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Semiografia della musica

Capitolo 3

Teoria e notazione nel I millennio d.C.

Vincenzo Pannarale
Conservatorio di Musica “N. Piccinni” - Bari
N.B. All’interno del file sono presenti file audio e
video. Si consiglia, pertanto, di studiare le
diapositive nella modalità “Presentazione” di
Power Point.

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Riguardo alla teoria e alla notazione musicale, possiamo
individuare 4 argomenti che caratterizzano il periodo
che va dalla fine dell’età antica all’XI secolo:

1) l'evoluzione della teoria modale (a partire dal VI


sec.);
2) la nascita della notazione neumatica (IX sec.);
3) la solmisazione (XI sec.);
4) lo sviluppo della prassi esecutiva polifonica (dal IX
sec.).

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Teoria musicale nell'Alto Medioevo
La costruzione della teoria musicale medioevale
poggia su due diversi momenti speculativi:
• V-VI sec.: Marziano Capella, Boezio, Cassiodoro,
Isidoro di Siviglia
• IX-X sec.: trattato Alia Musica, “De Harmonica
institutione” di Hucbald di St. Amand, Ermanno
Contratto
Uno dei punti centrali della trattazione consiste nello
sviluppo della teoria modale, che può considerarsi
il risultato della contemperazione dell’antica teoria
greca con le esigenze didattiche dei cantori relative
al nuovo repertorio gregoriano.
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Marziano Capella trasmette al Medioevo cristiano
le sette arti liberali dell’Antichità, divise in:

- “trivio” (grammatica, dialettica, retorica);


- “quadrivio” (aritmetica, geometria, musica,
astronomia).
La parola è definita da Capella seminarium
musices —> nella pronuncia di un testo vi è già
una musicalità potenziale

L’insegnamento della musica nelle prime


università medievali, a partire dall’XI secolo,
avverrà proprio nel contesto di questa
tradizionale
Conservatorio di Musica “N.divisione
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Piccinni” - Bari delle arti liberali.
L'opera di Boezio
Ad Ancio Manlio Severino Boezio (476-525) si
attribuiscono i 5 libri del De institutione musica,
dedicati:
- agli insegnamenti degli aristossenici e dei
pitagorici (2° e 3° libro)
- allo studio del monocordo e delle consonanze
(4°)
- alla divisione in tetracordi dell'armonia (5°).

Con la nascita delle università, i primi magistri


fecero partire l’azione didattica proprio dall’opera
diVincenzo
Boezio.
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Sua la tripartizione fra musica:

Mundana ---> armonia delle sfere

Humana ---> ordinato rapporto tra anima e corpo

Instrumentalis ---> prodotta dagli strumenti


4 :3

Ricordiamo anche la distinzione tra:

musicus – (cantor) - instrumentista

“Nam qui facit quod non sapit, diffinitur bestia”


(Guido
Conservatorio di d'Arezzo)
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Traslitterò le lettere greche nelle prime 15 lettere
latine (dalla A alla P, escludendo la J), dando
luogo alla notazione alfabetica boeziana.

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- Ripropose, con alcune modifiche, i toni di
trasposizione di Tolomeo, anche con scale ordinate in
senso ascendente (da qui partirà il cosiddetto
“imbroglio dei modi”, nel trattato Alia musica):

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Cassiodoro (VI sec.)

Fondatore del monastero di Vivarium, in


Calabria, che è alla base dell'impostazione
culturale dei monasteri, per Cassiodoro la musica
serve soprattutto all'interpretazione delle Sacre
Scritture.

Fra le altre cose, è sua la classificazione, ripresa


dall'antichità romana ma valevole per tutto il
Medioevo, degli strumenti musicali in:

percussionalia, tensibilia, inflatilia.


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Isidoro di Siviglia (VI-VII sec.)

Grande erudito, autore dei 20 libri delle


Etymologiae, in cui è condensato tutto il sapere
del passato.
Dà una duplice definizione di musica, da cui si
evince la discrasia medievale fra la sua natura
al contempo teorica, ma anche pratica:

- “Musica est disciplina vel scientia quae de


numeris loquitur, qui invenientur in sonis
- “Musica est peritia modulationis sono cantuque
consistens”
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Teoria e notazione nel IX-X sec.
Dopo il lungo silenzio che seguì a Isidoro apparvero verso il
IX secolo i primi trattati specifici di teoria musicale:

– Aureliano di Réôme, Musica disciplina (ca. 850)


– Alia musica [di tre autori anonimi] (IX sec.)
– Hucbald di Saint-Amand, De harmonica institutione (fine IX
sec.)

Qui si posero le basi per la sintesi fra gli otto echoi bizantini,
le otto 'tonalità' di Boezio, e la necessità di classificare un
repertorio, quello gregoriano, la cui prerogativa ritenuta più
evidente era il rapporto di quinta o di terza tra finalis e tenor.

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Nel trattato Alia musica, dai ‘toni di trasposizione' di Boezio
furono eliminate tutte le alterazioni, probabilmente
confondendoli con dei modi (cioè, con scale aventi diversa
successione intervallare, anziché con la trasposizione della
medesima scala a partire da note di altezza diversa).
Il risultato fu di ottenere uno schema modale diverso da
quello greco: da questo “imbroglio dei modi” deriva la
diversità, a parità di denominazioni etniche, delle scale
greche da quelle medievali e quindi moderne.

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Il secondo contributo alla definizione della teoria
modale medievale deriva, come si accennava
nelle pagine 4 e 12 di questa presentazione,
dalle esigenze di catalogazione dei canti, per
favorire l’opera di memorizzazione e di
apprendimento da parte dei cantori.
Bisognerà qui considerare anche il contributo
storico del canto bizantino.

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Gli echemata nel canto bizantino
Fin dal V-VI sec. è diffuso nella liturgia orientale l'uso
di formule d'intonazione non diatoniche, dette
echemata, su parole senza apparente significato.

Queste avevano probabilmente una duplice funzione:


1) servivano ai cantori per familiarizzare con i
collegamenti melodici tipici di un modo;
2) come base per l'improvvisazione e l’invenzione di
nuovi
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Conservatorio canti.
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Queste formule di intonazione, a partire dall'VIII sec.,
sono alla base di un sistema modale teorico
organizzato intorno alle finales Re, Mi, Fa, Sol.

Un libro liturgico, denominato Octoechos, raccoglie i


canti per un ciclo di 8 domeniche successive.
I canti di ciascuna domenica sono tutti intonati sullo
stesso èchema.
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I teorici medievali descrivevano ciascuna scala
modale come l’unione di un pentacordo (nel I
modo, ad esempio, dal re al la) e di un tetracordo
(dal la al re).

Nei modi autentici il tetracordo si trova nella parte


acuta, nei modi pagali in quella grave.

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Gli otto modi liturgici
Il sistema dell’octoechos si trasmise dal canto bizantino a
quello gregoriano.
I canti gregoriani furono raccolti e classificati, nei tonari, in
base al loro modo di appartenenza, collegato alle formule di
intonazione della salmodia. Da questo momento in poi, forse
per un processo di semplificazione, sparisce però ogni forma
di cromatismo e di microtoni, infatti né il sistema modale né
la notazione contemplano l'uso di alterazioni.
Unica eccezione, derivata dal systema teleion, è il si
bemolle, che ha la funzione di evitare il tritono col fa. La sua
instabilità fa sì che il tenor preferisca evitare tale nota,
slittando sul do. Un ulteriore riordino dei modi liturgici stabilì
un raggruppamento per finales e la nuova definitiva
numerazione.
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Sebbene questa terminologia etnica dei modi abbia,
come abbiamo visto, una chiara radice storica, in
riferimento alla modalità gregoriana è però preferibile
utilizzare
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la terminologia
Conservatorio di Musica “N. Piccinni” - Bari alla diapositiva seguente.
I modi ecclesiastici del gregoriano

I.Protus autentico; II.Protus plagale; III.Deuterus


autentico; IV.Deuterus plagale; V.Tritus autentico;
VI.Tritus plagale; VII.Tetrardus autentico;
VIII.Tetrardus
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plagale.
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I 2 canti seguenti sono entrambi classificati in IV modo
(quindi tenor: la, finalis: mi), ma se il primo è modalmente
riconoscibile, il secondo offre pochi indizi persino per capire
quale sia il tenor.

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Vediamo ora più nel dettaglio come sia nata,
verosimilmente, la classificazione dei canti che
ha consolidato la teoria dell’octoechos anche per
il gregoriano.

Secondo alcuni teorici le melodie cristiane erano


in origine molto semplici e articolate intorno alle 3
corde madri Do-Re-Mi, con escursioni verso
l’acuto e il grave nelle cadenze intermedie e
conclusive, come nel modello in figura.

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Cantillazione

Il canto liturgico romano, sebbene preveda anche alcuni canti


strofici (come gli inni), è soprattutto intonazione di un testo in
prosa, privo cioè di strutture metriche.
Il canto in quanto tale è un'evoluzione del modo originario di
leggere i testi sacri, derivato dalla tradizione ebraica, detto
cantillazione, che su una corda di recita fissa adotta piccole
oscillazioni dell'intonazione utili a restituire il senso del testo, oltre
che a un’amplificazione acustica e musicale del testo. Fermate,
sospensioni attese, enfatizzazioni – che oggi sulla carta si
riducano ai segni d'interpunzione – erano per l'oratore occasione
per modificare provvisoriamente l'intonazione.
Residuo di questa pratica, ormai formalizzata all'interno di un
sistema diatonico, è l'intonazione delle letture evangeliche che
propone l’esempio seguente (si osservi qui come il punto
interrogativo
Vincenzo Pannarale sia reso sempre dalla stessa formula melodica).
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In seguito furono introdotti anche intervalli di
semitono e le melodie si svilupparono in maniera
più ampia, nell’ambito di esacordi, come per
esempio nella salmodia, molto praticata già dai
primi secoli.

La classificazione modale basata su scale di


un’ottava sarebbe soltanto successiva, e in
qualche modo teoricamente sovraimposta, per
adattamento ai preesistenti modelli scalari
derivati dall’antica Grecia.

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Un salmo è formato da versetti con un numero
variabile di sillabe, solitamente diviso in 2
emistichi.

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Ogni versetto viene intonato su una melodia
strutturata secondo formule prestabilite,
caratterizzate da:

Initium, inciso melodico iniziale, di solito


ascendente;
Tenor, nota predominante nella recitazione del
salmo;
Flexa, breve cesura nella quale la voce discende;
Mediatio, cadenza centrale con un melisma;
Terminatio, che conduce alla nota finale.

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Dixit Dominus, salmo 109 (110) per i Vespri della domenica (tonus
peregrinus)

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Ciascun modo è caratterizzato da:


Finalis, punto d'arrivo o di riposo

Tenor (tuba o repercussio), nota centrale della
melodia

Ambitus, estensione della melodia, normalmente
di un'ottava

Formule melodiche, con intervalli e passaggi
caratteristici

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Tempo e ritmo nel gregoriano

Il canto è monodico e in ritmo “libero” (canto


piano). Questo significa che il ritmo musicale è
subordinato alla prosodia (= ritmo e inflessioni
melodiche della prosa):
- la velocità di lettura è variabile seguendo il testo
verbale (esiste un tempo sillabico medio, ma non
è rigorosamente isocrono);
- gli accenti sono variabili perché diverso è il
numero di note che formano i raggruppamenti.

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I neumi
La derivazione della parola è greca: segno, o anche
soffio, respiro.
La teoria oggi più accreditata è quella esposta dai
benedettini dell'Abbazia di Solesmes, autori della
Paleographie Musicale, raccolta di oltre 3000 canti
della tradizione.
I neumi deriverebbero dagli accenti prosodici già
usati dai grammatici alessandrini del III e II sec. a.C.,
come l'accento acuto e l'accento grave.
Essi farebbero riferimento al gesto del chironomo,
che indica la direzione ascendente o discendente
della melodia, i respiri, l’agogica e altri aspetti
espressivi
Vincenzo Pannarale che a volte risultano persi nella notazione
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La notazione in campo aperto

I neumi venivano inizialmente scritti sopra il testo


verbale, senza differenziare né l'ampiezza degli
intervalli né il cambiamento d'altezza da un
neuma a quello successivo (notazione
adiastematica).
Dalla forma direttamente derivata dagli accenti
(neumi-accenti) che essi avevano ancora nel IX
sec., si cominciò, a partire dal X sec., a
semplificare il tratto rendendolo simile ad un
insieme di punti (neumi-punti).
La successiva notazione quadrata si sviluppa
inizialmente
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in Aquitania.
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La notazione diastematica

Col tempo si cominciò a tracciare una riga a


secco intorno alla quale si disseminarono i punti,
rendendo più precisa l'indicazione d'altezza
(neumi rialzati).

La linea fu presto colorata e, da singola che era,


divenne doppia (in rosso per il Fa2, in giallo o
verde per il Do3).

In seguito le linee divennero 4, solitamente


colorate in nero ma con l'aggiunta di lettere-
chiavi.
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La notazione quadrata

A partire dal XII sec. i neumi perdono i tratti


curvilinei e si stabilizzano nelle forme della
notazione:


Quadrata, o romana


Romboidale, o gotica


Edizioni moderne, come il ad es. il Graduale
triplex, riportano, sovrapposte, sia la notazione
quadrata sia le più antiche notazioni curvilinee.
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Differenze locali

Vi erano all'inizio notevoli differenze di scrittura


fra le varie tradizioni dei centri scrittori sparsi
nelle cattedrali e nei monasteri di tutta Europa,
ognuno con la sua schola cantorum, dotata di
una propria prassi esecutiva e notazionale.

Le fonti paleofranche curano l'indicazione
precisa dell'altezza (ad es. in Aquitania, da cui si
evolse poi la notazione quadrata)

Quelle francotedesche sono attente alle
sfumature ritmiche ed espressive (ad es. San
Gallo, con l'adozione delle lettere romaniane)
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Conservatorio di Musica “N. Piccinni” - Bari
Classificazione dei neumi

I neumi sono classificati in:


Neumi semplici, formati da 1 a 3 note

Neumi composti, formati da più di 3 note e
derivati dai precedenti

Neumi ornamentali, esprimono particolarità
esecutive come il vibrato o lo staccato

Neumi liquescenti, che servono al collegamento
di sillabe contenenti consonanti particolari (f, l, m,
n, r, s, x).
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I principali neumi semplici

Errata corrige: il punctum indica un fa, non un sol; la


clivis indica
di Musica la-sol
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Errata corrige: le note del primo porrectus sono do-la-
do. Le note del primo torculus sono sol-la-sol.

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Esempi di neumi composti

Errata corrige: le note del primo pes subbipunctis sono


la-sib-la-sol.
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L'Antiphonale missarum sestuplex

Nel tempo, i canti sono stati modificati e adattati.


Per stabilire se un canto sia autenticamente
gregoriano, bisogna consultare l'Antiphonale
missarum sestuplex (anno 1935), che è la
raccolta dei sei più importanti e antichi
manoscritti di canti liturgici:
-M: graduale di Monza (IX sec.)
-R: graduale di Rheinau (inizio IX sec.)
-B: graduale di Mont-Blandin (VIII-IX sec.)
-C: graduale di Compiègne (2a metà IX sec.)
-K: graduale di Corbie (2a metà IX sec.)
-S: graduale
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Conservatorio di Senlis
di Musica “N. Piccinni” - Bari (2a metà IX sec.)
Il Graduale Triplex

Il graduale Triplex, pubblicato a cura dell'Abbazia


di Solesmes a partire dal 1979, raccoglie i canti
liturgici ufficiali della Chiesa Cattolica Romana.
Ogni canto è riportato in una triplice notazione:
- quadrata romana
- metense di Laon (in nero, sopra il tetragramma)
- sangallese di san Gallo e Einsieldeln (in rosso,
sotto il tetragramma)

Ogni canto riporta il modo del brano (in


numerazione romana e l'appartenza a uno dei
codici
Conservatorio dell'Antiphonale
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di Musica “N. Piccinni” - Bari sestuplex)
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Lo spartito precedente è tratto dal Graduale
Triplex.
In alto a destra, in corsivo, troviamo la fonte del
testo biblico: Salmo 112 (113), versetto 1.
Il numero romano a sinistra indica il modo del
canto, e la sequenza di lettere maiuscole la
presenza nell’Antiphonale Sestuplex.
Nel riquadro sono indicati i manoscritti da cui
sono tratte le notazioni adiastematica nera
(codice di Laon, folio 111) e rossa (Cantatorium
di San Gallo, folio 111).

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La notazione alfabetica nel Medioevo

Nel prossimo capitolo parleremo della notazione per la


polifonia. Ma la notazione alfabetica, usata
nell’antichità greco-romana, non scomparve del tutto.
Essa divenne principalmente uno strumento della
teoria musicale, ma assunse anche funzioni ausiliarie
nella notazione stessa:
1) per indicare l’intera gamma dei suoni utilizzati nel
canto religioso, che si estendeva per circa 3
ottave;
2) in funzione di lettere-chiavi sul tetragramma;
3) per meglio specificare gli intervalli nella notazione
adiastematica;
4) sotto forma di litterae romaniane per aggiungere
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Notazione di Ermanno Contratto

Un tentativo di rendere più


precisa l'indicazione delle
altezze, quando ancora
questa era scritta senza il
tetragramma fece ricorso alla
notazione alfabetica:

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Nella notazione del canto gregoriano le
cosiddette lettere romaniane (dal cantore
Romanus, che per primo ne propose l'uso
nell'Antifonario di S. Gallo) erano d'ausilio ai
neumi (a=altius, c=celeriter, f=forte,
m=moderato).

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Guido d’Arezzo

La figura di Guido d’Arezzo emerge fra quelle dei


teorici medievali, soprattutto per la sua opera
rivolta alla preparazione didattica dei pueri
cantores.

Nel Micrologus de musica (1026) Guido espone i


fondamenti teorici (monocordo, intervalli,
organum) della prassi del canto.
Gli è anche attribuita l’invenzione del
tetragramma, il fascio di 4 linee con relative
chiavi, ancora in uso oggi nella scrittura del
gregoriano.
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Il sistema esacordale è esposto per la prima volta da Guido
nella Epistola ad Michaelem de ignoto cantu (1028).

Dall’intonazione delle prime sillabe di ciascun emistichio i


cantori imparavano a cantare l’esacordo. La mancanza del
SI non deve sorprendere: le scale di un’ottava saranno, fino
al XVI sec., soprattutto una struttura teorica, mentre
l’intonazione e anche molti aspetti della composizione
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saranno
Conservatorio dibasati proprio
Musica “N. Piccinni” - Bari su strutture esacordali.
Il sistema didattico inventato da Guido prevedeva la
divisione della gamma generale dei suoni in un sistema
di 7 esacordi.

L'esacordo non era che una estensione del tetracordo


greco, con un tono in più all'inizio e alla fine. La
differenza fondamentale era che, mentre i tetracordi si
collegavano in successione, gli esacordi si
sovrapponevano lungo la scala generale, prevedendo
un passaggio fra esacordi chiamato mutazione.

Il sistema riportato nella figura successiva fu alla base


della solmisazione, la didattica del canto attuata per vari
secoli a partire da Guido d'Arezzo.
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Gli esacordi erano, di solito, utilizzati in coppie:
naturale+duro o naturale+molle. I punti di mutazione
variavano
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per l’ascesa e la discesa, e secondo la coppia di
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Alcuni esempi

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La mano guidoniana

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Domande
1. Quale teorico ha introdotto per primo le lettere
dell’alfabeto latino per indicare le note?
2. Qual è il rapporto fra musica mundana, humana e
instrumentalis?
3. Quali sono i contributi storici che portano alla
sistemazione definitiva dell’Octoechos gregoriano?
4. Quali sono le 4 caratteristiche che definiscono ciascun
modo e a quali aspetti musicali delle melodie
corrispondono?
5. Qual era l’utilità della notazione adiastematica e perché si
sviluppa proprio tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo?
6. Perché nel Graduale Triplex sono inserite anche due
forme di notazione adiastematica accanto alla notazione
quadrata?
7. Prova a cantare i brevi frammenti di melodie da pag. 63 a
Vincenzo Pannarale
pag. 66.
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Bibliografia

D. MOLININI Suono Segno Suono ed. Florestano

Vincenzo Pannarale
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