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Marsilio
© 2022 by Marsilio Editori® s.p.a. in Venezia
Prima edizione digitale 2022
ISBN 978-88-297-1769-9
www.marsilioeditori.it
ebook@marsilioeditori.it
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È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
Indice
Introduzione
Georg Friedrich Händel
Quando una partitura ti salva la vita
Il contrappunto
Johann Sebastian Bach
La mummia
La Fuga
Franz Joseph Haydn
Il moro
La musica a programma
Wolfgang Amadeus Mozart
Il pasticciere rococò
La musica immorale
Ludwig van Beethoven
Moglie o domestica per me pari son
La tonalità
Carl Maria von Weber e Franz Schubert
Roba da signorine
Una partitura incompiuta
Giacomo Meyerbeer
Il grande corruttore
Prosodia e musica
Gioachino Rossini
Mortadella sì, melodia no
Consonanza e dissonanza
Hector Berlioz
Un paradosso fatto uomo
Il programma della Sinfonia fantastica
Felix Mendelssohn
Il notaio della musica
Compositori precoci
Fryderyk Chopin
Una parola trovare un appartamento di suo gusto
Là dove si nasconde il genio
Robert Schumann
Una personalità tanto divisa al punto di perdersi
L’ironia nella musica
Franz Liszt
L’assassino di pianoforti
La Sonata
Richard Wagner
Come essere più lenti di un omnibus
Diatonismo e cromatismo
Giuseppe Verdi
Musicista e contadino
L’armonia
Charles Gounod
Come fare a pezzi Bach
Il teatro dei burattini in Francia
Johannes Brahms
Tanti piedistalli e nessuna colonna
Musica e fede religiosa
Camille Saint-Saëns
Tedesco no… solo un po’ duro di cervello
L’organo della chiesa de la Madeleine a Parigi
Il Gruppo dei Cinque
Dissestati compagni di viaggio
La Mazurka
Pëtr Il’ič Čajkovskij
Un bicchiere d’acqua fatale… o no?
La progressione musicale
Secondo Impero, Terza Repubblica, Quarto Stato
Molto rumore per nulla
La modulazione
Erik Satie e Les Six
Tra Surrealismo e Neoclassicismo
La dodecafonia
Edvard Grieg, Manuel de Falla e Sergej Prokof’ev
Tre Torquemada musicali
La melodia infinita
Giacomo Puccini
Tombeur des femmes e di pernici
Verdi e il Verismo
Gustav Mahler
Tra podio e scrivania, tra Yahweh e Gesù Cristo
Il Lied
Richard Strauss
Compromesso, ma fino a un certo punto, con il Terzo Reich
L’orchestra
Claude Debussy
Come essere brutti ma avere grande fascino
La musica è un linguaggio?
Maurice Ravel
Come essere macilenti e arruolarsi nell’esercito
L’orchestrazione
Arnold Schoenberg
Come essere buon compositore e pessimo filologo
Schoenberg tra superstizione e religiosità
Igor’ Stravinskij
Come essere amico del mondo intero ma di nessun musicista
Il pedale
Bibliografia
Cronologia dei musicisti citati
Introduzione
* Allora, con punctum s’intendeva spesso una nota lunga; con virga una nota
breve: vale a dire, un punctum dotato di un’asta verticale (in latino, verga,
“bastone”).
Johann Sebastian Bach
La mummia
Eisenach, 21 marzo 1685
Lipsia, 28 luglio 1750
* Su tale vicenda c’è però chi, come Piero Rattalino, ha avanzato alcune riserve,
affermando che in realtà la storia di tale diavoleria, e delle perniciose conseguenze
della sua applicazione alle dita, fosse più che altro una menzogna propalata dallo
stesso Schumann: a giustificazione delle proprie, acclarate, insufficienze tecniche
manuali.
** La centesima parte di un fiorino.
L’ironia nella musica
Il termine “Sonata” prese piede nel XVII secolo, usato per definire
una forma musicale: da “canzone da sonar”, a “canzone sonata”, a
“Sonata” punto. Sino alla metà del Settecento essa era applicata a
una certa varietà di opere strumentali da camera, suddivise in più
movimenti e che regolarmente prevedevano l’impiego del basso
continuo: di accordi, cioè, eseguiti nel registro grave, di solito da uno
strumento a tastiera, a sostegno delle melodie intonate nella
tessitura acuta. Progressivamente, la Sonata prese a indicare una
composizione per un solo strumento, provvisto o meno del sostegno
armonico (per lo più fornito dal clavicembalo) e generalmente
ripartita nell’alternanza di tempi veloci (Allegro, Vivace, Presto) e
lenti (Adagio, Andante, Largo),
Ma la Sonata quale oggi s’intende per antonomasia è quella,
classica, codificata da Franz Joseph Haydn: in tre o quattro parti di
cui la prima e l’ultima sono quasi sempre in tempo Allegro e –
sempre la prima, spesso l’ultima – strutturate secondo quella che è
chiamata “forma-Sonata”. Questa consiste, in estrema sintesi, nella
ripartizione del movimento in: a. esposizione di due temi portanti: il
primo nella tonalità d’impianto, quella in cui si dice essere scritto il
pezzo nella sua globalità, e il secondo in quella della “dominante”,
del quinto grado della scala (se in Do maggiore: Sol maggiore); b.
sviluppo degli stessi, attraverso variazioni, estensioni, modifiche,
frammentazioni; c. loro ripresa, questa volta entrambi presentati
nella tonalità d’impianto; d. coda (finale). Già da Beethoven, tuttavia,
la forma generale della composizione e l’adozione della “forma-
Sonata” nei suoi movimenti estremi furono soggette a deroghe,
eccezioni, violazioni delle regole statuite. Lo stesso Beethoven, per
esempio, su trentadue Sonate pianistiche ne compose ben sei in
due movimenti.
La Sonata in si minore, una delle rarissime composizioni per le quali
Liszt si riferì a una forma classica, fu terminata il 2 febbraio 1853.
Liszt ebbe sempre questa sua creatura particolarmente cara e la
eseguì spesso in concerto, anche a rischio di deludere quel pubblico
che accorreva a ogni sua performance al solo scopo di restare
sbalordito dai suoi funambolismi. Tale pagina nasce nel pieno della
creazione dei Poemi sinfonici (in realtà, Tondichtungen, “poesie
sonore, musicali”), tutti composti tra il 1848 e il 1858, ad eccezione
dell’ultimo, Von der Wiege bis zum Grabe (Dalla culla alla tomba),
del 1882. Con essi la Sonata in si minore ha in comune la libertà
strutturale e la vastità e un’essenziale preoccupazione che sarà
sempre costante in Liszt: quella di non adagiarsi su uno schema
predeterminato, su una forma stabilita, ma cercare invece ogni volta
una struttura specifica, adeguata all’espressione di un preciso
pensiero musicale.
I dieci anni che trascorsero fra il 1848 e il ‘58 furono per Franz Liszt
probabilmente i più fruttuosi di tutta la sua vita di artista e di
intellettuale. Il virtuoso viaggiante, il girovago acclamatissimo, il divo
del concertismo si erano trasformati nell’instancabile promotore della
vita musicale di un piccolo Stato che in questo lasso temporale
divenne il più vivo e stimolante centro di cultura musicale d’Europa. Il
mito del più grande pianista di tutti i tempi cedeva alla venerazione
per l’uomo che difendeva Berlioz e Wagner, che si dedicava anche
alla riflessione estetica e critica e che come (ma forse più di) Wagner
indicava possibili sentieri della modernità.
A differenza dei Poemi sinfonici (che traggono ispirazione da poesie,
dipinti, drammi teatrali), la Sonata è priva di qualsiasi programma
extramusicale; nondimeno, essa – proprio in virtù della sua
singolarità formale – legittima una sua lettura in chiave narrativa o,
almeno, evocativa: i temi che ne costituiscono l’ossatura sono trattati
infatti come autentici personaggi che nel corso della composizione,
oltre a essere contrapposti e accostati, si trasformano e agiscono
vuoi secondo un rapporto dialettico oppure indipendentemente l’uno
dall’altro.
Non a caso, perciò, la Sonata (la cui durata è di circa trenta minuti),
anziché essere strutturata in quattro tempi, è in un unico movimento
il quale, senza alcuna interruzione al suo interno, si muove in base
alle seguenti indicazioni di andamento: Lento assai – Allegro
energico – Agitato – Grandioso, dolce con grazia – Cantando
espressivo – Andante sostenuto. Nel succedersi delle diverse
sezioni, verifichiamo «accenti di slancio eroico, furore demoniaco,
cupa desolazione, esaltazione mistica venata di erotismo e
raccoglimento religioso: in qualche modo la Sonata è una metafora
di un’esperienza esistenziale nutrita di forte tensione ideale»*.
Ancora non certo fortuitamente essa inizia e termina con lo stesso
disegno, una successione discendente, dall’acuto al grave, di sette
note. Siamo avvisati: la forma è ciclica, il tempo non progredisce
orizzontalmente ma circolarmente. Tutto torna, in tutti i sensi.
Dalla Sonata in si minore alle estreme pagine degli ultimi anni, Liszt
riassume dal punto di vista della struttura tutte le esperienze
precedenti maturate sotto la sigla del classicismo, e preannuncia
quelle libertà formali che troveranno ampio sfogo e attuazione nella
musica sul finire dell’Ottocento e nel secolo XX. In questo senso va
letta la Sonata in si minore, costruita non secondo i citati principi
della simmetria classica (esposizione, sviluppo, ripresa) ma
articolata in base a un’estrema mobilità e variabilità di situazioni
psicologiche sempre nuove e diverse.
Ed è in questa chiave di lettura che qualcuno si è spinto ad
affermare che la Sonata in si minore di Liszt è la maggiore impresa
formale, forse il capolavoro massimo del pianismo ottocentesco.
* Cesare Fertonani, testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato a «Amadeus»,
n. 105, agosto 1988.
Richard Wagner
Come essere più lenti di un
omnibus
Lipsia, 22 maggio 1813
Venezia, 13 febbraio 1883
* Gli unici suoni puri, quelli costituiti da una sola frequenza, sono quelli prodotti
artificialmente dai sintetizzatori.
Giuseppe Verdi
Musicista e contadino
Roncole di Busseto, 10 ottobre 1813
Milano, 27 gennaio 1901
Mia madre, che era stata la mia nutrice, mi aveva certamente allevato a musica e
latte. Non mi allattava mai senza cantare, e posso dire di aver preso le mie
prime lezioni senza rendermene conto. […] Senza averne coscienza, avevo già la
nozione chiarissima e precisissima delle intonazioni e degli intervalli che esse
rappresentano, di tutti quei primi elementi che costituiscono la modulazione e
della differenza che caratterizza il modo maggiore e il modo minore1.
Č
allorché fece la sua entrata Čajkovskij. Questi, in viaggio da Berlino
alla Francia, si era fermato a sua volta qualche giorno a Lipsia per
dirigere la propria Suite orchestrale n. 1 al Gewandhaus. Il padrone
di casa, ovviamente ignorando la profonda e reciproca disistima
nutrita dai due musicisti, ma anzi ritenendo di fare cosa gradita a
entrambi, lo aveva invitato a colazione. Brodsky fece accomodare
Čajkovskij nello studio dove Brahms e i suoi collaboratori stavano
provando. Ciò che segue è quanto riferito da Claude Rostand: «Alla
fine della prova, silenzio generale. Čajkovskij è senza parole,
incapace di pronunciare il minimo complimento, anche solo di
convenienza. A sciogliere questa situazione imbarazzante interviene
fortunatamente una vigorosa scampanellata: si tratta dell’esuberante
Grieg, e della sua altrettanto esuberante signora, anch’essi ospiti di
Brodsky. Dopo le presentazioni, si va rapidamente a tavola. La
signora Grieg dovrebbe sedere tra Brahms e Čajkovskij, ma la
circostanza la emoziona: “Oh, no, non posso, sarei troppo
intimidita!”. Tocca quindi a Grieg sedere tra i due colleghi. La
conversazione è un po’ tesa, anche se ciascuno fa del suo meglio per
essere gentile». Čajkovskij, pur evitando ogni tono di asprezza, nel
commentare l’incontro scrisse: «Insieme però non siamo stati a
nostro agio perché, in fondo, non ci amiamo». Riprende il resoconto
di Rostand: «Dopo la colazione, Brahms va a prepararsi in vista del
concerto serale, nel corso del quale deve dirigere il Doppio Concerto
[il Concerto per violino, violoncello e orchestra op. 102]. A Brodsky,
che gli domanda cosa pensi del Trio, Čajkovskij risponde: “Caro
amico, non si inquieti se le dico che non mi piace affatto”». Il giorno
dopo, Brahms fu a sua volta presente alle prove della Suite di
Čajkovskij. Esattamente come questi si era comportato il giorno
prima all’ascolto del suo Trio, al termine della seduta Brahms non
proferì parola, si astenne dal compiere un qualsiasi gesto; come
Čajkovskij, non manifestò alcuna emozione né tantomeno lasciò
trasparire una sia pur minima contrarietà. Fu il silenzio, totale e
condiviso, a sancire l’abisso che separava i due musicisti. Tre giorni
dopo, una volta lontano dal collega, Čajkovskij riprendeva coraggio e
scriveva all’amico ed editore Pëtr Ivanovič Jurgenson: «Non si può
certo dire che Brahms non ami l’alcool»1.
Gabriel Fauré, in un colpo solo, riuscì a farsi beffe dell’allegro
terzetto di compositori convenuti in casa Brodsky: «Čajkovskij, per
paura di non essere abbastanza del suo paese, prende sovente dei
temi popolari che sviluppa con più o meno arte. Potrei dire la stessa
cosa di Brahms, per il suo sfruttamento dei temi ungheresi, e di
Grieg, che si è creato una buona reputazione con i canti del suo
paese. Ma non trovate che i lavori di questi artisti spesso non
costituiscano che delle curiosità piccanti, tali da interessare allo
stesso modo di un bel costume ungherese o di un’immagine dorata
d’un Cristo di Mosca?»2.
Il destino, sempre quello cinico e baro, volle che Brahms e
Čajkovskij nascessero lo stesso giorno: il 7 maggio: il primo nel 1833,
e il secondo nel 1840. Ma anche Maurice Ravel intese accomunarli,
definendo «entrambi un po’ pesanti»3. Essere associato – date di
nascita a parte – al collega germanico avrebbe verosimilmente
provocato in Čajkovskij conati di vomito. Questo è un piccolo
florilegio di sue valutazioni sul collega e su un paio di suoi lavori:
«Non capisco il fascino della Prima Sinfonia. A mio parere è buio,
freddo e pieno di pretese di essere profondo senza una vera
profondità. In generale, mi pare che la Germania stia vivendo un
declino musicale»4. «La nostra confusione è tuttavia preferibile alla
penosa fiacchezza, camuffata da creatività, di Brahms e di altri
tedeschi simili»5. «Il Concerto per violino di Brahms mi è piaciuto
poco, come tutto il resto che ha scritto. […] La sua musica non è
riscaldata da un sentimento sincero, in essa non c’è poesia, ma
soltanto grandi pretese di profondità. D’altra parte, in questa
profondità non c’è nulla, tranne il vuoto. Prendiamo per esempio
l’inizio del Concerto: è bello come introduzione, è un ottimo
piedistallo per le colonne, ma le colonne non ci sono, e subito dopo
un piedistallo ne segue un altro. […] La musica di Brahms non
esprime mai niente, e se esprime qualcosa, allora non finisce di
esprimerla; la sua musica è costituita da brandelli di qualcosa
incollati tra loro artificialmente. Il disegno è indeterminato, privo di
colori, di vita […] la personalità musicale di Brahms mi è
semplicemente antipatica; non lo posso digerire»6.
«Sfortunatamente il suo talento creativo è povero e non corrisponde
all’ampiezza delle sue aspirazioni»7. «Non ha alcuna inventiva
melodica; le sue idee musicali non arrivano mai a una conclusione;
hai, con difficoltà, appena udito un accenno a una frase melodica
riconoscibile che questa è già caduta in un gorgo di insignificanti
sequenze e modulazioni armoniche, come se il compositore si fosse
prefisso il compito specifico di apparire incomprensibile e
profondo»8. E adesso, il finale, caratterizzato da un irrefrenabile
crescendo: «Non è forse Brahms, in realtà, una caricatura di
Beethoven?»9. «Ho suonato la musica di quella canaglia di Brahms.
Che bastardo senza talento! Mi infastidisce che questa boriosa
mediocrità sia acclamato come un genio. Giacché, al suo confronto,
Raff* è un gigante, per non parlare di Rubinstein**. […] Brahms è
roba caotica e del tutto vuota e arida»10.
Superficiale, pretenzioso, povero d’inventiva, insincero,
indigeribile, mediocre e, come ciliegina, una canaglia. E meno male
che Čajkovskij fu accusato dai suoi connazionali di ispirarsi ai
compositori dell’Europa occidentale: figuriamoci i risultati se avesse
preso a modello musicisti orientali! Ma Brahms fu la bestia nera
anche di altri autori, a lui geograficamente più vicini.
Ferruccio Busoni si stabilì nel 1894 a Berlino dove rimase sino alla
morte, avvenuta nel 1924. L’essere cresciuto musicalmente tra
Vienna, Graz, Zurigo, Lipsia e Berlino fa sì che il côté musicale di
Busoni possa a buon diritto essere considerato più mitteleuropeo che
mediterraneo (era nato a Empoli nel 1866). Ciò non gl’impedì di
prendere fieramente le distanze dal connazionale acquisito Brahms,
curiosamente definito «troppo tedesco, pesante, formalista,
dottrinario […] dotato di scienza e di profondità non tuttavia
bastevoli a mascherare povertà d’invenzione»11. Come Čajkovskij
prima e Hugo Wolf poi, anche Busoni lamentò quindi nell’autore
della più celebre Ninna nanna della storia scarse capacità creative,
per esempio nell’Ouverture Tragica: «taglio convenzionale, scarsa
ispirazione, finto ardore e palese, notoria impotenza come unico
segno di tragedia»12. Nemmeno si salvò la Sinfonia n. 1 e, in
particolare, il suo quarto movimento: «Appena arrivati alla soglia del
tempo principale, il loro contenuto [quello degli elementi dell’Adagio
introduttivo] diviene rigido e convenzionale, come quello d’un uomo
che entra nelle sale d’un ufficio»13.
Se, a parere di Hugo Wolf (sul quale ci si soffermerà più avanti),
tutte le Sinfonie e le Serenate di Brahms non valevano un trillo di
Liszt, in una lettera inviata al già citato violinista Joseph Joachim,
Brahms per contro scriveva: «La voglia di entrare in campo e di
attaccare Liszt mi fa prudere le mani»14.
Si è già visto come Manuel de Falla se la prendesse con Wagner
quale portatore del nefasto credo luterano. Analogamente fece Anton
Bruckner con Brahms: «Un freddo temperamento di protestante. […]
È
È un eccellente musicista, che sa il suo mestiere; ma non ha temi»15.
«La sua musica è fredda, il carattere della strumentazione è incolore
e manca di ogni vera grandezza. […] È adatta a tranquillizzare: chi
invece vuole essere sopraffatto dalla musica non può trovare in essa
soddisfazione. […] Brahms è adatto per nature fredde e per i
protestanti»16. [Scheda a p. 244] Brahms ricambiò le carinerie
accettando lo scontro sul terreno della religiosità: «La sua devozione
è una faccenda privata, non mi riguarda per nulla. Queste velleità mi
ripugnano, mi schifano»17. «Ogni cosa ha i suoi limiti. Bruckner sta
al di là, delle sue cose non si può proprio per nessun verso parlare. È
un pover’uomo privo di senno che i preti di Sankt Florian hanno
sulla coscienza. Non so se lei abbia un’idea di quel che significhi aver
trascorso la propria giovinezza in mezzo ai preti. Ne avrei da
raccontare, e anche sul conto di Bruckner»18. Lo sappiamo: quella
dei conflitti tra luterani e cattolici è una lunga storia.
Brahms, morendo nel 1897, fece a tempo a rintuzzare gli attacchi
che gli provennero da Richard Strauss che in merito al Gesang der
Parzen (Canto delle Parche), dichiarò: «Un’opera a tratti troppo
ricercata e bizzarra»; per poi stigmatizzare la sua adozione della
forma-Sonata, in quanto essa «non richiede poi troppa fantasia e ben
poca capacità personale di plasmare la forma»19. Brahms nemmeno
perse tempo a replicare ma assumendo invece l’atteggiamento
benevolo di un professore alle prese con uno studente un po’
scavezzacollo. Dopo aver ascoltato la Sinfonia in fa minore op. 12 del
collega bavarese (più giovane di lui di trentun anni), gli impartì una
sintetica lezione: «Giovanotto, esamini attentamente le danze di
Schubert e tenti di inventare semplici melodie di otto battute. […] La
sua sinfonia gioca un po’ troppo con i temi: questo modo di
accumulare su una triade tanti temi contrastanti solo ritmicamente
non ha alcun valore»20.
Ma a Brahms non riuscì invece – se non, forse, dall’aldilà, ma di
questo non abbiamo notizia – di replicare a Maurice Ravel il quale
non gradì punto la sua Sinfonia n. 2 e che, per certi versi, ribadisce
alcuni concetti espressi da Bruckner: «La volontà di sviluppo non
può essere che sterile. È quel che si manifesta con estrema chiarezza
nella maggior parte delle opere di Brahms. Lo si è potuto constatare
nella Sinfonia in re maggiore. […] Subito dopo l’esposizione il
cammino [dei temi] diviene faticoso e pesante. Sembra che il
compositore sia stato assillato dal desiderio di eguagliare Beethoven
[…] sviluppi sapienti, magniloquenti, ingarbugliati e grevi. […] La
costruzione del maestro tedesco è abile, ma c’è in essa un eccessivo
sentore di artificiosità. […] Le imperfezioni provocano spesso
un’impressione di freddezza e di noia»21. Riferendosi poi al Concerto
per pianoforte e orchestra n. 2, Ravel affermò: «Il principio di
Brahms nei riguardi del “concerto sinfonico” era sbagliato e il critico
che ha detto che egli aveva scritto un “concerto contro il pianoforte”
aveva ragione»22.
Manifestando un’animosità assai più virulenta (mediterranea,
qualcuno l’avrebbe definita), Manuel de Falla sparò ad alzo zero:
«Retour à Brahms! Ci mancava solo questo! Musica piena di vanità
come il suo autore, e ampollosa, come pure il suo autore. Chiaro che
la musica ampollosa infonde un grande rispetto. […] È certo che si
tratta di un artista di indiscutibile onestà… però quanto danno ha
fatto senza dare, in compenso, alcun beneficio! Faccia attenzione, la
musica che conta sarebbe esattamente la stessa anche se Lui non
fosse esistito; in cambio, molta musica che non conta forse avrebbe
“contato” se “Herr Brahms” (come lo chiamava la famiglia Wagner)
si fosse limitato a scrivere danze ungheresi»23. Dobbiamo perciò
immaginarci una storia della musica priva dello Schicksalslied
(Canto del destino), dei Liebeslieder-Walzer, delle Variazioni su un
tema di Paganini, di Händel e di Haydn, delle Ouvertures
(Accademica e Tragica). Secondo Falla, sarebbe andata meglio così;
diamo per buona la sua affermazione ma, c’è da chiedersi, ce
l’avremmo potuta fare senza la sua immortale Ninna nanna?
Sui rapporti tra Brahms e Wagner si è scritto molto, e non sempre
a proposito. È innegabile che i due fossero latori di concezioni
formali e scelte estetiche alquanto divergenti, ma il loro dissidio è
stato ingigantito al punto da renderli punti di riferimento di due
schieramenti contrapposti: capi spirituali di due partiti che si
contendevano la leadership musicale in terra tedesca. Il che non è.
Pur tuttavia, all’occasione, trovarono entrambi modo di chiarire il
proprio pensiero. Torno a ripetere che Brahms non è passato alla
storia come un buontempone, dedito al lazzo e al cachinno. Eppure,
quando ci si metteva, non difettava di una certa arguzia: «Le Sinfonie
di Bruckner sono come il sogno sterile di un’orchestra composta da
musicisti logorati da venti prove del Tristano»24. Niente male come
battuta. E di nuovo dimostrò Brahms una verve tanto apprezzabile
quanto insospettabile allorquando, a proposito dei Maestri cantori
di Norimberga, ebbe a dichiarare: «Non sono entusiasta di
quest’opera, né in genere di Wagner. Eppure lo vado ad ascoltare con
tutta l’attenzione possibile, cioè ogni volta che me la sento di
sopportarlo»25.
Wagner non era esattamente il tipo che porge l’altra guancia: «Il
Santo Johannes, il Redentore, il Profeta di un ritorno alla semplicità
melodica di Schubert, il Custode della tradizione»26. «Le sue sinfonie
non sono altro che musica da camera monumentalizzata»27. Si
soffermò, in particolare sulla Seconda Sinfonia del giovane collega:
«Siamo spaventati dalla nullità gonfiata dagli effetti strumentali, con
quel tema accompagnato da tremolando, che sembra tratto
dall’introduzione d’un valzer di Strauss»28. Ebbe poi a rincrescersi
della popolarità di cui Brahms godeva, del «nocivo influsso che
questo tartufo [esercitava] sulla borghesia colta»29, non mancando
inoltre di prendersi gioco delle sue forme abbondanti: «Era magro,
quando correggeva gli spartiti a Vienna e poi l’ho trovato ingrassato
dalla gloria». Wagner si produsse nell’affondo definitivo, traendo
spunto dal Triumphlied, composto da Brahms in occasione della
vittoria di Guglielmo I nella Guerra franco-prussiana del 1870: «Una
mascherata concertistica […] con la parrucca dell’Alleluja di Händel:
Händel, Mendelssohn e Schumann rilegati in pelle!***»30. Per
valutare appieno il senso e il peso di tali parole, non bisogna
concentrarsi sulla «rilegatura in pelle», bensì sulla scelta dei
compositori chiamati in causa. Come riportato nei rispettivi capitoli
a loro dedicati, Wagner affermò: 1. che Händel non era un musicista;
2. che Mendelssohn era stupido come una scimmia; 3. che
Schumann, in quanto spirito creativo di quart’ordine, era vissuto più
a lungo di quanto meritasse. Forse è limitativo il richiamo alla
scherma, definendo “affondo” l’asserzione di Wagner: più azzeccato
assimilarla a un bombardamento a tappeto. Al quale avrebbe in certa
misura cercato di rispondere Camille Saint-Saëns, come si
verificherà nel capitolo seguente.
* Patrick Piggott, The Life & Music of John Field, Faber and Faber, London 1973,
pp. 97-98.
Camille Saint-Saëns
Tedesco no… solo un po’ duro di
cervello
Parigi, 9 ottobre 1835
Algeri, 16 dicembre 1921
Già diverse pagine sono state dedicate alla Francia nei nomi di
Hector Berlioz, Charles Gounod e Camille Saint-Saëns, ma anche di
due tedeschi che elessero Parigi a nuova patria: Giacomo Meyerbeer
e, seppure parzialmente, Jacques Offenbach, al quale sarà riservata
la chiusa di questo capitolo. Oltre ai succitati e a Emmanuel
Chabrier, protagonisti musicali del secondo Ottocento transalpino
furono César Franck, ancorché belga di nascita, Georges Bizet, Jules
Massenet e Gabriel Fauré.
Franck, analogamente a Franz Liszt che peraltro stimava
moltissimo, divise la sua vita come uomo e come artista tra altari (o,
più precisamente, organi da chiesa) e carta da musica. Nato belga,
prese nel 1871 la cittadinanza francese allo scopo di poter insegnare
organo al Conservatorio di Parigi. Qui prestò i suoi servizi musicali,
nell’ordine, nelle chiese di Notre-Dame di Lorette, di Saint-Jean-
Saint-François del Marais e nella basilica di Sainte-Clotilde-et-
Sainte-Valère (situata tra il Museo d’Orsay e l’Hôtel des Invalides):
carica, quest’ultima, che coprì dal 1859 sino alla morte. Ma ben
prima di diventare titolare dell’organo di questa o quella sede
ecclesiale, Franck manifestò il proprio interesse per la musica di
genere sacro, componendo addirittura nel 1834, all’età di dodici
anni, alcune Variazioni brillanti sull’aria “Souvenir du jeune âge” da
“Pré aux clercs’” di Ferdinand Hérold (per capirci, quello che è
considerato il capolavoro teatrale di Hérold è incentrato sulla guerra
di religione tra cattolici e ugonotti in Francia, culminata nella
famigerata “notte di San Bartolomeo”, 23-24 agosto 1572). A seguire,
Franck dette mano ad Offertori, Corali per organo, Ave Marie, cori
con e senza accompagnamento strumentale, Messe, Poemi sinfonici
(Rédemption) e Oratori tra cui Les Béatitudes (basato sul Discorso
della montagna contenuto nel Vangelo secondo Matteo), da molti
ritenuto uno dei vertici della sua musica sacra.
A Claude Debussy tanta religiosità dette sui nervi, deplorando il
«falso misticismo di quel vecchio angelo belga»1. Persino Les
Béatitudes, ancora a parere del più giovane collega, poi
connazionale, risentirono negativamente di «cori troppo facilmente
drammatici» e di «sviluppi di un grigiore faticoso e ostinato»2. Ma
d’altronde Franck, a suo avviso, altro non era che «una macchina da
modulazione»3. [Scheda a p. 296] Del Quintetto in fa minore per
pianoforte e archi, opera generalmente valutata tra le più
significative del catalogo cameristico del musicista franco-belga,
nemmeno a parlarne: «È un parossismo dall’inizio alla fine»4.
Anche Maurice Ravel, non potendo soffrire il penchant spirituale
di Franck, lo etichettò implicitamente come un baciapile: «Stimo la
gioia di vivere espressa dalla danza, ben più profonda del
puritanesimo franckista»5.
Ma se in cattedra, anziché Debussy o Ravel, fosse salito Charles
Gounod? Sarebbero stati guai seri: «L’affermazione dell’impotenza è
spinta sino al dogma…»6. Sul titolo che più di ogni altro guadagnò al
suo autore i favori del pubblico e della critica musicale sin dal suo
primo apparire, ebbe a scrivere: «La Sinfonia in re minore è il
contrario della musica»7.
Archiviata la pratica Franck, ecco farsi avanti Georges Bizet, il cui
catalogo è sì piuttosto modesto (meno di una trentina di lavori) ma
annovera uno dei capolavori assoluti nella storia del teatro musicale,
Carmen. Ma non a giudizio di Igor’ Stravinskij. Prima di riportare le
sue parole, per comprenderne il senso, è tuttavia opportuna una
precisazione. Il nome di Gaetano Alberto, detto “Guy”, Lombardo
oggi, probabilmente, dice poco a chi non abbia dimestichezza con
certa musica borderline dei decenni centrali del Novecento. Guy
Lombardo fu un violinista, arrangiatore e direttore d’orchestra
canadese (ma nato a Londra nel 1902) che fondò una band in cui
figuravano tra gli altri i suoi fratelli Carmen, Lebert, Rose Marie e
Victor: i Royal Canadians. Il complesso acquistò un’enorme fama in
tutti gli Stati Uniti esibendosi regolarmente per una trentina d’anni
prima al Roosevelt Grill a New York e poi al Walford-Astoria Hotel:
ma soprattutto firmando immancabilmente, per quasi cinquant’anni,
il concerto di fine d’anno trasmesso dalla televisione il 31 dicembre.
Naturalmente, le musiche proposte dai Royal Canadians furono
registrate e incise, e si calcola che nell’arco di circa mezzo secolo
furono vendute copie dei loro dischi in un numero oscillante tra i
duecentocinquanta e i trecento milioni. Il loro repertorio era
caratterizzato da temi, ritmi e sonorità accattivanti, tant’è che molti
critici e musicisti ne deprecarono l’eccessiva superficialità, la voluta,
studiata, facilità d’impatto. Non è un caso che lo stesso Lombardo
definisse la sua come «la musica più dolce in questo lato del
paradiso»; in breve, un fenomeno schiettamente commerciale di
gigantesca portata. E ora il commento di Stravinskij: «Carmen è
buona musica di cabaret, non più… il che essa in parte è: il Bel
officier è pura Piaf, e il Dancairo e il Remendado nel loro duetto
Carmen, mon amour, tu viendras sembrano due sassofoni presi da
Guy Lombardo»8. In primis, Dio solo sa in quali cabaret Stravinskij
avesse occasione di ascoltare musiche simili a quella di Bizet. In
secundis, il riferimento a Édith Piaf può senza meno suonare un po’
audace ma non come un’espressione di disprezzo, stante la
grandezza (non fisica ma canora) della cantante e cantautrice
francese. In tertiis, la connessione tra quanto cantano i
contrabbandieri nel secondo atto dell’Opera e gli insulsi e
insopportabilmente banali pezzi regolarmente proposti dalla “sweet-
big band-music” di Lombardo, no. Proprio no. Si tenga conto che
Bizet morì un paio di mesi dopo la prima rappresentazione di
Carmen, il cui esito fu disastroso: grazie, tanto per cambiare,
all’ottusità del pubblico parigino. Ma passarono solo pochi mesi
perché la creatura di Bizet trionfasse a Vienna, diventando da subito
uno dei titoli più amati in assoluto dai pubblici dell’intero pianeta.
Ma questo il povero Bizet non lo venne mai a sapere: andò all’altro
mondo sotto il peso della presunta disfatta. E dunque mettere in
relazione Bizet e Lombardo non può che essere giudicato un atto di
assoluta e gratuita malvagità. Anche se… anche se tocca ammettere
che la freddura di Stravinskij non solo è, come sempre d’altronde,
indice di una sovrana intelligenza, ma anche di un irresistibile
umorismo. C’è poco da fare: è attraverso il connubio di intelligenza e
lucida perfidia che si possono raggiungere quei vertici di pensiero
toccati da Karl Kraus, Oscar Wilde e Gustave Flaubert.
Jules Massenet, anche se etichettato da George Bernard Shaw
quale «uno dei compositori moderni più rumorosi»9, è passato alla
storia grazie alla cantabilità delle sue melodie, alla leggerezza
dell’orchestrazione e a una capacità rara d’intrigare lo spettatore in
virtù di un istinto teatrale da certuni definito «infallibile». Gli è che
anche Georges Bizet, seppure con diverso sentire, concordò con
quest’ultima sua capacità: «Quel Massenet è atrocemente intrigante,
e lo temo come la menzogna»10. Nel 1884 andò in scena Manon, uno
dei suoi titoli più fortunati; ma il successo riscontrato, in patria e
all’estero, non scoraggiò Giacomo Puccini il quale, nove anni dopo,
mise mano allo stesso soggetto anche se messo in guardia da amici e
sostenitori. Puccini replicò: «Massenet la sente [Manon] come un
Francese, con la cipria e i minuetti. Io la sentirò con passione
disperata»11. Stravinskij fu del suo stesso avviso, sia pur
esprimendosi in altri termini: «Manon è un’opera stucchevole»12.
Più magnanimo si mostrò Maurice Ravel: «Massenet, pure così
dotato, sperperò il suo talento per un’eccessiva sincerità. Egli
davvero scrisse tutto quel che gli passava per il capo, con il risultato
di ripetere sempre la medesima cosa: quel ch’egli pensava fossero
novità erano nient’altro che reminiscenze»13. Misteri della psiche.
Claude Debussy optò per un’analisi di carattere anatomico; giacché
l’obiettivo principale delle sue opere era quello di «reperire
documenti che servano come storia dell’anima femminile», ne
discendeva che «le armonie rassomigliano a braccia, le melodie a
nuche. Ci si china sulla fronte delle donne per conoscere a ogni costo
che cosa accada all’interno»14.
Con Manon è Werther a essere considerato il capolavoro teatrale
di Massenet. Figuriamoci se poteva scampare ai ceffoni di un
Debussy che vedeva come il fumo negli occhi ogni cedimento alla
captatio benevolentiae ottenuta a suon di sospiri e languori: «In
quell’opera tutto concorre al qualunquismo, inoltre è presente quella
deplorevole abitudine che consiste nel prendere un’opera in sé e per
sé buona, e nel rivestirne lo spirito con facili e amabili
leziosaggini»15. Gustav Mahler diresse ad Amburgo una
rappresentazione del Werther, alla presenza dell’autore, il quale
rimase deliziato dell’egregio lavoro svolto dal collega dal podio.
Sarebbe stato meno compiaciuto se avesse letto quanto scrisse
Mahler, all’indomani dello spettacolo, in una lettera inviata
all’avvocato Hermann Behn il 4 ottobre 1895: «Probabilmente è il
lavoro più brutto e ripugnante che mi sia capitato per le mani. Devi
assolutamente andarlo a vedere per constatare fino a dove può
spingersi la prostituzione artistica»16. Beh, pensarla così e al
contempo soddisfare le attese del creatore di tale misfatto estetico
significa essere dotati di una professionalità a prova di bomba. E
Mahler lo era. Ma, per finirla con Massenet, un’ultima postilla di
Debussy, attinente una partitura non certo annoverabile tra le
decisive del compositore di Saint-Étienne: «Mi piace l’Ouverture de
Phèdre: è l’opera di un vero musicista, ed è, press’a poco, tutto ciò
che mi piace di Massenet»17. Come dire, all’uscita dall’Osteria
Francescana di Modena: «I grissini sono tutto ciò che mi è piaciuto».
En passant, riporto un commento – criptico solo per le anime
belle – che Emmanuel Chabrier espresse a proposito dell’autore della
Mignon: «Esistono tre tipi di musica: la buona, la cattiva… e quella
di Ambroise Thomas»18.
Secondo la visione di certi storici, tra i quali Mario Bortolotto,
Gabriel Fauré fu un passaggio decisivo per traghettare la musica
francese nel XX secolo. È ben possibile, anche se con la sua progenie
musicale, il compositore non si mostrò sempre paternalmente
indulgente. Come quando si occupò di un’opera che Debussy aveva
scritto in occasione del lancio di un nuovo tipo di arpa, Danse sacrée
et Danse profane: «Si trovano nuovamente a profusione le
medesime singolarità armoniche, alle volte curiose e seducenti, altre
volte soltanto sgradevoli»19.
Tra sacro e profano si mosse Fauré nel definire la Grande Messe
des morts di Berlioz «un’opera in cui il gusto dei grandi effetti
drammatici e l’indifferenza in materia di musica religiosa – o di
musica tout court – possono trovare una uguale soddisfazione»20.
Le stesse parole, «grandi effetti», ricorrono nella descrizione resa
da Fauré della Rhapsodie espagnole di Maurice Ravel: «Non è che il
risultato dei cosiddetti procedimenti musicali del momento. […] È
incontestabile che Ravel e i suoi, nelle loro forme, non conoscono che
la prodigalità, e non molto altro prodigano che grandi effetti!»21.
Fauré, attento ai sommovimenti musicali che scuotevano la
Francia ma anche l’intero continente nei primi decenni del
Novecento, non poteva non imbattersi in due compositori che ne
furono artefici di primo piano e che, benché entrambi mitteleuropei,
furono espressione di posizioni estetiche antipodiche: mi riferisco al
tedesco Richard Strauss e all’austriaco Arnold Schoenberg. Aveva le
idee chiare in merito a forme, stili e procedimenti creativi: da qui, la
notevole diversità di trattamento che riservò ai due. Con Strauss, pur
non lesinando critiche di carattere tecnico, optò per la moderatezza,
usando un tono sostanzialmente pacato, come quando gli passò sotto
gli occhi la partitura della Salome: «Questa abilità, questa prodigiosa
destrezza, non è priva di inconvenienti, e questa mobilità della
musica, questa fugacità degli effetti orchestrali – sempre nuovi e
curiosi, sempre sorprendenti, ma che appena intesi sono subito
sostituiti da altri – finisce per creare un perpetuo scintillio che
affatica non solo lo spirito, ma – sembrerà assurdo – anche gli
occhi»22.
Tutt’altro registro adottò alle prese con un’opera di Schoenberg,
da taluni considerata come il manifesto dell’Espressionismo
musicale, il cui ascolto lo lasciò più che costernato: «Il vostro Pierrot
lunaire mi ha fatto passare una notte ben triste. Non lo nascondo!
[…] Ciò che mi sgomenta delle musiche d’oggi […] è l’impressione di
bruttezza che mi fanno»23.
Se il troppo moderno gli risultava indigesto, altrettanto ostico gli
era ciò che stimava troppo antico: per esempio la Norma di Vincenzo
Bellini, andata in scena nel 1831. Settantaquattro anni dopo, nel
1905, a Fauré questo melodramma faceva «l’effetto d’una reliquia
mummificata»24.
Ma toccò anche a Fauré di passare sotto qualche forca caudina,
come al solito allestita da un paio di suoi connazionali. Paul Dukas,
l’autore de L’apprendista stregone, si abbandonò allo sghignazzo:
«Quando Fauré comincia un movimento di Sonata, non sa ciò che
accadrà alla terza pagina25. […] Nella sua ultima maniera vedo un
Fauré defosforato»26. Giusto alla sua ultima maniera appartiene la
sua seconda e ultima Opera lirica, composta tra il 1907 e il 1912,
Pénélope, sulla quale Francis Poulenc espresse il seguente parere:
«L’orchestrazione di Pénélope è un abito di piombo e melma
strumentale»27. Poulenc arrivò a dichiarare, riferendosi alla Bonne
Chanson, ciclo di melodie composte da Fauré su poesie di Paul
Verlaine: «Fisicamente, è per me una musica intollerabile»28. Per
sua fortuna, il padre Émile aveva fondato ed era proprietario di una
delle più importanti industrie farmaceutiche francesi, la Poulenc
Frères, poi diventata la Rhône-Poulenc: in casa, il Maalox era a
portata di mano.
Come annunciato, la parte conclusiva del capitolo è dedicata a
Jacques Offenbach: il quale ebbe a lungo un conto aperto con
Richard Wagner. Non poteva essere altrimenti tenendo conto che il
compositore princeps del Secondo Impero francese era: 1. tedesco
naturalizzato francese; 2. ebreo; 3. massimo dissacratore di miti; 4.
fautore di una musica incentrata su un edonismo spensierato e
feroce; 5. creatore di melodie irresistibili che venivano fischiettate in
tutta Europa; 6. nemico giurato della serietà e della seriosità. Ce
n’era d’avanzo perché Wagner lo vedesse come il fumo negli occhi.
Ci mise del suo, Offenbach, di tanto in tanto rivolgendo i propri
pensieri all’autore dell’Anello del Nibelungo: «Wagner è un Berlioz
senza melodia»29. «Ciò che rimprovero ai giovani compositori è di
essere paralizzati da questa testa di Medusa che serve loro da
obiettivo: quella di Richard Wagner»30. «Meglio essere pungenti e
melodiosi che saggi e noiosi»31. Dopo aver ascoltato un’Opera
(imprecisata) di Meyerbeer, esclamò: «Si credeva di assistere ad
un’opera mediocre di Wagner»32.
Vedere il proprio nome accostato a quello del detestato,
detestatissimo, Meyerbeer: questo Wagner proprio non lo poteva
digerire. Lasciandosi andare a una furia incontrollata, ripagò l’ex
compatriota con gli interessi: «Offenbach possiede il calore […] del
letame; tutti i porci d’Europa vi possono sguazzare»33. Di più e di
peggio fece Wagner a ridosso della Guerra franco-prussiana. Dopo la
clamorosa vittoria di Sedan, l’esercito prussiano puntò su Parigi,
cingendola d’assedio; il compositore vestì allora i panni del
drammaturgo e scrisse una sorta di sceneggiatura di una pièce
teatrale che, intitolata Una capitolazione, mettesse in scena, in guisa
farsesca, quegli eventi bellici. Nel testo è contenuto un epigramma in
cui l’autore si appella, con velenoso sarcasmo, all’artiglieria tedesca
perché siano preservate le musiche del collega malignamente
chiamato Jack:
Krak! Krak! Krakerakrak! Ecco Jack Offenbach! Che fuori, dal forte, non
sparino più i cannoni perché nulla vada perduto della melodia!… Oh! Quanto
dolce e piacevole, e anche per i piedi giustamente comoda! Krak! Krak!
Krakerakrak! O signorile Jack Offenbach34!
Ancora di più e ancora di peggio fece Wagner, infierendo sulla
drammatica situazione di una Parigi sconvolta dalla guerra e dalla
successiva carneficina della Comune:
Parigini inselvatichiti e affamati vagano per le strade barcollando e
l’individuo internazionale Jack von Offenbach suona per farli ballare: «Non si
rivolta più il nostro stomaco / ora sappiamo sopportare la fame / i piccoli
soupers spirituali / sono meglio di diners materiali!»35.
* Sul quale, in merito alla sua occasionale propensione verso il sacro, ebbe a
scrivere: «I successi che la Messa da Requiem riporta ovunque sono un indizio di
decadenza». E se non lo capite da soli il perché, è inutile che ve lo spieghi.
Verdi e il Verismo
Accomunare La forza del destino ai due più celebri titoli del Verismo
musicale sembrerebbe un tantino temerario, se non addirittura
insensato. Eppure Puccini dovette rintracciare qualche elemento
comune presente in queste partiture: o meglio, percepì qualche
avvisaglia nell’opera verdiana di modi e stilemi che sarebbero stati
adottati dopo qualche decennio. La forza del destino andò in scena
per la prima volta nel 1862, a San Pietroburgo, ma venne poi
revisionata e riproposta nel 1869: quindi, precedente di oltre
vent’anni Cavalleria rusticana e Pagliacci. Va subito ricordato che la
revisione riguardò anche il libretto steso a suo tempo da Francesco
Maria Piave, e che fu affidata ad Antonio Ghislanzoni, scrittore
legato all’ambiente della Scapigliatura milanese, e perciò non troppo
lontano dalla poetica verista. Se si trattasse solo di questo sarebbe
un po’ poco.
Può forse essere evocata invece, a legittimare un qualche
parallelismo tra le diverse musiche, la lettura che Maria Callas fornì
del personaggio femminile verdiano. Avvertenza: ciò che il soprano
ha significato nella storia del teatro musicale tra gli inizi degli anni
Quaranta e la prima metà dei Settanta del secolo scorso sconsiglia
una sbrigativa alzata di spalle. L’interpretazione della Callas si
manifesta sin dalle primissime parole, pronunciate a bassa voce,
intonate dalla protagonista Leonora («Oh angoscia!», «Ah padre!»,
«Oh mio rimorso!»). Essa rivela l’oscillare tra due aspetti dello stile e
del linguaggio qui adottati da Verdi: un verismo che si presenta a
tratti in forme addirittura violente e l’uso di procedimenti melodici
tipici di suoi predecessori quali Rossini, Bellini e Donizetti. Nell’atto
IV Leonora intona la melodia “Pace, pace mio Dio”, che Verdi decise
di caratterizzare con una notevole flessibilità formale e con un
procedere del canto, in ciò favorito dal testo, tra fratture del
declamato e scorrevolezza della melodia. A spiegarsi meglio, l’aria
inizia con un’invocazione dirompente, «Pace», che, intrisa di calore
e disperazione, deve catturare immediatamente l’ascoltatore. Poco
dopo l’empito della donna lascia spazio a un dolore rassegnato,
«Cruda sventura», per presto sprofondare in pensieri di morte. Per
tre volte Leonora intona la straziante parola «Fatalità», che deve
avere ogni volta un colore diverso; e infine, la preghiera si chiude
esprimendo l’anelito a trapassare («Oh Dio, Dio, fa ch’io muoia»),
giacché solo morendo Leonora potrà trovare la pace. Sotto il profilo
musicale, nella prima parte la donna intona la parola «pace» quattro
volte, la prima delle quali quando ancora si trova nella caverna; è su
questa parola che fa il suo ingresso in scena e questo conferisce alla
parola stessa un’enorme valenza drammatica e drammaturgica.
Nella parte centrale, il soprano raggiunge un angelico si bemolle alto
(da intonare in pp, pianissimo), ancora sulla parola «pace»; e l’aria si
conclude sulla parola «maledizione» che termina ancora toccando
quel si bemolle. Intonandolo, Leonora rientra nella grotta, come a
voler suggellare l’irrevocabile suo destino: invisibilità iniziale / inizio
dell’aria – invisibilità finale / fine del canto. Leonora prega sì il
Signore ma non può non confessare che è ancora in subbuglio a
causa dei ricordi del suo amore. La richiesta di Verdi di creatività
vocale è alta, altissima, ed è perciò che questo ruolo è solitamente
affidato a cantanti dotate di notevoli doti vocali e capacità teatrali.
Ma oltre alla Callas c’è dell’altro che riguarda non scelte
interpretative ma compositive: opzioni dettate da precise intenzioni
drammaturgiche di Verdi. All’inizio dell’atto II ci ritroviamo in
un’osteria affollata di contadini e mulattieri: chissà perché, vengono
alla mente i versi «O che bel mestiere fare il carrettiere», intonati da
Alfio nella Cavalleria rusticana. Gli avventori sono intenti a mangiare
e bere, mentre qualcuno serve in tavola e alcune coppie sono
impegnate a ballare la seguidilla. Il pensiero vola a un’altra opera:
alla scena con cui prende avvio l’atto II della Carmen, anch’essa
ambientata in un’osteria frequentata da una clientela di poche
pretese e dove anche si balla la medesima danza spagnola. Ci
rendiamo conto di assistere all’irruzione della vita sociale nel flusso
melodrammatico o, se si preferisce, all’avventurarsi dei personaggi
in un contesto a loro estraneo: coup de théâtre di non poco conto,
quello concepito da Verdi, soprattutto se si tiene conto che l’ambito
teatrale ed espressivo in cui si muoveva era assai diverso da quelli
consentanei a Mascagni e a Bizet. Analogamente, l’atto III vede in
scena soldati che schiamazzano e inneggiano al gioco, il quale
momento è stato così impeccabilmente commentato da Paolo
Gallarati: «L’estetica verdiana è qui manifestamente tesa a un
realismo che, grazie alla rappresentazione della vita del popolo
minuto, fece della Forza del destino l’opera più esplicitamente
manzoniana di Verdi»*.
E dunque, a prescindere dagli intenti malevoli di Puccini, si deve
ammettere che la sua battuta aveva un certo fondamento, se è vera
l’affermazione – sostanzialmente da tutti condivisa – che nella Forza
del destino Verdi riuscì a elaborare un linguaggio ancora più
realistico, più vero, di quello che sino ad allora aveva contraddistinto
le sue Opere.
* Sergio Sablich, La calma del semplice, in «Il Giornale della Musica», 1° dicembre
2002.
Igor’ Stravinskij
Come essere amico del mondo
intero ma di nessun musicista
Oranienbaum (oggi Lomonosov), 17 giugno 1882
New York, 6 aprile 1971
Č
15. Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, cit. (Čajkovskij. Un autoritratto, cit., p.
348).
16. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Scritti e Interviste, a
cura di Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1995, p. 21).
17. Harlow Robinson, Sergei Prokofiev. A Biography, Viking, New York 1987, p.
185.
18. Igor Stravinsky, Chroniques de ma vie, Denoël, Paris 1962 (Cronache della
mia vita, trad. it. di Alberto Mantelli, SE, Milano 1999, p. 154).
19. Stravinskij, Craft, Memories and Commentaries, cit. (Ricordi e commenti,
cit., p. 367).
20. Robert Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, a cura di
Martin Kreisig, Breitkopf und Härtel, Leipzig 19145 (Gli scritti critici, trad. it. di
Gabrio Taglietti, Ricordi-Unicopli, Milano 1991, p. 602).
21. Henry-Louis de La Grange, Gustav Mahler, Librairie Arthème Fayard, Paris
2007, (Gustav Mahler. La vita, le opere, trad. it. di Maurizio Disoteo, EDT, Torino
2011, pp. 337-338).
22. Camille Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, Société d’édition artistique, Paris
s.d. [1900] (Musical Memories, trad. ingl. di Edwin Gile Rich Small, Maynard &
Co., Boston 1919, poi Musical Memories, Da Capo Press, New York 1969, pp. 124-
125).
GIACOMO MEYERBEER
1. Mario Bortolotto, Est dell’Oriente. Nascita e splendore della musica russa,
Adelphi, Milano 1999, p. 102.
2. Fryderyk Chopin, Lettere, a cura di Valeria Rossella, Il Quadrante, Torino
1986, p. 123.
3. Frédéric Vitoux, Gioacchino Rossini, Seuil, Parigi 1986 (Rossini, trad. it. di
Maria Delogu, Rusconi, Milano 1991, pp. 22-23).
4. Marcello Conati (a cura di), Interviste e incontri con Verdi, Edizioni il
formichiere, Milano 1980, p. 334.
5. Robert Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, a cura di
Martin Kreisig, Breitkopf und Härtel, Leipzig 19145 (Gli scritti critici, trad. it. di
Gabrio Taglietti, Ricordi-Unicopli, Milano 1991, p. 535.
6. Mario Bortolotto, Corrispondenze, Adelphi, Milano 2010, p. 194.
7. Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, cit. (Gli scritti
critici, cit., p. 535).
8. Ibid., pp. 540-541.
9. Ibid., p. 1018.
10. Martin Gregor-Dellin, Richard Wagner, Piper, München 1980 (Wagner, trad.
it. di Bettino Betti, Rizzoli, Milano 1983, p. 126).
11. Ibid., p. 285.
12. Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, cit. (Gli scritti
critici, cit., pp. 536, 537 e 538).
13. Conati (a cura di), Interviste e incontri con Verdi, cit., p. 334.
14. Ibid., p. 44.
15. Alexandra Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, Oxford University Press,
New York 1990 (Čajkovskij. Un autoritratto, trad. it. di Maria Rosaria Boccuni,
EDT, Torino 1993, p. 93).
16. Carlo Graziani (a cura di), Giuseppe Verdi. Autobiografia dalle lettere, A.
Mondadori, Milano 1941, p. 124.
17. Camille Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, Société d’édition artistique, Paris
s.d. [1900] (Musical Memories, trad. ingl. di Edwin Gile Rich Small, Maynard &
Co., Boston 1919, poi Musical Memories, Da Capo Press, New York 1969, pp. 221-
226).
18. Cit. in Gregor-Dellin, Richard Wagner, cit. (Wagner, cit., p. 253).
19. Robert Pourvoyeur, Offenbach, Seuil, Paris 1994, p. 18.
20. Jean-Michel Nectoux, Gabriel Fauré. Les voix du clair-obscur, Flammarion,
Paris 1990 (Fauré. Le voci del chiaroscuro, trad. it. di Raoul Meloncelli e Sergio
Bestente, EDT, Torino 2004, p. 269).
21. Ibid., p. 79.
22. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Scritti e Interviste, a
cura di Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1995, p. 106).
23. Cit. in Gregor-Dellin, Richard Wagner, cit. (Wagner, cit., p. 266).
24. Ibid., p. 162.
25. Mario Bortolotto, Wagner l’oscuro, Adelphi, Milano 2003, p. 19.
GIOACHINO ROSSINI
1. Friedrich Nietzsche, Also sprach Zarathustra. Ein Buch für Alle und Keinen,
Vom Wege des Schaffenden, Ernst Schmeitzner, Chemnitz 1883, p. 89 (Così parlò
Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, Del cammino del creatore, Fratelli
Bocca, Torino 1921, p. 52).
2. Karl Hegel (a cura di), Briefe von und an Hegel, seconda parte, Duncker &
Humblot, Leipzig 1887, p. 165 (trad. propria).
3. Carlo Graziani (a cura di), Giuseppe Verdi. Autobiografia dalle lettere, A.
Mondadori, Milano 1941, p. 464, lettera del 25 luglio 1871 al conte Opprandino
Arrivabene.
4. Ibid., p. 468, lettera del 16 aprile 1873 al conte Opprandino Arrivabene.
5. Cit. in Maynard Solomon, Beethoven, Schirmer Books, New York 1977
(Beethoven, trad. it. di Nicoletta Polo, Marsilio, Venezia 1988², p. 295).
6. Martin Cooper, Beethoven. The Last Decade 1817-1827, Oxford University
Press, Oxford 1970 (Beethoven. L’ultimo decennio 1817-1827, trad. it. di Ala Botti
Caselli, ERI, Torino 1979, p. 66).
7. Massimo Taparelli D’Azeglio, I miei ricordi, Barbera, Firenze 1891, poi
Einaudi, Torino 1971, pp. 352-353.
8. Robert Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, a cura di
Martin Kreisig, Breitkopf und Härtel, Leipzig 19145 (La musica romantica,
selezione e traduzione di saggi a cura di Luigi Ronga, Einaudi, Torino 1970, p. 83).
9. Ibid., p. 84.
10. Eric Werner, Mendelssohn. Leben und Werk in neuer Sicht, Atlantis
Musikbuch-Verlag, Zürich 1980 (Mendelssohn. La vita e l’opera in una nuova
prospettiva, trad. it. di Hans Fazzari e Maria Luisa Longhi, Rusconi, Milano 1984,
p. 61).
11. Ibid., p. 251.
12. Robert Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, a cura di
Martin Kreisig, Breitkopf und Härtel, Leipzig 19145 (Gli scritti critici, trad. it. di
Gabrio Taglietti, Ricordi-Unicopli, Milano 1991, p. 813).
13. Mario Bortolotto, Lo splendido autunno di un genio con troppi nemici, in «la
Repubblica», 8 settembre 1999.
14. Luigi Rognoni, Gioacchino Rossini, ERI, Torino 1968, p. 389.
15. Martin Gregor-Dellin, Richard Wagner, Piper, München 1980 (Wagner, trad.
it. di Bettino Betti, Rizzoli, Milano 1983, p. 397).
16. Edmond Michotte, Paris 1860. La visite de Wagner à Rossini, a cura di
Xavier Lacavalerie, Actes Sud, Arles 2011 (prima ed., 1906).
17. Hector Berlioz, Mémoires, Paris 1870 (Memorie, trad. it. di Olga Visentini,
Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1989, p. 847).
18. Ibid., p. 840.
19. Ibid., p. 35.
20. Ibid., p. 313.
21. Ibid., p. 41.
22. Ibid., p. 313.
23. Camille Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, Société d’édition artistique, Paris
s.d. [1900] (Musical Memories, trad. ingl. di Edwin Gile Rich Small, Maynard &
Co., Boston 1919, poi Musical Memories, Da Capo Press, New York 1969, p. 209).
24. Ivi.
25. Marcello Conati (a cura di), Interviste e incontri con Verdi, Edizioni il
formichiere, Milano 1980, p. 208.
26. William Ashbrook, Donizetti and His Operas, Cambridge University Press,
Cambridge 1982 (Donizetti. La vita, trad. it. di Fulvio Lo Presti, EDT, Torino 1986,
p. 81).
27. Graziani, Giuseppe Verdi, cit., p. 107.
28. L’affermazione, apparentemente apocrifa, è tuttavia riportata in numerosi
articoli o saggi pubblicati a firma di Pietro Acquafredda, Loredana Lipperini,
Enrico Stinchelli ecc.
29. Annibale Alberti (a cura di), Verdi intimo, A. Mondadori, Milano 1931, pp. 41-
42.
30. Mario Bortolotto, Corrispondenze, Adelphi, Milano 2010, p. 309.
31. Aa.Vv., Bergamo o sia notizie patrie, Almanacco scientifico-artistico-
letterario per l’anno 1885, Miscellanea di documenti e memorie cittadine.
«Pensieri del Maestro Gaetano Donizetti sulla musica» (da un autografo esistente
presso il signor Marco Pegurri), Vittore Pagnoncelli, Bergamo, Serie VI.d., Parte
Prima, nn. 43-44.
32. Cit. in Sergio Martinotti (a cura di), La musica a Milano, in Lombardia e
oltre, Vita e Pensiero, Milano 2000, vol. II, p. 281.
33.
Marco Beghelli, Il “Do di petto”. Dissacrazione di un mito, in «Il Saggiatore
Musicale», Anno III, 1996, p. 126.
HECTOR BERLIOZ
1. Hector Berlioz, Mémoires, Paris 1870 (Memorie, trad. it. di Olga Visentini,
Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1989, p. 373).
2. William Ashbrook, Donizetti and His Operas, Cambridge University Press,
Cambridge 1982 (Donizetti. La vita, trad. it. di Fulvio Lo Presti, EDT, Torino 1986,
p. 134).
3. Norman Gilliland, Scores to Settle, NEMO Productions, Madison (WI) 2009, p.
116.
4. Robert Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, a cura di
Martin Kreisig, Breitkopf und Härtel, Leipzig 19145 (Gli scritti critici, trad. it. di
Gabrio Taglietti, Ricordi-Unicopli, Milano 1991, pp. 673-674).
5. Berlioz, Mémoires, cit. (Memorie, cit., p. 590).
6. Ibid., p. 396.
7. Giulio Confalonieri, Cherubini, Editrice Genio, Milano 1948, poi Edizioni
Accademia, Torino 1978, p. 431.
8. Adolphe Boschot, Une vie romantique: Hector Berlioz, Plon, Paris 1951
(Berlioz, trad. it. di E. Gara, Fratelli Melita Editori, Genova 1990, p. 15).
9. Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, cit. (Gli scritti
critici, cit., p. 227).
10. Eric Werner, Mendelssohn. Leben und Werk in neuer Sicht, Atlantis
Musikbuch-Verlag, Zürich 1980 (Mendelssohn. La vita e l’opera in una nuova
prospettiva, trad. it. di Hans Fazzari e Maria Luisa Longhi, Rusconi, Milano 1984,
p. 248).
11. Benjamin Britten, Letters from a Life: The Selected Letters of Benjamin
Britten 1913-1976, volume one, a cura di Donald Mitchell, Philip Reed e Mervyn
Cooke, Faber and Faber, London 2004, p. 159.
12. The Hector Berlioz Website, http://www.hberlioz.com, «Berlioz à Paris» -
Saint-Louis des Invalides, Correspondance Générale n. 528.
13. Camille Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, Société d’édition artistique, Paris
s.d. [1900] (Musical Memories, trad. ingl. di Edwin Gile Rich Small, Maynard &
Co., Boston 1919, poi Musical Memories, Da Capo Press, New York 1969, pp. 134 e
136).
14. Jean-Michel Nectoux, Gabriel Fauré. Les voix du clair-obscur, Flammarion,
Paris 1990 (Fauré. Le voci del chiaroscuro, trad. it. di Raoul Meloncelli e Sergio
Bestente, EDT, Torino 2004, p. 263).
15. Olga Visentini, Berlioz e il suo tempo, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2010,
tomo II, p. 1276.
16. Claude Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, Gallimard, Paris 1971 (Il
signor Croche antidilettante, trad. it. di Valerio Magrelli, Studio Tesi, Pordenone
1986, pp. 120-121).
17. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Scritti e Interviste, a
cura di Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1995, pp. 133-
134).
18. Vasilij Vasil’evič Jastrebcev (a cura di), Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov:
vospomonanija, Gosudarstvennoe muzykal’noe izdatel’stvo, Leningrad 1959-1960
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, trad. ing. di Florence Jonas, Columbia
University Press, New York 1985, p. 14).
19. Ibid., pp. 146-147.
20. Berlioz, Mémoires, cit. (Memorie, cit., p. 219).
21. Charles Gounod, Mémoires d’un artiste, Calmann-Lévy, Paris 1896, p. 210
(eBook #24325, 15/I/2008, p. 231).
22. Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, cit. (Il signor Croche
antidilettante, cit., pp. 118-119).
23. Claude Debussy, Lettres 1884-1918, a cura di François Lesure, Hermann
éditeurs des sciences et des arts, Paris 1980 (Claude Debussy. I bemolli sono blu.
Lettere 1884-1918, trad. it di Marina Premoli, Rosellina Archinto, Milano 1990, p.
27).
24. Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, cit. (Il signor Croche
antidilettante, cit., pp. 62-63).
25. Ibid., p. 118.
26. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel. Scritti e
Interviste, cit., p. 154).
27. Pierre Boulez, Par volonté et par hasard, Seuil, Paris 1975 (Per volontà e per
caso, trad. it. di Paolo Gallarati, Einaudi, Torino 1977, p. 14).
28. Martin Gregor-Dellin, Richard Wagner, Piper, München 1980 (Wagner,
trad. it. di Bettino Betti, Rizzoli, Milano 1983, p. 395).
29. Jastrebcev, Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov, cit. (Reminiscences of
Rimsky-Korsakov, cit., p. 181).
30. Alexandra Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, Oxford University Press,
New York 1990 (Čajkovskij. Un autoritratto, trad. it. di Maria Rosaria Boccuni,
EDT, Torino 1993, p. 165).
31. Mario Bortolotto, Est dell’Oriente. Nascita e splendore della musica russa,
Adelphi, Milano 1999, p. 328.
32. Berlioz, Mémoires, cit. (Memorie, cit., p. 451).
33. Ibid., p. 450.
34. Camille Saint-Saëns, Musical Memories, (trad. dal francese di Edwin Gile
Rich, Da Capo Press, New York, 1969, p. 187).
35. Eduardo Rescigno, Dizionario belliniano, L’Epos, Palermo 2009, p. 83.
36. Berlioz, Mémoires, cit. (Memorie, cit., p. 421).
37. Charles Gounod, Mémoires d’un artiste, Calmann-Lévy, Paris, 1896
(Memorie di un artista e altri scritti, a cura di Riccardo Viagrande, Manzoni
Editore, Merone - Como 2018, p. 234).
38. Berlioz, Mémoires, cit. (Memorie, cit., p. 209).
39. Mario Bortolotto, Corrispondenze, Adelphi, Milano 2010, p. 184.
40. Lea Bossi, Donizetti, La Scuola, Brescia 1956, p. 194.
41. Ashbrook, Donizetti and His Operas, cit. (Donizetti. La vita, cit., p. 133).
42. Berlioz, Mémoires, cit. (Memorie, cit., pp. 421-422).
43. Marcello Conati (a cura di), Interviste e incontri con Verdi, Edizioni il
formichiere, Milano 1980, p. 167.
44. Ibid., p. 168.
45. Robert Pourvoyeur, Offenbach, Seuil, Paris 1994, p. 101.
46. Jean-Claude Yon, Jacques Offenbach, Gallimard, Paris 2000, p. 244.
47. Ibid., p. 242.
48. Berlioz, Mémoires, cit. (Memorie, cit., p. 838).
49. Ibid., p. 592.
50. Ibid., p. 600.
51. Werner, Mendelssohn, cit. (Mendelssohn, cit., p. 248).
52. Ibid., p. 382.
53. Berlioz, Mémoires, cit. (Memorie, cit., p. 866).
54. Claude Rostand, Liszt, Seuil, Paris 1961 (Liszt, trad. it. di Paolo Castaldi,
Mondadori, Milano 1961, p. 72).
55. Berlioz, Mémoires, cit. (Memorie,cit., p. 176).
56. Ibid., p. 606.
57. Cit. in Gregor-Dellin, Richard Wagner, cit. (Wagner, cit., p. 141).
58. Berlioz, Mémoires, cit. (Memorie, cit., p. 186).
59. Ivi.
60. Nicolas Slonimsky, Lexicon of Musical Invective, W.W. Norton & Company,
New York e London 2000³, p. 228.
61. Claude Rostand, Johannes Brahms, Fayard, Paris 1978 (Brahms, trad. it. di
Paolo Donati, Rusconi, Milano 1986, p. 516).
62. Olga Visentini, Berlioz e il suo tempo, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2010,
tomo II, p. 1290.
FELIX MENDELSSOHN
1. Eric Werner, Mendelssohn. Leben und Werk in neuer Sicht, Atlantis
Musikbuch-Verlag, Zürich 1980 (Mendelssohn. La vita e l’opera in una nuova
prospettiva, trad. it. di Hans Fazzari e Maria Luisa Longhi, Rusconi, Milano 1984,
p. 442).
2. Claude Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, Gallimard, Paris 1971 (Il
signor Croche antidilettante, trad. it. di Valerio Magrelli, Studio Tesi, Pordenone
1986, p. 22).
3. Claude Debussy, recensione pubblicata sul giornale «Gil Blas» il 23 marzo
1903; cit. in Monsieur Croche (et autres écrits), Gallimard, Paris 1971, p. 132.
4. Werner, Mendelssohn, cit. (Mendelssohn, cit., p. 62).
5. Ibid., p. 61.
6. Ibid., p. 509.
7. Cit. in Claudio Capriolo e Giorgio Dolza, Chopin. Signori, il catalogo è questo!,
Einaudi, Torino 2001, p. 97.
8. Carlo Graziani (a cura di), Giuseppe Verdi. Autobiografia dalle lettere, A.
Mondadori, Milano 1941, p. 420.
9. Annibale Alberti (a cura di), Verdi intimo, A. Mondadori, Milano 1931, p. 185.
10. Vittorio Della Croce, Cherubini e i musicisti italiani del suo tempo, Eda,
Torino 1983, p. 486.
11. Werner, Mendelssohn, cit. (Mendelssohn, cit., p. 61).
12. Ibid., p. 271.
13. Claudio Bolzan (a cura di), Felix Mendelssohn Bartholdy, «Tendere alla
perfezione». Lettere scelte e documenti, Zecchini, Varese 2009, p. 54.
14. Cit. in Arrigo Boito, Tutti gli scritti, a cura di Piero Nardi, Mondadori, Milano
1942, p. 1235.
15. Werner, Mendelssohn, cit. (Mendelssohn, cit., p. 256).
16. Cit. in Boito, Tutti gli scritti, cit., p. 1250.
17. Richard Wagner, Gesammelte Schriften und Dichtungen, E.W. Fritzsch,
Leipzig 1871-1883, vol. X, Über das Opern-Dichten und Komponieren im
Besonderen, 1879 (trad. it. di Francesco Gallia, Musikdrama. Sul libretto e sulla
composizione della musica d’opera, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1988, p. 98).
18. Robert Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, a cura di
Martin Kreisig, Breitkopf und Härtel, Leipzig 19145 (Gli scritti critici, trad. it. di
Gabrio Taglietti, Ricordi-Unicopli, Milano 1991, p. 130).
19. Richard Wagner, Das Judentum in der Musik: Eine kritische Dokumentation
als Beitrag zu Geschichte des Antisemitismus, Wagner in Diskussion, Bd. 15, a
cura di Jens Malte Fischer, Königshausen & Neumann, Würzburg 2015 (trad. it. di
Leonardo V. Distaso, Il giudaismo nella musica, Mimesis, Sesto San Giovanni -
Milano 2016).
20. Martin Gregor-Dellin, Richard Wagner, Piper, München 1980 (Wagner,
trad. it. di Bettino Betti, Rizzoli, Milano 1983, p. 341).
21. Werner, Mendelssohn, cit. (Mendelssohn, cit., pp. 464-465).
22. Ibid., p. 467.
23. Ibid., p. 420.
24. Ibid., p. 478.
25. Ibid., p. 458.
26. Martin Geck, Wagner. Biographie, Siedler, München 2012, p. 35.
27. Vasilij Vasil’evič Jastrebcev (a cura di), Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov:
vospomonanija, Gosudarstvennoe muzykal’noe izdatel’stvo, Leningrad 1959-1960
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, trad. ing. di Florence Jonas, Columbia
University Press, New York 1985, p. 280).
28. Werner, Mendelssohn, cit. (Mendelssohn, cit., p. 61).
29. Ibid., pp. 268-269.
30. Ibid., pp. 229-230.
31. Ivi.
FRYDERYK CHOPIN
1. Camille Bourniquel, Chopin, Seuil, Paris 1957 (Chopin, trad. it. di Enzo De
Michele, Mondadori, Milano 1960, pp. 8 e 78).
2. Franz Liszt, Frédéric Chopin, in «La France musicale», Escudier, Paris 1851
(Chopin. Vita e arte, trad. it. di Giuseppe Ciocia, Rizzoli, Milano 1963, p. 50).
3. Ibid., p. 45.
4. Ibid., p. 72.
5. Fryderyk Chopin, Lettere, a cura di Valeria Rossella, Il Quadrante, Torino
1986, p. 116.
6. Liszt, Frédéric Chopin, cit. (Chopin. Vita e arte, cit., p. 151).
7. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Scritti e Interviste, a
cura di Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1995, p. 134).
8. Bourniquel, Chopin, cit. (Chopin, cit., p. 121).
9. Mario Bortolotto, Corrispondenze, Adelphi, Milano 2010, pp. 60-61.
10. Chopin, Lettere, cit., p. 124.
11. Bortolotto, Corrispondenze, cit., p. 22.
12. Bourniquel, Chopin, cit. (Chopin, cit., p. 179).
13. Cit. in Claudio Capriolo e Giorgio Dolza, Chopin. Signori, il catalogo è
questo!, Einaudi, Torino 2001, p. 54.
14. Hector Berlioz, Mémoires, Paris 1870 (Memorie, trad. it. di Olga Visentini,
Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1989, p. 793).
15. Ibid., pp. 792-793.
16. Aloma Bardi, Arte e business: la “doppia vita” di George Gershwin e le due
anime dell’America, in Aa.Vv., Gershwin, a cura di Gianfranco Vinay, EDT, Torino
1992, p. 21.
17. Robert Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, a cura di
Martin Kreisig, Breitkopf und Härtel, Leipzig 19145 (Gli scritti critici, trad. it. di
Gabrio Taglietti, Ricordi-Unicopli, Milano 1991, p. 119).
18. Chopin, Lettere, cit., p. 118.
19. Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, cit. (Gli scritti
critici, cit., p. 995).
20. Ibid., pp. 811-814.
21. Bourniquel, Chopin, cit. (Chopin, cit., p. 134).
22. Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, cit. (Gli scritti
critici, cit., p. 943).
23. Ibid., pp. 835-836.
24. Mario Bortolotto, Wagner l’oscuro, Adelphi, Milano 2003, p. 54.
25. Bourniquel, Chopin, cit. (Chopin, cit., p. 78).
26. Mario Bortolotto, Est dell’Oriente. Nascita e splendore della musica russa,
Adelphi, Milano 1999, p. 66.
27. Chopin, Lettere, cit., pp. 157-158.
ROBERT SCHUMANN
1. Robert Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, a cura di
Martin Kreisig, Breitkopf und Härtel, Leipzig 19145 (La musica romantica,
selezione e traduzione di saggi a cura di Luigi Ronga, Einaudi, Torino 1970, p. 84).
2. Ibid., p. 1018.
3. Robert Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, a cura di
Martin Kreisig, Breitkopf und Härtel, Leipzig 19145 (Gli scritti critici, trad. it. di
Gabrio Taglietti, Ricordi-Unicopli, Milano 1991, p. 130).
4. Leon Plantinga, Clementi: His Life and Music, Oxford University Press,
Oxford 1977 (Clementi. La vita e la musica, trad. it. di Luciano Petazzoni,
Feltrinelli, Milano 1980, p. 73).
5. Ivi.
6. Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, cit. (Gli scritti
critici, cit., p. 562).
7. Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, cit. (La musica
romantica, cit., p. 229).
8. Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, cit. (Gli scritti
critici, cit., p. 329).
9. Ibid., p. 856.
10. Ibid., p. 1016.
11. Ibid., p. 920.
12. Ibid., p. 1018.
13. Ivi.
14. Ibid., p. 1017.
15. Ibid., p. 863.
16. Pierre Boulez, Par volonté et par hasard, Seuil, Paris 1975 (Per volontà e per
caso, trad. it. di Paolo Gallarati, Einaudi, Torino 1977, p. 14).
17. Arnold Schoenberg, Briefe, B. Schott’s Söhne, Mainz 1958 (Lettere, trad. it. di
Liborio Mario Rubino, La Nuova Italia, Firenze 1969, pp. 13-14).
18. Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, cit. (Gli scritti
critici, cit., p. 757).
19. Ibid., pp. 694-695.
20. Ibid., p. 158.
21. Robert-Schumann-Forschungsstelle, http://schumann-ga.de/…, p. 121.
22. Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, cit. (Gli scritti
critici, cit., p. 837).
23. Alan Walker, Franz Liszt. The Weimar Years 1848-1861. Vol. II, Alfred A.
Knopf, New York 1989, p. 341.
24. Claude Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, Gallimard, Paris 1987², p.
206.
25. Martin Gregor-Dellin, Richard Wagner, Piper, München 1980 (Wagner, trad.
it. di Bettino Betti, Rizzoli, Milano 1983, p. 192).
26. Ivi.
27. Vasilij Vasil’evič Jastrebcev (a cura di), Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov:
vospomonanija, Gosudarstvennoe muzykal’noe izdatel’stvo, Leningrad 1959-1960
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, trad. ing. di Florence Jonas, Columbia
University Press, New York 1985, p. 67).
28. Camille Saint-Saëns, Harmonie et mélodie, Calmann-Lévy, Paris 1885, p.
196.
29. Mario Bortolotto, Wagner l’oscuro, Adelphi, Milano 2003, p. 56.
30. Cosima Wagner, Die Tagebücher (2 voll.: 1869-1876, 1877-1883), Zenodot
Verlagsgesellschaft [CreateSpace Independent Publishing Platform (8 aprile
2015)], cit. in Alessandro Taverna, Alfabeto critico, in «Classic Voice Opera» n. 63,
pp. 61-63.
31. Eva Weissweiler, Clara Schumann. Eine Biographie, Hoffmann und Campe,
Hamburg 1990, p. 167.
32. Ibid., p. 265.
33. Ibid., p. 269.
FRANZ LISZT
1. Piero Rattalino: testo tratto dal programma di sala del Concerto
dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia - Roma, Auditorium Parco della Musica,
10 maggio 2007.
2. Mario Bortolotto, Corrispondenze, Adelphi, Milano 2010, p. 174.
3. Martin Gregor-Dellin, Richard Wagner, Piper, München 1980 (Wagner, trad.
it. di Bettino Betti, Rizzoli, Milano 1983, p. 134).
4. Cit. in ibid., p. 709.
5. Raoul Meloncelli (a cura di), Franz Liszt. Divagazioni di un musicista
romantico, Salerno Editrice, Roma 1979, p. 19.
6. Luigi Cortese (a cura di), Franz Liszt. Confessioni di un musicista romantico,
Salerno Editrice, Roma 1993, p. 105.
7. Pubbl. in «Le Charivari», ca. 1842, cit. in Léger Noel, La Clef de la langue et
des sciences, Dutertre Librairie-Éditeur, Paris 1861, p. 182.
8. Alberto Fassone, Anton Bruckner. La personalità e l’opera, LIM, Lucca 2005,
p. 196.
9. Sacherell Sitwell, Liszt, Columbus Books Limited, London 1988³, p. 286.
10. Amy Fay, Music-Study in Germany, from the Home Correspondence of Amy
Fay, Jansen, McClurg & Company, Chicago 1885.
11. Piero Rattalino, Liszt, o il giardino di Armida, EDT, Torino 1993, p. 92n.
12. Ibid., p. 90.
13. Claude Rostand, Liszt, Seuil, Paris 1961 (Liszt, trad. it. di Paolo Castaldi,
Mondadori, Milano 1961, p. 72).
14. Edvard Grieg, Dagbøker, Bergen Offendige Bibliotek, Bergen 1993 (Dal
diario. Estratto: il soggiorno in Italia nel 1865 e 1866, trad. it. di Alice Tonzig,
Bergen Off. Bibliotek, Bergen 2004, pp. 18-19).
15. Fassone, Anton Bruckner, cit., p. 295.
16. Sitwell, Liszt, cit., p. 112.
17. Ivi.
18. Ivi.
19. Edward Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, Cambridge University
Press, London 1983 (Debussy, trad. it. di Domenico de’ Paoli, Rusconi, Milano
1983, p. 407).
20. Emil Haraszti, Franz Liszt écrivain et penseur. Histoire d’une mystification,
in «Societé française de musicologie», III, 1944 (cit. in Meloncelli, Franz Liszt.
Divagazioni di un musicista romantico, cit., p. 25).
21. Cortese, Franz Liszt. Confessioni di un musicista romantico, cit., p. 66.
22. Ibid., p. 67.
23. Ibid., pp. 56-57.
24. Cit. in Meloncelli, Franz Liszt. Divagazioni di un musicista romantico, cit., p.
197.
25. Robert Schumann, Gesammelte Schriften über Musik und Musiker, a cura di
Martin Kreisig, Breitkopf und Härtel, Leipzig 19145 (Gli scritti critici, trad. it. di
Gabrio Taglietti, Ricordi-Unicopli, Milano 1991, p. 847).
26. Claude Rostand, Johannes Brahms, Fayard, Paris 1978 (Brahms, trad. it. di
Paolo Donati, Rusconi, Milano 1986, p. 71).
27. Rattalino, Liszt, o il giardino di Armida, cit., p. 84.
28. Alexandra Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, Oxford University Press,
New York 1990 (Čajkovskij. Un autoritratto, trad. it. di Maria Rosaria Boccuni,
EDT, Torino 1993, pp. 231-232).
29. Igor Stravinskij, Robert Craft, Memories and Commentaries, Faber and
Faber, London 2002 (Ricordi e commenti, trad. it. di Franco Salvatorelli, Adelphi,
Milano 2008, p. 369).
RICHARD WAGNER
1. Martin Gregor-Dellin, Richard Wagner, Piper, München 1980 (Wagner, trad.
it. di Bettino Betti, Rizzoli, Milano 1983, p. 639.
2. Ibid., p. 640.
3. Ivi.
4. Ibid., p. 641.
5. Claude Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, Gallimard, Paris 1971 (Il
signor Croche antidilettante, trad. it. di Valerio Magrelli, Studio Tesi, Pordenone
1986, p. 114).
6. Alexandra Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, Oxford University Press, New
York 1990 (Čajkovskij. Un autoritratto, trad. it. di Maria Rosaria Boccuni, EDT,
Torino 1993, p. 193).
7. Nicolas Slonimsky, Lexicon of Musical Invective, W.W. Norton & Company,
New York e London 2000³, p. 231.
8. Gregor-Dellin, Richard Wagner, cit. (Wagner, cit., p. 145).
9. Ibid., p. 162.
10. Mario Bortolotto, Wagner l’oscuro, Adelphi, Milano 2003, p. 54.
11. Ibid., p. 232.
12. Gregor-Dellin, Richard Wagner, cit. (Wagner, cit., p. 228).
13. Ibid., p. 162.
14. Ibid., p. 504.
15. Olga Visentini, Berlioz e il suo tempo, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2010,
tomo II, p. 1277.
16. Bortolotto, Wagner l’oscuro, cit., p. 56.
17. Vasilij Vasil’evič Jastrebcev (a cura di), Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov:
vospomonanija, Gosudarstvennoe muzykal’noe izdatel’stvo, Leningrad 1959-1960
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, trad. ing. di Florence Jonas, Columbia
University Press, New York 1985, p. 294).
18. Ibid., p. 50.
19. Slonimsky, Lexicon of Musical Invective, cit., p. 232.
20. Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, cit. (Čajkovskij. Un autoritratto, cit., p.
177).
21. Ibid., p. 248.
22. Jastrebcev, Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov: vospomonanija, cit.
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, cit., p. 27).
23. Ibid., p. 223.
24. Guido Marotti, Ferruccio Pagni, Giacomo Puccini intimo (nei ricordi di due
amici), Vallecchi, Firenze 1926, rist. in «Quaderni pucciniani», Istituto di Studi
pucciniani, Milano 2007, p. 163.
25. Jastrebcev, Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov: vospomonanija, cit.
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, cit., p. 201).
26. Mario Bortolotto, Est dell’Oriente. Nascita e splendore della musica russa,
Adelphi, Milano 1999, p. 66.
27. Thomas Mann, Dolore e grandezza di Richard Wagner, Discanto, Fiesole
1979.
28. Aldo Nicastro, Pëtr Il’ič Čajkovskij, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1990, p.
98.
29. Jastrebcev, Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov: vospomonanija, cit.
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, cit., p. 450).
30. Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, cit. (Čajkovskij. Un autoritratto, cit., p.
35).
31. Jastrebcev, Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov: vospomonanija, cit.
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, cit., p. 448).
32. Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, cit. (Čajkovskij. Un autoritratto, cit. p.
83).
33. Harlow Robinson, Sergei Prokofiev. A Biography, Viking, New York 1987, p.
21.
34. Raffaello De Rensis, Arrigo Boito, G.C. Sansoni, Firenze 1942, p. 139.
35. Slonimsky, Lexicon of Musical Invective, cit., p. 241.
36. Ibid., p. 248.
37. Jastrebcev, Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov: vospomonanija, cit.
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, cit., p. 187).
38. Nicastro, Pëtr Il’ič Čajkovskij, cit., p. 91.
39. Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, cit. (Čajkovskij. Un autoritratto, cit. p.
274).
40. Manuel de Falla, Escritos sobre música y músicos, Espasa-Calpe, Madrid
1950 (Scritti sulla musica e i musicisti, trad. it. di Paolo Pinamonti, Ricordi-
Mucchi, Milano 1993, p. 74).
41. Ibid., p. 142.
42. Edward Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, Cambridge University
Press, London 1983 (Debussy, trad. it. di Domenico de’ Paoli, Rusconi, Milano
1983, p. 119).
GIUSEPPE VERDI
1. Arrigo Boito, Tutti gli scritti, a cura di Piero Nardi, Mondadori, Milano 1942,
p. 1373.
2. Cit. in Julian Budden, The Operas of Verdi, Cassell, London 1981 (Le opere di
Verdi, trad. it. di Alberto Conte, EDT, Torino 1988, vol. III, Da Don Carlos a
Falstaff, p. 4).
3. Carlo Graziani (a cura di), Giuseppe Verdi. Autobiografia dalle lettere, A.
Mondadori, Milano 1941, pp. 424-425.
4. Annibale Alberti (a cura di), Verdi intimo, A. Mondadori, Milano 1931, p. 237.
5. Claude Debussy, Lettres 1884-1918, a cura di François Lesure, Hermann
éditeurs des sciences et des arts, Paris 1980 (Claude Debussy. I bemolli sono blu.
Lettere 1884-1918, trad. it di Marina Premoli, Rosellina Archinto, Milano 1990, p.
138).
6. Mosco Carner, Puccini, Gerald Duckworth & Co., London 1958, poi Duckworth
1992³, p. 256.
7. Boito, Tutti gli scritti, cit., p. 1094.
8. Vasilij Vasil’evič Jastrebcev (a cura di), Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov:
vospomonanija, Gosudarstvennoe muzykal’noe izdatel’stvo, Leningrad 1959-1960
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, trad. ing. di Florence Jonas, Columbia
University Press, New York 1985, p. 94).
9. Marcello Conati (a cura di), Interviste e incontri con Verdi, Edizioni il
formichiere, Milano 1980, p. 215.
10. Graziani, Giuseppe Verdi. Autobiografia dalle lettere, cit., p. 107.
11. Alberti, Verdi intimo, cit., p. 38.
12. Cit. in Michele Girardi, Tempo e racconto nel Trovatore, programma di sala
de Il Trovatore, Teatro La Fenice, Venezia, dicembre 2011.
13. Conati, Interviste e incontri con Verdi, cit., p. 44.
14. Ibid., p. 335.
15. Graziani, Giuseppe Verdi. Autobiografia dalle lettere, cit., p. 432.
16. Mario Bortolotto, Dopo una battaglia. Origini francesi del Novecento
musicale, Adelphi, Milano 1992, p. 269.
17. Cit. in Conati, Interviste e incontri con Verdi, cit., p. 143.
18. Mario Bortolotto, Corrispondenze, Adelphi, Milano 2010, p. 292.
19. Mario Bortolotto, Wagner l’oscuro, Adelphi, Milano 2003, p. 54.
20. Mario Bortolotto, Est dell’Oriente. Nascita e splendore della musica russa,
Adelphi, Milano 1999, p. 21.
21. Richard Strauss, Betrachtungen und Erinnerungen, Atlantis Musikbuch-
Verlag, Zürich 1949 (Note di passaggio. Riflessioni e ricordi, a cura di Sergio
Sablich, trad. it. di Laura Dallapiccola, EDT, Torino 1991, p. 172).
22. Ibid., p. 167.
23. Jastrebcev, Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov: vospomonanija, cit.
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, cit., p. 266).
24. Edward Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, Cambridge University
Press, London 1983 (Debussy, trad. it. di Domenico de’ Paoli, Rusconi, Milano
1983, p. 583).
25. Bortolotto, Corrispondenze, cit., p. 302.
26. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Scritti e Interviste, a
cura di Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1995, pp. 106-
107).
27. Conati, Interviste e incontri con Verdi, cit., p. 133.
28. Aldo Nicastro, Pëtr Il’ič Čajkovskij, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1990, p.
208.
29. Bortolotto, Est dell’Oriente, cit., p. 116.
30. Intervista rilasciata a Parigi a Paul Fresnay, nel 1886: anno della morte di
Franz Liszt, cit. in Conati, Interviste e incontri con Verdi, cit., p. 166.
31. Camille Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, Société d’édition artistique, Paris
s.d. [1900] (Musical Memories, trad. ingl. di Edwin Gile Rich Small, Maynard &
Co., Boston 1919, poi Musical Memories, Da Capo Press, New York 1969, p. 230).
32. Bortolotto, Corrispondenze, cit., p. 300.
CHARLES GOUNOD
1. Charles Gounod, Mémoires d’un artiste, Calmann-Lévy, Paris 1896 (Memorie
di un artista e altri scritti, a cura di Riccardo Viagrande, Manzoni Editore, Merone
- Como 2018, p. 12).
2. Ibid., p. 57.
3. Ibid., p. 97.
4. Arrigo Boito, Tutti gli scritti, a cura di Piero Nardi, A. Mondadori, Milano
1942, p. 1076.
5. Gounod, Mémoires d’un artiste, cit. (Memorie di un artista e altri scritti, cit.,
p. 97).
6. Marcello Conati (a cura di), Interviste e incontri con Verdi, Edizioni il
formichiere, Milano 1980, p. 168.
7. Gounod, Mémoires d’un artiste, cit. (Memorie di un artista e altri scritti, cit.,
pp. 135-136).
8. Ibid., pp. 158-159.
9. Claude Debussy, Lettres 1884-1918, a cura di François Lesure, Hermann
éditeurs des sciences et des arts, Paris 1980 (Claude Debussy. I bemolli sono blu.
Lettere 1884-1918, trad. it di Marina Premoli, Rosellina Archinto, Milano 1990, p.
8).
10. Mosco Carner, Puccini, Gerald Duckworth & Co., London 1958, poi
Duckworth 1992³, p. 29.
11. Gounod, Mémoires d’un artiste, cit. (Memorie di un artista e altri scritti, cit.,
p. 492).
12. Luigi Rognoni, Gioacchino Rossini, ERI, Torino 1968, pp. 389-390.
13. Raffaello De Rensis, Arrigo Boito, G.C. Sansoni, Firenze 1942, p. 139.
14. Gounod, Mémoires d’un artiste, cit. (Memorie di un artista e altri scritti, cit.,
p. 478).
15. Ibid., p. 479.
16. Ibid., p. 483.
17. Ibid., p. 488.
18. Mario Bortolotto, Dopo una battaglia. Origini francesi del Novecento
musicale, Adelphi, Milano 1992, p. 19.
19. Debussy, Lettres 1884-1918, cit. (Claude Debussy. I bemolli sono blu, cit., p.
27).
20. Richard Strauss, Betrachtungen und Erinnerungen, Atlantis Musikbuch-
Verlag, Zürich 1949 (Note di passaggio. Riflessioni e ricordi, a cura di Sergio
Sablich, trad. it. di Laura Dallapiccola, EDT, Torino 1991, p. 167).
21. Alexandra Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, Oxford University Press,
New York 1990 (Čajkovskij. Un autoritratto, trad. it. di Maria Rosaria Boccuni,
EDT, Torino 1993, p. 155).
22. Igor Stravinskij, Robert Craft, Memories and Commentaries, Faber and
Faber, London 2002 (Ricordi e commenti, trad. it. di Franco Salvatorelli, Adelphi,
Milano 2008, p. 368).
23. Camille Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, Société d’édition artistique, Paris
s.d. [1900] (Musical Memories, trad. ingl. di Edwin Gile Rich Small, Maynard &
Co., Boston 1919, poi Musical Memories, Da Capo Press, New York 1969, p. 109).
24. Paul de Stoecklin, Grieg, Librairie Félix Alcan, Paris 1926, p. 73.
25. Norman Gilliland, Scores to Settle, NEMO Productions, Madison (WI) 2009, p.
63.
JOHANNES BRAHMS
1. Claude Rostand, Johannes Brahms, Fayard, Paris 1978 (Brahms, trad. it. di
Paolo Donati, Rusconi, Milano 1986, pp. 629-630).
2. Jean-Michel Nectoux, Gabriel Fauré. Les voix du clair-obscur, Flammarion,
Paris 1990 (Fauré. Le voci del chiaroscuro, trad. it. di Raoul Meloncelli e Sergio
Bestente, EDT, Torino 2004, p. 140).
3. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Lettere, a cura di
Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1998, p. 47).
4. Alexandra Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, Oxford University Press, New
York 1990 (Čajkovskij. Un autoritratto, trad. it. di Maria Rosaria Boccuni, EDT,
Torino 1993, p. 84).
5. Ibid., p. 96.
6. Ibid., pp. 193-194.
7. Ibid., p. 288.
8. Ibid., p. 326.
9. Ibid., p. 344.
10. Nicolas Slonimsky, Lexicon of Musical Invective, W.W. Norton & Company,
New York e London 2000³, p. 73.
11. Francesco Bussi, Brahms dopo Brahms, Libreria Musicale Italiana, Lucca
2009, p. 113.
12. Ivi.
13. Ibid., p. 114.
14. Piero Rattalino, Liszt, o il giardino di Armida, EDT, Torino 1993, p. 85.
15. Sergio Martinotti, Anton Bruckner, Guanda, Parma 1973; poi Anton
Bruckner, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1990, p. 40.
16. Alberto Fassone, Anton Bruckner. La personalità e l’opera, LIM, Lucca 2005,
p. 200.
17. Ibid., p. 153.
18. Martinotti, Anton Bruckner, cit., p. 40.
19. Fassone, Anton Bruckner, cit., p. 213.
20. Richard Strauss, Betrachtungen und Erinnerungen, Atlantis Musikbuch-
Verlag, Zürich 1949 (Note di passaggio. Riflessioni e ricordi, a cura di Sergio
Sablich, trad. it. di Laura Dallapiccola, EDT, Torino 1991, pp. 29-30).
21. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Scritti e Interviste, a
cura di Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1995, pp. 27-28).
22. Ibid., p. 165.
23. Manuel de Falla, Escritos sobre música y músicos, Espasa-Calpe, Madrid
1950; Scritti sulla musica e i musicisti, trad. it. di Paolo Pinamonti, Ricordi-
Mucchi, Milano 1993, p. 136.
24. Martinotti, Anton Bruckner, cit., p. 41.
25. Johannes Brahms, Briefe, a cura di Hans Gal, Fischer Taschenbuch Verlag,
Frankfurt a.M. 1979 (Lettere, trad. it. di Laura Dallapiccola, Discanto Edizioni,
Fiesole 1985, p. 48, Lettera a Clara Schumann, del 28 marzo 1870).
26. Giorgio Pestelli, Canti del destino, Einaudi, Torino 2000, p. 19.
27. Fassone, Anton Bruckner, cit., p. 201.
28. Mario Bortolotto, Wagner l’oscuro, Adelphi, Milano 2003, p. 54.
29. Cosima Wagner, Die Tagebücher (2 voll.: 1869-1876, 1877-1883), Zenodot
Verlagsgesellschaft [CreateSpace Independent Publishing Platform (8 aprile
2015)], cit. in Alessandro Taverna, Alfabeto critico, in «Classic Voice Opera» n. 63,
pp. 61-63.
30. Amedeo Poggi e Edgar Vallora, Brahms. Signori, il catalogo è questo!,
Einaudi, Torino 1997, p. 232.
CAMILLE SAINT-SAËNS
1. Camille Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, Société d’édition artistique, Paris
s.d. [1900] (Musical Memories, trad. ingl. di Edwin Gile Rich Small, Maynard &
Co., Boston 1919, poi Musical Memories, Da Capo Press, New York 1969, pp. 107-
108).
2. Cit. in Raoul Meloncelli (a cura di), Franz Liszt. Divagazioni di un musicista
romantico, Salerno Editrice, Roma 1979, p. 29.
3. Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, cit. (Musical Memories, cit., pp. 141-142).
4. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Scritti e Interviste, a
cura di Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1995, p. 56).
5. Camille Saint-Saëns, L’illusion wagnérienne, in Portraits et souvenirs, cit., pp.
206-210; rist. in On Music and Musicians, Oxford University Press, Oxford 2008,
p. 113.
6. Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, cit. (Musical Memories, cit., p. 226).
7. Camille Saint-Saëns, Harmonie et mélodie, Calmann-Lévy, Paris 1885, p. 196.
8. Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, cit. (Musical Memories, cit., pp. 122-123).
9. Vasilij Vasil’evič Jastrebcev (a cura di), Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov:
vospomonanija, Gosudarstvennoe muzykal’noe izdatel’stvo, Leningrad 1959-1960
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, trad. ing. di Florence Jonas, Columbia
University Press, New York 1985, p. 409).
10. Claude Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, Gallimard, Paris 1971 (Il
signor Croche antidilettante, trad. it. di Valerio Magrelli, Studio Tesi, Pordenone
1986, p. 16).
11. Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, cit., p. 57.
12. Nicolas Slonimsky, Lexicon of Musical Invective, W.W. Norton & Company,
New York e London 2000³, p. 102.
13. Giovanni Gavazzeni, Camille Saint-Saëns, nota biografica, programma di
sala Samson et Dalila, Teatro Comunale di Bologna, Pendragon, Bologna 2008, p.
124.
14. Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, cit. (Musical Memories, cit., pp. 141-142).
15. Mario Bortolotto, Dopo una battaglia. Origini francesi del Novecento
musicale, Adelphi, Milano 1992, p. 26.
16. Ibid., p. 75.
17. Erik Satie, Quaderni di un mammifero, a cura di Ornella Volta, Adelphi,
Milano 1980, pp. 69-70.
18. Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, cit. (Musical Memories, cit., pp. 254-
255).
19. Ibid., pp. 260-261.
20. Ibid., p. 211.
21. Ibid., p. 215.
22. Pierre Chalmin, Dictionnaire des injures littéraires, Le Livre de Poche, Paris
2012, p. 487.
23. Jean-Michel Nectoux, Gabriel Fauré. Les voix du clair-obscur, Flammarion,
Paris 1990 (Fauré. Le voci del chiaroscuro, trad. it. di Raoul Meloncelli e Sergio
Bestente, EDT, Torino 2004, p. 239).
24. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Lettere, a cura di
Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1998, p. 61).
25. Alexandra Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, Oxford University Press,
New York 1990 (Čajkovskij. Un autoritratto, trad. it. di Maria Rosaria Boccuni,
EDT, Torino 1993, p. 166).
26. Jastrebcev, Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov: vospomonanija, cit.
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, cit., p. 295).
27. Saint-Saëns, Portraits et Souvenirs, cit. (Musical Memories, cit., p. 72).
28. Roman Vlad, testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio
Musicale Fiorentino, Firenze, Teatro Comunale, 28 gennaio 1977.
29. Mario Bortolotto, Est dell’Oriente. Nascita e splendore della musica russa,
Adelphi, Milano 1999, p. 117.
30. Alfredo Casella, I segreti della giara, Sansoni, Firenze, 1941, pp. 148-149.
GIACOMO PUCCINI
1. Guido Marotti, Ferruccio Pagni, Giacomo Puccini intimo (nei ricordi di due
amici), Vallecchi, Firenze 1926, rist. in «Quaderni pucciniani», Istituto di Studi
pucciniani, Milano 2007, pp. 61-62.
2. Luca Logi, Epilogo su Cori, in «archivarius2», 22 dicembre 2017.
3. Marotti, Pagni, Giacomo Puccini intimo, cit., p. 105.
4. Ibid., pp. 170-173.
5. Oriano De Ranieri, Mauro Lubrani, Giacomo Puccini: luoghi e sentimenti,
Edizioni Polistampa, Firenze 2004, p. 67.
6. Gherardo Ghirardini, Invito all’ascolto di Mascagni, Mursia, Milano 1988, p.
96.
7. Giuseppe Verdi, Autobiografia dalle lettere, a cura di Carlo Graziani,
Mondadori, Milano 1941, p. 416.
8. Mosco Carner, Puccini, Gerald Duckworth & Co., London 1958, poi Duckworth
1992³, pp. 31-32.
9. Giacomo Puccini, Lettere a Riccardo Schnabl, a cura di Simonetta Puccini,
Emme Edizioni, Milano 1981, pp. 136-137.
10. Carlo Gatti, Catalani. La vita e le opere, Garzanti, Milano 1953, pp. 225-226.
11. Carner, Puccini, cit., p. 30.
12. Gatti, Catalani. La vita e le opere, cit., p. 224.
13. Ghirardini, Invito all’ascolto di Mascagni, cit., p. 74.
14. Puccini, Lettere a Riccardo Schnabl, cit., p. 169.
15. Marotti, Pagni, Giacomo Puccini intimo, cit., p. 163.
16. Ibid., p. 206.
17. Giacomo Puccini, Epistolario, a cura di Giuseppe Adami, Mondadori, Milano
1928, p. 58.
18. Marotti, Pagni, Giacomo Puccini intimo, cit., p. 153.
19. Carner, Puccini, cit., p. 186.
20. Julian Budden, Puccini. His Life and Works, Oxford University Press, Oxford
2002 (Puccini, trad. it. di Gabriella Biagi Ravenni, Carocci, Roma 2005, p. 314).
21. Puccini, Lettere a Riccardo Schnabl, cit., p. 104.
22. Carner, Puccini, cit., p. 186.
23. Carlo Vitali, Salame e Salome, in «Classic Voice», n. 197, ottobre 2015, pp.
48-49.
24. Ivi.
25. Carner, Puccini, cit., p. 186.
26. Alma Mahler-Werfel, Mein Leben, S. Fischer Verlage, Frankfurt a.M. 1960
(Autobiografia, trad. it. di Ludovico Bianchi, Editori Riuniti, Roma 1985, p. 69).
27. Ibid., p. 316.
GUSTAV MAHLER
1. Cit. in Elisabetta Fava, Paesaggi dell’anima. I Lieder di Hugo Wolf, Edizioni
dell’Orso, Alessandria 2000, p. 46.
2. Vasilij Vasil’evič Jastrebcev (a cura di), Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov:
vospomonanija, Gosudarstvennoe muzykal’noe izdatel’stvo, Leningrad 1959-1960
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, trad. ing. di Florence Jonas, Columbia
University Press, New York 1985, p. 350).
3. Sheila E. Anderson, The Little Book of Musician’s Wisdom, Skyhorse
Publishing, New York, 2012, p. 21.
4. Max Kalbeck, Johannes Brahms, Deutsche Brahms Gesellschaft, Berlin 1913,
vol. III, p. 411; cit. in Fava, Paesaggi dell’anima. I Lieder di Hugo Wolf, cit., p. 97.
5. Hans A. Neunzig, Johannes Brahms in Selbstzeugnissen und Bilddokumenten,
Rowohlt, Reinbeck bei Hamburg 1973 (Johannes Brahms, trad. it. di Nino Muzzi e
Angelika Storm, Discanto edizioni, Fiesole 1981, p. 83).
6. Cit. in Fava, Paesaggi dell’anima. I Lieder di Hugo Wolf, cit., p. 96.
7. Cit. in ibid., p. 205.
8. Alec Robertson, Dvořák, Farrar, Straus & Cudahy, New York 1943, poi in
Collier Books, New York 1962, p. 49.
9. Quirino Principe, Mahler. La musica tra Eros e Thanatos, Bompiani, Milano
2002, pp. 569-570.
10. Alma Mahler-Werfel, Mein Leben, S. Fischer Verlage, Frankfurt a.M. 1960
(Autobiografia, trad. it. di Ludovico Bianchi, Editori Riuniti, Roma 1985, p. 44).
11. Henry-Louis de La Grange, Gustav Mahler, Librairie Arthème Fayard, Paris
2007 (Gustav Mahler. La vita, le opere, trad. it. di Maurizio Disoteo, EDT, Torino
2011, p. 129).
12. Sergio Martinotti, Anton Bruckner, EDT, Torino 2003, p. 138.
13. La Grange, Gustav Mahler, cit. (Gustav Mahler. La vita, le opere, cit., p. 155).
14. Ibid., p. 171.
15. Ibid., p. 251.
16. Principe, Mahler. La musica tra Eros e Thanatos, cit., p. 701.
17. La Grange, Gustav Mahler, cit. (Gustav Mahler. La vita, le opere, cit., p. 184).
18. Daniele Martino, Nani freudiani e pagliacci nani, in «Giornale della musica»,
29 maggio 2001.
19. Mahler-Werfel, Mein Leben, cit. (Autobiografia, cit., p. 35).
20. Mario Bortolotto, Consacrazione della casa, Adelphi, Milano 1982, p. 177.
21. La Grange, Gustav Mahler, cit. (Gustav Mahler. La vita, le opere, cit., p. 120).
22. Mahler-Werfel, Mein Leben, cit. (Autobiografia, cit., p. 44).
23. La Grange, Gustav Mahler, cit. (Gustav Mahler. La vita, le opere, cit., p. 271).
24. Ibid., p. 331.
RICHARD STRAUSS
1. Fiamma Nicolodi, Musica e musicisti nel ventennio fascista,
Libreriauniversitaria.it, Limena - PD 1984, p. 376.
2. Ibid., p. 427.
3. Ibid., pp. 439-440.
4. Ibid., pp. 348-349.
5. Ibid., pp. 141-143.
6. Ibid., p. 149.
7. Dalla fine del secondo conflitto mondiale a oggi quasi innumerevoli sono i
saggi critici, gli studi storici, le interpretazioni sociologiche e i resoconti analitici
stesi sulla questione del filonazismo di Strauss: portando naturalmente ciascuno di
essi a conclusioni diverse, quando non radicalmente opposte. Quella che segue è
una succinta bibliografia di riferimento: Hans Michael Kater, The Twisted Muse:
Musicians and their Music in the Third Reich, Oxford University Press, Oxford
1997; Hans Michael Kater, Composers of the Nazi Era: Eight Portraits, Oxford
University Press, Oxford 2000; Erik Levi, Music in the Third Reich, St. Martin’s
Press, New York 1994; Charles McClelland, Steven Scher, Postwar German
Culture, E.P. Dutton & Co, New York 1974; Robert P. Morgan, Twentieth-Century
Music, W.W. Norton & Company, New York 1991; Pamela Potter, Most German of
the Arts, Yale University Press, New Haven 1998; Brandon Taylor, Wilfried van der
Will, The Nazification of Art, The Winchester Press, Winchester (Ontario) 1990;
M.H. Kater, Albrecht Riethmüller (a cura di), Music and Nazism: Art under
Tyranny, 1933-1945, Laaber Verlag, Bremen 2003; Michael Meyer, The Politics of
Music in the Third Reich, Peter Lang, New York 1993; Peter Peterson (a cura di),
Zündende Lieder - Verbrannte Musik: Folgen des Nazifaschismus für Hamburger
Musiker und Musikerinnen, VSA-Verlag, Hamburg 1995; Fred K. Prieberg, Musik
im NS-Staat, Fischer, Frankfurt 1982.
8. Henry-Louis de La Grange, Gustav Mahler, Librairie Arthème Fayard, Paris
2007 (Gustav Mahler. La vita, le opere, trad. it. di Maurizio Disoteo, EDT, Torino
2011, p. 236).
9. Quirino Principe, Mahler. La musica tra Eros e Thanatos, Bompiani, Milano
2002, p. 697.
10. La Grange, Gustav Mahler, cit. (Gustav Mahler. La vita, le opere, cit., p. 87).
11. Ibid., p. 245.
12. Mario Bortolotto, Corrispondenze, Adelphi, Milano 2010, p. 130.
13. Hector Berlioz, Memorie, a cura di Olga Visentini, Edizioni Studio Tesi,
Pordenone 1989, pp. 113-114.
14. Ibid., p. 126.
15. Edvard Grieg, Diaries, Articles, Speech, trad. ing. di Finn Benestad e William
H. Halverson, Peer Gynt Press, Columbus (Ohio) 2001, p. 391.
16. Claude Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, Gallimard, Paris 1971 (Il
signor Croche antidilettante, trad. it. di Valerio Magrelli, Studio Tesi, Pordenone
1986, p. 46).
17. Ibid., p. 81.
18. Claude Debussy, Lettres 1884-1918, a cura di François Lesure, Hermann
éditeurs des sciences et des arts, Paris 1980 (Claude Debussy. I bemolli sono blu.
Lettere 1884-1918, trad. it di Marina Premoli, Rosellina Archinto, Milano 1990, p.
75).
19. Edward Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, Cambridge University
Press, London 1983 (Debussy, trad. it. di Domenico de’ Paoli, Rusconi, Milano
1983, pp. 357, 359).
20. Ibid., p. 124.
21. Stephen Walsh, Debussy. A Painter in Sound, Alfred A. Knopf, New York
2018 (Claude Debussy. Il pittore dei suoni, trad. it. di Marco Bertoli, EDT, Torino
2019, p. 187).
22. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 368).
23. Walsh, Debussy. A Painter in Sound, cit. (Claude Debussy. Il pittore dei
suoni, cit., p. 265).
24. André Gide, Journal (1889-1939), Gallimard, Paris 1951, pp. 245-246.
25. Flavio Testi, La Parigi musicale del primo Novecento Cronache e Documenti,
EDT, Torino 2003, p. 132.
26. Vasilij Vasil’evič Jastrebcev (a cura di), Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov:
vospomonanija, Gosudarstvennoe muzykal’noe izdatel’stvo, Leningrad 1959-1960
(Reminiscences of Rimsky-Korsakov, trad. ing. di Florence Jonas, Columbia
University Press, New York 1985, p. 410).
27. Ibid., p. 350.
28. Ibid., p. 422.
29. Ibid., p. 375.
30. Ibid., p. 382.
31. Ibid., p. 148.
32. Ibid., p. 209.
33. Ibid., p. 303.
34. Ibid., p. 200.
35. Bortolotto, Corrispondenze, cit., p. 463.
36. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 465).
37. Cit. in Caryl Brahms, Gilbert and Sullivan: Lost Chords and Discords,
Weidenfeld & Nicolson, London 1975.
38. Benjamin Britten, Letters from a Life: The Selected Letters of Benjamin
Britten 1913-1976, volume one, a cura di Donald Mitchell, Philip Reed e Mervyn
Cooke, Faber and Faber, London 2004, p. 456.
39. Harlow Robinson, Sergei Prokofiev. A Biography, Viking, New York 1987, p.
55.
40. Mosco Carner, Puccini, Gerald Duckworth & Co., London 1958, poi
Duckworth 1992³, p. 42.
41. Alberto Fassone, Anton Bruckner. La personalità e l’opera, LIM, Lucca 2005,
p. 212.
42. Richard Strauss, Betrachtungen und Erinnerungen, Atlantis Musikbuch-
Verlag, Zürich 1949 (Note di passaggio. Riflessioni e ricordi, a cura di Sergio
Sablich, trad. it. di Laura Dallapiccola, EDT, Torino 1991, pp. 38-39).
43. Ibid., p. 124.
CLAUDE DEBUSSY
1. Edward Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, Cambridge University
Press, London 1983 (Debussy, trad. it. di Domenico de’ Paoli, Rusconi, Milano
1983, pp. 21-22).
2. Ibid., p. 40.
3. Paolo Repetto, Il sogno di Pan, il melangolo, Genova 2000, pp. 10-11.
4. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 172).
5. Ibid., p. 40.
6. Repetto, Il sogno di Pan, cit., pp. 10-11.
7. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 48).
8. Repetto, Il sogno di Pan, cit., pp. 10-11.
9. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 63).
10. François Lesure, Guy Cogeval (a cura di), Debussy e il Simbolismo, Palombi
Editori, Roma 1984, p. 27.
11. Repetto, Il sogno di Pan, cit., p. 11.
12. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 145).
13. Claude Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, Gallimard, Paris 1987², p.
150.
14. Claude Debussy, Lettre ouverte à Monsieur le Chevalier C.W. Gluck, in «Gil
Blas», 2 febbraio 1903, poi in Monsieur Croche et autres écrits, Gallimard, Paris
1971 (Il signor Croche antidilettante, trad. it. di Valerio Magrelli, Studio Tesi,
Pordenone 1986, pp. 130-132). «Gil Blas»: quotidiano francese fondato nel 1879 da
Auguste Dumont che terminò le pubblicazioni nel 1914 e al quale collaborarono,
tra gli altri, Guy de Maupassant, Catulle Mendès ed Émile Zola.
15. Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, cit. (Il signor Croche
antidilettante, cit., p. 66).
16. Claude Debussy, Lettres 1884-1918, a cura di François Lesure, Hermann
éditeurs des sciences et des arts, Paris 1980 (Claude Debussy. I bemolli sono blu.
Lettere 1884-1918, trad. it di Marina Premoli, Rosellina Archinto, Milano 1990, p.
114).
17. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 540).
18. Ibid., p. 515.
19. Debussy, Lettres 1884-1918, cit. (Claude Debussy. I bemolli sono blu. Lettere
1884-1918, cit., p. 139).
20. Repetto, Il sogno di Pan, cit., p. 41.
21. Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, cit. (Il signor Croche
antidilettante, cit., p. 4).
22. Debussy, Lettres 1884-1918, cit. (Claude Debussy. I bemolli sono blu. Lettere
1884-1918, cit., p. 93).
23. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., pp. 333-334).
24. Debussy, Lettres 1884-1918, cit. (Claude Debussy. I bemolli sono blu. Lettere
1884-1918, cit., p. 30).
25. Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, cit. (Il signor Croche
antidilettante, cit., p. 87).
26. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 123).
27. Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, cit. (Il signor Croche
antidilettante, cit., p. 107).
28. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 332).
29. Debussy, Lettres 1884-1918, cit. (Claude Debussy. I bemolli sono blu. Lettere
1884-1918, cit., p. 90).
30. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 583).
31. Cit. in Manuel de Falla, Escritos sobre música y músicos, Espasa-Calpe,
Madrid 1950 (Scritti sulla musica e i musicisti, trad. it. di Paolo Pinamonti,
Ricordi-Mucchi, Milano 1993, p. 90).
32. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 583).
33. Ibid., p. 411.
34. Debussy, Lettres 1884-1918, cit. (Claude Debussy. I bemolli sono blu. Lettere
1884-1918, cit., p. 191).
35. Ibid., p. 27.
36. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., pp. 210-211).
37. Ibid., p. 539.
38. Debussy, Lettres 1884-1918, cit. (Claude Debussy. I bemolli sono blu. Lettere
1884-1918, cit., p. 27).
39. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 211).
40. Debussy, Lettres 1884-1918, cit. (Claude Debussy. I bemolli sono blu. Lettere
1884-1918, cit., pp. 74 e 79).
41. Alexandra Orlova, Tchaikovsky. A Self-Portrait, Oxford University Press,
New York 1990 (Čajkovskij. Un autoritratto, trad. it. di Maria Rosaria Boccuni,
EDT, Torino 1993, p. 212).
42. Igor Stravinsky, Robert Craft, Memories and Commentaries, Faber and
Faber, London 2002 (Ricordi e commenti, trad. it. di Franco Salvatorelli, Adelphi,
Milano 2008, p. 207).
43. Ernest Ansermet, Scritti sulla musica, raccolti da Jean-Claude Piguet, ed. ital.
a cura di Guido Cavallera, Edizioni Curci, Milano 1983, p. 52.
44. Stravinskij, Craft, Memories and Commentaries, cit. (Ricordi e commenti,
cit., p. 138).
45. Debussy, Lettres 1884-1918, cit. (Claude Debussy. I bemolli sono blu. Lettere
1884-1918, cit., p. 199).
46. Stravinskij, Craft, Memories and Commentaries, cit. (Ricordi e commenti,
cit., p. 209).
47. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, cit. (Debussy, cit., p. 468).
48. Mikhail Druskin, Igor’ Stravinskij - Lichnost’, tvorchestvo, vzglyady,
Gosizdat, Moskva 1979 (trad. ingl. di Martin Cooper, Igor Stravinsky - His
Personality, Works and Views, Cambridge University Press, Cambridge 1983, p.
115).
MAURICE RAVEL
1. Edward Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind, Cambridge University
Press, London 1983 (Debussy, trad. it. di Domenico de’ Paoli, Rusconi, Milano
1983, p. 301).
2. Claude Debussy, Lettres 1884-1918, a cura di François Lesure, Hermann
éditeurs des sciences et des arts, Paris 1980 (Claude Debussy. I bemolli sono blu.
Lettere 1884-1918, trad. it di Marina Premoli, Rosellina Archinto, Milano 1990, p.
118).
3. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Lettere, a cura di
Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1998, p. 157).
4. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind (Debussy, cit., p. 299).
5. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Scritti e Interviste, a
cura di Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1995, p. 96).
6. Michele Girardi, Composizioni vocali e strumentali di Alban Berg, in Aa.Vv.,
Alban Berg, a cura di Claudio Del Monte e Vincenzo Raffaele Segreto, Grafiche
Step Editrice, Parma 1989, p. 374n.
7. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel. Lettere,
cit., p. 5).
8. Ibid., p. 91.
9. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel. Scritti e
Interviste, cit., p. 24).
10. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel. Lettere,
cit., p. 157).
11. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel. Scritti e
Interviste, cit., p. 28).
12. Ibid., p. 142.
13. Alma Mahler-Werfel, Mein Leben, S. Fischer Verlage, Frankfurt a.M. 1960
(Autobiografia, trad. it. di Ludovico Bianchi, Editori Riuniti, Roma 1985, p. 128).
14. Jean Echenoz, Ravel, Les Éditions de Minuit, Paris, 2006 (Ravel, trad. it. di
Giorgio Pinotti, Adelphi, Milano 2006).
15. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel. Scritti e
Interviste, cit., p. 37).
16. Ibid., p. 43.
17. Ibid., p. 106.
18. Cit. in Raoul Meloncelli (a cura di), Franz Liszt. Divagazioni di un musicista
romantico, Salerno Editrice, Roma 1979, p. 34.
19. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel. Scritti e
Interviste, cit., p. 18).
20. Ibid. p. 35.
21. Ibid., p. 55.
22. Ibid., p. 106.
23. Ibid., p. 168.
24. Lockspeiser, Debussy. His Life and Mind (Debussy, cit., p. 356).
25. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel. Scritti e
Interviste, cit., p. 154).
26. Ibid., p. 157.
27. Ravel, A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel.
Lettere, cit., p. XV).
28. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel. Scritti e
Interviste, cit., p. 52).
29. Giacomo Puccini, Lettere a Riccardo Schnabl, a cura di Simonetta Puccini,
Emme Edizioni, Milano 1981, p. 100.
30. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel. Scritti e
Interviste, cit., p. 53).
31. Ibid., p. 107.
32. Harlow Robinson, Sergei Prokofiev. A Biography, Viking, New York 1987, p.
187.
33. Ibid., p. 93.
34. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, cit. (Ravel. Scritti e
Interviste, cit., p. 86).
35. Ibid., p. 145.
ARNOLD SCHOENBERG
1. Arnold Schoenberg, Style and Idea, Philosophical Library, New York, N.Y.
1950, p. 221.
2. Henry-Louis de La Grange, Gustav Mahler, Librairie Arthème Fayard, Paris
2007 (Gustav Mahler. La vita, le opere, trad. it. di Maurizio Disoteo, EDT, Torino
2011, p. 273).
3. Arnold Schönberg, Briefe, Schott’s Söhne, Mainz 1958 (Lettere, trad. it. di
Liborio Mario Rubino, La Nuova Italia, Firenze 1969, p. 13).
4. Gian Paolo Minardi, La scuola di Vienna, in Aa.Vv., Alban Berg, a cura di
Claudio Del Monte e Vincenzo Raffaele Segreto, Grafiche Step Editrice, Parma
1989, p. 226.
5. Michele Girardi, Composizioni vocali e strumentali di Alban Berg, in Alban
Berg, cit., p. 282.
6. Ibid., p. 305.
7. Hanns Eisler, Fragen Sie mehr über Brecht, Verlag Rogner & Bernhard,
München 1970 (Eisler con Brecht, intervista di Hans Bunge, trad. it. di Luca
Lombardi, Editori Riuniti, Roma 1987, p. 187).
8. Ibid., p. 196.
9. Ibid., p. 194.
10. Ibid. p. 192.
11. Schoenberg, Briefe, cit. (Lettere, cit., pp. 126-127).
12. Ibid., p. 129.
13. Alma Mahler-Werfel, Mein Leben, S. Fischer Verlage, Frankfurt a.M. 1960
(Autobiografia, trad. it. di Ludovico Bianchi, Editori Riuniti, Roma 1985, p. 133).
14. Ildebrando Pizzetti, Intermezzi critici, Di Arnold Schönberg e di altre cose,
Vallecchi, Firenze 1915.
15. Guido Marotti, Ferruccio Pagni, Giacomo Puccini intimo (nei ricordi di due
amici), Vallecchi, Firenze 1926, rist. in «Quaderni pucciniani», Istituto di Studi
pucciniani, Milano 2007, p. 166.
16. Mosco Carner, Puccini, Gerald Duckworth & Co., London 1958, poi
Duckworth 1992³, p. 187.
17. Anton Webern, Briefe an Heinrich Jalowetz, a cura di Ernst Lichtenhahn,
Schott, Mainz 1999, p. 125.
18. Anna Maria Morazzoni, Berg e l’Italia, in Alban Berg, cit., p. 526.
19. Ibid., pp. 539-540n.
20. Cit. in Mario Bortolotto, Elettrico Casella, in «la Repubblica», 14 marzo 1998.
21. Arnold Schoenberg, Stile herrschen, Gedanken siegen. Ausgewälte Schriften,
a cura di Anna Maria Morazzoni, Schott, Mainz 2007, p. 537.
22. Schoenberg, Briefe, cit. (Lettere, cit., p. 40).
23. Ibid., p. 45.
24. Ivi.
25. Arnold Schoenberg, Style and Idea, a cura di Leonard Stein, Faber and Faber,
London 1975, p. 315.
26. Claude Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, Gallimard, Paris 1971 (Il
signor Croche antidilettante, trad. it. di Valerio Magrelli, Studio Tesi, Pordenone
1986, p. 72).
27. Schoenberg, Style and Idea, cit., p. 444.
28. Ibid., p. 351.
29. Harlow Robinson, Sergei Prokofiev. A Biography, Viking, New York 1987, p.
190.
30. Schoenberg, Stile herrschen, Gedanken siegen. Ausgewälte Schriften, cit., p.
531.
31. Benjamin Britten, Letters from a Life: The Selected Letters of Benjamin
Britten 1913-1976, volume one, a cura di Donald Mitchell, Philip Reed e Mervyn
Cooke, Faber and Faber, London 2004, p. 153.
32. Ibid., p. 128.
33. Arnold Schoenberg, Premessa alla partitura del “Pierrot lunaire”, Universal
Edition, Wien 1914, p. 5.
34. Igor Stravinsky, Robert Craft, Memories and Commentaries, Faber and
Faber, London 2002 (Ricordi e commenti, trad. it. di Franco Salvatorelli, Adelphi,
Milano 2008, p. 306).
35. Ibid., p. 301.
36. Arnold Schoenberg, Testi poetici e drammatici, a cura di Luigi Rognoni, trad.
it. di Emilio Castellani, Feltrinelli, Milano 1967, p. 72.
IGOR’ STRAVINSKIJ
1. Igor Stravinsky, Robert Craft, Memories and Commentaries, Faber and Faber,
London 2002 (Ricordi e commenti, trad. it. di Franco Salvatorelli, Adelphi, Milano
2008, pp. 374-78).
2. Massimo Mila, Compagno Strawinsky, Einaudi, Torino 1983, p. 187.
3. Stravinskij, Craft, Memories and Commentaries, cit. (Ricordi e commenti, cit.,
p. 100.
4. Ibid., p. 104.
5. Ibid., p. 238.
6. Ibid., p. 369.
7. Igor Stravinsky, Chroniques de ma vie, Denoël, Paris 1962 (Cronache della
mia vita, trad. it. di Alberto Mantelli, SE, Milano 1999, p. 46).
8. Florian Illies, 1913. Was ich unbedingt noch erzählen wollte, S. Fischer
Verlage, Frankfurt a.M. 2018 (1913. Un’altra storia, trad. it. e cura di Marina
Pugliano e Valentina Tortelli, Marsilio, Venezia 2019, p. 101).
9. Modris Ekstein, Rites of Spring: The Great War and the Birth of the Modern
Age, Bantam Press, London 1989 (Le Sacre du printemps: la Grande Guerre et la
naissance de la Modernité, trad. fr. di Martine Leroy-Battistelli, Plon, Paris 1991,
p. 33).
10. Giacomo Puccini, Epistolario, a cura di Giuseppe Adami, Mondadori, Milano
1928, p. 239.
11. Stravinskij, Craft, Memories and Commentaries, cit. (Ricordi e commenti,
cit., p. 367).
12. Ibid., pp. 371-372.
13. Mario Bortolotto, Corrispondenze, Adelphi, Milano 2010, p. 474.
14. Benjamin Britten, Letters from a Life: The Selected Letters of Benjamin
Britten 1913-1976, volume three, a cura di Donald Mitchell, Philip Reed e Mervyn
Cooke, Faber and Faber, London 2004, p. 675.
15. Mario Bortolotto, Est dell’Oriente. Nascita e splendore della musica russa,
Adelphi, Milano 1999, p. 422.
16. Ibid., p. 434.
17. Stravinskij, Craft, Memories and Commentaries, cit. (Ricordi e commenti,
cit., p. 309).
18. Britten, Letters from a Life: The Selected Letters of Benjamin Britten 1913-
1976, cit., volume one, p. 206.
19. Strawinsky, Chroniques de ma vie, cit. (Cronache della mia vita, cit., p. 20).
20. Mila, Compagno Strawinsky, cit., p. 188.
21. Conversations with Igor Stravinsky. Memories and Commentaries
Expositions and Developments, Faber and Faber and Doubleday, London 1958
(Igor’ Stravinsky, Robert Craft, Colloqui con Stravinsky, trad. it. di Luigi Bonino
Savarino, Einaudi, Torino 1977, p. 41).
22. Stravinskij, Craft, Memories and Commentaries, cit. (Ricordi e commenti,
cit., p. 63).
23. André Boucourechliev, Igor Stravinsky, Librairie Arthème Fayard, Paris 1982
(Stravinsky, trad. it. di Lorenzo Pellizzari, Rusconi, Milano 1984, p. 12).
24. Bortolotto, Est dell’Oriente, cit., p. 480.
25. Conversations with Igor Stravinsky. Memories and Commentaries
Expositions and Developments, cit. (Stravinsky, Craft, Colloqui con Stravinsky,
cit., p. 279).
26. Stravinskij, Craft, Memories and Commentaries, cit. (Ricordi e commenti,
cit., p. 114).
27. Ibid., p. 280.
28. Conversations with Igor Stravinsky. Memories and Commentaries
Expositions and Developments, cit. (Stravinsky, Craft, Colloqui con Stravinsky,
cit., p. 286).
29. Richard Taruskin, Stravinsky and the Russian Traditions: A Biography of
the Works through Mavra, University of California Press, Berkeley and Los
Angeles 1996, p. 1514.
30. Harvey Sachs, Stravinsky and Fascism, Norton, New York 1987, p. 168.
31. Robert Craft (a cura di), Stravinsky: Selected Correspondence, Alfred A.
Knopf, New York 1985, pp. 265-266.
32. Joan Evans, Stravinsky’s Music in Hitler’s Germany, University of California
Press, Berkeley and Los Angeles 2003, p. 525.
33. Richard Taruskin e Robert Craft, Jews and Geniuses: An Exchange, in «The
New York Review of Books», 15 giugno 1989.
34. Gian Paolo Minardi, La scuola di Vienna, in Aa.Vv., Alban Berg, a cura di
Claudio Del Monte e Vincenzo Raffaele Segreto, Grafiche Step Editrice, Parma
1989, p. 234.
35. Arnold Schoenberg, Style and Idea, a cura di Leonard Stein, Faber and Faber,
London 1975, p. 482.
36. Bortolotto, Corrispondenze, cit., p. 473.
37. Igor Stravinsky, Robert Craft, Memories and Commentaries, Faber and
Faber, London 2002 (trad. it. di Franco Salvatorelli, Ricordi e Commenti, Adelphi,
Milano 2008, p. 95).
38. A Ravel Reader. Correspondence, Articles, Interviews, a cura di Arbie
Orenstein, Columbia University Press, New York 1990 (Ravel. Scritti e Interviste, a
cura di Enzo Restagno, trad. it. di Paolo Martinaglia, EDT, Torino 1995, p. 146).
39. Ibid., p. 154.
40. Conversations with Igor Stravinsky. Memories and Commentaries
Expositions and Developments, cit. (Stravinsky, Craft, Colloqui con Stravinsky,
cit., pp. 282-283).
Cronologia dei musicisti citati
1300
Guillaume de Machaut
Reims, 1300 - 1377
1500
Gioseffo Zarlino
Chioggia, 1517 - Venezia, 1590
Orlando di Lasso
Mons, 1532 - Monaco di Baviera, 1594
1550
Giovanni Gabrieli
Venezia, 1557 - 1612
Gesualdo da Venosa
Venosa, 1566 - Gesualdo, 1613
Claudio Monteverdi
Cremona, 1567 - Venezia, 1643
1600
Jean-Baptiste Lully
Firenze, 1632 - Parigi, 1687
1650
Arcangelo Corelli
Fusignano, 1653 - Roma, 1713
Henry Purcell
Londra, 1659 - 1695
François Couperin
Parigi, 1668 - 1733
Antonio Vivaldi
Venezia, 1678 - Vienna, 1741
Johann Mattheson
Amburgo, 1681 - 1764
Jean-Philippe Rameau
Digione, 1683 - Parigi, 1764
Domenico Scarlatti
Napoli, 1685 - Madrid, 1757
Francesco Bernardi, “Senesino”
Siena, 1686 - 1758
Nicola Porpora
Napoli, 1686 - 1768
1700
Baldassare Galuppi
Burano, 1706 - Venezia, 1785
Karl Friberth
Wullersdorf, 1736 - Vienna, 1816
Giovanni Paisiello
Taranto, 1740 - Napoli, 1816
Domenico Cimarosa
Aversa, 1749 - Venezia, 1801
1750
Antonio Salieri
Legnago, 1750 - Vienna, 1825
Ferdinand Kauer
Dyjákovičky, 1751 - Vienna, 1831
Muzio Clementi
Roma, 1752 - Evesham, 1832
Johann Schenck
Wiener Neustadt, 1753 - Vienna, 1836
Luigi Cherubini
Firenze, 1760 - Parigi, 1842
Jean-François Le Sueur
Drucat-Plessiel, 1760 - Parigi, 1837
Joseph Eybler
Schwechat, 1765 - Vienna, 1846
Antonín Reicha
Praga, 1770 - Parigi, 1836
Anton Diabelli
Mattsee, 1781 - Vienna, 1858
Daniel Auber
Caen, 1782 - Parigi, 1871
John Field
Dublino, 1782 - Mosca, 1837
Niccolò Paganini
Genova, 1782 - Nizza, 1840
François-Joseph Fétis
Mons, 1784 - Bruxelles, 1871
Louis Spohr
Braunschweig, 1784 - Kassel, 1859
Friedrich Kalkbrenner
Kassel, 1785 - Enghien-les-Bains, 1849
Carl Czerny
Vienna, 1791 - 1857
Giacomo Meyerbeer
Vogelsdorf, 1791 - Parigi, 1864
Gioachino Rossini
Pesaro, 1792 - Parigi, 1868
Ignaz Moscheles
Praga, 1794 - Londra, 1870
Saverio Mercadante
Altamura, 1795 - Napoli, 1870
Giovanni Pacini
Catania, 1796 - Pescia, 1867
Gaetano Donizetti
Bergamo, 1797 - 1848
Franz Schubert
Vienna, 1797 - 1828
Fromental Halévy
Parigi, 1799 - Nizza, 1862
1800
Vincenzo Bellini
Catania, 1801 - Puteaux, 1835
Hector Berlioz
La Côte-Saint-André, 1803 -
Parigi, 1869
Felix Mendelssohn
Amburgo, 1809 - Lipsia, 1847
Fryderyk Chopin
Żelazowa Wola, 1810 - Parigi, 1849
Friedrich Wilhelm Kücken
Bleckede, 1810 - Schwerin, 1882
Otto Nicolai
Königsberg, 1810 - Berlino, 1849
Robert Schumann
Zwickau, 1810 - Bonn, 1849
Franz Liszt
Raiding, 1811 - Bayreuth, 1886
Alexandre Dubuque
Mosca, 1812-1898
Giuseppe Verdi
Busseto, 1813 - Milano, 1901
Richard Wagner
Lipsia, 1813 - Venezia, 1883
Mihály Mosonyi
Boldogasszony, 1815 -
Budapest, 1870
Charles Gounod
Parigi, 1818 - Saint-Cloud, 1893
Michele Novaro
Genova, 1818 - 1885
Jacques Offenbach
Colonia, 1819 - Parigi, 1880
César Franck
Liegi, 1822 - Parigi, 1890
Joachim Raff
Lachen, 1822 - Francoforte, 1882
Édouard Lalo
Lilla, 1823 - Parigi, 1892
Anton Bruckner
Ansfelden, 1824 - Vienna, 1896
Frederick Ouseley
Londra, 1825 - Hereford, 1889
Josef Strauss
Vienna, 1827 - 1870
Anton Rubinštejn
Ofatinți, 1829 - Peterhof, 1894
Aleksandr Borodin
San Pietroburgo, 1833 - 1887
Johannes Brahms
Amburgo, 1833 - Vienna, 1897
Cezar’ Kjui
Vilnius, 1835 - San Pietroburgo, 1918
Camille Saint-Saëns
Parigi, 1835 - Algeri, 1921
Léo Delibes
St. Germain-du-Val, 1836 -
Parigi, 1891
Milij Balakirev
Nižnij Novgorod, 1837 -
San Pietroburgo, 1910
Georges Bizet
Parigi, 1838 - Bougival, 1875
Max Bruch
Colonia, 1838 - Friedenau, 1920
Augusto Migliavacca
Parma, 1838 - 1901
Modest Musorgskij
Karevo, 1839 - San Pietroburgo, 1881
Emmanuel Chabrier
Ambert, 1841 - Parigi, 1894
Antonín Dvořák
Nelahozeves, 1841 - Praga, 1904
Arrigo Boito
Padova, 1842 - Milano, 1918
Jules Massenet
Saint-Étienne, 1842 - Parigi, 1912
Arthur Sullivan
Londra, 1842 - 1900
Edvard Grieg
Bergen, 1843 - 1907
Nikolaj Rimskij-Korsakov
Tichvin, 1844 - Ljubensk, 1908
Gabriel Fauré
Pamiers, 1845 - Parigi, 1924
1850
Vincent d’Indy
Parigi, 1851 - 1931
Alfredo Catalani
Lucca, 1854 - Milano, 1893
Iosif Kotek
Kamenec-Podol’skij, 1855 - Davos, 1885
Edward Elgar
Broadheath, 1857 - Worcester, 1934
Ruggero Leoncavallo
Napoli, 1857 - Montecatini Terme, 1919
Giacomo Puccini
Lucca, 1858 - Bruxelles, 1924
Isaac Albéniz
Camprodon, 1860 -
Cambo-les-Bains, 1909
Gustave Charpentier
Dieuze, 1860 - Parigi, 1956
Gustav Mahler
Kaliště, 1860 - Vienna, 1911
Hugo Wolf
Windischgrätz, 1860 - Vienna, 1903
Claude Debussy
Saint-Germain-en-Laye, 1862 -
Parigi, 1918
Pietro Mascagni
Livorno, 1863 - Roma, 1945
Richard Strauss
Monaco di Baviera, 1864 -
Garmisch-Partenkirchen, 1936
Paul Dukas
Parigi, 1865 - 1935
Aleksandr Glazunov
San Pietroburgo, 1865 -
Neuilly-sur-Seine, 1936
Jean Sibelius
Hämeenlinna, 1865 - Järvenpää, 1957
Ferruccio Busoni
Empoli, 1866 - Berlino, 1924
Erik Satie
Honfleur, 1866 - Paris, 1925
Enrique Granados
Lleida, 1867 - La Manica, 1916
Franz Lehár
Komárom, 1870 - Bad Ischl, 1948
Alexander Zemlinsky
Vienna, 1871 - Larchmont, 1942
Sergej Rachmaninov
Velikij Novgortod, 1873 -
Beverly Hills, 1943
Max Reger
Brand, 1873 - Lipsia, 1916
Charles Ives
Danbury, 1874 - New York, 1954
Arnold Schoenberg
Vienna, 1874 - Los Angeles, 1951
Italo Montemezzi
Vigasio, 1875 - 1952
Maurice Ravel
Ciboure, 1875 - Parigi, 1937
Manuel de Falla
Cadice, 1876 - Alta Gracia, 1946
Raoul Laparra
Bordeaux, 1876 -
Boulogne-Billancourt, 1943
Ottorino Respighi
Bologna, 1879 - Roma, 1936
Ildebrando Pizzetti
Parma, 1880 - Roma, 1968
Béla Bartók
Nagyszentmiklós, 1881 - New York, 1945
Igor’ Stravinskij
Lomonosov, 1882 - New York, 1971
Alfredo Casella
Torino, 1883 - Roma, 1947
Anton Webern
Vienna 1883 - Mittersill, 1945
Riccardo Zandonai
Rovereto, 1883 - Trebbiantico, 1944
Alban Berg
Vienna, 1885 - 1935
Louis Durey
Parigi, 1888 - Saint-Tropez, 1979
Paul Whiteman
Denver, 1890 - Doylestown, 1967
Sergej Prokof’ev
Soncovka, 1891 - Mosca, 1953
Ferde Grofé
New York, 1892 - 1972
Arthur Honegger
Le Havre, 1892 - Parigi, 1955
Darius Milhaud
Marsiglia, 1892 - Ginevra, 1974
Germaine Tailleferre
Saint-Maur-des-Fossés, 1892 -
Parigi, 1983
Paul Hindemith
Hanau, 1895 - Francoforte, 1963
Carl Orff
Monaco di Baviera, 1895 - 1982
Hanns Eisler
Lipsia, 1898 - Berlino, 1962
Armando Fragna
Napoli, 1898 - Livorno, 1972
George Gershwin
New York, 1898 - Los Angeles, 1937
Georges Auric
Lodève, 1899 - Parigi, 1983
Duke Ellington
Washington, 1899 - New York, 1974
Francis Poulenc
Parigi, 1899 - 1963
1900
Ernst Křenek
Vienna, 1900 - Palm Springs, 1991
Guy Lombardo
London, 1902 - Houston, 1977
Vladimir Horowitz
Kiev, 1903 - New York, 1989
Dmitrij Šostakovič
San Pietroburgo, 1906 - Mosca, 1975
Olivier Messiaen
Avignone, 1908 - Clichy, 1992
John Cage
Los Angeles, 1912 - New York, 1992
Benjamin Britten
Lowestoft, 1913 - Aldeburgh, 1976
É
Édith Piaf
Parigi, 1915 - Grasse, 1963
Astor Piazzolla
Mar del Plata, 1921 - Buenos Aires, 1992
Iannis Xenakis
Brăila, 1922 - Parigi, 2001
Luigi Nono
Venezia, 1924 - 1990
Pierre Boulez
Montbrison, 1925 - Baden-Baden, 2016
Luciano Berio
Imperia, 1925 - Roma, 2003
John Coltrane
Hamlet, 1926 - New York, 1967
Harry Belafonte
New York, 1927
Gilbert Bécaud
Tolone, 1927 - Parigi, 2001
Karlheinz Stockhausen
Kerpen, 1928 - Kürten, 2007
Raoul Casadei
Gatteo, 1937 - Cesena, 2021
Al Bano
Cellino San Marco, 1943
David Bowie
Londra, 1947 - New York, 2016