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Johann Sebastian Bach (1685-1750)

Johann Sebastian Bach nasce ad Eisenach, ottavo e ultimo figlio di Johann Ambrosius Bach (1645-
1695). Di famiglia di musicisti, studia violino con il padre. Orfano di entrambi i genitori, è accolto
in casa dal fratello maggiore. Ha una prima formazione musicale prevalentemente in famiglia, come
autodidatta. Dal 1703 diventa organista ad Arnstadt poi a Mühlhausen. Ricopre l’ incarico di
maestro di cappella alla corte di Weimar e poi di Köhten. Nel 1723 è nominato maestro di cappella
in San Tommaso a Lipsia, posto che ricoprirà fino alla morte avvenuta nel 1750.
L'area geografica in cui Bach ha vissuto è dunque limitata alla Germania, infatti egli, a differenza di
altri compositori suoi contemporanei, non ha mai avuto la possibilità di compiere viaggi all'estero.
Nonostante ciò ha una vastissima conoscenza della musica prodotta alla sua epoca grazie allo studio
delle partiture. In particolare fu interessato all’opera di Vivaldi, e dei francesi Couperin e Grigny.
La sua produzione vastissima comprende tutti i generi musicali allora praticati ad esclusione
dell'opera: Bach compose infatti cantate sacre e profane, passioni, oratori, un altissimo numero di
composizioni per organo e clavicembalo, nonché musica da camera, per orchestra e opere di natura
teorica.
Bach componeva soprattutto per scopi religiosi o didattici. Nelle sue partiture, non solo di musica
sacra, ma anche di musica strumentale, compaiono frequentemente le seguenti sigle: S.D.G = Soli
Deo Gloria, oppure I.N.J. = In nomine Jesu, oppure J.J. = Jesu Juva. Parecchie composizioni sono
pensate per i suoi allievi, in primis i suoi figli, 20 in totale di cui solo nove gli sopravvissero. Alcuni
divennero celebri musicisti: Wilhelm Friedemann, Karl Philipp Emanuel e Johann Christian.

Schema riassuntivo:

LUOGO DATA TIPO D’ATTIVITA’ PRODUZIONE PREVALENTE


Arnstad 1703 organista per organo
Mülhausen 1707 organista per organo
Weimar 1708 organista e musicista da camera corte organo e clavicembalo
Köthen 1717 maestro di cappella corte per orchestra e per clavicembalo
Lipsia 1723 maestro di cappella in St. Tommaso cantate sacre e passioni

I luoghi di Bach
Universalmente considerato come uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi, le sue
composizioni furono ritenute dai contemporanei 'all'antica' per lo stile legato alla tradizione
polifonica del Rinascimento, e solo nei primi anni dell'Ottocento, grazie al musicologo tedesco J.N.
Forkel, autore della prima biografia del compositore, ebbe inizio la rinascita bachiana. Nel 1829 F.
Mendelssohn-Bartholdy rimaneggiò e diresse la Passione secondo Matteo, a cento anni dalla prima
esecuzione. Il rinnovato interesse romantico per B. portò compositori come R. Schumann a
costituire nel 1850 la Società Bach, che ebbe il compito non solo di favorire l'esecuzione delle sue
musiche, ma anche di pubblicarne l'intera opera.
Per riassumere i tratti fondamentali della figura di Bach, utile il confronto con il contemporaneo
Händel, che con Bach condivide l’anno di nascita e l’area geografica di origine. Ma nonostante ciò,
le differenze fra i due sono molto evidenti.
Bach (1685-1750) Händel (1685-1759)
luogo di nascita Eisenach Halle
origini familiari famiglia povera famiglia agiata
prima formazione In famiglia università e studi musicali con
regolare maestro (Zachov)
area geografica di area esclusivamente tedesca in frequenti viaggi: Italia e Inghilterra
attività località limitrofe dove risiederà
ambienti frequent. chiese luterane teatri, regge, palazzi
scopo del comporre didattico e religioso non insegnò mai e nonostante la fede
luterana, considerava esercizio
professionale scrivere pezzi sacri
favore del pubblico giudicato difficile da comprendere capito dal pubblico perché si
adeguava al gusto corrente
attività di esecutore eccellente organista organista ma molto meno legato al
suo strumento
composizioni tutti i generi escluso il teatro: cantate, opere teatrali oratori in inglese,
passioni, musica strumentale per musica da camera e per orchestra
diversi organici ma soprattutto per
clavicembalo e organo
fortuna non ebbe fortuna in vita, la sua fu celebre a livello internazionale
produzione fu riscoperta nel periodo
romantico

Le cantate
Il settore delle cantate sacre è il primo per importanza artistica e per quantità di opere dei settori nei
quali si esercitò il genio di Bach. Molte sono state le difficoltà per definire un’esatta distribuzione
cronologica, la paternità dei testi e l’autenticità, posta in discussione per alcune pagine. Secondo le
conclusioni più attendibili le cantate sacre composte da Bach e attualmente conservate dovrebbero
risultare poco meno di 200. Sapendo inoltre che il musicista nel corso degli ultimi anni aveva
ordinato le cantate in cinque annate complete e che, secondo il calendario liturgico, le cantate
previste in un’annata erano 59, si conclude che Bach avrebbe scritto circa 300 cantate, e che un
centinaio di queste sarebbero andate perdute. Le più remote cantate a noi pervenute risalirebbero al
periodo di Mülhausen, mentre a Weimar ne sarebbero state scritte una ventina, le restanti infine
sarebbero state prodotte tutte a Lipsia, soprattutto fra gli anni 1723 e 1726, ai quali risalirebbero
circa 140 composizioni. Il termine cantata era quasi del tutto estraneo a Bach, che la definiva più
facilmente coi nomi di concerto spirituale, mottetto, pezzo sacro, musica da chiesa. Era una
composizione vocale in più parti che, nella funzione religiosa luterana, veniva eseguita all’interno
del servizio liturgico prima del sermone, oppure prima e dopo se era strutturata in due tempi.
Relativamente al contenuto, la cantata era il completamento musicale del sermone. Dal punto di
vista stilistico si ricollega ad alcuni generi fusi l’uno con l’altro: mottetto, madrigale, vari tipi di
concerto sacro, corale, forme del recitativo e dell’aria derivate dall’opera napoletana. Nelle prime
cantate di Bach dominano i testi tratti dalla Bibbia e a livello musicale è molto presente il corale. Le
arie col “da capo” e i recitativi sono quasi del tutto assenti. Tra queste cantate ricordiamo l’Actus
tragicus del 1707. In seguito il carattere del testo diventa più predicatorio, vengono impiegati in
misura minore i testi biblici e appaiono invece in modo più copioso le forme del recitativo e
dell’aria.
La forma tipica della cantata sacra bachiana è la seguente:
grandioso coro d’apertura
recitativo secco e solo raramente accompagnato
arie con il “da capo”
elaborazione di corali a poche voci e con forme svariate
corale finale a quattro voci
Una delle cantate più celebri di Bach è la numero 147. Venne composta in buona parte
a Weimar nel 1716 (BWV 147a) per l'Avvento, e venne ampliata nel 1723 a Lipsia per la festa
della Visitazione (BWV 147). La prima versione prevedeva 6 brani: dopo un coro iniziale, 4 arie e
un corale conclusivo. Bach la riadattò e la ampliò a Lipsia per la festa della Visitazione di Maria.La
prima esecuzione ebbe luogo il 2 luglio 1723 a Lipsia. Nella versione finale la cantata richiede
quattro solisti e coro SATB, una tromba, due oboi, due violini, viola e basso continuo con fagotto.
Si compone di 10 brani divisi in due sezioni: i primi 6 sono da eseguire prima del sermone, i
restanti sono da eseguire dopo il sermone.
1°Parte: Coro-recitativo-aria-recitativo-aria-corale
2° Parte: Aria-recitativo-aria-corale
Il coro d'apertura (Il cuore e la bocca) suddivide il testo in tre sezioni (di cui la terza non è altro che
una ripresa della prima), non dissimili tra loro nel carattere musicale. Si apre con una introduzione
strumentale quindi entra il coro che inizia subito una fuga, con gli strumenti in raddoppio. Il
soggetto della fuga si articola attraverso un lungo melisma di tre battute, imperniato sulla
parola Leben (vita). Il tema viene enunciato dalle voci in rapida successione, ne scaturisce una
grande espressività per rappresentare una visione positiva della vita nell’ottica della fede. Un ruolo
importante nelle cantate riveste il corale, la forma prescelta dalla liturgia luterana, costruito su
melodie semplici della tradizione luterana. Bach ne armonizzò molti a quattro voci, destinati al solo
organo ma anche utilizzati nelle cantate e nelle passioni. Sono caratterizzati da movimento
omoritmico delle parti, frasi regolari, cantabilità e grande espressività. L’ultimo corale della cantata
147, aggiunto da Bach nella versione di Lipsia è reso popolare da numerose trascrizioni strumentali
(ad es quella per pf di Ferruccio Busoni). Una melodia pastorale, costituita da un flusso continuo di
terzine affidate agli archi e agli oboi fa da sfondo al Corale “Jesus bleibet meine Freude” (Gesù
rimane la mia gioia), che è cantato dal coro, a versetti intervallati agli interventi strumentali.

Dopo il 1735 Bach continuò a comporre cantate sacre, ma si dedicò anche a cantate profane sul
modello della cantata italiana, che venivano utilizzate per occasioni di intrattenimento, ad esempio
per festeggiare i principi a capodanno e in occasione del loro compleanno, oppure per onorare
eminenti personalità della vita pubblica. Nota è la cantata del caffè, di argomento gaio che
commenta la moda del tempo di bere il caffè. Venne scritta tra il 1732 e il 1734 per essere eseguita
al caffè Zimmermann da parte del Collegium Musicum lipsiense. Il libretto è di Picander. Scritta
per soprano (figlia), tenore (narratore) e basso (padre), orchestra d’archi con flauto e basso
continuo, si compone di 10 numeri che alternano recitativi e arie con un brano d’insieme conclusivo
in cui cantano i tre personaggi. Il contenuto umoristico ricalca stilemi dell’opera buffa italiana, o
meglio dell’intermezzo. Il narratore presenta un padre, che si lamenta della figlia disobbediente e le
chiede di smettere di bere caffè, arrivando fino a minacciarla di non permetterle di sposarsi. La
ragazza allora promette di non toccare più il caffè ma accetterà come marito solo chi le pernetterà di
bere il caffè ogni volta che vorrà. Alla fine, tutti cantano insieme che "proprio come un gatto non
smette mai di prendere un topo, le ragazze non smetteranno mai di bere il caffè", come fanno le loro
madri e nonne.

Le Passioni
Fin dai tempi antichi, la vicenda della passione, (in origine evangelium), centro della settimana
santa e comprendente la narrazione della morte di Cristo, consisteva inizialmente in un’intonazione
in stile gregoriano dei relativi passi evangelici. Acquistò a poco a poco carattere drammatico e già
nel secolo XIII la narrazione era affidata a tre voci: la voce più bassa impersonava Cristo, quella
media l'Evangelista e quella acuta gli altri personaggi. Fattasi anche musicalmente più complessa
con l'adozione di forme polifoniche, ebbe infine grande sviluppo nei paesi luterani, dove adottò la
lingua tedesca e assunse forme sempre più vicine a quella della cantata, dell'oratorio e del vero e
proprio dramma musicale. Celebri, oltre ai capolavori di Bach, gli esempi seicenteschi di Schütz. Le
passioni di Bach appartengono al tipo di passione oratoriale: in tale forma il testo biblico ripartito
fra l’evangelista e gli altri interlocutori (compresi i cori) viene intercalato con testi poetici di nuova
invenzione come lieder spirituali, (naturalmente inerenti al tema della passione) e corali propri della
liturgia luterana. Bach scrisse in origine 5 passioni, delle quali solo due ci sono pervenute (quella
secondo Matteo e quella secondo Giovanni). Eseguita nel 1724 la passione secondo san Giovanni
conobbe più versioni, almeno quattro. Non si conosce l’autore del libretto, ma la critica tende a
riconoscervi la mano di Bach, che si servì del modello di un famoso testo del poeta Brockes (1680-
1747). Il testo inoltre sfrutta vari passi dei capitoli 18 e 19 del vangelo di Giovanni con due
interpolazioni da Matteo, 11 sono i corali e 12 i testi madrigalistici. Parzialmente diversa è la natura
della passione secondo Matteo che appare più vistosa e spettacolare, meno intima ma più
impressionante non tanto nelle dimensioni e nell’aspetto formale quanto piuttosto nella presenza di
atteggiamenti teatrali, un vero e proprio dramma liturgico, di resa immediata nonostante la non
uniformità della partitura, commista di stili disparatissimi. Eseguita il giovedì santo del 1727 o 1729
nella chiesa di San Tommaso a Lispia, la passione secondo Matteo ebbe almeno due versioni. Il
testo, più ampio di quello della San Giovanni, è opera di Picander: al racconto evangelico vero e
proprio si aggiungono 29 brani su testo di Picander, più 14 corali.
Le passioni di Bach, eseguite nelle chiese di Lipsia durante la liturgia luterana, come le cantate,
erano divise in due parti da eseguire prima e dopo il sermone. La prima parte della passione
secondo Matteo comprende un prologo, poi narra l’ultima cena e la cattura di Gesù. La seconda
riguarda i due interrogatori, l’esecuzione della condanna, e la sepoltura. Si compone di 68 brani
ripartiti fra il recitativi, cori, corali, arie. La narrazione viene affidata alla voce dell’evangelista che
si esprime con recitativi, in cui Bach raggiunge un altissimo livello espressivo, caratterizzato da
frequenti e ampi intervalli, da ardite armonie e da repentini mutamenti ritmici. Nella passione sono
poi presenti altri personaggi (Gesù, Giuda, Pilato, Pietro, Sommo sacerdote, etc.) interpretati dai
cantanti solisti. Il recitativo, che ha importanza capitale ed è strettamente legato al significato del
testo, è l’elemento primario della narrazione drammatica. A parte l’arditezza armonica e l’estrema
elasticità della linea melodica, c’è da rilevare la sua natura lirica e religiosa. In particolare, per la
voce di Gesù è impiegato un recitativo non secco, ma con accompagnamento degli archi utilizzando
note di lunga durata che creano un suono pieno e appoggiato. Unica eccezione è il momento in cui
Cristo pronuncia prima della morte le sue ultime parole, che data la drammaticità del momento sono
rese dal recitativo secco. Ma dove Bach dà prova del suo straordinario estro inventivo è nella parte
affidata all’evangelista, ricca di simbolismi e di figurazioni anche descrittive. Al modello stilistico
dell’evangelista si conformano gli interventi dei vari personaggi, escluso il Cristo. Altro pilastro
fondamentale della passione è il corale, la tradizionale voce spirituale del popolo tedesco, il cui
impiego è determinato da esigenze espressive e non solo liturgiche: la formazione di zone di
meditazione, la necessità di realizzare momenti di tensione e di sospensione del dramma, l’esigenza
di un elemento dialettico che introduca alla purificazione. A questi semplici corali armonizzati
talvolta ricorrenti (nella passione secondo san Matteo ce ne è uno che compare cinque volte con
testo diverso), si devono aggiungere i grandiosi cori di apertura e di chiusura. Il primo è stato scritto
per due cori e due orchestre e prevede l’uso supplementare ma determinante di un coro di voci
bianche. Ai due ruoli sopracitati della massa corale (il canto dei corali e la realizzazione di grandi
cori) se ne aggiunge un terzo, il popolo, la turba (personaggi collettivi) come personaggio dei
vangeli, si tratta di interventi previsti dalla narrazione e concepiti nei più diversi stili, dal semplice
recitativo corale all’ampia struttura polifonica, dal brevissimo motto alla fuga. Il momento statico
delle passioni, il monumento alla meditazione e alla contrizione è rappresentato dalle arie, in queste
pagine la coscienza del credente si risveglia, mentre l’azione si ferma. Nelle arie si fondono in un
unico organismo la cantabilità e una rigorosa tessitura contrappuntistica realizzata da strumenti
obbligati. Nelle passioni Bach riunisce dunque gli elementi stilistici più disparati e una condotta
parallela di forme diverse per spirito, destinazione e struttura, ma da questa non uniformità
fuoriesce l’unitarietà dell’opera e la sua grande espressività.

La musica per organo e clavicembalo


Bach aveva studiato violino e organo, ma fu l’organo lo strumento che attirò l’attenzione del
compositore tanto che si instaurò tra il compositore e il suo strumento un rapporto molto stretto
paragonabile a quello di Paganini col violino e Chopin col pianoforte. Ancora adolescente Bach si
recò ad Amburgo ad ascoltare gli organisti della città. Quando era ad Arnstadt fece un viaggio a
Lubecca dove rimase colpito dalla musica di Buxteude. In Bach - erede di Sweelinck, Scheidt,
Pachelbel, Buxtehude - culmina la tradizione organistica tedesca (nord + sud) coniugata con
elementi della cantabilità italiana, uniti a un grande virtuosismo.
Per lo strumento prediletto Bach scrisse, lungo tutta la carriera, circa duecentocinquanta
composizioni: preludi, toccate, fantasie, fughe, da eseguire prima delle funzioni, e moltissime
elaborazioni di corali.
Le prime composizioni per organo di Bach comprendono preludi, corali, variazioni su corali e
alcune toccate e fantasie che ricordano lo stile di Buxteude. In seguito, quando era alla corte di
Weimar, Bach fu attratto dalla musica degli italiani e si mise a copiare le partiture e ad arrangiarne
i lavori: adattò così diversi concerti di Vivaldi per l’organo o il clavicembalo, aggiungendovi
abbellimenti e voci interne. Lo stile che noi consideriamo tipicamente bachiano è infatti in realtà
una fusione di caratteristiche italiane (soprattutto in relazione alla cantabilità dei temi e al gusto per
la melodia) e tedesche ( per la rigorosa struttura contrappuntistica). Bach scrisse per organo:
1) Preludi e fughe. E’ una combinazione di due generi tipica del periodo barocco con carattere
molto diverso.. Lo stile improvvisativo del primo produce un forte effetto di contrasto con il rigore
canonico del secondo. Le più importanti composizioni in questa forma risalgono al periodo di
Weimar anche se alcune vennero scritte a Köthen e a Lipsia. La sua pagina organistica più celebre è
la Toccata e fuga in re minore, scritta probabilmente negli anni giovanili, a Mühlhausen o forse ad
Arnstadt. Il Preludio e fuga in la minore, BWV 543 è un esempio del sapiente metodo compositivo
di Bach che unisce alle complesse strutture ardite armonie e difficoltà tecniche. Comune a entrambe
è un'accentuata varietà delle soluzioni tecniche, con continui mutamenti di ritmo e con una scrittura
improntata al gusto della sorpresa. Gli elementi musicali del preludio sono un basso cromatico
discendente e semplici accordi arpeggiati. Il tema della fuga, come il preludio, è costituito da
accordi arpeggiati (mano destra), e discesa cromatica (mano sinistra), in particolare nella seconda
metà della composizione.
2) Sonate a tre in struttura contrappuntistica a tre voci uguali e indipendenti, una per ogni manuale e
una per il pedale. L’ordine dei movimenti e il carattere generale dei temi mostrano l’influenza dei
modelli italiani.
3) Bach come organista e come devoto luterano fu attratto dal corale. Importante è il piccolo libro
per organo (Orgelbüchlein), una raccolta che comprende 46 preludi corali, compilato da Bach a
Weimar e nei primi anni Köthen. I preludi corali di questa raccolta rivelano un intento didattico, il
frontespizio riporta la seguente dicitura: “piccolo libro per organo nel quale si dà a un organista
principiante un metodo per eseguire in tutte le maniere un corale e insieme per perfezionarsi
nell’uso del pedale [etc] a onore dell’unico Dio altissimo e per l’istruzione del mio prossimo”. In
questa dicitura sono esplicitamente indicate le due funzioni fondamentali che la musica aveva per
Bach: didattica e religiosa. Il preludio corale è una composizione per organo che utilizza la melodia
di un corale che viene armonizzata e rielaborata. Quasi tutti i preludi corali di questa raccolta sono
a 4 voci e la melodia preesistente si trova solitamente al soprano.
Come quella per organo, la musica per clavicembalo di Bach comprende capolavori in ogni forma
nota del tardo-barocco: preludi, fantasie, toccate, fughe, pezzi in stile fugato, suites, variazioni;
inoltre si riscontrano sonate, capricci e brevi lavori miscellanei tra cui molti pezzi didattici, infine
concerti per clavicembalo e orchestra. La maggior parte della musica per clavicembalo di Bach è
stata scritta a Köthen, anche se molti lavori importati risalgono al periodo di Lipsia. In generale le
composizioni per clavicembalo, che non erano così legate come i lavori per organo alla tradizione
tedesca e alla liturgia, mostrano soprattutto i tratti cosmopoliti e internazionali dello stile di Bach e
la mescolanza di elementi italiani, francesi e tedeschi. Le principali opere clavicembalistiche sono
le suites inglesi, francesi e le variazioni Goldberg, le invenzioni a 2 voci e le sinfonie a 3 voci. Ma
soprattutto la raccolta che lo ha reso celebre è Il clavicembalo ben temperato, in due volumi, il
primo del 1722, il secondo del 1744. I due libri comprendono ciascuno 24 preludi e fughe per un
totale di 48 in tutte le diverse tonalità maggiori e minori. Il pretesto di quest'opera, caposaldo nella
storia musicale, è dato dal desiderio di confermare sul piano pratico ed artistico l'adozione di un
nuovo metodo di accordatura per il clavicembalo, probabilmente identificabile con il sistema
temperato secondo il quale la scala è suddivisa in dodici semitoni tutti uguali per permettere una più
facile accordatura e intonazione. Il temperamento equabile era stato proposto da Werkmaister sulla
fine del secolo XVII per superare i problemi di accordatura negli strumenti a suono fisso. Col
clavicembalo ben temperato Bach riesce a dimostrare ciò che Werkmaister aveva proposto a livello
teorico. L’opera, come si legge sul frontespizio, era stata concepita "ad uso della gioventù studiosa
e musicale e ancora a ricreazione di coloro che già sono versati nella musica". L'opera vuole
insegnare, esemplificare e per questo pone lo strumentista di fronte alle più svariate situazioni
tecniche e musicali, senza mai ripetersi, rinnovando continuamente, oltre al materiale tematico,
anche il suo modo di impiego e sviluppo. Tutta l'opera è strutturata sul binomio preludio e fuga, un
binomio formale che da tempo si era imposto nella prassi compositiva dell'epoca. Apparentemente
la forma è una sola, ma Bach, indagando un parametro fisso, mostra uno spirito innovatore, capace
di trarre da uno schema usatissimo le più incredibili e varie architetture sonore. Il preludio è un tipo
di composizione che, come chiarisce già il termine, introduce a qualcosa, prepara per l'ascolto di un
altro brano. Ha la stessa funzione della toccata, infatti in origine i termini si equivalevano, così
come potevano essere associati a intrada. Nella maggior parte dei preludi all’esecutore spetta un
compito specificatamente tecnico, tanto che questi pezzi potrebbero essere chiamati nella
terminologia successiva etudes. Nel nostro caso il preludio introduce la fuga, la massima
realizzazione del contrapputo.
Fuga
Il termine fuga, che già nel XIV secolo indicava il procedimento tecnico oggi detto canone, definì poi il
più importante, elaborato e prestigioso tipo di composizione contrappuntistica, sviluppatosi nella
seconda metà del XVII secolo che trovò con Bach la sua più alta affermazione.
La fuga si basa sull’interazione di più voci (almeno 2, di solito 3 o 4), il cui numero rimane inalterato
nel corso della composizione. Tutte le voci si scambiano il ruolo di voce principale e pertanto hanno pari
interesse nella costruzione del discorso, mentre nel linguaggio classico le varie parti hanno funzioni
chiaramente differenziate (melodia principale, accompagnamento, basso). Il ricorso all'imitazione fa sì
che nella fuga le frasi si concatenino senza soluzione di continuità, o addirittura sovrapponendosi,
anziché presentarsi successivamente ben distinte l'una dall'altra. Il discorso musicale non presenta cesure
intermedie, ma procede in un unico respiro verso la cadenza conclusiva. La struttura della fuga in Bach
subisce notevoli varianti. Possiamo tuttavia indicativamente proporre uno schema consapevoli delle
innumerevoli eccezioni. Generalmente la fuga si compone di tre parti
1) Esposizione
2) Svolgimento
3) Stretti
L’esposizione presenta gli elementi fondamentali della fuga:
(a) il Soggetto, cioè il Tema principale, che dev'essere breve, incisivo e chiaro, senza cambi di tonalità al
suo interno;
(b) la Risposta, che è il soggetto stesso nel tono della dominante;
(c) il Controsoggetto, che è la melodia che l'accompagna il soggetto (talvolta non presente)
(d) la Coda (che però non è sempre necessaria), che è una breve aggiunta al soggetto e fa semplicemente
da cerniera per collegarlo direttamente al controsoggetto;
(e) le parti libere, che sono date alle voci non impegnate nell'esecuzione di parti "obbligate" (cioè
Soggetto o Controsoggetto).
L'organizzazione dell'Esposizione dipende dal numero delle voci.
Il modello "classico“ a quattro voci (soprano, contralto, tenore e basso) presenta gli elementi descritti in
modo che il Soggetto e la Risposta passino successivamente da una voce all'altra. Le "entrate" si
possono quindi schematizzare così:
Soprano Soggetto Controsogg Parte libera Parte libera

Contralto ------------- Risposta Controsogg Parte libera

Tenore ------------- ------------- Soggetto Controsogg

Basso -------------------- -------------------- -------------------- Risposta

Per consentire un più agevole collegamento dal punto di vista armonico tra soggetto e risposta, che si
svolgono in due differenti tonalità, la risposta può presentare una o più mutazioni (intervalli modificati)
rispetto al soggetto. In questo caso la risposta è detta tonale, mentre la ripetizione regolare del soggetto
in dominante dà luogo alla risposta reale. Analogamente si parla di fuga reale e di fuga tonale
La struttura di una fuga rievoca chiaramente quella di un tema letterario: esposizione, sviluppo e
conclusioni. Dopo l'esposizione avviene lo sviluppo dei temi presentati. Ciò si attua nello
"svolgimento", quando il soggetto (e la relativa risposta) viene trasportato ai toni vicini, passando da
toni maggiori a minori e viceversa: cambiando disposizione e "registro", il tema si presenta sempre in
forma e modi diversi e interessanti da seguire per l'ascoltatore.
Fra un trasporto e l'altro del soggetto si snodano i veri e propri divertimenti, che consistono nella
progressione modulante (cioè che cambia tonalità) di alcuni incisi presi dagli altri elementi esposti
(coda, controsoggetto, meno frequentemente parti libere).
Nell’ultima parte della fuga si ha un ritorno al tono d'impianto (cioè alla tonalità principale). In questa
parte compare ancora il soggetto ma le sue "entrate", prima ben distanziate le une dalle altre, sono più
ravvicinate: ecco perché queste parti vengono chiamate stretti. Si tratta di entrate ravvicinate che
sovrappongono il soggetto e la risposta tra loro alle varie voci e in un contrappunto elaborato creano una
sorta di concitazione. La sezione finale della fuga in cui compaiono gli stretti viene chiamata talvolta
ripresa. Questa schematizzazione è indicativa perché la fuga è soggetta ad amplissime varianti: esistono
fughe mancanti di stretti o di svolgimento, o che cominciano con uno stretto. Ferma resta però
l’esposizione con il contrasto tonale di Soggetto – Risposta (Tonica-Dominante) e la conclusione nella
tonalità principale.
La fuga è stata trattata, sia pure piuttosto di rado, in varianti più complesse, come la fuga doppia, la fuga
tripla e la fuga quadrupla, nelle quali si trovano due, tre, o quattro soggetti che danno vita ad
esposizioni separate, per sovrapporsi infine in complesse combinazioni contrappuntistiche.
La fuga può essere una composizione autonoma oppure può far parte di un lavoro di proporzioni più
ampie (per esempio una sezione di una Messa, come il Kyrie del Requiem di Mozart), o anche può
essere preceduta da un brano (per esempio un preludio, una toccata, una fantasia), con il quale forma un
organismo unitario.
Bach impiega largamente la fuga nei suoi lavori strumentali e non e ne varia regolarmente la
struttura tradizionale. Ad esempio la prima fuga del Clavicembalo ben temperato, in Do maggiore
presenta un soggetto formato da 14 note. Alcuni studiosi misero in evidenza che le lettere del nome
Bach, tradotte in cifre, danno sommate il numero 14 (2+ 1+3 + 8 = 14). Bach avrebbe forse (è
un'ipotesi) nascosto il proprio nome, come facevano i maestri delle corporazioni edili medioevali,
nell'architettura del Clavicembalo ben temperato. Non è comunque questo il solo elemento cifrato:
le entrate del soggetto sono 24, forse un'allusione nascosta e significativa al circolo delle 24 tonalità
che sarà percorso nel Clavicembalo ben temperato. Si può spiegare in questo modo anche la forma
particolare di questa prima fuga. Perché essa contenga 24 entrate del soggetto senza oltrepassare le
due pagine manoscritte (o a stampa), vi devono essere necessariamente continui stretti, presenti qui
effettivamente in maggior numero che in qualsiasi altra fuga del Clavicembalo ben temperato.

La musica per orchestra


L’opera più nota in questo settore è la raccolta dei 6 concerti brandeburghesi conclusi a Köthen nel
1721. Dedicati a Christian Ludwig, margravio di Brandeburgo (che non seppe apprezzarli, sembra
infatti che non abbia permesso di eseguirli o forse che la sua modesta orchestra non ne fosse in
grado) sono ispirati alla classica forma del concerto barocco e sembrano volerne esplorare ogni
possibilità stilistica e formale. Bach imparò la forma del concerto ispirandosi ai modelli italiani di
Vivaldi e Alessandro Marcello, ma rielaborò questa forma secondo il suo personale stile. I concerti
brandeburghesi sono probabilmente da iscriversi al genere del concerto di gruppo ma di fatto
presentano elementi anche del concerto solistico e del concerto grosso. L’insieme orchestrale è
contrapposto a un gruppo di solisti rappresentato dagli strumenti più svariati. Ad esempio nel
secondo i solisti sono tromba acuta (in do), violino, flauto e oboe. Accanto ai consueti archi, vi si
riscontrano infatti diverse combinazioni di strumenti a fiato (corni, oboi, fagotti, trombe, flauti);
inoltre all’interno del gruppo dei solisti non tutti hanno la stessa importanza e spesso si hanno
episodi in cui uno prevale nettamente sull’altro tanto da assumere gli aspetti del concerto solista. (es
nel quinto concerto in cui quasi 70 battute sono affidate al clavicembalo in ruolo di solista).

Bach compone inoltre 13 concerti per 1, 2, 3 o 4 clavicembali e archi in parti originali in parte
trascrizioni proprie o altrui da un originale per altri strumenti. Scrive anche due concerti per violino,
uno in la minore, l'altro in mi maggiore e un bellissimo concerto per due violini e orchestra in re
minore. Dopo l'organo, che è stato sicuramente lo strumento prediletto da Bach, anche il violino ha
ricoperto un posto importante nella produzione del celebre compositore, conformemente a quanto
stava accadendo all'epoca. Pare che Bach in totale abbia scritto otto concerti per violino, ma ad
esclusione dei tre menzionati, gli altri sono andati smarriti. Anzi si sarebbero persi anche questi se
Bach non li avesse trascritti per clavicembalo. Durante il periodo trascorso alla corte di Köthen
Bach approfondì la conoscenza dei modelli italiani che, in fatto di sonata e concerto, rispondevano
ai nomi di Corelli e Vivaldi. Egli, nonostante si ispirasse allo stile di questi illustri compositori,
maturò una sua soluzione personale ai problemi formali del concerto. Diede infatti allo strumento
solista meno spicco, quasi riassorbendolo nell'orchestra e privandolo di troppo ardite cadenze
virtuosistiche, anche se gli affidò parti tecnicamente ma soprattutto espressivamente molto
complesse. Oltre ai concerti, per orchestra Bach scrive 4 suites o ouvertures destinate a una
funzione ricreativa e di intrattenimento. Il genere della suite di danze (le cui origini risalivano al
Rinascimento) aveva trovato proprio in Germania una struttura codificata nella successione di
quattro brani: Allemanda, Corrente, Sarabanda, Giga (fra le quali potevano eventualmente essere
inserite altre danze). Non a caso, tuttavia, tutte e quattro le suites bachiane - indicate dai
contemporanei come ouvertures, dal nome del primo brano di ciascuna delle composizioni -
espellono sistematicamente da questa successione consacrata proprio l'Allemanda, danza tedesca
per eccellenza, ed accolgono solo occasionalmente le altre tre danze; la maggior parte dei pezzi
prescelti consiste invece in danze la cui matrice francese è palese già dai semplici nomi (ad
esempio: bourrée, passepied, badinerie, réjouissance). In questo le suites di Bach aderiscono
perfettamente alla loro funzione e all'estetica del tempo. Il modello francese però, assunto dal
compositore come principio antologico generale, viene applicato con grande libertà di
rielaborazione e una consapevolezza tecnica che distinguono le quattro composizioni dal
conformismo della sterminata produzione contemporanea, e conferiscono a ciascuna di esse un
profilo specifico. La terza Suite, in re maggiore, risalente al termine del soggiorno di Köthen -
anche se fu certamente rielaborata intorno al 1730 per il Collegium musicum di Lipsia - si affida a
un organico piuttosto nutrito, a dieci parti (tre trombe, timpani, due oboi, violini primi e secondi,
viole e continuo), tanto che si è ipotizzata una esecuzione all’aperto. L'unico brano a contemplare
questo organico nella sua interezza è però l'Ouverture vera e propria; si tratta di una pagina aulica,
che ricalca lo schema tripartito di matrice lulliana, con due sezioni in tempo Grave - che incedono
maestosamente secondo il caratteristico ritmo puntato francese - e incorniciano una centrale sezione
fugata, impreziosita da sezioni concertanti degli archi. Esclusivamente agli archi è affidata l'Air,
pagina divenuta celeberrima attraverso i più svariati arrangiamenti, che nella veste originaria si
profila come una limpida melodia cantabile. Si entra poi nell'ambito delle danze vere e proprie, con
le due brillanti Gavottes, una elegante Bourrée, e una dinamica Gigue che conclude la suite.

Altra musica strumentale


La produzione di Bach è sterminata e mostra la sua conoscenza approfondita di tutti i generi e gli
strumenti dell'epoca. Non è possibile in questa sede soffermarsi su tutti. Tra le forme di musica da
camera si ricordano le sonate per violino e clavicembalo, per viola da gamba e clavicembalo, per
flauto e clavicembalo. La maggior parte di questi lavori è in quattro movimenti nell’ordine lento-
veloce-lento-veloce come la sonata da chiesa, inoltre la maggior parte sono vere e proprie sonate a
tre,considerato che spesso la parte della mano destra del clavicembalo è scritta con una singola linea
melodica che forma un duetto in contrappunto con la melodia dell’altro strumento. Bach scrisse
inoltre sei sonate e partite (il termine partita nell'area tedesca è sinonimo di suite) per violino solo,
sei suites per violoncello solo, e una partita per flauto solo. Nei lavori per violino e violoncello
dimostrò la sua abilità nel creare l’illusione di una tessitura armonica e contrappuntistica mediante
note multiple o singole linee melodiche che delineano un gioco di voci indipendenti. Tra i brani più
famosi si annovera la ciaccona (serie di variazioni su di un basso ostinato) tratta dalla partita in re
minore per violino solo.
Due opere strumentali di natura più teorica costituiscono un gruppo a sé: L’offerta musicale e
L’arte della fuga. La prima si basa su un tema proposto da Federico II il grande di Prussia, su cui
Bach improvvisò quando si recò a visitare il monarca a Posdam nel 1747. Nel viaggio di ritorno a
Lipsia, Bach annotò le sue improvvisazioni e le sue revisioni, dedicando il lavoro finito al re. L’arte
della fuga fu composta invece nel 1749-50 ed è rimasta incompiuta alla morte dell’autore; è una
dimostrazione sistematica di tutti i tipi di scrittura fugata: consiste di 18 canoni e fughe in stile
rigoroso, tutti basati sullo stesso tema o su una sua trasformazione e arrangiati in ordine di
complessità crescente.

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