Verso la fine del IX Secolo, sorse l’esigenza di aggiungere alcuni segni di supplementari, i
celebranti non erano cantori specialisti avevano bisogno di un segnale per capire quando
incominciare una cadenza, per realizzare ciò, si impiegarono i cosidetti Neumi tratti dai segni di
interpunzione o accenti grammaticali.
La scrittura neumatica era estremamente libera; essa non usava un rigo musicale di riferimento.
Essa non indicava con esattezza matematica quale nota andasse cantata, ma come questa nota
doveva essere eseguita. Era del tutto inutile escogitare un modo per stabilire con esattezza
matematica tutte le note perche tutti i cantori fin da bambini conoscevano il repertorio a memoria.
L’attenzione dei neumi si appuntava sui suggerimenti circa il modo di esecuzione, rivelato dalla
diversa pressione dello stilo sulla pergamena. Cosi facendo però le sfumature dell’esecuzione
rischiavano l’oblio, fu questa la grande preoccupazione degli amanuensi e dei monaci di San Gallo.
Per precisare con esattezza tutte le particolarità del tracciato sonoro, venivano aggiunte talvolta
delle lettere convenzionali, dotate di vari significati, e si aggiungevano anche indicazioni sul tipo di
emissione sonora. Questo tipo di scrittura musicale è detta adiastematica (perche non indica con
esattezza le altezze sonore) e fu un sistema di scrittura perfettamente rispondete alle esigenze del
IX-X secolo. Man mano che la civiltà musicale si serviva sempre più della scrittura, anche
l’apprendimento tendeva a svincolarsi dalla tradizione orale.
Nel l’anno 1000 il monaco italiano Guido D’Arezzo (nato nel 991/2 ca. , morto dopo il 1033)
escogitò un metodo per imparare a leggere un canto all’impronta senza bisogno di alcun tramite
umano. Una sistematizzazione dell’impiego del rigo musicale che ebbe successo e fu adottata
gradualmente in tutta Europa.
Egli propose dunque di utilizzare un certo numero di linee, molto ravvicinate tra loro, come il
moderno pentagramma in modo che era possibile posizionare le note sia sulle righe che negli spazi.
Cosi ogni suono corrispondeva sempre ad un solo posto sul rigo musicale, c’era bisogno però, di
stabilire a quale nota corrispondesse ogni singola riga. Guido suggerì due metodi; segnare alcune
linee con una lettera-chiave tratta dalla notazione alfabetica (ad esempio G per il sol) oppure
colorare con inchiostro alcune linee a secco.
L’adozione del rigo musicale illustrato da Guido D’Arezzo generò in fine il rigo musicale a quattro
linee (tetragramma) usato ancora oggi per scrivere il canto gregoriano.
Il Pentagramma iniziò a comparire nel XIII secolo nei manoscritti polifonici della Francia del Nord.
Anche la forma dei Neumi andò alterandosi per adattarsi all’esatta collocazione sul rigo,
ingrandendosi e squadrandosi fino ad arrivare alla classica notazione del canto gregoriano detta
appunto “Notazione quadrata”.
Una totale trasformazione dunque era avvenuta: ora chiunque poteva apprendere nuova musica
direttamente da un libro.
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