e di descrivere lespe rienza integrale del cogito, compreso il dominio, pi oscuro, dellesistenza corporale. Dice infatti Ricoeur: lesistenza del corpo il fatto decisivo che ci ha costretti a superare il punto di vista delle essenze e ad illuminare la vita concreta1. In questo modo Ricoeur si inserisce bene nella tradizione dei fenomenologi francesi, alla quale appartengono, tra gli altri, Merleau-Ponty e Sartre. Per metodo eidetico Ricoeur intende fondamentalmente: a) un metodo che sia capace di operare una messa tra parentesi del fatto e laffiorare dellidea, del senso2. In que sto sta il significato del termine eidetico: il metodo eidetico , infatti, un metodo che ha come scopo quello di cogliere le essenze (eidos) costitutive della soggettivit, ossia di descriver ne le strutture e le possibilit fondamentali; b) un metodo che sia capace di differenziarsi dalla sua matrice husserliana, ancora gravata dal dualismo cartesiano di
1 P. R ico eur , L e volontaire et l involontaire, Paris, 1950, p. 129. 2 Ivi, p. 7.

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anima e corpo, per accedere ad unesperienza integrale del cogito. In questo senso, il metodo eidetico di Ricoeur viene a differenziarsi anche dal metodo delle scienze sperimentali e della psicologia empirista, che considerano il corpo nella sua oggettivit, riducendo gli atti a fatti e prescindendo dalla considerazione della soggettivit che pone questi atti; c) un metodo che sia in grado, attraverso la descrizione, di ricondurre ad unit i vari fenomeni umani, ossia di com prendere le funzioni parziali alla luce della funzione centrale, perch luno la ragione del molteplice3. Ricoeur, dunque, sente lesigenza di integrare il metodo fenomenologico husserliano attraverso una riflessione pi generale sul senso dellesistenza umana, riflessione che sia in grado di gettare luce sullesistenza incarnata, articolando la fenomenologia su di un terreno esistenziale. Come egli dice nellintroduzione allopera che stiamo prendendo in esame, occorre integrare il rigore formale e metodologico che trovia mo nella fenomenologia di Husserl con la ricchezza di conte nuti che ci fornisce lesistenzialismo, in particolare quello marceliano, alla cui scuola Ricoeur si era form ato4. Il problema che s affaccia sin dalle prime battute, in questo tentativo di ampliamento dellanalisi eidetica husserliana mes
3 Ivi, p. 9.
4 Lapplicazione del metodo eidetico al di fuori del dominio classico della fenomenologia husserliana non stata, in Ricoeur, priva di ricadute sul metodo stesso. Patrik L. Bourgeois ha messo bene in evidenza la differenza essenziale tra le posizioni di Husserl e di Ricoeur riguardo a questo tema: Secondo Ricoeur, Husserl considera i processi affettivi e volitivi della soggettivit umana come fondati sulla rappresentazione. Ci rende la rappresentazione primaria e fon dante e questi processi fondati. Ricoeur considera il ruolo della rappresentazio ne essere esattamente lopposto. La rappresentazione non la prima funzione ma la seconda. La prima e la primaria il desiderio, lo sforzo, la volont, mentre la rappresentazione fondata. Questo rovesciamento rende queste fun zioni fondanti e la rappresentazione prende il carattere di realt fondata. Lin terpretazione di Ricoeur allora prende il tono di un movimento che va dalla rappresentazione fondata al desiderio e allo spirito che la fondano. Secondo Ricoeur questo modo di vedere che rende Husserl colpevole di un primato del sapere teoretico o di ci che Ricoeur chiama il suo logicismo o pregiudizio logicistico (P.L. B o u rg eo is , Extension o f Ricoeurs Hermeneutics, The Hague, 1975, pp. 5-6.)

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EPISTEMOLOGIA

so in atto da Ricoeur, il seguente: allargare i confini della fenomenologia classica alla dimensione della corporeit, dellin conscio, del carattere, significa far entrare in conflitto il me todo eidetico con le metodologie delle altre scienze che hanno in precedenza indagato questi campi, in particolare, le scienze sperimentali. Ricoeur ammette lesistenza di questa difficolt, quando riconosce che il corpo conosciuto meglio come oggetto empirico elaborato per mezzo delle scienze sperimen tali 5. Il conflitto tra linterpretazione della corporeit portata alla luce dalle scienze oggettive e quella propria, invece, alla fenomenologia consiste nel fatto che per la prima luomo si presenta come un oggetto naturale sottoposto alle leggi deterministiche della natura, mentre la seconda vede in esso un soggetto personale cosciente e libero. Questo conflitto tanto pi grave quanto pi lunit stessa delluomo ad esserne minacciata. R icoeur tenta una soluzione della contrapposizione metodologica tra fenomenologia del corpo proprio e scienze sperimentali attraverso una strategia di tipo dialettico, che vedremo mettere in atto pi volte, nelle opere successive, tanto da costituire un vero e proprio tratto caratterizzante del suo stile di pensiero. Ricoeur, innanzitutto, riconosce i reciproci diritti e la rispettiva utilit di ciascuna delle due strategie teoriche in conflitto, precisando che i due discorsi non possono essere considerati n semplicemente coincidenti, n puramente eterogenei, n addizionabili lun laltro. Precisato questo, egli mette in campo il suo tentativo di dialettizzazione. Quel che dato osservare, nella strategia teorica ricoeu riana, che il discorso oggettivo delle scienze sperimentali costituisce una sorta di antitesi rispetto alla tesi filosofica in genua del soggetto personale cosciente e libero, antitesi rispetto alla quale la filosofia si riscatta affermando, ad un livello superiore, il concetto di una libert conscia dei propri limiti. Tutto questo, per, avviene senza che al processo dialettico
5 Ricoeur, Le volontaire et linvolontaire, cit., p. 12.

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venga attribuito un andamento di carattere necessario: la dia lettica messa in atto da Ricoeur una dialettica aperta e scevra da pretese sistematiche. La sua , in altri termini, una ripresa di Hegel che tiene conto di tutte le critiche contemporanee alPhegelismo. Ecco infatti come si esprime il nostro filosofo a proposito della dialettica tra filosofia e scienze sperimentali:
Certamente io devo rinunciare ad armonizzare allinterno di un sapere coerente lesperienza soggettiva del volere e la conoscen za oggettiva dellorganizzazione. E necessario rinunciare a con ciliare in un unico universo di discorso le nozioni del Cogito e quelle della biologia, che appartengono a due universi di discor so incomparabili. E solo allinterno del Cogito che si accordano misteriosamente volere, involontario relativo ed involontario as soluto; ma questo patto misterioso indicibile direttamente. M a rimane possibile offrire alla conoscenza oggettiva e costrin gente una funzione secondaria di indice o di segno per dire la posizione subordinata della vita nelledificio della coscienza... N oi diciamo che la vita la condizione sine qua non della volont e della coscienza in generale. 6

Dunque, per Ricoeur, la necessit, linvolontario non co stituiscono un limite esterno, che si oppone alla coscienza e la limita, ma, al contrario, rappresentano una dimensione interna alla coscienza e alla libert. Questo punto decisivo: ci significa, infatti, che i due tipi di discorso, quello della scienza e quello della filosofia, non sono reversibili e che, dunque, la dialettica tra i due ha, fin dallinizio, un andamen to ed una direzione ben precisi. La necessit diventa condizio ne stessa della libert. Ricoeur fa dunque uso del metodo dialettico hegeliano, ponendo il momento oggettivo nel ruolo di antitesi rispetto al discorso riflessivo che prende le mosse dal cogito cosciente e libero. Afferma infatti Ricoeur: E lespe rienza totale del Cogito che dichiara lesperienza della neces sit come parziale 7. Il ruolo subordinato affidato al punto di vista naturalistico rispetto a quello fenomenologico viene giustificato in questo modo:
6 Ivi, p. 395. 7 Ivi, p. 397.

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Si passa dal punto di vista fenomenologico al punto di vista naturalistico, non per inversione dallinterno allesterno, ma per degradazione sia dellinterno che dellesterno. [...] N on si pu dunque andare dal corpo-oggetto al corpo-soggetto che per mez zo di un balzo che trascenda lordine delle cose, mentre si va dal secondo al primo per diminuzione e soppressione, essendo questa diminuzione e soppressione legittime per il tipo di interesse rap presentato dalla costituzione della scienza empirica come sapere di fatti.8

La conoscenza dei fatti empirici va inquadrata, secondo Ricoeur, allinterno di una conoscenza del loro significato complessivo. 2. La prima parte de Le conflit des interprtations raccoglie, sotto il titolo Ermeneutica e strutturalismo, tre articoli pubbli cati tra il 1963 e il 1967 9. Attraverso questi tre articoli Ricoeur cerca di mediare dialetticamente un altro genere di conflitto ermeneutico, quello che si instaura, relativamente allo studio del linguaggio, tra filosofia riflessiva del linguaggio e scienza oggettiva del linguaggio. Ricoeur, innanzitutto, elucida i termini dellantinomia. Secondo la filosofia, il linguaggio costuituisce latto di un sog getto e la sua funzione quella di dire qualcosa a qualcuno relativamente a qualcosa. Esso , dunque, unespressione avente un senso, una referenza ed un referente. Per la filosofia, allora, lessenza del linguaggio risiede nella soggettivit. Nella prospettiva propria alla linguistica, invece, il lin guaggio costituisce un oggetto. Non a caso la linguistica strut turale ha come proprio atto fondatore la distinzione e la dissociazione tra la lingua, ovverosia il linguaggio, inteso come

8 Ivi, pp. 14-15. 9 Essi sono: Structure et hermneutique, originariamente Symbolique et temporalit in Ermeneutica e tradizione (Atti del Congresso internazionale, Roma, gennaio 1963), Archivio di Filosofia, diretto da E. Castelli, n. 3, 1963, pp. 12-31; Le problme du double-sens com me problme hermneutique et comme problme smantique, in Cahiers internationaux du symbolisme, n. 12, 1966, pp. 59-71; La structure, le mot, l venement, Esprit, maggio 1967, pp. 801821. Ora i tre articoli sono raccolti nella prima parte di P. R ic o eu r , L e conflit des interprtations, Paris, 1969.

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sistema o come codice impersonale, e la parola, termine con cui viene indicato luso soggettivo del linguaggio. La lingua, secon do la linguistica strutturale, costituisce un sistema chiuso, nel quale il valore delle unit di base, che costituiscono il sistema, determinato esclusivamente in funzione del posto che esse occupano alPinterno del sistema. In altri termini, la lingua costituisce un sistema autonomo, che si definisce e comprende attraverso i suoi propri termini, ossia un sistema che non ha pi esterno, ma solo interno, che non si riferisce ad un mondo che esiste al di fuori di esso. Lo strutturalismo, inoltre, subordina la linguistica diacronica, intesa come scienza dei cambiamenti e delle evoluzioni della lingua, alla linguistica sincronica, intesa come scienza degli stati di sistema. Da queste poche battute gi si comprende la radicalit dellopposizione tra linguistica strutturale e filosofia del lin guaggio: per la linguistica strutturale infatti il linguaggio non possiede n un soggetto, n unintenzionalit, n un referente, n una referenza, al contrario di quanto invece accade nella filosofia del linguaggio. Ricoeur tenta, anche in questo caso, unopera di arbitrag gio, che faccia leva sulla dialettizzazione dei termini in conflit to. Se ne Le volontaire et linvolontaire egli aveva ammesso la necessit di riconoscere limportanza del momento scientificooggettivo, ai fini di una migliore comprensione della coscienza soggettiva e del tipo di libert di cui essa gode, cos, ora, egli riconosce limprescindibilit della comprensione del linguag gio messa in opera dalla linguistica strutturale. Nel riconoscere il ruolo dello strutturalismo Ricoeur entra in polemica con Merleau-Ponty, secondo il quale il solo punto di vista possibile sul linguaggio quello del soggetto parlante. Contro MerleauPonty, accusato di aver falsato il senso della linguistica saussuriana, Ricoeur afferma la necessit di prendere sul serio lo strutturalismo. Una volta riconosciuta limportanza della linguistica strut turale Ricoeur propone il recupero della fenomenologia lin guistica, al di l della critica che ne aveva fatto lo struttura

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lismo. Il momento astratto, costituito dallanalisi scientifica, viene allora superato e conservato nella sintesi finale, nella quale la tesi iniziale viene recuperata ad un livello pi alto. Il fine di Ricoeur , infatti, quello di elaborare una fenomeno logia rinnovata dal confronto con lo strutturalismo. Anche in questo caso, come nel caso delle analisi svolte ne Le volontaire et Vinvolontaire, filosofia e linguistica non ven gono n poste in antinomia, n convertite luna nellaltra, ma dialettizzate. Ricoeur osserva, innanzitutto, che la semantica e la semio logia operano a livelli strategici diversi10, poich, mentre la scienza linguistica procede per analisi, la filosofia del linguaggio procede per sintesi11. I due tipi dapproccio critico al linguaggio si incontrano nella frase. La frase, infatti, rappresenta un sistema semiologico, che il soggetto riattiva a fini semantici, impiegando i segni per dire qualcosa. La lingua, in s, non rappresenta altro che un sistema potenziale di significazione, che diventa significante solo allinterno della frase, ossia dellistanza di discorso. Analogamente a quanto avveniva nel caso precedentemen te esam inato12, il rapporto tra il linguaggio della filosofia ed il linguaggio di tipo oggettivista non un rapporto simmetrico
10 E R ic o eu r , Le conflit des interprtations, Paris, 1969, p. 64. II Ecco come si esprime Ricoeur: La via delanalisi e la via della sintesi non coincidono, non sono equivalenti: sulla via dellanalisi si scoprono gli elementi della significazione, che non hanno pi alcun rapporto con le cose dette; sulla via della sintesi, si rivela la funzione della significazione che di dire, e in ultima istanza di mostrare ivi, p. 65. u Anche G. Brent Madison ha rilevato unanalogia tra il metodo impiega to da Ricoeur, al fine di conciliare il conflitto tra le prospettive oggettivistiche della scienza sperimentale e della linguistica strutturalista, e le prospettive di tipo riflessivo, proprie alla fenomenologia della corporeit e alla filosofia del linguaggio. Ecco, infatti, come si esprime lo studioso: Uno degli interessi maggiori dellopera di Ricoeur, che si trova in essa la preoccupazione costante di precisare il luogo del discorso filosofico, a partire da II volontario e lin volontario dove lanalisi riflessiva del pensiero fenomenologico confrontata con le spiegazioni oggettiviste delluomo, sino alle riflessioni pi recenti sulla scienza oggettiva del linguaggio. Ci che unisce la scienza oggettiva delluomo (biologia, psicologia, ecc.) e lo studio oggettivo del linguaggio e che le mette

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e biunivoco, come infatti Ricoeur ammette esplicitamente: nel movimento di andata e di ritorno tra analisi e sintesi, il ritorno non equivalente allandata13. 3. In Lectures on Ideology and U topia14 Ricoeur svolge lanalisi delle nozioni di ideologia e di utopia, articolandole dialetticamente entro ununica struttura concettuale. Anche in questo caso i due poli della relazione dialettica sono ricondu cibili, rispettivamente, alla modalit conoscitiva dellapparte nenza (lideologia) e al sapere critico (lutopia). Lideologia, secondo Ricoeur, ha a che fare con la struttu ra simbolica della vita sociale, struttura simbolica che risulta operante anche nella pi primitiva forma di azione. Ricoeur considera questa funzione dellideologia pi radicale di quella di dissimulazione e di distorsione messa in luce da Marx. Lideo-

tutte e due in conflitto con la filosofia, che in esse non vi spazio per ci che, nella filosofia, giustamente al centro delle riflessioni - la soggettivit (G .B. M a d i s o n , R icoeu r et la n on -p h ilosop h ie, Laval thologique et philosophique, ni, ottobre 1973, p. 228). Ricoeur, nota ancora Madison, ri fiuta le pretese totalitarie del linguaggio oggettivista, accordando ad esso una validit limitata. Lo fa concependo questo linguaggio come una parte dialettica di un discorso pi comprensivo (quello che ad esso accorda la sua autonomia interna, per cos dire), un discorso dove giustamente ci che in questione la comprensione di s. La conoscenza dei fatti empirici deve essere subordinata ad una comprensione del loro senso. [...] La posizione che Ricoeur assume a riguardo del discorso oggettivista , dal punto di vista della sua forma, identico a quella che prender pi tardi relativamente allo strutturalismo e allo studio oggettivo del linguaggio (ivi, p. 232). Madison conclude allora il suo studio osservando che il fine di Ricoeur la difesa e la giustificazione del discorso filosofico contro la speculare emersione delloggettivismo e della sua tendenza a monopolizzare la totalit del discorso vero (ivi, p. 237). Le analisi del Madison, per, non vengono prolungate allanalisi del con flitto tra interpretazione archeologica e interpretazione teleologica del simboli smo religioso e dellulteriore conflitto che si instaura, a livello metodologico, tra comprensione e spiegazione. Questultimo conflitto, come vedremo, risulta della massima importanza, perch esso costituisce il conflitto decisivo, quello, cio, che si instaura tra le strategie teoriche stesse che stanno alla base di tutti gli altri conflitti ermeneutici che Ricoeur ha sin qui esaminato. 13 P. R ico eu r , L e conflit des interprtations, cit., p. 78. 14 P. R ico eu r , Lectures on Ideology and Utopia, New York 1986; trad. it. (da cui citiamo) di Giuseppe Grampa e Claudio Ferrari Conferenze su Ideologia e Utopia, Milano, 1994.

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logia acquista il suo ruolo pi significativo in relazione al problema della legittimazione del potere e della struttura ge rarchica della vita sociale. Il luogo privilegiato del pensiero ideologico infatti la politica. Rifacendosi alle analisi di M ax Weber Ricoeur osserva che nessun sistema di potere, nemme no il pi brutale, si fonda solo sulla forza e la dominazione. Ogni sistema di potere fa ricorso anche al consenso e alla cooperazione, vuole che il proprio potere sia riconosciuto perch la sua autorit legittima. Ed compito dellideologia legittimare questa autorit. Osserva Ricoeur:
Lideologia deve superare il divario che caratterizza il processo di legittimazione avanzata dallautorit e la credenza in tale legittimit offerta dai cittadini. Il divario si verifica perch mentre la credenza dei cittadini e la pretesa dellautorit dovrebbero corrispondere al medesimo livello, lequivalenza tra credenza e pretesa non mai del tutto attuale ma piuttosto sempre pi o meno un prodotto culturale.15

Lideologia passa dallintegrazione alla patologia e alla distor sione quando cerca di colmare il divario tra autorit e domi nazione. Il termine utopia, etimologicamente, sta ad indicare ci che non ha luogo nella realt. Lutopia rappresenta una sorta di luogo che non ha luogo in nessun luogo reale: uno spazio vuoto dal quale possiamo guardare a noi stessi. Lo sguardo esterno che ci possibile gettare sulla nostra realt a partire da questo non luogo ce ne rivela gli aspetti insoliti e per niente scontati: esso rappresenta dunque il terreno adatto per modi di vita alternativi. Anche per lutopia, come per lideo logia, il problema decisivo quello del potere. Lideologia tende a legittimare un sistema di potere, mentre il ruolo del lutopia consiste nel far vedere che il divario di credibilit esistente in tutti i sistemi di potere supera sia la nostra fiducia in tali sistemi che la nostra credenza nella loro legittimit. Anche lutopia, come lideologia, pu diventare patologica: la

15 Ivi, p. 21.

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patologia dellideologia la dissimulazione, la patologia del lutopia levasione. Lutopia pu divenire un pretesto per evitare le responsabilit, le contraddizioni e le ambiguit im plicate dal misurarsi con le difficolt reali di una data societ e con lassunzione di autorit in una data situazione. Lutopia, per evitare la deriva patologica, deve rifuggire dalla logica del tutto o niente. Se lutopia riesce ad essere sana essa diventa capace di svolgere una funzione importante nei confronti della patologia del pensiero ideologico, il quale cieco e angusto proprio per la sua incapacit a concepire un non luogo16. Viceversa, una sana ideologia pu preservare il pensiero utopico dallevasione e dalla fuga deresponsabilizzante nel limmaginazione.

16 Ivi, p. 26.

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2. IL CO N FLITTO TRA INTERPRETAZIONE ARCHEOLOGICA E INTERPRETAZIONE TELEOLOGICA D EL SIM BOLISM O RELIGIOSO

Premessa Affronteremo ora con pi attenzione e con maggiore dovizia di particolari un altro conflitto ermeneutico, quello che Ricoeur prende in esame in De linterprtation e ne Le conflit des inteprtations. Si tratta del conflitto che si instaura tra lo stile ermeneutico di tipo archeologico, che trova i suoi paradigmi nelle filosofie di Nietzsche, M arx e Freud e lo stile ermeneutico di tipo teleologico, che ha invece i suoi modelli nella fenomenologia dello spirito di Hegel e nella filosofia della religione di Mircea Eliade. Linterpretazione archeologica ha come obiettivo quello di spiegare il fenomeno religioso, ossia di riportare la religione alle cause che lhanno prodotta: Freud, infatti, riduce la reli gione alla sua funzione economica, cos come M arx aveva ridotto la cultura ad un semplice epifenomeno della struttura di produzione. In questo senso facile cogliere la parentela tra linterpretazione archeologica del fenomeno religioso, lin terpretazione scientifica del fenomeno della corporeit umana e lintepretazione strutturalista dei fenomeni linguistici. Tutte queste ermeneutiche trovano il loro paradigma nel metodo esplicativo, di cui tratteremo nellultimo capitolo di questa seconda parte. Linterpretazione teleologica, al contrario di quella archeo logica, si propone piuttosto di comprendere il fenomeno re ligioso che di spiegarlo, essa non riporta la religione alle sue cause, ma la riferisce al suo oggetto intenzionale. Anche in questo caso agevole scoprire una parentela tra linterpreta93

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zione teleologica del simbolismo religioso, la fenomenologia del corpo proprio e la filosofia del linguaggio. Tutte queste interpretazioni hanno il loro paradigma comune nel fenomeno della comprensione, di cui tratteremo nellultimo capitolo di questa seconda parte, unitamente a quello della spiegazione. Nel presente capitolo affronteremo il problema del con flitto archeologia-teleologia, premettendo il senso generale, gli obiettivi e langolo visuale specifico di ciascuno dei due stili ermeneutici. Lattenzione particolare che dedichiamo al conflitto tra archeologia e teleologia dovuta al fatto che, dallanalisi della mediazione che Ricoeur ne opera, viene pi chiaramente alla luce lesigenza di un approfondim ento epistemologico della struttura della mediazione dialettica in quanto tale. 1. Interpretazione archeologica e interpretazione teleologica del simbolismo religioso Le conflit des interprtations, testo pubblicato da Ricoeur nel 1969, raccoglie numerosi saggi apparsi in alcune riviste negli anni immediatamente precedenti la pubblicazione del libro. Di particolare interesse per la nostra riflessione risulta no essere i due saggi dal titolo Hermneutique des symboles et rflexion philosophique17. Entrando nello specifico della sua ricerca, che ha come oggetto il problema del male e della simbolica attraverso cui questa problematica stata espressa, Ricoeur nota che il conflitto tra i miti relativi al senso del male invita la filosofia a tentare il passaggio da una semplice esegesi dei miti ad una filosofia che parta dai sim boli18. Ricoeur, comunque, nel compiere questo passaggio, afferma testualmente:

17 P. R ico eu r , Hermneutique des symboles et rflexion philosophique i e n, in Id., Le conflit des interprtations, Paris, 1969, pp. 283-329. 18 Ivi, p. 292.

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EPISTEMOLOGIA

io non abbandono affatto, da parte mia, la tradizione di razio nalit che anima la filosofia a partire dai greci; non si tratta affatto di cedere a non so quale intuizione immaginativa, ma invece di elaborare dei concetti che comprendano e che facciano comprendere, dei concetti legati tra loro secondo un ordine sistematico, anche se non allinterno di un sistema chiuso. Ma si tratta al tempo stesso di trasmettere, per mezzo di questa elaborazione razionale, una ricchezza di significato che cera gi, che ha sempre preceduto lelaborazione razionale.19

La filosofia costituisce comunque, a suo modo, un cominciamento: essa, pur riprendendo enigmi che la precedono, rappresenta un cominciamento, quanto a ricerca dordine e ad esigenza di sistematicit. Il compito difficile della filosofia consiste nel conciliare la ricchezza di senso, fornita dal prefilosofico, ed il rigore proprio del discorso filosofico, giac ch questi due aspetti tenderebbero ad essere inversamente proporzionali. Linteresse di Ricoeur si concentrato, nel corso di nume rosi scritti, sul problema dei simboli del male, considerati per come un caso particolare del simbolismo religioso nel suo complesso. La simbolica del male , infatti, sempre la contropartita di una simbolica della salvezza. Inoltre, lerme neutica del male, lungi dallessere una provincia indifferente dellermeneutica, risulta invece essere, a detta di Ricoeur, la pi significativa e, forse, il luogo stesso dove sorge il proble ma ermeneutico. Occorre, per, essere avvertiti che non possibile affron tare il problema della simbolica del male attraverso la stru mentazione di una teoria generale dellinterpretazione o dei canoni generali per lesegesi: abbiamo a che fare solamente con delle teorie ermeneutiche opposte e separate. E per que sto che Ricoeur affronta, fin dallinizio, il problema del con flitto tra le due interpretazioni che rappresentano i massimi

19 Ibid.

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opposti allinterno del campo ermeneutico, ossia quella pro pria alla fenomenologia della religione e quella psicoanalitica. Nel tentativo di mettere bene a fuoco il problema, Ricoeur evidenzia quelle che sono, a suo avviso, le presupposizioni fondamentali della fenomenologia della religione e ad esse oppone le tre ipotesi di lavoro della psicanalisi, relative al fenomeno religioso. Innanzitutto, la fenomenologia della religione si propone piuttosto di descrivere che di spiegare. Spiegare significhereb be infatti riportare il fenomeno religioso alle sue cause, men tre descrivere significa riferire il fenomeno religioso al suo oggetto. A questo primo tratto caratterizzante della fenomeno logia della religione Ricoeur oppone il tratto corrispondente dellermeneutica freudiana, ossia la definizione del fenomeno religioso attraverso la sua funzione economica, anzich attra verso il suo oggetto intenzionale. In secondo luogo, la fenomenologia della religione vede, nel riempimento della intenzione significante dei simboli, una sorta di verit del simbolo. A questo secondo tratto si op pone lidea freudiana secondo cui la cosiddetta verit dei sim boli non sarebbe altro che unillusione. Infine, vi una filosofia del linguaggio implicita alla fenomenologia della religione, secondo la quale il linguaggio religioso parlato agli uomini, piuttosto che parlato dagli uomini. In questo senso la filosofia implicita alla fenome nologia della religione costituisce, in qualche modo, una ri presa della teoria della reminiscenza. A questo terzo tratto si pu facilmente opporre la tesi freudiana del ritorno del ri mosso. Fenomenologia della religione e psicoanalisi ricoprono lo stesso dominio: ciascuna di esse pretende di inglobare, inter pretare e comprendere il tutto delluomo. N on c alcuna speranza di poterle distinguere in base al loro dominio reci proco; semmai, se possibile intravedere un limite proprio alle due interpretazioni, questo limite piuttosto costituito dallangustia dei reciproci punti di vista.
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2, I maestri del sospetto Come esempio di unermeneutica demistificatrice abbiamo finora citato solo la psicoanalisi freudiana, ma Ricoeur, oltre ad opporre a Freud lermeneutica restauratrice del senso, in serisce la psicoanalisi in un insieme definito complessivamente come scuola del sospetto dove, accanto a Freud, trovano posto anche M arx e Nietzsche. Vi sono, infatti, due diverse concezioni dellinterpretazione: quella demistificatrice e quella restauratrice, ma, al tempo stesso, ciascuna di esse comprende nel suo seno teore interpretative diverse e spesso in aperto conflitto tra loro. Non c dubbio che le teorie di M arx, Nietzsche e Freud, i tre grandi maestri che dominano la cosiddetta scuola del sospetto, si escludano reciprocamente. Ci che comunque interessa Ricoeur non sono tanto le loro differenze, ma piutto sto larticolazione delle loro diverse prospettive teoriche, allinterno di un unico metodo demistificatore, che si pu comples sivamente opporre ad una fenomenologia del sacro, global mente intesa come propedeutica ad una rivelazione del senso. M arx, Nietzsche e Freud hanno in comune lintenzione di considerare innanzitutto la coscienza come falsa coscienza: essi sono accomunati dalla decisione di sospettare sempre la presen za di una menzogna dietro tutte le presunte verit, anche se profondamente diverso il modo in cui, ciascuna volta, il sospet to viene esercitato da ciascuno dei tre autori. Ricoeur, giusta mente, osserva che loperazione dei Maestri del sospetto con siste, essenzialmente, in un procedere con Cartesio oltre Cartesio. Il dubbio, che Cartesio aveva rivolto alle cose, viene ora rivolto alla coscienza stessa, ossia al cuore stesso della fortezza cartesiana. Cartesio di tutto dubitava, tranne che del fatto che la coscienza apparisse a se medesima tale e quale essa : dopo Marx, Nietzsche e Freud anche questultima certezza viene revocata. Occorre per osservare, nota Ricoeur, che questi tre maestri del sospetto non sono tre maestri di scetticismo20.
20 R R ico eu r ,

De linterprtation. Essai sur Freud, Paris, 1 9 6 5 , p . 4 1 .


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La distruzione, come insegna Heidegger, un momento di una nuova fondazione, essa permette di liberare lorizzonte per lasciar spazio ad una parola pi autentica. Come Cartesio ha superato il dubbio sulle cose attraverso levidenza della coscien za, M arx, Nietzsche e Freud superano il dubbio sulla coscienza attraverso unesegesi del senso. In tutti e tre questi autori la coscienza risulta essere qualcosa di diverso rispetto a ci che essa crede di essere; lesercizio in cui essi si impegnano diviene allora quello di comprendere la relazione tra ci che mani festo e ci che invece viene dissimulato. Essi sono alla ricerca di una scienza mediata del senso, irriducibile alla coscienza immediata del senso21. Tutti e tre sono accomunati dal ten tativo di opporre alle astuzie del lavoro di occultamento, messo in atto dalla volont di potenza, dallessere sociale, dallo psichismo inconscio; delle astuzie ancora maggiori, volte per a smascherare ci che prima era stato mascherato. Ci che li distingue lipotesi generale concernente al tempo stesso il processo della falsa coscienza ed il metodo di decifrazione 22. Tutti e tre, inoltre, mirano ad unestensione della coscienza attraverso la sua critica: M arx vuole liberare la prassi attraver so la conoscenza della necessit, Nietzsche mira ad un aumento della potenza delluomo, ad una restaurazione della sua forza, Freud vuole rendere lanalizzato pi libero e pi felice, attra verso lallargamento del suo campo di coscienza e lap propriazione di un senso che fino a quel momento gli dimorava estraneo. Gli autori che stiamo considerando mirano tutti a svelare la necessit e la realt nuda attraverso lo smascheramento delle illusioni, necessit che assume i contorni del principio di realt in Freud, della necessit compresa in M arx e delleterno ritorno in Nietzsche.

21 Ivi, p. 42.

11 Ibid.

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3. Composizione del conflitto ermeneutico e ruolo arbitrale del discorso filosofico Arrivato a questo punto Ricoeur fa unimportante afferma zione, su cui dovremmo riflettere a lungo nella parte critica del presente studio. Dice infatti il nostro autore: Noi non ci possiamo accontentare duna semplice giustapposizione tra que sti due stili interpretativi; occorre articolarli luno sullaltro e mostrarne le loro funzioni complementari23. Il problema, qui, risiede, come gi annunciato nella parte introduttiva, nel com prendere lo statuto epistemologico del discorso filosofico, in rapporto a quello delle interpretazioni, relativamente alle quali esso si pone in una funzione, per cos dire, arbitrale. Si tratta, insomma, di rendere ragione di questo autoporsi della filosofia ad un livello privilegiato rispetto alle varie interpretazioni che entrano in conflitto tra loro. Perch, come risulta chiaro, Ricoeur, implicitamente, afferma che il discorso che articola luno sullaltro i due stili interpretativi in oggetto, mostrandone le loro funzioni complementari, non pu, a sua volta, essere, esso stesso, un semplice stile interpretativo, alla stregua degli altri due. Se cos fosse, alle due interpretazioni del simbolismo religioso che Ricoeur ha considerato, se ne sommerebbe una terza, avente lo stesso valore veritativo delle altre due. In questo modo, per, il conflitto ermeneutico, anzich ricevere la sua soluzione e la sua composizione, verrebbe ulteriormente complicato24.

23 E R ic o eu r , Le conflit des interprtations, cit., p. 318. 24 Questo problema stato rilevato anche da altri autori. Le loro riflessio ni, per, si limitano in genere ad unanalisi del conflitto ermeneutico prodotto dallo scontro tra linterpretazione archeologica e quella teleologica del fenome no religioso. Il problema, in altri termini, non stato mai inquadrato nel contesto generale, che quello dei vari conflitti qui esaminati e del loro riferirsi tutti, in ultima analisi, al conflitto tra comprensione e spiegazione. Osserva ad esempio M arco Buzzoni: Ricoeur mostra dintendere lopposizione fra ermeneutica demistificatrice ed ermeneutica del sacro come necessaria. [...] Occorre a questo punto chiedersi da quale prospettiva sia stata possibile quella ricomposizione delle ermeneutiche opposte che Ricoeur pretende daver realiz zato, occorre cio sollevare il quesito concernente lo statuto gnoseologico del

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Ricoeur ritiene che entrambi gli stili interpretativi siano legittimi, ciascuno nel suo rango. Larticolazione delle due in terpretazioni avviene a livello del rapporto tra coscienza e inconscio. La critica freudiana, secondo Ricoeur, non ha affat to eliminato la coscienza ed il suo punto di vista, ma, al contrario, ne ha rinnovato il senso. Freud non nega la co scienza, ma il narcisismo della coscienza, la sua pretesa di autotrasparenza. Dopo Freud occorre dire che la coscienza non pi la prima realt ad essere conosciuta, ma lultima. Occorre andare verso la coscienza, piuttosto che partire dalla coscienza. M a, al tempo stesso, bisogna riconoscere che la psicoanalisi freudiana non permette di dare delle risposte esaustive al problema della coscienza. Essa non ci consente, infatti, di comprendere come luomo esca dalla sua infanzia per divenire adulto e di capire quali siano le figure, le imma gini e i simboli che guidano la maturazione e la crescita del lindividuo. A questo livello necessario limpiego di unaltra ermeneutica, che ci permetta di scoprire nuove figure e nuovi simboli, che non risultino, a loro volta, essere radicati nel suolo libidinale. A questo scopo Ricoeur individua un utile strumento nella fenomenologia dello spirito hegeliana: qui, infatti, che troviamo dei simboli che attraggono la coscienza in avanti, oltre la sua fase infantile. Nella fenomenologia dello spirito la coscienza viene decentrata in maniera diversa rispet-

discorso che riconcilia le ermeneutiche rivali. Ora, considerare questo discorso come in linea di principio indistinguibile da ogni ermeneutica particolare (per esempio da quella freudiana) conduce in effetti a sostenere che non esiste conflitto ermeneutico privilegiato (in questo caso, infatti, lopposizione fra ermeneutica demistificatrice ed ermeneutica restauratrice cederebbe il posto ad un conflitto fra tre ermeneutiche, e il tentativo ripetuto di risolvere questo conflitto genererebbe evidentemente uninfinit di ermeneutiche rivali). Sennonch, ci a rigore equivale a sostenere un relativismo integrale e dunque, in contrasto con lintento perseguito da Ricoeur, toglie la possibilit in linea di principio di dirimere il conflitto delle ermeneutiche M. B u z z o n i , Paul Ricoeur. Persona e ontologa, Roma, 1988, pp. 39-40. Osservazioni analoghe vengono svolte da P. W e lsen in Philosophie und

Psychoanalyse. Zum Begriff der Hermeneutik in der Freud-Deutung Paul Ricoeurs,


Tbingen, 1986, opera che viene citata anche da Buzzoni.

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to a quanto avveniva nella psicoanalisi. Anche per quanto ri guarda la fenomenologia dello spirito vale il principio secondo cui la coscienza non si conosce essa stessa fin dallinizio. La coscienza, al fine di autoriflettersi come un S umano, adulto, etico, deve incontrare ed appropriarsi di una serie di sfere di senso delle quali la filosofia dello spirito compie linventario e lesegesi. Questo processo non rappresenta per nulla un feno meno della coscienza immediata e, quindi, non pu essere definito come una figura di quel narcisismo di cui la psicanalisi ha svolto una corretta e necessaria critica: qui il centro focale del S non costituito dallego psicologicamente inteso, ma dallo spirito, ossia dalla stessa dialettica delle sue figure. La coscienza non rappresenta altro che linteriorizzazione del mo vimento dialettico delle figure dello spirito, movimento che pu essere rintracciato attraverso unermeneutica delle strutture oggettive delle istituzioni, dei monumenti, delle opere darte e della cultura. A questo punto possiamo quindi dire che, se la coscienza non riceve mai il suo vero senso in una psicologia della co scienza immediata, essa lo riceve, invece, attraverso il tragitto lungo che attraversa il territorio delle diverse metapsicologie. Esse, infatti, consentono di comprendere il movimento di decentramento del soggetto, diretto sia verso linconscio della metapsicologia freudiana, sia verso lo spirito della metapsicologia hegeliana. La dualit di queste due interpretazioni il riflesso di due movimenti diretti in senso contrario: un movi mento analitico e regressivo verso linconscio ed un movi mento sintetico e progressivo verso lo spirito. Da un lato, nella fenomenologia hegeliana, ciascuna figura riceve il suo significato da quella che la segue, e la fine rende intelligibile linizio. Dallaltro lato, nella psicoanalisi freudiana, la com prensione procede attraverso uneziologia dei fenomeni con sci, che tende a riportarli sempre al loro radicamento pulsionale e libidinale. Gli stessi simboli possono sopportare un duplice ordine di interpretazioni, in quanto il primo si propone come compito

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quello di compiere una riesumazione di figure che si situano sempre dietro la coscienza; mentre il secondo tenta unesplo razione di quelle figure che si situano oltre la coscienza e che lattraggono in avanti. Lo spirito rappresenta lordine dellul timo, linconscio rappresenta lordine del primordiale. 4. Fenomenologia dello spirito e fenomenologia della religione La fenomenologia dello spirito non pu essere, ovviamen te, confusa o addirittura identificata con una fenomenologia della religione. La Fenomenologia dello Spirito di Hegel ter mina nel sapere assoluto ed il Sacro, di cui parla Ricoeur, non pu essere pensato come una sorta di sostituto del sapere assoluto. Secondo Ricoeur il Sacro deve prendere il posto del sapere assoluto, perch un sapere assoluto non possibile, ma, allo stesso tempo, il Sacro non pu sostituire il sapere assoluto, perch lo scarto tra le due forme di conoscenza netto ed insopprimibile. Vediamo dunque, in dettaglio, le ragioni che Ricoeur porta a sostegno di questa sua tesi che, ad un tempo, nega la possi bilit di un sapere assoluto la Hegel ed afferma lirriducibilit del Sacro al sapere assoluto. La ragione principale che impedisce la realizzazione di un sapere assoluto costituita, secondo Ricoeur, dal problema del male. Dice testualmente Ricoeur che il fallimento di tutte le teodicee, di tutte le sistemazioni teoriche relative al problema del male, testimonia lo scacco del sapere assoluto nel senso hegeliano del termine. Tutti i simboli danno a pensare, ma i simboli del male mostrano in modo esemplare che c sempre di pi nei miti e nei simboli che in tutta la nostra filosofia; e che una interpretazione filosofica dei simboli non diverr mai conoscenza assoluta.25

25 P.

R ic o e u r,

Le conflit des interprtations, cit., p. 328.

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Il Sacro inoltre irriducibile al sapere assoluto, perch nel sapere assoluto tutte le mediazioni vengono compiute allinter no di una totalit onnicomprensiva, mentre nel Sacro la fine soltanto promessa attraverso i simboli: il senso del sacro non dato, ma promesso allinterno di una dimensione escatologica. Esso pertanto non potr mai essere trasformato in conoscenza e gnosi.

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3. SPIEGARE E COMPRENDERE NEI TRE CAMPI DELLA TEORIA DEL TESTO, DELLAZIONE E DELLA STORIA

Premessa Siamo ora giunti ad un punto decisivo della nostra analisi. Il conflitto tra spiegare e comprendere, infatti, non si pone allo stesso livello di quelli sinora esaminati, perch, mentre fino a questo momento ci siamo occupati di conflitti tra interpre tazioni rivali, che si fondavano su opposte strategie metodolo giche, ora giungiamo a prendere in esame il conflitto tra le prospettive metodologiche stesse, su cui i diversi conflitti er meneutici si fondano. La strategia dialettica che Ricoeur impiega per comporre questo conflitto simile a quella messa in atto nei casi pre cedenti: vengono, innanzitutto, messi in luce i limiti di una comprensione che non sia ancora entrata in sintesi con il momento esplicativo; in seguito, la comprensione viene recu perata ad un livello superiore, in quanto sintesi di s e del suo altro, ossia in quanto comprensione che ha saputo inglobare, come suo momento essenziale, langolo prospettico proprio alla spiegazione. Comprensione e spiegazione costituiscono approcci com plementari e coessenziali: essi testimoniano, infatti, di due tendenze fondamentali dello spirito umano, nel suo processo di conoscenza della realt e di appropriazione delluniverso simbolico e culturale. La comprensione testimonia di una ap partenenza del nostro essere allessere, appartenenza che pre cede qualsiasi opposizione di un soggetto ad un oggetto, mentre la spiegazione rende conto del movimento di distanzia-

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zione, attraverso il quale questa relazione di appartenenza cede il passo al processo di oggettivazione proprio delle scienze. La contrapposizione tra spiegare e comprendere nasconde un conflitto che , al tempo stesso, epistemologico ed onto logico. La posta in gioco la frattura epistemologica tra scien ze della natura e scienze delluomo. Lintroduzione del con cetto di comprensione risponde allesigenza di rivendicare lirriducibilit e la specificit delle scienze delluomo, mentre, laffermazione che esiste solo una metodologia esplicativa, sta dalla parte della tesi che afferma la continuit epistemologica tra scienze della natura e scienze delluomo. Secondo Ricoeur risultano molto significative le aporie che sono emerse, attraverso tragitti del tutto indipendenti, allinterno delle tre problematiche del testo, dellazione e della storia. Tutte queste aporie conducono a rimettere in discussio ne il dualismo metodologico tra spiegare e comprendere, per sostituire una fine dialettica allalternativa brutale tra i due termini. 1. L a teoria del testo La teoria del testo particolarmente significativa per la nostra problematica, perch la semiologia ha introdotto, nella stessa teoria del testo, dei metodi esplicativi. Questi metodi seguono un modello strutturale, che riposa su delle correlazioni stabili tra unit concrete. Per quanto riguarda il racconto ci sono, da un lato, coloro che ritengono che ad esso non vada posta alcuna questione riguardante lintenzione dellautore, la recezione da parte dei lettori o il senso complessivo dellopera, inteso come qualcosa di distinto dalla forma. Tutte queste problematiche sarebbero di carattere psicologistico, mentre avrebbe un senso solo lana lisi dellintreccio dei codici messi in opera dal testo. Dallaltro lato, invece, ci sono coloro i quali vedono nellanalisi struttu rale una oggettivazione estranea al messaggio del testo, il quale inseparabile dallintenzione del suo autore. Per essi la com

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prensione consiste, appunto, nello stabilire una comunicazione tra lintenzione autentica dellautore ed il lettore. A questa reciproca esclusione Ricoeur oppone, come ab biamo anticipato sopra, una concezione dialettica del rappor to tra comprensione e spiegazione, relativamente alla teoria del testo. La comprensione fa appello alla spiegazione: il pas saggio attraverso la spiegazione, e, quindi, attraverso unanali si strutturale del racconto, che ne metta in luce i vari codici, permette alla comprensione di mediarsi attraverso la spiegazio ne e di sollevarsi, da un primo livello ingenuo, al livello pi elevato della comprensione colta. A sua volta la spiegazione richiama la comprensione. La spiegazione mette a nudo il funzionamento dei codici di un testo, riducendo il testo ad una semplice variabile di un sistema che ha perso la sua attua lit. Lanalisi strutturale, per, non avrebbe alcuna ragione di essere, se prima il racconto non fosse stato scritto da qualcu no per qualcunaltro, se esso non fosse lo strumento attraver so cui una comunit si interpreta per via narrativa. Occorre, dunque, in ten d ere la co m p ren sio n e in m an iera non psicologistica. La comprensione non , come riteneva Dilthey, comprensione daltri, come se si trattasse sempre e comunque di afferrare dietro un testo una vita psicologica estranea. Ci che va afferrato, al di l del testo, non , innanzitutto, il chi parlante, ma il tipo di mondo che viene dispiegato di fronte al testo. 2. L a teora dellazione Pur non essendo gli stessi autori ad essersi interessati alla teoria dellazione e pur non essendo le stesse problematiche ad essere state sollevate, il dibattito sullazione ha condotto alle stesse aporie a cui ha condotto quello sulla teoria del testo. E. Anscombe, nellopera Intention, riprende la teoria dei giochi di linguaggio, per mostrare come, il discorso che parla di eventi accadenti nella natura e quello che parla di azioni

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intraprese dagli uomini, non facciano parte dello stesso gioco di linguaggio. Quando si parla di eventi entrano in gioco nozioni quali quelle di causa, legge, fatto, spiegazione etc.; mentre, quando si parla di azioni, si ha a che fare con concetti quali quelli di progetto, dintenzione, di motivo, di ragione d agire etc. Il compito della filosofia quello di riconoscere e distinguere tra loro i giochi di linguaggio, oltre che di pre servarne la differenza, dal momento che nessun gioco di lin guaggio ha un diritto maggiore di un altro. In questo senso viene rifiutata una concezione della filosofia come scienza che ha il compito di articolare, gerarchizzare ed organizzare il sa pere ed i giochi di linguaggio eterogenei. Ricoeur oppone alle analisi della Anscombe due generi di argomenti. Il primo consiste nel rilevare che non esiste opposizione tra motivo e causa. Si dovrebbe piuttosto dire che motivo e causa si trovano ai due estremi di una scala sulla quale si situa il fenomeno umano. I motivi che guidano le nostre azioni sono pi o meno razionali, pi o meno condizionati da una causalit di tipo esteriore. Tutti i motivi incoscienti di tipo freudiano sono, ad esempio, molto prossimi alle cause fisiche. Vi sono, poi, dei motivi puramente razionali, come quelli che guidano il giocatore di scacchi nelle sue mosse. Il duplice aspetto del desiderio, che si presenta, al tempo stesso, come forza che spinge o che muove e come ragione dellagire, sta alla radice dellopposizione che facciamo tra una causa che si pu spiegare ed una ragione che va compresa. Questa oppo sizione rimane, comunque, astratta, poich la realt umana presenta, piuttosto, una combinazione di questi due estremi nellambiente propriamente umano dellazione: essa appartie ne, al tempo stesso, al regime della causalit e della motiva zione e, dunque, anche ai due domini metodologici della spie gazione e della comprensione. Il secondo argomento si appoggia su alcune considerazio ni di von Wright, relativamente alle condizioni dellinserimen to dellazione umana nel mondo.

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Von Wright cerca di concepire larticolarsi dellazione umana nel mondo a partire dalla teoria dei sistemi e dalla nozione di sistema chiuso. A partire dal concetto di sistema parziale chiuso von Wright critica la nozione di determinismo universale: le relazioni causali, che conducono un sistema da uno stato iniziale ad uno stato finale, sono infatti asimmetriche, poich le con dizioni sufficienti dellordine progressivo non possono essere scambiate contro le condizioni necessarie dellordine regressivo. Un sistema chiuso costituito da un incatenamento di fasi, ciascuna delle quali apre svariate alternative nellordine pro gressivo. Lazione umana interviene nello stato delle cose esercitan do un potere che produce lo stato iniziale di un sistema par ziale chiuso, dando cos origine ad un movimento. Ora, il nostro poter fare noi lo conosciamo attraverso un sapere senza osservazione, come ha a suo tempo osservato E. Anscombe. Qui siam o dunque di fronte ad un interessante caso dintersezione, poich la nozione di poter fare assolutamen te irriducibile ad un sapere esplicativo, ma, al tempo stesso, essa diventa essenziale allinterno della teoria dei sistemi chiu si, funzionanti attraverso un processo causale. Vi , cio, unintersezione tra teoria dei sistemi e teoria dellazione, che fa appello ad unintersezione di metodi. Senza la nozione di poter fare, infatti, risulta impossibile identificare lo stato ini ziale di un sistema, isolarlo e definirne le condizioni di chiu sura. A sua volta, poi, lazione programmata esige, per poter essere definita, la concatenazione specifica dei sistemi sui quali essa interviene. Giungiamo, in questo modo, a formulare la nozione di intervento nel corso delle cose, la quale implica, assieme, una teoria dei sistemi, elaborata attraverso una metodologia esplicativa, e la nozione di motivazione, colta attraverso una criteriologia di tipo comprensivo. Queste analogie tra la teoria del testo e la teoria dellazio ne non devono stupire perch, secondo Ricoeur, in un certo senso lazione un testo. Come un testo si fissa nella scrittu-

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ra, cos lazione si esteriorizza e si stacca dal suo agente, acquisendo unautonomia, simile allautonomia semantica di un testo. Il senso dellazione, cos come il senso di un testo, pu, allora, essere reinscritto in nuovi contesti ed essere oggetto di molteplici letture. D altro canto occorre osservare che molti testi (se non tutti, perlomeno quelli appartenenti al genere del racconto) hanno come oggetto lazione umana. 3. L a teoria della storia Anche la teoria della storia ha forti legami con la teoria del testo e con la teoria dellazione, poich la storia rappre senta una sorta di racconto vero, che si rapporta alle azioni svolte dagli uomini nel passato. Per questo motivo il metodo storico cumula di fatto i tratti caratteristici delluna e dellal tra metodologia. Anche per quanto riguarda il metodo del sapere storico ci troviamo di fronte a due teorie che si oppongono tra di loro e che appartengono, rispettivamente, al campo della com prensione e a quello della spiegazione. Da un lato, troviamo alcuni storici di lingua inglese, in fluenzati da Collingwood, ed altri di lingua francese, quali Raymond Aron ed Henry Marrou, influenzati a loro volta dalla sociologia comprensiva tedesca di Rickert, Simmel, Dilthey e Weber. Tutti questi autori privilegiano un approccio di tipo comprensivo, sottolineando come la storia abbia a che fare con delle azioni umane, che sono guidate da motivazioni, progetti ed intenzioni, che vanno comprese attraverso un movimento intropatico, che coinvolga la soggettivit stessa dello storico. Dallaltro lato, invece, incontriamo le procedure esplicati ve della cosiddetta storiografia scientifica, di cui fa parte, ad esempio, la scuola analitica di lingua inglese che si ispira a Cari Hempel e alla sua nota opera del 1942, dal titolo The Function o f General Laws in History. Secondo questa scuola la spiegazione storica segue lo schema della spiegazione di un

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evento fisico, dove si deduce un evento dalla congiunzione di due premesse: quella relativa alle condizioni iniziali, che han no prodotto quel determinato evento, e quella relativa alla legge generale, che garantisce quella certa regolarit in cui implicato levento considerato. Ricoeur, di fronte a questultima prospettiva, ha buon gioco nel dimostrare la debolezza scientifica delle leggi generali invocate dallo storico, mentre rimprovera alla prospettiva opposta la mancanza di un momento critico, allinterno di una teoria che si basa, quasi esclusivamente, su di una relazio ne immediata di intropatia. La mediazione tra le posizioni delle due scuole pu essere ottenuta, secondo Ricoeur, attraverso lintroduzione di un nuovo elemento: la competenza specifica richiesta dal seguire una storia. Questa competenza richiama immediatamente la comprensione e, a sua volta, la comprensione spontanea di primo grado richiede lulteriore sviluppo della spiegazione, al fine di poter essere ancora rilanciata. Il momento non meto dico costituito dalla comprensione si compone con il momen to metodico costituito dalla spiegazione, poich la compren sione precede, accompagna, chiude, ed in qualche modo rive ste, la spiegazione; mentre, dal canto suo, la spiegazione ha il ruolo di sviluppare analiticamente la comprensione 26.

26 Lesposizione della teoria ricoeuriana dei rapporti tra spiegazione e com prensione si trova in P. R ic o e u r , D u texte l action. Essais d hermeneutique, n, Paris, 1986, pp. 137-211.

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4. SECO N D O BILANCIO PROVVISORIO

1. Bilancio storiografico In questa seconda parte del nostro studio abbiamo analiz zato le strategie teoriche che Ricoeur inette in atto per dialettizzare tra loro interpretazioni opposte. Abbiamo osservato, inoltre, che, nel corso dei vari conflit ti, erano sempre le stesse strategie ermeneutiche a confrontar si tra di loro: da un lato uno stile interpretativo improntato al metodo esplicativo e, dallaltro lato, una prospettiva erme neutica di matrice comprensiva. Per questo, lultimo dei con flitti teorici esaminati, quello tra spiegazione e comprensione, risultato il pi radicale, in quanto esso incarna il conflitto tra le metodologie stesse che stanno alla base degli altri conflitti ermeneutici. Due sono le caratteristiche di questa dialettica che vor remmo evidenziare: 1) il debito di Ricoeur nei confronti della tradizione ermeneutica, da un lato, e di quella riflessiva e neokantiana dallaltro. 2) Il rapporto tra la dialettica ricoeuriana e quella hegeliana. 1.1 L a filosofia come discorso sut limiti e sullo spazio di validit delle varie interpretazioni ingaggiate nel conflitto: kantismo ed ermeneutica Ricoeur ha testimoniato e riconosciuto, a pi riprese, il suo debito teorico da un lato nei confronti della tradizione
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francese del pensiero riflessivo e, dallaltro lato, nei confronti della fenomenologia e dellermeneutica. Il seguente passo uno dei molti che sono l a dimostrarlo: Mi piacerebbe, afferma Ricoeur, caratterizzare la tradizione filosofica a cui mi richiamo attraverso tre tratti: essa si situa sulla linea della filosofia riflessiva, dimora nella movenza della fenomenologia husserliana; vuole essere una variante ermeneutica di questa fenomenologia 11. La tradizione del pensiero riflessivo francese necessita di essere qui brevemente rievocata, data la sua minore notoriet rispetto alle altre due grandi tradizioni sopra menzionate. Quando Ricoeur parla di pensiero riflessivo ha in mente au tori come Lachelier e Lagneau, che egli ha conosciuto attra verso la mediazione di Jean Nabert, il pi noto tra i filosofi della riflessione. M a che cos la riflessione e in che cosa consiste il metodo riflessivo? Osserviamo, innanzitutto, che il discorso riflessivo un discorso che non vuole essere n di mostrativo n oggettivo, nel senso proprio che rivestono que sti termini nella tradizione teorica della filosofia e della scien za occidentali. La filosofia, in quanto riflessione, mostra, ma non dimostra. La riflessione infatti pu essere considerata un processo di mediazione, dove per la mediazione non intesa come dimostrazione, ma come duplicazione dellimmediato, cio come riappropriazione dellimmediato attraverso un ri torno su di esso, cio attraverso una ri-flessione. Ricoeur ha adottato la definizione nabertiana della rifles sione; dunque, il significato che riveste questa nozione nel pensiero di Ricoeur, identico a quello che troviamo negli scritti di Nabert. Secondo Nabert latto fondamentale del pensiero costituito dal giudizio, dunque da unoperazione, o meglio da unazione di pensiero. Ci che mette in opera la riflessione, in Nabert, il fatto che i nostri atti di pensiero sono dimenticati, in quanto atti, nel loro risultato che log27
p. 25.

P. R ic o e u r , D u texte l action. E ssa is d'herm neutique II, Paris, 1986,

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getto, come se questo atto venisse in qualche modo assorbito dal suo oggetto. Il compito fondamentale della riflessione diviene, allora, quello di andare alla ricerca delPatto di perce pire nelloggetto percepito. In che cosa consiste allora il valore aletico della riflessio ne? E chiaro, a questo punto, che qui non ci troviamo di fronte ad una verit delloggetto, ma alla verit degli atti. La verit della riflessione consiste nel riconoscere la dimensione del soggetto come agente, in quanto il soggetto possiede la virt dellintenzionalit ed , allo stesso tempo, capace di ri flettere sulla propria intenzione e, dunque, di recuperarsi come atto che si perde nel suo oggetto. Oltre a questo significato del termine riflessione, ne tro viamo un altro in Ricoeur, che per certi versi se ne allontana e, per certi altri, gli prossimo. In De linterprtation e ne Le conflit des interprtations la riflessione, o discorso riflessivo, viene definito come quel discorso che , in qualche modo, in grado di fare da mediatore tra interpretazioni opposte, in particolare, per quanto riguarda quel caso specifico, tra lin terpretazione archeologica {o demistificatrice) del simbolismo religioso e quella teleologico-restauratrice. La riflessione mo stra lunilateralit di entrambe le prospettive ermeneutiche, spingendo luna interpretazione verso laltra e mostrando come ciascuna di esse implichi gi di per s laltra. In questo caso riflettere significa riflettere sui limiti e sullo spazio di validit di un certo discorso o di un numero di concetti. Nel conflitto delle interpretazioni la riflessione svol ge il ruolo di mediatrice, in quanto essa in grado di mostra re che una data interpretazione valida entro certi limiti e che le sue condizioni di validit sono anche le condizioni determinanti i limiti della sua validit. Tutti i discorsi che si possono fare sono determinati da una condizione di finitudine e sono preceduti da una fase di precomprensione. La riflessio ne ha il ruolo di mettere in luce tutti questi aspetti. Se il primo dei due sensi della riflessione, ossia la rifles sione intesa come riflessione sulla componente datto di tutte

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le nostre operazioni di pensiero, preso a prestito dal pensie ro di Nabert, viceversa, leredit gadameriana e quella nabertiana si incrociano in quello che il secondo dei significati della nozione di riflessione in Ricoeur, ossia la riflessione sui limiti di validit di un discorso. Gadamer, infatti, ha insistito nel sottolineare la finitudine della comprensione, concetto che egli ha ereditato da tutta la tradizione ermeneutica. Leredit gadameriana e quella nabertiana danno origine, in Ricoeur, ad una sorta di neokantismo, poich la finitezza della conoscen za, nel senso ermeneutico, ed i limiti della conoscenza, nel senso riflessivo, sono, alla fine, la stessa cosa: dire che la comprensione sempre finita, come dire che qualsiasi co noscenza sempre limitata. Il neokantismo in cui confluiscono linsegnamento di Nabert e quello di Gadamer non rappresenta altro, a mio parere, che una ripresa della filosofia trascendentale kantiana, intesa ap punto come riflessione sui limiti e lo spazio di validit di un certo discorso o di un certo numero di concetti. Il livello trascendentale del discorso filosofico, per, non si pone sullo stesso piano degli altri livelli del discorso filosofico. La filoso fia, in quanto essa arbitra il conflitto tra ermeneutica archeo logica ed ermeneutica teleologica, mostrando a ciascuna delle due parti in conflitto la limitatezza della sua prospettiva, non pu porsi sullo stesso piano di questi due stili interpretativi in conflitto, pena limpossibilit di un arbitraggio. Volendo fare il punto su quanto detto finora potremmo osservare che gli elementi che entrano in gioco, nel conflitto delle interpretazioni, sono tre: 1) Linterpretazione scientifica di un determinato fenome no (sia essa la considerazione scientifica del corpo proprio, la linguistica strutturale, la psicoanalisi e quantaltro). Questo tipo di ermeneutica si ispira al modello epistemologico di tipo esplicativo. 2) Linterpretazione filosofica dello stesso fenomeno (sia essa la fenomenologia del corpo proprio, la filosofia del lin

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guaggio, la fenomenologia dello spirito o della religione). In questo caso abbiamo a che fare con delle prospettive teoriche che sono in relazione, invece, con uno stile ermeneutico ba sato sulla comprensione. 3) Il discorso filosofico in quanto discorso di tipo trascen dentale, che opera la mediazione del conflitto ermeneutico che si instaura tra le due precedenti interpretazioni. Ricoeur, dunque, si pone il problema di regolare il conflit to ermeneutico attraverso un discorso che si ponga in qualche modo ad un livello diverso da quello a cui si situano le diverse interpretazioni. Questo discorso dovrebbe godere, quindi, di uno statuto epistemologico privilegiato rispetto a quello delle pure interpretazioni. A questo punto, allora, dovrebbe diven tare compito del lettore di Ricoeur proseguire oltre Ricoeur, cercando di capire in che cosa possa consistere questo tipo di discorso e che cosa dia ad esso il diritto di rivendicare un ruolo arbitrale allinterno del conflitto ermeneutico. M a noi lasciamo in sospeso questa interrogazione, limitandoci, per il momento, a fare un rilievo a nostro avviso strategico: gi nel corso di questa analisi dello stile dialettico ricoeuriano abbia mo incontrato una prima figura del discorso filosofico in quanto tale, mi riferisco cio al discorso filosofico di tipo trascendentale, capace di mediare tra le diverse interpretazio ni in conflitto. Non altrettanto si pu dire, ovviamente, delle due interpretazioni ingaggiate nel conflitto, trattandosi, da un Iato, di un discorso di tipo scientifico-specialistico (scienza del corpo, linguistica strutturale, psicoanalisi) e, dallaltro lato, di un discorso filosofico che non di filosofia generale, ma di filosofia speciale (fenomenologia del corpo proprio, filosofia del linguaggio, fenomenologia della religione). Dunque, il primo aspetto sotto cui si presenta il discorso filosofico in quanto tale quello del discorso di tipo trascen dentale. Il modello fondazionale proprio a questo tipo di discorso quello di matrice kantiana a cui faceva riferimen to Habermas nei testi che abbiamo riportato nellintrodu zione.
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1.2 L a dialettica di Ricoeur e quella di Hegel Il pensiero di Hegel rappresenta uno dei punti di riferi mento cardinali nella riflessione ricoeuriana: abbiamo visto, infatti, che Ricoeur, nel tentativo di comporre i conflitti ermeneutici con cui si trova ad aver a che fare, istituisce una dialettica che ricorda le movenze della dialettica hegeliana, la quale si scandisce nei tre momenti della tesi, dellantitesi e della sintesi. Risulta allora quanto mai interessante istituire un confronto tra la dialettica messa in campo da Ricoeur e quella di Hegel, chiarendo quali siano i punti di contatto e quali le differenze essenziali. Innanzitutto si potrebbe dire che, se da un lato la tenta zione hegeliana sempre presente nellinfaticabile lavoro di mediazione tra prospettive contrapposte che Ricoeur mette in atto28, dallaltro lato si deve riconoscere che Ricoeur ha sem pre rifiutato lidea hegeliana della conciliazione definitiva e del sistema com piuto29. Il nostro pensiero, secondo Ricoeur,

28 Osserva a questo proposito Kevin J. Vanhoozer: Una delle caratteristi che pi impressionanti della filosofia di Ricoeur precisamente questa abilit nel mediare opposizioni apparentemente irreconciliabili. [...] E tuttavia la me diazione non max totale, mai perfetta. Il dialogo tra filosofi e tra diverse discipline ha la verit come suo ideale regolativo, ma mai come suo possesso. La sntesi finale sempre rimandata. Hegel appare come il serpente nel giardino di Ricoeur, che Io istiga a mangiare allalbero della conoscenza assoluta, e che rappresenta la pi grande prova e la pi grande tentazione del filosofo. K.J.
V a n h o o z e r , Biblical Narrative in the Philosophy o f Paul Ricoeur. A Study in Hermeneutics and Theology, Cambridge, 1990, p. S. 19 Theodoor Marius Van Leeuwen, uno studioso olandese del pensiero

ricoeuriano, ha scritto: La filosofia di Ricoeur caratterizzata da una sorta di dialettica non conclusiva della speranza. Da un lato essa animata da una speranza di significato. Ci viene riflesso nei temi di unaffermazione originaria che fonda il desiderio, di un avvento del significato che supplisca allinfaticabile lavoro dellinterpretazione, di una riconciliazione finale che prevalga sulla radicalit del male. Ma tutto ci rimane oggetto di speranza. La filosofia non pu concepire il desiderio se non come non ancora soddisfatto, il conflitto delle interpretazioni se non come ancora irrisolto, il male se non come ancora non sopraffatto. T.M . V a n L e e u w e n , The Surplus o f Meaning. Ontology and Eschatology in the Philosophy o f Paul Ricoeur, Amsterdam, 1981, p. 181. Qual che pagina pi sopra, sempre a proposito del conflitto delle interpretazioni, Van Leeuwen aveva scritto: Come il conflitto del cuore non pu essere sintetizzato,

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non in grado di porsi come padrone del senso. Due sono, infatti, gli scacchi fondamentali con cui il pensiero si trova a doversi confrontare e che gli impediscono qualsiasi progetto di ricapitolare il sapere in una sintesi definitiva: il problema del male e quello del tempo. In ciascuna di queste due realt Ricoeur ravvisa lesistenza di un fondo enigmatico e misterio so che si sottrae alla chiarezza del concetto. 1.2.1 II pensiero di fronte allenigma del male Lenigma del male costituisce la pietra dinciampo di ogni pretesa di sistematizzazione del sapere. Osserva infatti Ricoeur:
Per quale motivo, in effetti, ci rifiutiamo di dire che la fine sapere assoluto, adempimento di tutte le mediazioni in un tutto, in una totalit senza resto? Perch diciamo che questa fine non che annunciata, promessa per profezia , nel linguaggio del Tractatus Theologico-Politicus Perch restituiamo al sacro il posto che un sapere assoluto ha usurpato? Perch ci opponiamo alla conversione della fede in gnosi? Il motivo, assieme ad altri, per cui un sapere assoluto non possibile, il problema del male, quello stesso problema che fu il nostro punto di partenza e che ci poco fa apparso come una semplice occasione per porre il problema del simbolo e delPermeneutica.30

Lhegelismo rappresenta, agli occhi di Ricoeur, il pi gran de tentativo di rendere razionalmente ragione del male. La negativit assicura alla dialettica hegeliana il suo dinamismo: essa costringe ciascuna figura dello Spirito a rovesciarsi nel suo contrario e a generare una nuova figura che insieme sop prime e conserva la precedente. La dialettica, spiega Ricoeur, fa cos coincidere in tutte le cose il tragico e il logico: necessario che qualcosa muoia perch qualcosa di pi grande nasca. In questo senso, il malheur ovunque, ma ovunque

cos il conflitto delle due direzioni verso cui muove linterpretazione non trova mai conclusione. Linterpretazione rimane ad una certa distanza dallessere e dalla verit. Ivi, p.132. 30 P. R ic o eu r , De linterprtation. Essai sur Freud, Paris, 1965, trad. it. di Emilio Renzi, Genova, 1991, p. 483.

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superato nella misura in cui la riconciliazione vince sempre sulla lacerazione31. Ricoeur vede nehegelismo una ripresa del progetto leibniziano di una teodicea, con nuove risorse logiche e con una bybris razionale forse ancor pi grande32. In Hegel il pantragismo viene superato e conservato nel panlogismo dove anche la sofferenza e il male diventano razionali. Ci possibile nella misura in cui si dissocia nel modo pi radicale la riconci liazione dalla consolazione rivolta alluomo come vittima, come fa Hegel nellIntroduzione alle Lezioni sulla filosofia della sto riar33. Nella filosofia hegeliana della storia abolita la questio ne della felicit individuale, ma proprio questa abolizione che Ricoeur giudica intollerabile. Osserva infatti il nostro autore:
Per noi che leggiamo Hegel dopo le catastrofi e le sofferenze senza nome di questo secolo, la dissociazione operata dalla filo sofia della storia tra consolazione e riconciliazione divenuta una grande fonte di perplessit: pi il sistema prospera, pi le vittime vengono marginalizzate. La riuscita del sistema subisce il suo scacco. La sofferenza, attraverso la voce della lamentazione, ci che si esclude dal sistem a.34

1.2.2

II pensiero di fronte allinscrutabilit del tempo

Lopera in cui Ricoeur mette a tema in maniera dettagliata la problematica della temporalit Temps et rcit. Riprenden do i momenti pi significativi della speculazione filosofica sul tempo, da Agostino ad Aristotele, da Kant a Husserl e ad Heidegger, Ricoeur mira a porre in evidenza la grande massa di aporie che rimangono tuttora insolute a proposito di que sta grande tematica. Il tempo nasconde sempre un fondo

31 P. R ic o eu r , L e m al: un dfi la philosophie et la thologie , in Id., Lectures 3. Aux frontires de la philosophie, Paris, 1994, p. 223. 32 Ivi, p. 224. 33 Ricoeur fa riferimento alla nota sezione dellIntroduzione alle Lezioni sulla filosofia della storia consacrata allastuzia della ragione, dove si dice che la sorte degli individui interamente subordinata al destino dello spirito di un popolo (Volksgeist) e a quello dello spirito del mondo Zeitgeist). 34 Ivi, p. 225.

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misterioso, impermeabile alla speculazione filosofica, come gi Agostino aveva compreso quando scriveva: Che cos il tem po? Se nessuno me lo chiede, lo so; se qualcuno me lo chiede e io lo voglio spiegare, non lo so pi. Laporia fondamentale e irriducibile, quella a cui la specu lazione filosofica non mai riuscita a dare una soluzione, , secondo Ricoeur, laporia determinata dalla dicotomia che si viene ad instaurare tra il concetto cosmico e quello psicologi co della temporalit. Lanalisi storica che Ricoeur compie dei vari tentativi messi in atto dalla tradizione filosofica, al fine di investigare speculativamente la problematica del tempo, si con clude con la constatazione che la dicotomia tra tempo del lanima e tempo del cosmo non mai stata superata. Se Agostino e Husserl da una parte e Aristotele e Kant dallaltra teorizzano, rispettivamente, il tempo dellanima e il tempo della natura, il pensiero di Heidegger sembrerebbe invece, ad una prima riflessione, superare questa dicotomia, dal momento che loggetto di Sein und. Zeit non costituito dallanalitica di un soggettivit solipsisticamente intesa. Al contrario, allesserci heideggeriano appartiene costitutivamente lessere al mondo e, dunque, lapproccio heideggeriano al tempo, nella misura in cui ha in vista lesserci, non pu che porsi al di l delle contrapposizioni tra soggetto ed oggetto e tra psichico e cosmico. Heidegger, per, nello svolgere questa sua indagine sul tempo, istituisce una frattura tra di essa e la concezione vol gare e lineare, che considera il tempo in rapporto al movi mento. Ricoeur, allora, individua proprio in questa difficolt heideggeriana a rendere ragione fino in fondo della coscienza volgare del tempo, facendone la genesi, unulteriore manife stazione di quella fondamentale aporeticit della temporalit che gi era emersa dallanalisi delle riflessioni sul tempo di Aristotele, Agostino, Kant e Husserl. Secondo Ricoeur la dicotomia tra la dimensione cosmica e quella psicologica della temporalit rimane in ultima analisi irriducibile sul piano teoretico, per cui diventa necessario far

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appello alla storia e alla soluzione che essa offre alle aporie della temporalit, attraverso lelaborazione di un terzo tempo - il tempo storico -, che fa da mediatore tra tempo vissuto e tempo cosmico. Per dimostrare la sua tesi Ricoeur fa appello alle procedure di connessione, proprie alla pratica storica, che perm ettono la reiscrizione del tem po vissuto sul tempo cosmico. Tra i connettori pi noti a cui Ricoeur fa riferimento troviamo il calendario, il susseguirsi delle generazioni, gli archi vi, i documenti, le tracce ecc. Accanto al tempo storico vi , per, anche il tempo della fiction. II testo letterario, aprendo davanti a s nuovi mondi, svelando dimensioni del reale sino a quel momento ignote, rifigura il mondo del lettore e modifica la sua maniera di interpretare il reale e, quindi, anche il passato. In questo sen so giusto dire che la finzione ha una certa presa sulla realt. Inoltre, limmaginazione entra allopera anche nel lavoro di ricostruzione del passato che proprio dello storico. Per questi motivi Ricoeur propone un incrocio tra la re ferenza storica e quella di finzione, tanto che si potrebbe parlare, rispettivamente, di una finzionalizzazione della storia e di una storicizzazione della fiction. Dallincrocio tra le prospettive referenziali della storia e della fiction nasce il tempo umano, il tempo infatti diventa tempo umano nella misura in cui esso viene raccontato. Esso, per, non pu mai venire totalizzato allinterno di una co scienza storica unitaria, come aveva preteso di fare Hegel. Ci che impedisce ogni progetto di totalizzazione la libert, imprevedibile e a volte bizzarro motore della storia, renitente a qualsiasi tentativo di previsione certa. Se una mediazione possibile questa deve avvenire, secondo Ricoeur, nel campo pratico. Essa sar dunque una mediazione imperfetta, mai com pletamente adeguata dal conoscere, alla quale pu tuttal pi corrispondere, sul piano concettuale, una sorta di coscienza ermeneutica della storia. Ricoeur ritiene che la temporalit non si possa descrivere concettualmente, ma richieda, per poter essere detta, la devia-

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zione attraverso la narrazione. Di qui la convinzione di Ricoeur secondo cui non esiste un tempo pensato se non quello rac contato. Ci che per Ricoeur tiene a precisare che nel tempo raccontato non si pu cercare un succedaneo della filosofia della storia hegeliana. N on possibile infatti costru ire un intrigo di tutti gli intrighi, che ci permetta di dominare il senso della storia nel suo complesso. La soluzione va cercata, secondo Ricoeur, in una direzione diversa da quella hegeliana. Innanzitutto occorre parlare di totalizzazione piuttosto che di totalit dellesperienza tempo rale, inoltre bisogna riconoscere in questa totalizzazione il risultato di una mediazione imperfetta tra le tre dimensioni del passato, del presente e del futuro. M a, se vero questo, si pu ancora dire che una tale mediazione imperfetta tra le tre dimensioni del tempo in grado di fornire una qualche soluzione allaporia dellunit del tempo? S, risponde Ricoeur, ma
a condizione di porre laccento sul carattere plurale dellunit assegnata al tempo preso come singolare collettivo, e sul carat tere imperfetto della detta mediazione tra orizzonte d attesa, tradizionalit e presente storico.35

Ladeguazione tra lunit plurale del tempo e la categoria letteraria del racconto risulta, per, per molti aspetti, preca ria, perch il racconto pu offrire una serie molteplice di intrighi per lo stesso avvenimento, perch esso non articola che delle temporalit frammentarie, perch, infine, lintrigo privilegia il plurale sul sin go lare collettivo nella sua refigurazione del tempo. Per questo non esiste un intrigo di tutti gli intrighi, che raccolga in unit lumanit e la storia. Ci che infine, pi di ogni altra cosa, impedisce una nuo va teodicea e frena qualsiasi tentazione di costruire una filo sofia che si erga a sistema compiuto lirrapresentabilit del

35 R i c o e u r ,

Temps et rcit,

h i,

Le temps racont, Paris, 1985,

p.

457.

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tempo. a causa di questa aporia che ia fenomenologia ha dovuto ricorrere di continuo a delle metafore e dare la parola al mito per poter dire il tempo. Qui Ricoeur, qualificando il tempo come irrapresentabile non vuole certo negare qualsiasi possibilit di pensare il tempo, ma la pretesa del nostro pen siero a porsi come padrone del senso. Occorre, di fronte al lenigma del tempo, che il pensiero riconosca il suo scacco, esattamente come deve fare di fronte allaltro grande enigma, quello che concerne il male. Sono, infine, i limiti intrinseci allimpresa narrativa che fanno segno delPinscrutabilit fondamentale che caratterizza il tempo. Questi limiti sono di un duplice tipo: da un lato vi sono dei limiti interni allarte narrativa, nel senso che dato riscontrare un esaurimento dellarte di raccontare nel m o mento in cui essa si approccia allinscrutabile, allaltro dal tempo, alleternit; dallaltro lato vi sono dei limiti esterni, intesi questi come un superamento del genere narrativo ad opera di altri generi d discorso che tentano, anchessi, di dire il tem po36.
36 Gabriella Segarelli, iti un suo articolo su Ricoeur, ha rilevato che la presa di distanza di Ricoeur nei confronti di Hegel, presa di distanza determi nata dallinscrutabilit del male e del tempo e dallimpossibilit di rendere ragione di questi due fenomeni all'interno di un sistema, si configura come un ritorno a Kant mediato attraverso la lezione hegeliana. Per questa ragione Segarelli usa, a proposito della specuazione ricoeuriana, la definizione di kantismo post hegeliano, espressione che, peraltro, Segarelli mutua dallo stesso Ricoeur. Scrive infatti la studiosa: Il tempo opera sulla filosofia allo stesso modo del male. In entrambi i casi la filosofia diventa ermeneutica e poetica, si fa ascolto e tenta nuove vie - il linguaggio simbolico, la verit metaforica, la dimensione narrativa - per parlare delluomo e dellessere. E in entrambi i casi luniverso di senso cui la filosofia attinge per procedere su questa strada il linguaggio poetico, reli gioso, in una parola rivelativo. Il kantismo post-hegeliano rappresenta dunque il nucleo teorico di tutta la filosofia ricoeuriana, sia quando ha per oggetto i simboli sia quando si occupa della metafora e del racconto. [...] Con la metafora e il racconto Ricoeur tenta di rispondere al problema del tempo, come, median te il simbolo e il mito, aveva cercato di risolvere la questione del male. Anche in questo caso la filosofia si riconosce impossibilitata a risolvere il problema che le sta dinnanzi e deve ricorrere al linguaggio poetico per penetrare il mistero, G. S e g a r e l l i , Paul Ricoeur tra concetto e kerygma: Il kantismo post-hegeliano , Filosofia e Teologia, 1988, pp. 112-113. Segarelli, inoltre, individua nello scritto ricoeuriano dal titolo Le statut de la Vorstellung dans la philosophie hglienne de la religion (in Quest-ce que

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1.2.3 Ricoeur, Gadamer, Hegel agevole osservare che Ricoeur ha compiuto un recupero del pensiero di Hegel che, per molti aspetti, pu essere avvi cinato alPautoappropriazione gadameriana dellhegelismo. Gadamer, in una conferenza tenuta a Parigi nel 1962, dal titolo Die philosophischen Grundlagen des zwanzigsten Jahr hunderts, ha affermato a chiare lettere che il punto di parten za della filosofia, oggi, rimane Hegel. Hegel fornisce infatti al pensiero contemporaneo limportante nozione di spirito og gettivo, nozione che permette di aprire uno spazio alla rifles sione al di l degli angusti limiti della conoscenza oggettiva delle scienze, la quale ha ridotto loggettivit alla pura estraneit della natura. Ricoeur, al contrario di Gadamer, ha valorizzato un altro aspetto del pensiero hegeliano: la teleo logia, sottesa al percorso compiuto dalla coscienza nella Feno menologia dello Spirito. Lobiettivo di Ricoeur, comunque, lo stesso di Gadamer, ovverosia quello di aprire lo spazio ad una forma di pensiero diversa da qualla delle scienze oggettive, di fornire un tipo di comprensione dei fenomeni che non sia quella oggettivante delle scienze. Il punto su cui, invece, i due autori si distanziano costi tuito dalla diversa considerazione che essi mostrano di avere del punto di vista scientifico, una volta aperto lo spazio ad una diversa tipologia della riflessione: se Gadamer tende a respingere tutto lapparato metodologico delle scienze, com prese le scienze umane, Ricoeur tenta, come abbiamo visto, di
Dieu? Philosophie/Thologie. Hommage l abb Daniel Coppieters de Gibson ,
Bruxelles, 1985, pp. 185-206) una svolta rispetto al precedente modo di con siderare Hegel da parte di Ricoeur. Nota infatti Segarelli: Pur continuando a rifiutare il sistema, Ricoeur qui mosso da una preoccupazione diversa rispet to al passato, quella di verificare che cosa della filosofia hegeliana possa essere mantenuto in una ermeneutica moderna della religione (S eg a relli, Paul Ricoeur tra concetto e kerygma, cit., p. 114). Continua, pi avanti, la studiosa: Ricoeur ormai consapevole che non possibile costruire unontologia se non attraver so la mediazione del linguaggio, vale a dire se non come una poetica. E dunque con un taglio ermeneutico che ora si accosta ad Hegel, vedendo in lui non solo pi il filoso fo della lbrys, del sistema totalizzante, ma lanticipatore dellermeneutica (ivi, p. 115).

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operare una mediazione tra il punto di vista filosofico e quello scientifico. Questa mediazione, per, secondo Ricoeur, non deve costituire una sintesi definitiva. Qui Ricoeur e Gadamer si incontrano nuovamente. Ci che entrambi respingono nel pensiero di Hegel e ci che in genere respinge ogni pensatore contem poraneo che tenti una qualche riappropriazione delPhegelismo , infatti, il concetto della Vershnung, della conciliazione definitiva, del sistema compiuto, dellautotrasparenza dello spirito assoluto. Nietzsche, M arx e Freud hanno infatti reso inutilizzabile questo concetto di spirito assoluto, perch hanno smascherato il mito dellautocoscienza e della verit intesa come chiarezza e distinzione: essi hanno infatti introdotto la consapevolezza dellattivit permanente di ma scheramento e di mistificazione, in cui consiste la vita stessa della coscienza. Non a caso Ricoeur ha dedicato tante rifles sioni al pensiero di questi tre autori. 2. Bilancio critico 2.1 II conflitto tra ermeneutica archeologica ed ermeneutica teleologica Nellesporre le varie opere in cui Ricoeur ha tentato delle mediazioni dialettiche tra tesi opposte abbiamo rilevato il fatto che Ricoeur non si impegnato a far luce sulle condizioni di possibilit di una mediazione dialettica in generale e sullo statuto epistemologico del discorso che opera la mediazione stessa. venuto allora il momento di riflettere su questo problema, cercando di integrare il discorso del nostro autore, l dove le circostanze lo richiedessero. Abbiamo pi volte osservato che la riflessione che oppone le diverse ermeneutiche non pu essere essa stessa unerme neutica posta sullo stesso piano dellopposizione che deve mediare, perch, altrimenti, il conflitto tra le ermeneutiche verrebbe ulteriormente complicato e le ermeneutiche da me

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diare, da due, diventerebbero tre, e cos via. Fin qui la pars destruens del discorso che abbiamo svolto. La pars construens, invece, consiste nel rilevare che la riflessione, che compone il conflitto ermeneutico, in grado di rimanere il comune pun to di riferimento di tutte le interpretazioni particolari, ma solo nella misura in cui essa faccia riferimento alla capacit critica in quanto tale, il cui principio il principio di non contraddizione. E a questa capacit critica che va commisurata la validit delle singole interpretazioni particolari. 2.1.1 Condizioni di possibilit della mediazione di un conflitto tra teorie opposte Quando a priori possibile mediare un conflitto tra opposte ermeneutiche e quando, invece, a priori impossibile qualsiasi conciliazione? Forse Aristotele pu aiutarci a trovare una rispo sta. Vediamo perch. Nel libro iv della Metafisica Aristotele, dopo aver esposto e difeso elenchicamente il principio di non contraddizione, espone il seguente altro principio, che costituisce un corollario del primo: non ci pu essere nulla nel mezzo della contrad dizione, bens necessario o affermare o negare una cosa una a proposito di una cosa una, qualunque essa sia 37. Nella filo sofia razionalistica tedesca questo principio stato chiamato principum exclusi medii inter duo contradictoria (Wolff) o principium tertii exclusi (Baumgarten). Il principio del terzo escluso vieta, dunque, la mediazione tra i contraddittori. Lopposizione di contraddittoriet, per, non lunico tipo di opposizione: esistono, infatti, altri tipi di opposizioni, tra le quali possibile una mediazione. Cono scere le condizioni di possibilit della mediazione dialettica significa, allora, conoscere i vari tipi di opposizione. Anche in questa distinzione ci sono di aiuto i logici antichi ed Aristotele in particolare. 37 A r i s t o t e l e ,
Metafisica IV 7, 1011 b 23-24.

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Aristotele distingue, nel cap. 10 delle Categorie38, loppo sizione tra termini relativi, quella tra termini contrari, quella fra privazione e possesso e quella tra termini contraddittori. Le due opposizioni che a noi maggiormente interessano sono quelle tra termini contrari, termini contraddittori e tra le proposizioni che li rappresentano. Contrari sono i termini che si trovano alla distanza massima allinterno dello stesso gene re, per esempio il bianco e il nero nellambito del colore. I termini contraddittori, invece, sono quelli di cui luno sem plicemente la negazione dellaltro, per esempio bianco e non bianco, sano e non sano, ecc. Ci comporta che essi non appartengono allo stesso genere, ossia che il termine negativo del tutto indeterminato, e che pertanto essi non hanno al cun intermedio, in quanto la loro opposizione esaurisce la totalit del reale. Il termine positivo indica infatti una parte di questa e il termine negativo tutto il resto. Perci i termini contraddittori sono i soli, fra tutti gli opposti, a cui si applica, come alle proposizioni che li esprimono, il principio del terzo escluso. Oltre ad essi, infatti, non si d una terza possibilit, cio essi esauriscono la totalit, mentre oltre ai contrari, an che quando non vi sia un intermedio, si danno sempre altri generi. Tra il bianco ed il nero c, ad esempio, il grigio; ma tra il bianco e il non bianco non c nulla, perch qualsiasi significato che non coincida con il significato bianco (sia esso grigio, verde, sole, luna, o quantaltro), , in quanto tale, non bianco. Qualcosa di analogo accade nel caso delle proposizioni. Tra due proposizioni contraddittorie non si d medio: se una vera laltra falsa (e viceversa), mentre due proposizioni contrarie possono essere entrambe false e due proposizioni subcontrarie entrambe vere. Ad esem pio, tra le due proposizioni contraddittorie Tutti gli uomini sono bianchi e Alcuni uomini non sono bianchi, necessa riamente una vera e laltra falsa. Al contrario, le proposizio ni contrarie Tutti gli uomini sono bianchi e Tutti gli uomini
38 Alcuni per dubitano che ne sia veramente Aristotele lautore.

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non sono bianchi possono essere entrambe false; mentre le proposizioni subcontrarie Alcuni uomini sono bianchi e Alcuni uomini non sono bianchi possono essere entrambe vere. Sul modello di questa classificazione delle proposizioni possiamo ricavare una analoga classificazione delle teorie com plesse: contraddittorie e contrarie sono quelle teorie che si lasciano riassumere, rispettivamente, in proposizioni contrad dittorie e contrarie. Dunque, possibile mediare dialetticamente due teorie contrarie o subcontrarie, ma non possibile mediare dialetticamente due teorie contraddittorie, perch esse si escludono. La teoria aristotelica dei contrari ci di estrema utilit se vogliamo porre ordine nella nostra problematica. In fondo il problema di Ricoeur tutto l: capire quando due prospettive ermeneutiche si oppongono per contraddizione e quando, in vece, si oppongono per contrariet. Nel primo caso esse sono inconciliabili e, tra le due, una sar vera e laltra sar falsa, necessariamente. Nel secondo caso, invece, esse potranno essere mediate dialetticamente e si potr dire che ciascuna di esse parzialmente vera, o che una contiene maggiori o mi nori elementi di verit dellaltra. La difficolt pi grande, quando si ha a che fare con posi zioni teoriche complesse e non con termini univocamente de terminabili, sta proprio nello stabilire se esse si oppongano per contraddizione o per contrariet. Qui, infatti, risiede il pericolo pi grave per Ricoeur, perch nel suo discorso c il rischio di far passare, surrettiziamente, per contrarie teorie che, in realt, sono contraddittorie, con grave danno per la dialettica che ne risulta. Per spiegarmi meglio devo fare un esempio e, a tal fine, sceglier, tra i vari conflitti ermeneutici su cui si esercitata la dialettica conciliatrice ricoeurana, quello che, a livello esi stenziale, risulta il pi decisivo e quello al quale Ricoeur ha dedicato pi riflessioni. M i riferisco, cio, al conflitto tra ler meneutica demistificatrice di matrice freudiana (linterpreta129

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zione archeologica) e lermeneutica intesa come meditazione del senso (linterpretazione teleologica), la quale trova il suo archetipo nella fenomenologia della religione di Leenhardt, van der Leeuw ed Eliade. Come si ricorder, linterpretazione archeologica si pone come obiettivo quello di spiegare il fenomeno religioso, ossia di riportare la religione alle cause che lhanno prodotta. Freud, infatti, riduce la religione alla sua funzione economica. Lin terpretazione teleologica, al contrario di quella archeologica, si propone piuttosto di descrivere il fenomeno religioso che di spiegarlo, essa, infatti, non riporta la religione alle sue cause, ma la riferisce al suo oggetto intenzionale. La fenome nologia della religione pensa ad una verit dei simboli, ad un riempimento della loro intenzione significante, mentre Freud considera tutto ci illusorio. Ecco, queste sono le due teorie interpretative in conflitto. Sono esse contraddittorie o contrarie? Secondo Ricoeur, evi dentemente, esse sono teorie contrarie, dal momento che egli ne propone una conciliazione. M a veramente cos? Andia mo a vedere meglio. Nellistituire il conflitto Ricoeur osserva che linterpreta zione teleologica cerca di descrivere il fenomeno religioso, mentre linterpretazione archeologica vuole spiegarlo. Spie gare, nota Ricoeur, significherebbe ricondurre il fenomeno religioso alle sue cause, alla sua origine o alla sua funzione, sia essa psicologica, sociologica o altro. Descrivere invece ri condurre il fenomeno religioso al suo oggetto quale consi derato e quale dato nel culto e nella fede, nel rito e nel m ito39. Lopposizione netta: da un lato si attribuisce una verit ai simboli religiosi (un riempimento della loro intenzio

39 P. R ic o e u r , II conflitto delle interpretazioni, Milano 1972; trad. it. dal loriginale L e conflit des interprtations, Paris 1969, a cura di Rodolfo Balzarotti, Francesco Botturi, Giuseppe Colombo; p. 334.

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ne significante), dallaltra, invece, li si definisce illusori. Ricoeur riconosce questa distanza e, infatti, scrive:
!n Freud questa nozione di illusione ha un senso funzionale, metapsicologico e deve essere presa seriamente come tale. Non ce ne sbarazziamo quindi dicendo che laffermazione secondo cui la religione una illusione, non-analitica, pre-analitica e riflette solamente i pregiudizi di uno scientismo moderno, erede della miscredenza dEpicuro e del razionalismo del xviii seco lo .40

Secondo Freud, osserva Ricoeur, la civilt inventa gli dei per esorcizzare la paura, per riconciliare luomo con la crudel t del destino e per compensare il malessere che listinto di morte rende inguaribile41. Continua ancora Ricoeur: Se le rappresentazioni religiose non hanno verit e sono illusioni, non possono essere comprese che attraverso la loro origine: Totem e tab, Mos e il monoteismo ricostruiscono i ricordi storici che costituiscono la verit nella religione , secondo un sottotitolo di Mos, cio le rappresentazioni originarie che sono alla radice della distorsione ideativa 42. Schematizzando quanto scrive Ricoeur potremmo affer mare che la tesi dellermeneutica demistificatrice (Tesi a ) e quella dellermeneutica restauratrice (Tesi b ) possono essere cos enunciate: Tesi A: Tutti i simboli religiosi non possiedono un oggetto intenzionale adeguato (il loro carattere illusorio e ricondu cibile a paure e desideri di tipo infantile). Tesi B: Alcuni simboli religiosi possiedono un oggetto in tenzionale adeguato (c una verit dei simboli, un riempi mento della loro intenzione significante). Come si pu notare le due proposizioni che sintetizzano le due teorie ermeneutiche sono tra loro contraddittorie.

40 Ivi, pp. 336-337. 41 Ivi, p. 337. Ibid.

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Se le cose stanno cos, com riuscito Ricoeur a mediare dialetticamente il conflitto? E mia impressione che, quando Ricoeur istituisce lopposizione tra le ermeneutiche rivali, egli abbia in vista due teorie che si oppongono per contraddizio ne, mentre, quando opera la mediazione dialettica, egli si trovi, invece, ad aver a che fare con due interpretazioni che si op pongono per contrariet. La posta in gioco, quando Ricoeur oppone archeologia e teleologia, il valore rivelativo del simbolo. Da un lato sta una teoria che afferma che loggetto a cui il simbolo religioso rimanda unillusione, che esso non esiste. Dallaltro lato, invece, sta una teoria che afferma che vi una verit del simbolo, che il simbolo si riferisce ad un suo oggetto intenzio nale. Le due teorie si oppongono per contraddizione, non vi possibilit di conciliazione: delle due luna vera e laltra falsa, tertium non datur, per il principio del terzo escluso. AI contrario, quando Ricoeur media dialetticamente il con flitto, la posta in gioco diversa. In questo caso il conflitto si istituisce tra due interpretazioni che si muovono in senso contrario. Vediamo perch. Larticolazione delle due interpretazioni avviene, in Ricoeur, a livello del rapporto tra coscienza ed inconscio. La coscien za, osserva Ricoeur,
non la prima realt che possiamo conoscere, ma lultima e per questo dobbiamo arrivare ad essa e non partire da essa. Ma, poich la coscienza il luogo in cui le due interpretazioni del simbolo si intersecano, un doppio approccio della nozione di coscienza deve essere una buona via di accesso anche alla polarit dei simboli.43

Secondo Ricoeur Freud non nega la coscienza, ma il narcisismo della coscienza, la sua pretesa di autotrasparenza. Freud, por tando alla luce lo psichismo inconscio, ci insegna che la co scienza non la prima realt ad essere conosciuta, ma lulti ma; che occorre andare verso la coscienza, piuttosto che par tire da essa. La psicoanalisi freudiana non permette, per, di dare delle risposte esaustive al problema della coscienza. Essa
43 Ivi, p. 338.

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non ci consente, infatti, di comprendere come luomo esca dalla sua infanzia per divenire adulto e di capire quali siano le figure, le immagini e i simboli che guidano la maturazione e la crescita dellindividuo. Spiega infatti Ricoeur:
Le ultime opere di Freud accentuano in modo particolare il tema del ritorno del rimosso e la restaurazione senza fine del lassassinio arcaico del padre: linterpretazione della religione sempre pi loccasione per sottolineare la tendenza regressiva nella storia dellumanit. Il problema della coscienza mi sembra legato allora a questa domanda: come un uom o esce dalla sua infanzia, come diventa adulto?44

Per rispondere a questa domanda necessario limpiego di unaltra ermeneutica, che ci permetta di scoprire nuove figure e nuovi simboli, che non risultino, a loro volta, essere radicati nel suolo libidinale. A questo scopo Ricoeur individua un utile strumento nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel: qui, infatti, che troviamo dei simboli che attraggono la coscienza in avanti, oltre la sua fase infantile. Nella Fenomenologia dello Sprito la coscienza viene decentrata in maniera diversa rispet to a quanto avveniva nella psicoanalisi. Anche per quanto riguar da la Fenomenologia dello Spirito vale il principio secondo cui la coscienza non si conosce essa stessa fin dallinizio. La coscienza, al fine di autoriflettersi come un S umano, adulto, etico, deve incontrare ed appropriarsi di una serie di sfere di senso delle quali la filosofia dello spirito compie linventario e lesegesi. Se la coscienza non riceve mai il suo vero senso in una psicologia della coscienza immediata, essa lo riceve, invece, attraverso il tragitto lungo che attraversa il territorio delle diverse metapsicologie. Esse, infatti, consentono di compren dere il movimento di decentramento del soggetto, diretto sia verso linconscio della metapsicologia freudiana, sia verso lo spirito della metapsicologia hegeliana. La dualit di queste due interpretazioni il riflesso di due movimenti diretti in senso contrario: un movimento analitico e regressivo verso linconscio ed un movimento sintetico e progressivo verso lo
44 Ivi, p. 3 3 9 .

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spirito. Gli stessi simboli possono sopportare un duplice ordi ne di interpretazioni, in quanto il primo si propone come compito quello di compiere una riesumazione di figure che si situano sempre dietro la coscienza; mentre il secondo tenta unesplorazione di quelle figure che si situano oltre la coscien za e che lattraggono in avanti. Abbiamo, in un caso, una teoria che spiega certi fenomeni guardando allindietro e, nellaltro caso, una teoria che spiega gli stessi fenomeni guar dando in avanti. Le due teorie si oppongono per contrariet e, dunque, si pu operare tra di esse una mediazione dialet tica. 11 problema, per, allinizio, aveva una portata diversa. Vediamo allora come avviene lo scivolamento. Innanzitutto, si sar notato che, mentre allinizio Ricoeur contrappone la feonomenologia della religione alla psicoanalisi, in seguito, invece, egli istituisce lopposizione tra la fenomenologia dello spirito e la psicoanalisi. Ricoeur consapevole di questo e, per renderne ragione, scrive:
Appare a questo punto una ambiguit in queste meditazioni: abbiamo sentito che Io svolgimento di figure, che abbiamo chia mato lo spirito , non raggiunge il livello di una fenomenologia della religione. Tra le figure dello spirito e i simboli del Sacro c infatti una grave ambiguit, che non nego affatto. D a parte mia, vedo larticolazione tra la fenomenologia della religione, con i suoi simboli del Sacro, e la fenomenologia dello spirito, con le sue figure in culture storiche, come il punto dove Hegel fallisce: per Hegel, come si sa, dato un termine a questo svolgimento di figure e questo termine il sapere assoluto. Non potremmo allora dire che il termine non il sapere assoluto, cio il compimento di tutte le mediazioni in un tutto, nella totalit senza resto, ma che il termine solamente promesso, promesso attraverso i simboli del Sacro? Per conto mio, il Sacro prende il posto del sapere assoluto, ma non ne tuttavia il sostituto, perch il suo significato rimane escatologico e non pu mai essere trasformato in conoscenza e gn osi.45

Una delle principali ragioni del rifiuto del sapere assoluto da parte di Ricoeur , come abbiamo gi notato, il problema
45 Ivi, pp. 346-347.
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del male: lo scacco di tutte le teodicee, di tutti i sistemi concernenti il male testimonia dello scacco del sapere assolu to in senso hegeliano46. Il passo che ho riportato riveste unimportanza cruciale perch proprio l, a mio parere, che avviene lo scivolamento che avevo annunciato. La fenomenologia dello spirito, che Ricoeur compone dialetticamente alla psicoanalisi, ha infatti una valenza diversa dalla fenomenologia della religione. Fenomenologia dello spi rito e psicoanalisi si contrappongono in quanto modalit interpretative orientate in senso opposto: da un lato abbiamo un movimento progressivo verso lo spirito e dallaltro un movimento regressivo verso linconscio. Queste due modalit interpretative possono benissimo convivere, risultare comple mentari, integrarsi a vicenda nella spiegazione di un determi nato fenomeno. Esse non sono tra di loro contraddittorie. La posta in gioco, per, era diversa allinizio, quando Ricoeur aveva contrapposto fenomenologia della religione e p sic a n a lisi, per il fatto che la prima feceva affidamento in un riem pimento dellintenzione significante dei simboli religiosi, men tre la psicoanalisi ne proclamava lillusoriet. Il problema decisivo , dunque, quello di stabilire il rap porto tra i simboli religiosi ed il loro oggetto intenzionale. Lidea di Ricoeur, secondo cui i simboli vanno interpretati at traverso un doppio movimento ermeneutico, regressivo e pro gressivo, pu essere accolta sia da chi ammette lesistenza di un oggetto intenzionale adeguato ai simboli religiosi, sia da chi ne sostiene Pillusoriet. Se esiste un oggetto intenzionale ade guato al simbolo comunque vero che ogni simbolo del sacro rappresenta, in parte, anche un ritorno del rimosso. Se non esiste un oggetto intenzionale adeguato al simbolo comunque vero che vi una sfera di senso attraverso le cui figure e i cui simboli la coscienza si trae in avanti ed esce dalla propria infanzia. Date due teorie contraddittrie, ciascuna di esse, al suo inter no, pu essere composta da due teorie contrarie poste in rappor
46 Ivi, p. 347.
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to tra loro. Non vale, invece, il reciproco. Due teorie contrarie non possono essere costituite, ciascuna, da due teorie contraddit torie poste in relazione tra loro, perch porre in relazione due teorie contraddittorie significa affermare delle assurdit. Nel nostro caso specifico la teoria nata dalla composizione dialettica tra le due teorie contrarie pu essere accettata sia da chi condivide la teoria freudiana, per come essa stata esposta allinizio, sia da chi ne condivide la contraddittoria. Ricoeur non risolve il conflitto nei termini in cui esso era stato originariamente posto. Gli strumenti che Ricoeur mette in atto gli permettono infatti di conciliare un conflitto tra teorie contrarie, ma non di decidere in favore di opzioni re ciprocamente escludentesi. Il conflitto tra la teoria che affer ma Pillusoriet delloggetto intenzionale a cui il simbolo reli gioso rimanda e la teoria che ne afferma lesistenza va decisa, dunque, con strumenti diversi. Il problema, in questo caso, non riguarda pi i simboli e lermeneutica dei simboli, ma il loro oggetto intenzionale. Capire se, oltre il simbolo, si dia o meno un oggetto intenzionale adeguato un problema di tipo ontologico-metafisico e non pi ermeneutico. La contrappo sizione tra Freud e la fenomenologia della religione, cos come essa era stata prospettata inizialmente, pu essere sciolta solo in sede speculativa. La fenomenologia della religione afferma che, oltre il simbolo, si d un oggetto intenzionale ad esso adeguato, mentre Freud afferma che questo oggetto intenzio nale non si d. Lermeneutica, da parte sua, non in grado di decidere una tale questione, perch essa si ferma allinterpre tazione del simbolo. Dunque occorre mettere in campo altri strumenti, quelli di cui dispongono lontologia e la metafisica. Con queste considerazioni, per, ci siamo gi introdotti nel largomento che verr trattato nella prossima sezione. 2.1.2 Sullo statuto epistemologico del discorso che opera la mediazione alPinterno del conflitto ermeneutico Come anticipavo sopra la riflessione che compone il con flitto ermeneutico in grado di rimanere il comune punto di
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riferimento di tutte le interpretazioni particolari, solo nella misura in cui essa faccia riferimento alla capacit critica in quan to tale, il cui principio il principio di non contraddizione. Il discorso che elucida le regole del gioco, allinterno delle quali deve m uoversi la conciliazion e d ialettica tra le ermeneutiche rivali, si pone certamente ad un livello diverso da quello in cui si situano le opposte ermeneutiche e anche da quello in cui si situa lermeneutica che scaturisce dalla compo sizione delle diverse ermeneutiche. Perch? Per il semplice fatto che a questo livello possibile stabilire principi trascen dentalmente validi. E infatti sempre vero che due proposizioni contraddittorie sono Puna vera e laltra falsa. E sempre vero che tra due proposizioni contrarie possibile trovare un me dio. Questo indipendentemente dalle singole interpretazioni particolari che vengono a trovarsi in opposizione di contrad dizione o in opposizione di contrariet. Al contrario, ogni singola teoria ermeneutica diversa da ogni altra e ogni modo specifico in cui viene operata la composizione dialettica passibile di aggiustamenti e di modifiche (sempre, per, rima nendo allinterno di certe regole). In altri termini, potremmo dire che abbiamo a che fare con un livello trascendentale, quello proprio alla capacit critica in quanto tale, governata dal principio di non contrad dizione ed un livello empirico, al quale viene operata la com posizione del conflitto ermeneutico e allinterno del quale si situano anche le diverse prospettive ermeneutiche che vengo no mediate. Certo, tra le interpretazioni in conflitto e la loro integrazione dialettica c un progresso, ma questo progresso avviene alPinterno del livello empirico e non costituisce un passaggio dal livello empirico al livello trascendentale. 2 .2 II conflitto tra spiegazione e comprensione Il tentativo di mediazione tra comprensione e spiegazione, messo in atto da Ricoeur, costituisce una delle differenze es senziali tra la posizione di Ricoeur e quella di Gadamer. Questo risulta particolarmente interessante ai fini della nostra ricerca,
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perch la nozione di verit a cui fa riferimento Gadamer in Verit e Metodo legata alla nozione heideggeriana di vero come ci che esce dal nascondimento e dalla dissimulazione. Dunque, Ricoeur, operando una sintesi dialettica tra com prensione e spiegazione fa spazio, accanto alla nozione hei deggeriana e gadameriana della verit, anche allaspetto criti co del vero, incarnato, ai suoi occhi, dal pensiero di Habermas. Comprensione e spiegazione, come abbiamo visto sopra, costituiscono due modi complementari e coessenziali di rap portarsi alla realt da parte dello spirito umano: essi testimo niano, infatti, di due tendenze fondamentali del pensiero, nel suo processo di conoscenza della realt e di appropriazione delluniverso simbolico e culturale. La comprensione testimo nia di una appartenenza del nostro essere allessere, apparte nenza che precede qualsiasi opposizione di un soggetto ad un oggetto, mentre la spiegazione rende conto del movimeno di distanziazione, attraverso il quale questa relazione di apparte nenza cede il passo al processo di oggettivazione proprio delle scienze. Dunque, i due sensi del vero su cui abbiamo riflettu to, trattando del passo aristotelico contenuto in Metafsica ix, 10, sono direttamente riconducibili a queste due tendenze fondamentali dello spirito. Mentre Aristotele li teneva ben uniti, molti filosofi contemporanei tendono a scinderli e a privilegiarne uno a scapito dellaltro. La polemica tra Habermas e Gadamer, in questo senso, risulta emblematica. Anche in questo caso non si pu che apprezzare il tentativo di media zione operato da Ricoeur tra le due posizioni, che rappresenta un ritorno alla ben pi equilibrata posizione aristotelica47.
47 Unampia letteratura critica si interessata al dibattito tra Habermas e Gadamer e al tentativo di mediazione tra le due posizioni che Ricoeur ha messo in atto. Gary E. Aylesworth osserva che nel modello di Ricoeur lermeneutica filosofica costituisce una riabilitazione della tradizione riflessiva, e dellegologia husserliana in particolare. La spiegazione strutturale, resa possibile dalla distanziazione dal testo, costituisce un momento critico che espone il soggetto alle tecniche della psicoanalisi e della critica dellideologia. Queste sono per Ricoeur tecniche per superare lingenuit di una prima lettura, o per smasche rare le illusioni della falsa coscienza. [...] Dove Ricoeur vede i metodi della

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Intervenendo nel dibattito tra Habermas e Gadamer Ri coeur sottolinea il carattere cruciale delle questioni che vi vengono affrontate. Il dibattito [...], osserva Ricoeur, supe ra considerevolmente i limiti di una discussione sul fonda mento delle scienze sociali. Esso mette in gioco ci che chia merei il gesto filosofico fondamentale48.
spiegazione linguistica come unarma che lermeneutica pu utilizzare contro la falsa coscienza, Gadamer vede la sottomissione del discorso al metodo per s come una capitolazione allo sfrenato interesse calcolativo che prevale nellet tecnologica (G.E. A ylf.sw o rth , Dialogue, Text, Narrative: Confronting Gadamer and Ricoeur, contenuto nel volume collettaneo a cura di H u gh J. S ilverm an dal titolo Gadamer and Hermeneutics, by Routledge, London, 1991, p. 66). Secon do la prospettiva di Gadamer la tradizione riflessiva di Ricoeur implicata nellalienazione e nella burocratizzazione della vita a cui lermeneutica si oppo ne (ivi, p. 67). Anche Terry Hoy (T. H oy , Praxis, Truth, and Liberation. Essays on Gadamer, Taylor, Polanyi, Habermas, Gutierrez and Ricoeur, Boston, 1988) vede nella dialettica istituita da Ricoeur tra comprensione e spiegazione un tentativo del filosofo di mediare tra le posizioni di Gadamer e di Habermas. Ecco infatti come si esprime lo studioso americano: La fenomenologia ermeneutica di Ricoeur implica anche un tentativo di arbitraggio tra [ermeneutica della tra dizione di Gadamer e la critica delle ideologie di Habermas (ivi, p. xi). Il suo approccio alla comprensione ontologica fa sua lenfasi di Gadamer sulla centralit dellappartenenza storica, ma accetta anche lidea di un innesto della fenomenologia sullermeneutica al fine di stabilire una distanziazione allinter no dellappartenenza storica che la base per larbitraggio tra [ermeneutica della tradizione di Gadamer e la critica dellideologia di Habermas (ivi, pp. 99-100). Anche Jean Greisch, in un suo articolo, ha toccato questo tema, riportando le divergenze teoriche tra Ricoeur e Gadamer al diverso rapporto dei due autori con Cartesio. Scrive Greisch: La problematica di Paul Ricoeur mi sembra comportare un momento cartesiano pi pronunciato, mentre la contrapposizione tra verit e metodo che guida tutta lermeneutica di H.-G. Gadamer, sembra precipitarlo tra le braccia di Vico, evitandogli un serio confronto con il cogito cartesiano. Questa diversa valutazione di Cartesio non riflette soltanto, come si potrebbe supporre, una differenza di contesti filosofici o di eredit, ma anche una differenza nella concezione stessa dellermeneutica, poich la prima si pre cipita subito in direzione di una problematica ontologica, mentre la seconda cerca innanzitutto di superare la dicotomia diltheyana della spiegazione e della comprensione allombra di una massima che si enuncia cos: spiegare di pi, significa comprendere meglio (J- G r e isc h , Descartes selon lordre de la raison bermenutique. Le moment cartsien chez Michel Henry, Martin Heidegger et Paul Ricoeur, Revue des sciences philosophiques et thologiques, 73, 1989, p. 540). 4 8 R R ic o e u r , D u texte l action. Essais d hermneutique II, Paris, 1986, p. 333.

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Gadamer, in Verit e Metodo, oppone lesperienza dellap partenenza al movimento di distanziazione, che egli connota negativamente come distanziazione alienante. Questa oppo sizione viene perseguita in tutte e tre le sezioni dellopera (dedicate, rispettivamente, al problema dellestetica, della sto ria e del linguaggio), al punto tale che possiamo individuare in essa la tesi fondamentale di Verit e Metodo. Infatti, nella sfera estetica lesperienza del sentirsi catturati dallopera dar te precede e rende possibile lesercizio critico del giudizio di gusto. Nella sfera storica, la coscienza di appartenere a delle tradizioni che ci precedono rende poi possibile limpiego di una metodologia storica. Nella sfera del linguaggio, infine, il fatto di appartenere alle cose nel modo in cui sono state dette dai grandi creatori di discorsi, precede e rende possibile la riduzione strumentale del linguaggio. Privilegiare la comprensione sulla spiegazione (la verit sul metodo), significa, per Gadamer, riconoscere la nostra fini tudine e le condizioni storiche alle quali siamo sottoposti ed inserirsi nel divenire storico al quale sappiamo di appartenere. In questottica va dunque letta la provocatoria riabilitazione di concetti quali quelli di pregiudizio, tradizione e autorit, che viene proposta in Verit e Metodo. La critica delle ideologie di Habermas, al contrario, vuole porsi come un gesto metaermeneutico capace di smascherare le distorsioni che caratterizzano la comunicazione umana. Habermas oppone alla comunicazione umana falsificata lidea di una liberazione essenzialmente politica, guidata dallideale di una comunicazione priva di limiti e di ostacoli. Ricoeur, da parte sua, nota che listanza critica rappresen ta unesigenza continuamente reiterata e sempre abortita da parte dellermeneutica. A partire da Heidegger, infatti, nota Ricoeur, lermeneutica si impegnata in un movimento di risalita al fondamento, tanto da trascurare completamente le questioni epistemologiche relative alla critica esegetica, le quali venivano considerate com e delle question i derivate. Heidegger era preoccupato di radicare il cerchio ermeneutico

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pi in profondit del livello a cui si situa lepistemologia, che, sul piano ontologico fondamentale, risulta essere fondata sulla struttura di anticipazione della precomprensione. Per questi motivi non troviamo riflessioni di carattere epistemo logico nellAnalitica del Dasein. Ci non significa comunque, nota Ricoeur, che lo sforzo critico sia del tutto assente dalla speculazione heideggeriana: al contrario, esso tutto concen trato nel lavoro di decostruzione della metafisica. In Heidegger, scrive Ricoeur, il confronto con la tradizione metafisica del lOccidente prende il posto di una critica dei pregiudizi49. In Gadamer, come in Heidegger, osserva ancora Ricoeur, lermeneutica impedita dallimpegnarsi nelle problematiche epistemologiche perch, anche qui, tutto lo sforzo del pensie ro investito nella radicalizzazione del problema del fonda mento. In Gadamer, inoltre, il rifiuto dellepistemologia raf forzato dal particolare modo in cui questo autore intende lermeneutica. Gadamer, infatti, concepisce lo statuto deller meneutica in opposizione alla distanziazione alienante (la Verfremdung) che, secondo lui, guida lattitudine oggettivante propria alla scienze umane. Data questa opposizione, osserva Ricoeur, tutta lopera prende un carattere dicotomico che si mostra sin dal titolo Verit e Metodo, nel quale lalternativa ha la meglio sulla congiunzione50. Ricoeur, giudicando unilaterale tanto la posizione di Gadamer che quella di Habermas, ne tenta unarticolazione dialettica, che rispetti la diversit dei livelli a cui esse si situa no e degli interessi da cui sono mosse. Lermeneutica di Gadamer, secondo Ricoeur, pu essere infatti rettificata in un senso tale da poterla predisporre ad un incontro fecondo con la critica delle ideologie. Per far questo Ricoeur mostra che il processo di distanziazione, che Gadamer definisce alienante, non caratterizza solo le scienze umane e naturali, ma gi allopera nellermeneutica stessa. Questa distanziazione, al49 lui, p. 364. 50 Ivi, p. 365.

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lopera allinterno del processo ermeneutico stesso, rinve nibile, secondo Ricoeur, ad almeno quattro livelli. 1) La fis sazione di un testo nella scrittura implica, in un triplice senso, una autonomizzazione del testo e, dunque, una distanziazione dal testo. Autonomia e distanziazione rispetto allintenzione dellautore, alla situazione socioculturale in cui si prodotto il testo e al destinatario primitivo. 2) Se ci si libera dalla convinzione, di origine diltheyana, che latteggiamento espli cativo debba avere sempre un carattere naturalistico o causa le, allora lermeneutica pu costituirsi attraverso la mediazio ne della spiegazione strutturale e dei suoi modelli semiologici. Verit e metodo, da questo punto di vista, non costituiscono unalternativa, ma un processo dialettico. 3) Secondo Gadamer, a differenza di quanto pensavano i romantici, ci che conta non lintenzione dellautore nascosta dietro al testo, ma il mondo che lopera squaderna di fronte a s. Ebbene, proprio questo potere deHimmagnario letterario di prospettare nuove possibilit e di aprire nuove dimensioni del reale, crea, attra verso la distanziazione dal dato, le condizioni di una critica del reale. Il testo letterario possiede un potere sovversivo, analogo a quello che caratterizza la critica delle ideologie. 4) Infine, nota ancora Ricoeur, il lettore non possiede mai la chiave della comprensione di un testo. Nella lettura si verifica infatti una sorta di spossessamento del s, che poi si ritrova ad un diverso livello. La lettura ci introduce alle variazioni immaginative delPego, di modo tale che la soggettivit del lettore risulta essere in qualche modo sospesa nellatto di lettura. In questo senso la distanziazione da s costituisce un momento essenziale nella comprensione del testo e di s at traverso il testo, tanto essenziale quanto il momento dellap propriazione. Allo stesso modo, secondo Ricoeur, anche la critica delle ideologie pu essere rettificata in modo tale da poterla predi sporre ad un incontro fecondo con lermeneutica. La critica delle ideologie, osserva Ricoeur, si fonda sulle seguenti tesi: 1) Che qualsiasi ricerca regolata da un interes
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se specifico che le fornisce un quadro pregiudiziale di riferi mento; 2) Che gli interessi fondamentali sono tre (interesse tecnico, interesse pratico, interesse allemancipazione); 3) Che questi interessi segnano lemersione della specie umana dalla natura e prendono forma in un ambiente costituito dal lavo ro, dal potere e dal linguaggio; 4) Che nella riflessione su di s conoscenza ed interesse fanno una cosa sola; 5) Che lunit di conoscenza ed interesse si attesta in quella dialettica che capace di discernere le tracce storiche della repressione del dialogo e di ricostruire ci che stato represso. Queste tesi, nota Ricoeur, non sono giustificabili attraverso una descrizio ne empirica e non costituiscono una teoria intesa come insie me di ipotesi esplicative che possano ricostruire uno scenario primitivo (come avviene nel caso della psicoanalisi). Secondo Ricoeur Habermas ha potuto scoprire gli interessi che stanno alla base della conoscenza, rapportandoli alla trilogia poterelavoro-linguaggio per mezzo di unantropologia filosofica molto prossima allAnalitica del Dasein e allermeneutica della Sorge di Heidegger. Gli interessi che condizionano la cono scenza, dunque, non essendo n degli osservabili, n delle entit teoriche alla stregua dellIo, dellEs e del Superio freudiani, sono, in definitiva, degli esistenziali, la cui analisi non pu che essere condotta per via ermeneutica. Poich gli esistenziali per noi sono, al tempo stesso, ci che vi di pi prossimo e di pi dissimulato, essi richiedono di venir prima disoccultati ermeneuticamente, per poi poter essere ricono sciuti. In secondo luogo, sembra a Ricoeur che la distinzione tra linteresse per lemancipazione, che motiva le scienze sociali, e linteresse che anima le scienze storico-ermeneutiche, sia affermata in maniera dogmatica. Tutte le distorsioni che la psicoanalisi e la critica delle ideologie scoprono e denunciano non sono altro, osserva infatti Ricoeur, che delle distorsioni della nostra capacit comunicativa. Linteresse per lemancipa zione non pu essere trattato come un interesse distinto per ch, quando viene preso positivamente, a prescindere dalle reificazioni che combatte, esso non ha altro contenuto che la
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comunicazione senza limiti ed ostacoli. Lermeneutica delle tra dizioni deve ricordare alla critica delle ideologie che solo sulla base della reinterpretazione creativa delle proprie eredit culturali che si pu progettare lemancipazione. Habermas vede in atto, nello scenario della contempo raneit, un processo in cui la sfera dellazione strumentale invade la sfera dellazione comunicativa, analogamente a M ax Weber che prevedeva il progressivo dominio della razionaliz zazione, fonte della dedivinizzazione e del disincanto. Su questo punto Ricoeur osserva che lunico modo per far s che linte resse per lemancipazione non rimanga una pia speranza, occorre risvegliare lazione comunicativa, cosa che risulta possibile solo appoggiandosi sulla ripresa creativa delle pro prie tradizioni culturali. Infine, risulta erronea limmagine dellermeneutica rivolta verso una tradizione che la precede e di una critica delle ideologie che guarda verso il futuro di una liberazione, la cui idea regolatrice lideale della comunicazione senza limiti ed ostacoli. Anche la critica delle ideologie parla, infatti, a par tire da una tradizione, che quella delPllluminismo, oltre che quella giudaico-cristiana dellEsodo e della Resurrezione. Concludendo la sua riflessione sul dibattito HabermasGadamer, Ricoeur osserva che tutte le considerazioni fatte non possono e non devono abolire la differenza tra ermeneu tica e critica delle ideologie perch
ciascuna, ancora una volta, ha un luogo privilegiato e delle preferenze regionali diverse: da un lato unattenzione alle ere dit culturali, centrata forse in modo pi netto sulla teoria del testo; dallaltro lato una teoria delle istituzioni e dei fenomeni di dominio, centrata sullanalisi delle reificazioni e delle aliena zioni. S1

Larticolazione dialettica tra spiegazione e comprensione, tra distanziazione critica ed appartenenza ermeneutica, tra verit intesa come fondazione critica di un asserto e verit
51 Ivi, p. 376.

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EPISTEMOLOGIA

come disvelamento, scoperta, illuminazione artistica, costituisce una delle tesi portanti di questo mio studio. In questa dialettica Gadamer rappresenta meglio di ogni altro pensatore uno dei due poli dialettici, quello della comprensione. Habermas, per, come Ricoeur lascia intendere, non pu rappresentare piena mente laltro dei due poli. Come si gi venuti mostrando nel corso delle riflessioni svolte, infatti, il sapere critico inteso nel suo senso pi radicale quello che procede per rimozione di contraddizione. Un asserto vero, nel senso critico del termine, quando viene fondato per rimozione di contraddizione. La cri tica delle ideologie di Haberm as invece molto vicina allermeneutica, perch gli interessi che condizionano la cono scenza, non essendo n degli osservabili, n delle entit teori che, sono, in definitiva, degli esistenziali, la cui analisi non pu che essere condotta per via ermeneutica. Su questo non si pu che dare ragione a Ricoeur. Certo, Habermas, in scritti pi recenti, ha attinto dei livelli di maggiore radicalit sul piano critico, in particolare attraverso le sue riflessioni sulla contrad dizione performativa. Rimane comunque una certa insoddisfa zione anche rispetto a questi sviluppi pi recenti del pensiero di Habermas, perch la struttura elenchica che egli sfrutta, per giustificare il principio di non contraddizione, si riferisce ad una situazione intersoggettiva (come del resto accadeva anche in Aristotele). Jelenchos habermasiano, come quello aristotelico, si presenta come rapporto linguistico tra coscienze diverse. Questo suo carattere lo rende problematico. Che esista un linguaggio, un dialogare, lo si pu affermare solo sulla base di uninterpretazione, che, in quanto interpretazione, risulta controvertibile. Che a determinati segni corrispondano deter minati significati unipotesi ermeneutica. Che esista inoltre una coscienza altra rispetto alla coscienza in cui consiste lap parire attuale un problema. Uelenchos di Habermas viene inficiato dai suoi presupposti non riscattati, esso, cio, presup pone una fede, un che di ipotetico: se il contenuto intersoggettivo che viene affermato nellinterpretazione esiste, allora il negatore del principio di non contraddizione si con

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VERIT DEL METODO

traddice effettivam ente. Occorre allora proseguire oltre Habermas, operando la distinzione tra il rapporto dialogico intersoggettivo ed il rapporto tra verit e negazione della verit, opposizione per cui appare che la negazione dellopposizione tra positivo e negativo si fonda sullopposizione stessa tra positivo e negativo.

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Parte terza O N T O L O G IA

1. LONTOLOGIA NEL PENSIERO DI RICOEUR

1. D alla fenomenologia a llontologia La fenomenologia ricoeuriana si da sempre caratterizza ta per una chiara orientazione ontologica 1 e per un deciso rifiuto degli aspetti idealistici presenti nel pensiero husserliano. Questo atteggiamento teorico di Ricoeur emerge chiaramente nella sua prima grande opera, dedicata alla fenomenologia del volontario e dellinvolontario. Mettere a tema la volont, ha significato, per Ricoeur, superare la chiusura del cogito car tesiano e husserliano, al fine di metterne in luce le componen ti relative al corpo, allinconscio, al carattere e di mostrarne il radicamento ontologico2.
1 II kantismo di Ricoeur, secondo Virgilio Melchiorre, ha abbandonato ogni vizio gnoseologistico, ritrovando unintenzione al reale ove Kant pi vo lentieri parlava duna semplice esigenza della ragione: Kant, dunque, ritrovato nellunit dialettica di Hegel. V. M elc h io r r e , Il metodo fenomenologico di Paul Ricoeur, Introduzione a P R ico eu r , Finitudine e colpa, 1960, Bologna, p. 46. Il . superamento dello gnoseologismo kantiano, per, non sfocia nellelaborazione di unontologia intesa come scienza dellessere in quanto essere, perch Ricoeur, come egli ama scrivere, oltre a leggere Kant attraverso Hegel, legge anche Hegel attraverso Kant. Nota infatti Melchiorre: Kant ancora pu indicare contro Hegel il limite dellintelligenza finita e lapertura al regno della fede {ibid.). 2 Osvaldo Rossi, in un articolo dedicato allontologia nel pensiero di Ricoeur, ha scritto che linteresse per quella matrice di impegno che la volont riveste un significato decisivo per il problema dellontologia in Ricoeur. Mediante il ricorso a questa infatti il filosofo intende superare la chiusura del cogito in se stesso per coinvolgerlo nelle vicissitudini dellesistenza: partendo appunto da una fenomenologia della volont (O. Rossi, Per unanalisi dellontologia di Paul Ricoeur, Aquinas, ii-iii, 1980[23], p. 445) Sempre nello stesso articolo Rossi osserva che fin dallinizio Ricoeur non ha rinnegato la

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VERIT DEL METODO

Lorientamento ontologico del pensiero ricoeuriano messo inoltre molto bene in evidenza dagli studi che il nostro autore ha dedicato al pensiero di Husserl. Secondo Ricoeur Husserl, a partire dal 1905, ha iniziato a dare uninterpretazione idealistica del metodo fenomenologico, interpretazione che trova il suo fondamento nella dottrina idealistica che Husserl elabora in maniera sistematica nel primo libro delle Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica e nelle Meditazioni cartesiane. Occorre, allora, ben distinguere tra il metodo fenomenologico husserliano, che pu ricevere anche uninterpretazione non idealistica, e linterpretazione che di esso ne ha dato Husserl. E il termine di costituzione che riceve un senso molto ambiguo negli scritti di Husserl. Da un lato, infatti, gli eser cizi di costituzione sono degli esercizi di analisi intenziona le; essi consistono nel partire da un senso gi elaborato in un oggetto che ha ununit e una permanenza davanti allo spirito e a scomporre le molteplici intenzioni che si interseca no allinterno di questo senso 3: a questo livello siamo ancora sul piano di un idealism o m etodologico e non dottrinale, che si limita a considerare la realt come un senso per la coscienza. Dallaltro lato, invece, questo senso per una coscienza, Husserl lo interpreta come senso nella mia coscienza 4, prendendo cos una decisione metafisica sul senso ultimo della realt5. Queste conseguenze emergono in ma niera esemplare nelle Meditazioni cartesiane, dove il ritorno

lezione di Cartesio e di Kant, ma oltre allessere del soggetto, gli interessa il soggetto nellessere ed il suo radicamento. Da una parte dunque la coscienza viene privata della sua pretesa allautoposizione assoluta, dallaltra Ricoeur dimostra che non accettabile una deposizione di ogni problematica del sog getto, come avviene nelle filosofie dette della morte del soggetto, ma cerca una restituzione di esso ailinterno dellessere (ivi, p. 446). 3 P. R ic o e u r , Analyses et problmes dans Ideen h de Husserl, Revue de Mtaphysique et de Morale, 57, 1952, ora in I d ., A lcole de la phnomnologie, Paris, 1986, p. 88. 4 Ivi, p. 89. 5 Ibid.

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ONTOLOGIA

allEgo conduce ad un monadismo secondo il quale il mondo a titolo primordiale il senso che spiega il mio Ego 6. Ricoeur prende congedo dallidealismo husserliano carat terizzando la propria posizione nei termini di una fenome nologia esistenziale, la quale
fa la transizione tra la fenomenologia trascendentale, nata dalla riduzione di ogni cosa alla sua apparizione per me e lontologia, che restaura la questione del senso dellessere per tutto ci che detto esistere. 7

Se, da un lato, la fenomenologia di Ricoeur mostra, sin dagli esordi, unapertura ontologica, dallaltro lato si deve osservare che lontologia, su cui la fenomenologia sbocca, rimane unontologia indiretta, i cui confini con la poetica e lermeneutica biblica diventano a volte difficili da demarcare. N el tematizzare il rapporto alla Trascendenza Ricoeur lascia la parola allerm eneutica e alla poetica, piuttosto che ad unontologia dellessere in quanto tale. Osserva infatti a tale proposito Maurizio Chiodi:
questa ontologia rimane fondamentalmente una filosofia del soggetto in quanto intrinsecamente aperto alla trascendenza. Ma il suo limite sta nel non tematizzare la qualit del rapporto del soggetto allalterit della trascendenza. Per questo motivo, ulti mamente e coerentem ente a questa im postazione iniziale, unontologia della Trascendenza non pu essere offerta in Ricoeur che da una poetica o dalla fede.8

Secondo Chiodi si darebbe, nel pensiero di Ricoeur, un corto circuito tra etica e teologia, dove verrebbe a mancare il necessario anello intermedio costituito da unontologia specu lativa 9.
6 Ibid. 7 E R ic o eu r , Phnomnologie existentielle, in Encyclopdie franaise, xix, Philosophie et et religion, Paris, 1957, 19.10-12. 8 Vedi M. C h io d i , Il cammino della libert. Fenomenologia, ermeneuti ca, ontologia della libert nella ricerca filosofica di Paul Ricoeur, Brescia, 1990, p. 517. 9 Scrive Chiodi: Secondo Ricoeur, letica non pu essere lautoaffermazione di una libert illimitata delluomo. Ma egli lascia solo alla teologia il compito di rispondere, in definitiva, a questa domanda, saltando la mediazione dellonto-

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VERIT DEL METODO

M a pi problematico ancora, secondo Chiodi, appare il fatto che la riflessione sulla soggettivit sia lunico autentico tema che Ricoeur sviluppa nella sua ontologia 10. Le osservazioni di Chiodi sembrano per certi versi pertinenti. Esse vanno per lette tenendo conto che buona parte dellela borazione ontologica di Ricoeur posteriore al saggio di Chiodi. Chiodi infatti non ha potuto prendere in considera zione scritti importanti quali Soi-mme comme un autre, De la mtaphysique la morale e De l interprtation la traduction. Per questo una delle questioni pi importanti che dovremo affrontare nella prossima sezione quella appunto di capire in che misura Ricoeur, attraverso i suoi ultimi scritti, venga incontro alle richieste di Chiodi e di altri critici che avanzano obiezioni sim ilin .

logia. Si pu, in un certo senso, dire che la domanda etica resta sospesa, perch la progressione etica-ontologia-teologia manca in Ricoeur dellanello intermedio che radicalmente, a livello ontologico, fondi la struttura del rapporto tra luomo e Dio, sul cui compimento evenemenziale la teologia si incarica di riflettere criticamente (ivi, p. 555, nota 82). 10 Ivi, p. 580. 11 La necessit di mediare il passaggio tra lantropologia filosofica e lermeneutica biblica attraverso unontologia trascendentale ed una metafisica stata rilevata, oltre che da Chiodi, anche da due studiosi americani del pensiero di Ricoeur: Peter Joseph Albano e David Tracy. Albano ha tentato di integrare tra loro la prospettiva di Ricoeur e quella di Joseph Marchal, che rimane allinterno del tomismo e si rivela pi sensibile a l problema della fondazione ultima. Osserva infatti Albano: Ricoeur infrange il movimento riduttivo dellermeneutica freudiana utilizzando la teleologia di Hegel. Perch non usa Ricoeur la metafisica [...] per fondare questa teleologia?
( E J . A lb a n o , Freedom, Truth and Hope. The Relationship o f Philosophy and Religion in the Thought o f Paul Ricoeur, Boston, 1987, p. 216). Pi in l Albano

rileva ancora che sembra che si debba fare dellermeneutica per arrivare alles sere; ma si deve fare della metafisica trascendentale per fondare lermeneutica. Lapproccio di Ricoeur allEssere attraverso una riflessione sui simboli pu, mi sembra, e deve ricevere il complemento e la conferma di una metafisica trascen dentale (ini, p. 234). Secondo Albano Ricoeur non prende in considerazione la possibilit di una metafisica razionale a causa di alcune remore di tipo kantiano e barthiano. Nota infatti il nostro studioso: Egli accetta le limitazioni della prima Critica di Kant sullimpossibilit di una dimostrazione dellesistenza di Dio e il rifiuto di Karl Barth della teologia naturale. Egli accetta non solo lautolimitazione del pensiero di Kant ma anche il suo rispetto per la nozione biblica del Dio nascosto, nascosto persino nella sua rivelazione. La reverenza

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ONTOLOGIA

1.2 Poetica della volont e ontologia Ricoeur ha scritto che la poetica della volont avr pi da attendersi dai simboli dove si annuncia la rigenerazione della libert asservita che da unontologia speculativa 12. Queste sue
barthiana per linviolabile trascendenza di Dio e lidea del buio nel cuore del luomo rinforzano ulterirmente questa posizione (ivi, p. 170). Su posizioni molto vicine a quelle di Albano troviamo un altro studioso americano di Ricoeur, David Tracy, il quale afferma: Lapproccio di Ricoeur allessere attraverso una riflessione sui simboli pu e deve essere sostenuta da una metafisica trascendentale quale giustificazione formale dei suoi fondamenti. Viceversa, lapproccio della metafisica trascendentale allessere necessariamen te completato da una fenomenologia delPesperienza e da unermeneutica del linguaggio nella quale lessere viene predicato in molti modi ma in relazione ad un Primo... (D. T racy , Blessed Rage for Order, New York, 1975, p. xvi). Mentre Chiodi, Albano e Tracy rimangono legati al concetto tradizionale classico di ontologia, Ricoeur sembra aver definitivamente rinunciato a questo tipo di ontologia. Nota infatti Osvaldo Rossi: Se lontologia ermeneutica di Ricoeur si differenzia da quella di Heidegger, pure non ha nulla a che vedere con la metafisica tradizionale. Non crediamo ci possano essere dubbi sul rifiuto della metafisica tradizionale da parte di Ricoeur. Anche nella voce Ontologie (in Encycl. univers., xix, Paris, 1972, pp. 94-102) e nel progetto stabilito per PUnesco sulle Tendenze principali della ricerca in filosofia (in Filosofia, 1970, pp. 463-471) nonostante la necessaria imparzialit sulle diverse posizioni, ha modo di manifestare le proprie preferenze. Nellultimo scritto citato, in parti colare, possiamo notare che nel quadro dei problemi odierni della filosofia non fa posto ad una problematica dellessere d tipo tradizionale; e trova inoltre il modo di qualificare la concezione della filosofia come rappresentazione siste matica della realt (condivisa dalle correnti uscite dalla sintesi aristotelicotomista) come una pretesa insopportabile, che contrappone alla concezione analitica definita come una inammissibile rinunzia (ivi, pp. 464-465) (O. Rossi, Per unanalisi dellontologia di Paul Ricoeur, cit., pp. 450-451). 12 C h io d i , Il cammino della libert, cit., p. xiv. Sulla ragioni che hanno potuto portare Ricoeur a rinviare il progetto di una poetica della volont, sulle implicazioni di questo rinvio e sulle sue possibili interpretazioni sono stai ver sati fiumi di inchiostro. Ovviamente, nella stragrande maggioranza dei casi, le conclusioni di ciascuno studioso divergono da quelle degli altri. Ecco tre esempi eloquenti. Andr Lonard scrive: Ricoeur abbozza una poetica della volont che punta in direzione della via metafisica. Ahim, la filosofia di Ricoeur non fa quasi pi che puntare verso questa direzione e la poetica della volont sembra rimanere per lungo tempo ancora allo stato di progetto e di abbozzo. Durante questi ultimi anni, in effetti, Ricoeur ha moltiplicato le deviazioni che devono condurre, alla fine, verso una via daccesso al Cogito. La sua opera fa sempre di pi pensare a quei lavori pubblici dove le deviazioni sono cos numerose e cos complesse che nessuno riesce a raggiungere il centro della citt. Rimane che la stessa onest del percorso intrapreso rischi di impedire al suo autore di

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parole indicano bene in che rapporto si situi nel suo pensiero lontologia rispetto alla poetica della volont. Quando Ricoeur in Le volontaire et linvolontaire (1950) annunciava il futuro progetto di lavoro, dicendo di voler trattare in due successive opere del male e della Trascendenza (i due temi messi tra parentesi nelleidetica pura del volontario e dellinvolontario), non pensava ad elaborare, per quanto riguarda il tema della Trascendenza, unontologia speculativa. Quando Ricoeur fa ri ferimento alla Trascendenza, nellambito della sua riflessione sulla volont, pensa alla Trascendenza innanzitutto come salvez za e liberazione possibile per la volont asservita. La Trascen denza ha la funzione di liberare la volont dallalienazione della colpa e dalla lacerazione della sofferenza. Questo perch la libert colpevole non ha in s le condizioni del proprio supe ramento e della propria rigenerazione: essa pu solo aderire attivamente alla propria liberazione, che, per, rimane comun que un dono gratuito della Trascendenza. In questo senso la poetica della volont acquista significato solo in relazione aller meneutica biblica.
arrivare ad una conclusione... Cos ci sarebbe da scommettere molto che la Poetica della volont non vedr mai la luce... (A. L e o n a r d , Ricoeur et lde d une potique de la volont , in a a .v v . Penses des hommes et fo i en Jsus-Christ, Paris-Namur, 1980, p. 233). Bernard Stevens ritiene, a sua volta, che le deviazioni che Ricoeur compie sul cammino della poetica della volont, non debbano essere viste come dei momenti di rottura, ma come delle parentesi che portano sempre pi lontano il compito annunciato in partenza (B. S te v e n s , Uunit de loeuvre de Paul Ricoeur saisie selon la perspective de son ouvrage Temps et rcit i, Tijdschrift voor Filosofie, i, 1985, p. 111). Paul Mukengebantu, invece, pensa che le deviazioni operate da Ricoeur non costituiscano n delle deviazioni che allontanerebbero dal fine ricercato, come ritiene Leonard, n, tantomeno, delle parentesi, come ritiene Stevens. Secondo Mukengebantu la poetica rimane il termine verso il quale tende tutta lopera di Ricoeur e, questo, dal suo inizio. (P. M u k e n g e b a n tu , Uunit de l oeuvre philosophique de Paul Ricoeur, Laval thologique et philosophique, 1990, p. 213). La poetica della volont soggiace a tutta lermeneutica di Paul Ricoeur ed verso di essa che si rivolgono costantemente ed in maniera sempre pi precisa le preoccupazioni del filosofo. Lermeneutica opera la transizione tra la fenomenologia e la poetica della volont, costringendo il pensiero a ricono scere i propri limiti e ad ascoltare dei linguaggi diversi dal suo (ivi, pp. 221-

222 ).

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ONTOLOGIA

Se questo vero, cio che la poetica della volont, cos com concepita in Le volontaire et linvolontaire, acquista senso solo in relazione allermeneutica biblica, si capiscono le difficolt che Ricoeur ha incontrato nel realizzarla. Nel nostro pensatore, infatti, si fatta sempre pi forte, nel corso degli anni, lesigenza di tener distinti gli ambiti della fede e della filosofia. Per questo, forse, andato sempre pi crescendo il suo interesse nei confronti dellontologia. Lontologia rappre senta infatti quello spazio, interno alla poetica della volont, relativamente al quale la ragione filosofica in grado di pro cedere in relativa autonomia. Linteresse per lontologia non ha comunque tolto nulla, nellopera di Ricoeur, alle riflessioni sullermeneutica biblica. Ricoeur infatti ben consapevole del fatto che lontologia non pu appagare interamente il desiderio che anela alla rigenerazione, desiderio che chiede di essere illuminato ulte riormente. A questo appello del desiderio, allora, pu rispon dere solo un sapere pi debole di quello strettamente filosofico-ontologico, cio il sapere ermeneutico che si interroga sui testi sacri. Per questi motivi si deve dire che lontologia non riempie che parzialmente e senza transizione alcuna lerme neutica biblica 13 di Ricoeur. Linclusione dellontologia allinterno del dominio della poetica della volont ha senso se teniamo conto del fatto che lontologia di Ricoeur unontologia ermeneutica, poich les sere, per Ricoeur, essere interpretato. Ricoeur ha sempre nutrito una profonda diffidenza nei confronti di una metafi sica determinante. N on possibile, secondo il nostro autore, condurre un discorso di carattere epistemico, razionalmente rigoroso, sulla Trascendenza. Leredit kantiana, infatti, for temente presente in Ricoeur, attraverso la mediazione del pensiero riflessivo francese di Lachelier, Lagneau e Nabert. I limiti posti da Kant nella Critica della Ragion Pura sono, per Ricoeur, decisivi. Si pu, allora, parlare di Trascendenza, come
13 Chiodi, il cammino della libert, cit., p. xiv.

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VERIT DEL METODO

fa Kant nella Critica della Ragion Pratica e nella Critica del Giudizio, ma occorre indebolire la forma di sapere che ne parla, proprio come Kant in queste opere. Sulla Trascendenza, in altri termini, possibile solo fare un discorso di tipo allusivo o metaforico, cio poetico. Per questo la poetica della vo lont anche, in certa parte, una poetica ontologica. 2. G li scritti di ontologia Il primo scritto in cui Ricoeur si occupato di proble matiche ontologiche un saggio del 1956, intitolato Ngativit et affirmation originane 14, che rimane a tuttoggi fondamentale per la comprensione dei contenuti essenziali della riflessione ontologica ricoeuriana. In seguito Ricoeur ha ancora trattato di queste tematiche nellultimo capitolo de L a mtaphore vive, opera che ha visto la sua pubblicazione nel 1975. Oltre a questi due saggi, comparsi a distanza di ventanni luno dallaltro, Ricoeur ha dedicato alcune pubblicazioni re centi al tema dellontologia. Ha affrontato alcune proble matiche ontologiche, legate al rapporto tra ipseit ed alterit, nellultimo capitolo di Soi-mme comme un au tre1S. Ha poi studiato il problema del rapporto tra metafisica e morale in un articolo dal titolo De la mtaphysique la morale l. Infi ne, si interessato, in uno studio su Esodo 3.14 17, al rappor to tra senso biblico e senso greco della nozione di essere. Il primo impatto con gli scritti ricoeuriani di ontologia pu dare limpressione di una certa frammentariet, se non

14 R R ic o e u r , Ngativit et affirmation originaire, in Aspects de la dialectique, Recherches de philosophie, il, Paris 1956, ora in Histoire et vrit (da cui citiamo), Paris 1964 (seconda edizione aumentata. La prima ed. era comparsa nel 1955), pp. 336-360. 15 Id., Soi-mme comme un autre, Paris, 1990, pp. 345-410. 16 I d ., De la mtaphysique la morale, Revue de mtaphysique et de morale, n 4, 1993, pp. 455-477. 17 P. R ic o e u r , De linterprtation la traduction, in P. R ic o e u r - A. L a c o c q u e , Penser la Bible, Paris 1998, pp. 335-371.

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ONTOLOGIA

altro per il fatto che Ricoeur non ha mai scritto un trattato sistematico di ontologia, ma ha affidato le sue riflessioni sul tema a degli scritti che sono apparsi in contesti diversi. Ciononostante, ad una lettura approfondita, risulta chiaro che allo sviluppo della riflessione ontologica ricoeuriana sotteso un disegno complessivo coerente. Lo scritto Ngativit et affirmation originaire costituisce il primo intervento del nostro filosofo in materia di ontologia. Come vedremo in esso sono gi enucleate le linee fondamen tali della sua ontologia: la polemica contro lessenzialismo, contro lontologia della sostanza, contro la cosalizzazione del lessere e la proposta, in alternativa, di unontologia dellatto, di una metafisica che concepisca lessere come ci che senza essenza o la cui sola essenza consiste nellesistere 18. Il capitolo finale de L a mtaphore vive ha come scopo quello di mostrare come vi sia la possibilit di condurre unar gomentazione di tipo speculativo autonomo, che non dipen da, cio, da un discorso a carattere poetico-metaforico. Esso, dunque, rappresenta uno studio di tipo preparatorio allelabo razione teorica di unontologia speculativa e le conclusioni a cui giunge consistono nella form ulazione della tesi che lontologia possibile solo come ontologia ermeneutica, per ch non si d essere che non sia essere interpretato. Lermeneutica, comunque, permette allontologia di porsi come discorso autonomo rispetto a quello poetico, perch linterpretazione un discorso misto, in cui i contenuti che sono offerti alla speculazione vengono da essa portati alla luce del concetto, senza che il concetto li debba arrestare o fissare. Dire che lontologia sempre ontologia ermeneutica significa, per Ricoeur, che essa non pu mai trovare in s il proprio cominciamento, ma deve sempre partire da un contenuto gi dato. Questo, per, non significa che lontologia, in quanto riprende alcuni contenuti gi dati, per rischiararli alla luce del concetto, non costituisca, in qualche modo, un inizio.
18 Ricoeur, Ngativit et affirmation originaire, cit., p. 3 5 7 .

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fa Kant nella Critica della Ragion Pratica e nella Critica del Giudizio, ma occorre indebolire la forma di sapere che ne parla, proprio come Kant in queste opere. Sulla Trascendenza, in altri termini, possibile solo fare un discorso di tipo allusivo o metaforico, cio poetico. Per questo la poetica della vo lont anche, in certa parte, una poetica ontologica. 2. Gli scritti di ontologia Il primo scritto in cui Ricoeur si occupato di proble matiche ontologiche un saggio del 1956, intitolato Ngativit et affirmation originaire 14, che rimane a tuttoggi fondamentale per la comprensione dei contenuti essenziali della riflessione ontologica ricoeuriana. In seguito Ricoeur ha ancora trattato di queste tematiche nellultimo capitolo de La mtaphore vive, opera che ha visto la sua pubblicazione nel 1975. Oltre a questi due saggi, comparsi a distanza di ventanni luno dallaltro, Ricoeur ha dedicato alcune pubblicazioni re centi al tema dellontologia. Ha affrontato alcune proble matiche ontologiche, legate al rapporto tra ipseit ed alterit, nellultimo capitolo di Soi-mme comme un autre 15. Ha poi studiato il problema del rapporto tra metafisica e morale in un articolo dal titolo De la mtaphysique la morale l. Infi ne, si interessato, in uno studio su Esodo 3.14 17, al rappor to tra senso biblico e senso greco della nozione di essere. Il primo impatto con gli scritti ricoeuriani di ontologia pu dare limpressione d una certa frammentariet, se non

14 P. R ic o e u r , Ngativit et affirmation originaire, in Aspects de la dialectique, Recherches de philosophie, il, Paris 1956, ora in Histoire et vrit (da cui citiamo), Paris 1964 (seconda edizione aumentata. La prima ed. era comparsa nel 1955), pp. 336-360. 15 Id ., Soi-mme comme un autre, Paris, 1990, pp. 345-410. 16 Id., De la mtaphysique la morale, Revue de mtaphysique et de morale, n 4, 1993, pp. 455-477. 17 P. R ic o e u r , De linterprtation la traduction , in P. R ic o e u r - A. L a c o c q u e , Penser la Bible, Paris 1998, pp. 335-371.

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altro per il fatto che Ricoeur non ha mai scritto un trattato sistematico di ontologia, ma ha affidato le sue riflessioni sul tema a degli scritti che sono apparsi in contesti diversi. Ciononostante, ad una lettura approfondita, risulta chiaro che allo sviluppo della riflessione ontologica ricoeuriana sotteso un disegno complessivo coerente. Lo scritto Ngativit et affirmation originaire costituisce il primo intervento del nostro filosofo in materia di ontologia. Come vedremo in esso sono gi enucleate le linee fondamen tali della sua ontologia: la polemica contro lessenzialismo, contro lontologia della sostanza, contro la cosalizzazione del lessere e la proposta, in alternativa, di unontologia dellatto, di una metafisica che concepisca lessere come ci che senza essenza o la cui sola essenza consiste nellesistere 18. Il capitolo finale de L a mtaphore vive ha come scopo quello di mostrare come vi sia la possibilit di condurre unar gomentazione di tipo speculativo autonomo, che non dipen da, cio, da un discorso a carattere poetico-metaforico. Esso, dunque, rappresenta uno studio di tipo preparatorio allelabo razione teorica di unontologia speculativa e le conclusioni a cui giunge consistono nella form ulazione della tesi che lontologia possibile solo come ontologia ermeneutica, per ch non si d essere che non sia essere interpretato. Lermeneutica, comunque, permette allontologia di porsi come discorso autonomo rispetto a quello poetico, perch linterpretazione un discorso misto, in cui i contenuti che sono offerti alla speculazione vengono da essa portati alla luce del concetto, senza che il concetto li debba arrestare o fissare. Dire che l ontologia sempre ontologia ermeneutica significa, per Ricoeur, che essa non pu mai trovare in s il proprio cominciamento, ma deve sempre partire da un contenuto gi dato. Questo, per, non significa che lontologia, in quanto riprende alcuni contenuti gi dati, per rischiararli alla luce del concetto, non costituisca, in qualche modo, un inizio.
Ngativit et affirmation originaire, cit., p. 3 5 7 .

18 R i c o e u r ,

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Una volta preparato il terreno, attraverso lottavo studio de La mtaphore vive, ad una riflessione ontologica di carattere speculativo, Ricoeur pu riprendere le fila di quel discorso nellultimo capitolo di Soi-mme comme un autre. In questope ra egli sviluppa pi a fondo il proprio pensiero in materia di ontologia, a partire dallermeneutica del s, sviluppata nel corso di tutto il libro. Labbozzo ontologico che egli ci offre ha come scopo quello di soddisfare la seguente domanda: quale ontologia presup posta dallermeneutica del s che viene proposta in Soi-mme comme un autre? Lontologia qui intesa, innanzitutto, come unontologia del s, dove le meta-categorie dello Stesso e dellAltro vengono viste nella loro funzione di elementi che permettono di comprendere le strutture della soggettivit. Ciononostante, lontologia del s inizia, gi da questo scritto, a lasciar trasparire labbozzo di unontologia generale, dove, tra i diversi significati dellessere portati alla luce da Aristotele, viene privilegiato quello dellessere in quanto atto e potenza, dal momento che esso si rivela il pi indicato a svolgere una funzione unificatrice nei confronti delle varie espressioni dellagire umano. In De la mtaphysique la morale Ricoeur definisce con pi precisione i contorni dellontologia che era stata appena abbozzata nellultimo capitolo di Soi-mme comme un autre e svolge uninteressante analisi dei rapporti che si possono isti tuire tra i due campi della metafisica e della morale. Infine, nellultimo scritto di ontologia, dedicato ad unana lisi delle varie interpretazioni del passo di Esodo in cui Dio si autodesigna dicendo Ehyeh aser ehyeh, le considerazioni relative allontologia generale prendono il sopravvento, occu pando tutto lo spazio della riflessione, intrecciandosi e con fondendosi spesso con quellermeneutica biblica rispetto a cui lontologia non costituisce che un riempimento parziale. Ricoeur, in questo saggio, assume il ruolo della voce sto nata nel coro di tutti coloro che, sia nel campo della filosofia che in quello della teologia, proclamano la necessit di una

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separazione tra la tradizione giudaico-cristiana e quella greca, deellenizzando il cristianesimo, per riavvicinarlo alla sua fonte ebraica, e liberando la filosofia da tutte le scorie della sua compromissione con la tradizione giudaico-cristiana. Secondo Ricoeur, al contrario, il connubio prodottosi in epoca medio evale tra queste due grandi tradizioni un connubio la cui fecondit non risulta ancora esaurita. Come sembra chiaro da questa succinta panoramica, gli scritti ricoeuriani di ontologia, pur essendo apparsi in luoghi diversi, e pur essendo stati originati da occasioni disparate, conservano tuttavia una loro unit dinsieme e ci permettono di enucleare un percorso complessivo improntato ad un dise gno coerente. Vediamo, allora, pi nel dettaglio, e senza di menticare quanto detto, il contenuto di ciascuno degli scritti ontologici di Ricoeur a cui abbiamo fatto cenno. 2.1 Laffermazione originaria Ricoeur, sin dalle prime battute del saggio Ngativit et affirmation originane, dichiara di voler recuperare una filoso fia dellessere e dellesistere, al di l di tutte quelle filosofie che, dopo Hegel, fanno della negazione la molla della rifles sione, o persino identificano la realt umana con la nega tivit19. La tesi che Ricoeur intende dimostrare che lessere ha la priorit sul nulla nel cuore stesso delluomo, anche se questo essere si annuncia attraverso il suo formidabile potere di nega zione. Lobiettivo polemico di Ricoeur il pensiero di Sartre e il suo stile filosofico del no e dellangoscia, contro il quale Ricoeur vorrebbe far valere uno stile filosofico del s e della gioia. Nellarticolare la sua argomentazione Ricoeur prende le mosse dallesperienza della finitudine, esperienza che si pre senta sotto la duplice forma d limitazione e di oltrepassamento del limite.
19 Ivi, p. 336.

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Il corpo tomba, carcere, limite, come pensavano gli orfici, ma, allo stesso tempo, esso anche apertura su. Il corpo rappresenta unapertura perch ha dei bisogni che gli testimo niano la sua mancanza di mondo, perch soffre e dunque si sente esposto al mondo, perch percepisce e quindi accoglie Palterit. Inoltre, attraverso le espressioni del corpo, del viso, ciascuno si offre alla reciprocit del rapporto intersoggettivo. Infine, il volere agisce nel mondo attraverso quellinsieme di poteri, di saper-fare che il corpo gli offre. Il corpo, dunque, apertura. Questa apertura, per, possiede dei tratti che portano a definirla come unapertura finita. Vi sarebbe, cio, una chiusura alPinterno stesso dellapertura in cui il corpo consiste. Tra i vari casi citati sopra (bisogno, sofferenza, per cezione, potere, espressione) il pi illuminante senzaltro quello della percezione. N oi percepiamo sempre gli oggetti da un certo punto di vista, ovvero in modo unilaterale. Non solo noi recepiamo gli oggetti e non li creiamo attraverso unintuizione creatrice, ma, di pi, li recepiamo da un punto di vista particolare, che si oppone agli infiniti punti di vista che non sono quel certo punto di vista. Eppure, per riconoscere la propria prospettiva come pro spettiva limitata, ciascuno la deve, in qualche modo, oltrepas sare. Io, infatti, percepisco la finitezza del mio punto di vista nella misura in cui lo rapporto ad altri punti di vista che anticipo, per cos dire, a vuoto. In questo modo io rapporto la prospettiva che vedo a quelle che non vedo e, dunque, passo dal livello della percezione a quello del senso, che non pu essere percepito, ma solo saputo, pensato. Il punto di vista a partire dal quale osservo il mondo il mio punto zero, il qui assoluto. Io passo dalla percezione al senso quando sono in grado di convertire il mio qui dal ruolo di luogo assoluto a quello di luogo qualunque, relativo a tutti gli altri. Passare dalla percezione al senso significa passare dalla situa zione in cui io sono il mio punto di vista alla situazione in cui io rifletto sul mio punto di vista.

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Considerazioni analoghe si possono svolgere anche per gli altri aspetti di quellapertura al mondo in cui la propria corporeit consiste. Un determinato bisogno, ad esempio, pu essere valutato, approvato o disapprovato e, dunque, oltre passato nella sua finitezza. Conclude allora Ricoeur:
La nozione di limite applicata allesistenza umana ha un duplice significato; da un lato essa designa il mio esserci, limitato in quanto alla sua prospettiva; dallaltro essa designa il mio atto limitante in quanto intenzione di significato e di volere; il mio atto come limitante che rivela il mio esserci come lim itato.20

Il movimento di trasgressione dalla prospettiva verso lin tenzione di significare ha in s un carattere di negativit: dire che io trascendo la mia prospettiva significa dire che, in qual che modo, io nego la mia prospettiva. Come trascendenza io non sono pi ci che sono come punto di vista. Io intenziono la cosa come ci che non secondo la mia prospettiva. Latto di esistere, dunque, si scopre come atto annichilatore. M a, si chiede Ricoeur, forse possibile giungere sino al punto di ipostatizzare questi atti annichilatoti in un nulla, che verrebbe a costituire la caratteristica ontologica fondamentale dellesse re umano? Questo , infatti, quello che ha tentato di fare Sartre. Ricoeur, al contrario, si propone di mostrare che possibile recuperare, nel cuore stesso della denegazione21, quella affermazione originaria che si annuncia a suon di ne gazioni. La denegazione nega la negativit (la finitezza) del punto di vista. Essa, allora, non consiste in una negazione semplice, ma in una negazione di negazione. Il primo negativo non il senso in rapporto al punto di vista, ma il punto di vista, la prospettiva. La negazione conviene a titolo primario alla fini-

20 Ivi, p. 342 21 Ricoeur usa il termine denegazione per indicare la negazione operata da parte dellintenzione significante su quellaltra negazione in cui consiste la finitezza del punto di vista. La denegazione sarrebbe, allora, la negazione di unaltra negazione.

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tudine e, solo come negazione di negazione, al superamento della finitudine attraverso il pensiero ed il volere. Questa acquisizione di estrema importanza perch, osserva Ricoeur, dire che la trascendenza umana negazione a titolo primario significa autorizzarsi a passare dallannullamento al nulla22. Questo il passaggio che, troppo sbrigativamente, compie Sartre e che Ricoeur si propone di rimettere in questione. Sartre, contro Hegel, afferma che non vi pu essere pas saggio dallessere al nulla, perch lessere essere e, in quanto tale, esso immune dalla contaminazione del negativo. Per rendere conto della negazione occorre allora, secondo Sartre, che il nulla sorga nel cuore stesso dellessere, come un verme capace di intaccarlo. Sartre individua nelluomo lessere attra verso il quale il nulla viene portato alle cose: luomo ha que sto potere perch dotato di libert e, attraverso la libert, capace di essere il nulla del proprio passato e di progettarsi verso lavvenire. Langoscia il sentimento di questo potere. Il problema che si pone, a questo punto, quello di sape re se la negazione pu cominciare da s e se il rifiuto pu avere in s la propria origine. Per rispondere a questo inter rogativo Ricoeur prende in esame la relazione della decisione ai motivi, che le stanno alle spalle, e al progetto, che la guida. Nella relazione che si instaura tra la decisione e i suoi motivi il nulla non entra in gioco per il fatto che la decisione capace di sottrarsi ai motivi, di annullarli. Non accade mai che si rompa rispetto alla totalit dei motivi: si rompe rispetto ad un gruppo di motivi per rispondere alla sollecitazione di un altro gruppo di motivi. Il nulla, allora, entra in gioco, secondo Ricoeur, non per il fatto che la decisione si sottrae ai motivi, ma per il fatto che la motivazione spicca sulla causalit delle cose. Laspetto negativo della libert consiste nel fatto che la decisione non risponde a delle cause necessa rie, ma solo a dei motivi che inclinano senza necessitare.

22 R ico eu r, Ngativit et affirmation originaire, cit., p . 3 5 0 .

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A questo si pu obiettare dicendo che le decisioni autenti che non si appoggiano su nulla, che esse consistono in un innovazione tale da annullare tutto il proprio passato. Eppu re, nota Ricoeur, nemmeno nel caso pi estremo, quello di una conversione totale, si d un tale rinnegamento. Io, infatti, nego una parte di me stesso solo per assumerne unaltra e, anzich rinnegare completamente il mio passato, ne muto la considerazione, portando in primo piano ci che stava sullo sfondo e viceversa. Spostando la nostra considerazione dal passato verso lav venire incontriamo la figura del progetto. Anche la nozione di progetto contribuisce a mettere in crisi il primato della nega zione. Il progetto, infatti, ci che manca alle cose: esso testimonia di un vuoto presente nelle cose, vuoto che io vor rei riempire attraverso i miei atti. Quando io contesto la re alt alla luce di un valore, attraverso questa contestazione compio unaffermazione. Persino nella rivolta si pu rintrac ciare una tale attitudine: rivoltarsi significa dire di no, ma dire di no in virt di una prospettiva migliore, che viene affermata attraverso quel no. Non si deve dire, dunque, che il valore mancanza, ma che la situazione, in quanto intollerabile, man ca di valore. Giunto a questo punto della sua argomentazione, Ricoeur si chiede se sia possibile procedere oltre e giungere addirittura a conferire una portata ontologico-trascendentale alla subor dinazione della negazione allaffermazione. Detto in altri ter mini: possibile dire che laffermazione originaria, ossia che essa ha carattere di fondamento? Ci che ha pi volte impedito a questa strada di essere battuta , secondo Ricoeur, lidea troppo stretta e povera dellessere propria ad alcune tradizioni di pensiero. Secondo una certa ontologia lessere si ridurrebbe infatti a cosa, pura datit, essenza. Questo, ad esempio, accade in Sartre. Il nulla che la realt umana, non , infatti, il nulla dellessere in generale, ma della coseit che invade il corpo e il passato, facendoli sprofondare verso il sonno del minerale. Sartre ha

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v e r it d e l

Me t o d o

potuto ipostatizzare latto annullatore in un nulla attuale perch egli, in precedenza, aveva ridotto lessere al dato, alla cosa. Conclude allora Ricoeur: Tutto ci che egli ha dimostrato che, per essere liberi, necessario costituirsi in non-cosa; ma non cosa non non-essere 23. La sua filosofia del nulla la conseguenza di una insufficiente filosofia dellessere 24. Se les sere puro dato, cosa, allora il valore, che introduce del dover essere nellessere, non pu che essere privazione, lacuna. Par tendo da questi presupposti non pi possibile fondare gli atti annullatori su di una superiore affermazione dellessere, perch qualsiasi ricorso allessere viene visto come ricaduta nella cosalit del puro dato. Lessere non pu essere rimedio, ma trappo la 25. La critica della nozione sartriana dellessere diventa, in Ricoeur, fonte di un rinnovamento dellontologia. Il benefi cio di una meditazione sul negativo, osserva infatti il nostro autore,
non di fare una filosofia del nulla, ma di condurre la nostra idea dellessere oltre una fenomenologia della cosa o una meta fisica dellessenza, sino a quellatto di esistere di cui si pu indifferentemente dire che senza essenza o che tutta la sua essenza consiste nellesistere. 26

Questo essere il fondamento ultimo:


La filosofia nata con i Presocratici con questa scoperta immen sa che pensare pensare lessere e che pensare lessere, pensare lArch, nel doppio senso di cominciamento e di fonda mento di tutto ci che noi possiamo porre e deporre, credere e mettere in dubbio. 27

Esso anche principio:


Lidea di qualcosa che fa cominciare il resto senza avere essa stessa un cominciamento pone un termine a questa regressione
23 Ivi, p. 356. 24 Ivi, pp. 356-357. 15 Ivi, p. 357. 26 Ibid. 27 Ibid.

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senza fine nelle generazioni degli dei della mitologia. Allo stesso tempo si possono ritrovare in questo arcaismo filosofico due tratti decisivi per la nostra meditazione. Innanzitutto lidea che questo Arch, questo principio cosmos e dike, ordine e giu stizia ; questo principio, in effetti, la radice comune di intelli gibilit del fisico, delletico e del politico.28

in forza dellidea di un tale principio che Senofane ha svolto la critica dellantropomorfismo. Alla fine d questo itinerario si pu allora concludere che laffermazione originaria si deve recuperare attraverso la negativit. Il negativo , al tempo stesso, ci che accenna allessere originario e ci che lo dissimula. Heidegger aveva molto bene osservato che la dissimulazione della non verit fa parte dellessenza della verit. Io mi devo strappare alla negativit dellessente per acce dere allessere, come insegnava Plotino quando, descrivendo lanima stregata dalla fascinazione del suo corpo, ammoniva di procedere verso lUno, sopprimendo tutto il resto. Occorre, in conclusione, riconquistare, contro la tradizio ne 29, una nozione dellessere che sia atto piuttosto che for ma, affermazione vivente, potenza desistere e di far esiste-

2 .2 M etafora e discorso filosofico Lottavo studio de La mtaphore vive, come indica il suo stesso titolo (Mtaphore et discours philosophique), si occupa del rapporto tra discorso speculativo e discorso metaforico. Il problema che nasce, a questo proposito, quello delletero geneit esistente tra i diversi giochi di linguaggio, che Wittgenstein, ad esempio, considerava radicale ed insuperabile. Ricoeur, al contrario, si propone di superare questa eteroge28 Ivi, pp. 358-359. 29 Tutte le filosofie classiche, osserva Ricoeur, sono a diversi gradi delle filosofie della forma, che si tratti della forma come Idea, o come sostanza e quiddit ivi, p. 360. 30 Ibid.

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neit, ammettendo un relativo pluralismo tra i diversi modi e livelli del discorso, dal quale pluralismo non devono essere esclusi i casi di intersezione. Prima di esporre la sua concezione relativa al problema in questione, Ricoeur passa, per, ad analizzare alcuni modi, secondo lui erronei, di comprendere il legame tra discorso speculativo e discorso metaforico, modi che sarebbero carat terizzati dalle posizioni di Aristotele, di Tommaso dAquino e di Heidegger. Aristotele avrebbe compiuto un grosso passo in avanti rispetto a Platone, sostituendo la teoria della partecipazione, che non poteva che essere metaforica, con il principio del l'analogia delPessere. In questo modo Aristotele ha posto un grosso scarto tra la poesia ed il discorso filosofico, che da quel momento poteva finalmente dirsi autonomo. Il principio dellanalogia dellessere, infatti, introduce il concetto di equi vocit regolata tra i diversi sensi dellessere, stabilendo tra di loro un ordine che non quello del rapporto tra genere e specie. Questo ordine reso possibile dal concetto di paronimia, che viene definita come unespressione appartenente ad una classe intermedia rispetto a quelle dei sinonimi e degli omonimi. Secondo Ricoeur, per, la soluzione aristotelica rimane aporetica, essa infatti ipostatizza il problema, limitandosi a postularne la soluzione. Per comprendere questo occorre an dare oltre la lettura che di Arisotele hanno fatto i medioevali, la quale tendeva a coerentizzarne il pensiero. Tommaso ha esteso alla teologia il concetto di analogia, nel suo obiettivo di costituire il sapere teologico in scienza. Introducendo in teologia il concetto di analogia, Tommaso otteneva, infatti, lo scopo di abbracciare in ununica dottrina il rapporto orizzontale delle categorie alla sostanza e il rap porto verticale delle cose create al creatore 31. In questo modo,
31 R icoeur, La mtaphore vive, Paris 1975, p. 346.

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per, secondo Ricoeur, si reso necessario porre in relazione la teoria della predicazione analogica con lontologia della partecipazione, dal momento che la causalit creatrice stabi lisce un legame di partecipazione, che rende ontologicamente possibile il rapporto di analogia tra gli esseri e Dio. Tommaso, allora, reintroducendo la dottrina platonica della partecipazione, avrebbe segnato il ritorno alla metafora e alla poesia, secondo largomento opposto da Aristotele al platoni smo. Inoltre, proprio a livello del cerchio tra analogia e par tecipazione che il tomismo stato attaccato, crollando sotto i colpi congiunti della fisica galileiana e della critica humeiana32. Heidegger ha rivolto una pesante accusa sia alla metafora che alla metafisica occidentale, considerando equivalenti le loro rispettive forme di trasgressione: la prima, infatti, opere rebbe un transfert dal proprio al figurato, mentre la seconda opererebbe un transfert dal sensibile al non sensibile. Derrida, sulla scia di Heidegger, parla addirittura del concetto come di unusura della metafora. Ricoeur, da parte sua, ritiene, invece, che le critiche heideggeriane e derridiane possano avere un senso tuttal pi nei confronti della metafora morta. Esiste, per, un senso diverso e pi ricco dellenunciato metaforico, ossia quello della metafora viva, la quale non rivela la nascita di un concetto, ma semplicemente la condizione di possibilit di un senso proprio spirituale. La confutazione delle teorie heideggeriane e derridiane, secondo cui metafora e metafisica appartengono allo stesso campo, permette dunque a Ricoeur di affermare che nessuna filosofia procede direttamente dalla poetica33 e che, dunque, filosofia e metafora si situano a due livelli diversi del discorso. Nella parte propositiva del suo saggio Ricoeur cerca di
edificare sulla differenza riconosciuta tra modalit di discorso una teoria generale delle intersezioni tra sfere di discorso, e

32 Ivi, 33 Ivi,

p. 352. p. 11.
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proporre uninterpretazione dellontologia implicita ai postulati della referenza metaforica che soddisfi a questa dialettica delle modalit di discorso.34 Per quanto riguarda il rapporto tra speculazione e discorso poetico Ricoeur nota che il dinamismo stesso del metaforico istituisce quel campo semantico che rende possibile, ma non ancora necessario, il discorso speculativo. Il discorso metaforico necessita, infatti, di per s, di una determinazione concettuale, che non pu trovare la sua condizione che nel discorso specu lativo, anche se tra questi due livelli del discorso rimane un certo scarto. Il discorso speculativo si caratterizza per la sua sistema ticit: come il metaforico rappresenta il regno del simile, cos lo speculativo rappresenta il regno delluguale. Lintersezione tra questi due livelli d origine alla situazione feconda dellin terpretazione, che rappresenta un discorso misto, frutto di unoperazione concettuale tendente allunivocit, che intera gisce sugli enunciati metaforici al fine di elucidarne il senso. Ricoeur definisce linterpretazione come un discorso misto che da una parte vuole la chiarezza del concetto - dallaltra cerca di preservare il dinamismo della significazione che il concetto arresta e fissa35. Concludendo il suo saggio Ricoeur si chiede quale conce zione del rapporto tra pensiero e realt sia sotteso al postulato della referenza metaforica. A questa domanda egli risponde dicendo che la natura del linguaggio riflessiva, che il linguag gio essenzialmente apertura, perch si sa nellessere. la realt, secondo Ricoeur, ad essere la categoria ultima e ad avere una fondamentale priorit sul linguaggio. La referenza metaforica sospende la referenza ordinaria e ridescrive la realt, fornendo una concezione tensionale della verit, secondo cui lessere presente nellenunciato metafori co, in funzione di copula, va inteso nel senso di un esserecome, ossia come essere ed allo stesso tempo non essere. Questo
34 Ivi, p. 374. 35 Ivi, p. 383.

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dinamismo tensionale, che caratterizza il discorso poetico, ri chiede il lavoro di distanziazione critica del discorso specula tivo, che ordina lenunciato metaforico al suo proprio spazio di senso. Questo lavoro, daltra parte, ci apre alla dialettica pi originaria e pi dissimulata: quella che regna tra lesperienza di appartenenza nel suo insieme e il potere di distanziazione che apre lo spazio del pensiero speculativo36. 2.3 Verso quale ontologia? Lultimo capitolo di Soi-mme comme un autre, osserva Ricoeur, mira a portare alla luce le implicazioni ontologiche delle precedenti indagini poste sotto il titolo di unermeneutica del s 37. Esso mira, dunque, ad uninterrogazione sul modo di essere del s e, dunque, solo in questo senso riduttivo va letto il termine ontologia. Qui, infatti, si tratta di unonto logia speciale, ossia dellontologia del s, e non di unontologia generale, intesa come indagine sulla struttura dellessere, an che se il modo in cui lessere viene inteso pu avere delle implicarne anche a livello dellontologia generale. Sullo sfon do di tutta la riflessione sullontologia del s si situa, infatti, la concezione polisemica dellessere, elaborata da Platone ed Aristotele. 2.3.1 Ipseit e ontologia Un tratto caratterizzante dellontologia ricoeuriana rap presentato dal collegamento, che egli istituisce, tra lindagine del s e la riappropriazione dellaccezione aristotelica delles sere come atto e potenza. Egli, infatti, individua una certa unit dellagire umano, unit che scaturirebbe, secondo lui, dalla metacategoria dellessere come atto e potenza. 2.3.1.1 Ricoeur dapprima affronta una serie di fattori di resistenza che sembrerebbero impedire la riappropriazione
3 Ivi, p. 399. 37 R ic o e u r , Soi-m m e com m e un autre, c it., p. 345.

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della nozione di essere come atto a favore di unontologia dellipseit. Le difficolt si accumulano in particolare in Metafisica Theta, dove Aristotele tratta in maniera sistematica della coppia dynamis-energheia. Fa problema, innanzitutto, la determinazione circolare del latto e della potenza: nel testo aristotelico sembra, innan zitutto,
che i due termini si definiscano luno attraverso laltro senza che si possa stabilire il senso delluno indipendentemente dallaltro, pena che la polisemia riconosciuta in Delta 12 non li voti separatamente alla dispersione.38

Un secondo problema determinato dalla divisione dei rispettivi campi di applicazione delle due nozioni di essere come atto e di essere come potenza. Lessere in quanto potenza permette, infatti, di inscrivere il movimento nellessere, mentre lessere inteso come atto, scevro di potenzialit, caratterizze rebbe lo statuto ontologico del cielo delle stelle fisse e del motore immobile. In terzo luogo, fa problema, secondo Ricoeur, lasserzione aristotelica di una sorta di primato dellatto sulla potenza. La nozione di potenza viene infatti concepita solo a partire da quella di atto: latto ha la priorit sulla potenza, sia secondo la nozione che secondo la sostanza, poich tutto ci che potenziale pu essere definito tale solo in relazione a qualcosa di compiuto. Questo primato accordato allatto permettereb be, inoltre, di intersecare la significazione dellessere secondo le categorie e quella dellessere come atto e potenza, con il risultato di attenuare quella preziosa conquista in cui consiste lidea di atto e di potenza. Ricoeur si oppone a questa

38 Ivi, p. 353. Scrive Ricoeur Pi grave ancora: ad onta dei titoli nobiliari che lidea di potenza trae dalla sua funzione, che si pu dire trascendentale rispetto alla fisica, questa nozione viene concepita soltanto a partire da quella di atto: niente pu dirsi potenziale senza riferimento a qualcosa che vien detto reale, nel senso di effettivo, compiuto; in questo senso, latto ha la priorit sulla potenza.

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intersezione, che renderebbe difficoltosa lopposizione di unontologia dellatto ad unontologia della sostanza39. Un ultimo problema, il pi grave, riguarda il rapporto della nozione primitiva di essere come atto e potenza con lagire umano. Secondo Ricoeur gli esempi tratti da operazio ni umane quali lagire, il vivere bene ecc., hanno un valore paradigmatico. Quando infatti lazione praxis e non solo semplice movimento, allora viene a cadere la supposta supre mazia dellatto sulla potenza. A conferma di questo si pu citare il seguente brano in cui Aristotele, a proposito della praxis, dice che loperazione, infatti, fine e latto opera zione, perci anche latto vien detto in rapporto alloperazio ne e tende allo stesso significato di entelecheia 40. Ciononostante, Ricoeur riconosce che gli esempi tratti dalla praxis non possono essere eretti a modelli nel quadro del pensiero aristotelico, pena il rendere vana la sua impresa me tafisica, il cui scopo , da un lato, quello di conferire dignit ontologica al movimento, contro i parmenidei, e, dallaltro, quello di conferire dignit ontologica alle entit cosmo-teologiche, facendo leva sulla nozione di atto puro. Tuttavia, Ricoeur riesce a trasformare questa apparente difficolt in un punto dappoggio. Egli nota, infatti, che
se lenergheia-dynamis non fosse che unaltra maniera di dire praxis (o, peggio, di estrapolare metafisicamente un qualche modello artigianale dellazione), la lezione di ontologia sarebbe
39 Occorre comunque osservare che lobiettivo polemico di Ricoeur, quando egli parla di metafisica della sostanza, non tanto Aristotele, ma la tradizione che da lui prende le mosse. Osserva infatti Ricoeur: Certo, ci che abbiamo attac cato, a proposito dellopposizione tra ipseit e medesimezza, pi il sostanzialismo della tradizione (alla quale Kant continua ad appartenere attraverso la prima Analogia dellesperienza) che non lousia aristotelica, che a quello non si lascia ridurre (ivi, p. 354). Ciononostante, lo stesso Aristotele non risulta compietamente esente da colpe. Ecco infatti cosa afferma in proposito Ricoeur: Resta che, quale che sia la possibilit di liberare ugualmente lousia aristotelica dalle catene della tradizione scolastica nata dalla sua traduzione latina con substantia, Aristotele sembra maggiormente preoccupato di far intersecare piuttosto che di dissociare le significazioni connesse rispettivamente alla coppia enrgheia-dynamis e alla serie delle accezioni aperta dalla nozione di ousia (ivi, pp. 354-355). 40 A r i s t o t e l e , Metafisica, Theta 8, 1050, a 21.

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priva di efficacia; piuttosto nella misura in cui lenergheia-dynamis irriga altri campi di applicazione rispetto allagire umano, che la sua fecondit si manifesta. 41

\lenergheia-dynantis avrebbe allora il compito di indicare un fondo di essere, ad un tempo potente ed efficace, sul quale si staglia lagire umano42. In questo senso la nozione di essere come atto e come potenza verrebbere a svolgere la doppia funzione di porre in un luogo privilegiato il fenomeno della praxis, rappresentando esso il luogo di leggibilit per eccellenza di questa nozione dellessere e, daltro lato, di decentrare lagi re in direzione di un fondo di atto e di potenza. 2.3.1.2 Che cos dunque questo fondo dellessere ad un tem po potente ed efficace? Ricoeur, per spiegarlo, opera un confronto con alcuni ten tativi di ricostruzione del concetto di essere come atto e po tenza ispirati ad Heidegger. In Essere e Tempo la nozione di cura (Sorge) si presenta come lesistenziale fondamentale, quello, cio, che in grado di assicurare lunit tematica dellopera, per lo meno fino allen trata in scena della temporalit nella seconda sezione43. La cura occupa una posizione privilegiata, in quanto essa non si lascia cogliere allinterno di una fenomenologia immediata, come accade invece per le nozioni subordinate di Besorgen (preoc cupazione o prendersi cura delle cose) e di Frsorge (sollecitu dine o aver cura delle persone). Ricoeur, che ha pi volte parlato di ununit analogica dellagire, si chiede se la nozione di essere come atto, che costituisce il fondamento dellunit analogica dellagire, non occupi nella sua ricerca un posto simile a quello occupato dalla cura in Essere e Tempo e se, al tempo stesso, la nozione heideggeriana di cura non sia, a sua volta, ricalcata sul concetto aristotelico di praxis. La formulazione di una

41 R ico eu r ,

Soi-mme comme un autre, c it., p . 3 5 7 .

42 Ibid. 43 Ivi, p . 359.

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tale ipotesi permette a Ricoeur di aprirsi la strada ad una riappropriazione di Aristotele attraverso Heidegger. Laccostamento di Aristotele e di Heidegger particolar mente utile a Ricoeur, perch, da un lato, il concetto aristo telico di praxis lo aiuta ad allargare il campo pratico al di l della ristretta nozione di azione nei termini della filosofia analitica 44, mentre, dallaltro lato, il concetto di Sorge con ferisce alla praxis aristotelica un peso ontologico, che non sembra essere stato il proposito principale di Aristotele nelle sue Etiche 45. Tuttavia, Ricoeur non si affretta ad unificare dallalto lin tero campo dellesperienza umana, attraverso il concetto aristotelico di praxis, conservando quella pluralit che Aristotele aveva messo in luce ponendo una accanto allaltra theoria, praxis, poiesis. Ricoeur disposto a riconoscere una certa prio rit allagire, in quanto anche la teoria pensabile come attivit teorica, ma a patto di correggere la tendenza egemonica cos accordata allagire attraverso il riconoscimento della sua polisemia, la quale non autorizza niente di pi che lidea di ununit analogica dellagire 4. 2.3.1.3 Un secondo punto di incontro tra la fenomenologia del s e lontologia ci fornito, secondo Ricoeur, dal concetto spinoziano di conatus. Ricoeur pensa che la nozione di vita costituisca una nozione centrale nel pensiero di Spinoza e che vita in Spinoza signi fichi potenza, non per nel senso di potenzialit, ma piuttosto in quello di produttivit. Secondo questa accezione la potenza spinoziana non sarebbe dunque opponibile allatto, inteso come effettivit e come compimento. Su questa struttura di fondo prende forma il concetto di conatus, pensato come quello sforzo per perseverare nellessere, che fa lunit delluomo e di ogni individuo.
44 Ivi, p. 361. 45 Ibid. 46 Ivi, p. 362.

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Ricoeur, pur riconoscendo che il dinamismo del vivente, pensato da Spinoza, si inscrive pur sem pre nel quadro deterministico generale, affascinato dallidea spinoziana se condo cui il passaggio dalle idee inadeguate, che ci facciamo su noi stessi e sulle cose, alle idee adeguate, costituisce per noi la possibilit di divenire attivi in senso pieno. Questo confer ma indirettamente la sua convinzione secondo cui la coscien za di s non si situa al punto di partenza della riflessione filosofica, come accade invece nel pensiero di Cartesio, ma presuppone una lunga deviazione. 2.3.2 Ipseit e alterit Lalterit, che appartiene alla costituzione ontologica stes sa dellipseit, ha un carattere polisemico. Ricoeur vuole met tere in luce il ruolo fondamentale che le diverse forme dellalterit esercitano nella costituzione stessa dellipseit. A questo fine egli si avvale del dop pio contributo della fenomenologia e dellontologia, assumendo come guida delle sue analisi fenomenologiche e ontologiche la metacategoria dellalterit. La meta-categoria dellalterit ha infatti come corrispettivo fenomenologico la variet delle esperienze di passivit che caratterizzano in vari modi lagire umano. In questo senso Ricoeur parla dellesperienza della passivit (espe rienza che la fenomenologia dellesistenza registra ad ogni suo passo) come di unattestazione fenomenologica dellalterit. Mettere in luce le varie esperienze di passivit e, dunque, di alterit, significa impedire, ancora una volta, al s di occu pare la posizione di fondamento. Ricoeur, facendo riferimen to allesperienza della passivit, parla di un Cogito spezzato e aggiunge che lattestazione stessa dellalterit in qualche modo spezzata, poich lalterit connessa con lipseit, si attesta soltanto in esperienze disparate, secondo una diversit di focolai di alterit47. Ricoeur raccoglie questa diversit attorno a tre centri fondamentali: lalterit riassunta dallespe

47 Ivi, p. 368.

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rienza del corpo proprio, lalterit inerente alla relazione di intersoggettivit e, infine, Palterit propria al rapporto di s a se stessi, ossia la coscienza. 2.3.2.1 II corpo proprio e la carne. La riflessione sul concetto di corpo proprio stata avviata da Maine de Biran, il quale ha avuto il grande inerito di dissociare la nozione di esistenza da quella di sostanza, per connetterla, invece, con quella di atto e di rendersi conto che il tipo di certezza che si lega allesperienza del corpo proprio una certezza di tipo non rappresentativo. La nozione di corpo proprio raccoglie, secondo Maine de Biran, una serie di gradi crescenti di passivit. Un primo gra do sarebbe costituito dalla resistenza che cede allo sforzo, un secondo invece dallesperienza dellandare e venire degli umori capricciosi e, infine, un terzo dalla resistenza alle cose esterne. Husserl ha introdotto, nelle Meditazioni cartesiane, la di stinzione decisiva tra Leib (carne) e Krper (corpo). Questa distinzione pu essere dissociata, secondo Ricoeur, dal ruolo strategico che essa occupa allinterno dellimpossibile tentati vo husserliano di costituire ogni realt, e quindi anche la realt intersoggettiva, nella e attraverso la coscienza. La carne la pi prossima di tutte le cose, ci che vi di pi originariamente mio e, in virt di questo, essa costitu isce lorgano del volere, il supporto del libero movimento. Essa, per, non mai oggetto di scelta o di volere. Husserl, parlando di non-spazialit oggettiva della carne, riecheggia il Wittgenstein delle riflessioni sulla non-appartenenza del soggetto al sistema dei suoi oggetti. La carne non occupa una posizione, intesa in termini di spazialit oggettiva, essa eterogenea ad ogni sistema di coordinate geometriche: essa qui assolutamente, ossia il suo essere qui ed il suo poter essere l sono irriducibili a qualsiasi localizzazione per punti di riferimento oggettivi. Lontologia della carne va incontro ad un paradosso inver so a quello posto dalla teoria strawsoniana dei particolari di
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base. Se, nellottica di Strawson, costituiva un problema lo spiegare come un corpo tra i corpi potesse, al tempo stesso, essere il mio corpo, ossia carne; nella prospettiva dellontologia della carne si verifica, invece, il fenomeno inverso: fa problema il fatto che la carne possa essere anche corpo tra i corpi. La soluzione di questa aporia richiede di uscire d allottica husserliana: la carne pu apparire come corpo tra i corpi solo nella rete dellintersoggettivit che, a differenza di quanto pensava Husserl, diviene, in questo m odo, instauratrice dellipseit. N ota infatti Ricoeur:
Proprio perch Husserl ha pensato laltro da me soltanto come un altro io, e mai il s come un altro, egli non ha una risposta al paradosso che riassume la questione: come comprendere che la mia carne sia anche un corpo? 43

Heidegger, in Essere e Tempo, dispiega un apparato nozionale che sembrerebbe molto pi adatto allelaborazione di unontologia della carne di quanto non lo sia quello husserliano. Al problema husserliano della costituzione di un mondo nella e attraverso la coscienza, Heidegger ha sostituito la strut tura inglobante dellessere-nel-mondo. Egli, inoltre, progreden do regressivamente dal senso della mondit inglobante al senso dello in ha indicato il luogo filosofico della carne. Heidegger, infine, ha elaborato limportante nozione di situa zione emotiva {Befindlichkeit), la quale riveste un ruolo cardi ne nella costituzione esistenziale del ci, al paragrafo 29 di Essere e Tempo. E la situazione emotiva, inoltre, che ci permette di sperimentare limpossibilit di uscire da una situazione in cui nessuno mai entrato, che costituirebbe, poi, la categoria esistenziale dellesser-gettato, la pi appropriata ad unindagine del s come carne. Ciononostante, Heidegger non ha elaborato la nozione di carne a titolo di esistenziale distinto. Secondo Ricoeur il motivo principale di questa mancanza risiede nel fatto che

48 Ivi, p. 377.

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nella seconda sezione di Essere e Tempo trionfa la problematica della temporalit, a scapito di una fenomenologia della spazia lit autentica. Heidegger, probabilmente, vedeva evidenziarsi, alPinterno della dimensione spaziale dellessere-nel-mondo, soprattutto le forme inautentiche della cura. Nonostante il fatto che la spazialit del Dasein non sia quella di un essere-alla-mano o di un essere-a-portata-di-mano, tuttavia, essa si staglia sul fondo delle cose disponibili ed utilizzabili. Il tema dellincarnazione risulta allora soffocato in Essere e Tempo, in quanto esso appariva, agli occhi di Heidegger, troppo dipendente da quel le forme inautentiche della cura, che ci inclinano ad interpre tare noi stessi in funzione degli oggetti della nostra cura. 2.3.2.2 Lalterit dellaltro. Relativamente al secondo cespite dellalterit, che sarebbe costituito dallalterit dellaltro, il problema quello di capire quale nuova figura di alterit viene convocata da questa affezione dell'ipse ad opera dellal tro da s; e, per implicanza, quale dialettica del Medesimo e dellAltro risponda al requisito di una fenomenologia del s affetto dallaltro da s 49. La riflessione ricoeuriana sullalterit dellaltro vuole di mostrare limpossibilit di costruire unilateralmente la dialet tica del Medesimo e dellAltro, sia che si voglia far derivare Palter ego dallego, come fa Husserl, sia che si voglia riservare allAltro liniziativa esclusiva della chiamata del s alla respon sabilit, come propone invece Lvinas. Husserl, nella quinta delle sue Meditazioni cartesiane, pone, ispirandosi al modello del dubbio iperbolico cartesiano, come interamente problematico tutto ci che lesperienza ordinaria deve allaltro, con il proposito di costruire laltro nella, e a partire dalla, sfera del proprio. Ricoeur, per, nota che tutti i tentativi di questo tipo non possono che essere circolari,

49 Ivi, p. 382.

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perch laltro, che deve essere costruito, permane tacitamente il presupposto di tale costruzione. La presupposizione dellal tro contenuta nella formazione stessa del senso del proprio: 10 posso ipotizzare di essere solo e posso totalizzare questa mia esperienza di solitudine, solo se presuppongo un altro che mi permette di raccogliermi e mantenermi nella mia iden tit. Non posso, inoltre, nemmeno parlare dellesistenza di un mondo, se non nella misura in cui esiste una natura comune. Infine, posso pensare la mia carne come primo analogon ad una trasposizione analogica solo a condizione che essa sia gi ritenuta come un corpo tra i corpi, e ci implica che essa appaia come tale agli occhi degli altri. Io posso, infatti, ope rare una trasposizione analogica da carne a carne solo se percepisco la mia carne come corpo per laltro. Husserl utilizza il termine di appresentazione per indicare 1 darsi dellaltro. Lappresentazione si distingue dalla rappre 1 sentazione per segno, perch essa una datit autentica, ma essa si distingue, al tempo stesso, dalla datit originaria ed immediata della carne a se stessa, perch io non posso vivere i vissuti dellaltro, cos come non posso far in modo che la sequela dei suoi ricordi prenda il posto della mia. Ciononostante, Pappresentazione consiste comunque in una presa analogizzante per mezzo di cui il corpo dellaltro viene percepito come carne allo stesso titolo della mia. Ricoeur in tutto ci non vede una dimostrazione ma un circolo: la presa analogizzante, attraverso cui costruisco lalterit dellaltro, prende le mosse dal proprio, il quale, per costituirsi, presuppone a sua volta laltro. Occorre infine osservare che la presa analogizzante con serva una dissimmetria fondamentale, perch lappresentazione non potr comunque mai avere le caratteristiche di unintui zione. Tutto ci che lappresentazione permette di operare , infatti, solo una trasposizione di senso, attraverso la quale il senso ego trasposto ad un altro corpo. La trasgressione dalla sfera dellego ha come risultato la costituzione di un alter ego, ossia di un corpo che riveste anchesso, per trasposizione, il senso ego.
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La presa analogizzante husserliana andrebbe, secondo Ricoeur, coordinata ed integrata con un movimento inverso, che dallaltro viene verso di me, movimento, questultimo, che ha la priorit nella dimensione etica, mentre il primo ha una priorit nella dimensione gnoseologica. Ora, lopera di Emmanuel Lvinas ha come suo interesse costante questo movimento che dallaltro viene verso il s. Lvinas ritiene che il concetto di intenzionalit e la feno menologia nel suo complesso, siano votati allidealismo ed al solipsismo. Essi, infatti, dipendono da una filosofia della rappre sentazione, per la quale rappresentare qualcosa significa assimi larla a s e, dunque, negarne lalterit. A questa logica non sfugge la trasposizione analogica introdotta da Husserl nella quinta delle sue Meditazioni cartesiane, della quale abbiamo trattato sopra. Il volto dellaltro non consiste esclusivamente in un appa rire che io posso includere nella cerchia delle mie rappresen tazioni, poich lapparire dellaltro non soltanto spettacolo, ma anche voce, voce che singolarizza ogni volta il coman damento: non uccidere. Il movimento che parte dallaltro trova, infine, il suo termine in me, dal momento che esso ha il potere di costituirmi responsabile e dunque capace di ri spondere. Date queste premesse possiamo allora concludere che lal tro si attesta sotto un regime di pensiero a carattere etico, piuttosto che gnoseologico. Nel concetto lvinasiano di alterit ab-soluta Ricoeur vede uniperbole diametralmente opposta a quella messa in atto da Husserl attraverso la riduzione al proprio, dove per iperbole egli intende la pratica sistematica delleccesso nellargomen tazione filosofica 50. La critica che Ricoeur rivolge a Lvinas consiste nel rile vare che, solo presupponendo una capacit di accoglimento e di discriminazione da parte del Medesimo, possibile affer50 Ivi, p. 389.
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mare che la chiamata dellAltro in grado di risvegliare la sua risposta responsabile. Occorre allora elaborare una filosofia del Medesimo che sia altra rispetto a quella criticata dalla filosofia dellAltro, ma che sia, al tempo stesso, capace di rendere ragione della risposta che linteriorit in grado di fornire allappello dellAltro. Se linteriorit fosse concepita come essenzialmente chiusa e ripiegata su di s, non ci sarebbe spazio per la risposta da dare allAltro, perch la parola dellaltro risulterebbe fonda mentalmente estranea ad una tale interiorit. Secondo Ricoeur occorre, allora, accordare al s una capacit di accoglimento che risulta da una struttura riflessiva, meglio definita dal suo potere di ripresa su delle oggettivazioni previe che da una iniziale separazione 51. Occorre, inoltre, accordare al s una capacit di discernimento, dal momento che Palterit dellAl tro si presenta come qualcosa di complesso, come un insieme di figure di cui la figura dellAltro come maestro, evocata da Lvinas, non ne che una tra le tante. LAltro, infatti, pu presentarsi anche come boia, oltre che come maestro. La soluzione allaporetica determinata dalliperbole lvinasiana si ottiene, a detta di Ricoeur, sovrapponendo, attraverso una dialogica, la relazione alla distanza assoluta tra lio sepa rato e lAltro insegnante. 2.3.2.3 L a coscienza. Ricoeur individua nella coscienza il luo go di una forma originale della dialettica tra ipseit ed alterit. Questaffermazione lo ingaggia, per, fin da subito in una triplice sfida. Innanzituto, occorre precisare nozioni tanto sospette quali quelle di buona e di cattiva coscienza. Ci implica che venga messa alla prova la tesi secondo cui lattestazione dellipseit inseparabile da un esercizio del sospetto. In secondo luogo, occorre precisare i fenomeni dellin giunzione e del debito, di fronte ad una versione non morale

51 Ivi, p. 391. 180

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della coscienza, che vede in essa una semplice attestazione del nostro poter essere. Infine, occorre precisare quale sia la specificit del tipo di alterit riconosciuto alla coscienza rispetto alPalterit dellal tro. Occorre, cio, precisare in virt di che cosa venga asse gnato un posto distinto al fenomeno della coscienza sul piano della dialettica tra ipseit ed alterit. La prima sfida, come abbiamo gi anticipato, ci posta di fronte dalla complessa problematica del sospetto, nella misura in cui allinterno della coscienza le illusioni su se stessi si mescolano continuamente allattestazione verace. Nellaffrontare questa sfida ci vengono incontro le rifles sioni di alcuni grandi maestri quali Heidegger, Hegel e Nietzsche. Heidegger ha dedicato un capitolo di Essere e Tempo alla coscienza (Gewissen). Secondo Heidegger il momento di alterit implicato nel fenomeno della coscienza riveste un ruolo importante nella costituzione dellipseit, in quanto esso ren de il s capace di riprendersi dallanonimato del si. Laffe zione ad opera di una voce altra, fenomeno in cui la coscienza consiste, presenta una dissimmetria che lo rende diverso dal cosiddetto dialogo dellanima con se stessa, di cui parla Pla tone. Noi intratteniamo infatti una relazione di tipo verticale con la coscienza, la quale una voce che parla in noi come se venisse rivolta a noi. Hegel, nel vi capitolo della Fenomenologia dello spirito, critica aspramente quella che lui intende come cattiva inter pretazione della coscienza, ma mostra anche come il fenome no autentico della coscienza non venga travolto nella caduta della concezione morale del mondo. Il fenomeno autentico della coscienza si costituisce, infatti, quando la coscienza agente e quella giudicante si riconoscono attraverso il perdono, ri nunciando alla limitatezza ed alla parzialit dei reciproci punti di vista. A questo livello la coscienza si equiparerebbe sempli cemente alla certezza di s.
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Nietzsche ha dedicato la seconda dissertazione della Genealogia della morale ai concetti di colpa e di cattiva co scienza. Ricoeur rileva un certo parallelismo tra la critica nietzscheana e quella hegeliana, perch, nonostante landa mento genealogico della prima e quello teleologico della se conda, alla fine esse si incontrano in una comune condanna delle distorsioni della cattiva coscienza. La peculiarit di Nietzsche consiste, invece, nellapplica zione del suo metodo genealogico, che mira a rovesciare la teleologia attraverso larcheologia. Dire lorigine, nota in fatti Ricoeur, significa abolire il fine e la sua razionalit an nessa 52. In Hegel e Nietzsche, conclude allora Ricoeur, vi il sospetto che coscienza equivalga a cattiva coscienza. Non possibile, continua il nostro filosofo, spezzare questa equazio ne sostituendo lautogiustificazione al giudizio di indegnit. Occorre, invece, riallacciare tra di loro i due fenomeni della coscienza e dellattestazione. La seconda sfida affronta il problema della demoralizza zione della coscienza. Heidegger, nel capitolo intitolato Gewissen, nella seconda sezione di Essere e Tempo, opera questa sottrazione della co scienza al dominio della moralit, definendo la coscienza come attestazione del proprio poter-essere autentico, poter-essere che non risulta segnato da alcuna competenza a distinguere il bene dal male. Heidegger, inoltre, afferma che, se esiste un chiamante, da cui la voce della coscienza proviene, questi non pu che essere lo stesso Dasein. La dimensione di superiorit che Heidegger riconosce alla voce della coscienza una supe riorit comunque immanente al Dasein. Il contributo prezioso di Heidegger consiste, secondo Ricoeur, nellaver inscritto la coscienza nella dialettica gene rale del Medesimo e dellAltro, attraverso laccostamento che

52 Ivi, p. 399.

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egli ha posto tra lo spaesamento della voce e la condizione deietta dellesser-gettato 53. Lintroduzione della nozione di debito non permette di connotare eticamente lo spaesamento di cui il Dasein affet to, dal momento che Heidegger, insistendo sullontologia del debito, si allontana di molto dal senso che il termine debito pu avere per il senso comune. Per debito Heidegger non intende affatto qualcosa di cui si possa essere pubblicamente responsabili verso qualcuno, ma un modo di essere. La mora lit presuppone il debito e non viceversa: il debito, infatti, costituisce un tratto ontologico preliminare, inevitabilmente implicato da qualsiasi etica. Nel paragrafo 59 di Essere e Tempo Heidegger entra in polemica con linterpretazione ordinaria della coscienza. A questo livello Heidegger svolge una critica serrata di concetti quali quelli di cattiva coscienza, alla quale manca il carattere prospettico proprio alla cura, poich essa arriva sempre a cose fatte; di buona coscienza, scartata perch farisaica; di coscien za intesa come ammonizione, che renderebbe la coscienza pri gioniera del si. Per questo, osserva Ricoeur, la critica che Heidegger conduce del senso comune deve manifestamente essere accostata alla Genealogia della morale di Nietzsche 54. Lattestazione viene definita da Heidegger come un risve glio che pone innanzi allassunzione dellessere-in-debito55. Nonostante questa demoralizzazione della coscienza sem brerebbe che anche in H eidegger, alla fine, vi sia una riconduzione della nozione di coscienza nel campo delletica, attraverso il legame posto tra attestazione e decisione e tra decisione ed essere-per-la-morte. La decisione completerebbe

53 Nota a questo proposito Ricoeur: Il riconoscimento della passivit, del non-dominio, dellessere affetti, che sono connessi allesser-convocati, si orienta verso una meditazione sulla nullit, cio sulla non scelta radicale che affetta lessere-nel-mondo, considerato dallangolatura della sua intera effettivit (ivi, p. 402) 54 Ivi, p. 403. 55 M. H eid eg g er , Essere e Tempo, Milano, 1976, trad. it. di Pietro Chiodi dalloriginale tedesco Sein und Zeit, Tbingen, 1927, p. 358 [p. 295].

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in questo modo lattestazione, fornendole la prospettiva dellesser-tutto suggellato dallessere-per-la-morte. E in questo senso che Heidegger pu parlare di voler-aver-coscienza56. Secondo Ricoeur, per, sia la decisione che la chiamata a cui essa risponde rimangono, in Heidegger, indeterminate. La ragione di ci da ricercare nel fatto che esse sono state separate dalla richiesta dellaltro e da qualsiasi determinazio ne morale. Di conseguenza lontologia fondamentale non pu che astenersi da qualsiasi proposta relativa alPorientamento dellazione, lasciando il cam po aperto ad una sorta di situazionalismo morale. Alla prospettiva heideggeriana di com pleta dem ora lizzazione della coscienza Ricoeur oppone una concezione che associ strettamente il fenomeno dellingiunzione a quello del lattestazione 57.
Lessere ingiunto costituirebbe allora il momento di alterit pro pria al fenomeno della coscienza, conformemente alla metafora della voce. Ascoltare la voce della coscienza significherebbe essere ingiunto dallAltro. Si renderebbe cos giustizia alla nozione di debito, che Heidegger ha ontologizzato troppo presto a spese della dimensione etica dellindebitamento.58

Lingiunzione, di cui Ricoeur parla, incontra, in un secondo momento, il fenomeno della convinzione, ossia della decisione in situazione. Questo momento, infatti, giunge al termine di un conflitto di regole o doveri, segnando un ricorso della morale, ormai giunta ad unimpasse, alle risorse delletica. La terza sfida dovrebbe infine condurci a disegnare i con torni dellalterit propria alla coscienza. Abbiamo visto come Heidegger abbia ridotto lalterit della chiamata allo spaesamento determinato dallesser-gettato, deiet to. Hegel, a sua volta, lascia pensare che la coscienza sia la voce di un altro, dal momento che lega la sorte della coscienza alla

56 Ibid.

57 R ic o e u r ,

Soi-mme comme un autre, cit., p. 404.

58 Ivi, pp. 404-405.

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riconciliazione tra coscienza giudicante e coscienza agente e che tutta la Fenomenologia dello spirito attraversata dal fenomeno del raddoppiamento della coscienza, dal desiderio dellaltro, alla dialettica servo-padrone, sino alle figure dellanima bella e delleroe dellazione. Freud, nella sua metapsicologia, risolve il problema relativo allo statuto dellAltro nel fenomeno della coscienza in senso univocamente antropologico. La coscienza morale si riduce infatti in Freud al Super-Io, a sua volta iden tificato con figure parentali ed ancestrali sedimentate o rimos se. Infine, Emmanuel Lvinas oppone alla riduzione tipica della filosofia di Heidegger dellessere in debito allo spaesamento connesso alla situazione di deiezione, una riduzione simmetrica dellalterit della coscienza allalterit dellaltro. Ricoeur oppone allalternativa', spaesam ento secondo Heidegger, esteriorit dellaltro secondo Lvinas, una terza modalit dellalterit, che egli definisce lessere-ingiunto in quanto struttura dellipseit59. Il carattere irriducibile di que sta terza modalit di alterit determinato dal fatto che lin giunzione ad opera dellaltro deve essere solidale con latte stazione di s, senza la quale lingiunzione non potrebbe es sere accolta, in mancanza di un esser-ingiunto che faccia pro pria lingiunzione. Ciononostante, Ricoeur dice di condivide re pienamente la convinzione lvinasiana secondo cui laltro costituisce il cammino obbligato dellingiunzione. Alla fine di questa sua attenta analisi Ricoeur conclude affermando la necessit di mantenere una certa equivocit sul piano puramente filosofico relativamente allo statuto dellAl tro. LAltro potrebbe infatti essere semplicemente un altro, oppure i miei antenati, oppure, ancora, Dio, o un posto vuoto. Alla domanda sul volto dellAltro la filosofia non ha risposta. 2 .4 D alla metafisica alla morale Il saggio dal titolo De la mtaphysique la morale, com parso nel numero speciale della Revue de mthaphysique et
59 Ivi, p . 4 0 9 .

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de morale, diretta dallo stesso Ricoeur, dedicato alla celebra zione del centenario della nascita della rivista, riveste, a mio parere, unimportanza decisiva per quanto riguarda la rifles sione ricoeuriana attorno a temi di ontologia e metafisica. La Revue de mtaphysique et de morale venne fondata da Xavier Lon ed lie Halvy e poi diretta da Jean Wahl, autore del Trait de Mtaphysique. Ricoeur, che in occasione del centenario dirigeva la Rivista, ha scritto questo articolo al fine di mostrare in che misura egli abbia fatto proprio, nella sua opera, il programma culturale dei fondatori, riassunto sinteticamente nel titolo stesso della Rivista. Prima di illustrare la sua proposta teorica, Ricoeur precisa che i fondatori della rivista non utilizzavano il termine me tafisica secondo unaccezione positiva; per essi, infatti, meta fisica significava essenzialmente antipositivismo. Lepoca a cui risale questa loro impresa culturale era unepoca che vedeva la sociologia e la psicologia liberarsi dalla tutela concettuale della filosofia e sottoporre ad unindagine di tipo scientifico i vari fenomeni del mondo umano. Il primo numero della Rivista, ricorda Ricoeur, recava in testa un articolo di Ravaisson intitolato Mtaphysique et Morale, dove lautore, riprendendo la teoria della polisemia dellessere proposta da Aristotele in Metafisica Epsilon 2, dichiarava di privilegiare, tra le varie significazioni del verbo essere, quella dellessere come atto e potenza. Egli, in questo modo, si distingueva da Brentano, che privilegiava la serie categoriale aperta dalla sostanza, e da Heidegger, che preferi va, al contrario, lessere in quanto vero e falso. Data questa preferenza per lessere come atto e potenza diveniva facile, secondo Ravaisson, il passaggio dalla metafi sica alla morale. Da una metafisica che si corona con la sco perta di un primo principio che dona sino a donare se stesso, pensava Ravaisson, ne deve conseguire una morale della gene rosit. Ricoeur, da parte sua, vede una sorta di corto circuito in questo passaggio cos repentino dalla metafisica alla morale e

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dedica il seguito del suo saggio a mostrare come lui, pur partendo da presupposti molto vicini a quelli di Ravaisson, concepisce invece il passaggio dalla metafisica alla morale come qualcosa di pi complesso. 2.4.1 Ricoeur comincia con una riflessione preliminare sul prefisso meta- di metafisica. Ricoeur, infatti, comprende la metafisica tramite la funzione meta-, che egli definisce attraverso due strategie distinte e complementari, una di gerarchizzazione, laltra d pluralizzazione, dei principi pre sunti od assunti da pensatori di diversa scuola60. La prima strategia ha il suo modello nei dialogi dialettici di Platone (Parmenide, Teeteto, Sofista, Filebo). Essa consiste nel discernere quali siano i principi primi e fondatori e quali invece i principi derivati propri ad una determinata strategia teorica. Questo tipo di ricerca dovrebbe caratterizzare qualsi asi tipo di discorso filosofico, nella misura in cui la filosofia un sapere che mira alla coerenza della propria indagine. La seconda strategia ha, invece, il suo modello nei libri Gamma ed Epsilon 2 della Metafisica, dove Aristotele enuncia la sua concezione dellessente in quanto tale, dispiegando la dizione polisem ica dellessere, situata a met strada tra omonimia e sinonimia. Tra le quattro accezioni dellessere (essere per accidente, essere come vero, essere in quanto serie categoriale facente riferimento alla sostanza, essere in quanto atto e potenza) Ricoeur privilegia la coppia energheia-dynamis, al fine di elu cidare i presupposti ontologici della sua ermeneutica del s. 2.4.2 Nellopera Soi-mme comme un autre Ricoeur aveva sviluppato la problematica del s a diversi livelli: linguistico, prassico, narrativo, morale. Lapparente dispersione, dovuta alla relativa autonomia dei campi di ricerca, era compensata dallinsistenza di ununica domanda, che attraversava tutta lin60 R i c o e u r ,

De la mtaphysique la morale, cit., p. 457.

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chiesta: la domanda relativa al soggetto del linguaggio, del lazione, del racconto e della responsabilit. La domanda re lativa al chi?, inoltre, incontrava, a tutti e quattro i livelli di inchiesta, come unica risposta lasserzione del s. Ricoeur, allora, nellarticolo che stiamo esaminando, indi ca nella funzione unificatrice assegnata tanto alla domanda chi?, che alla risposta s, una prima espressione della funzione meta-, in quanto funzione unificatrice. La funzione meta- trova, inoltre, una seconda espressione nella funzione unificatrice di grado pi elevato assegnata alla categoria inglobante dellagire. Parlare, fare, raccontare, sot tomettersi ad unimputazione, costituiscono, infatti, modi di stinti di un agire fondamentale. Ricoeur, a questo proposito, parla di una sorta di analogia dellagire, senza spingere il senso di questa analogia oltre quello che Wittgenstein chiamava somiglianza di famiglia. Su questa analogia dellagire Ricoeur tenta una riap propriazione dellaccezione aristotelica dellessere come atto e potenza. Questa riappropriazione passa attraverso il concetto heideggeriano di cura e tale passaggio rende ancor pi pro blematica la riappropriazione, dal momento che essa pretende di trasferire il concetto di cura da unontologia basata sulla preferenza accordata allessere come vero, ad unontologia che, al contrario, si basa sulla predilezione dellessere in quanto atto e potenza. Le ragioni di questa scelta a favore dellessere come atto e potenza sono molteplici. Innanzitutto, essa trova una giustificazione a posteriori nellermeneutica del s, poich questa particolare accezione dellessere permette di articolare le presupposizioni del con cetto di analogia dellagire, il quale, a sua volta, costituisce lintermediario tra i diversi registri fenomenologici dellagire (parlare, fare, raccontare, imputare) ed i principi pi elevati della speculazione filosofica. Ricoeur, in questo suo tentativo di dissociare il pi possi bile la dimensione dellenergheia-dynamis da tutte le altre ac cezioni dellessere, si sente erede di una tradizione composita.
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Di questa tradizione fanno parte Spinoza, che nellEthica su bordina il conatus di tutte le entit finite singolari alla potentia della sostanza prima; Leibniz, che nella M onadologia gerarchizza le sfere despressione dellappetizione; Schelling, con la sua teoria delle Potenzen-, Nietzsche, con la teoria della volon t di potenza; Freud, con la teoria della libido; Nabert, con la sua nozione di desiderio dessere e di sforzo per esistere (nozione che viene subordinata, nel suo pensiero, al concetto fichtiano di affermazione originaria). In secondo luogo, oltre a trovare una giustificazione a posteriori nellermeneutica del s, lessere in quanto atto-potenza conferma, a priori, il primato accordato allagire sul piano della fenomenologia ermeneutica. Si produce una sor ta di elezione reciproca tra ontologia dellatto e fenomenologia dellagire 61. Un elemento importante della strategia teorica ricoeuriana costituito dal fenomeno dellattestazione, la quale forma una sorta di architrave, capace di unire tra loro il dominio ontologico e quello fenomenologico-ermeneutico. Lattestazio ne costituisce, infatti, il tipo di credenza e di confidenza che si lega allaffermazione del s come essere agente e (sofferen te)62. Lattestazione, in questo senso, si muove a livello ermeneutico, ma essa, al tempo stesso, si appoggia sulla no zione di essere come atto e potenza. A questo proposito Ricoeur parla di un fondo dellessere al tempo stesso potente ed efficace, sul quale si staglia lagire umano63. Questo fon do, precisa Ricoeur, non va per confuso con il Dio della fede, tuttal pi esso sar il Dio dei filosofi, visto che Aristotele, Spinoza, Leibniz, Ravaisson chiamavano Dio lessere della loro filosofia. Questa distinzione molto importante, perch per mette a Ricoeur di evitare di cadere nelle maglie della critica contemporanea allontoteologia.

61 Ivi, p. 464. a Ivi, p. 465. 63 Ibid. Vedi anche R ico eu r , Soi-mme comme un autre, cit., p. 317.
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2.4.3 Ricoeur individua due punti di congiunzione principali tra la dialettica dello stesso e dellaltro e lermeneutica del s. 2.4.3.1 II primo concerne quella distinzione tra ipseit e medesimezza, che si situa al cuore stesso dellidentit perso nale. Questa distinzione ha una solida base fenomenologica, essa si fonda, infatti, sulle due diverse maniere di rapportarsi al tempo dellidentit personale, ossia sui due modi attraverso cui un nucleo personale manifesta la sua permanenza nel tem po: lipseit e la medesimezza. I criteri didentit che si riferiscono alla medesimezza sono molteplici: lidentit numerica di una stessa cosa attraverso le sue molteplici apparizioni, lidentit qualitativa di due cose che si assomigliano al punto tale da poter essere scambiate e lidentit genetica, che permette di identificare un individuo attraverso le diverse fasi del suo sviluppo. La medesimezza presente nellidentit personale sotto la forma del carattere. Al contrario Ricoeur definisce lipseit come il mantener si di un s a dispetto dei cambiamenti che colpiscono i desi deri e le credenze 64. Le due diverse modalit dellidentit personale si combi nano tra loro nellidentit narrativa. Il racconto, infatti, com prende le azioni sub specie temporis e, dunque, secondo la prospettiva dellintrigo, che conferisce a tutta la storia una sorta di identit narrativa la quale, a sua volta, si comunica dalla storia ai personaggi, che vengono messi in intrigo nella stessa misura in cui lo la storia stessa. II livello narrativo permette, inoltre, di mettere alla prova la dialettica dellipseit e delPalterit, attraverso unesplora zione della scala di variazioni del rapporto tra le due modalit dellidentit. Si pu, infatti, passare da un ricoprimento quasi totale dellipseit da parte del carattere nei racconti e nelle leggende, sino alla completa dissoluzione del carattere in certi romanzi contemporanei.
64 Ivi, p. 467.

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La dialettica delle due modalit dellidentit si sviluppa anche ai livelli linguistico e morale. Al livello linguistico liden tit del locutore durante la successione delle sue enunciazioni dipende essa stessa dallidentit narrativa, sebbene questa non venga tematizzata riflessivamente sotto forma di racconto 6S. Lo stesso avviene per ci che concerne limputazione morale: il fatto di potersi dire autore e responsabile di una certa serie di azioni presuppone una qualche forma didentit. Il livello dellimputazione morale importante anche per il fatto che a questo stadio incontriamo la figura della pro messa, la quale ci fornisce il paradigma dellindentit-ipse, cos come il carattere ci aveva fornito il modello dellidentitidem. 2.4.3.1 II secondo punto di congiunzione tra la dialettica dello stesso e dellaltro e lermeneutica del s costituito dalle diverse figure dellalterit che circoscrivono lo stesso. Come la meta-categoria dellatto e della potenza presiede allanalo gia dellagire, analogia che permette di raccogliere sotto un minimo comun denominatore tutti i modi in cui questo unico agire si esprime, cos la meta-categoria dellaltro svolge una funzione pluralizzante nei confronti delle diverse esperienze di passivit di cui il s affetto. Ricoeur, infatti, individua nella passivit il corrispettivo fenomenologico-ermeneutico di ci che laltro a livello dei grandi generi. A ccanto a q u esta prim a o p p o sizio n e tra funzione unificatrice della categoria dellatto-potenza e funzione di dispersione della categoria dellaltro si pu aggiungere una seconda opposizione, quella tra la funzione di approfondi mento per interiorizzazione, esercitata dalla prima categoria e la funzione di allargamento per esteriorizzazione, esercitata dalla seconda. Affrontando pi da vicino le diverse figure dellalterit, Ricoeur riprende la distinzione fatta in Soi-mme comme un
65 Ivi, p. 468.

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autre tra Palterit della carne, della soggettivit altra e della coscienza. Non mi soffermer sullanalisi svolta in questo saggio da Ricoeur sulle diverse modalit dellalterit, avendo ne gi ampiamente trattato nella parte dedicata allultimo capitolo di Soi-mme comme un autre. 2.4.4 Lultimo tratto di questa riflessione Ricoeur lo dedica ad illustrare le modalit della transizione dalla metafisica alla morale ed il ruolo che, in questa transizione, possono svolge re la funzione meta- e lermeneutica del s. Insistendo tanto sui ponti che sugli steccati che si possono erigere tra questi due domini del sapere, Ricoeur cerca di offrire una visione dialettica del loro rapporto. Il principale impedimento ad una transizione dalla metafisica alla morale determinato dallaffermazione humeiana secondo cui esisterebbe un fossato logico inoltrepassabile tra proposizioni descrittive e prescrittive. Il divieto humeiano , inoltre, riaffermato dai neokantiani tedeschi, che oppongono i giudizi di valore ai giudizi di fatto, e dal positivismo moderno, nella misura in cui esso consacra lequazione tra la nozione di fatto e la nozione di osservabile attraverso i suoi criteri di verificazione. Di fronte a queste difficolt Ricoeur cerca di riconoscere sino in fondo lesistenza del fossato logico evidenziato da Hume, per poi poterne affrontare la traversata in modo non ingenuo. In questo sforzo di transizione dallun campo allal tro Ricoeur individua tre elementi di mediazione: la stima indirizzata alluomo capace, la promessa effettivamente man tenuta ed il giudizio morale in situazione. 1. Tutte le analisi svolte in Soi-mme comme un autre e aventi come filo conduttore la domanda chi? (chi parla?, chi agisce?, chi racconta?, chi imputabile?) possono essere riformulabili secondo il vocabolario della capacit: capacit di parlare, di agire, ecc. Ci rappresenta unacquisizione impor tante, perch il soggetto dellagire accessibile ad una quali ficazione morale solo in quanto esso capace-di.

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Il tema delluomo capace permette di individuare un dupli ce punto di passaggio dalla metafisica alla morale. Il primo punto di passaggio viene alla luce se si disposti a considerare le varie figure dellagire (parlare, fare ecc.) non come figure disposte secondo unenumerazione casuale, ma come una serie teleologicamente ordinata e gerarchizzata. In questo caso limputazione costituisce il punto in cui la fenomenologia confina con la morale. Il confine tra feno menologia e morale risulta varcato quando limputazione vie ne qualificata come imputazione morale, per il fatto che lazio ne ed il suo soggetto vengono posti sotto i predicati dellob bligatorio, del lecito e dellillecito. Ma, nella misura in cui questa predicazione non ancora venuta, limputazione rima ne al di qua della morale. La figura dellimputazione permet te, dunque, di rendere oltrepassabile lo scarto tra fenomeno logia e morale, senza tuttavia abolirlo. Se il primo punto di passaggio viene portato alla luce dal movimento che la fenomenologia compie in direzione della morale, il secondo emerge dal movimento inverso. Ricoeur pone una distinzione tra etica e morale. Mentre infatti la morale manterrebbe un riferimento allobbligazione, letica, al contrario, sarebbe definita dai predicati di buono e di cattivo. Questa distinzione permette a Ricoeur di attribuire unanteriorit concettuale alletica, in quanto il desiderio di vivere bene, che caratterizza letica, precede lobbligazione e linterdizione, che caratterizzano invece la morale. Il passag gio dalla teleologia, propria alla dimensione etica, alla deontologia, che caratterizza il fenomeno morale, un pas saggio che avviene in seguito ad unirruzione della violenza nei rapporti umani. L etica costituisce, allora, il secondo punto di passaggio dalla fenomenologia alla morale, se si considera che la nozio ne di disposizione etica, a cui lEtica nicomachea attribuisce il nome di hexis, estremamente prossima al concetto kantiano di disposizione naturale alla moralit, concetto che una semplice indagine fenomenologica pu portare alla luce.

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2. Un altro luogo in cui si verifica lincontro tra metafisica e morale costituito dal quel territorio di confine che si situa tra narrativit e moralit. La fiction letteraria e limmaginazione narrativa devono, certamente, essere tenute al riparo da qualsiasi censura mora le. Ciononostante, occorre osservare che letica e la morale sono inevitabilmente implicate nella narrativa, nella misura in cui i racconti trattano di una serie di vicende e di situazioni in cui vengono implicati i concetti di vita buona, di bene e di male, di innocenza e di colpa, ecc. Inoltre la fiction contribu isce alla rifigurazione del mondo del lettore, prospettandogli possibilit inimmaginate, nuove modalit dellesistenza, con delle inevitabili conseguenze a livello morale, almeno per ci che concerne lampiezza del ventaglio delle scelte possibili prospettate al lettore. La promessa, in quanto modello delliden tit-/^, rappre senta un ulteriore punto di contatto tra metafisica e morale. La promessa, a livello premorale, costituisce infatti un performativo di un certo tipo, perfettamente includibile allinterno di una te oria generale degli atti di discorso. Altra cosa lobbligo morale di mantenere le proprie promesse, al cui livello si ormai varcata la soglia del mondo morale. Ciononostante, la distinzione tra questi due livelli della promessa rimane molto sottile e quasi impercettibile, ragion per cui, anche attraverso la promessa, lo scarto tra metafisica e morale viene ancora una volta reso oltrepassabile, senza essere, per altro, abolito. 3. Anche relativamente alla coscienza possibile distingue re un livello premorale da un livello morale. La coscienza costituisce innanzitutto quel foro interiore allinterno del qua le si svolge il dialogo con se stessi. Lesame di coscienza, ad esempio, ha come primo livello lanalisi delle cose che dipen dono da noi e di quelle che non dipendono da noi e, a questo livello, non si ancora superata la soglia della moralit, perch la messa sotto esame non significa ancora condanna (questo, tra laltro, costituisce uno dei concetti pi elementari del di ritto).
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a livello del giudizio morale in situazione, e non del giudizio morale che rivendica luniversalit, che si opera la congiunzione tra semplice messa in esame ed incolpazione o discolpazione. A questo proposito occorre ricordare che Ricoeur intende per giudizio morale in situazione quel giudi zio che si pu avere quando ci si investe nel tragico dellazio ne, mirando alla prospettiva della vita buona e avendo supe rato e conservato, allo stesso tempo, il livello delle norme universali della morale. A questo livello la giustizia diventa equit. 2.5 Esodo 3.14 AlPinterno dellopera scritta a due mani da Ricoeur ed Andr Lacocque, dal titolo Penser la Bible, compare un saggio di Paul Ricoeur dal titolo De linterprtation la traduction. In questo saggio il nostro autore conduce una ricerca che riveste senzaltro un grande interesse per il nostro studio, perch, attraverso di essa, egli opera un confronto tra il senso greco ed il senso biblico del verbo essere. Lintento di Ricoeur non , qui, quello di opporre le due tradizioni, per privilegiar ne una a scapito dellaltra, come pi volte e da pi parti stato fatto, ma quella di mostrare che il senso dellessere viene concepito nella Bibbia in unaccezione insospettata dalla filo sofia greca, ossia, essenzialmente, come essere-con. In questo senso si pu parlare della possibilit di un allargamento del senso greco dellessere, tramite la nozione dellessere propria alla tradizione giudaica. Premessa Ricoeur inizia il suo saggio sottolineando la difficolt le gata alla traduzione di Esodo 3,14, passo che nella versione ebraica suona Ehyeh aser ehyeh. Egli, poi, rileva che la tra duzione greca di questo passo ha costituito un evento di pen siero decisivo per la storia della nostra cultura. E, infatti, a partire da quellevento che il campo semantico del verbo ebraico hyh si trovato congiunto in maniera duratura con il
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campo semantico del verbo greco einai, poi del verbo latino esse 6. Si consideri questo incontro provvido o funesto, non si pu comunque far s che esso non abbia avuto luogo e che non abbia condizionato la nostra identit culturale e spirituale. Da questa premessa Ricoeur desume il seguente assioma: tradurre gi, di per s, interpretare. Con questa dichiarazio ne egli non intende affatto criticare lesegesi scientifica o negarne la possibilit, ma semplicemente ricordare il fatto che non esiste esegesi senza storia e che non possibile attingere il significato originale del testo o lintenzione presunta del suo autore a prescindere da tutta una tradizione di lettura. 2.5.1 Gli enigmi del testo 1. Ricoeur nota, innanzitutto, che esiste un grosso scarto tra Esodo 3,14 e tutte quelle formule in cui al soggetto divino attribuito il nome y h w h , senza la mediazione di un che faccia da copula. Ci che pi impressiona , inoltre, il fatto che la copula in ebraico rarissima, se non addirittura inesi stente: per questo, infatti, Yehyeh di Esodo 3,14 risulta cos insolito. A ci si aggiunga anche che il verbo ehyeh viene sdoppiato in modo tale che il secondo di essi si trova a svol gere una funzione predicativa, mentre il primo, alla prima persona dellindicativo singolare, posto come soggetto. Per questi motivi Ricoeur mette in dubbio che le traduzioni mo derne possano far economia del verbo essere o di forme ver bali appartenenti allo stesso campo semantico. 2. Un secondo problema determinato dal fatto che la proposizione che stiamo considerando inserita nel quadro narrativo di un racconto di vocazione ed quindi solidale con tutte le formule d invio, missione, mandato che compongono il racconto. Di qui due possibilit: o si considera la formula di Esodo 3,14 come perfettamente inserita nel contesto da cui

66 R ic o e u r, De linterprtation la traduction, cit., p. 335.

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proviene, oppure si vede in essa uneccedenza rispetto al quadro narrativo del racconto di vocazione. Nel primo caso si ha una lettura minimizzante, che vede nella formula di Esodo 3,14 semplicemente unespansione enfatica dellautopresentazione di Dio, che ha come scopo quello di rinforzare, attraverso listanza retorica costituita dalla catena degli ehyeh, lautorit del profeta mandato e quella del Dio che manda. Nel secondo caso si ha una lettura amplificante, che sot tolinea il fatto che nessun altro racconto di vocazione sia ricorso al ricco campo semantico a cui appartiene il triplo Ehyeh. Secondo questa prospettiva, che quella che Ricoeur condivide, la formula eccede il suo contesto e la sua funzione, creando, cos, una situazione ermeneutica eccezionale, che apre ad una pluralit di interpretazioni del verbo che qui viene impiegato. 3. Il ruolo iniziale esercitato dalla traduzione greca e lati na dei Lxx stato quello di una giudaicizzazione della cultura greca, oltre che di unellenizzazione della cultura giudaica. Innanzitutto, va ricordato che nella traduzione greca Dio si designa con queste parole: ego eimi ho on, dove compare il maschile ho on e non il neutro to on, pi usuale nel linguag gio filosofico. Qui, allora, si ha levocazione del Dio persona le di Israele, proprio nel mentre si usa una forma verbale carica della tradizione di pensiero ellenica. Inoltre, nella for mula di Esodo 3,14 risuonano sia lopposizione ebraica, che separa il Dio di Israele dai falsi di, sia lopposizione greca, che separa lessere dal nulla. Ci che comunque ha maggiormente contribuito allac climatazione delle/m greco in terra biblica stato, senza dubbio, il Nuovo Testamento, scritto e pubblicato in greco. Vi , infatti, nel Nuovo Testamento, sia il contributo del vocabo lario dell 'Apocalisse, dove Dio viene per cinque volte definito Colui che , che era e che viene (1,4;1,8;11,17;16,5;4,8), sia del Vangelo di Giovanni, dove troviamo scritto: Prima che Abramo fosse Io sono (Giov. 8,58).
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Il verbo greco einai non portava affatto con s luniversa lit di una nozione indiscutibile, ma lequivocit di una nozio ne polivoca dellessere. Perch, allora, non poter pensare lo stesso dell,ehyeh ebraico? Probabilmente la formula di Esodo 3,14 suonava enigmatica gi agli antichi ebrei, probabilmente anche per loro essa racchiudeva il doppio enigma di una rivelazione positiva (esistenza, efficacia, fedelt, accompagna mento nella storia) e di una rivelazione negativa, concernente lineffabilit divina ed equivalente ad una ritrazione di Dio nellincognito. Forse lautore di Esodo ha elevato ad una dignit insolita un verbo della lingua corrente, cos come i filosofi greci avevano fatto con il loro einai. In questo modo Esodo 3,14 avrebbe aggiunto alla polisemia del verbo essere una regione inedita di significazione. 2.5.2 Dio e lessere: la coppia Agostino-Pseudo Dionigi Noi viviamo lepoca che ha visto la messa in questione radicale di ci che, a partire dalla patristica greca e latina sino a Leibniz e Wolff, veniva considerato come dato acquisito, cio della convinzione che il Dio di Mos e lessere della filosofia greca si congiungessero, senza confondersi, nellintel ligenza della fede. Ricoeur, allora, osserva che, prima di denunciare questo incontro epocale come scandaloso, ci si dovrebbe, perlomeno, porre la domanda relativa al perch di un consenso cos ampio e durevole nel corso dei secoli. Relativamene a tutta la tradizione che ha esercitato questo consenso Ricoeur fa due osservazioni preliminari. La prima consiste nel rilevare che nessuno di questi autori ha dubitato del fatto che Dio stesso abbia pronunciato la nota dichiarazione. La seconda, invece, ci avverte del fatto che nessuno dei Padri o dei grandi scolastici ha mai pensato che la speculazio ne sullessere fosse in grado di svelare lessenza divina. Les sere il nome di Dio, ma lessere indefinibile.

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Su questo la patristica e la scolastica sono state istruite dalla spiritualit neoplatonica, veicolata dallo Pseudo Dionigi Aeropagita. Alla dottrina apofatica si per sempre affiancata la dottrina dellanalogia, secondo la quale possibile pensare positivamente lessere, attraverso lastrazione razionale, che dalle perfezioni create risale alle perfezioni increate. Le due dottrine, infatti, si presuppongono a vicenda: lapofasi si ap poggia sullanalogia, perch nega qualcosa che ci si rappre sentati attraverso lanalogia, mentre lanalogia, a sua volta, si appoggia sullapofasi, perch lelevazione per via deminenza presuppone la negazione di ci che viene ordinariamente af fermato a proposito di certi attributi. Se i Lxx hanno inaugurato linterpretazione ontologica di Esodo 3,14 e Filone dAlessandria lha consacrata, mentre i Padri greci e latini lhanno trasmessa, , invece, toccato ad Agostino il compito di iscrivere questa esegesi allinterno di unontologia inglobante. Agostino non si poneva il problema, proprio dei dottori del xn e xni secolo, di gerarchizzare di scorso teologico e filosofico: egli concepiva la fede come inestricabilente congiunta ad una ricerca di intellegibilit e la ricerca razionale come inseparabile da unascesa spirituale. Agostino utilizza i termini di vere esse o di ipsum esse per designare ci che Gilson definisce come latto sussistente di esistere, nozione che viene accuratamente distinta dallessere in quanto essere, comune a tutte le cose che esistono. Questo essere, concepito come limmutabile, viene conquistato al ter mine di unascensione graduale che ha lesperienza del cam biamento come punto di partenza. Lessere immutabile, la cui natura profonda rimane inconoscibile, rappresenta, secondo Agostino, sia il senso della suprema essenza dei filosofi che il contenuto dellautoattribuzione divina nella formula di Esodo 3,14. Il linguaggio dellontologia, allora, per povero che sia, in grado di dire Dio. Nonostante le molteplici differenze Agostino e lo Pseudo Dionigi si accomunano su di un punto essenziale: la concezio199

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ne gerarchica delluniverso. La conoscenza di Dio che ci pro cura il percorso dei gradi dellordine cosmico consiste in un equilibrio fragile tra teologia negativa e teologia positiva, dove, per, luna o laltra possono trovarsi ad acquisire la suprema zia. Nello Pseudo Dionigi e in tutta la tradizione neoplatonica la teologia apofatica a prevalere, perch lUno trascende l essere, inteso come luogo degli intelligibili, mentre in Agostino prevale la teologia catafatica, perch egli sottolinea, piuttosto, la trascendenza dellessere agli esseri. Logicamente le due cose possono coincidere, ma non spiritualmente, per ch mentre la via negativa ha maggiori affinit con la mistica unitiva, la via eminentiae si pone piuttosto al servizio della speculazione dimostrativa e dellintelligenza della fede.
2.5.3 I medioevali

Ricoeur sottolinea tre tratti della scolastica latina dellet doro (fine x i i e xm secolo). Innanzitutto, si fa sempre pi chiara la distinzione tra speculazione teologica ed ermeneutica biblica e la filosofia tende, allora, ad evitare qualsiasi riferimento allautoaffermazione dellEssere di Dio secondo Esodo 3,14, che non sia una pura conferma estrinseca. In secondo luogo, la domanda relativa allessere rimane una domanda in cui il che cos? continua a rimanere ammantato dal chi ?. Questo, secondo Ricoeur, testimonierebbe che, comunque, la cristianizzazione dellellenismo si rivelata pi forte dellellenizzazione del cristianesimo. Infine, continua a costituire un problema il rapporto tra il Dio uno e semplice e il discorso trinitario. Dunque, se per quanto riguarda il suo primo tratto, si pu dire che la scolastica medioevale tende a marginalizzare la formula di Esodo 3,14, non altrettanto si pu dire per ci che concerne il secondo e il terzo tratto. Questi tre tratti permettono di accomunare pensatori tan to diversi quali Bonaventura, Alberto M agno, Tommaso dAquino, Duns Scoto, separandoli da Anseimo dAosta, il
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quale ha osato dare una definizione che pretende di raccogliere e riassumere lessenziale dellessenza divina. In tale ottica non ha pi alcun senso il ricorso confermatorio allautodesignazione di Dio in Esodo 3,14. Tommaso dAquino ha spinto sino allestremo la purificazione concettuale dellIpsum esse, sino ad identificarlo con Patto puro dessere. In Tommaso le citazioni di Esodo 3,14 rivestono un ruolo poco pi che ornamentale, mentre la celebre formula viene interpretata come affermazione dellidentit in Dio di essere ed essenza, affermazione che viene subito mitigata dal lammissione dellimpossibilit di una concettualizzazione del lessenza divina. Le cinque vie tommasiane, infatti, conducono allaffermazione dellesistenza di Dio e non alla conoscenza della sua essenza. La domanda intorno allesistenza di Dio , evidentemente, frutto del nuovo metodo filosofico, perch mai un teologo si sarebbe posto la dom anda relativa a llesistenza e alla dimostrabilit dellesistenza di Dio. Giunto a questo punto Ricoeur pone la domanda che d senso a tutta la ricerca che sta svolgendo:
questa convergenza senza fusione tra il versetto biblico e lontologismo ereditato dai Greci - con il suo correttivo apofatico - rappresenta una aberrazione intellettuale, come si dice mol to spesso oggi, sia nel campo dei teologi che in quello dei filo sofi? 67

Prima di rispondere a questa domanda, nel paragrafo suc cessivo, Ricoeur rievoca lespressione gilsoniana di metafisica dellEsodo, espressione utilizzata dal grande medievalista fran cese nelle sue Gifford Lectures (1931), poi raccolte nel volu me dal titolo LEsprit de la philosophie mdivale. Gilson, in questo scritto, osserva che nulla nella filosofia greca poteva condurre ad un monoteismo paragonabile a quello degli ebrei,

67 Ivi, p. 360.

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in cui Dio concepito come unico ed autore di tutto ci che esiste. Secondo Gilson senza Esodo 3,14 i filosofi non avreb bero mai avuto accesso allidea secondo la quale lEssere co stituisce il nome proprio di Dio e ne indica lessenza. Gilson, senza affermare una fusione completa tra rivelazione e filoso fia, parla di un accordo naturale prodottosi tra la filosofia neoplatonica e la fede cristiana, accordo che permette di poter parlare di una filosofia cristiana. Nel 1978 Gilson ritorna sulla questione 68, dopo la critica heideggeriana alla metafisica occidentale. La risposta ad Heidegger consiste nel rilevare che la critica dellontologia classica, inaugurata da Kant, stata resa possibile dal tradimento operato dalla scolastica tardiva e moderna dellequazione tra Essere ed Atto puro desistere, tradimento che ha reso possibile largomento ontologico di Anseimo e Cartesio. Gilson, inoltre, concede che lavvicina mento tra il Dio delle Scritture e lEssere della filosofia abbia potuto costituire un evento contingente e speculativamente fragile. Infine, Gilson afferma che occorre risalire a Parmenide per trovare una nozione dellessere sufficientemente pura da poter essere coniugata con lAtto puro dEsistere. 2.5.4. Il processo dellontoteologia Latto di rottura dellequazione tra Dio ed Essere ha due versanti: quello filosofico e quello teologico. Ricoeur affronta dapprima quello filosofico. Heidegger ha affermato che il vero pensiero dellessere esclude la metafisica e la fede cristiana, nella misura in cui queste hanno condotto ad un Dio che non lessere, ma lEssente supremo. Il tema centrale della filosofia heideggeriana diventa, allora, quello della differenza tra lessere e gli enti, compreso lEnte supremo. Ricoeur individua tre limiti fondamentali nella posizione heideggeriana: dato riscontrare, in primo luogo, unindebita
68 Lo scritto apparso nellopera postuma dal titolo Constantes Philoso

phiques de lEtre, Paris, 1983.

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riduzione di tutta la storia della metafisica alla versione scola stica tardiva, la quale pu, effettivamente, dar luogo ad una confusione tra essere ed ente; Heidegger ignora, inoltre, il ruolo dellapofatismo, che abbiamo visto situarsi al cuore dellontologia medievale; infine, non viene preso in conside razione da Heidegger il fatto che Tommaso pone lAtto des sere sopra tutti gli enti. Non vi sono dubbi, secondo Ricoeur, che la fede in Dio abbia sostenuto il lavoro attraverso cui il pensiero si sforzava di elevare lEssere al di sopra dellente e, in questo senso, si pu dire che lontologia tomistica autentica non risponde al criterio infamante dellontoteologia69. La dissociazione tra Dio ed Essere appare allo spirito con temporaneo come effetto secondario di una rottura pi radi cale, determinata da quellevento che Nietzsche aveva definito morte di Dio. Heidegger stesso aveva interpretato la procla mazione nietzscheana come indicante la morte del Dio della metafisica e aveva intravisto, al di l di questa morte, un pensiero dellEssere post-cristiano, alimentato dalla poesia filosofante illustrata da Hlderlin e fortemente caratterizzato in senso neopagano. Il versante teologico della rottura tra Dio ed essere costituito da tutte quelle forme della teologia contemporanea che cercano di rielaborare un nuovo sapere teologico, a par tire da tutto ci che permette di differenziare le categorie del pensiero giudaico da quelle delPellenismo. A questo processo hanno fornito il loro contributo noti filosofi contemporanei quali Emmanuel Lvinas e Jean-Luc Marion. Lvinas oppone radicalmente il pensiero dellEssere, che egli concepisce come condannato a totalizzare lesperienza, a scapito della differenza originaria costituita dal sorgere del volto daltri nel mio campo desperienza, e la dimensione

49 R i c o e u r ,

De l'interprtation la traduction,

c i t ., p .

365.

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etica, costituita dalla testimonianza e dalla Rivelazione. nel listanza etica, costituita dal volto daltri, che, secondo Lvinas, vi pu essere una traccia del Dio della Torah, che instaura la mia responsabilit. Quella che Lvinas propone , in sostanza, unetica senza ontologia. Il pi brillante tra i nuovi filosofi-teologi che fanno eco a Lvinas , a detta di Ricoeur, Jean-Luc Marion, che interpreta la proclamazione nietzscheana della morte di Dio come proclamazione della morte dei nomi sino ad ora cono sciuti di Dio. Lateismo concettuale ha mostrato, secondo Marion, limpossibilit di una determinazione concettuale di Dio, nella quale il teologo pu intrawedere una sorta di ido latria (lidolatria concettuale). Lessere, secondo Marion, sa rebbe una di queste determinazioni concettuali, la quale avreb be, inoltre, il torto di costituire una rappresentazione blasfema di Dio. Marion, infatti, riprende la critica heideggeriana al ruolo di schermo esercitato dalla rappresentazione. Non re sterebbe, allora, secondo Marion, che riprendere la definizio ne giovannea di Dio come amore, ricongiungendosi, cos, a tutta quella tradizione della patristica e della filosofia medie vale che vede nel Bene anzich nellEssere il primo nome di Dio. Marion ritiene che non si possa sottomettere Do ad un criterio desistenza, a delle condizioni di possibilit e ad unal ternativa tra essere e non essere, ovverosia ad un principio di ragione di cui noi siamo i padroni. 2.5.5. La proposta di Ricoeur Ricoeur ammette che la logica della sovrabbondanza e dellamore, evocata dalla Bibbia, faccia appello ad una logica del paradosso e ad una retorica delliperbole, ma egli resta convinto che questa logica e questa retorica non possano, in alcun modo, rinforzare una prospettiva di tipo irrazionalistico. Ci che viene richiesto dalla prospettiva dellamore non un sacrificio intellettuale, ma unaltra ragione. Una teologia dellamore che rifiutasse lontologia non sa rebbe capace, secondo Ricoeur, di legare un nuovo patto con la ragione occidentale, raggiungendo la filosofia nel luogo della
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sua crisi e dellautocritica delle proprie pretese totalizzanti e fondazionali. Occorre, secondo Ricoeur, stringere un nuovo patto tra teologia e ragione occidentale, che sia in grado di sopportare il paragone con quello a suo tempo annodato con il neoplatonismo ed il neoaristotelismo durante il Medioevo. Senza questo nuovo patto il pensiero giudaico-cristiano non farebbe altro che provocare la propria disinculturazione e, di conseguenza, la propria marginalizzazione. Concludendo questo suo studio Ricoeur pone tre proble mi, relativi allimpiego in teologia di Esodo 3,14, dopo la critica heideggeriana e nietzscheana. Il primo solleva la questione del rapporto tra la formula giovannea, che identifica Dio e amore, e la formula di Deu teronomio, che dice: Ascolta, Israele: y h w h nostro Dio il solo y h w h . Secondo Ricoeur occorre andare dalla proposi zione che afferma che Dio uno alla proposizione che affer ma che Dio amore, perch Giovanni non fa altro che svilup pare, attraverso le risorse della metafora, della dialettica e della narrativizzazione, le proclamazioni di Esodo e di Deute ronomio. Il secondo concerne, invece, il rapporto tra lo ehyeh ebrai co e Yeinai greco. Ricoeur, in questo caso, formula lipotesi che lehyeh ebraico introduca unespansione di senso, che ar ricchirebbe la polisemia, gi molto ampia, anche se cultu ralmente limitata, del verbo greco ena. Se lessere, come ci ha insegnato Aristotele, si dice in molti modi, si pu pensare che gli ebrei labbiano detto in un modo nuovo. Il terzo riguarda, infine, la possibilit di tradurre Esodo 3,14 senza ricorrere al verbo essere. Ricoeur tenderebbe ad escludere questa possibilit, perch, di fatto, tutte le traduzio ni alternative proposte non sono consistite in altro che in parafrasi o commentari, che alla fine sono giunti al semplice risultato di restituirci la ricchezza di senso del verbo essere, ma non a quello di eliminarne luso nella traduzione del passo di Esodo.

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2. TERZO BILANCIO PROVVISORIO

1. Premessa Dallanalisi dei testi che Ricoeur ha dedicato allontologia apparsa chiara lopzione preferenziale che egli fa a favore di unontologia dellatto. Questa scelta mi pare decisiva e meri tevole di alcune considerazioni. A tal proposito vorrei, innanzitutto, rilevare la matrice aristotelica della nozione di essere come atto (dynamisjenergheia), che Ricoeur puntualmente oppone alla nozione di essere in quanto sostanza, anchessa di matrice aristotelica. Ci che in vece risulta anti-aristotelico lopzione rispetto ad unalterna tiva e, questo, per almeno due motivi: 1. Perch Aristotele tratta le due dottrine come due lati dello stesso 70.

70 stato infatti autorevolmente notato, sulla base dellanalisi dei libri Zeta ed Et della Metafisica aristotelica, che si pu parlare, in Aristotele, di una identificazione dellatto con la sostanza. A tal proposito si veda E. B er ti , II concetto di atto nella Metafsica di Aristotele, in M. S a n c h e z S o r o n d o (a cura di) L'atto aristotelico e le sue ermeneutiche, Roma, 1990, pp. 43-61. Afferma infatti Berti: Lidentificazione della materia con la potenza e della sostanza prima, cio della forma, con latto, serve proprio ad affermare questo carattere di attualit, di effettivit, cio di esistenza reale, che Aristotele intende attribu ire al significato principale dellessere. Se cos non fosse, non ci sarebbe stato alcun bisogno di aggiungere alla trattazione dellessere inteso secondo le cate gorie, cio principalmente della sostanza e della sua composizione di materia e forma, contenuta nei libri Zeta ed Et, la trattazione dellessere secondo la potenza e latto, contenuta nel libro Theta, nella quale invece si completa e culmina la trattazione dei significati fondamentali dellessere. Ci confermato, del resto, anche dal De anima, dove non solo Aristotele ricorre al concetto di

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2. Perch dal testo aristotelico emerge, piuttosto, lidea di una primariet dellessere in quanto ousia sulle altre signi ficazioni dellessere 71.
atto per definire lanima, gi definita come forma del corpo (De an. il 1, 412 a 19-22), ma aggiunge che il concetto di atto il significato principale tra i molti che sono propri dellessere e delluno (412 b 8-9). Ivi, pp.55-56. 71 M olte ricostruzioni storiche del pensiero aristotelico hanno persua sivamente messo in evidenza lintima connessione istituita da Aristotele tra le diverse significazioni dellessere e la priorit accordata allessere come sostanza sulle altre. Giovanni Reale (Vedi G. R eale , Storia della filosofia antica, Milano, 1975, voi. il, pp. 411-424), ad esempio, dopo aver affermato che la base dellontologia aristotelica costituita dallaffermazione delloriginaria molteplicit dei signifi cati dellessere, cita il celebre passo aristotelico in cui viene formulata la teoria dellanalogia dellessere: Lessere si dice in molteplici significati, ma sempre in riferimento ad ununit e ad una realt determinata. Lessere, quindi, non si dice per mera omonimia, ma nello stesso modo in cui diciamo sano tutto ci che si riferisce alla salute: o in quanto la conserva, o in quanto la produce, o in quanto ne sintomo, o in quanto in grado di riceverla; o anche nel modo in cui diciamo medico tutto ci che si riferisce alla medicina: o in quanto possiede la me dicina o in quanto ad essa per natura ben disposto, o in quanto opera della medicina; e potremmo addurre ancora altri esempi di cose che si dicono nello stesso modo di queste. Cos, dunque, anche lessere si dice in molti sensi, ma tutti in riferimento ad un unico principio (R eale , Storia della filosofia antica, cit., pp. 412-413. Il testo aristotelico quello di Metafisica, Gamma 2, 1003 a 33-b 6). Reale prosegue affrontando la questione relativa allindividuazione di que sto principio e cita un altro passo che troviamo poco pi avanti nellopera aristotelica: Cos, dunque, anche lessere si dice in molti sensi, ma tutti in riferimento ad un unico principio: alcune cose sono dette esseri perch sono sostanze, altre perch sono affezioni della sostanza, altre perch sono vie che portano alla sostanza, oppure perch corruzioni o privazioni o qualit o cause produttrici o generatrici sia della sostanza, sia di ci che si riferisce alla sostanza, o perch negazioni di qualcuna di queste, ovvero della sostanza. Ivi, pp. 413-414. Il passo di Aristotele si trova in Metafisica, Gamma 2, 1003 b 5-10. Proseguendo nella sua analisi della teoria aristotelica della polisemia del lessere, Reale cita la tavola dei significati dellessere, introdotta da Aristotele in Metafisica Delta 7 e in Metafisica Epsilon 2-4. In questi testi Aristotele distingue quattro gruppi di significati dellessere: a) Lessere nel senso dellaccidente. b) Lessere per s, opposto allessere accidentale e composto dalle varie categorie facenti capo alla sostanza. c) Lessere come vero, a cui viene contrapposto il non essere come falso, ossia lessere logico, lessere del giudizio vero o falso. d) Lessere come potenza e atto, che si estende a tutti i significati sopra distinti.

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M i sembra, tuttavia, che lobiettivo polemico di Ricoeur non sia tanto la dottrina della sostanza cos come essa viene formulata da Aristotele, ma la medesima dottrina secondo la lettura fattane dalla tradizione tardo-scolastica, a partire da Suarez. Per Aristotele, infatti, la sostanza vivente, cio la vita, non altro che lazione che ha il fine in s - lo stesso che praxis teleia[\]; non, dunque, limmobilit della morte, ma la formidabile mobilit di chi tiene in scacco permanente la

A proposito dellessere come potenza ed atto Reale osserva: Un punto resta chiarissimo: lessere come potenza e lessere come atto (che sono raccolti in un solo gruppo, perch s comprendono e si calibrano solo in funzione luno dellaltro) non esistono fuori o oltre le categorie, ma sono modi di essere che si appoggiano allessere stesso delle categorie, si estendono secondo tutta la tavola delle categorie e sono diversi secondo che si appoggino alle diverse figure delle categorie. Ivi, p. 421. Ricapitolando i risultati delle sue analisi sulla teoria aristotelica dellessere Reale molto preciso nellaffermare la priorit dellessere in quanto sostanza sugli altri significati dellessere: Si dimostrato che i quattro significati dellessere sono, in realt, quattro gruppi di significati, facenti capo, tutti quanti, al primo, cio alle categorie. Lessere come potenza e atto ha luogo secondo le diverse categorie e solo secondo esse; esso non sussiste fuori di esse o oltre esse. Lessere come vero, che consiste nelloperazione mentale del congiungere e del dividere, non pu che basarsi sulle categorie, che sono, appunto, ci che viene unito o disgiunto. Infine anche lessere accidentale si fonda sullessere categoriale e non che unaccidentale affezione o un accadimento secondo le varie figure delle catego rie. Dunque: tutti i significati dellessere presuppongono lessere delle categorie; ma - e questo un punto gi pi volte emerso e che ora venuto il momento di approfondire - le varie categorie, a loro volta, non stanno tutte sul medesimo piano; fra la sostanza e le altre categorie c una differenza radicale, una dif ferenza in qualche modo assimilabile a quella che c fra le categorie in generale e gli altri significati dellessere. Tutti i significati dellessere presuppongono lessere delle categorie; a sua volta, lessere delle categorie dipende interamente dallessere della prima categoria, ossia dalla sostanza. Se, dunque, tutti i significati dellessere suppongono lessere delle catego rie, e se, a sua volta, lessere delle categorie suppone lessere della prima e su questo interamente si fonda, evidente che la domanda radicale sul senso dellessere andr incentrata sulla sostanza (ivi, pp. 423-424). A conferma di quanto detto Reale cita il seguente passo di Aristotele: E in verit, ci che dai tempi antichi, cos come ora e sempre, costituisce leterno oggetto di ricerca e leterno problema: che cos lessere?, equivale a questo: che cos la sostanza? [...]; perci anche noi, principalmente, fon damentalmente e unicamente, per cos dire, dobbiamo esaminare che cos les sere inteso in questo significato. Ivi, p. 424. Il passo citato si trova in Aristotele, Metafisica, Zeta 1, 1028 b 2-7.

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morte, perch la domina. Latto , altrettanto, per Aristotele, la permanenza dellessere nella sua capacit di togliere le in sidie del negativo. Di questo in parte convinto anche Ricoeur che in Sotmme comme un autre afferma:
Certo, ci che abbiamo attaccato, a proposito dellopposizione tra ipseit e medesimezza, pi il sostanzialismo della tradizione (alla quale Kant continua ad appartenere attraverso la prima Analogia dellesperienza) che non Yousia aristotelica, che a quello non si lascia ridurre. 72

Tuttavia rimangono, in Ricoeur, delle perplessit anche relati vamente ad Aristotele:


Resta che, quale che sia la possibilit di liberare ugualmente Yousia aristotelica dalle catene della tradizione scolastica nata dalla sua traduzione latina con substantia, Aristotele sembra maggiormente preoccupato di far intersecare piuttosto che di dissociare le significazioni connesse rispettivamente alla coppia enrgheia-dynamis e alla serie delle accezioni aperta dalla nozio ne di ousia. 73

Ci che risulta decisivo, a mio parere, tra le cose che Ricoeur afferma nel passo citato il riferimento alla traduzio ne del termine greco ousia nel termine latino substantia. Questa traduzione avrebbe il demerito di aver ristretto i signi ficati &Yousia aristotelica, riducendo la sostanza alla me desimezza, al sostrato che rimane sempre uguale a s. In questo senso sarebbe possibile recuperare il significato originario della ousia aristotelica, al di l del concetto di sostanza, e salvare, per questa via, Aristotele dalla critica che Ricoeur rivolge allontologia della sostanza. La sostanza stata da sempre caratterizzata in rapporto a degli accidenti e dunque a degli attributi mobili. In questo modo essa ha assunto le caratteristiche di qualcosa che rimane sempre uguale a s, mentre i suoi accidenti cambiano. Gli

72 P. R ic o eu r , Soi-mme comme un autre, Paris, 1990, p . 354. 73 Ivi, pp. 354-355.

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accidenti cambiano, ma lessere rimane e, dunque, pu essere identificato come il sostrato che permane sempre uguale a se medesimo. In questo senso il termine greco ousia stato mal tradotto con il termine latino substantia: concepita nel modo che abbiamo detto la substantia avrebbe come corrispettivo greco Vhypokeimenon, mentre Vousia andrebbe resa, piutto sto, con il termine e n s74. Ricoeur, dunque, prende le distanze dallinterpretazione latina dell "ousia aristotelica e comprende il senso di questo concetto greco nei termini dellinterpretazione che ne ha dato la filosofia analitica: Yousia ci che non si presenta mai come predicato, che sempre soggetto. Uousia , semplicemente, un essere singolare e gli esseri singolari appartengono, essenzialmente, a tre categorie. Vi sono, innanzitutto, i pro nomi deittici (io, tu, questo, quello, deittici di spazio, deittici di tempo, deittici dimostrativi, deittici dellappel lazione), ossia ci che si pu mostrare. In secondo luogo abbiamo i nomi propri e, infine, le caratterizzazioni definite (il primo uomo che ha camminato sulla luna ecc.), le quali sono degli equivalenti dei nomi propri. Ci che si pu osservare che il recupero di unontologia dellatto ha unimportante funzione strategica nei confronti dellantimetafisica contemporanea. Le critiche allontologia si sono sempre appuntate, infatti, contro il suo vero o presunto sostanzialismo. Ora, la proposta di unontologia dellatto ha come scopo quello di sfuggire a tali critiche. Risulta interessante, inoltre, il recupero della tradizione moderna nel quadro della riscoperta dellessere come atto. A questo proposito, comunque, andrebbe rilevata unimportan te differenza tra i concetti aristotelici di atto e di potenza ed

74 II termine latino ens, non rappresenta lesatto calco del termine greco ousia. Tuttavia, poich il termine latino essentia, attraverso luso fattone dalla tradizione, ha subito una certa curvatura essenzialistica, sembra pi opportuno, secondo Ricoeur, tradurre ousia con ens, piuttosto che con essentia.

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il concetto spinoziano di conatus: Spinoza, quando parla del conatus, guarda alla cosa diveniente, che costituisce un misto di atto e di potenza, mentre la distinzione aristotelica tra atto e potenza di carattere analitico ( una distinzione di princi pi). In questo senso anche lidea heideggeriana della potenza intesa come forza (Kratf), pu essere assimilata al conatus spinoziano. Aristotele pensa ad una priorit ontologica e gnoseologica dellatto sulla potenza: non solo latto , sul piano ontologico, il pieno compimento della potenza, ma la potenza, dal momento che essa trova il suo compimento nel latto, conoscibile solo a partire dallatto. La potenza heideggeriana, il conatus spinoziano, Yappetitus leibniziano, invece, sono conoscibili di per s, indipendentemente dal loro compimento. Questo accade anche in Ricoeur, dove lattesta zione viene descritta come una conoscenza della potenza. 2. L a ricerca di un senso privilegiato dellessere Se il testo della Metafisica sembra raccogliere in unit i vari sensi dellessere alla luce di una priorit dellessere in quanto ousia, non sono mancati, nel corso della lunga storia delle ermeneutiche del testo aristotelico, tentativi di andare nella direzione di una predilezione di qualche altro significato dellessere. Paradigmatica, in questo senso, risulta essere la parabola heideggeriana, che ha visto occupare, nelle diverse fasi della sua ricerca, il posto di senso privilegiato da parte di tutti i significati dellessere, escluso lessere come accidente 75. Che pensarne? Forse che i tre principali gruppi di signifi cati (lessere secondo le categorie, lessere come atto e poten za, lessere vero o falso) sono tra di loro complementari e che

75 Una buona illustrazione delle varie fasi del processo di autoap propriazione del pensiero di Aristotele da parte d Heidegger si trova in E. B e r t i, Aristotele nel Novecento, Bari, 1992, pp. 4 4 -1 1 1 ; F. V o lp i, Heidegger e Aristotele, Padova, 1984; I d ., Heidegger e Brentano, Padova, 1976; I d ., Lesisten za com e praxis. Le radici aristoteliche della terminologia di Essere e tempo , in G. V a t t im o (a cura di), Filosofia 91, Roma-Bari 1992, pp. 215-252.

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non possibile operare rispetto ad essi opzioni basate su pre sunte alternative. Sembra inoltre che, accanto ad una priorit generica attri buita da Aristotele aYousia, si possa parlare di una priorit specifica di un qualche significato dellessere, relativamente ad una determinata prospettiva. In fondo questo il senso in cui Ricoeur parla di priorit dellessere come atto: lessere come atto viene privilegiato nella prospettiva di unontologia che prende le mosse dalla prassi e che ha come scopo iniziale quello di unificare le varie sfere dellagire umano. Si pu osservare, infine, che nessuno dei vari significati dellessere, compresa Yousia, in grado di fornirci lelemento unificatore. Per trovare lunit dei vari sensi dellessere occor re, allora, procedere di un passo oltre Aristotele, come mostre remo nel prossimo paragrafo. 3. L a semantizzazione dellessere Ricoeur, come abbiamo visto nel corso dellesposizione dei suoi testi di ontologia, introduce pi volte, ma sempre con molta cautela, quello che, in qualche modo, potremmo defi nire lo strato teologico dellessere. In Soi-mme comme un autre egli parla di un fondo dellessere insieme potente ed efficace su cui si staglia l agire u m a n o 76 e in De la mtaphysique la morale egli giunge sino ad affermare che questo fondo dellessere il Dio dei filosofi, anche se poi precisa questa affermazione osservando che questo Dio non ha in comune che il nome con il Dio che si pu pregare 11.

Soi-mme com me un autre, cit., p. 317. 77 Io, scrive Ricoeur, non pretendo assolutamente di designare non so quale genere comune al quale apparterrebbe lenrgheia-dynamis, il conatus spinoziano, lappetizione leibniziana ecc. Nessuna pretesa fondazionale si lega a questa designazione rischiata, sfociata da una serie di scelte imperfettamente trasparenti alla riflessione. La pluralit stessa degli atti di riappropriazione delle nozioni aristoteliche mi pare al contrario protetta da questo concetto sfumato di un fondo dellessere insieme potente ed efficace. Allo stesso modo viene
76 R ic o eu r ,

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Nello scritto su Ngativit et affirmation originaire Ricoeur aveva gi parlato di un essere senza essenza, o la cui sola essenza desistere 78 e aveva detto che
pensare questo essere significa pensare larch nel doppio signi ficato di cominciamento e di fondamento di tutto ci che noi possiamo porre e deporre, credere e mettere in dubbio.79

Sempre nel medesimo scritto Ricoeur aveva affermato che lidea di un tale essere lidea di qualche cosa che fa comin ciare il resto senza avere essa stessa cominciamento 80. Infine, nello scritto su Esodo 3.14, afferma che la formula ebraica attraverso la quale Dio si autodesigna non pu essere tradotta senza fare riferimento al verbo essere81. Buona parte dellar gomentazione svolta in questo saggio, inoltre, mira a dimo strare che
le considerazioni ontologiche pi audaci dei medievali si trova no in completa opposizione rispetto a una concezione astratta o essenzialistica dellEssere, sotto limpulso, precisamente, di

Esodo 3,14. 82 Accanto a queste interessanti affermazioni, per, ve ne sono delle altre che sembrerebbero andare in direzione oppo-

rifiutata in anticipo la pretesa di identificare questo fondo dellessere al Dio della fede. Anche se Aristotele, Spinoza, Leibniz e Ravaisson dietro a loro hanno chiamato Dio lessere della loro filosofia, questo Dio non , nel migliore dei casi, che il Dio dei filosofi e non ha in comune che il nome con il Dio che si pu pregare. Il lavoro dialettico di gerarchizzazione e di differenziazione delle meta-categorie non autorizza piuttosto che a situare i tentativi di riappropriazione della coppia enrgheia-dynamis in una regione del pensiero che lascia intatta la critica contemporanea dellonto-teologia. P. R ico eu r , De la mtaphysique la morale, Revue de Mtaphysique et de Morale, v, 1993, p. 456. 78 P. R ico eu r , Ngativit et affirmation originaire, in Aspects de la dialectique, Recherches de philosophie, h, Paris, 1956, ora in Histoire et vrit, 2a ed., Paris 1964 (la ed. 1955), p. 357. 79 Ibid. 80 Ibid. 81 Permane oggetto di dubbio che, nella traduzione in lingua moderna, si possa fare leconomia del verbo essere o di forme verbali appartenenti allo stesso campo semantico. P. R ico eu r , De linterprtation la traduction, in P. R ic o eu r - A. L a c o c q u e , Penser la Bible, Paris 1998, p. 339. 82 Ivi, p. 340.

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sta. Penso, ad esempio, alle osservazioni che il nostro autore fa nellintroduzione al libro di Chiodi, quando scrive:
La sola risposta che io possa dare a questo invito a riempire, attraverso unontologia dellessere assoluto o incondizionato, lo scarto tra unontologia, che resta legata ad unantropologia filo sofica, e unermeneutica biblica abbozzata in numerosi articoli sparsi, consiste nel dire che io non concepisco assolutamente lontologia dellessere come un tale anello intermedio. Come spiego pi ampiamente in Soi-mme comme un autre, i signifi cati dellessere di cui parla Aristotele permettono di precisare lo statuto di tali o talaltri esseri (o essenti), per esempio le persone o le cose, ma non di elaborare una teoria dellessere in quanto essere che sarebbe non soltanto distinta dalle significazioni mul tiple, ma che inoltre permetterebbe di designare un essere che sarebbe lunico vero essere. Q uesto il m otivo per cui lermeneutica biblica resta per me il cammino sul quale io avan zo, a mio rischio e pericolo, per fornire un senso alla poetica della volont. 83

Il problema che a questo punto si pone quello di capire che rapporto vi sia tra quello che Ricoeur dice in questo passo e, cio, che le molteplici significazioni dellessere di cui parla Aristotele permettono solo di precisare lo statuto di certi essenti particolari e non di elaborare una teoria dellessere, e quellabbozzo di teoria dellessere che abbiamo visto profilarsi negli scritti che abbiamo citato sopra. Poich Ricoeur non si ancora espresso su questo problema arrischio alcune consi derazioni in prima persona, per mostrare quale relazione pos sa essere posta tra la lettura aporetica di Aristotele nella linea della plurivocit dellessere, che Ricoeur ha messo in opera, ed unontologia dellatto puro. Al fine di porre un certo ordine nellargomentazione oc corre fare, fin dallinizio, unimportante distinzione, cio quella tra essere, form a infinitiva del verbo, ed ente, form a participiale. Nellarticolare questa distinzione, mi rifaccio allo
83 M . C h io d i , Il cammino della libert. Fenomenologia, ermeneutica, ontologia della libert nella ricerca filosofica di Paul Ricoeur, Brescia 1990, pp. XVUI-XIX.

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studio di Carmelo Vigna, dal titolo Sulla semantizzazione del lessere 84. La differenza linguistica tra essere ed ente, osserva Vigna, lascia intravvedere una differenza speculativa, poich la forma participiale pu, senza troppe forzature, subire il plurale, men tre la forma infinitiva lo pu subire solo a costo di qualche forzatura. Si potrebbe, allora, dedurne che, mentre lente un che di determinato, di finito, che lascia dunque altro accanto a s, non cos accade, invece, allessere, che oltre di s non lascia nulla, ovvero lascia solo il nulla. La grammatica ci dice anche che ente si risolve in ci che , cio in qualcosa (un ci) che prende parte allessere, mentre il ci rappresente rebbe un modo indeterminato di indicare una determinatezza. Lo stesso non si pu grammaticalmente dire di essere. Solo quando la determinatezza, inclusa nel concetto di ente, venis se fatta equivalere allintero, ente ed essere verrebbero a coin cidere. A sua volta il significato essere potrebbe precipitare su quello di ente, nella misura in cui venisse accompagnato da un articolo indeterminativo o da unindicazione quantitativa: un essere, degli esseri, molti esseri. Cominciamo gi a far luce sulle problematiche ontologiche ricoeuriane dicendo che, quando Aristotele si interroga attor no allente, giungendo ad elaborare la teoria della polisemia dellente, la sua interrogazione verte solo sullente e non sul lessere. La seguente battuta, posta da Aristotele agli inizi del libro v ii della Metafisica ce ne fa testimonianza:
E in verit, ci che dai tempi antichi, cos come ora e da sem pre, costituisce leterno oggetto di ricerca e leterno problema: che cos lente? , equivale a questo: "che cos la sostanza? 85

Si pu, infatti, chiedere che cos lente, ma non si pu chie dere che cos lessere. Lantica domanda socratica sul che

84 C. V ign a , Sulla semantizzazione dellessere, in Metafisica e modernit. Studi in onore di Pietro Faggiotto, Padova, 1993, pp. 359-380. ' 85 A r isto t el e , Metafisica, 1028b, 2ss.

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cos una domanda che vuole come risposta una definizione, unindicazione dellessenza; ma lessere non si pu definire o circoscrivere: non esiste, infatti, un genere in cui lessere possa essere incluso, perch oltre lessere non vi nulla. Si pu, invece, chiedere che cos lente, perch lente passibile di una definizione, e, infatti, questa che Aristotele cerca. Lessere non si pu definire, esso, semmai, si semantizza: semantizzare significa manifestare un significato, recarlo al linguaggio, senza peraltro circoscriverlo. Solitam ente si semantizzano i significati che si riferiscono alla totalit del reale (essere/nulla, presenza/assenza ecc.). Vi , dunque, una differenza essenziale tra definizione e semantizzazione: nella definizione tutta lattenzione rivolta alla natura delloggetto da definire, di cui vengono infatti fornite le costanti estetico noetiche (genere e differenza specifica), mentre nella seman tizzazione si fa leva sullaltro da ci che semantizzato, per svelarne il significato. In questo senso possiamo dire che les sere semantizzabile attraverso la sua opposizione per con traddizione al non essere: lessere non non essere. In questo modo non incorriamo nel rischio di definire lessere, ma ci troviamo ad avere a che fare con un altro genere di difficolt: il procedimento oppositivo, consistente nella negazione della negazione dellidentit, rischia di consegnarci un significato puramente formale, se questo significato non viene posto in sinergia con un procedimento ostensivo, ovverosia fenomenologico-intenzionale. Questa difficolt pu essere tolta mostrando che lessere possiede un referente reale: quando dico che c il sole, dico che il sole l, dinanzi ai miei occhi, che esso non niente. Eppure, il sole non lessere, esso un certo essere. Lessere, infatti, pu essere predicato non solo del sole, ma anche del cielo e del mare. Diremmo, allora, che lessere possiede un referente reale, ma non un referente reale adeguato. Lessere non ci di cui si ha notizia in prima battuta, perch lesperienza nella sua forma pi elementare attesta che c questo e c questaltro, ovvero attesta lesistenza di un

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ente, dove posso distinguere tra il qualcosa e il suo esser ci. Per questo la prim a distinzione che viene in mente non la distinzione tra il qualcosa ed il suo esserci, ma, piut tosto, la distinzione tra un certo qualcosa ed un cert altro qualcosa: io vedo, infatti, dove finisce il cielo e dove inizia il mare, ma non vedo dove finisce il cielo e dove inizia il suo esserci. Aristotele ha preso in esame lessere di cui abbiamo espe rienza e, giustamente, ha affermato la polisemia di questo essere, egli, per, una volta posta linterrogazione intorno allente, non giunto sino a determinare lunit radicale sottesa alla polisemia dellente. Le determinazioni categoriali quali lessere azzurro o lessere cielo rappresentano il modo di presentarsi dellente e questo modo, ci ha insegnato Aristotele, non pu non riferirsi ad uno stesso nellente e questo stesso, come abbiamo precedentemente visto, , per Aristotele, Yousia. Aristotele cerca lunit della predicazione, il referente unico dei nostri modi di predicare (dei predicamenti o delle ca tegorie): a lui interessa la domanda intorno allessenza, da evadere attraverso la costruzione della definizione. La necessit di proseguire oltre Aristotele, era gi stata colta, a suo tempo, da Tommaso dAquino: essa nasce dal fatto che lente, oltre ad essere il soggetto del molteplice predicare (ossia una determinatezza), anche una determi natezza che (esiste). Il problema che per si pone, a questo punto, il seguente: se attraverso la constatazione fenome nologica io posso afferrare la distinzione tra una determina zione e laltra, ma non quella tra la determinazione ed il suo esistere qui e ora, come posso allora sorprendere lesistenza distinta dallessenza? A me pare che si possa dire che nel lesperienza del divenire, dove accade che qualcosa che cera ad un certo punto non c pi, si pu sorprendere lesistenza realmente distinta dallessenza (determinatezza) di qualcosa. Il divenire ci pone dinanzi allevento della separazione delle due componenti ontologiche dellente e ce ne rivela la contingen za della sintesi.

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Abbiamo detto, dunque, che possibile distinguere real mente lessenza dallesistenza. M a lesistenza appunto la realt dellessenza. Giunti a questo punto incontriamo quello che Ricoeur, in Soi-mme comme un autre, chiama il fondo in sieme potente ed efficace dellessere, quel fondo che in De la mtaphysique la morale egli definisce come il Dio dei filosofi e che, nel saggio dal titolo Ngativit et affirmation originaire, descrive come lessere che senza essenza o la cui sola essenza desistere. Ecco come: il rapporto tra lessenza ed il suo esistere reale un rapporto disequato, perch lesi stere della cosa, rispetto al suo determinato modo di esistere, dice di una potenza in qualche modo assoluta, cio la potenza che produce il differire tra Tesserci e il non esserci. allora lecito supporre che, quel determinato modo di essere che vie ne allesistenza, non sia se non il parziale dispiegarsi di una potentissima sorgente. Ricoeur, per, non giunge a questo fondo dellessere attra verso la distinzione tra essenza ed esistenza allinterno dellen te e per mezzo della semantizzazione dellessere per opposizio ne al nulla, ma privilegiando la nozione di essere come atto e potenza allinterno dellaristotelica polisemia dellente. 4. Ontologia ed ermeneutica biblica 4.1 II rapporto tra ontologia ed ermeneutica biblica Lo strato teologico dellessere, per come lo abbiamo de terminato sopra, rimane al riparo dalla critica heideggeriana alPontoteologia, perch qui non si tratta dellessere entificato contro cui sono rivolti gli attacchi heideggeriani, ma delles sere che senza essenza, o la cui sola essenza desistere, del puro atto di esistere. Quella lecita supposizione, su cui abbiamo ragionato sopra, ci dice, per, ancora poco, troppo poco. D quella potentissima sorgente, di cui ogni determina to modo di essere che viene allesistenza potrebbe essere il parziale dispiegamento, non sappiamo nulla. Ricoeur la defi-

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nisce come il Dio dei filosofi, poi, giustamente, aggiunge che, tra un tale Dio e il Dio della fede c un abisso. Di fronte a un tale Dio, infatti, non ci si pu inginocchiare. Tutto ci che le filosofie, che hanno voluto indagare rigo rosamente questo tema, hanno saputo dire su Dio ci che esso non . Dio in-finito, in-diveniente, im-mutabile, ecc. Luomo per ha sempre voluto sapere di pi di quelle poche e scarne affermazioni che una filosofia rigorosa in grado di fornire a riguardo di un tale soggetto. Dio, infatti, svolge un ruolo fondamentale nella vita di ognuno nella misura in cui salva, condanna, d un senso alla propria vita, fonte di speranza, permette di non vedere pi la morte come la fine di tutto, ci consente di pensare che il male, alla fine, non vincer sul bene ecc. Tutte queste cose, per, una filosofia rigorosa non in grado n di affermarle, n, tantomeno, di dimostrar le. Occorre allora, se si vuole avere un qualche tipo di rispo sta su questo versante, che ci si rivolga a forme di sapere diverse da quella rigorosamente filosofica. Ricoeur, infatti, su questo punto, interroga la Bibbia. Questo, per, un terreno diverso da quello filosofico inteso in senso stretto, come Ricoeur non si stanca mai di ripetere e precisare. N el passag gio dallontologia allermeneutica biblica, allora, si deve fare un salto: tra luna e laltra c soluzione di continuit. Tra lontologia e lermeneutica biblica c un salto, anche perch lermeneutica biblica non lunica via duscita possibile al limpossibilit dellontologia di dire positivamente Dio. Unal tra via duscita potrebbe essere rappresentata dallermeneutica di altri testi sacri, diversi dalla Bibbia (ad. es. il Corano), o, ancora, per chi non confidasse nelle religioni rivelate, da una qualche esplorazione simbolica del volto di Dio. Ricoeur, da questo punto di vista, ha ragione nel dire che lontologia trascendentale non va intesa come un anello intermedio tra ontologia del s ed ermeneutica biblica. D altro canto, per, si deve anche riconoscere che quel salto, che viene compiuto nel passaggio dallontologia allermeneutica biblica, viene in qualche modo preparato dallontologia, che ne afferma la possibilit, o, come abbiamo scritto sopra, la liceit.
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4.2 Su llipotesi di un arretramento teoretico in Soi-mme comme un autre Una qualche forma di apertura teologica da parte del di scorso ontologico presente anche nellultimo capitolo di Soi-mme comme un autre, quello dedicato allontologia. Ricoeur, in quella sede, dopo aver individuato nel corpo pro prio, nella soggettivit altra e nella coscienza il tripode delPalterit costitutiva della soggettivit stessa, riflette sullenig ma della voce della coscienza, che si presenta sotto forma di una voce che parla in noi come se fosse rivolta a noi. La voce della coscienza, dunque, rimanda ad unalterit, ma di questa alterit, scrive Ricoeur, la filosofia non sa se si tratti di un Dio o di un luogo vu oto 86. A questa conclusione problematica di Soi-mme comme un autre ha dedicato alcune interessanti considerazioni Virgi lio Melchiorre, le cui riflessioni ci permettono di gettare una qualche ulteriore luce sul problema del rapporto tra ontologia ed ermeneutica biblica. Melchiorre apprezza e condivide la posizione di Ricoeur il quale, pur ponendo il cogito cartesiano alla base del suo iter speculativo, ne ha poi rilevato il valore di semplice certezza soggettiva. Ricoeur non cade, secondo Melchiorre, nel circolo vizioso cartesiano che, dopo aver posto il cogito come prima evidenza, cerca poi nellordine teologico la conferma di que sta evidenza. Ricoeur ammette che il cogito, primo neWordo cognoscendi, viene a situarsi ad un livello ontologicamente secondario. Lo stesso Cartesio, in fondo, era giunto sino alla conclusione che Dio, in quanto ratio essendi di me stesso, costituisce, in ultima istanza, anche la mia ratio cognoscendi. Linsegnamento di Husserl, secondo Melchiorre, ha ulte riormente confermato Ricoeur su questo percorso, dal mo mento che Husserl pensa il cogito come lorizzonte empirico, come il polo emergente o come lobiettivazione primaria di

86 R ic o eu r, Soi-mme comme un autre, cit., p . 409.

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una trascendentalit assoluta e ovunque fungente 87. Husserl, inoltre, ha rinnovato profondamente la tematica del cogito, introducendo il tema della corporeit vissuta. Il corpo pro prio costituisce, nel pensiero di Husserl, il punto zero della nostra prospettiva sul mondo, quel punto a partire dal quale si definiscono il vicino e il lontano, il questo e il quello. Dalla prospetticit del corpo proprio Husserl risale, nelle sue anno tazioni, alla prospetticit della coscienza, a cui possibile solo un sapere per lati ed adombramenti. Le considerazioni di Husserl, osserva ancora Melchiorre, vengono riprese e sviluppate da Merleau-Ponty, il quale con nette lintimamente visibile e linvisibile, la percezione e limpercezione. Per Merleau-Ponty, per, il non sapere impli cato nella prospetticit della coscienza non corrisponde ad un niente, ma rimanda ad unulteriorit: vedere sempre vedere di pi di quanto si v ed a88. Osserva, a questo proposito, Melchiorre:
Sappiamo come questo di pi si sia via via chiarito, nella ricerca del filosofo, sino allindicazione di un intero dellessere: con una crescente insistenza, Essere e Visibile, segnati in maiu scolo, costituiscono infine il referente e lorizzonte di ogni con creta visione. 89

Melchiorre fa riferimento a quel passo in cui Merleau-Ponty parla del Visibile come del tutto di cui il mio visibile un frammento90 e conclude: si tratta di un vero e proprio ap prodo metafisico91. Melchiorre si rammarica molto della mancanza di questo approdo metafisico in Ricoeur, nei cui scritti ritornano tutti i temi relativi al corpo proprio e alla conoscenza prospettica, cari a Husserl e a Merleau-Ponty. Secondo Melchiorre Soi87 V M e l c h io r r e , Per una teoria dellintersoggettivit. Note a margine di Soi-mme comme un autre, in Lio dellaltro. Confronto con Paul Ricoeur, a cura di A. D anese , Genova, 1993, p. 80. 88 M. M erleau -P o n ty , L e visible et linvisible, Paris 1964; trad. it. di A. Bonomi, Il visibile e l'invisibile, Milano 1969, p. 174.
85 M e l c h io r r e , Per una teoria dellintersoggettivit, c it., p . 8 1 . 90 M erleau -P o n ty , L e visible et linvisible, cit., p. 308. 91 M elc h io r r e , Per una teoria dellintersoggettivit, cit., p. 81.

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mme comme un autre, da questo punto di vista, segna addi rittura un arretramento rispetto alle posizioni declinate nelle opere precedenti92, che, invece, lasciavano intravvedere un possibile sviluppo metafisico. In Le volontaire et linvolontaire, osserva Melchiorre,
il metodo fenomenologico era ripreso e proprio a riguardo del cogito: vi s chiedeva appunto di accedere ad una esperienza integrale del cogito e, in questa direzione, ad una pi attenta ricognizione dellincarnazione. 93

In Finitude et culpabilit, continua ancora Melchiorre,


lanalisi veniva poi approfondita proprio a riguardo di una sog gettivit corporea e sempre situata: il tema husserliano della prospettiva era riproposto come un inizio fondamentale e con uno sviluppo che non esiterei a definire metafisico. 94

In questopera infatti Ricoeur partiva dal rilevamento della fondamentale prospetticit di ogni percezione, per giungere alla conclusione che, se noi siamo consci del carattere pro spettico della nostra conoscenza, lo dobbiamo, allo stesso tempo, oltrepassare. La trasgressione rispetto al punto di vista si ha quando si passa dalla percezione al senso: io so che il mio punto di vista su quella cosa soltanto uno dei possibili punti di vista, so, dunque, che vi un senso della cosa, che viene colto in maniera molto parziale da ciascun punto di vista particolare. Nota allora Melchiorre:
51 potrebbe ripetere con Kant che la coscienza che riconosce il dato del condizionato implica con questo lo stesso asserto del lIncondizionato: un pensiero richiamato da Ricoeur, ma con una decisiva integrazione. Ci che infatti chiamiamo senso asso luto ed incondizionato, non pu essere una semplice modalit della ragione: una intelligibilit ultima, di cui non si potesse asserire la realt, sarebbe una radice nulla e il suo pensiero sarebbe pensiero di nulla. 95
Ivi, p. 78. Ivi, p. 83. Ibid. Ivi, pp. 84-85. A conferma di quanto scritto Melchiorre cita Ngativit et affirmation originaire, contenuto in Histoire et vrit (Paris 1964, 2a ed.), alle
52 93 94 95 223

0
VERIT DEL METODO

Facendo leva su queste considerazioni Melchiorre, allora, cos conclude:


Si rimane perplessi di fronte alle riserve avanzate ora in Soi-mme comme un autre. Ne restiamo convinti ove siano rivolte contro ogni pretesa autofondativa del cogito e ancora ove difendano, a fronte della teologia, il ruolo autonomo della filosofia, ma pensia mo ad un arretramento teoretico ove comunque si oppongono allambizione della fondazione ultima. Si pu anche ritenere che larresto finale di fronte al dilemma che, nellultima alterit, non sa se riconoscere lessere stesso di Dio o il vuoto dellindici bile [...], corrisponda al giusto riserbo di determinare teoreticamente la realt del Fondamento: gi altrove Ricoeur aveva indicato, a questo riguardo, la via pi adeguata dellermeneutica sui simboli storici della coscienza religiosa. Ma in questo caso si sarebbe do vuto dire che la riserva va fatta sulla questione dei Nomi, sulle possibili determinazioni dellAssoluto, non sullasserto che dice dellEssere o del Fondamento. 96

4.3

Le domande della teologia filosofica

La teologia filosofica, con i suoi interrogativi e problemi ha suscitato finora poco interesse in Ricoeur. Questo pone Ricoeur di fronte ad un dilemma perch, se le domande della teologia filosofica non sono evitabili, daltro canto lermeneutica biblica, da sola, non pu sopportarne il peso. I problemi classici della teologia filosofica riguardano la teodicea, lesistenza di Dio, la sua conoscibilit, la coeren za degli attributi divini. Se sullargomento della teodicea Ri coeur ha speso senza dubbio molte riflessioni nel corso della sua indagine sul problema del male, non pare altres esserpp. 329-331, nonch quel passo di Finitude et culpabilit in cui Ricoeur rileva la verit sottesa allargomento anselmiano, affermando che essa trova luomo gi installato in linea preliminare allinterno del proprio fondamento P. R ico eu r , Finitude et culpabilit, il, Paris, 1960, p. 332. Melchiorre giudica infine molto significativo a questo proposito quel passo programmatico di Le volontaire et linvolontaire dove Ricoeur scrive che la Trascendenza appare come una posi zione assoluta di presenza che precede costantemente il mio stesso potere di affermazione, sebbene questultimo mi sembri sempre sul punto di inglobarla (E R ico eu r , L e volontaire et l involontaire , Paris, 1950, p. 35). 96 Ivi, p. 85.

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ONTOLOGIA

si interessato alle altre problematiche proprie alla teologia fi losofica. Il problema dellesistenza di Dio assente dalla specula zione ricoeuriana. Come spiegare questa mancanza? Forse attraverso linfluenza di Karl Barth che, nella Prface al primo volume della sua Teologia dogmatica parla dellanalogia del lessere come di uninvenzione dellAnticristo, la quale, da sola, costituirebbe, secondo Barth, un sufficiente motivo per non farsi cattolici? N on credo sia questa la ragione o, meglio, questo argomento varrebbe solo per la prima fase del pensie ro ricoeuriano, quella che arriva sino a L a mtaphore vive (1975). In questa prima fase del suo itinerario intellettuale Ricoeur subiva infatti linfluenza di filosofi protestanti come Pierre Thvenaz, che, sulla scorta di suggestioni barthiane, rifiutavano qualsiasi speculazione di tipo ontologico. Negli ultimi anni, per, il pensiero di Ricoeur ha subito una note vole evoluzione, orientandosi, sia in etica che in ontologia, verso un discorso di tipo aristotelico. Questa evoluzione da ricondurre al fatto che, successivamente a L a mtaphore vive, Ricoeur si sempre pi interessato al problema dellagire umano 97 e questi interessi lo hanno inevitabilmente portato ad una rinnovata attenzione nei confronti del pensiero aristotelico. Questo interesse ha avuto come suo centro, ini zialmente, letica di Aristotele, ma si progressivamente allar gato anche allontologia. La presa di distanza dalle tesi pi radicali del barthismo stata agevolata, in Ricoeur, anche dal contatto con il pensiero di Mircea Eliade, che stato per molti anni collega di Ricoeur allUniversit di Chicago. Come spiegare allora il disinteresse di Ricoeur nei confronti della problematica relativa alla dimostrazione dellesistenza di Dio? In maniera molto semplice, direi: perch Ricoeur ha coltiva to, prevalentemente, interessi di tipo antropologico ed etico.
97 Si possono segnalare, a titolo indicativo, i seguenti saggi: La semantique de laction (Paris, 1977); La raison pratique, in a a .w ., Rationality Today, Ottawa, 1979, pp. 225-248; Lectures on Ideology and Utopia, New York, 1986; Du texte laction. Essais d hermneutique, il, Paris, 1986.

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VERIT DEL METODO

Ricoeur, non un metafisico e, dunque, non si interessa di metafisica, ma non nemmeno un antimetafisico e, dunque, non esclude aprioricamente quel tipo di discorso che la meta fisica coltiva. Non mi sembra, infatti, di poter individuare, alPinterno dellopera ricoeuriana, soprattutto nei suoi pi re centi sviluppi, un divieto teorico nei confronti della metafisica. Nemmeno il problema dei nomi divini, degli appellativi biblici di Dio (altro grande problema della teologia filosofica) questione di Ricoeur. Di questo problema se ne occupato piuttosto, tra i filosofi francesi contemporanei, Lvinas, in De Dieu qui vient Vide. 5. Il rapporto tra atto e potenza in Ricoeur 5.1 I concetti di atto e potenza in Ricoeur Ricoeur, come abbiamo ampiamente mostrato, individua nellasserzione aristotelica di un primato dellatto sulla poten za un fattore di resistenza che sembrerebbe impedire la riappropriazione della nozione di essere come atto-potenza a favore di unontologia dellipseit. Per questo Ricoeur, nel riappropriarsi della nozione aristotelica di essere come attopotenza, tiene conto anche della lezione heideggeriana, che, al contrario di quella aristotelica, asserisce il primato della potenza sullatto, cercando una strada intermedia tra le due. In Ricoeur, infatti, non Patto ad avere la supremazia sulla potenza n la potenza ad avere la supremazia sullatto: il primato affidato, infatti, a quel misto di atto e potenza in cui consiste il conatus spinoziano. 5.2 L a posizione di Heidegger Heidegger privilegiava la potenza rispetto allatto e, que sto, in virt di uninterpretazione dei concetti di atto e poten za molto lontana dallinterpretazione aristotelica. A questo ripensamento heideggeriano del rapporto tra atto e potenza Ricoeur, probabilmente, debitore di molte suggestioni.
226

ONTOLOGIA

Heidegger ha dedicato il corso del semestre estivo del 1931 a. Aristoteles, Metaphysik Theta 1-3 98. Il corso reca come sottotitolo Von Wesen und Wirklichkeit der Kraft (sullessenza e la realt della forza) e, proprio in questo corso, Heidegger ha indicato lessere secondo la dynamis e Yenrgheia come il significato fondamentale dellessere. In questa ripresa heideggeriana dei concetti aristotelici di dynamis e enrgheia ci colpiscono due tratti, che permettono di distinguere, con una certa nettezza, lontologia heideggeriana da quella aristotelica: 1) Laccezione fondamentale della dynamis e dell enrgheia , per Heidegger, quella relativa al movimento, che per Aristotele era semplicemente la pi comune e non laccezione relativa allessere, che Aristotele indicava come la pi filoso fica. 2) Heidegger sembra sostenere una priorit della dynamis sullenrgheia, contrariamente a quanto aveva fatto Aristotele. Commentando la dottrina specifica di Aristotele sulla dynamis e Yenrgheia Heidegger afferma che
Aristotele arriva al significato essenziale di dynamis e enrgheia proprio a proposito della kinesis, proprio in riferimento alla kinesis-, quel che emerge senza ambiguit dalla ricerca di Aristotele sulla kinesis, Fisica, Gamma 1-3. 99

Heidegger fissa la sua attenzione sulla definizione aristo telica della dynamis secondo il movimento, cio principio di mutamento in altro o in s come altro, traducendola con forza {Kraft). Heidegger, ad un certo punto, utilizza un esem pio illuminante per spiegarci che cosa egli intenda per dynamis-. essa non larte di risanare, propria del medico, ma la forza di risanare, propria di una pianta 10. Di conseguenza, anche Yenrgheia viene interpretata nel suo significato relativo al

98 M. H e i d e g g e r , Aristoteles, M etaphysik Tela 1-3. Von Wesen und Wirklichkeit der Kraft, in I d ., Gesamtausgabe, vol. 3 3 , Frankfurt a.M. 1990, trad. it. U. Ugazio, Milano, 1992. 99 Ivi, pp. 41-43. 100 Ivi, p. 62. 227

VERIT ffeL METODO

movimento, che Heidegger scopre nella polemica condotta da Aristotele contro i Megarici, dove Yenrgheia viene definita essenzialmente come esercizio della dynamis, cio come un essere allopera. Heidegger rileva, tuttavia, che Yenrgheia costituisce una presenza, un essere prodotto e, quindi, confer ma la sua preferenza per la dynamis 101. Proseguendo nella lettura del testo heideggeriano si rice vono ulteriori conferme della distanza tra Aristotele ed Heideg ger, relativamente al concetto di dynamis. Aristotele, volendo mostrare, contro i Megarici, che la dynamis esiste anche quan do non la si vede, adduce come esempio quello dellarchitetto che possiede la capacit di costruire anche quando non la esercita. Heidegger, al contrario, porta come esempio quello del centometrista che in ginocchio sulla linea di partenza, pronto a scattare per la corsa. Il suo stare in ginocchio, infatti, ben diverso da quello di una vecchia contadina inginocchiata davanti alla croce campestre 102. La dynamis non dunque paragonabile, per Heidegger, ad unarte (intesa come capaci t), ma ad una forza naturale. La lettura di questi passi ci d limpressione che Heidegger sia convinto che Aristotele abbia scoperto che lessere dynamis, nel senso di forza. La preferenza che Heidegger accorda alla dynamis, rispetto allenrgheia, determinato dal fatto che la dynamis c anche quando non si vede e, quindi, il suo essere non si riduce alla presenza (cio z\Yousia), come invece accade alYenrgheia. 5.3 Analogie tra le posizioni di Heidegger e Ricoeur Come si gi notato, vi una certa vicinanza tra Ricoeur e Heidegger su questi p u n ti103: Ricoeur contrappone la no
101 Ivi, pp. 124-125. 102 Ivi, pp. 148-149. 103 A proposito del rapporto tra il pensiero di Heidegger e quello di Ricoeur relativamente ai temi di ontologia osserva Jean Greisch: La lista dei temi dellermeneutica dellipseit che sono in risonanza con i grandi temi dellana litica esistenziale impressionante ( R i c o e u r , Soi-mme com m e un autre, cit., pp.

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ONTOLOGIA

zione di essere come atto-potenza allessere in quanto sostan za, cos come Heidegger contrapponeva la nozione di essere come dynamis allessere inteso come pura presenza, ossia come ousia. Ricoeur, nel passo che abbiamo citato allinizio di que sto capitolo, scrive che, in Aristotele, laffermazione della priorit delPatto sulla potenza funzionale allintersezione delle due significazioni primitive dellessere, quella dellessere secondo le categorie e quella dellessere in quanto atto e potenza. Ora, proprio a questa intersezione che Ricoeur intende sfuggire. La messa in discussione della priorit della potenza sullatto gliene offre loccasione, fornendogli le basi teoriche per operare la contrapposizione tra unontologia del lessere come atto e potenza ed unontologia dellessere come sostanza. Heidegger aveva fatto esattamente lo stesso: egli, infatti, aveva duramente criticato lontologia della presenza, delles sere prodotto e, in fin dei conti, dell 'ousia, contrapponendole unontologia dellessere come dynamis, che oltrepassasse quella della semplice presenza. Ricoeur ritiene decisiva la critica heideggeriana allontoteologia. Vediamo, infatti, che in tutti i suoi scritti di ontologia
357-359) e conduce ad una questione inquietante: lagire non occupa forse nellimpresa di Ricoeur, un posto paragonabile a quello che Heidegger assegna alla cura? (ivi, p. 359) Questione inquietante infatti, se si tiene conto del fatto che non certamente il caso di opporre in maniera pura e semplice la cura e lagire, poich il pi piccolo sguardo sullanalitica esistenziale mostra sino a qual punto questa presupponga una concezione determinata dellagire, che io caratterizzerei volentieri parlando di pragmatismo esistenziale. Non dunque senza ragione che alcune letture recenti di Sein und Zeit cercano di trarre vantaggio da una sorta di pragmatismo implicito allanalitica esistenziale. E vero, come ha mostrato Jacques Taminiaux, che questo pragmatismo si situa molto pi sul versante della poiesis che della praxis aristotelica (Cfr. J . T am iniaux , Lectures de l ontologie fondamentale. Essais sur Heidegger, Grenoble, 1989, pp. 149-190). E questa, del resto, la ragione per cui Ricoeur parla semplicemente di una piccola differenza (R ico eu r , Soi-mme com me un autre, cit., p.358) tra la propria ricostruzione della coppia aristotelica dynamis/enrgheia e le ricostru zioni ispirate a Heidegger. J. G r e isc h , Vers une hermneutique du soi: la voie courte et la voie longue, Revue de Mtaphysique et de Morale, iii, 1993, p. 427.

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VERIT DEL METODO

egli cerca di fare i conti con essa, affrontandola ogni volta da un diverso angolo visuale. La proposta di una nuova ontologia , dunque, fortemente condizionata, in Ricoeur, dal pensiero heideggeriano. Lontologia ricoeuriana, in quanto ontologia dellessere come atto-potenza, contrapposta allontologia del lessere come sostanza, nasce avendo sempre in vista la critica heideggeriana allontoteologia e allessere concepito come es sere prodotto e come pura presenza. 6 . Il rapporto tra metafisica e morale Ricoeur, nelle sue riflessioni sul rapporto tra metafisica e morale, come abbiamo visto, riserva un ruolo strategico al divieto humiano, che vieta il passaggio da proposizioni de scrittive a proposizioni prescrittive. Tutto lo sforzo sviluppato da Ricoeur in Soi-mme comme un autre e poi in De la mtaphysique la morale consiste, infatti, in un tentativo di avvicinare gli argini del fossato logico che divide lambito occupato dai giudizi speculativi e quello occupato, invece, dai giudizi pratici. Ricoeur, nella quarta parte dellarticolo De la mtaphysique la morale, individua tre elementi di mediazione tra metafi sica e morale: la stima indirizzata alluomo capace, la promes sa effettivamente mantenuta ed il giudizio morale in situazio ne. In tutti e tre questi casi Ricoeur vede una tangenza del campo speculativo al campo pratico e viceversa. Nel primo caso Ricoeur mostra che le varie figure dellagire (parlare, fare, raccontare, essere imputabile) costituiscono una serie teleologicamente ordinata, dove limputazione costituisce il punto di passaggio dallambito fenomenologico-descrittivo al lambito propriamente morale. Nel fenomeno dellimputazio ne, infatti, sono distinguibili due aspetti: quello che permette semplicemente di attribuire unazione al suo soggetto e quello che, invece, permette di qualificare moralmente il soggetto dellazione, in quanto esso e la sua azione sono stati posti sotto i predicati dellobbligatorio, del lecito e dellillecito.

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Ricoeur dimostra, in questo modo, la tangenza tra il campo speculativo ed il campo pratico. Losservazione che si pu avanzare, non solo in questo caso, ma anche a proposito degli altri due elementi di media zione tra metafisica e morale (la promessa effettivamente mantenuta ed il giudizio morale in situazione) che Ricoeur, attraverso le sue considerazioni, avvicina semplicemente gli argini del fossato logico che separa lambito speculativo dal lambito etico-pratico, senza voler costruire un ponte che permetta di attraversare il medesimo fossato. Il divieto di Hume in un certo senso rimane intatto, perch laver mostra to la tangenza dei due ambiti non significa aver aperto la via che conduce dalluno verso laltro. Fuor di metafora potrem mo dire che il divieto humiano rimane valido per quanto concerne la possibilit di fondare proposizioni a carattere prescrittivo su proposizioni a carattere descrittivo. Altrettanto si pu dire delletica, considerata da Ricoeur come un ulteriore punto di passaggio dalla fenomenologia alla morale, in virt del fatto che la nozione di disposizione etica, a cui lEtica nicomachea attribuisce il nome di hexis, estremamente prossima al concetto kantiano di disposizione naturale alla moralit. Anche in questo caso, infatti, si mo stra che la fenomenologia confina con la morale. Ancora: Ricoeur dimostra che la promessa costituisce un ulteriore luogo dove lo speculativo confina con letico. La promessa, infatti, pu essere considerata, a livello premorale, semplicemente come un performativo di un certo tipo, perfet tamente includibile allinterno di una teoria generale degli atti di discorso. Essa, inoltre, pu essere caricata dellobbligazione morale di mantenere le proprie promesse, varcando cos la soglia del mondo morale. Anche relativamente a questo pun to, come si pu vedere, valgono le considerazioni espresse sopra. Infine, Ricoeur indica come terzo punto di contatto tra etica e fenomenologia la coscienza. E possibile, infatti, distin guere un livello premorale ed un livello morale della coscien

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za. La coscienza , innanzitutto, quel foro interiore in cui si svolge il dialogo con se stessi e in cui possibile svolgere un esame di coscienza di tipo premorale, inteso come analisi delle cose che dipendono da noi e che non dipendono da noi. A questo livello non si ancora superata la soglia della moralit, la quale viene invece varcata a livello del giudizio morale in situazione, dove si passa dalla semplice messa in esame allincolpazione e alla discolpazione. Anche per quanto ri guarda queste ultime considerazioni di Ricoeur rimandiamo, dunque, ancora una volta, alle riflessioni svolte sopra. Recentemente Ricoeur ha elaborato la distinzione tra il concetto di imputazione e quello di imputabilit, arricchendo e complessificando il primo dei tre connettori che abbiamo considerato. Limputazione, osserva Ricoeur, un giudizio, mentre limputabilit consiste nel ritenersi capaci di essere soggetti dimputazione. Da questo punto di vista allora Pimputabilit-imputazione a costituire il vero connettore tra metafisica e morale. Limputabilit, infatti, ha una valenza teorica. Non a caso la nozione di imputabilit compare nella Critica della Ragion Pura di Kant e viene presentata come un concetto teorico. La nozione di imputabilit compare quando Kant fornisce la prova della tesi nella terza antinomia, dove dice che il soggetto agente fonte di nuovi eventi e, dunque, cominciamento. II cominciamento, a sua volta, viene definito come spontaneit dellazione e la spontaneit dellazione offre come concetto di transizione verso la morale limputazione. Il giudizio di imputazione infatti appartiene alla Critica della Ragion Pratica. Anche relativamente a questa distinzione, per, valgono le osservazioni fatte sopra: il punto di contatto tra imputabilit e imputazione costituisce semplicemente un punto di tangenza tra dominio speculativo e dominio pratico. La conclusione che ne potremmo trarre allora la seguen te: in Ricoeur il divieto di Hume rimane valido nella misura in cui esso vieta la possibilit di fondare speculativamente le proposizioni delletica e della morale.
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ONTOLOGIA

Ho trovato una conferma a questa mia ipotesi nello scrit to dal titolo Per una ontologia indiretta: lessere, il vero, il giusto (e/o il buono) 104. Ricoeur, in questo testo, esordisce affermando la
tesi secondo la quale la filosofia pratica e la filosofia teoretica sarebbero di pari rango; poich nessuna filosofia prima rispet to allaltra, luna e laltra sarebbero filosofie seconde in rappor to alla prima, questa disciplina che Aristotele nominava soltanto nel dire che la ricerchiamo.105

Ricoeur parla di una uguaglianza di rango di queste due filo sofie seconde e propone di mettere alla prova la tesi per cui le idee di giustizia e di verit costituiscono idee regolatrici di rango pi alto 106. Soltanto il loro intersecarsi, spiega infat ti Ricoeur, ci dir qualcosa circa il rinvio delle due filosofie considerate alla filosofia prima che, ad un tempo, le trascen derebbe e ad esse sarebbe mescolata 107. Limpresa messa in atto in questo testo non ha nulla di rivoluzionario e si situa sulla linea della speculazione dei medievali sui trascendentali e sulla loro distinzione e convertibilit reciproca. In un certo senso, osserva infatti Ricoeur, si tratta di quanto suggeriva no gli scolastici quando estendevano la conversione a tutti i termini dellintera sequenza: essere, buono, vero, bello 108. Qui rientra in gioco lidea aristotelica, tanto cara a Ricoeur, e gi emersa nella precedente sezione, secondo cui vi sono tanti metodi quanti sono gli oggetti dindagine. I trascenden tali degli scolastici stanno ad indicare appunto i diversi campi d indagine su cui si esercitano i diversi metodi. Lidea di giu stizia distinta dallidea di verit e, per questo motivo, dire che la proposizione questo giusto , in pi, vera, significa duplicare la sua ingiunzione attraverso uninutile ridondanza.

104 P. Ricoeur, Per una ontologia indiretta: lessere, il vero, il giusto (e/o il buono), Aquinas, ni, 1 995, pp. 4 8 3-4 99. 105 Ivi, p. 484. 106 Ibid. 107 Ibid. 108 Ibid.

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Ricoeur difende strenuamente lidea dellautonomia del pratico, sulla linea di Kant e oltre Kant. Kant distingue la ragion pratica dalla ragion teoretica, ma, secondo Ricoeur, cade nellerrore di costruire la seconda Critica sul modello della prima. Anche nella Critica della Ragion Pratica ritorna lopposizione tra livello trascendentale - a priori - e livello empirico, sulla base della quale era stata costruita tutta la Critica della Ragion Pura. Lazione, per, sfugge, secondo Ricoeur, a questa decomposizione. Ecco allora che Ricoeur, sullesempio di Charles Taylor, cerca in Hegel quella filosofia dellazione che manca in K a n t109. In Kant la ragione pratica non la ragione teorica, ma costruita come la ragione teorica, e questo parallelismo di costruzione fa s che sia stata duplicata la ragione teorica. In Ricoeur, al contrario, ragion pratica e ragion teorica hanno ciascuna la loro m odalit autom anifestativa. Il giusto si autopresenta attraverso lingiunzione; il vero attraverso la verificazione, lattestazione o la manifestazione (a seconda che si tratti della verit della scienza, dellazione o dellarte); il bello attraverso la comunicabilit del piacere e del giudizio del bello e del sublime. Ciascun trascendentale rappresenta una regione distinta delladeguazione. Anche in Kant, secon do Ricoeur, possibile ritrovare, al di l di un certo teoreticismo di cui pecca la sua riflessione sul pratico, lidea di unautofondazione del pratico. Kant, infatti, cercava nel test di universalizzazione un test da applicare ad ogni massima, per sapere se essa fosse un dovere o meno. La forza prescrittiva del dovere, la sua originariet, per, non devono nulla al test di universalizzazione, che un test applicato a delle massime. Il test duniversalizzazione un test applicato a delle massime per capire se una determinata massima possa valere come imperativo, ma limperativit dellimperativo, la sua forza di ingiunzione sono per s evidenti.
109
T aylor ,

I testi di Taylor su Hegel che hanno fatto scuola sono i seguenti: C.

Hegel and the M odem Society, Cambridge, 1979 e Hegel, Cambridge,

1983.

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Ricoeur, accanto agli scolastici e a Kant pone, come ispi ratore di questa idea della distinzione del pratico e del teorico e dellimpossibilit di fondare speculativamente le proposizio ni pratiche, anche G.E. M oore. M oore, nei suoi Principia Ethica, afferma che il bene una nozione semplice come quella di giallo; e come non si pu spiegare che cos il giallo a chi non lo sa, cos non si pu spiegare che cos il bene. La nozione del bene intuitiva, secondo M oore, perch ognuno ne costantemente consapevole. A mio parere, nella distinzione dei vari domini delladeguazione e nellaffermazione dellimpossibilit di una fonda zione speculativa delle proposizioni pratiche, rinvenibile anche un debito di Ricoeur nei confronti di Husserl. Husserl, infatti, nelle Idee per una fenomenologia pura e per una filo sofia fenomenologica, dice che vi , per ciascun dominio, unevidenza che non si pu dedurre da un altro dominio. C unevidenza della morale, per cui la morale si fonda sulla morale stessa, in virt di unevidenza donatrice originaria. Per questo motivo non risulta affatto necessario confrontare la morale alla logica. Lvinas, su questo punto esatto, pi radicale di Husserl e Ricoeur. Levinas deduce lidea di verit dallidea di giustizia, quando, in Autrement qutre ou au-dela de lessence, svolge la sua riflessione sul profetismo del volto. Potremmo allora concludere che, anche relativamente a questo problema, Ricoeur mantiene, con il solito equilibrio, una posizione in termedia tra i due estremi di chi vuole fondare specula tivamente la morale e di chi, invece, vuol derivare la verit dalla giustizia, cio il teorico dal pratico. 7. Sul fondamento Riprendiamo ora alcune delle considerazioni avanzate nelle parti relative alla teoria della verit e allepistemologia. In quella sede scrivevo che il mancato interesse di Ricoeur per le problematiche relative al fondamento avrebbe comportato delle

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VERIT DEL METODO

conseguenze anche per quanto riguarda la strategia teorica che il nostro autore avrebbe adottato in ontologia. Che quello di Ricoeur nei confronti della metafisica sia pi un mancato interesse che un rifiuto mi pare confermato dal fatto che nel discorso di Ricoeur sono riscontrabili alcune linee di fuga le quali, se adeguatamente sviluppate, consenti rebbero lelaborazione di una teoria del fondamento. Penso, ad esempio, al saggio De la mtaphysique la morale, dove Ricoeur introduce la nozione di funzione meta-, definendo la attraverso due strategie distinte e complementari, luna di gerarchizzazione, laltra di pluralizzazione dei principi110. Ricoeur, inoltre, in quel medesimo testo, descrive la prima delle due strategie, quella di gerarchizzazione, nel seguente modo:
Poich ogni discorso filosofico mira alla coerenza mi pare che esso comporti dei principi di cui gli uni vengono considerati come derivati e gli altri come primitivi o fondatori. 111

Come esempio paradigmatico della strategia di gerar chizzazione Ricoeur cita i dialoghi dialettici di Platone: Il modello di questa strategia va cercato nel Platone dei D ialo ghi detti metafisici, che sono anche i dialoghi dialettici m . A chiunque legga le pagine di Ricoeur, per, viene subito alla mente un altro esempio paradigmatico della strategia di gerarchizzazione: quello messo in atto da Aristotele nel quar to libro della Metafisica. Aristotele, infatti, dimostra innan zitutto la trascendentalit del principio di non contraddizio ne, facendo vedere come il principio di non contraddizione sia un principio relativo allessere in quanto essere e, non, ad una determ inata porzione dellessere. In questo m odo Aristotele istituisce una gerarchizzazione tra i principi che stanno a fondamento delle varie scienze particolari e il prin

110 P. R ic o eu r , De la mtaphysique la morale, cit., p. 457. 111 Ibid. 112 Ibid.

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cipio di non contraddizione. I principi della geometria, della biologia, della matematica sono principi relativi a scienze che si istituiscono allinterno di quella particolare porzione del reale che esse si sono ritagliate (lessere in quanto spazio e forma, lessere in quanto numero e quantit, lessere in quan to vita), mentre il principio di non contraddizione trascen dentale. I postulati di Euclide presuppongono il principio di non contraddizione, ma il principio di non contraddizione non presuppone i postulati di Euclide. Il principio di non contraddizione principio primo, secondo Aristotele, anche perch esso autoevidente. Il principio di non contraddizione sta in cima alla gerarchia dei principi perch esso non deve presupporre, per essere dimostrato, alcun altro principio. Il principio di non contraddizione viene dimostrato facendo vedere che qualsiasi negazione di esso inevitabilmente lo pre suppone. Se, dunque, possibile proseguire lungo questa traccia appena abbozzata da Ricoeur, attraverso il concetto di fun zione meta-, inteso come strategia di gerarchizzazione, si pu dire, ancora, che la strategia di gerarchizzzazione messa in atto da Aristotele in Metafisica iv la strategia di gerar chizzazione per antonomasia, perch giunge sino al principio che sta alla base di tutti i principi, al principio senza il quale non possibile alcuna forma di intelligibilit, di discorso o di realt. Come abbiamo gi osservato, riflettendo sulla teoria della verit in Ricoeur, al di fuori del principio di non con traddizione non si d intelligibilit di sorta, perch il principio di non contraddizione il principio della determinatezza e non si d intelligibilit che del determinato. Ricoeur ha trascurato la linea di trascendentalit rappre sentata dal principio di non contraddizione perch nellartico lo De la mtaphysique la morale aveva in vista innanzitutto lagire umano. Egli, per, non ha mai ignorato o ricusato questa forma del trascendentale e ha sempre riconosciuto la priorit del principio di non contraddizione. Ricoeur ammet te che il principio di non contraddizione sia presupposto sia

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al livello pratico che a quello teorico. Dire, infatti, dire qualche cosa e dire qualcosa dire qualcosa che . In questo senso il principio di non contraddizione non un principio astratto o puramente logico, ma opera nellordine della realt. Il principio di non contraddizione, dunque, ha a che fare con lessere e con gli essenti e la nozione di essente presupposta sia al livello teorico che a quello pratico. Il soggetto dellazio ne, infatti, un essere che agisce e, dunque, un essente. Ricoeur, per, non avendo sviluppato una riflessione sul principio di non contraddizione e sulle sue possibili applica zioni a livello speculativo, non ha conseguentemente elabora to nemmeno una teoria del fondamento. Un asserto infatti fondato quando si dimostra che il suo opposto contraddit torio. In altri termini, il fondamento ci che toglie una contraddizione. Io posso affermare con fondatezza che Tizio non potr essere, questo pomeriggio, alle quindici, allo stadio e insieme non esserci, cio essere altrove, ad es. al cinema, perch, affermare il contrario, sarebbe contraddittorio e la contraddizione (in questo caso la contemporanea presenza di Tizio allo stadio e al cinema) non pu darsi nella realt. Proprio per questa mancanza di una teoria del fondamen to Ricoeur, quando ha introdotto la Trascendenza, lo ha sem pre fatto in via ipotetica, sia che si trattasse di ricavare la nozione di un fondo dellessere insieme potente ed efficace dallidea dellessere come atto (intesa, questultima, come sostrato dellanalogia dellagire); sia che si trattasse, invece, di rendere ragione delPesperienza della colpa e del male. M a, chiediamo noi, possibile introdurre la Trascendenza in via non ipotetica? Detto in altri termini: possibile fondare speculativamente, ossia per rimozione di contraddizione, lesi stenza della Trascendenza? In linea di principio s, se si fosse in grado di introdurre la Trascendenza come fondamento in grado di togliere una contraddizione da cui lesperienza, presa nella sua totalit, si mostrerebbe, in prima istanza, affetta. Questa la strada che, ad esempio, ha sempre battuto il pen

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ONTOLOGIA

siero di orientamento metafisico, sulle orme di Aristotele e Tommaso dAquino. Al termine del quarto libro della Metafisica Aristotele d alcuni esempi di fondazione speculativa di determinati asserti, quando dimostra la fallacia del principio secondo cui tutte le affermazioni sono tutte vere o tutte false (e, dunque, dimostra la verit necessaria della proposizione secondo cui alcune affermazioni sono vere ed altre false), oppure quando dimo stra la falsit delle teorie secondo cui tutto diviene o per cui tutto immutabile (e, quindi, la verit della teoria secondo cui alcune realt divengono e altre sono immutabili). Applica re il medesimo procedimento alla realt presa nella sua tota lit, inferendo la Trascendenza come fondamento della realt sensibile, sarebbe, in linea di principio, possibile, ma, di fatto, problematico. In questo caso, infatti, occorrerebbe prima calibrare bene il significato di tutti i termini in gioco nella dimostrazione, la qual cosa, in questo caso, non per niente semplice. Si dovrebbe, innanzitutto, fornire unadeguata semantizzazione della nozione di essere in quanto tale e, si sa, su questo punto le opinioni sono tuttaltro che unanimi. Inoltre, se da un lato si deve riconoscere Pincontrovertibilit del prin cipio di non contraddizione, dallaltro si deve ammettere che le dimostrazioni che si fondano sul principio di non contraddi zione non godono dello stesso grado di incontrovertibilit di cui gode il suddetto principio, perch nelle dimostrazioni che su di esso si fondano, entrano in gioco elementi eterogenei rispetto al principio di non contraddizione. Anche la dimostrazione dellimmobilit del tutto, fornita da Parmenide, consisteva in unapplicazione del principio di non contraddizione; poi, per, si scoperto che Parmenide non aveva semantizzato adeguatamente lessere e che la sua concezione dellessere peccava di univocismo.

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Appendice A C O LLO Q U IO C O N R IC O EU R

PRIMO ENTRETIEN1

Premessa Il presente studio ha un carattere prevalentemente teore tico, come facevo notare nellIntroduzione. Dallinizio alla fine ho cercato di dialogare con Ricoeur, ponendo delle domande a partire dai suoi testi. Mi sembrava dunque giusto rivolgere direttamente a Ricoeur quelle domande a cui non ero riuscito a trovare risposta nel corso delle mie riflessioni, per poter far luce sul non detto della sua opera, per poter ragionare assie me a lui di problemi che a me parevano decisivi. Nella prima intervista la discussione ruotata, essenzial mente, attorno ai seguenti temi: 1. Il problema relativo allo statuto epistemologico del discorso che opera la mediazione tra le ermeneutiche rivali. Ricoeur ha ammesso di essere lui stesso tormentato da questo problema e ne ha tentato una soluzione. Su questo punto egli ci fornisce alcune importanti indicazioni, che ci permettono di collocare il suo modo di intendere la filosofia allinterno di una ben precisa tradizione. Q uesta tradizione si situa allintersezione tra il filone ermeneutico del pensiero contem poraneo, che da Schleiermacher giunge sino a Gadamer, e quello riflessivo, che va da Kant a Nabert. Da Nabert Ricoeur

1 Questa discussione con Ricoeur ha avuto luogo il giorno 17 marzo 1995, presso la sede della rivista Esprit a Parigi. Il testo che ho pubblicato qui rappresenta la fedele trascrizione, riletta e approvata dallo stesso Ricoeur, della registrazione del nostro entretien.

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VERIT DEL METODO

avrebbe infatti mutuato la nozione di riflessione come ricono scimento del limite. Nel legare strettamente tra loro riflessio ne e limite Ricoeur si sarebbe rifatto, oltre che a Nabert, allo stesso Kant. Riflettere significa riflettere sullo spazio e sui limiti di validit di un certo numero di concetti, di un certo tipo di discorso. Nel conflitto delle interpretazioni la riflessio ne interviene per indicare i limiti di validit di ciascuna inter pretazione. In questo senso la riflessione mediatrice, dal momento che mette ciascuna interpretazione di fronte alla parzialit della sua verit, parzialit determinata da quello che il suo specifico punto di vista. Gadamer e tutta la tradizione ermeneutica da Schleiermacher in poi avrebbero invece inse gnato a Ricoeur a rivolgere lattenzione alla finitudine del comprendere. Le suggestioni dellermeneutica e quelle della filosofia riflessiva si sarebbero dunque incontrate nellopera di Ricoeur dando origine ad una sorta di neokantismo, perch la finitudine del com prendere, nel senso in cui la intende lermeneutica ed i limiti della conoscenza in senso riflessivo sono la stessa cosa. 2. La problematica del vero. Ricoeur ammette la possibi lit di fondare alcuni asserti sullevidenza del principio di non contraddizione, in modo tale che la loro verit risulti inop pugnabile. Egli, inoltre, riconosce che il principio di non contraddizione costituisce la condizione stessa del senso. Le sue riflessioni a questo proposito, per, non si spingono oltre quelle di Habermas, a cui del resto Ricoeur rimanda. Laspet to relativamente al quale Ricoeur fornisce un suo contributo originale un altro: esso consiste, precisamente, nelle limita zione delle pretese del senso epistemico del vero. Anche in questo caso Ricoeur esercita a buon fine il compito riflessivo. Ricoeur nota infatti che lincontrovertibilit si ottiene solo ad un livello di estrema formalit. E impossibile, per, rinchiu dersi nella torre eburnea di un trascendentalismo puro, perch le problematiche esistenzialmente pi importanti sono quelle in cui non sembra possibile procedere per rimozione di con traddizione. Su questo punto io mi ero espresso in maniera

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PRIMO ENTRETIEN

simile, quando dicevo che il grado di fondatezza di un asserto inversamente proporzionale alla sua ricchezza contenutistica. In questo contesto allora Ricoeur giustamente valorizza la phronesis aristotelica, il concetto platonico di alethes doxa e quello rawlsiano dei disaccordi ragionevoli. Dove non si pu attingere alla pura verit occorre per lo meno aspirare alla veracit. A Ricoeur molto caro il concetto di attestazione, che si lega bene a quello di veracit. I problemi morali, giuridici, pratici, osserva Ricoeur, non sono suscettibili di risposte scientifiche e, ciononostante, le teorie che li riguar dano avanzano una pretesa di verit. Questa pretesa ci porta a dare alla questione della verit uno spazio pi ampio rispetto a quello della conoscenza scientifica. Ricoeur, per spiegare in che cosa consiste il tipo di verit che caraterizza lattestazio ne, si rif ad un concetto platonico: quello della horte doxa, lopinione retta. Secondo Platone gli uomini politici non pos siedono lepisteme, n la scienza, ma Yhorte doxa, che egli chiama anche alethes doxa, ponendo luno accanto allaltro quelli che potrebbero sembrare degli opposti: lopinione e la verit. Lattesatazione appartiene alla stessa famiglia dell 'alethes doxa. Anche la discussione ed il confronto, secondo Ricoeur, sono fonte di veracit, ammesso che si possa presupporre che il consenso rappresenti un indizio della nostra vicinanza al vero. 3. La questione dellevoluzione del pensiero ricoeuriano in materia di ontologia e metafisica. Ci sarebbe infatti un Ricoeur prima maniera, che rifiuta lontologia e la metafisica in nome di suggestioni barthiane e kantiane, e un Ricoeur seconda maniera, solidamente attestato sulla linea di Aristotele. Ricoeur giustifica questa sua evoluzione dicendo che i suoi interessi per letica lo hanno portato ad un cammino a ritroso che dalluniversalismo kantiano lo ha condotto ad unetica del vivere bene dispirazione aristotelica. Il recupero dellontologia aristotelica sarebbe dunque passato attraverso la riappro priazione delletica e sarebbe stato mediato dalle reinter pretazioni dispirazione heideggeriana delletica aristotelica.

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?
VERIT DEL METODO

Questions
question: La premire partie de ma thse de doctorat a pour objet lexamen du statut pistmologique du discours philosophique qui, selon votre pense, est larbitre du conflit des interprtations. Alors, je voudrais vous demander: questce qui, du point de vue pistmologique, donne au discours qui rconcilie le conflit des interprtations le droit de se poser un niveau suprieur en comparaison des interprtations engages dans le conflit? Or, ce discours ne peut pas tre au mme niveau que les interprtations archologique et tlologique du symbolisme religieux: en effet sil tait au mme niveau que les interpr tations engages dans le conflit, le conflit serait ultrieurement embrouill au lieu dtre rsolu. rponse: J accepte bien cette question parce quelle me tourmente pour moi-mme. Je suggrerai de dire quil y a des situations trs disparates: dans certains cas il ny a pas de troisime terme (les deux termes restent affronts), dans lautre cas il y a un rapport dialectique dans le sens quon peut montrer que lun implique lautre pour se conduire son propre terme et que donc cest une sorte de croisement, nest-ce pas? Le modle pour cela, cest pour moi le rapport que je fais entre expliquer et comprendre dans les trois domaines de lhistoire, de laction et de linterprtation des textes. Alors l on peut dire que le discours philosophique consiste conduire chacun des discours adverses vers son autre. Et puis, alors, il y a une troisime situation o le discours philosophique se construit vraiment sur un autre niveau que les discours affronts. Alors je prends trois exemples dans mon travail: 1) Il y a le rapport entre lanalogie et la mtaphore dans le dernier chapitre de L a mtaphore vive, o jessaie de dire ce quest un discours spculatif qui a des rgles propres, que la mtaphore dabord est dans un certain ordre de la fiction et quil y a un discours spculatif.

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PRIMO ENTRETIEN

2) Le deuxime exemple cest la construction dun troi sime temps dans Temps et rcit entre le temps cosmique et le temps phnomnologique. J essaie de construire un tiers temps (le temps historique) qui emprunte tous les deux, mais qui est autre que les deux. 3) Et puis, alors, quand mme, je crois que lexemple sur lequel je me suis fix plus rcemment cest le rle des genres suprmes. Dans la Revue de mtaphysique et de morale de janvier 1994, jai un article qui sappelle De la mtaphysique la morale, et, dj dans Soi-mme comme un autre, bien des fois jemploie les catgories du mme et de lautre comme Platon, ou bien les significations multiples de ltre parmi lesquelles jai choisi ltre comme agir. L, alors, il y a lessai (je suis trs prudent) dun discours spculatif articul. Alors je crois que dans le conflit des interprtations quel quefois les deux termes restent juxtaposs, dautres fois on les croise, dautres fois on leur superpose en quelque sorte un discours suprieur. Maintenant, en ralisant tout a, je ne traite pas de la mme faon le conflit des interprtations. J ai employ les termes archologique et tlologique une seule fois propos de Freud, nest-ce pas? Une interprtation renvoie lautre, dans ce cas-ci, sauf quelles se croisent dans le mme texte (comme lOedipe).
question: Est-ce quon peut dire que au-dessus du conflit des interprtations il y a tout ce quil faut pour avoir une interpr tation, pour avoir un langage, et plus encore pour avoir du sens: cest--dire tout ce qui est commun toutes les interprtations? Le principe de contradiction, par exemple, sans lequel une interptation ne serait pas une interprtation, mais un non-sens. rponse: J ai rencontr ce problme l dans lcole de Otto Apel et Habermas lorsquils parlent de la contradiction non pas logique cette fois, mais performative; ctait le genre dargument qui tait toujours utilis contre les sophistes: vous

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VF.RITt)EL METODO

dites quelque chose donc vous affirmez quelque chose dautre. Je crois que l il y a eu une avance importante, savoir que cest une contradiction non dans le contenu smantique, mais dans lacte daffirmation. Si vous disiez: la chaise est sur le tapis, mais je ne le crois pas, vous vous contrediriez, parce que est prsuppos que si je dis que la chaise est sur le tapis je le crois, et donc je me contredis, pas au niveau de laffirma tion, mais au niveau de lacte daffirmation. Je suis trs sensi ble a, parce que cest la condition mme de la discussion.
question: Est-il aussi possible, selon vous, de trouver une

forme de Pelenchos qui ne soit pas engage dans le langage ou dans une situation inter subjective? Parce que une situation intersubjective est toujours une situation problmatique: sil y a du langage il y a aussi de linterprtation, et alors lelenchos dans ce cas-ci nest pas fond totalement.
rponse: Oui, peut-tre. Mais tre dans le langage est une situation fondamentale, il faut que nous soyons dans lespace conflictuel du discours o il ny a pas de superdiscours qui rgle nos diffrences. John Rawls, par exemple, parle de consensus par recoupe ment, cest--dire quon se croise partir de positions diff rentes; cest quand mme une situation assez nouvelle que nous acceptions de lier des diffrences dans la situation du discours. Il ny a pas despoir que tout le monde pense de la mme faon, et cette situation est masque par lautorit re ligieuse, politique, et par lautorit en gnral. C est pourquoi les rgles pragmatiques sont, elles, utiles. question: Alors, selon vous, ce type de philosophie qui cherche trouver des vrits, comment dire, bien fondes, vraies tout court, nest pas possible? rponse: Si, je le crois, mais un niveau dextrme forma lit. Par exemple, je me suis intress aux derniers dialogues platoniciens o il y a un essai de construction dialectique quil
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PRIMO ENTRETIEN

appelle des grands genres. Et peut-tre que cest au niveau des ces grands genres que je chercherais ces vrits. C est a la problmatique que javais tudie dans le dernier chapitre de La mtaphore vive o javais annonc ce que jai ralis dans Soi-mme comme un autre, et puis surtout dans cet article paru dans la Revue de mtaphysique et de morale {De la mtaphysique la morale, janvier 1994) o jai essay de me mettre en accord avec moi-mme, au moins, sur cet usage de ce que jappelle, si vous voulez, mtacatgories. M oi, je crois quelles sont prsupposes par tout le monde, parce que, dune certaine faon, la rgle de non contradiction peut tre formu le sur la dnomination des mtacatgories du mme et de lautre. Mais, alors, il y a lautre, justement, dans la multi plicit de linterprtation, et aussi la situation dialogale ini tiale: cest partir de situations diffrentes que nous pensons. Puis il y a le problme de la catgorisation de lautre: estce que lautre est autre chose que le corps propre, que la conscience personnelle? M oi, je crois que a aussi fait partie dun discours universel. Il faut quon se pose des questions sur les conditions de la pense, mais on ne doit pas senfermer dans un transcendantalisme extrme.
question: Dans De linterprtation. Essai sur Freud et Le conflit des interprtations il y a le problme du rapport entre vrit et interprtation.... rponse: Lide dinterprtation ne peut pas tre oppose celle de vrit, parce que si je ne crois pas vraie mon interpr tation je ny suis pas rattach, les Allemands disent trs bien fr wahr halten, cest--dire tenir pour vrai. question: Oui, mais dans le conflit des interprtations, o il y a des interprtations qui sopposent, on se demande o est-ce quil y a la vrit. rponse: Oui, mais on peut montrer que toute interprta tion est lie une situation limite, la finitude de la compr249

VERIT DEfM ETO DO

hension joue un trs grand rle, savoir que si je ne peux pas aborder un problme de nulle part, je laborde partir de ltat de la discussion un certain moment historique, et donc ma rflexion est conditionne par ltat de la discussion. Toute comprhension est dabord une prcomprhension avec des prju gs, alors c est par un travail critique sur cette prcomprhension quon peut viser luniversalit. J ai rencontr le problme surtout sur le plan moral: jus qu quel point peut-on tenir pour universellement vrais des prceptes comme tu ne tueras pas, tu ne mentiras pas? Alors moi, je serais port dire que nous prsumons en quel que sorte luniversel et nous y croyons jusqu ce que nous soyons dans une situation de conflit o quelquun essaie de dstabiliser, de proposer une alternative, et alors il y a un espace de discussion, et il y a bien un autre horizon. Est-ce que cet universel prsum a rsist lassaut, nest-ce pas, dune contradiction, dune opposition? Est-ce que, alors, nous sommes tombs dans une situation dindiffrence absolue? Il y a une sorte dhistoire de la communication, une his toire de la discussion et les discussions les plus fertiles ce sont celles dont lissue est imprvue, o lon nest pas l seulement pour dfendre la position initiale, mais aussi pour avancer vers une position qui, justement, nest rendue possible que par la contradiction, par la discussion. M oi, je pense que a cest surtout vrai dans le domaine moral, dans ce que jappelle la sagesse pratique, la phronesis. J ai pass la matine avec un mdecin, professeur de mde cine, qui enseigne lthique mdicale dans des situations de soins palliatifs. Quest-ce quil faut faire dans des cas o il y a des patients qui ne peuvent pas gurir? Comment fonc tionne une dlibration dquipe? Vous avez le malade, dans la mesure o il est encore conscient, vous avez le mdecin, vous avez la famille, vous avez des amis, vous avez un prtre, et alors il se passe quelque chose l et la situation idale cest lorsquun consensus se dgage de cela. M ais quelquefois il ny a pas de consensus, et alors il y a une dcision autoritaire du

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PRIMO ENTRETIEN

chef de service qui est l, par exemple dbrancher lappareil respiratoire ou cardiologique. Par exemple, rien nest plus proche de la pratique mdi cale que le traitement abusif, si vous voulez prolonger la vie indfiniment ou pratiquer leuthanasie. On ne sait pas si on fait de leuthanasie en arrtant les appareils ou si on respecte la volont humaine, alors l nous sommes dans un ordre o il y a vrit, si on entend par vrit la seule chose faire ici et maintenant, lorsquelle peut sortir d une dlibration. Dailleurs je dirais que lthique se joue l-dessus, pas sur les grands principes tu ne tueras pas, tu ne mentiras pas. Prenez la discussion sur la guerre juste au Moyen Age, les problmes moraux posent des problmes de ce genre-l, il y a eu des conflits inexpiables, dautres fois on arrive un consensus par recoupement. 11 y a aussi le cas o on arrive ce quon peut appeler (selon les crits de John Rawls) des dsaccords raisonnables, cest--dire: je ne suis pas daccord avec vous, mais je comprends quon puisse dire a, cest-dire que a cest plausible, plaidable. Cela joue un grand rle dans la discussion publique, parce que il y a des adversaires avec qui on na rien se dire. Je pense, par exemple, la situation avec lIslam: il y a des vrais musulmans avec qui on peut discuter. Je crois quil faut bien voir toutes les nuances entre ces situations: laccord de principe sur les principes fondamen taux, et puis, lorsquon arrive des problmatiques trs dter mines, trs singulires, les dsaccords ouverts, le consensus, les dsaccords raisonnables, la solution autoritaire et la diver sit des solutions.
question: Cela cest trs intressant parce quil y a tou jours dans la dcision un croisement entre le pratique et le thorique. La dcision est toujours situe dans un segment dont les bouts sont le pratique pur, cest--dire la dcision sans raisons que nous pourrions, peut-tre, appeler violence, et le thorique pur.

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VERIT DEL METODO

rponse: Oui, ce sont des extrmes. Je me rappelle tou jours la trs bonne prface de Eric Weil de son grand livre Logique de la philosophie, et la longue introduction qui est intitule Violence et discours o il dit quentrer dans le dis cours cest sortir de la violence. M ais Foucault a montr que bien de ces situations de discours sont des situations de vio lence cache: discours autoritaire, discours du matre, dis cours dintimidation. Justement ce matin, dans cette discussion que javais avec ce mdecin nous avons rflchi sur des situations o lon est toujours au croisement entre une relation hirarchique au patron, nest-ce pas, et puis lhorizontal, - les soignants et tous ceux qui sont autour du mourant partager. question: Et alors peut-tre que le rle du philosophe, du moment que la dcision se place toujours dans le moyen, entre les deux bouts du discours pur et de la violence, est de montrer ce quest ce discours pur, cette vrit de la praxis, pour comprendre quand on sapproche et quand on sloigne de cela. rponse: Plus que la vrit cest la vracit, cest--dire quil faut aussi aider les adversaires aller jusquau bout de leurs arguments: lutter contre le non dit, le refoul, linterdit, le tabou, porter la lumire du jour ce que Habermas appelle toujours largument le plus fort: donnez-moi votre argument le plus fort. Je dois tre prt ce quon me demande: quel est vtre argument le plus fort pour dire ce que vous dites? Un autre problme, qui nest pas si loin, est que moi je pense que le philosophe nest plus celui qui donne la vision du monde valide pour tout le monde, mais quelquun qui travaille, justement, dans des cycles bien dtermins, avec les historiens, par exemple, qui ont le mme problme du juge ment sur le gnocide, avec les psychiatres, les linguistes, les mdecins, cest--dire avec des situations o il y a finalement des problmes de dlibration dans des situations concrtes.

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PRIMO ENTRETIEN

Alors la vrit, elle est prsume, comme si nous nous mettions daccord sur le fait quil y a quelque prsupposition que, plusieurs, on sapproche d un point de vrit; mais il faut admettre que, dans une autre constellation de discussion, ce ne sera pas forcment la mme solution qui sera adopte. L nous sommes plutt dans lordre de la pratique et cest dans ces situations-l que je me suis plac depuis quelques annes.
question: Que pensez-vous des tudes quont menes sur

votre pense Peter Joseph Albano et David Tracy, qui propo sent dintgrer la mtaphysique votre perspective philoso phique? Est-ce que dans votre refus de la mtaphysique au sens classique du terme jouent un rle fondamental les limi tations poses par Kant dans la Critique de la raison pure, ou bien le refus barthien de la thologie naturelle, ou bien encore lide typique de la thologie protestante (en particulier barthienne) de linviolable transcendance divine et de lobscu rit profonde du coeur humain?
rponse: Finalement de moins en moins. Je me permets de dire que dans cet article-l de la Revue de mtaphysique et de morale jai toujours plaid pour une mtaphysique de lacte, de ltre comme acte. Finalement cest a le fond de la pense qui ne parat vraiment, vritablement, que dans Soimme comme un autre, o je dis que les capacits dont je parle, de pouvoir, agir, pouvoir parler, pouvoir se raconter, pouvoir tre imputable, sont toujours des capacits o il sagit de pouvoir. Or, le pouvoir suppose les mtacatgories de potentialit et dactualit, et alors l je suis sur la ligne de Mtaphysique E 2 dAristote o il parle dune pluralit de significations de ltre. Alors, donc, moi je ne me sens pas du tout protestant, barthien, antimtaphysique, l je suis au con traire dans la ligne aristotlicienne, mais alors jaccepterais dtre classifi du ct ngatif dans la mesure o, en gros, la mtaphysique occidentale a prfr ltre comme substance ltre comme acte et puissance. Si on identifie la mtaphysique

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au substantialisme, oui, alors je suis de lautre ct, mais a ne veut pas dire quil ny ait pas une autre mtaphysique possible. Trs souvent je fais rfrence au conatus de Spinoza. Moi, je regarde avec une trs grande admiration la philosophie de Spinoza, mme si on dit quelle est un panthisme, ce nest pas a qui mintresse, mais cest quil dfinit vraiment ltre comme puissance, et dailleurs il emploie le mot de substantia actuosa, en acte, en puissance, et Schelling aussi, et mme tout un ct de Leibniz. Je suis de plus en plus impressionn par la philosophie de Leibniz contre Descartes, le dynamisme contre le mcanicisme, lide dune dynamique de ltre et que cette dynamique croissante arrive la conscience et puis la rflexion, la communaut, moi, jy suis trs attach. M oi je ne voudrais pas couper lthique de lontologique, mais justement pas par nimporte quelle ontologie. M oi jai un autre travail qui nest pas publi o jai essay de mener une rflexion ontologique. Il sera publi cet hiver aux Etats-Unis, cest un travail un peu dexgse biblique sur le je suis qui je suis et je me suis bien intress cel parce que tout le monde a propos une solution, mais souvent sans comprendre que, l, cest vraiment le verbe tre, mais dans aucune des significations rencontres par les Grecs: il y a une sorte dlargissement du sens du verbe tre, cest le sens de ltre avec, de ltre fidle, cest ltre de laccompagnement dun peuple, mais cest vraiment une autre dimension de ltre. Quand Aristote a dit quil y a une varit de significations de ltre il navait pas prvu ltre de Exode 3.14. Donc, moi je suis plutt pour cette sorte d largissem ent de lontologie plutt que pour un renversement de lontologie en passant du domaine grec au domaine hbraque.
question: O est-ce quil va paratre? rponse: C est dans un livre collectif qui est intitul Thinking Biblicaly, o il y a des travaux dexgse scientifique et dexgse philosophique. On a choisi Je suis qui je suis, la notion de cration, le commandement tu ne tueras pas et puis le psaume

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de plainte Mon Dieu, mon Dieu pourqoui mas-tu abandonn?, et puis je crois, pour finir, le Cantique des Cantiques. Et alors moi je fais une sorte de thologie philosophique ou de philosophie thologique. J ai su avant-hier que ctait accept par un diteur amricain aprs deux ans de ngociation, comme cest un genre hybride et aux Etats-Unis on naime pas les choses comme a, on demande: vous tes thologien ou philosophe, vous tes exgte ou quoi? Mais finalement on a trouv un trs bon diteur, cest Chicago University Press2. Je rponds lexgte de mtier, de terrain, qui me demande une rflexion philosophique sur la cration en distinguant le commencement de lorigine. Le commencement cest plutt le dat, et en le cherchant vous arrivez au Big-bang ou je ne sais quoi; dautre part lorigine est, comme dit Lvinas, immmoriale, dailleurs elle est ni passe ni prsente, elle est source, on peut dire quelle est toujours dj l, mais prcisment ce nest pas un commencement quon peut dater, dailleurs on remonte vers le commencement alors quon descend de lorigine, on procde de lorigine, tandis quon remonte vers le commencement. J essaie de dire a: ce qui caractrisait le mythe pour les orientaux, ctait quils navaient pas fait la distinction entre commencement et origine; parce que les sciences lont permis. Nous, alors, pouvons, peut-tre, mieux comprendre le mythe comme mythe dorigine en ce sens de le considrer comme explication du commencement. Comme cela on peut composer le conflit entre religion et pense scientifique.
question: Je crois, pour revenir la question, que, entre votre pense et la mtaphysique ou lontologie au sens classique du terme il y a, peut-tre, Kant, mais pas pour ce qui concerne lontologie, plutt pour ce qui concerne le rapport entre rationalit et ontologie, cest--dire que vous prfrez utiliser
2 Ricoeur, nellintervista, fa riferimento alledizione inglese, dove il suo testo pubblicato nella traduzione inglese. Il testo originale invece contenuto nelledizione francese (P. L a c o c q u e - P. R ic o e u r , Penser la Bible, Paris 1998, pp. 335-371).

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VERIT DEL METODO

plutt un discours qui privilgie lapproche hermneutique du symbolisme religieux et de la mtaphore afin dclairer la dimension mtaphysique et transcendante.
rponse: Surtout dans la premire phase, parce que, aprs, je suis revenu de plus en plus un discours aristotlicien, et non seulement en thique, mais en ontologie. La dernire phase, cest celle de Soi-mme comme un autre. Quarante ans aprs la Symbolique du m al o jtais plus antimtaphysique, cest vrai, et peut-tre plus marqu par des philosophes protestants trs marqus par Barth sur qui jai crit des articles quon peut retrouver dans Lectures 2. Ces philosophes protestants disent: pas dontologie, mais, maintenant je ne suis pas du tout sur cette ligne-l. question: Est-ce quon peut parler pense? Vous venez de dire, en effet, comme L a mtaphore vive et Temps approche diffrente de lontologie en mme comme un autre.

dun tournant de votre que dans des ouvrages et rcit il y avait une comparaison avec Soi-

rponse: videmment ce sont mes lecteurs qui peuvent juger sur cela. J ai essay de mexpliquer dans une autobiogra phie intellectuelle que jai publie dans la collection amri caine Library of living philosophers; dans cette collection il y a un volume qui porte mon nom simplement, Paul Ricoeur. L je me suis pos le problme de la continuit et de la rupture, et telle que moi je les vois, et je commence en disant que je nai pas le droit plus que personne de juger: je suis un interprte, la seule diffrence est que cest moi qui ai crit a, donc ce nest pas la mme chose que les autres, mais lhypo thse de la continuit, lhypothse de la rupture, cest la ques tion que tous les philosophes se posent: cest--dire est-ce quil y a une premire manire et une deuxime manire? Je ne peux pas du tout me comparer aux plus grands, mais pourquoi pas ne pas changer dides?

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question: Ce que je trouve intressant, cest quand vous dites quil y a une diffrence, que maintenant vous tes plus aristotlicien quauparavant: est-ce que vous pensez des cau ses qui ont dtermin cette diffrence? Quest-ce qui sest pass? rponse: Je pense: le fait de mtre intress au champ pratique, la praxis, et a ma inluctablement ramen de Kant Aristote par un mouvement, si vous voulez, rgressif, de Puniversalisme kantien une thique du vivre bien. Je dois dire que je le dois aussi beaucoup dinterprtations postheideggeriennes des Grecs. L il y a quand mme certaine ment le passage par la notion de souci, de Sorge dans Sein und Zeit, je ne le nie pas du tout. M ais cest quand mme dans Soi-mme comme un autre que je cherche mettre un ordre parmi toutes ces influences, en particulier dans le der nier chapitre qui sappelle Vers quelle ontologie?. C est le seul chapitre qui a un point dinterrogation, dailleurs, parce que je ne suis jamais totalement laise dans ce problme-ci. Et puis dans larticle De la mtaphysique la morale (1994, janvier, Revue de mtaphysique et de morale): cest un texte publi en mme temps que lautobiographie intellectuelle.

travers lanalyse de votre oeuvre, on comprend que, selon vous, la sphre du monde interprtatif nest pas une sphre ferme de laquelle on ne peut pas sortir. Vous, en effet, utilisez des formes du discours philosophique qui prtendent faire clater la sphre ferme du monde interprtatif. Dans vos ouvrages, vous montrez que vous voulez faire clater thiquement le cercle interprtatif: la notion dattesta tion, par exemple, reprsente comme une croyance non doxique, comme une croyance en, ou encore comme con fiance, a lincontestable prtention de briser les barreaux de la cage interprtative pour saisir le soi comme il est. Ainsi, limputation morale a le rle suivant: le me voici! que nous prononons sur son appel en finit avec lindfini enchevtrement de lautointerprtation.

question:

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rponse: Vous avez bien fait de soulever cette question de

lattestation, parce que lattestation se place bien dans la di mension de la vrit. C est laffirmation que les questions morales, juridiques, pratiques, politiques ne sont pas suscep tibles de rponses scientifiques, et pourtant elles ont une pr tention la vrit, ce qui amne dcoupler vrit et connais sance scientifique, en donnant la notion de savoir pratique un statut pistmologique. Je viens de faire une confrence sur le Menon de Platon et jai retrouv la horte doxa, lopi nion droite. Platon dit que les hommes dtat nont pas lpistme, ni la science, mais ils ont lhorte doxa, et il lap pelle aussi alethes doxa, et mettre alethes avec doxa cest...., et ce que jappelle attestation cest de la mme famille que Palethes doxa.
question: Quel rapport y a-t-il entre votre pense et celle de Lvinas propos de la dcision et de lattestation, par lesquelles un problme thorique est rsolu au niveau thi que? Y a-t-il chez vous aussi cette inclination privilger las pect pratique en comparaison de laspect thortique? rponse: Oui, mais videmment Lvinas est beaucoup plus hostile que moi lontologie parce quil pense que la grande ontologie de notre temps cest celle de Heidegger, et alors pour lui ltre de Heidegger est un tre total et donc totali sant, et donc totalitaire, vous voyez, il y a donc un glissement, et donc lthique doit faire sans ontologie; mais moi, en liant lthique lagir et lagir ltre comme acte, je suis beaucoup plus sensible larticulation thique-ontologique. question: La rflexion (comme elle lest entendue dans Le volontaire et linvolontaire), me semble-t-il, se pose comme une autre faon travers laquelle on peut dpasser la simple interprtation. Dans ce cas, toutefois, le mouvement de d passement de linterprtation revt des formes plus proches de celles de la pense husserlienne. Ici, en effet, avec le mot rflexion, vous vous rfrez un discours qui nest pas
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dmonstratif, pas objectif, mais qui en mme temps est en mesure de dpasser la simple observation. Ce caractre du discours philosophique permettrait de distinguer le savoir philosophique du savoir scientifique. La philosophie en tant que rflexion montre, mais ne dmontre pas. Il me semble que la rflexion peut tre qualifie de procd de mdiation, o la mdiation nest pas entendue comme dmonstration, mais comme duplication de limmdiat, cest--dire comme rappropriation de limmdiat travers un retour sur celui-ci et donc travers une r-flexion. Quest-ce que vous pensez, aprs plusieurs annes de la publication de Le volontaire et linvolontaire, de cette faon de comprendre la rflexion? Pensez-vous encore quil soit possible de dpasser linterprtation travers la mdiation rflexive?
rponse: Je crois que ce qui est en jeu ici cest mon rap port avec Nabert, parce que jai tout fait adopt sa dfini tion de la rflexion. Lide centrale de Nabert cest que lacte fondamental de la pense cest le jugement, cest--dire donc essentiellement une opration, donc une action pense, et que nos actes de pense sont comme oublis en tant que actes dans le rsultat qui en est lobjet, comme si, en quelque sorte, lacte sensevelit, senveloppe dans son objet; et alors la r flexion consiste retrouver le percevoir dans le peru, lacte de mmoire dans le souvenir, etc. Mais, au fond, cest ce que javais essay de faire en essayant de retrouver lintention du projet dans ce que jappelle le pragma, la chose faire par moi, et dans la rflexion cest le mouvement de retour de lobjet devant moi lacte oprant, cest pas trs loin dailleurs de ce que Merleau-Ponty appelle la parole parlante par rap port la parole parle: la parole parlante dans la parole par le, cest cela que jappelle rflexion. question: De ce point de vue, peut-tre quil serait intres sant de rflchir sur le rapport entre rflexion et vrit. La r flexion aussi nous donne un moyen de nous approcher du vrai.
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VERIT E L METODO

rponse: Oui, mais cest la vrit sur quoi? Ce nest pas la vrit sur les objets qui a ses rgles propres, mais la vrit des actes, cest--dire dabord la reconnaissance de la dimension du sujet lui-mme comme tant oprant. Alors, reconnatre la dimension oprante du sujet, cest cela la vrit de la r flexion, cest quelle est adquate au mode dtre du sujet qui est dtre intentionnel et capable de rflchir sur sa propre intention, et donc se rcuprer comme acte qui se perd dans son objet, qui soublie dans son objet. Quand je vois votre visage, cest le visage qui est lobjet, mais quand je me re garde, cest lacte qui est lobjet. Alors, dsensevelir en quel que sorte les actes de leurs objets investis, cest cela la r flexion. La vrit de lattestation.... Je crois que je peux, cest la vrit de lhomme capable, de ltre capable. question: C est une vrit au sens pratique du terme. rponse: Oui, si en disant vrit au sens pratique on veut dire quelle est une vrit de la pratique, mais pas quelle est une vrit pratique. question: Quel rapport y a-t-il entre ce sens-ci du mot rflexion et la rflexion entendue comme mdiatrice du con flit des interprtations? rponse: J improvise un peu la rponse parce que je ne me rappelle pas cet usage que javais fait du terme rflexion. La rflexion serait dabord reconnatre la limite, parce que je crois quil y a un rapport trs troit entre rflexion et limite, je suis trs kantien l. Rflchir cest aussi rflchir sur les pace de validit dun certain nombre de concepts, mais aussi sur les limites de validit, et donc la rflexion est au bord de la frontire, au bord de la limite, le gardien de la frontire. Alors, comprendre, dans le conflit des interprtations, que une interprtation est valide dans certaines limites, o les conditions de validit sont aussi les conditions de la limite de validit, veut dire que la rflexion est mdiatrice, parce quelle
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PRIMO ENTRETIEN

fait comprendre chacune des parties que sa vrit est dter mine par une certaine attente (biologique, scientifique, mo rale), elle est une rflexion sur les limites et sur lespace de validit dun certain type de discours, dans une condition de finitude qui atteint tous les discours, qui sont toujours prc ds par une phase de prcomprhension, o dj le ce sur quoi on parle est antrieur ce que lon dit. J ai retrouv dailleurs cette situation dans le Menon de Platon, parce que l arrive une sorte daporie: est-ce quon peut chercher ce que lon ne connat pas? Mais si on ne le connat pas on ne le cherche pas, et si on le reconnat cest parce quon lavait toujours su. Mais alors on saperoit que le ce que lon sait est objet de doute, mais pas le ce sur quoi on parle. Alors dans toute discussion nous avons la prsupposition dun ce sur quoi nous parlons: de quoi sagitil ici? Dans quel domaine discutons-nous? Alors il y a toujours des prsuppositions... cest la fois un passage douverture au-del des objets de la discussion et un temps de fermeture parce que cest de cela quon parle et pas dautre chose. L quand mme jtais trs marqu par Gadamer, le croisement entre Gadamer et Nabert est dailleurs tel que pour moi cest un objet dincertitude de savoir ce que je dois lun et ce que je dois lautre: je dois certainement Nabert le sens de rflexif, au double sens quon vient de le dire: rflchir sur la composante dacte de toutes nos oprations de pense, et dautre part la rflexion sur la limite de validit dun discours; et puis dautre part la finitude de la comprhension, qui vient, dailleurs, de toute lhistoire de lhermneutique de puis Schleiermacher. Alors peut-tre que ces deux se croisent dans une sorte de nokantisme, parce que la finitude de la connaissance au sens hermneutique et puis les limites au sens rflexif sont finalement la mme chose: toute comprhen sion est finie, mais a veut dire aussi toute connaissance est limite.
question: Peut-tre que, en comparaison de Gadamer, vous tes plus sensible aux questions de mthode?
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VERIT DEL METODO

rponse: Oui, partir des sciences humaines, cest certain. Mais ce que je disais tout lheure est que je comprends les philosophes plutt comme offrant leurs services des pen seurs dans des champs dtermins comme la linguistique, la psychanalyse, le droit, la philosophie tant non pas un arbitre, mais un aide la lucidit et la prcision conceptuelle, et largumentation correcte, bien conceptualise, bien argumente, et cest comme cela que lon peut tre partie prenante dans une quipe de recherche qui a aussi un ce sur quoi dtermin. On parle de droit ou bien de linguistique en ap portant le service rflexif: quels sont les concepts majeurs derrire cela, quelles sont les conditions de possibilit du discours, etc., plutt que donner une vision du monde. Je ne crois pas que la fonction de la philosophie soit celle-ci..., en tout cas je ne suis pas capable de faire a, peut-tre que cest une vision plus modeste de la philosophie. question: Ce que je trouve trs intressant dans votre philosophie cest lutilisation de diffrentes mthodes aux fins de mieux comprendre le soi humain: jy trouve la rflexion au sens de Nabert, mais aussi la phnomnologie husserlienne, lhermneutique, la philosophie de la praxis et du langage de la tradition anglo-saxonne, etc., etc. rponse: Alors l cest un problme, savoir si tout a se tient ensemble: est-ce que cela cest fragmentaire, je nen sais rien, ce sont les critiques qui peuvent dire a. On peut dire: vous tes clectique, ou vous imposez votre cohrence tout le monde, je nen sais rien moi-mme. Le lecteur en a le droit imprescriptible, lauteur nest en rapport lui-mme que par rapport des lecteurs. C est lui-mme qui a crit loeuvre, mais il na pas le droit absolu de dire quelquun: non, voil ce que jai voulu dire, vous vous trompez compltement: je nai jamais dit a personne; on ne peut dire a quen gros, quand on est dans linterprtation des grands ensembles, des grandes articulations. Est-ce quil y a un changement entre le dbut et

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PRIMO ENTRETIEN

la fin? Bon, cest vrai, en cinquante ans jai chang: dabord jai lu dautres livres et puis le paysage philosophique a chang, a c est trs im portan t. M oi, j ai com m enc en priode dexistentialisme, jai travers le structuralisme et puis maintenant je me trouve devant des post-je-ne-sais-quoi, la dconstruction, etc. Une longue vie comme la mienne est aussi une traverse de multiples paysages philosophiques, et alors la ngociation avec ses contemporains, qui sont tantt des amis, tantt des adversaires, est chaque fois diffrente par la nature mme de la confronta tion; alors l il y a un lment historique qui lie aussi les diffrentes situations dans lesquelles la discussion sest droule.

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wIsa s

SECO N DO EN TRETIEN 3

Premessa Anche in questa seconda intervista viene affrontato il tema della verit. Questa volta Ricoeur insiste nel sottolineare il carattere plurivoco della nozione di verit. Per questo motivo egli prende le distanze da Heidegger, il quale vede nella verit intesa come concordanza una sorta di derivato o di sostituto rispetto alla verit-scoperta. Secondo Ricoeur occorre invece preservare la diversit tra i vari sensi del vero (Ricoeur fa lesempio della verit scientifica, della verit concernente lor dine dellazione e della verit estetica), evitando di imporre gerarchie. N el sostenere la multivocit del vero Ricoeur si rif ad Aristotele e ai medioevali. Da Aristotele mutua lidea se condo cui vi sono tanti metodi quanti sono gli oggetti, legan do la plurivocit del vero alla multivocit dellessere. Dai me dioevali riprende la dottrina dei trascendentali, osservando che i trascendentali (il bello, il buono, il vero) rappresentano delle regioni distinte delladeguazione, poich ciascuno dei trascendentali ha una propria modalit di autopresentazione. Sul tema della plurivocit del vero Ricoeur prende le distanze anche da Kant. Per preservare la plurivocit del vero occorre infatti riconoscere la fragmentazione e lautonomia dei vari campi di ricerca, cosa che non sembra verificarsi nel pensiero di Kant. La Critica della ragion pratica infatti costruita sul
3 II secondo colloquio ha avuto luogo marted 12 marzo 1996 a Venezia, presso la Fondazione Levi.
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modello della Critica della ragion pura: per opposione di un livello a priori (trascendentale) ad un livello empirico. Lordi ne dellazione, per, si oppone a questa decomposizione e, dunque, su questo punto meglio rivolgersi a Hegel che a Kant. In Kant la ragione pratica non la ragione teorica, ciononostante essa viene costruita sul modello della ragione teorica. Questo parallelismo di costruzione non fa altro, se condo Ricoeur, che portare ad una duplicazione della ragione teoretica. In tema di ontologia Ricoeur, in questa intervista, precisa la sua collocazione rispetto ad Aristotele e ad Heidegger, collocazione non facilmente coglibile dai suoi testi. La discus sione si incentra in modo particolare intorno al diverso modo in cui Heidegger ed Aristotele considerano i concetti di dynamis ed energheia ed il loro rapporto. Ricoeur afferma di non essere convinto dagli esempi che fa Aristotele e dalla distinzione aristotelica tra atto e potenza. Atto e potenza costituiscono, secondo Ricoeur, un continuo. In questo senso Ricoeur si richiama piuttosto al conatus spinoziano, che un misto di atto e potenza. In Aristotele la potenza subordinata allatto, non solo sul piano ontologico, ma anche su quello gnoseologico: la potenza pu essere conosciuta solo a partire dallatto. In Ricoeur, al contrario, lattestazione rappresenta una conoscenza della potenza. Molto interessante, sempre rimanendo in tema di ontolo gia, il recupero che Ricoeur ci propone, in questa intervista, della nozione aristotelica di ousia. llousia Tessente. Il termi ne greco ousia, secondo Ricoeur, stato mal tradotto con il latino substantia. La tradizione posteriore ad Aristotele ha operato il passaggio daWousia alla substantia, dando il via a quella tradizione sostanzialistica contro cui Ricoeur ha spesso polemizzato, opponendole unontologia dellessere come atto. La nozione di sostanza, osserva infatti Ricoeur, si caratterizza in rapporto a degli attributi mobili (a degli accidenti); essa rappresenta ci che permane, ci che pu essere identificato in quanto rimane sempre identico a se stesso, llousia, invece, , per Ricoeur, ci che sempre soggetto, ci che non pu
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SECONDO ENTRETIEN

mai svolgere il ruolo di predicato: questa la sua sola carat teristica. L'ousia un essere singolare, un questo. Ricoeur recupera la nozione di ousia attraverso la filosofia analitica, la quale definisce Vousia come ci che si pu mostrare e indi vidua tre categorie che soddisfano al criterio cYousia-. i pronomi deittici, i nomi propri e le caratterizzazioni definite. Il vantaggio dellapproccio della filosofia analitica al problema dell ousia consiste nellevitare la querelle dei medioevali sulla sostanza, andando direttamente al criterio linguistico de\Yousia-. ci che non mai predicato. Un altro problema molto importante che Ricoeur affronta in questa intervista costituito dalloscillazione che data osservare nei suoi testi in materia di ontologia. In alcuni scrit ti quali Soi-mme comme un autre, De la mtaphysique la morale, Ngativit et affirmation originaire, De linterprtation la traduction, Ricoeur spinge lontologia sino allaffermazio ne teologica. In altri scritti, invece, egli sostiene che le significazioni dellessere, di cui parla Aristotele, permettono di precisare lo statuto dei vari essenti, ma non di elaborare una teoria dellessere distinta da queste significazioni multi ple. Tanto pi se questa teoria pretende di designare lente che possiede lessere come sua essenza. N ellintervista Ricoeur attribuisce queste oscillazioni al fatto di aver sempre cercato, senza esserci riuscito, di attenersi allagnosticismo in filosofia. Questo agnosticismo sarebbe infatti stato tradito in alcuni testi in cui egli dice di aver compiuto delle avanzate arrischiate ed avventurose. Oggi, comunque, egli dice di non aspirare pi a quellascetismo concettuale, che lo aveva obbligato a far professione di agnosticismo in filosofia. Infine, Ricoeur ammette di non essersi interessato a problematiche epistemologiche, quali per esempio quella rela tiva alluso sintetico del principio di non contraddizione, perch i suoi interessi si sono concentrati, in particolare, su problemi pratico-morali. Egli, comunque, riconosce il caratte re trascendentale del principio di non contraddizione. Ricoeur giunge addirittura ad ammettere che il principio di non con traddizione, essendo il principio della determinazione, pi
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VERIT DEL METODO

originario dei trascendentali stessi. Senza il principio di non contraddizione non si potrebbero nemmeno distinguere tra di loro i trascendentali. Il principio di non contraddizione non un principio della sola ragione teoretica: dire significa dire qualcosa, dire qualcosa significa dire qualcosa che , osserva Ricoeur sulla scorta del libro Gam m a della M etafisica aristotelica. Dunque, si pu dire che il principio di non con traddizione non solo un principio che regola il linguaggio, esso, infatti, opera nellordine del reale preso nella sua pi ampia generalit. Il principio di non contraddizione, quindi, opera anche a livello etico, perch gli esseri che agiscono sono comunque degli essenti e la nozione di essente soggiacente sia al livello pratico che a quello teorico.

La thorie de la vrit
question: Il me semble que la notion de vrit comme dcouverte, que Heidegger nous a propose dans lessai Sur lessence de la vrit et dans laquelle Gadamer voit quelque chose qui clate les structures interprtatives sclroses ou les modalits relationnelles prtablies et stables, a fortement conditionn votre pense. Lide heideggerienne de vrit me semble se joindre bien la notion de vrit mtaphorique. La mtaphore, en effet, redcrit la ralit, elle en dvoile les aspects cachs et inima ginables, elle porte la lumire des modalits nouvelles et inattendues de ltre au monde, elle nous introduit dans la dimension de la vrit comme dcouverte et non plus comme adquation un rel dj donn. Loeuvre littraire son tour, comme vous nous enseignez, tale un monde devant soi, elle devient une dcouverte pour le lecteur. Ainsi, dans Temps et rcit, vous montrez que la narration donne une signification nouvelle la dimension temporelle de notre exprience, comme dans La mtaphore vive vous aviez montr que la posie redcrit notre monde. Loeuvre littraire aussi contribue largir lho-

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SECONDO ENTRETIEN

rizon et le monde du lecteur, en lui annonant des possibilits nouvelles, des dimensions nouvelles de lexistence. Et donc, dans ce sens, on peut dire que la vrit de loeuvre littraire est une vrit au sens heideggerien. N est-ce pas?
rponse: Oui, je suis tout fait daccord. Je penserais ceci, quil faut garder, peut-tre, une plurivocit de lide mme de vrit. Ce, peut-tre, quoi je rsisterais chez Heidegger, cest lide dune sorte de substitution ou mme de drivation de lide de vrit comme concordance entre le jugement et le rel de la vrit-dcouverte. Il me semble quil faut garder lide de plusieurs champs, 'de plusieurs domaines o, peuttre, la vrit a un sens diffrent. Ici je suis alors trs proche de Jean Ladrire dans ses analyses, lorsquil propose trois modalits de la vrit: a)Il faut quand mme rendre justice lide de vrit concernante les lois de la nature, la vrit scientifique. Pour quoi? Parce que nous navons pas daccs aux modes de pro duction de la nature. C est vrai quil faut partir de la rvolu tion copernicienne (Newton) et nous ne pouvons plus tendre la nature le modle de laction humaine o nous avons une affinit de sens avec la production de notre action: nous pou vons nous reconnatre dans la production de laction, et la vrit consiste, l, remonter de lintention leffectuation et de voir la convenance de Teffectuation. Mais, comme nous ne connaissons pas le secret de la production de la nature, nous navons que la possibilit de modliser la nature et donc de sauver, en ce sens, le concept aristotlicien de vrit en tant quaccord de la pense avec la ralit, donc mme dintgrer un concept popperien de falsification. Peut-tre faut-il mainte nir sur le mme plan la nature, pour laquelle nous navons pas daccs son mode de production, comme si nous en tions lauteur, et laction. Nous ne pouvons pas identifier la nature lordre de laction dont nous faisons rcit et o nous avons donc un rapport intentionnel avec la production de laction.

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M oi, je rsiste assez, alors, lide heideggerienne que la science ne pense pas: elle pense autrement! Je rsiste cela prcisment par le dfaut de toutes les tentatives heideggeriennes de trouver la physis aristotlicienne... elles me parais sent des entreprises perdues. Et, donc, il faut maintenir le domaine spcifique du vrai scientifique. b) Et, alors, le deuxime champ de la vrit cest dans lordre de laction: ladquation de lintention et du projet son effectuation. L, alors, nous retrouvons les catgories de la puissance. M oi, pour ma part, javais adopt, pour ce do maine l, lide dattestation, cest--dire: je crois que je suis capable, jai confiance que je peux. c) Le troisime champ, cest effectivement celui de lesth tique, finalement, o il y a la rvlation de ltre-comme dans sa convenance cette modalit mtaphorique du discours et la mme chose pour le rcit. Mais alors jajouterais, peut-tre, outre la reconnaissance du thme heideggerien, le fait quil ne sagit pas simplement de rvler, mais aussi de transformer. Je ne sais pas si Heideg ger tait sensible cet aspect l, parce quil y a, chez lui, une sorte de primat de lide du cach, de la dissimulation (a letheia). Selon moi, en revanche, il ne sagit pas simplement de ce qui est dissimul, mais aussi de ce qui va tre chang par un discours qui ouvre des possibilits nouvelles. Alors, vous voyez, cest cette notion de la plurivocit de lide de vrit qui serait ma rponse cette question.
question: Je pense que dj dans la Mtaphysique aristo tlicienne il y avait une sorte de plurivocit de lide de vrit. rponse: Je crois que dans le livre Delta Aristote le dit expressment. question: J ai trouv quelque chose de trs intressant dans le livre IX, 10 o Aristote fait une distinction entre deux sens de la vrit. Dans lun cas, dit Aristote, le vrai se trouve dans

SECONDO ENTRETIEN

le fait davoir un contact direct avec quelque chose et de lnoncer, cest dire que dans ce cas-ci la vrit est simple ment le fait de penser quelque chose. Le vrai, dans ce sens, na pas comme contraire le faux, mais seulement lignorance. Il me semble que la vrit-dcouverte fait partie de ce premier domaine du vrai. Aristote toutefois indique une autre signifi cation du vrai, o le vrai et le faux sont connexes avec le fait que les objets sont eux-mmes unis ou bien diviss - ainsi quest dans le vrai celui qui pense quest divis ce qui est divis et quest uni ce qui est uni, et quest dans le faux celui qui formule penses diffrentes que la ralit des choses. Je trouve intressant que dj chez Aristote il y a non seu lement un concept de vrit en tant quoppose au faux, mais aussi un concept de vrit en tant quoppose lignorance. Je pense quil serait trs utile de dvelopper cette indication.
rponse: Oui, parce que dans ce que jappelle la deuxime

signification du vrai, savoir lattestation que je peux, le contraire du vrai cest le soupon. Je souponne quil y ait dautres forces qui agissent et alors l nous retrouvons tout ce que javais appel lEcole du soupon, chez M arx, chez Nietzsche, chez Freud. Le doute, le soupon, lignorance sont, peut-tre, trois modalits opposes au vrai, parce quil y a aussi le cach chez Heidegger. C est, peut-tre, intressant de reprendre lhermneutique de lide de vrit par la pluralit des contraires. Parce quil y a aussi la problmatique de la vracit. M oi, je suis trs trs frapp de voir que les Mdita tions cartsiennes commencent avec une mise en doute. Mais le doute cest lhypothse que quelquun peut me tromper: lhypothse du Grand Trompeur. Je suppose que toutes les fois que je dis: deux plus deux font quatre en ralit je suis tromp, je suis tromp dans la vision quotidienne, je suis tromp en mtaphysique; do le doute hyperbolique, qui nest lev que par lide de Dieu, mais dun Dieu vrace, par lide de la vracit divine. Lquivalent que nous aurions cest, dans lordre du langage, la confiance que nous avons dans la

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* V ITD M D ER EL ETO O pense de lautre, dans la parole de lautre, ce que Derrida, dans un petit texte sur la religion, appelle la fois jure. Dans la philosophie analytique je crois que cest Davidson qui parle de lhypothse de charit: je crois que vous pensez ce que vous dites, that you mean what you say. Cela serait un autre aspect de la confiance, qui nest plus la confiance en moi pouvant, mais en lautre signifiant ce quil dit. Et il y a tout un champ de la phnomnologie du vrai o je ne sais pas exactement quels sont les substituts de lide heideggerienne, mais qui explore un champ trs vaste de la vrit. Si vous prenez, par exemple, les Ecritures vangliques, o Jsus dit: Je suis le chemin, la vrit, la vie, le mot vrit cest trs difficile placer parmi les catgories grecques. Quoiquil y ait une certaine proximit avec lide de lumire: il y a un pas sage de Derrida o il compare rvlation et illuminisme, clairement. Je pense une plurivocit de lide de vrit et il me semble que chez Heidegger il y a un sens matre et puis les autres sont des sens drivs. Ce qui ma toujours arrt chez Heidegger cest quil dit: il faut dpasser ceci, et puis: cest un sens driv. Mais il ne refait jamais le trajet inverse, en montrant comment on peut le driver. D abord parce que souvent il ny a pas de chemin de retour de lauthentique linauthentique. M oi, jai vu cela pour lhistoire: on dit que lhistorialit est premire et que lhistorie des historiens est seconde, mais on ne montre pas comment on passe de la Geschichtlicheit la Geschichte. C est un appauvrissement, mais peut-tre une alternative relle.
question: Dans le dbat avec Canguilhem vous avez dfini la vrit comme le recouvrement le plus entier qui soit pos sible du discours et de ce qui est. Si la vrit est ainsi dfinie, cest sous-entendu quelle sera dautant plus vraie que plus entier sera le recouvrement du discours et de ce qui est, savoir de ltre en totalit. La vrit, dans son sens le plus plein et le plus vritable, serait alors le savoir absolu de lab-

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SECONDO ENTRETIEN

solu. C est dire que nous sommes en face dune dfinition hglienne de la vrit. Dans ce sens vous avez raison quand vous dites quune telle vrit peut tre seulement objet des poir. C est toutefois possible, en alternative, une ide plus modeste de vrit.
rponse: Cette ide l de la vrit tait trs intrieure mon travail sur la mtaphore et sur le rcit. Je pense quelle restait trs lie lide de ladquation que jessayais dlargir quand mme. Je navais pas encore aperu lide de la plurivocit de la vrit. Vous avez parfaitement raison de dire que lide dun recouvrement le plus entier possible conduit, cest vrai, un rve hglien, mais on pourrait, peut-tre, au ssi la tenir com m e ide rgu latrice et non comme effectuation dans un discours effectif. Mais ce qui est aussi douteux dans cette dfinition, cest ce qui est, parce que lon retrouve alors la plurivocit du ct de ce qui est. C est alors que lon peut adopter lide, qui est encore dAristote, quil y a autant de mthodes quil y a dobjets. Alors il faut tenir compte dune plurivocit des champs, des domaines. On peut dire que les transcendantaux (le beau, le bon, le vrai) sont des rgions distinctes de lad quation. Aujourdhui je suis beaucoup plus attentif la frag mentation des champs dexploration. Un des points sur les quels je reste toujours en dbat avec moi-mme, cest la pr tention quil y aurait une vrit des propositions morales. Dans un texte que jai fait pour lInstitut Catholique, pour le centenaire, sur lide de justice, je disais que lide de justice est distincte de lide de vrit et que je ne peux pas dire que la proposition ceci est juste est, en plus, vraie, parce que dire quelle est vraie cest simplement redoubler son injonc tion. Cela serait donc une approbation de linjonction, mais l il y aurait alors une sorte de redondance. M oi, je dfendrais lide de la spcificit du pratique, de la rgion des proposi tions pratiques. Est-ce que cest kantien de dire que la raison pratique et la raison thorique ont leurs modes de fonction-

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nement propres? Est-ce que, alors, on peut dire quil y a une vrit des propositions pratiques? M oi, je dirais quil y a une autorit de linjonction, qui se fait reconnatre par sa capacit duniversalisation (comme chez Kant), ou de contradiction performative (comme chez Habermas et Apel). M ais, juste ment, une contradiction performative qui argumente contre le sceptique qui dit que lide de validit nest pas une ide valide, et qui lui rpond: vous vous contredisez ds que vous commencez discuter parce que vous admettez la validit de votre argument contre moi, donc vous tes quand mme sous le rgime de lide de validit (Gltigkeit). Alors, donc, on demande si l on peut donner une valeur cognitive cette affirmation, si la force de linjonction nest pas autovalide. Au fond je reste fidle lide scolastique de la pluralit des transcendantaux: le beau, le bon (le juste), le vrai, ont chacun leur mode dautoprsentation (Selbstdarstellung). Celle du juste est une injonction, celle du vrai cest la vrification, ou lat testation, ou la manifestation (les trois modalits dont jai parl); pour le beau je ne sais pas sil y a une unit: est-ce que le plaire, par exemple, serait... Chez Kant le jugement esth tique se fonde sur le plaire sans raison, donc lquivalent de la vrit serait la communicabilit du jugement du beau, du jugement du sublime. Mais, je serais beaucoup plus pour une plurivocit de lide de vrit.
question: Le fait davoir renonc lide dune vrit incontestable nexpose-t-il pas la pense contemporaine ne pas pouvoir condamner des atrocits effroyables comme cel les qui ont eu lieu pendant la seconde guerre mondiale? Ne pensez-vous pas que le manque de confiance dans la raison qui atteint la plupart de la philosophie contemporaine ait comme consquence celle de faire que notre horreur lgard de la violation des droits de lhomme soit fonde, en dernire analyse, seulement sur le sentiment ou sur le got, qui sont pour leur nature changeants et instables. Je ne veux pas dire que la certitude des principes puisse, toute seule, arrter la

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violation des droits de lhomme. Je veux dire, au contraire, que seulement partir de la certitude des principes il est possible de dvelopper un travail pdagogiqu e adquat et une condamnation forte est aussi possible, qui ne soit pas simple ment lopposition dune opinion une autre opinion qui ait la mme valeur que la premire.
rponse: M oi, je suis tout fait daccord avec vous. Je nai jamais soutenu des choses de ce genre et cest prcisment parce que jai dfendu entirement lide de lautonomie du bon et du juste. Ce nest pas parce que je distingue le bon et le juste de lide de vrit quelle perd sa force, au contraire, cest cela la force de la raison pratique. Distinguer la raison thorique de la raison pratique, ce nest pas dsarmer la rai son, cest plutt lui donner un autre mode, qui est la force de limpratif. Kant distingue toujours entre obligation et imp ratif, parce que lobligation vaudrait pour tous les tres ra tionnels, mais nous avons aussi limpratif, parce quil y a la rsistance du dsir. C est--dire que lobligation prend la forme du commandement, mais lobligation, dans sa puret profonde, cest la contrainte de la raison pratique. Je rejoins par cela le livre de Charles Taylor The Sources o f the Self, o il parle des valuations fortes et o il dit que la capacit dvaluation est irrductible au sentiment, au dsir et, donc, elle repose sur lirrductibilit de la force prescriptive la qualit descriptive du discours empirique. Mais il y a la description et aussi lordre du plaire, du dsir, du sentiment et, donc, de tout ce qui a nourri les morales motionnelles. Alors Kant cherchait dans le test duniversalisation une sorte de vrification dap pliquer chaque maxime, pour savoir si elle est un devoir ou pas. M ais que la force prescriptive du devoir soit originaire, ne doit rien au test de luniversalisation, qui est un test appli qu des maximes. Je veux savoir: est-ce que cest un vrai devoir? Est-ce que cela rsiste donc au test duniversalisation? Mais cest simplement pour voir si ma maxime vaut comme un impratif, mais que limpratif soit impratif il a en lui sa

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force de prescription. Je suis kantien l, mais les scolastiques, lorsquils distinguaient, parmi les transcendantaux le bon du vrai, ils supposaient que le bon a sa force dautomanifestation, quil se fait reconnatre. Je suis daccord pas seulement avec Kant mais aussi avec M oore, lorsquil disait que le bon est une qualit, comme le got. Ce nest pas par hasard que Kant, dailleurs, a gard pour lesthtique le Geschmack, le got, qui peut tre le point de croisement entre le bon et le beau.

Lontologie
question: Vous, dans Soi-mme comme un autre, en af frontant les divers facteurs de rsistance que sembleraient empcher la rappropriation de la notion de ltre comme acte, en faveur dune ontologie de lipseit, vous dites que lassertion aristotlicienne dune primaut de lacte sur la puissance (de lenrgeia sur la dunamis) fait problme. Heidegger aussi privilgiait la puissance par rapport lacte, et, ceci, en vertu dune interprtation des notions dacte et de puissance tout fait diffrente de celle dAristote. Dans le cours du semestre dt du 1931, ddi Aristote, Mtaphy sique Thta 1-3, Heidegger semble plaider pour une primaut de la dunamis sur 1 enrgeia, au contraire quAristote. Hei degger traduit dunamis avec force {Kraft) et dit que dunamis nest pas lart de gurir, propre du mdecin, mais la force de gurir, propre dune plante. Aristote, quand il veut montrer, contre les mgariques, que la dunamis existe aussi quand on ne la voit pas, il cite comme exemple celui de larchitecte, qui a la capacit de btir aussi quand il ne lexerce pas. Heidegger, au contraire, cite comme exemple celui du sprinter, qui est genoux sur la ligne de dpart, prt bondir. Son tre ge noux, en effet, cest bien diffrent que ltre genoux dune vieille paysanne, genoux en face dune croix champtre. La dunamis nest donc pas comparable, selon Heidegger, un art (entendue comme capacit), mais une force naturelle. Vous,

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de la mme faon que Heidegger, me semble-t-il, pensez une primaut de la dunamis. En effet vous opposez la notion dtre comme acte et puissance ltre comme substance, de mme que Heidegger opposait la notion dtre comme dunamis ltre entendu comme pure prsence, savoir comme ousie. Vous, dans Soi-mme comme un autre, crivez que chez Aris tote laffirmation dune primaut de lacte sur la puissance est fonctionnelle lintersection des deux significations primiti ves de ltre, celle de ltre selon les catgories et celle de ltre en tant quacte et puissance. Or, vous refusez cette in tersection. Laffirmation dune primaut de la puissance sur lacte vous en offre loccasion, en vous donnant la base tho rique pour lopposition entre une ontologie de ltre comme acte et puissance, o la puissance a la primaut sur lacte, et une ontologie de ltre en tant que substance. Heidegger avait fait la mme chose: il avait, en effet, durement critiqu lontologie de la prsence, de ltre produit et, finalement, de lousie, en lui opposant une ontologie de ltre comme dunamis. Alors, quelle est votre dette lgard de Heidegger, pour ce qui concerne les notions dacte et de puissance et pour ce qui concerne leur relation, et dans quelle mesure est-ce que vous continuez tre proche dAristote?
rponse: M oi, je crois que lessentiel se joue, pour moi, dans la phnomnologie, dans la phnomnologie du je peux. Je lai crit dans le petit article que vous avez lu, dont vous dites que vous lavez apprci, o je montre la hirarchie des discours... question: De la mtaphysique la morale? rponse: L je montre que les catgories suprieures rgis sent des catgories moyennes, comme celles de lanalogie de lagir. Mais lanalogie de lagir se joue sur une phnomnolo gie trs diffrentie du je peux parler, je peux agir, je peux me

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raconter et de Pimputabilit, savoir la capacit de me desi gner moi-mme. Alors je dirais que cest la phnomnologie du je peux qui tranche et qui me permet de privilgier la lecture du rapport dunamis - enrgeia au niveau de sa capacit darticuler le discours phnomnologique. J ai propos une sorte darticulation en trois niveaux: un discours phnomnologique lmentaire, o je dcris questce que percevoir, quest-ce que vouloir, quest-ce que dsirer; deuximement un niveau que jai appel alors hermneutique, o jai la notion de lanalogie gnrale de lagir, o je peux dire que le je peux parler, le je peux..., tous les je peux, sont structurs par lide de ltre agissant et souffrant. Alors cest ce niveau que jappelle lanthropologie philosophique, mais qui est coiff, en quelque sorte, par les catgories de troisime niveau. Mais je fais aussi le trajet de retour, o je dis quen redescendant de la notion de ltre comme agir, comme enrgeia et dunamis, jen trouve le champ deffectuation dans lanthropologie de ltre agissant, de lhomme comme tre agissant. Et le concept dtre agissant trouve son effectuation dans une phnomnologie trs concrte, trs descriptive: quest-ce que pouvoir parler, quest-ce que ne pas pouvoir parler, etc.... Quelles sont les modalits de puissance qui re doublent les modalits dimpuissance? M oi, je suis trs frapp de voir que chez Spinoza il ny a pas dalternative entre enrgeia et dunamis et que, au fond, le conatus cest lun et lautre.
question: Peut-tre que la diffrence entre Aristote et Spinoza cest une diffrence de point de vue: cest--dire que Aristote distingue, du point de vue abstrait, la puissance de lacte, tandis que Spinoza vise la chose concrte, qui est toujours un mlange dacte et puissance. rponse: Oui, cest ce qui se passe aussi dans lexemple de Heidegger du sprinter qui est l, prt bondir: on peut dire si bien quil est en acte quen puissance, savoir quil se retient de courir et... il y a aussi des faux dparts. M oi, je ne

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suis pas mme convaincu par les exemples dAristote: un archi tecte qui ne construit pas cest un architecte qui fait autre chose, qui va faire son jardin. Quest-ce qutre architecte en puissance, sinon dtre architecte, cest--dire penser, faire des plans et, entre faire des plans et les excuter, cest un proces sus continu. M oi, je suis beaucoup plus frapp par la conti nuit profonde entre puissance et enrgeia, puisque enrgeia cest Yergon et Yergon, comme nous voyons dans lthique, peut tre traduit par la tche (est-ce quil y a une tche pour lhomme, comme il y a une tche pour le mdecin, pour le musicien, pour larchitecte?). Il peut tre exerc ou pas exerc, mais il reste ergon. La virtualit nest pas la mme chose que la capacit et l nous sommes dans la virtualit: le sprinter qui est sur le point de: il est sur le point de bondir, donc il est dj bondissant, mais retenu dans lacte de bonde, il est musculairement dj prt, prt bondir. Mais l nous tou chons un certain problme sur lequel Aristote avait t parfai tement lucide dans le livre Delta sur le possible: il montre quil y a le possible logique, le possible virtuel, le possible..., l aussi nous aurions probablement une plurivocit trs im portante. Il y a un possible quil nest pas encore possible, il y a un possible qui est sur le chemin deffectuation, il y a le possible aussi dans la certitude.
question: Une autre diffrence entre vous et Aristote cest que selon Aristote la puissance peut tre connue seulement par lacte (il faut connatre lacte pour connatre la puissance), tandis que lattestation cest une connaissance de la puissance. rponse: Oui, moi je dirais cela, oui. question: Alors l vous tes proche de Heidegger. rponse: Oui, parce que je dis, dans le petit texte qui

sappelle Qui est le sujet du droit}, que chez un malade men tal, un prisonnier, enfin des gens qui sont prives des droits,

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etc., leur dignit reste intacte, entire parce que ce que je reconnais comme digne (axios en grec), cest une capacit qui est empche. Par exemple quand je dis que je connais une langue trangre, quand je ne la parle pas, o est-elle? M a capacit de parler langlais non exerce? Tous les mots que je sais, que je nemploie pas et, donc, la langue quand je ne men serve pas? Alors, est-ce que cela est la mme chose que le savoir faire? J ai lu une trs bonne thse sur lide de poten tialit chez Leibniz, o on montre que Leibniz a multipli les significations du possible, du virtuel, etc... M oi, je pense quon nglige beaucoup Leibniz, cest un trs trs bon philosophe. Son dynamisme lui offre beaucoup de ressources, ou moins autant que Spinoza avec le conatus. C est ce quil appelle lapptition, Yappetitus, lide de tendance. Est-ce que lide de tendance est la mme que lide de capacit? Je ne sais pas.
question: Dans larticle De la mtaphysique la morale vous dfinissez la fonction mta- par deux stratgies distinc tes et complmentaires: lune de hirarchisation, lautre de pluralisation des principes prsums ou assums par des pen seurs dallgeance diffrente. Dans la suite vous dcrivez la premire des deux stratgies, celle de hirarchisation, en di sant que tout discours philosophique visant la cohrence me parat comporter des principes dont les uns sont tenus pour drivs et les autres pour primitifs ou fondateurs. Comme exemple paradigmatique de la stratgie de hirarchisation vous indiquez les dialogues dialectiques de Platon, mais je pense quon peut trouver un autre grand exemple paradigmatique, peut-tre le plus grand, de la stratgie de hirarchisation dans le quatrime livre de la Mtaphysique. Aristote, en effet, dans Mtaphysique JV dmontre la transcendantalit du principe de non-contradiction, en montrant que le principe de non contradiction est un principe relatif ltre en tant qutre et, non, une partie dtermine de ltre. De cette faon Aristote tablit une hirarchie entre le principe de non contradiction et les principes sur lesquels les diffrentes scien

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ces particulires se fondent. Les principes de la gomtrie, de la biologie, des mathmatiques sont des principes relatifs des sciences qui stablissent lintrieur de celle partie particu lire de la ralit quelles ont dcoupe (ltre en tant quespace et forme, ltre en tant que nombre et quantit, ltre en tant que vie), tandis que le principe de non-contradiction a une valence transcendantale. Les postulats de Euclide prsupposent la rgle de non -con tradiction , m ais la rgle de n o n contradiction ne prsuppose pas les postulats de Euclide. La rgle de non-contradiction est au sommet de la hirarchie des principes parce que tout principe invitablement la prsup pose. Donc on pourrait dire que la stratgie de hirarchisation dessine par Aristote dans Mtaphysique IV est la stratgie de hirarchisation par excellence, parce quelle parvient jusquau principe qui est la base de tout autre principe, celui que les Grecs appelaient Bebaiotate arch et les Mdivaux appelaient Principium firmissimum, afin de dire quil est le plus solide des principes. Alors, je voudrais vous demander pourquoi est-ce que vous navez pas indiqu ce lieu aristotlicien comme exemple paradigmatique de la fonction mta-, plus encore que les dia logues platoniciens? Quest-ce que vous pensez de lassertion aristotlicienne de la transcendantalit du principe de non contradiction?
rponse: Je lai tout simplement nglige parce que je

visais lagir humain. Je lai nglig mais sans du tout ni lignorer ni rcuser cette ligne de transcendantalit. Je nai retenu que celle dont je me sers, en quelque sorte, dans une philosophie de laction. M ais cest vrai quil y a une priorit du principe de non-contradiction. Alors, est-ce que ce principe est prsuppos dans le champ de la pratique aussi? Chez Kant certainement, puisque daprs lui le menteur qui voudrait riger le mensonge rgle universelle se contredit. C est l dessus, dailleurs, que Apel et Habermas se sont loigns de Kant et ils ont dit que ce nest pas une contradiction formelle,

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cest une contradiction performative. En tout cas chez Kant il ny a quun seul usage de la contradiction qui court, me semble-t-il, de la raison thorique la raison pratique. Peuttre parce que la notion duniversalisation est elle-mme un mixte thortico-pratique. Le seul reproche grave que je fais Kant cest que la deuxime Critique est construite sur le modle de la premire, cest--dire: opposition d un niveau a p r io ri un n iveau e m p iriq u e et, d on c, o p p o sitio n transcendental-empirique. M ais peut tre que lordre de laction soppose cette dcomposition, et alors l je dirais quil y a une philosophie de laction chez Hegel quil ny a pas chez Kant. J ai trouv cette ide, dailleurs, chez Charles Taylor, qui a un excellent livre sur le concept daction chez Hegel, surtout dans les Principes de la philosophie du droit, mais mme dans la Phnomnologie. C est quand mme assez trange que chez Kant la raison pratique nest pas la raison thorique, mais elle est construite comme la raison thorique. Et alors ce paralllisme de construction fait que nous avons ddoubl la raison thorique. Luniversalisation de la maxime en action a pour repre de cohrence la non-contradiction logique: ce qui na jamais convaincu personne, parce que beaucoup de philosophes analytiques, en particulier, ont observ que quand on regarde comment, dans le dtail, Kant lemploie, on voit quil retombe sur un argument utilitaire: et si tout le monde faisait comme moi, alors on ne pourrait pas vivre. Et, alors, largument est secrtement empirique, parce quil est utilitaire. M oi, je trouve quil narrive pas dmontrer que le menteur se contredit.
question: Est-ce que lon peut dire que tous les concepts de la philosophie pratique sont des concepts qui prsupposent la rgle de non-contradiction en tant que principe de la raison spculative? C est--dire: quand je pense au fin, au projet, je peux penser cela parce que joppose le projet ce qui nest pas projet, savoir que tous les concepts moraux sont des concepts qui peuvent tre compris par opposition ce quils

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ne sont pas. Alors l la rgle de non-contradiction est le prin cipe de la dtermination mme.
rponse: Oui. Pour ce que je me rappelle dans Mtaphy sique IV cest Yousia qui est en jeu. Parce que dire cest dire quelque chose, dire quelque chose cest dire quelque chose qui est. Alors l le principe de non-contradiction opre dans lordre de la ralit. On peut dire que Aristote peut tre sauv de la critique kantienne, sil en a besoin, en disant que ousia a t mal traduit en latin par substantia. Substantia cest plu tt Yhypokeimenon, tandis que ousia cest ltant. Et alors les tres agissants sont des tants et la notion dtant serait sousjacent aussi bien au niveau pratique quau niveau thorique. question: Je pense que cette distinction entre ousia et substantia est trs importante, parce que cest la tradition postrieure Aristote qui a enferm Yousia dans la substance. rponse: Oui, mais il faut aussi voir comment la notion de substance est caractrise. C est par rapport des attributs mobiles, donc des accidents; alors, videmment, cest par l quelle sest endurcie: par lide que les accidents changent, mais que ltre reste, puisque je peux lidentifier comme tant le mme. Alors cest la capacit didentifier comme mme: cest du mme couteau que je dis quil coupe, que je dis quil est ferm. Mousia cest quand mme la capacit dattribuer, puisque finalement Yousia cest ce qui nest jamais prdicat, ce qui est toujours sujet, ceci cest au fond sa seule caractristi que. Je ne pourrais pas parler si je ne pouvais pas attribuer des pithtes des sujets. M ais alors est-ce que des sujets pour raient tre des pithtes leur tour? M oi, je crois que ousia cest ce qui nest jamais pithte, qui nest jamais prdicat. Les ousias sont des tres singuliers, cest une philosophie de la singularit finalement, elles sont des ceci. L cest toute la thse de Russell, qui disait que ce ne sont que les dictiques qui sont vraiment des singuliers: ceci, ici, maintenant.

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Alors il ne serait que le dictique qui satisferait la dfinition aristotlicienne de Yousia-. ce que lon peut montrer. Les philosophes analytiques posaient trois catgories qui satisfaisaient au critre de Yousia: les dictiques (moi, toi, ceci, cela, ici, maintenant, dictiques despace, dicti ques de temps, dictiques dmonstratifs, dictiques de lappel lation); puis, deuximement, les noms propres ( supposer que soit vrai nom propre cest quil y a une seule personne qui le porte). Quelquun disait quil ny a que les plaques minralogiques qui soient des vrais noms propres. Je ne suis pas certain quil ny ait pas dans le monde un autre Paul Ricoeur. Il faudrait faire une numration complte de tous les vivants, je ne peux pas massurer quil ny ait que moi; mais la lune, la terre, le Danube, Venise. Et puis, troisimement, alors, ce quils appelaient les caractrisations dfinies: le premier homme qui a march sur la lune, le premier homme qui a fait ceci, il y en a un et un seul; alors ce sont des quivalents des noms propres. Alors cela ne peut jamais tre prdicat: vous ne pouvez pas mettre le Danube comme prdicat, il est toujours sujet de quelque chose: le Danube est bleu, le Danube est navigable, le Danube... Moi je trouve trs trs intressant lap proche de la philosophie analytique pour cela, parce quon sort tout fait de la querelle des Mdivaux sur la substance, on va directement au critre linguistique de l'ousia: ce qui nest jamais prdicat. Mais est-ce que cela est un sujet dinh rence? Inhrence... on glisse, peut tre, effectivement, vers ce quon a appel ontologie de la substance, qui ne changerait pas. C est ce que jai appel le mme, nest-ce pas, dans la distinction entre ipseit et mmet. Mais le mot grec auto ne permet pas cette distinction, parce quauto veut dire quelque fois le mme et quelquefois ce que jappelle ipse.
question: Dans larticle De la mtaphysique la morale, vous essayez de rapprocher les deux versants du foss logique qui spare mtaphysique et morale, jugements de fait et juge ments de valeur. Vous, dans la quatrime partie de cet essai,

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indiquez trois mdiateurs entre mtaphysique et morale: les time adresse lhomme capable, la promesse effectivement tenue, la conviction intime insparable de sa modalit altruiste, lquit. Dans tous ces cas vous avez montr quil y a une tangence entre le domaine spculatif et le domaine pratique et vice versa. Dans le premier cas vous avez montr que la srie de figures de lhomme agissant (parler, faire, raconter, tre comptable de ses actes) ne constitue pas seulement une nu mration quelconque, mais une suite tlologiquement or donn et que, dans cette suite, limputation cest le lieu o la phnomnologie confine la morale. Limputation, en effet, ne peut tre qualifie comme morale que sous la condition de placer les actions elles-mmes sous les prdicats de lobliga toire, du permis et du dfendu. De cette faon lcart entre phnomnologie et morale nest donc pas aboli: il est rendu franchissable. J ajouterais: il est rendu franchissable, mais pas franchi. Cette remarque peut tre rpte propos des autres mdiateurs. Le verdict de Hume dune certaine faon demeure indemne, me semble-t-il, parce quavoir montr la tangence des deux versants du foss logique ne veut pas dire avoir m ontr que les norm es m orales peuvent tre fondes spculativement.
rponse: Lorsque vous employez le mot imputation peut tre que vous vous rfrez des textes o je nai pas fait la bonne distinction, et que je fais aujourdhui, entre imputabilit et imputation, parce que limputation cest un jugement. C est un jugement port sur... Je vous impute... Je mets votre compte une action. Limputabilit cest se reconnatre capables dtre sujet dimputation et, alors, l cest une capa cit, ce nest pas un jugement. Et, dailleurs, jai revu un petit peu la grammaire, plus que la grammaire la lexicographie, si vous voulez, de limputabilit. En particulier je me serve de cet argument, que la notion d imputabilit apparat dans la premire Critique kantienne, cest--dire dans le thorique: cest un concept thorique. Elle apparat dans le cas de la

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preuve de la thse, dans la troisime antinomie, savoir que je peux tre source dvnements nouveaux, donc commence ment. Mais le commencement est ce quil appelle la sponta nit de laction et la spontanit de laction donne comme concept de transition vers la morale limputabilit. Le juge ment dimputation appartient la Critique de la raison prati que (je juge que quelquun est coupable, etc...). Etre capable de cest lhabilit, la capacit tre imput, tre lobjet dun jugement dimputation. Alors, peut-tre, on pourrait voir ce quil arrive votre question lorsque lon met imputabilit la place dimputation.
interviewer: Peut tre que l il y aurait un empitement entre domaine spculatif et domaine pratique, non seulement une tangence. rponse: M oi, je dirais que cest la condition existentielle

dtre un sujet moral.


interviewer: Je vais-y rflchir. question: Vous avez fait allusion plusieurs fois, mais tou jours avec beaucoup de circonspection, ce que, de quelque manire, on pourrait appeler la couche thologique de ltre. Dans Soi-mme comme un autre vous parlez dun fond dtre la fois puissant et effectif, sur lequel se dtache lagir hu main et, dans larticle De la mtaphysique la morale, vous allez jusqu dire que ce fond dtre cest le Dieu des philo sophes, mme si, aprs, vous corrigez tout de suite cette af firmation en disant que ce Dieu na de commun que le nom avec le Dieu que lon peut prier. Dans larticle Ngativit et affirmation originaire vous aviez dj parl dun acte dexister qui est sans essence ou que toute son essence est dexister et vous avez dit que penser cet tre cest penser Yarch au double sens de commencement et de fondement de tout ce que nous pouvons poser et dposer, croire et mettre en doute. Tou

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jours dans le mme article vous avez affirm que lide dun tel tre est lide de quelque chose qui fait commencer le reste sans avoir soi-mme de commencement. Finalement, dans votre crit sur Exode 3.14 vous affirmez que il demeure douteux que, dans la traduction en langue moderne, on puisse faire lconomie du verbe tre ou de formes verbales appartenant au mme champ smantique. En outre la bonne partie de cet essai vise montrer que les considrations ontologiques les plus audacieuses des mdivaux se trouvent en complte opposition avec une conception abstraite ou essentielle de lEtre, sous Pimulsion prcisment dExode 3.14. A ct de ces affirmations intressantes, toutefois, il y en a dautres qui sembleraient aller dans une direction diffrente. Je pense, par exemple, les observations que vous avez fait dans la prface du livre que M aurizio Chiodi a ddi votre pense, o vous crivez que La seule rponse que je puisse faire cette invitation combler, par une ontologie de ltre absolu ou inconditionn, lcart entre une ontologie, qui reste lie une anthropologie philosophique, et une hermneutique biblique esquisse dans de nombreux articles disperss, sera de dire que je ne conois pas du tout lontologie de ltre comme un tel chanon intermdiaire. Comme je lexplique plus longuement dans Soi-mme comme un autre, les significations de ltre dont parle Aristote permettent de prciser le statut de tels et tels tres (ou tants), par exemple les personnes et les choses, mais non dlaborer une thorie de ltre en tant qutre qui serait non seulement distincte de ces significations multiples, mais qui en outre permettrait de dsigner un tre qui lui seul serait ltre. C est pourquoi lhermneutique biblique reste pour moi le chemin sur lequel je mavance mes risques et prils pour donner un sens la potique de la volont. M on problme, alors, cest de comprendre le rapport quil y a entre ce que vous dites dans ce passage et cette esquisse dune thorie de ltre que nous avons vu sannoncer dans les crits que jai cits.

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Rponse: Il y a effectivement trois ou quatre textes qui sont comme des espces davances risques dans cette direction l et moi aussi jy suis maintenant sensible, dailleurs sous linfluence de Domenico Jervolino. Parce que dans son livre Lamour difficile Jervolino a lu tous ce textes l et il dit: Ricoeur va beaucoup plus loin quil dit, lorsquil dit quil est agnostique en philosophie, mais en effet ce nest pas vrai et alors, lui aussi, il a repr tous ces textes l et bon, mainte nant je suis beaucoup plus attentif aux changes. Je me de mande si justement en effet il ny a pas eu des espces davan ces que jai comme ratures et mme censures, pour une raison dasctisme que jai trahi dans ce cas l, mais en tout cas que je nai pas respect et, donc, elles sont des espces davances aventureuses. M oi, j avais dailleurs concd Gilson le concept de mtaphysique biblique propos dExode: peut tre que chez Saint Thomas il y ait des infiltrations bi bliques dans laristotlisme, cest vrai. Mais il y a un lment de non-rconciliation entre les deux tendances: lune, donc, vers laffirmation originaire, ce fond dtre et, dautre part, dire non, je ne veux pas entendre parler dun Dieu des phi losophes, Dieu pour moi cest le Dieu de la Bible. Cet asc tisme conceptuel, non seulement je ne lai pas toujours tenu, mais, peut-tre, est-il intenable... A cause de laffirmation originaire finalement, qui est le ct Nabert et, peut-tre, une sorte de fascination spinoziste, la sentence de la substantia actuosa.
question: J tais frapp hier soir quand vous nous avez dit quels sont les dix textes philosophiques que vous sauveriez, parce quil ny avait pas des textes des philosophes mdi vaux. rponse: Oui, oui, mais cela cest la culture franaise fina lement, o le Moyen Age cest perdu: la cause cest la Rvo lution franaise, on a coup tout le Moyen Age. Vous savez o jai fait des dcouvertes? C est effectivement chez les Anglo-

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saxons: ils sont tout fait laise dans le Moyen Age, mme les philosophes analytiques, vous les trouvez prendre un argu ment chez Saint Thomas dAquin... Les Franais jamais, ja mais. Ce nest que maintenant que nous sommes en train de rouvrir un peu ce dossier et pas tellement sous linfluence des neothomistes, qui ont plutt confirm la doctrine de Saint Thomas (la seule exception ctait finalement, dans luniver sit franaise, Gilson, mais parce quil a commenc par Des cartes). Mais, alors, maintenant il y a une rouverture du Moyen Age par un homme, je ne sais pas si vous lavez ren contr, qui sappelle Alain De Libra et qui est un trs bon philosophe. Il ouvre le Moyen Age en disant que Saint Tho mas cest un des philosophes et que, justement, le Moyen Age cest dune richesse incroyable. Et puis, alors, le XIV-me sicle a t rvalu par la philosophie analytique, parce quil y a beaucoup de proximit entre la faon de discuter sur les universaux et la philosophie analytique. Davidson dit que ce qui existe dans le monde ce sont des vnements, des singularits qui arrivent. Il continue, dailleurs, un aspect de la philosophie grecque qui est celui des stociens: les stociens disaient que ce qui existe est ce qui arrive, ce nest pas quil y ait un couteau, mais que le couteau coupe. Que le couteau coupe: cela cest un vnement. Alors, avec Davidson prcisment, nous avons la jonction entre la philosophie de lvnement et la philosophie de laction: cest arriver et faire arriver, ce qui arrive et ce quon fait arriver.

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BIBLIOGRAFIA

1. Bibliografie generali
La migliore bibliografia sistematica attualmente disponibile degli scritti di e su Paul Ricoeur la seguente: 1985 Paul Ricoeur, Bibliographie systmatique de ses crits et des publications consacres sa pense (1935-1984). A Primary and Secondary Systematic Bibliography (1935-1984), a cura di RD. V an sin a, Leuven, Editions Peeters, Louvain-La-Neuve, Editions de lInsitut Suprieur de Philo sophie, 292 pp. La bibliografia del Vansina stata arricchita dal suo autore con i Complments (Revue philosophique de Louvain, 89, 1991, pp. 243288), in cui vengono indicati tutti gli scritti di Ricoeur pubblicati sino al 1990. Accanto alla bibliografia del Vansina vanno ricordate anche le se guenti bibliografie: 1979 Paul Ricoeur and His Critics: A Bibliographical Essay, in Reagan Ch. (a cura di), Studies in the Philosophy of Paul Ricoeur, Athens (Ohio), Ohio University Press, pp. 163-177.
L ap o in te F r . H .,

1981 L.M., Bibliography, in Between Responsability and Hope. The Meaning of Man in Paul Ricoeurs Philosophy o f the Will and SocialPolitical Writings, dissertazione di dottorato, Universit Catholique de Louvain, Louvain-La-Neuve, Institut Suprieur de Philosophie, h, pp. 3-111.
G a r c ia

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2. Bibliografia scelta1 degli scritti di Paul Ricoeur


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BIBLIOGRAFIA

Sympathie et Respect. Phnomnologie et thique de la seconde personne, Revue de mtaphysique et de morale 59, n. 4, octobre-dcembre, pp. 380-397. Kant et Husserl, Kant-Studien, 46 (1954-1955), n. 1, pp. 44-67. 1955 Historie et vrit, Seuil, Paris 264 pp. (3me d., augmente de quelques textes, 1967), Sur la phnomnologie u. Le Problme de lme, Esprit, 23, n. 4, avril, pp. 721-726. Philosophie et Ontologie /. Retour Hegel, Esprit, 23, n. 8, aot, pp. 1378-1391. 1956 Prface a P. T h v e n a z , Lhomme et sa raison, i. Raison et conscience de soi, Neuchtel, La Baconnire, pp. 9-26. 1957 Phnomnologie existentielle, in Encyclopdie franaise, xix. Philosophie et religion, Paris, Larousse, 19.10-8 - 19.10-12. 1959 Le sentiment, in a a .w . , Edmund Husserl 1859-1959, Recueil com mmoratif publi loccasion du centenaire de la naissance du philo sophe (Phaenomenologica, 4), La Haye, Martinus Nijhoff, pp. 260-274. 1960 Philosophie de la volont. Finitude et culpabilit, i. Lhomme faillible, Paris, Aubier, 164 pp. Philosophie de la volont, a. La symbolique du mal, Paris, Aubier, 355 pp. Prface A. Peperzak, Le jeune Hegel et la vision morale du monde, v, La Haye, Martinus Nijhoff. 1962 Nature et libert, in a a .w ., Existence et Nature. Congrs des Socits de Philosophie de langue franaise (Montpellier) 1961, Paris, p.u .f., pp. 125-137. 1963 Prface B. Rioux, Ltre et la vrit chez Heidegger et Saint Thomas dAquin, vn-ix, Montral-Paris, Presses de lUniversit de Montral P.U.F., VII-IX.

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IN D IC E DEI N O M I

Agostino, santo, 1 2 0 ,1 2 1 ,1 9 8 ,1 9 9 ,2 0 0 Albano, P.J., 77 n, 78 n, 152 n, 153 n, 253 Alberto Magno, 200 Althusser, L., 38 Anscombe, E., 55 n, 62, 6 3 ,6 4 e n, 107, 108,109 Anseimo dAosta, 2 0 0 ,2 0 2 Apel, O., 247, 274, 281 Aristotele, 19, 20, 28, 29, 31, 46, 53, 54 n, 58 e n, 59, 60 e n, 61, 64, 69, 76, 77, 120, 121, 127 e n, 128 e n, 1 3 8 ,1 4 5 ,1 5 8 ,1 6 6 ,1 6 7 ,1 6 9 ,1 7 0 ,1 7 1 e n, 1 7 3 ,1 8 6 ,1 8 7 ,1 8 9 ,2 0 5 ,2 0 7 e n, 208 n, 209 e n, 210, 212 e n, 213, 214 n, 215, 216 e n, 217, 218, 225, 227, 228, 229, 233, 236, 237, 239, 245, 253, 254, 257, 265, 266, 267, 270, 271, 273, 276, 277, 278, 279, 2 8 0 ,2 8 1 ,2 8 3 ,2 8 7 Aron, R., 110 Aylesworth, G.E., 138 n, 139 n Badiou, A., 57, 65 Balzarotti, R., 130 n Barth, K., 152 n, 2 2 5 ,2 5 6 Barthes, R., 40' Baumgarten, A.G., 127 Bergeron, R., 77 n, 78 n Bergson, H., 71 Berti, E., 207 n, 212 n Black, M ., 73 Bonaventura, san, 200 Botturi, F., 130 n Bourgeois, P.L., 84 n Boutroux, E., 31 Brentano, F., 186 Buzzoni, M ., 99 n, 100 n

Canguilhem, G., 57, 64, 65, 66, 67, 68, 6 9 , 7 6 ,2 7 2 Cartesio, R., 3 1 ,3 7 , 4 8 ,4 9 , 68, 97, 98, 139 n, 150 n, 1 7 4 ,2 0 2 ,2 2 1 ,2 5 4 Castelli, E., 87 n Chiodi, M ., 24 n, 77 n, 151 e n, 152 e n, 153 n, 155 n, 215 e n, 287 Collingwood, R.G., 110 Colombo, G., 130 n Dalbiez, R., 31 Danese, A., 222 n Davidson, 2 7 2 ,2 8 9 Defert, D., 5 7 n De Libra, A., 289 Derrida, J., 1 6 7 ,2 7 2 Di Bernardo, G., 63 n Di Censo, J., 54 n Dilthey, W, 4 3 ,7 3 ,1 0 7 ,1 1 0 Dreyfus, D., 57, 65 Dufrenne, M ., 33 e n Duns Scoto, G., 200 Eliade Mircea, 39, 9 3 ,1 3 0 ,2 2 5 Epicuro, 131 Euclide, 2 3 7 ,2 8 1 Ewald, F., 57 n Feuerbach, L., 39 Filone dAiessandria, 199 Fink, E., 34 Flchet, J., 65 Foucault, M ., 57 e n, 65, 66, 67 n, 76,

252
Frege, G., 47 Freud, S., 31, 39, 93, 97, 98, 100, 126, 130, 131, 132, 133, 136, 185, 189, 247,271

15

INDICE DEI NOMI

Gadamer, H.G., 27, 42 e n, 44, 54 n, 1 1 6 ,1 2 5 ,1 2 6 , 137,138 e n, 139 e n, 140, 141, 142, 144, 145, 243, 244, 2 61,268 Genette, G., 40 Gilson, E., 199, 201, 202, 288, 289 Giovanni, san, 205 Greimas, A.J., 40 Greisch, ]., 57 n, 62 n, 139 n, 228 n, 229 n Habermas, J., 25, 2 6 ,5 6 n, 117,138 e n, 139 e n, 1 4 0 ,1 4 1 ,1 4 3 ,1 4 4 ,1 4 5 ,1 4 6 , 2 4 4 .2 4 7 .2 5 2 .2 7 4 .2 8 1 Hahn, L.E., 31 n Halvy, ., 186 Hare, R.M ., 56 n Hegel, F., 23 n, 39, 54 e n, 81, 86, 93, 102, 118 e n, 120, 122, 124 n, 125 e n, 126, 1 3 3 ,1 3 4 , 149 n, 152 n, 1 5 9 ,1 6 2 ,1 8 1 ,1 8 2 ,1 8 4 ,2 3 4 e n, 266, 282 Heidegger, M ., 1 0 ,3 3 ,3 8 ,4 8 ,5 4 n, 55 e n, 60, 61 e n, 62, 69, 70, 75, 76, 98, 1 2 0 ,1 2 1 ,1 4 0 ,1 4 1 ,1 4 3 ,1 5 3 n, 165, 166, 167, 172, 173, 176, 177, 181, 182,183 e n, 1 8 4 ,1 8 5 ,1 8 6 ,2 0 2 ,2 0 3 , 212 n, 2 2 6 ,2 2 7 e n, 228 e n, 229 e n, 258, 265, 266, 268, 269, 270, 271, 2 7 2 ,2 7 6 ,2 7 7 ,2 7 8 ,2 7 9 Hempel, C., 110 Hesse, M ., 73 Hlderlin, F., 203 Hoy, T., 139 n Hume, D., 1 9 2 ,2 3 1 ,2 3 2 ,2 8 5 Husserl, E., 17, 32, 33 e n, 34, 35, 37, 44, 45, 48, 84 e n, 120, 121, 150, 175, 176, 177, 178, 179, 2 21, 222, 235 Hyppolite, J., 57, 65, 66, 76 Jakobson, R., 47 Jaspers, K., 32, 3 3 ,4 9 , 71 Jervolino, D., 24 n, 288 Kant, I., 20, 23 n, 26, 31, 120, 121, 124 n, 149 n, 150 n, 152 n, 1 5 5,156, 171 n, 202, 210, 223, 232, 234, 235, 243, 244, 253, 255, 257, 265, 266, 2 7 4 .2 7 5 .2 7 6 .2 8 1 .2 8 2 Kearney, R., 57 n, 62 n

Lacan, J., 38 Lachelier, J.-E.-N., 3 1 ,1 1 4 ,1 5 5 Lacocque, A., 78 n, 156 n, 195, 214 n, 255 n Ladrire, J., 269 Lagneau, 3 1 ,1 1 4 ,1 5 5 Leenhardt, J.-F., 130 Leibniz, G.W, 1 8 9 ,1 9 8 ,2 1 4 n, 254,280 Lon, X., 186 Lonard, A., 153 n, 154 n Lvinas, E., 2 0 ,1 7 7 ,1 7 9 ,1 8 0 ,1 8 5 ,2 0 3 , 2 0 4 ,2 2 6 ,2 3 5 ,2 5 5 ,2 5 8 Lvi-Strauss, C., 38 Madison, G.B., 89 n, 90 n Maine de Biran, (Marie-Franois-Pierre Gonthier), 3 1 ,1 7 5 Marcel, G., 32, 33, 35, 49 M archal,}., 77 n, 78 n, 152 n Marion, J.L., 203, 204 Marrou, H., 110 Marx, K., 39, 90, 93, 97, 98, 126, 271 Melchiorre, V., 149 n, 2 2 1 ,2 2 2 e n, 223 e n, 224 e n Merleau-Ponty, M ., 1 6 ,1 8 ,8 3 ,8 8 ,2 2 2 e n, 259 Montefiore, A., 44 n Moore, G.E., 2 3 5 ,2 7 6 Mounier, E., 33 Mukengebantu, P., 154 n Nabert, J ., 18, 27, 31, 114, 116, 155, 1 8 9 ,2 4 3 ,2 4 4 ,2 5 9 ,2 6 1 ,2 6 2 ,2 8 8 Newton, I., 269 Nietzsche, F., 39, 93, 97, 98, 126, 181, 1 8 2 ,1 8 3 ,1 8 9 ,2 0 3 ,2 7 1 Nkeramihigo, T., 24 n Orth, E M , 44 Parmenide, 2 0 2 ,2 3 9 Plotino, 165 Pseudo Dionigi Aeropagita, 198, 199,

200
Platone, 20, 28, 5 3 ,5 4 n, 71, 166, 169, 1 8 7 ,2 3 6 ,2 4 5 ,2 4 7 ,2 5 8 ,2 6 1 ,2 8 0 Ravaisson, F., 3 1 ,1 8 6 ,1 8 7 ,2 1 4 n Rawls, J., 2 4 8 ,2 5 1 Reale, G., 208 n, 209 n

316

INDICE DEI NOMI

Rickert, H., 110 Rossi, O., 149 n, 153 n Russell, B., 283 Sanchez Sorondo, M ., 207 n Sartre, J.-R , 18, 8 3 ,1 5 9 ,1 6 1 ,1 6 2 ,1 6 3 Scheler, M ., 34 Schelling, F.W, 189, 254 Schleiermacher, F.D., 2 7 ,7 3 , 243, 244, 261 Segarelli, G., 124 n, 125 n Senofane, 165 Silverman, H .J., 139 n Simmel, G., 110 Spinoza, B., 54 e n, 71, 173, 174, 189, 2 1 2 ,2 1 4 n, 2 5 4 ,2 7 8 ,2 8 0 Stevens, B., 154 n Strawson, PF., 56 n, 176 Suarez, F., 209 Taminiaux, J., 229 n Taylor, C., 234 e n, 275, 282 Thvenaz, R, 225

Thompson, J.B ., 56 n Tommaso dAquino, san, 54 n, 166,167, 200, 2 0 1 ,2 0 3 ,2 1 8 ,2 3 9 ,2 8 8 ,2 8 9 Tracy, D., 77 n, 78 n, 152 n, 153 n, 253 Van den Hengel, J.W., 23 n Van der Leeuw, 130 Vanhoozer, K.J., 23 n, 24 n, 118 n Van Leeuwen, T.M., 118 n Vattimo, G., 212 n Vico, G., 139 n Vigna, C., 216 e n Volpi, F., 212 n Wahl, J., 186 Weber, M., 91, 110, 144 Weil, E., 252 Welsen, P., 100 n Wittgenstein, L., 55 e n, 56 n, 165, 175, 188 Wolff, C., 127,198 Wright, G.H. von, 55 n, 62, 63 e n, 64, 108,109

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